VALERIO
MARCHESE
MANNEQUINS
2020
VALERIO MARCHESE
FOTOGRAFO
VALERIO
MARCHESE
Fotografie
Valerio Marchese
Testi
Patrizia Campanella
Valerio Marchese
MANNEQUINS
Traduzione
dei Testi
Giulia Oddo.
Ideazione e
Progetto editoriale
Sergio Pausig
Stamperia
La Commerciale Palermo
“Novembre 2020”
Esemplari
.............
Edizioni
Agora’ Palermo
2020
LO SGUARDO ELUSO
MANNEQUINS
Parola evocativa
Le ricordo: esili creature, aggraziate e spersonalizzate, stampelle viventi sulle passerelle e negli
ateliers, prima di evolversi in top models estremamente iconiche e individualizzate. E come
bambole spersonalizzate erano nati, i manichini.
Alla fine del Settecento il manneke, piccolo uomo in olandese, si francesizza in piccole
schematiche strutture di legno con testa femminile, vestite delle ultime creazioni alla moda
in scala ridotta, e spedite dalle sartorie parigine alle Corti europee ed alle Signore facoltose
d’Oltroceano, a solleticare vanità e sollecitare ordini. Parallelamente i manichini avevano
conquistato taglia e fattezze umane, funzionali alla confezione degli abiti e - con la nascita
del prêt-à-porter - alla loro esposizione statica. Un’armata inoffensiva aveva popolato le
vetrine affacciate sulle strade ed i nuovi spazi
dei Grandi Magazzini. Inoffensiva ma inquietante, con un imprevisto potere fascinatorio.
Rimasti soli nel buio dopo l’orario di chiusura, cominciano presto a gistiche. Commessi innamorati
rapiscono di nascosto il loro oggetto del desiderio, facendone una silenziosa compagna di vita.
Architetti moscoviti, fulminati dalla donna di
cera nella vetrina di un barbiere, incarnazione
di un ideale femminino vagheggiato, cercano disperatamente la sua omologa in carne ed ossa.
Bruxelles, 2018
Detail, stampa su carta baritata
cm 51x33
Silenziosamente conquistano un posto nel nostro
inconscio personale e collettivo, compiendo così
una seconda invasione, non fisica ma mentale. Gli
abiti li relegano in secondo piano, riducendoli ad
una funzione. Ma spogliati ridiventano sé stessi:
creature parallele, dai lineamenti mimetici o alieni.
Enigmatici e destabilizzanti. Un nostro doppio che
è altro da noi.
L’opera fotografica di Valerio Marchese ha spesso
ellitticamente alluso alla presenza umana tramite
quelli che ho definito ‘oggetti sostitutivi’. Qui gli
oggetti non sono più puramente tali e non ci sostituiscono, ma diventano soggetti, appartenenti
ad una sorta di specie aliena, a noi parallela. Il
“Corpus” fotografico che abbiamo di fronte, ed uso
il termine corpus per letterale assonanza, estrae
queste creature dalla banalità della loro funzione,
le sottrae allo sguardo distratto e le restituisce ad
una percezione più inquietante. Il loro prendere
forma in volumi e superfici essenziali trova corrispondenza e singolare concordanza nella cifra
stilistica minimale e rigorosa che contraddistingue
queste fotografie ed il loro autore.
L’occhio del fotografo lavora su una lunghezza
d’onda sensibile ed allertata, affascinato dalla rivelazione di un’emanazione silenziosa ma potente. Il suo sguardo stana la loro ambigua natura
e li porta ad una espressività che essa vorrebbe
negare.L’enigma metafisico si moltiplica, le vetrine, i magazzini, i retrobottega acquistano la valenza delle piazze dechirichiane. Uno spazio che
risuona di un acuto silenzio. Uno spazio che anche
quando interagisce con l’ambiente urbano, quando
si contamina con i riflessi del mondo reale, mantiene la propria vibrazione, l’eco attutita di una metarealtà. E noi di qua dal vetro guardiamo ed anche
se il ”loro” sguardo è assente o rivolto ad un altrove inconoscibile, avvertiamo la strana sensazione
di essere osservati.
Palermo, 2019
Detail, stampa su carta baritata
cm 51x33
O forse si tratta soltanto di un rispecchiamento
consciamente negato, ma che lavora nel nostro io
profondo. Questo slittamento, questo interspazio
percettivo è intensamente interpretato e trasmesso dalla controllata drammaticità tonale delle immagini. Si è creata una tensione sottile, nata da
una nuova evanescente relazione. Da un rispecchiamento eluso, così come dal loro sguardo che il
nostro elude.
Patrizia Campanella
Bologna, 2019
stampa su carta baritata
cm 51x33
Bruxelles, 2018
Detail, stampa su carta baritata
cm 51x33
Bologna, 2019
stampa su carta baritata
cm 51x33
Roma, 2015
stampa su carta baritata
Bruxelles, 2018
stampa su carta baritata
cm 51x33
Bruxelles, 2015
stampa su carta baritata
cm 51x33
cm 51x33
Roma, 2010
stampa su carta baritata
Palermo, 2019
stampa su carta baritata
cm 51x33
cm 51x33
Bruxelles, 2018
stampa su carta baritata
cm 51x33
Palermo, 2017
stampa su carta baritata
cm 51x33
Venezia, 2019
stampa su carta baritata
cm 51x33
Palermo, 2014
stampa su carta baritata
cm 51x33
Bruxelles, 2015
stampa su carta baritata
Bruxelles, 2018
stampa su carta baritata
cm 51x33
cm 51x33
Bruxelles, 2018
stampa su carta baritata
cm 51x33
Geraci Siculo, 2011
stampa su carta baritata
cm 51x33
Bruxelles, 2015
stampa su carta baritata
cm 51x33
Palermo, 2018
stampa su carta baritata
cm 51x33
Mannequins
Giorgio De Chirico, padre della Metafisica, diceva a proposito dei manichini che sono condannati
“ad una immobilità che rimane sul piano del grande, dell’eterno, là dove si puó girare l’angolo dello
sguardo e pensare il tempo alla rovescia”. L’artista
fece di essi un’icona della sua opera volendo probabilmente rappresentare l’inadeguatezza, l’incongruità dell’uomo rispetto al mondo che lo circonda.
Il manichino dechirichiano è l’emblema di un
uomo essenziale, privato della sua anima e della sua stessa fisicità, immobile ed enigmatico.
Citare De Chirico è doveroso perché, a mio avviso, nulla è più metafisico di un manichino, anche quello su cui cade il nostro sguardo distratto
nella vetrina di un grande magazzino. Nella poetica del maestro, influenzato anche dalle suggestioni del pensiero di Nietzsche, l’immobilità è
solo frutto di un errore di prospettiva della visione
che, se modificata ( nel suo caso attraverso l’intervento creativo del pittore), consentirebbe il paradosso di poter apprezzare in un oggetto solo apparentemente inanimato, una ritrovata umanità.
Come fotografo più che sulla documentazione il
mio interesse si è concentrato sul valore metaforico dell’immagine, sulla sua forza evocativa che
trascende l’interpretazione letterale, sul descrivere l’altrove, ciò che si colloca al di fuori del fatto in sé . E’ forse per questo mio approccio che il
tema dei manichini, anche se già indagato, mi è
parso ancora particolarmente attuale ed intrigante.
Il palcoscenico in cui gli attori si muovono è quasi sempre la vetrina di un negozio, dove si viene
a creare una netta divisione degli spazi: mondo esterno, reale - da un canto - luogo/non luogo dei manichini dall’altro. Questi due universi paralleli separati solo dal sottile diaframma di
un vetro, sembrano obbedire a logiche spaziotemporali diverse. Ed è difficile dire chi osserva
e chi è osservato, chi giudica e chi è giudicato.
Bruxelles, 2018
Detail, stampa su carta baritata
cm 51x33
Galleria Agora’ Spazio Contemporaneo
Opening 02.10.2020 Palermo
Bruxelles, 2018
stampa su carta baritata
Palermo, 2019
stampa su carta baritata
cm 51x33
cm 51x33
Bruxelles, 2018
stampa su carta baritata
Roma, 2010
stampa su carta baritata
cm 51x33
cm 51x33
Il gioco dei riflessi sul vetro provoca, inoltre, suggestive commistioni tra i due ambienti, degli sconfinamenti non autorizzati dalle rispettive zone di
appartenenza.
I loro corpi sensuali amano forti contrasti e timbri
di luce caravaggesca, che ne esaltano la dimensione surreale e la fierezza. Con i loro volti levigati e
alieni sembra vogliano raccontarci arcaici segreti.
Non sappiamo cosa pensino, ma forse, come suggerisce Renato Zero, hanno “solo voglia di provare
nella pelle di un uomo come si sta”.
Valerio Marchese
Bologna, 2019
stampa su carta baritata
cm 51x33
didascalia
“MANNEQUINS”
Fotografie di Valerio Marchese
Galleria Agora’ Spazio Contemporaneo
“MANNEQUINS”
Fotografie di Valerio Marchese
Galleria Agora’ Spazio Contemporaneo
02.10.2020 Palermo
Valerio Marchese (1953) vive ed opera a
Palermo. Ha realizzato diverse pubblicazioni ed esposto i suoi lavori in Italia ed all’Estero in contesti sia privati che pubblici.
Nel corso del tempo ha allargato il suo orizzonte di ricerca dalla Sicilia ad altri territori e culture, stimolato sempre dal desiderio di conoscere e rappresentare nella
sintesi dell’immagine l’identità di un luogo.
La sua ricerca personale è centrata su ambienti metropolitani e contesti naturali urbanizzati,
di cui indaga ed isola le sottili relazioni con
l’uomo che li abita. La cifra stilistica dell’autore è caratterizzata dalla ricerca dell’essenzialità espressiva e dal rigore compositivo,
che lo portano ad isolare immagini liberate da elementi superflui e retoriche formali.
In esse l’oggetto privilegiato è la presenza
umana, isolata nel suo esistere quotidiano,
in ambienti prevalentemente metropolitani.
Predilige il bianco e nero, ritenendo che il colore possa essere un elemento distraente, di
disturbo all’individuazione del senso dell’immagine. Utilizza il colore qualora, in linea con
lo spirito e l’estetica di particolari lavori, esso
assuma una funzione narrativa ed una valenza
espressiva autonoma.
Principali Mostre:
Tasselli, Palermo, Libreria Dante (1996)
Tra terre e mare, Bagheria,
Galleria Cartier- Bresson (1997)
Lo sguardo sospeso, Palermo,
Galleria di Villa Niscemi (2004)
Fotoricordo, Palermo,
Galleria 43 di Lanterna Magica (2007)
Fotografie 1992-2007,
Comune di Caltavuturo
Museo Civico (2008)
Dove comincia il mare, Palermo,
Galleria 43 di Lanterna Magica (2008)
Sicilia negli occhi, Comune di Gratteri (2009)
Acqua, Acque, Comune di Geraci Siculo
(2011)
con Barbara Burgstaller
New York City Icons, Palermo,
Palazzo Steri (2012)
London, Berlin, New York in Radenthein, Radenthein - Austria (2013) con P.Campanella
e W. Daborer
Radenth-Ein-Sichten, Radenthein - Austria
(2014) con P.Campanella , W. Daborer ed
altri
Gli Alberi sono Santuari, Palermo, Orto Botanico (2015)
Carinthia Felix, Palermo, Palazzo Sant’Elia
(2015), nell’ambito della Settimana delle
Culture
Libri fotografici pubblicati
Valerio Marchese – fotografie 1992-2007
Comune di Caltavuturo, 2008
Lo sguardo sospeso, Lanterna Magica
Edizioni, 2008 ed e-book, 2011
Citizens, e-book, Lanterna Magica Edizioni,
2011
NYC Icons, Lanterna Magica Edizioni, 2012
Ha curato l’apparato fotografico dei volumi
Il Real Albergo dei Poveri di Palermo,
di M. R. Marrone e M. Toscano,
Ed. Medina
Camminando sul passato, per M. Reginella
e l’Associazione culturale A. Pantaleo.
Altre pubblicazioni:
Giovane fotografia italiana Guida al Collezionismo,
Edizioni Gente di Fotografia, 1996
Galleria 43 - Fotografia 2006/2008,
Lanterna Magica Edizioni
Galleria 43 - Fotografia 2009,
Lanterna Magica Edizioni
Lo sguardo e la luce 2015
a cura di Maria Antonietta Spadaro,
Kalos Edizioni d’Arte , 2015
Attività scientifica e didattica
Nell’ambito di un progetto di restauro e di
indagine multidisciplinare sponsorizzato
dal Gruppo Arte 16, ha realizzato, presso
la Galleria d’Arte Moderna di Palermo, il
rilievo fotografico dell’opera di Sironi Il
Tram.(2016)
Ha coordinato l’attività didattica in corsi di
fotografia organizzati da Il Vestito Nuovo
onlus
Ha realizzato i materiali di comunicazione
per i convegni :Antonello, Genio del Rinascimento , Palermo, Palazzo Steri (2014)
Antonello, l’Annunciata, il Magnificat,
Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri
(2015)
Sue foto sono apparse, tra l’altro, su
La Repubblica, Gente di Fotografia, Il Fotografo, Giornale di Sicilia, Sicilia imprenditoriale.
Contatti
Via Maggiore Toselli, 87 90143 Palermo
0039-091344460 Mobile: 3477770616
email:
[email protected]
instagram: @valli_marchese
THE ELUDED GAZE- MANNEQUINS
I remember them: slender creatures, graceful and depersonalized, living
hangers on fashion catwalks and ateliers, before evolving into highly iconic
and individualized top models. And mannequins were born as depersonalized
dolls.
At the end of the sixteenth century the manneke, small man in Dutch, morphs
into French and into small schematic wooden structures with female heads,
dressed in the latest fashion creations in small scale, and sent by Parisian tailors to the European Courts and to the wealthy overseas ladies, to excite their
vanity and solicit orders. At the same time mannequins had gained human
size and shape, functional for the tailoring of garments and – with the advent
of prêt-à-porter – for their static display. A peaceful army crowded the shop
windows overlooking the streets and the new spaces in the Department Stores. Harmless but disturbing, with an unexpected fascinating power.
Alone in the dark after closing time, they soon begin to fill the fantasies of
writers and film makers. Shop assistants in love secretly steel the object of
their desire, making it a silent life companion. Moscow architects, stunned by
the wax woman in a barber’s shop window, incarnation of a longed-for feminine ideal, desperately search for her alike in flesh and blood.
They quietly gain a place in our personal and collective unconscious, acting
out thus a second invasion, not physical but of the mind. The clothes consign
them in the background, reducing them to a mere function. But undressed
they regain their selves: parallel creatures, with mimetic or alien features.
Enigmatic and destabilizing. Our double but different from us.
Valerio Marchese’s photographic work has often alluded elliptically to the
human presence through what I have defined as “substitute objects”. Here
the objects are no longer merely what they are and do not replace us, but
become subjects, belonging to a sort of alien species, parallel to ours. The
photographic “Corpus” in front of us, and I here use the word corpus for a
literal assonance, disengages these creatures from the triviality of their function, abstracts them from casual glances and returns them to a disquieting
perception. Their taking shape in essential volumes and surfaces finds correspondence and singular accordance in the minimal and strict stylistic code
that distinguishes these photographs and their author.
The photographer’s eye works on a sensitive and alert wave length, fascinated by the revelation of a silent but powerful emanation. His gaze drives out
their ambiguous nature and leads them to an expressiveness that it would
like to deny.
The metaphysical enigma multiplies, shop windows, department stores, back
shops acquire the emotional force of De Chirico’s squares. A space echoing
an acute silence. A space that even when it interacts with the urban environment, when it gets contaminated by the reflexes of the real world, keeps
its own vibration, the muffled sound of a meta-reality.
And we on the other side of the window look, and even if “their” gaze is
absent or fixed on an unknown elsewhere, feel the strange sensation of being
stared at. Or perhaps it is just a consciously denied mirroring, but one that
works in our deep self. This shifting, this perceptual interspace is intensely interpreted and conveyed through the controlled tonal drama of the images. A
subtle tension has been created, arisen from a new evanescent relationship.
From an eluded mirroring, as well as from their gaze which ours eludes.
Patrizia Campanella
Mannequins
Giorgio De Chirico, the father of Metaphysics, when speaking
about mannequins said that they are doomed “to an immobility
that remains on the plane of the great, of the eternal, where you
can turn the corner of the eye and think time backwards”. The artist made them an icon of his work, his intention was probably the
representation of man’s inadequacy, his inconsistency compared
to the world around him.
De Chirico’s mannequin is the emblem of the essential man, deprived of his soul and of his own physicality, immobile and enigmatic.
I think that quoting De Chirico is a must because nothing is more
metaphysical than a mannequin, even the one on which we rest
a casual glance in the shop window of a department store. In
the poetics of the master, also influenced by the suggestions of
Nietzsche’s thought, immobility is but an error of vision perspective which, if modified, (in his case through the creative work of
the painter), would enable the paradox of appreciating in an object
that is only apparently inanimate, a rediscovered humanity.
As a photographer my interest, rather than in documenting the
object, is concentrated more on the metaphorical value of the
image, on its evocative force that goes beyond the literal interpretation, on describing the elsewhere, that which is placed outside
the fact itself. It is probably due to this particular approach of mine
that the mannequin theme, although already investigated, seems
still particularly present and intriguing.
The stage on which the actors move is nearly always a shop window, where we can find a clear division of spaces: outside world,
real – on one side - the mannequins place/non place on the
other. These two parallel universes separated only by a thin glass
diaphragm, seem to obey a different space-time logic. And it is
difficult to say who is observing and who is being observed, who
judges and who is being judged.
The play of reflections on the glass causes, moreover, suggestive
mixtures between the two environments, unauthorized trespassings from their respective areas of belonging. Their sensual bodies long for strong contrasts and Caravaggesque hues of light,
that enhance their surreal dimension and pride. With their smooth
and alien faces they look as if they want to tell us archaic secrets.
We do not know what they are thinking, but perhaps, as Renato
Zero suggests, they only “want to see how it feels to be in a man’s
skin”.
Valerio Marchese
VALERIO MARCHESE
FOTOGRAFO
Fotografie
Valerio Marchese
Testi
Patrizia Campanella
Valerio Marchese
Traduzione
dei Testi
Giulia Oddo.
Ideazione e
Progetto editoriale
Sergio Pausig
Stamperia
La Commerciale Palermo
“Novembre 2020”
Esemplari
.............
Edizioni
Agora’ Palermo