Academia.eduAcademia.edu

Le “Dropstone” nelle Formazioni dei Monti Lessini

2020, La Lessinia - Ieri Oggi Domani. Quaderno culturale

Ciottoli e “fossili esotici” inclusi nei calcari del Giurassico e del Cretacico: un interessante problema paleogeografico e paleontologico.

Le “Dropstone” nelle Formazioni dei Monti Lessini Ciottoli e “fossili esotici” inclusi nei calcari del Giurassico e del Cretacico: un interessante problema paleogeografico e paleontologico. Guido Gonzato - Anna Maria Ferrari INTRODUZIONE Le rocce sedimentarie sono formate da clasti 1 la cui dimensione massima dipende dalla capacità (o energia) di trasporto delle correnti: questo è uno dei concetti di base della sedimentologia. Le rocce sedimentarie si formano cioè secondo le leggi dell’idrodinamica; in particolare, il trasporto dei clasti dipende dalla densità del fluido e dalla velocità della corrente (Ricci Lucchi, 1980). Il sedimentologo, studiando tra le altre cose la dimensione dei clasti di un sedimento, può risalire all’ambiente di sedimentazione. Per usare le belle parole del geologo Luca Giacomo Costamagna: « L’acqua e l’aria scrivono: il sedimentologo legge ». Un esempio semplice del concetto di energia di trasporto è dato dal modo in cui un fiume trasporta i sedimenti. Nel tratto iniziale del fiume, la corrente è più veloce e riesce a smuovere anche grossi massi; in pianura, la corrente è più lenta e trasporta ciottoli e sabbia grossolana; vicino alla foce, dove non ha più forza, trasporta e deposita limo e sabbia fine. Un’apparente contraddizione delle leggi dell’idrodinamica è rappresentata dalle dropstone; non esiste un ter- mine italiano, ma il significato è “pietra caduta” (in questo articolo, il termine dropstone verrà declinato al femminile). Si tratta di grossi frammenti di rocce di litologia estranea alla geologia locale, a volte arrotondati, inclusi in rocce sedimentarie di grana fine. Questa discordanza rappresenta un problema sedimentologico, perché un grosso clasto può essere trasportato solo da una forte corrente, mentre un calcare a grana fine indica una bassa energia di trasporto: si tratta di un “paradosso idrodinamico” (Bennett et alii, 1996). Con ogni evidenza, le dropstone non sono state trasportate dalle correnti bensì cadute dall’alto, tramite diversi possibili meccanismi che esamineremo. Nelle rocce delle Formazioni lessiniche sono state ritrovate numerose dropstone e il loro analogo paleontologico; esistono infatti dei “fossili esotici” (tecnicamente, dei bioclasti) che si trovano in disequilibrio ecologico, come ad esempio molluschi di ambiente neritico 2 inclusi in calcari pelagici 3. Scopo di questo lavoro è presentare un sunto dei ritrovamenti nell’area veronese e proporre spunti per ulteriori studi petrografici e paleontologici. MECCANISMI DI TRASPORTO DELLE DROPSTONE La presenza di dropstone in sedimenti di ambiente marino o lacustre è nota in tutto il mondo; si vedano ad esempio i riferimenti in Bennett et alii (1996). In particolare, le dropstone sono piuttosto comuni nei sedimenti in aree vicine a ghiacciai o calotte glaciali; in questo caso si tratta chiaramente di clasti caduti da ghiacci alla deriva man mano che fondono. La frequente associazione tra dropstone e trasporto glaciale ha suggerito, in passato, che la presenza di dropstone in sedimenti antichi potesse essere considerata un indicatore ambientale di clima freddo. Tuttavia, queSCIENZE NATURALI 51 sta interpretazione paleoclimatica va presa con molta cautela, poiché esistono numerose altre modalità di trasporto (Bennett et alii, 1994; Bennett, Doyle, 1996; Bennett et alii, 1996). Inoltre, in determinate epoche geologiche non ci sono evidenze della presenza di ghiacciai sulla Terra, nemmeno nelle zone polari. In particolare, l’intervallo compreso tra il Permiano superiore e il Paleogene superiore (tra 250 e 35 milioni di anni fa) è stato caratterizzato da un “mosaico” di climi generalmente più caldi dell’attuale, con una breve eccezione nel tardo Cretacico (Crowell, 1984; Hallam, 1985). Il ruolo del trasporto glaciale delle dropstone è stato quindi molto ridimensionato. Frammenti di rocce di dimensioni significative possono essere trasportati in ambiente marino profondo da frane sottomarine; alcune, molto rare, possono essere bombe vulcaniche o meteoriti; più interessante è il trasporto a opera di animali o piante. È noto infatti che alcuni rettili acquatici ingeriscono ciottoli, detti gastroliti, come zavorra per stabilizzare il nuoto. Altri animali (uccelli, mammiferi marini) ingeriscono ciottoli per sminuzzare il cibo o per favorire la digestione; gruppi di gastroliti sono stati trovati insieme a resti di dinosauri terrestri e plesiosauri. In generale, i gastroliti sono ciottoli ben arrotondati di dimensioni contenute. Clasti di maggiori dimensioni possono essere trasportati da alghe e tronchi d’albero. È stato osservato che le radici di alberi alla deriva possono trasportare gruppi di ciottoli o singoli clasti di dimensioni notevoli, fino a tre-quattro metri di diametro (Emery, 1955, 1965). Un albero strappato dalla costa da una burrasca può percorrere centinaia di chilometri prima di perdere la capacità di galleggiare e rilasciare il suo carico. Il trasporto di clasti intrappolati nelle radici di alberi alla deriva (rafting) sembra quindi essere il meccanismo di diffusione di dropstone più significativo. Anche alcuni organismi viventi possono subire un trasporto. Si pensi ad esempio a molluschi come i mitili o 52 GUIDO GONZATO - ANNA MARIA FERRARI le ostriche, oppure a crostacei come i balani, che vivono in zone costiere fissandosi a un substrato che può essere anche un tronco d’albero. Se quest’ultimo viene trasportato lontano dalla costa, gli organismi che ospita alla fine cadranno sul fondo e fossilizzeranno in un ambiente che non è quello originario dove vivevano. STUDI PRECEDENTI Ci sono diverse segnalazioni di dropstone nelle formazioni lessiniche; altri ritrovamenti non sono mai stati pubblicati, e vengono qui brevemente descritti per prima volta. La prima segnalazione nell’area veneto-trentina è di Trener (1910), che segnala un ciottolo di porfirite nel Rosso Ammonitico di Cima Campo di Luserna (Altopiano di Lavarone); secondo l’Autore, potrebbe trattarsi di un gastrolite di squalo. Nell’area veronese, il primo ritrovamento è di Sturani (1964), che segnala la presenza di un ciottolo di cloritoscisto nei calcari giurassici della Val di Sogno, presso Malcesine. A Sorbini (1968) si deve la prima segnalazione di ciottoli di rocce eruttive e metamorfiche nel “lastame” (Scaglia Rossa basale, Turoniano-Coniaciano) dei Lessini occidentali. Sauro (1971) rinviene alcuni ciottoli di rocce cristalline nel Rosso Ammonitico basale (Bajociano) in una cava nel Vajo Cavazze, tra Corrubio e Cerro, e ne ipotizza il trasporto da parte di forti correnti marine (tifoni o tsunami). Altri ritrovamenti nell’area veronese e vicentina sono segnalati da Massari e Medizza (1973) nel livello di hard ground 4 inferiore della Scaglia Rossa, dove sono raramente presenti piccoli ciottoli ben arrotondati di quarzo e rocce mesozoiche. Massari e Savazzi (1981) studiano concentrazioni di ciottoli di rocce carbonatiche e di selce in tre livelli nel lastame, notando che sono spesso associate a tubi di teredini. Questi molluschi sono organismi xi- lofagi e creano tipiche perforazioni nel legno, rivestite di carbonato di calcio; testimonierebbero quindi il trasporto dei ciottoli da parte di tronchi flottanti. Nei musei della nostra provincia sono conservate molte dropstone e alcuni “fossili esotici”. In buona parte sono rudiste; si tratta di grossi molluschi di forma conica, comunissimi nei calcari di scogliera del Cretacico come ad esempio quelli della Piattaforma Friulana (Carulli, 2006). Alcune rudiste sono state trovate nella Scaglia Rossa e una anche nella Scaglia Variegata Alpina del Cenomaniano, presso Fosse (Cestari et alii, 2013). Poiché queste Formazioni sono di ambiente pelagico (Roghi, Romano, 2009), secondo l’interpretazione prevalente anche le rudiste sono state trasportate. LE DROPSTONE NEL ROSSO AMMONITICO VERONESE Una dropstone classificata come ortogneiss granitico è esposta al Museo Geopaleontologico di Camposilvano (fig. 1). Fu trovata da Attilio Benetti presso il Cóvolo di Camposilvano, in un livello del Bajociano. Il ciottolo, leggermente angoloso, frammentato e lungo 12 cm, poggia su livelli di stromatoliti e ne è ricoperto a sua volta; la posizione stratigrafica di questo reperto sembra analoga a quella dei ciottoli segnalati da Sauro (1971). La superficie del ciottolo è coperta da una patina scura di ossidi di manganese che rende impossibile l’osservazione dei minerali costituenti e della tessitura; la classificazione litologica è stata probabilmente effettuata sul frammento mancante. Grazie all’attenzione e alla competenza del sig. Luigi Castellani, un attento e competente ex cavatore di San Giorgio di Valpolicella che ci ha lasciati da poco, si deve il ritrovamento di un grosso ciottolo nel Rosso Ammonitico della cava di Ca’ de la Pela (fig. 2). Pochi anni fa, il sig. Castellani ci aveva riferito di avere nota- Fig. 1. Frammento di ortogneiss granitico nel Rosso Ammonitico inf., Cóvolo di Camposilvano (foto G. Gonzato). Fig. 2. Ciottolone di granito rosa del Rosso Ammonitico inf., San Giorgio di Valpolicella (foto G. Gonzato). SCIENZE NATURALI 53 Fig. 3. Frammenti di arenaria muscovitica nella Scaglia Rossa, Sant’Anna d’Alfaedo (foto G. Gonzato). to il ciottolone tra il materiale di scarto. Ricordandosi di analoghi ritrovamenti nella Scaglia Rossa, aveva giustamente pensato che potesse trattarsi di un reperto importante. Quindi, con una certa fatica visto il peso non trascurabile, lo aveva raccolto e consegnato al locale Museo della Pieve. Si tratta di un ciottolone di granito rosa di 21 cm di larghezza, con una frattura recente probabilmente causata dall’attività di cava. La frattura rende visibile la tessitura granitica e i minerali costituenti, quasi esclusivamente quarzo e K-feldspato rosa. Non è noto il livello stratigrafico originario; il calcare ancora unito al ciottolo sembra “nembro”, cioè la porzione di Rosso Ammonitico inferiore di età riferibile al Batoniano. Il ciottolone è ben arrotondato e indica chiaramente di avere subito un trasporto fluviale. LE DROPSTONE NELLA SCAGLIA ROSSA Fig. 4. Gruppo di ciottoli di rocce magmatiche nella Scaglia Rossa, Sant’Anna d’Alfaedo (foto G. Gonzato). Fig. 5. Masso di conglomerato selcifero nella Scaglia Rossa, Sant’Anna d’Alfaedo (foto G. Gonzato). Presso il Museo Preistorico e Paleontologico di Sant’Anna d’Alfaedo sono esposte numerose dropstone; alcune sono isolate dal calcare che le includeva, mentre tre lastre mostrano gruppi di ciottoli di diverse caratteristiche litologiche. La prima lastra (fig. 3) include un gruppo di frammenti angolosi di arenaria verdastra laminata, ricca di cristalli di muscovite non alterati; il frammento più grande è lungo 24 cm. È l’unico reperto costituito da un solo tipo litologico, ed è anche l’unico che non presenti clasti arrotondati; questa caratteristica indica l’assenza di una fase di trasporto fluviale, o di erosione su una battigia. Una seconda lastra (fig. 4) racchiude un gruppo di ciottoli arrotondati di rocce magmatiche, di dimensioni variabili da pochi mm a 18 cm. Si tratta principalmente di graniti e porfidi, leggermente alterati. Un reperto notevole è un masso lungo almeno 60 cm, il cui peso stimato si aggira sui 90 kg (fig. 5). Si tratta di un ciottolone di conglomerato di colore verdastro, costituito da frammenti arrotondati di calcari selciferi e selce. Sembra trattarsi del boulder descritto da Massari e Savazzi (1981) come analogo al Conglomerato di Sirone, una delle unità del Flysch Lombardo. Infine, l’ultima lastra (fig. 6) racchiude ciottoli di rocce calcaree e dolomitiche, larghi fino a 12 cm, insieme a numerosi tubi di teredini. Questa associazione rappresenta un forte indizio di trasporto da parte di tronchi flottanti (Massari e Savazzi, 1981). Il reperto più agevolmente studiabile ci è stato donato tempo fa. Si tratta di una lastra (fig. 7a) proveniente dalla Val d’Ari tra Molina e Manune, dal “corso” noto come lastra grisa. La lastra è stata segata con utensili diamantati e quindi “scoppiata” (tagliata e aperta in due parti speculari), rivelando al suo interno un gruppo di ciottoli di rocce cristalline. Si tratta di circa un centinaio di clasti, di cui 48 di dimensioni maggiori di 2-3 mm e quindi di litologia riconoscibile alla lente; il maggiore è lungo 13 cm. I clasti di dimensioni millimetriche sono sub-spigolosi, mentre i maggiori sono chiaramente arrotondati. Tre dei clasti maggiori sono di origine magmatica intrusiva. Il più grande, lungo 9 cm, è di un litotipo compatto con individui cristallini fino a 2,5 cm di lunghezza; è quindi un materiale granitico o dioritico di tonalità rosa bluastro. I clasti rimanenti sono di origine magmatica effusiva, di colore variabile dal rosso al brunastro. Pochi di questi clasti hanno una microstruttura marcatamente porfirica; nella maggior parte dei casi nella loro massa di fondo si nota anche la presenza di frammenti magmatici o lapidei che potrebbero far propendere per una classificazione genetica di tipo ignimbritico. Tra i ciottoli si notano alcuni tubi di teredini (fig. 7b). Tutti i ritrovamenti nella Scaglia Rossa hanno una particolarità: la litologia di ogni gruppo di dropstone tende a essere uniforme. Troviamo cioè gruppi di Fig. 6. Gruppo di ciottoli di rocce calcaree, selci e tubi di teredini nella Scaglia Rossa, S. Anna d’Alfaedo (foto G. Gonzato). Fig. 7a. (sopra) Lastra con ciottoli sezionati di rocce magmatiche nella Scaglia Rossa, Val d’Ari. Fig. 7b. (sotto) Dettaglio: sezione di tubo di teredine incluso tra le dropstone (foto G. Gonzato). rocce sedimentarie o gruppi di rocce magmatiche, ma non li troviamo mai insieme. Questo suggerisce che i clasti provenivano da aree diverse, caratterizzate da diversa litologia. FOSSILI ESOTICI: LE RUDISTE E LE TEREDINI Fig. 8. Lastra con numerose rudiste in sezione trasversale, Sant’Anna d’Alfaedo (foto G. Gonzato). Fig. 9. Tubo di teredine isolato nella Scaglia Rossa, strada Giare - Ponte di Veja (foto G. Gonzato). 56 GUIDO GONZATO - ANNA MARIA FERRARI Nella Scaglia Rossa si trovano ammoniti, tipici fossili di ambiente pelagico, insieme a rudiste, fossili indicatori di ambiente di scogliera. Questa è un’associazione fossilifera molto particolare e decisamente inconsueta nei calcari cretacici italiani (Venturini, 2012). Fossili di rudiste sono esposti al Museo di Sant’Anna e a Camposilvano, dove è ospitato il reperto più imponente che proviene dal Monte Loffa. Si tratta di una lastra con una trentina di esemplari in sezione trasversale (fig. 8), di cui il maggiore ha un diametro di 13 cm e il guscio spesso ben 3 cm. Nonostante lo spessore del guscio, alcuni esemplari sono frammentari; questo dato appare in contrasto con quanto si osserva in altri fossili comuni nella Scaglia Rossa, come le valve del lamellibranco Inoceramus o le teche di echinoidi, che si trovano quasi sempre integri. La frammentazione dei soli gusci delle rudiste in un ambiente di scarsa energia è difficilmente spiegabile, ed è un ulteriore indizio di trasporto da zone di alta energia (Venturini, 2012). Anche la rudista segnalata da Cestari et alii (2013) è stata interpretata come “dropstone biologica”, depositata in calcari pelagici ma estranea a questo ambiente. Altri fossili fuori contesto ambientale sono i tubi di teredini, che come abbiamo visto sono spesso associati alle dropstone suggerendo un meccanismo di trasporto comune. Oltre agli esemplari esposti al Museo di Sant’Anna, si può osservare un notevole tubo di teredine isolato, lungo ben 40 cm (fig. 9), incluso in una lastra lungo la strada da Giare al Ponte di Veja 5. DISCUSSIONE Le dropstone e i fossili esotici pongono due problemi geologici: le modalità di trasporto e la provenienza dei clasti. Il primo problema è il più semplice da spiegare: si possono infatti escludere il trasporto glaciale e il trasporto da parte di frane sottomarine, di cui mancano evidenze; si può inoltre escludere che i clasti, per le loro dimensioni, possano essere gastroliti. I lavori citati indicano quindi come più probabile il rafting da parte di ceppi d’albero. Il secondo problema è decisamente più complesso. Alcune indicazioni paleogeografiche sono ricavabili dalla forma dei clasti: i ciottoli arrotondati implicano un trasporto fluviale, il che significa che nel Giurassico medio e nel Cretacico superiore, in aree non troppo lontane dagli attuali Monti Lessini, esistevano terre emerse con un reticolo idrografico ben sviluppato. I clasti angolosi di arenaria verdastra, al contrario, non hanno subito trasporto: si tratta forse di detrito di scogliera? Identificare l’area di provenienza dei clasti è la parte più complessa del problema. Uno studio sulle dropstone di riolite e quarzite trovate nel Rosso Ammonitico lombardo è riuscito a identificarne l’area di provenienza tramite il confronto petrografico e considerazioni paleogeografiche (area di Gozzano, a Ovest del Lago Maggiore; Bernoulli, Ulmer, 2015). Tuttavia, le dropstone dell’area veronese sono di litologie molto più diversificate e appartengono a intervalli stratigrafici molto diversi. Un’affinità con litologie lombarde è stata accennata da Massari e Medizza (1973) per quanto riguarda alcune dropstone di rocce sedimentarie nella Scaglia Ros- sa; nulla sappiamo sulla possibile provenienza dei clasti delle rocce eruttive e metamorfiche. Per quanto riguarda le rudiste, sebbene sia stata ipotizzata la possibilità che possa trattarsi di esemplari adattati a vivere in condizioni pelagiche (Trevisani, Cestari, 2007), sembra più probabile che si tratti di fossili trasportati da aree di scogliera come la Piattaforma Friulana o la Piattaforma di Bagnolo (Cestari et alii, 2013). CONCLUSIONI Le dropstone e i fossili trasportati rappresentano un fenomeno piuttosto raro e un problema geologico interessante: da dove provengono? Sarebbe utile effettuare un’approfondita indagine petrografica sui campioni disponibili per una precisa caratterizzazione litologica, cui dovrebbe seguire il confronto con le litologie pre-giurassiche e pre-cretaciche dell’area lombarda, trentina e friulana. Si tratta di certo di un lavoro imponente – potrebbe essere una magnifica tesi di dottorato – ma di grande interesse scientifico, che potrà migliorare la nostra comprensione sulla paleogeografia nel nord Italia nel Mesozoico. Vogliamo ringraziare Alberto Castagna (Museo Preistorico e Paleontologico di Sant’Anna d’Alfaedo), Marta Castagna (Museo Geopaleontologico di Camposilvano), Mariolino Zorzi e Barbara Bussola (Museo della Pieve di S. Giorgio di Valpolicella) per la gentile disponibilità e assistenza, e Gabriele Gottoli, fonte inesauribile delle conoscenze lapidee della nostra zona. Ringraziamo l’amico Roberto Chignola per la sua lettura critica del testo e i suoi preziosi suggerimenti per renderlo più comprensibile. SCIENZE NATURALI 57 Note 1 Clasto: frammento di roccia, di qualunque dimensione o composizione. 2 Neritico: di ambiente di mare basso, da 0 a 200 m di profondità. 3 Pelagico: di ambiente di mare aperto, non necessariamente di alta profondità. 4 Hard ground: livelli litificati precocemen- Sitografia te, spesso mineralizzati, in formazioni carbonatiche pelagiche. Sono superfici di non sedimentazione; si suppone che si formino per l’azione di correnti di fondo. 5 Coord. WGS84 N 45.60254, E 10.97639; sesta lastra partendo da Sud. Costamagna L.G. - https://people.unica. it/lucakost/foto-geologiche/ Dropstone: https://en.wikipedia.org/wiki/ Dropstone ciation through Geologic Times, in “Climate in Earth History. Studies in Geophysics”, Washington, DC: The National Academies Press, pp. 77-82. Emery K.O. (1955) - Transportation of rocks by driftwood, Journal of Sedimentary Petrology, 25, pp. 51-57. Emery K.O. (1963) - On organic transportation of marine sediments, in “The Earth beneath the Sea”, Hill M.N. (Ed.), (The Sea, vol. 3, pp. 776-793), New York, Interscience Publ. Hallam A. (1985) - A review of Mesozoic Climates. Journal of the Geological Society, 142, 3, pp. 433-445. Massari F., Medizza F. (1973) - Stratigrafia e paleogeografia del Campaniano - Maastrichtiano nelle Alpi meridionali (con particolare riguardo agli Hard grounds della Scaglia rossa veneta), in “Mem. Ist. Geol. Miner. Univ. Padova”, 28, pp. 3-62. Massari F., Savazzi E. (1981) - Driftwood transportation of exotic pebbles in the Upper Cretaceous Scaglia Rossa veneta (Mt. Loffa, Southern Alps) suggested by Teredinid tubes, N. Jb. Geol. Palaeont. Mh., 5, pp. 311-320. Ricci Lucchi F. (1980) - Sedimentologia 2: Processi e meccanismi di sedimentazione, CLUEB, Bologna, p. 222. Roghi G., Romano R. (2009) - Le Formazioni Geologiche del Veronese nella nuova Cartografia Geologica Nazionale, in “La Les- sinia - Ieri oggi domani, Quaderno Culturale, 32, pp. 79-88. Sauro U. (1971) - Ritrovamento di ciottoli di rocce eruttive e metamorfiche inclusi nei calcari medio-giurassici dei Lessini veronesi, in “Boll. Soc. Geol. It.”, 90, pp. 151-161. Sorbini L. (1968) - Prima segnalazione di ciottoli di rocce eruttive e metamorfiche inclusi nella Scaglia rossa dei Lessini orientali, in “Mem. Mus. Civ. St. Nat. Verona”, 15, pp. 233-235. Sturani C. (1964) - La successione delle faune ad ammoniti nelle formazioni medio-giurassiche delle Prealpi Venete occidentali (Regione tra il Lago di Garda e la Valle del Brenta), in “Mem. Ist. Geol. Miner. Univ. Padova”, 24, pp. 1-63. Trener G.B. (1910) - Über eine Fossilienfundstelle in den Acanthicus-Schichten bei Lavarone, Verh. k.k. geol. Reichsanst, pp. 398-401. Trevisani E., Cestari R. (2007) - Upper Cretaceous Rudist Bivalves from Basinal Highs (Venetian Prealps, Northern Italy), in “Cretaceous rudists and carbonate platform: environmental feedback”, Scott R.W. (Eds), Soc. Econ. Paleontol. Mineral. Sp. Publ., 87, pp. 71-80. Venturini S. (2012) - Ammoniti e rudiste nel “lastame” della diga foranea di Grado (Gorizia): una curiosità paleontologica ed un problema paleoambientale. Natura Nascosta, 44, pp. 10-20. Bibliografia Bennett M.R., Doyle P., Mather A. E., Woodfin J.L. (1994) - Testing the climatic significance of dropstones: an example from southeast Spain, Geological Magazine, 131, 6, pp. 845-848, DOI: https://doi.org/10.1017/ S0016756800012917 Bennett M.R., Doyle P., Mather A.E. (1996) - Dropstones: their origin and significance, in “Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology”, 121, pp. 331-339, DOI: https://doi.org/10.1016/0031-0182(95)00071-2 Bennett M.R., Doyle P. (1996) - Global cooling inferred from dropstones in the Cretaceous: fact or wishful thinking?, in “Terra Research”, 8, 2, pp. 182-185, DOI: 10.1111/ j.1365-3121.1996.tb00742.x Bernoulli D., Ulmer P. (2015) - Dropstones in Rosso Ammonitico-facies pelagic sediments of the Southern Alps (southern Switzerland and northern Italy). Swiss J. Geosci. 109, 1, DOI: 10.1007/s00015-015-0205-0. Carulli G.B. (2006) - Carta Geologica del Friuli Venezia Giulia - Note illustrative, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, S.E.L.C.A., pp. 48. Cestari R., Trevisani E., Roghi G. (2013) - Record of a rudist from pelagic basinal limestones (upper Cretaceous, Lessini Mountains, northern Italy), Riv. It. Paleont. Strat., 119, 1, pp. 31-39, DOI: https://doi. org/10.13130/2039-4942/6022. Crowell J.C. (1982) - Continental Gla58 GUIDO GONZATO - ANNA MARIA FERRARI