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Il diavolo nella bottiglia

Il diavolo nella bottiglia Il rullio delle onde che s'infrangono sulla spiaggia e l'eco del vento che urla fanno apparire, come per incanto, tra la schiuma e le alghe verdi una bottiglia che l'oceano regala alla terraferma. L'immagine della bottiglia di Stevenson ricorda, con l'effetto delle sue venature verde-cristallino, un incantatore di serpenti che al suono di un flauto invita il rettile ipnotizzato ad uscire dal paniere. Dall'analisi di questo racconto dal sapore esotico e marino ricaviamo l'impressione che il Male stia in agguato ad attendere l'Uomo nelle più disparate forme della quotidianità. Il diavolo nella bottiglia rappresenta il male fin dall'inizio, quello spiritello tentatore e incantatore che fin dalle prime pagine ci fa sentire sul filo di un rasoio, su di un precipizio trasparente, come quel vetro della finestra da cui il protagonista, Keawe, viene osservato da un "qualcuno" mentre passeggia all'inizio del racconto e sogna di una bella casa dove le finestre brillavano come diamanti. L'uomo che scruta Keawe è un vecchio che per la bramosia di ricchezze ha venduto la propria anima al diavolo racchiuso nella bottiglia che, se non sarà rivenduta per 50 dollari e rimarrà nelle sue mani fino al termine della vita, lo porterà alla dannazione eterna e inappellabile. Il tono cupo e disperato delle parole del vecchio contrastano con la luce e la brillantezza del cristallo che diventa luciferino, dannatamente bello e attraente, ma conduce con la sua luminosità e trasparenza sull'orlo dell'Inferno. Prima di acquistare la bottiglia Keawe cerca di romperla, la butta a terra, ma essa rimbalza come una palla. Il materiale di cui è fatta è inconsueto, un cristallo infrangibile che a quell'epoca non era ancora stato inventato. Di vetro, sì, replicò l'uomo sospirando ancor più gravemente. Ma quel giorno quel vetro fu forgiato dalle fiamme dell'Inferno. Ci vive dentro un diavolo e quell'ombra che vediamo muover dentro è la sua: così almeno penso. Chi compra questa bottiglia ha il diavolo al suo servizio. Ed ancora …la bottiglia ha una malefica azione: se un uomo muore prima di averla venduta, arderà eternamente nelle fiamme infernali. Dopo aver udito il racconto, Keawe chiese al diavolo nella bottiglia di riavere in tasca i suoi 50 dollari, e così avvenne. Senza desiderarlo fino in fondo egli si trovava ad aver acquistato la bottiglia e venduto l' anima al diavolo. A quel punto cercò di trarre il meglio dalla situazione e, ancora incredulo, tentò di stapparla, quella bottiglia che non pareva forgiata da mano umana. I colori che trasparivano nel bianco latteo del vetro erano tanto graziosi, e così strana appariva quell'ombra imprigionata. Ora Keawe riesce a godersi la vita: avrà la casa tanto agognata, ma comprende subito che per esaudire il proprio desiderio il demone nella bottiglia avrà fatto perire in circostanze misteriose e tragiche i suoi parenti dai quali egli erediterà una piccola fortuna. La magia del cristallo della bottiglia, la sua forma panciuta, rendono tale oggetto come sublimato. Così dicendo, aperse un rispostiglio chiuso a chiave e ne trasse una bottiglia panciuta e con un collo lungo: aveva il vetro bianco come il latte, ma con un trascolorare di colori d'arcobaleno nel suo spessore. Dentro vi si muoveva un qualcosa di oscuro, come un'ombra riverberata da un fuoco occulto. Ciò che si muove nella bottiglia di Stevenson viene definito come un qualcosa di oscuro quasi fosse un presagio, un sogno demoniaco riverberato dal fuoco infernale, dal dolore e dal calore che forgia e dà forma variegata al cristallo, puro ed elegante, quasi diabolico nel riflesso, dove ci si può perdere, come lo stesso protagonista ha fatto, perdendovi la propria anima. Le trasparenze del cristallo della bottiglia sono un preludio alla gioia di Keawe, tenendo conto però del fatto che in fondo alla bottiglia lo aspettano pena e disperazione. Il protagonista conosce ad un tratto l'amore vero in Kokua, fanciulla virtuosa che lo amerò fino in fondo, vendendo persino la propria anima per salvarlo. Keawe prepara le proprie nozze con Kokua, ma nel lavarsi scopre sul petto una macchia rossa di lebbra. Egli è disperato, ama Kokua e vuole sposarla. Per guarire deve rientrare in possesso della bottiglia infernale, che nel frattempo ha rivenduto ad un amico. La bottiglia può esaudire ogni desiderio del suo proprietario, quindi anche il desiderio di guarigione. Dopo varie peripezie Keawe ricomprerà la bottiglia, guarirà, ma si renderà conto di essere dannato perché il prezzo è talmente basso che non si potrà più rivendere a nessun possibile compratore. Nello svolgimento della narrazione si ha la sensazione che il racconto sia accompagnato dal luccichio del cristallo infernale dalle mille sfumature ambigue: dal rosso, al giallo, all'azzurro per finire nel nero d'Inferno. Il demonio, solo un attimo intravisto in un guizzo di lucertola, scandisce spazi di vita sempre più stretti entro i quali passano mille sorsi di linfa vitale, come vino versato in calici di cristallo da cui l'Uomo beve a grandi sorsi, felice e inebriato da promesse caduche e fallaci. In questa festa senza fine la bottiglia guarda, osserva, scruta il cuore di ciascun personaggio che la possiede, è come se fosse il suo diamante che solo l'amore di Kokua farà risplendere di una luce non più diabolica, ma accecante di purezza iridescente. Infatti il racconto si conclude, contro ogni aspettativa, con la salvezza dei coniugi. La moglie, dopo aver saputo da Keawe la storia della bottiglia ed averla ricomprata con un artificio, verrà a sua volta salvata dal marito che riuscirà a sfuggire alla dannazione eterna perché un ubriaco, che lo aveva aiutato nell'acquisto, si terrà la bottiglia ed i soldi, avendo comunque già rinunciato da tempo a qualsiasi speranza di salvare l'anima. Il vero protagonista del racconto è il cristallo della bottiglia, così bello, ambiguo e luciferino, al cui incantesimo è difficile sottrarsi e le cui variegate sfumature simboleggiano le variegate porte del desiderio.