A
B
C
Scienze naturali
2 cm
1 cm
B
A
2 cm
C
1 cm
D
Sopra. A) Nodulo irregolare di pirite, con cristalli di diverse dimensioni. Monti Lessini, campione n. 3456, Museo Civico di Storia Naturale di Verona (Foto F. Zorzi); B) Nodulo subsferico con cristalli di pirite a prevalente abito ottaedrico, cava Italcementi, Tregnago,
CMS (Foto S. Castelli); C) Aggregato irregolare di cristalli cubottaedrici di goethite pseudomorfa su pirite. Progno Gallina, Avesa. CMS
(Foto S. Castelli); D) Nodulo subsferico di pirite: a destra prevale l’abito ottaedrico, a sinistra quello cubico, traforo Schio-Valdagno (VI)
(Collezione F. Zorzi, foto S. Castelli).
Pagina precedente. A) Cristallo ottaedrico di pirite (lato 1 cm), Monti Lessini, campione n. 3456, Museo Civico di Storia Naturale di Verona
(Foto F. Zorzi); B) Cristallo cubico di pirite (lato 2 mm) da cava Italcementi, Tregnago (VR), campioni CMS (Foto S. Castelli); C) Marcasite
lamellare (aggregato di 1 cm) di origine idrotermale, cava “Bertocchi”, San Pietro Mussolino (VI) (Collezione: G. Capolupi, foto M. Chinellato).
Le piriti
dei Monti Lessini
Vengono descritte le mineralizzazioni a pirite
che si presentano sotto forma di noduli
e di aggregati cristallini all’interno di diverse
formazioni sedimentarie dei Lessini.
Michele Sommaruga* - Federico Zorzi**
Stefano Castelli**
* Geologo, libero professionista in Verona.
** Dipartimento di Geoscienze, Università di Padova.
con affini proprietà di generare scintille, se percossi.
Pirite e marcasite, sebbene di nobile lignaggio lessicale, detengono anche il meno invidiabile soprannome di “oro degli stolti”; infatti, a causa del loro colore giallo associato a lucentezza metallica, in epoche
passate molti sempliciotti credevano di aver trovato
o acquistato a buon mercato dell’oro. Talora gli abitanti delle montagne veronesi chiamavano i noduli
di pirite anche “site”, cioè saette, ovvero concrezioni da fusione originate dalla caduta di un fulmine.
Questa ricerca è il frutto dello studio di alcune
decine di campioni della collezione Sommaruga (raccolta tra gli anni ’60 e ’70 e, da qui in poi, indicata
come “CMS”), provenienti dalla Scaglia Variegata
Alpina (Cretaceo sup.) della ex cava Italcementi di
Tregnago e dalle formazioni eoceniche del Progno
Gallina di Avesa e del Progno di Quinzano.
Premessa
Nelle formazioni sedimentarie dei Monti Lessini è
possibile rinvenire bei campioni di pirite, generalmente sotto forma di noduli. La loro presenza è già
nota a livello collezionistico anche al di fuori di
quest’area montuosa; in passato, però, essi sono stati
spesso attribuiti alla marcasite piuttosto che alla pirite
(Bertola, 2008; Boscardin et al., 1975; Del Caldo et al., 1973; Longhi, 1979). Solo in recenti pubblicazioni (Zorzi, Boscardin, 2014; Boscardin et
al., 2011) campioni nodulari provenienti da diverse
località venete sono stati attribuiti con certezza a pirite, ma per il Veronese il materiale studiato è risultato
fino ad oggi piuttosto scarso. La notorietà dei noduli
è inoltre legata al ritrovamento di campioni alterati
in idrossidi di ferro, che vengono spesso scambiati per delle meteoriti o per delle scorie di fusione a
causa del loro aspetto metallico. Il termine marcasite
proviene dalla parola araba marqˉašitˉa, a sua volta parola di origine persiana che stava a designare anche
la pirite (dal greco pyrós/fuoco) ed ulteriori materiali
Pirite e marcasite
Pirite e marcasite hanno la medesima composizione
chimica (disolfuro di ferro con formula FeS2) e possono formare aggregati nodulari simili tra loro, ma si
differenziano per la diversa struttura cristallina e di
conseguenza per la diversa morfologia dei cristalli. Il
disolfuro di ferro può infatti presentarsi nella struttura a simmetria cubica (pirite) oppure nella struttura a simmetria ortorombica (marcasite). In diverse
condizioni termodinamiche (pressione, temperatura,
ph ecc.) molte specie chimiche possono cristallizzare
con una differente disposizione dei medesimi atomi
costituenti, fenomeno che è detto polimorfismo.
Pirite e marcasite sono pertanto dei polimorfi del
disolfuro di ferro, cosi come il quarzo, la tridimite e
la cristobalite lo sono della silice (SiO2). Le caratteristiche principali di entrambe sono riportate in tab 1.
Si tratta di minerali molto simili, che si distinguono prevalentemente per la forma dei cristalli
La Lessinia - Ieri oggi domani
49
CARATTERISTICHE
MARCASITE
PIRITE
Formula chimica
FeS2 (solfuro)
Fe: 46,55% - S: 53,45%
FeS2 (solfuro)
Fe: 46,55% - S: 53,45 %
Peso specifico
4,8 - 4,9
5 - 5,2
Durezza
6-6,5 (fragile)
6 - 6,5 (fragile)
Striscia
Grigio-verde Grigio-nera
Verde-nerastra
Colore
Giallo ottone, più chiaro
sulla frattura fresca
Giallo ottone
Trasparenza
Opaca
Opaca
Lucentezza
Metallica
Metallica
Sfaldatura
Distinta secondo 101
debole secondo 110
Assente
o debole secondo 001
Frattura
Irregolare
Concoide, irregolare
Sistema cristallino
Ortorombico
Cubico
Tab. 1 – Principali proprietà e caratteristiche della marcasite e della pirite.
CUBO CON STRIATURA TRIGLIFA
6 FACCE QUADRATE
PENTAGONODODECAEDRO DIACISDODECAEDRO 24 FACCE
12 FACCE PENTAGONALI
A FORMA DI TRAPEZIO
ROMBODODECAEDRO
12 FACCE ROMBICHE
OTTAEDRO 8 FACCE
TRIANGOLARI EQUILATERE
(diverso sistema cristallino) e per
la leggera differenza di densità.
La pirite cristallizza nel sistema
cubico ed i suoi cristalli possono
dar luogo alle seguenti figure geometriche o alla loro compenetrazione: cubo, ottaedro, rombododecaedro, pentagonododecaedro,
icositetraedro, diacisdodecaedro,
triacisottaedro. La marcasite cristallizza nella classe bipiramidale
rombica e presenta abito prismatico o tabulare rombico e figure
quali il parallelepipedo rettangolare e la bipiramide rombica (Fig.
1). Caratteristici sono i geminati
a “ferro di lancia” e gli accrescimenti a “cresta di gallo”. Sia la pirite che la marcasite si presentano
comunemente anche in aggregati
granulari, bacillari o aciculari raggiati, in concrezioni massicce, nodulari o stalattitiche. A p. 47 sono
riportati una pirite con abito ottaedrico, una con abito cubico e
una marcasite con abito lamellare.
Genesi di pirite e marcasite
in ambiente sedimentario
BIPIRAMIDE
ROMBICA
CRISTALLI PRISMATICI
APPIATTITI
“FERRO DI LANCIA”
Fig. 1 – Caratteristici abiti cristallini della pirite e della marcasite.
50 Scienze naturali
“CRESTA DI GALLO”
La genesi dei disolfuri di ferro può
avvenire in ambiente metamorfico, magmatico, idrotermale e sedimentario. Quest’ultimo è quello
principale di formazione delle piriti veronesi; tuttavia, non mancano
campioni di pirite e (raramente)
di marcasite, legati invece all’attività vulcanica ed idrotermale che
D
A
C
E
2 cm
B
F
Fig. 2 – Fossili mineralizzati: A) Schizaster sp.; B) Gasteropode (entrambi pseudomorfosi di limonite su pirite, Val Gallina, Avesa); C), D)
Ammoniti; E) Gasteropode; F) Fossili di incerta sede (tutti ricoperti di pirite in parte ossidata, cava Italcementi, Tregnago) (CMS, foto
M. Sommaruga).
ha interessato varie parti del Veneto nel Cenozoico.
Nell’ambiente sedimentario, i disolfuri di ferro sono
un sottoprodotto dell’azione metabolica di alcuni
tipi di solfo-batteri che proliferano in ambienti anossici (cioè con assenza o scarsità di ossigeno) ricchi di
sostanza organica in decomposizione. Ciò avviene
negli ambienti palustri e lagunari, oppure in quelli marini profondi, ove la fonte primaria di materia
organica morta è costituita dal plancton. Durante la
riduzione batterica del solfato disciolto nell’acqua, si
ha produzione di acido solfidrico gassoso (H2S) secondo la reazione 2CH2O + SO2-- = H2S + 2HCO3(in cui CH2O sta per sostanza organica); in queste
soluzioni debolmente acide, parte dell’H2S reagisce
col ferro presente nella sostanza organica e in mine-
rali detritici, formando precipitati colloidali di solfuro ferroso (FeS). Questi, inizialmente amorfi, evolvono successivamente in strutture cristalline poco
stabili come mackinawite (Fe9S8) e greigite (Fe3S4) e
in seguito nelle strutture cristalline più stabili proprie
della pirite e della marcasite. La reazione generale
per la precipitazione dei disolfuri di ferro è:
4Fe2+ + 7H2S + SO42- = 4FeS2 + 4H2O + 6H+
Ambienti a ph acido favoriscono la precipitazione
di marcasite (pH <5), mentre quelli a ph basici favoriscono la precipitazione di pirite (Murowchick,
Barnes, 1986; Schieber, 2011). I minuscoli cristalli
di pirite si accrescono a partire da dimensioni microscopiche; sulle facce di quelli cubici (oppure ottaeLa Lessinia - Ieri oggi domani
51
drici) si innestano e si accrescono cristalli “parassiti”,
evolvendo così in noduli sub-sferici; ulteriori complicazioni sorgono dalla compenetrazione di cristalli
adiacenti, che danno luogo a forme sub cilindriche,
mammellonari o ad aggregati più complessi (Fig. p.
48). L’aggregazione dei cristalli può anche avvenire
su scheletri ed esoscheletri di organismi morti, realizzando fossili particolarmente suggestivi (Fig. 2).
L’esposizione della pirite e della marcasite all’aria e all’acqua e la formazione di colonie di batteri
ferro-ossidanti, porta ad una graduale alterazione del
solfuro di ferro con produzione di acido solforico,
che reagisce con la roccia incassante.
A seconda delle condizioni ambientali e del tipo
di roccia incassante, si possono produrre vari tipi di
solfati di ferro (più o meno idrati), gesso (solfato di
calcio), zolfo, idrossidi di ferro (goethite, lepidocrocite) e ossidi di ferro (ematite). Un nodulo si può
dunque alterare in solfati solubili e quindi disgregarsi
o sciogliersi, oppure si può trasformare più o meno
completamente in ossidi e idrossidi di ferro stabili.
Nel secondo caso si parla di limonitizzazione. La limonite è un termine generico che indica una miscela di ossidi e idrossidi di ferro.
I noduli di pirite della collezione Sommaruga
Analisi in diffrazione a raggi X da polveri
Sono stati analizzati in diffrazione a raggi X da polveri alcune decine di noduli facenti parte della collezione Sommaruga (CMS), forte di alcune centinaia di campioni provenienti dai calcari e dalle marne
di età eocenica del Progno Gallina di Avesa e del
Progno di Quinzano e dalla Scaglia Variegata Alpina
(Cretaceo sup.) della ex cava Italcementi di Tregnago. I minerali identificati sono riportati in Tab. 2; in
Tab. 3 sono invece riportati i risultati delle analisi
semiquantitative per ciascun campione, utilizzando le abbreviazioMINERALE
ABBREVIAZIONE
FORMULA CHIMICA
ni di Tab. 2 e indicando l’evenpirite
Pir
FeS2
tuale foto di riferimento presente
goethite
goe
Fe3+O(OH)
nell’articolo. Per questioni di spaematite
em
Fe2O3
zio, diverse analisi che hanno dato
lepidocrocite
lepi
Fe3+O(OH)
come risultato solamente pirite
zolfo
zo
S
non sono state riportate. In tutgesso
ges
CaSO4 · 2H2O
ti i campioni è presente la pirite,
romerite
rom
Fe2+Fe23+(SO4)4 · 14H2O
tranne in quelli completamente
trasformati in goethite ed ematiszomolnokite
szo
FeSO4 · H2O
te. Molti noduli sono stati analizrozenite
roz
FeSO4 · 4H2O
3+
zati in vari punti, sia interni che
jarosite
jar
KFe3 (SO4)2(OH)6
esterni, per evidenziare eventuali
3+
ammoniojarosite
amm
(NH4)Fe3 (SO4)2(OH)6
variazioni della composizione mimohrite
mohr
(NH4)2Fe2+(SO4)2 · 6H2O
neralogica. È interessante notare
magnesiocopiapite
Mg-co
MgFe43+(SO4)6(OH)2 · 20H2O
la totale assenza di marcasite e la
calcite
cc
CaCO3)2
grande varietà dei prodotti di alquarzo
qz
SiO2
terazione che tendono a differenziarsi dall’esterno verso il nucleo
Tab. 2 – Elenco dei minerali riconosciuti tramite analisi in diffrazione a raggi X da polveri.
(
52 Scienze naturali
CAMPIONE
FIG. PIR GOE EM LEPI ZO GES ROM SZO ROZ JAR AMM MOHR MG-C CC QZ
1-patinaBianca
7F
21
1
2
7G
99
<1
3-nucleo
82
3-riga gialla
43
3-bordo bruno
20
4-parte grigia
7E
2
1
31
4-parte gialla
7E
4-parte rosa
7E
10
5-nucleo grigio
7A
21
5-bordo bruno
7A
6
1
6-nucleo chiaro
7D
91
7D
3
7-nucleo grigio
7C
22
4
92
5
7C
8
24
4
7
7-bordo
7C
1
86
10
8-nucleo rosso
7B
43
14
14
7B
40
45
6
11A
98
2
9 patina esterna
11A
80
20
10
11B
100
11-parte interna
5B
71
14
11-parte esterna
5B
33
61
3
88
11
95
5
12
84
14
15-parte esterna
4
7
9
1
29
1
62
51
21
10
58
75
1
4
3
4
12
62
4
9
16
25
2
4
7C
5A
21
40
5
2
5
7-patina arancione
15-parte interna
8
4
80
16
1
6
18
7-patina int. gialla
13
61
31
6-bordo bruno
8-bordo esterno
1
63
1
86
3
10
12
7
1
5
3
12
3
2
3
1
5
11
100
5A
100
4E-4F
100
Tab. 3 – Risultati delle analisi semiquantitative in diffrazione X da polveri. Le abbreviazioni dei nomi dei minerali sono quelle di Tab.
2. Nella seconda colonna sono indicate le relative foto presenti nell’articolo.
LEGENDA DEI COLORI (Cfr. punti di campionamento 1-2, 3-4, 5 in fig. 8, carta geologica) dal basso verso l’alto: verde scuro
= Scaglia Variegata Alpina, Tregnago (punto campionamento 1); arancione = Pietra Gallina, Progno Gallina, Avesa (punti 2 e 3);
verde chiaro = marne nei Calcari Nummulitici, Quinzano (camp. 4, punto 4), Avesa (punto 5).
La Lessinia - Ieri oggi domani
53
(Fig. 9). Tra questi, i più frequenti sono goethite ed
ematite (rispettivamente idrossido e ossido di ferro)
ed i solfati gesso e rozenite (rispettivamente solfato di calcio e solfato di ferro). Rozenite, romerite,
lepidocrocite, ammoniojarosite, mohrite e magnesiocopiapite rappresentano una novità assoluta per il
Veneto; zolfo e jarosite sono, invece, una novità per
il solo Veronese. La magnesiocopiapite è stata rinvenuta in un solo campione (Fig. 7 E ), sotto forma di
incrostazioni gialle su un nodulo di pirite completamente alterato e associato a un fossile di alga calcarea
(Lithotamnium).
Un discorso a parte merita la szomolnokite, in
quanto tale fase è stata individuata solo nelle patine
biancastre che si sono formate sui campioni durante
la conservazione. Pertanto, non essendo un minerale formatosi in condizioni del tutto naturali come
gli altri, non può essere considerato come nuova se-
A
B
gnalazione per il Veneto. Invece, la presenza di solfati contenenti lo ione ammonio (ammoniojarosite
e mohrite), su campioni della Pietra Gallina (Avesa), trova riscontro con il rinvenimento di mohrite
e mascagnite (solfato di ammonio) in piriti alterate
su campioni di vegetali fossili provenienti dall’area
di Bolca e conservati presso il Museo di Geologia e
Paleontologia dell’Università di Padova nella “Sala
delle Palme” (Del Favero et al., 2012). L’ipotesi che mohrite e mascagnite potessero derivare da
trattamenti di restauro e conservazione di tali fossili con prodotti contenenti ammoniaca viene quindi
messa in discussione, in quanto i solfati di ammonio
riscontrati nei campioni della CMS sono di sicura
origine naturale. La presenza di frequenti resti vegetali nella formazione della Pietra Gallina fa dunque
pensare che ci sia uno stretto legame tra questi ed i
solfati contenenti ammonio. A completare il quadro
C
D
Fig. 3 – Figure prodotte dalla progressiva compenetrazione ottaedro-cubo e loro raffronto con campioni di pirite limonitizzata della
Val Gallina, Avesa (Campioni CMS, foto S. Castelli, disegno M. Sommaruga).
54 Scienze naturali
B
A
C
1 cm
E
2 cm
D
F
Fig. 4 – Campioni CMS. A, B, C) Noduli (pseudomorfosi di limonite su pirite) con cristali cubici sovrapposti, simulanti un abito tabulare (alta Lessinia). D) Nodulo di pirite su Scaglia Variegata, cava Italcementi, Tregnago. E) nodulo di pirite superficialmente ossidato con
cristalli cubottaedrici in accrescimenti complessi. f) dettaglio del nodulo precedente: gli accrescimenti irregolari e a scalini dei cristalli
cubottaedrici simulano cristalli dalla forma schiacciata. (A, B, C, D foto M. Sommaruga, E-F foto S. Castelli).
2 cm
A
B
2 cm
Fig. 5 – A) Sezione di nodulo sferico di pirite (ex cava Italcementi,Tregnago); B) Nodulo di pirite completamente alterato, Progno Gallina
(Campioni CMS, foto S. Castelli).
dei minerali presenti sulla parte superficiale di alcune
piriti, segnaliamo anche la presenza di calcite e di
quarzo, che però appartengono a resti della matrice
rocciosa che conteneva i noduli.
La morfologia dei cristalli e dei noduli
In tutti i noduli di pirite dei Lessini sono osservabili
soltanto forme relative all’ottaedro e al cubo (Fig. 3
A-D), ma con diversi gradi di combinazione. In un
solo campione del Cretaceo è stata trovata la forma esclusivamente cubica (cava Italcementi, p. 47, B),
mentre è più frequente in quelli eocenici del Progno
Gallina.
Generalmente, i cristalli sono di dimensione millimetrica e si sviluppano sulla superficie dei noduli sotto forma di accrescimenti paralleli e di compenetrazioni. Spesso emergono debolmente dalla superficie
solo le facce quadrate del cubo, disposte fittamente
una accanto all’altra o compenetrate a comporre larghi scalini, simulando in questo modo la presenza di
cristalli appiattiti (Fig. 4 A, B, C, D; Fig. 6 C ). Forse
proprio questa caratteristica ha indotto i collezionisti
a riconoscervi erroneamente una morfologia tabulare
tipica della marcasite. In altri casi si formano cristalli
sporgenti, con abito prevalentemente ottaedrico (Fig.
6 A), con superfici e spigoli tendenzialmente arrotondati per effetto di accrescimenti multipli non lineari (Fig. 4 E, F ). I noduli sono generalmente sferoidali, spesso con forma un po’ schiacciata o appiattita,
ma non mancano forme globulari più complesse ed
irregolari; quelli sub-sferici, in particolare, evidenziano in sezione una tipica struttura fibroso-raggiata dovuta all’accrescimento progressivo, verso l’esterno, dei
cristalli (Fig. 5 A). Nella parte centrale la raggiatura
è assente o poco visibile e la pirite assume un aspetto
microgranulare. L’alterazione dei noduli per ossida-
2 cm
A
B
C
Fig. 6 – Noduli sferici di goethite pseudomorfa su pirite, Progno Gallina (punto 3, cfr. fig. 8). Passaggi da: A) abito ottaedrico; B) abito cubottaedrico con cristalli poco sporgenti; C) abito prevalentemente cubico, con cristalli appiattiti e arrotondati (CMS, foto M. Sommaruga).
56 Scienze naturali
2 cm
2 cm
1 cm
A
C
E
1 cm
B
D
2 cm
F
1 cm
G
Fig. 7 – A), B), C), D): Progno Gallina (punto 3, cfr. fig. 8); E) Quinzano (punto 4, fig. 8); F) e G): Avesa (punto 5). Vari esempi di noduli
alterati (vedi analisi di Tab. 3) (CMS, foto S. Castelli).
La Lessinia - Ieri oggi domani
57
zione genera spesso fratture radiali; a volte si forma
una cavità in corrispondenza del nucleo (Fig. 5 B ).
L’alterazione dei noduli di pirite
L’ossidazione e l’idratazione comportano un aumento in volume dei noduli, che, se non sono confinati
dalla matrice rocciosa, si fessurano, esponendosi così
alle intemperie e a fenomeni di alterazione sempre
più accelerati, sino alla fratturazione e polverizzazione finale. Quelli che invece si sono alterati confinati
nella roccia originaria, in particolari condizioni possono essere sostituiti da idrossidi di ferro (goethite ed
ematite), conservando perfettamente le morfologie
dei cristalli (pseudomorfosi), vedi Fig. 3, Fig. 6 A, B,
C e Fig. 11 A.
L’ossidazione della pirite all’interno della roccia
incassante, o più facilmente della pirite esposta all’aria e all’acqua, può portare anche alla formazione
di solfati di ferro di vario tipo (vedi Tab. 2 e Tab.
3), che progressivamente oblitera la morfologia dei
cristalli preesistenti e la struttura interna raggiata. In
molti casi si osserva la presenza di un miscuglio di
pirite, zolfo e solfati nella parte interna dei noduli
e di goethite +/- ematite nella parte esterna (Fig. 7
A-C). Nelle teche dei collezionisti e dei musei, sia
la pirite che la marcasite possono facilmente alterarsi, in particolare la marcasite; tuttavia si osserva che
molto dipende dall’origine, dalla località e dallo stato
iniziale di conservazione dei campioni. Le piriti di
origine sedimentaria, forse a causa delle disomogeneità e delle complessità delle cristallizzazioni, sono
più deperibili, fatto che ha ulteriormente indotto ad
assimilarle alle marcasiti.
In Fig. 7 F, G si possono osservare due noduli di
pirite provenienti dalla stessa località: il nodulo di
sinistra (7 F ), durante la conservazione ha prodotto
sulla superficie una patina di solfati (szomolnokite),
a differenza di quello di destra (7 G), che si è conservato quasi integro. In natura, una volta liberati
58 Scienze naturali
dalla loro matrice ad opera dei processi erosivi, i noduli vengono movimentati nei cicli di trasporto ed
accumulo, dando luogo talora a concentrazioni per
gravità nei sedimenti alluvionali subaerei o in cavità
carsiche; nel caso dei noduli già ossidati, ciò comporta spesso una lisciatura ed una lucidatura che ne
oblitera parzialmente o del tutto l’abito cristallino,
facendoli scambiare per metalli o meteoriti.
Giaciture favorevoli al ritrovamento dei noduli
Anzitutto, per utili raffronti, riportiamo uno schema
della sequenza delle formazioni rocciose dei Lessini,
anche se, per motivi di spazio, non proporzionale ai
loro spessori (Fig. 8).
Questa serie si è sedimentata dal Triassico superiore (circa 250 milioni di anni fa) al Miocene, al
margine meridionale del continente europeo in ambiente di piattaforma carbonatica, con una interruzione per regressione marina durante l’Oligocene;
nel corso della sua storia, ha presentato episodi di
lento sprofondamento compensati dalla sedimentazione, con altri di segno opposto.
Esaminiamo, ora, le possibili giaciture dei noduli
nella serie illustrata.
I. In posto e in forme non ossidate o poco ossidate
1) Negli orizzonti a ligniti presenti in formazioni rocciose di svariate età, che furono estratti a partire
dal 1700, ma soprattutto nel corso delle due guerre mondiali (Federici, 1948). Dai più antichi ai
più recenti abbiamo: 1A) i banchi lignitiferi del
Gruppo dei Calcari Grigi di Noriglio (Lias, Giurassico inferiore); 1B) i depositi lignitiferi e bituminosi dell’Eocene medio (Luteziano).
Fig. 8 – Sequenza delle formazioni rocciose dei Lessini (non in
scala) e Carta Geologica delle valli di Avesa e Quinzano (da ARNI
e LANTERNO, 1972, modificata), nonché della cava Italcementi di
Tregnago (Rilievo geologico M. Sommaruga).
La Lessinia - Ieri oggi domani
59
2) Negli orizzonti marnosi (un tempo impropriamente chiamati anche “scisti bituminosi” o “marne
scistose”) della formazione della Scaglia Variegata Alpina (Cretaceo superiore), soprastante quella
della Maiolica (Cretaceo medio), sino a non molti
anni fa entrambe raggruppate nel “Biancone”.
3) Nei calcari eocenici: i noduli sono rinvenibili nei
livelli inferiori dell’Eocene (Pietra Gallina di Avesa, nei livelli marnosi dei Calcari Nummulitici di
Avesa e Quinzano) e nei soprastanti calcari marnosi del Priaboniano.
II. Fluitati e rideposti, per lo più in forme ossidate
e alterate meccanicamente
In seguito al disfacimento dei fronti rocciosi a opera
di agenti erosivi, i noduli vengono presi in carico da
quelli di trasporto, depositandosi misti ad altri detriti:
– nelle varie tipologie di coltri detritiche disseminate
lungo i versanti o alla loro base,
– nelle coltri alluvionali, (più facilmente nei greti e
nelle anse dei torrenti – cfr. campione di Fig. 11 B),
– nei suoli residuali, in special modo se accumulati in
depressioni o in fratture beanti, specie se interessate
dal carsismo,
– in depressioni lungo varie tipologie di condotti
carsici sotterranei,
Un modo efficace per rinvenirli nei sedimenti medio fini consiste nella setacciatura di questi ultimi
con vagli di diversa ampiezza: nella Lessinia veronese i suoli residuali più ricchi di noduli sono quelli prodotti dal disfacimento termoclastico e chimico
della Maiolica e della Scaglia Variegata.
2 cm
Fig. 9 – Noduli sub sferici di pirite con sottile patina iridescente di ossidi. Cava Italcementi, Tregnago (CMS, foto M. Sommaruga).
60 Scienze naturali
Noduli di età cretacica
I noduli sono reperibili nella Scaglia Variegata Alpina (Aptiano-inferiore, Cenomaniano), che si presenta come un’alternanza di calcari
micritici grigio chiaro, intervallati
da livelli marnosi di colore da grigio scuro a verde-rossastro.
Nella parte alta della Formazione compaiono delle intercalazioni di marne scistose nerastre, localmente conosciute come Libron
del Diavolo, depostesi in ambiente
pelagico mediamente profondo e
prossimo al livello minimo di ossigeno. Le più importanti località
di ritrovamento, in Lessinia, corrispondono alle cave oggi dismesse
dell’Italcementi, ubicate rispettivamente allo sbocco della Valle di
Fumane (cava che però ha subìto
ripristino ambientale) e al culmine di una dorsale collinare circa
un km ad Ovest di Tregnago, in località Le Cave (Fig.
8, Carta Geologica).
Nella cava Italcementi di Tregnago (cfr. sempre
Fig. 8, Carta Geologica) l’alternanza dei calcari micritici e delle marne nerastre affiora per uno spessore di circa 20 metri e, ai tempi della coltivazione,
si presentava ricca di noduli di pirite non alterata,
talvolta caratterizzati da sottilissime patine di ossidi iridescenti cangianti dal rosso al rosa, al verde, al
giallo, all’azzurro e al lilla (Fig. 9).
Da questa cava provengono pure numerosi fossili di ammoniti e di altri organismi ricoperti da un
sottile film di pirite a ricoprirne il guscio (Fig. 2).
Comunque, questa facies sedimentaria viene alla luce
B
A
C
2 cm
Fig. 10 – A), B), C): aggregati complessi di cristalli di goethite pseudomorfi su pirite. A) cristalli con abito cubottaedrico; B) cristalli con
abito prevalentemente ottaedrico; C) aggregato mammellonare con cristalli arrotondati (CMS, foto M. Sommaruga).
La Lessinia - Ieri oggi domani
61
in numerosissime località minori dei Lessini, soprattutto in corrispondenza dei tagli stradali e simili, o
lungo le scarpate incise dai torrenti.
Noduli e aggregati di età eocenica
2 cm
A
2 cm
B
Fig. 11 – A): aggregati complessi di cristalli di goethite pseudomorfi su pirite, grossi cristalli cubottaedrici; B): cristalli di pirite
con abito prevalentemente ottaedrico coperti da sottile patina
rossa di ossidazione (Foto S. Castelli).
62 Scienze naturali
Durante l’Eocene, nel Veronese un mare tropicale
contornava isole e più ampie terre emerse settentrionali, realizzando lagune ed atolli, ma anche ambienti
più decisamente aperti e profondi; la deposizione sui
fondali del calcare soprassaturo disciolto nelle acque
e dei gusci di varie specie di animali, produsse svariate facies carbonatiche coeve o in successione, poi
litificatesi (Fig. 8, Carta Geologica).
Inusitatamente, proprio in questi sedimenti calcarei
e non carboniosi si rinvengono più numerosi i noduli di pirite, ma soprattutto le loro pseudomorfosi;
tra le numerose facies eoceniche diffuse sui Lessini, le
più ricche di noduli sono quelle della zona di Avesa
e Quinzano, ubicate a Nord della città di Verona, che
qui meglio descriviamo. La loro serie affiora lungo i
torrenti Gallina, Borago e di Quinzano, che l’hanno
erosa, mentre numerose vecchie cave ne hanno sezionato la parte inferiore per estrarre la Pietra Gallina.
Agli iniziali calcari marnosi, spessi da pochi decimetri a un paio di metri deposti sopra la Scaglia Rossa, seguono calcari a grana fine leggermente marnosi,
di ambiente neritico di piattaforma (Pietra Gallina,
Eocene inferiore-medio), aventi uno spessore di una
cinquantina di metri. Superiormente, si ha una sessantina di metri di spessore di Calcari Nummulitici,
caratterizzati alla base da un banco di calcari marnosi
di pochi metri di spessore, anch’esso ricco di piriti.
La serie è chiusa al tetto da circa 80 metri di calcari marnosi a Discocicline (grandi nummuliti piatte)
del Priaboniano (Eocene superiore).
Pietra Gallina
Nella Pietra Gallina, in particolare nelle vecchie cave
e nel greto del torrente, si rinvengono noduli sferici
NODULI SUB SFERICI
DALLA PIETRA GALLINA
DI AVESA
TIPOLOGIA
N° campioni
Ø (mm)
NODULI SUB SFERICI
DALLA SCAGLIA VARIEGATA ALPINA
DELLA CAVA ITALCEMENTI
Peso Specifico
N° campioni
Ø (mm)
Peso Specifico
Noduli Subsferici
21
9,00 / 56,00
2,70 / 3,99
21
4,00 / 29,00
4,44 / 5,15
Cristalli sub-ottaedrici
10
8,25 / 16,30
2,61 / 3,90
3
3,60 / 5,90
4,00 / 5,12
5
2,40 / 3,20
-
4
1,20 / 2,00
-
Cristalli Sub-cubici
Tab. 4 – Raffronti dimensionali e di peso specifico tra noduli sub sferici del Progno Gallina e della cava Italcementi di Tregnago.
e sub-sferici (Fig. 5 B, Fig. 6 A, B, C, Fig. 7 A, B, C,
D, E, F, G ) e aggregati cristallini di forme complesse
anche di ragguardevoli dimensioni, fino a 10-20 cm
(Fig. C di p. 48, Fig. 10 A, B, C). Questi ultimi non
hanno evidente struttura interna raggiata e presentano
marcati cristalli cubottaedrici a volte isolati (Fig. 3), di
dimensioni maggiori rispetto a quelli rinvenibili nelle
altre formazioni rocciose della Lessinia veronese.
È molto raro rinvenire campioni di pirite non alterata come quello di Fig. 11 B. In Tab. 4 sono confrontate le dimensioni ed i pesi specifici dei noduli
subsferici e dei singoli cristalli provenienti dalla Pietra Gallina e dalla Scaglia Variegata Alpina della cava
Italcementi di Tregnago, ricordando che, per le sfere, a diametri doppi corrispondono volumi otto volte
maggiori. Il minor peso specifico dei noduli e cristalli
dalla Pietra Gallina è giustificato dal loro maggior grado di alterazione in minerali meno densi della pirite.
La facies è caratterizzata da una rilevante frazione marnosa, che la rende simile a certi livelli dei più
recenti calcari organogeni del Priaboniano ed è subaffiorante nella vallecola a sud di Monte Arzan (punto 5, cfr. Fig. 5 ). In alcuni blocchi rocciosi, un tempo
disseminati a fondovalle dall’esplosione di una locale
polveriera al termine della seconda guerra mondiale, sono state rinvenute alcune piriti non ossidate di
forma e dimensioni analoghe a quelle, più deperite,
di Quinzano (Fig. 7 F, G).
Sopra al banco marnoso si trovano i tipici calcari organogeni a Nummuliti, molto compatti, contenenti rari noduli ossidati con abito cristallino poco
Calcari nummulitici
Alla base dei Calcari Nummulitici è presente un banco di calcari marnosi a nummuliti e Lithotamnium
(alghe rosse), che affiora con una lunga scarpata spessa
2-3 metri in destra orografica lungo la strada che da
Quinzano risale il “Progno” omonimo. Lungo un suo
affioramento di circa 60 metri quadrati si sono potuti
contare ben 200 noduli, corrispondenti ad una densità
di 6 per metro cubo (cfr. Fig. 12); la loro ossidazione
ancora in corso produce un intenso odore di zolfo.
Fig. 12 – Particolare dell’affioramento di Quinzano (cfr. punto
n. 4, carta geologica fig. 8) con alcune piriti in via di ossidazione
(Foto M. Sommaruga).
La Lessinia - Ieri oggi domani
63
evidente. La serie sedimentaria eocenica si chiude
con le Marne di Priabona (di età Priaboniana), costituite da calcari marnosi a Discocicline, che presentano, in vari intervalli, un’abbondanza di piccoli noduli
completamente ossidati e privi di abito cristallino, la
cui distribuzione e frequenza è paragonabile a quella
riscontrata nel banco marnoso di Quinzano.
Considerazioni
In questo lavoro sono state presentate le descrizioni e
le analisi di noduli e di aggregati di pirite provenienti
da varie località dei Lessini e da diverse formazioni
geologiche. Pur trattandosi sempre di pirite, è emersa
una discreta varietà di forme con alcuni aspetti peculiari per certe località. Particolarmente interessanti sono risultati i prodotti di alterazione, con alcune
novità mineralogiche per il Veronese e il Veneto. Sicuramente la collezione Sommaruga qui descritta risulta molto rappresentativa delle diverse tipologie di
noduli dei Lessini e contiene inoltre campioni davvero unici e di località poco conosciute. Tuttavia, ad
oggi è sempre più difficile reperire noduli di pirite,
ossidata o meno, in qualsiasi area dei Lessini veronesi,
in quanto l’attività di cava è limitata ad altre tipologie
di materiali rocciosi, mentre quella di sbancamento
per lavori stradali si è molto ridotta.
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