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Le piriti dei Monti Lessini

2017, La Lessinia - ieri oggi e domani

A B C Scienze naturali 2 cm 1 cm B A 2 cm C 1 cm D Sopra. A) Nodulo irregolare di pirite, con cristalli di diverse dimensioni. Monti Lessini, campione n. 3456, Museo Civico di Storia Naturale di Verona (Foto F. Zorzi); B) Nodulo subsferico con cristalli di pirite a prevalente abito ottaedrico, cava Italcementi, Tregnago, CMS (Foto S. Castelli); C) Aggregato irregolare di cristalli cubottaedrici di goethite pseudomorfa su pirite. Progno Gallina, Avesa. CMS (Foto S. Castelli); D) Nodulo subsferico di pirite: a destra prevale l’abito ottaedrico, a sinistra quello cubico, traforo Schio-Valdagno (VI) (Collezione F. Zorzi, foto S. Castelli). Pagina precedente. A) Cristallo ottaedrico di pirite (lato 1 cm), Monti Lessini, campione n. 3456, Museo Civico di Storia Naturale di Verona (Foto F. Zorzi); B) Cristallo cubico di pirite (lato 2 mm) da cava Italcementi, Tregnago (VR), campioni CMS (Foto S. Castelli); C) Marcasite lamellare (aggregato di 1 cm) di origine idrotermale, cava “Bertocchi”, San Pietro Mussolino (VI) (Collezione: G. Capolupi, foto M. Chinellato). Le piriti dei Monti Lessini Vengono descritte le mineralizzazioni a pirite che si presentano sotto forma di noduli e di aggregati cristallini all’interno di diverse formazioni sedimentarie dei Lessini. Michele Sommaruga* - Federico Zorzi** Stefano Castelli** * Geologo, libero professionista in Verona. ** Dipartimento di Geoscienze, Università di Padova. con affini proprietà di generare scintille, se percossi. Pirite e marcasite, sebbene di nobile lignaggio lessicale, detengono anche il meno invidiabile soprannome di “oro degli stolti”; infatti, a causa del loro colore giallo associato a lucentezza metallica, in epoche passate molti sempliciotti credevano di aver trovato o acquistato a buon mercato dell’oro. Talora gli abitanti delle montagne veronesi chiamavano i noduli di pirite anche “site”, cioè saette, ovvero concrezioni da fusione originate dalla caduta di un fulmine. Questa ricerca è il frutto dello studio di alcune decine di campioni della collezione Sommaruga (raccolta tra gli anni ’60 e ’70 e, da qui in poi, indicata come “CMS”), provenienti dalla Scaglia Variegata Alpina (Cretaceo sup.) della ex cava Italcementi di Tregnago e dalle formazioni eoceniche del Progno Gallina di Avesa e del Progno di Quinzano. Premessa Nelle formazioni sedimentarie dei Monti Lessini è possibile rinvenire bei campioni di pirite, generalmente sotto forma di noduli. La loro presenza è già nota a livello collezionistico anche al di fuori di quest’area montuosa; in passato, però, essi sono stati spesso attribuiti alla marcasite piuttosto che alla pirite (Bertola, 2008; Boscardin et al., 1975; Del Caldo et al., 1973; Longhi, 1979). Solo in recenti pubblicazioni (Zorzi, Boscardin, 2014; Boscardin et al., 2011) campioni nodulari provenienti da diverse località venete sono stati attribuiti con certezza a pirite, ma per il Veronese il materiale studiato è risultato fino ad oggi piuttosto scarso. La notorietà dei noduli è inoltre legata al ritrovamento di campioni alterati in idrossidi di ferro, che vengono spesso scambiati per delle meteoriti o per delle scorie di fusione a causa del loro aspetto metallico. Il termine marcasite proviene dalla parola araba marqˉašitˉa, a sua volta parola di origine persiana che stava a designare anche la pirite (dal greco pyrós/fuoco) ed ulteriori materiali Pirite e marcasite Pirite e marcasite hanno la medesima composizione chimica (disolfuro di ferro con formula FeS2) e possono formare aggregati nodulari simili tra loro, ma si differenziano per la diversa struttura cristallina e di conseguenza per la diversa morfologia dei cristalli. Il disolfuro di ferro può infatti presentarsi nella struttura a simmetria cubica (pirite) oppure nella struttura a simmetria ortorombica (marcasite). In diverse condizioni termodinamiche (pressione, temperatura, ph ecc.) molte specie chimiche possono cristallizzare con una differente disposizione dei medesimi atomi costituenti, fenomeno che è detto polimorfismo. Pirite e marcasite sono pertanto dei polimorfi del disolfuro di ferro, cosi come il quarzo, la tridimite e la cristobalite lo sono della silice (SiO2). Le caratteristiche principali di entrambe sono riportate in tab 1. Si tratta di minerali molto simili, che si distinguono prevalentemente per la forma dei cristalli La Lessinia - Ieri oggi domani 49 CARATTERISTICHE MARCASITE PIRITE Formula chimica FeS2 (solfuro) Fe: 46,55% - S: 53,45% FeS2 (solfuro) Fe: 46,55% - S: 53,45 % Peso specifico 4,8 - 4,9 5 - 5,2 Durezza 6-6,5 (fragile) 6 - 6,5 (fragile) Striscia Grigio-verde Grigio-nera Verde-nerastra Colore Giallo ottone, più chiaro sulla frattura fresca Giallo ottone Trasparenza Opaca Opaca Lucentezza Metallica Metallica Sfaldatura Distinta secondo 101 debole secondo 110 Assente o debole secondo 001 Frattura Irregolare Concoide, irregolare Sistema cristallino Ortorombico Cubico Tab. 1 – Principali proprietà e caratteristiche della marcasite e della pirite. CUBO CON STRIATURA TRIGLIFA 6 FACCE QUADRATE PENTAGONODODECAEDRO DIACISDODECAEDRO 24 FACCE 12 FACCE PENTAGONALI A FORMA DI TRAPEZIO ROMBODODECAEDRO 12 FACCE ROMBICHE OTTAEDRO 8 FACCE TRIANGOLARI EQUILATERE (diverso sistema cristallino) e per la leggera differenza di densità. La pirite cristallizza nel sistema cubico ed i suoi cristalli possono dar luogo alle seguenti figure geometriche o alla loro compenetrazione: cubo, ottaedro, rombododecaedro, pentagonododecaedro, icositetraedro, diacisdodecaedro, triacisottaedro. La marcasite cristallizza nella classe bipiramidale rombica e presenta abito prismatico o tabulare rombico e figure quali il parallelepipedo rettangolare e la bipiramide rombica (Fig. 1). Caratteristici sono i geminati a “ferro di lancia” e gli accrescimenti a “cresta di gallo”. Sia la pirite che la marcasite si presentano comunemente anche in aggregati granulari, bacillari o aciculari raggiati, in concrezioni massicce, nodulari o stalattitiche. A p. 47 sono riportati una pirite con abito ottaedrico, una con abito cubico e una marcasite con abito lamellare. Genesi di pirite e marcasite in ambiente sedimentario BIPIRAMIDE ROMBICA CRISTALLI PRISMATICI APPIATTITI “FERRO DI LANCIA” Fig. 1 – Caratteristici abiti cristallini della pirite e della marcasite. 50 Scienze naturali “CRESTA DI GALLO” La genesi dei disolfuri di ferro può avvenire in ambiente metamorfico, magmatico, idrotermale e sedimentario. Quest’ultimo è quello principale di formazione delle piriti veronesi; tuttavia, non mancano campioni di pirite e (raramente) di marcasite, legati invece all’attività vulcanica ed idrotermale che D A C E 2 cm B F Fig. 2 – Fossili mineralizzati: A) Schizaster sp.; B) Gasteropode (entrambi pseudomorfosi di limonite su pirite, Val Gallina, Avesa); C), D) Ammoniti; E) Gasteropode; F) Fossili di incerta sede (tutti ricoperti di pirite in parte ossidata, cava Italcementi, Tregnago) (CMS, foto M. Sommaruga). ha interessato varie parti del Veneto nel Cenozoico. Nell’ambiente sedimentario, i disolfuri di ferro sono un sottoprodotto dell’azione metabolica di alcuni tipi di solfo-batteri che proliferano in ambienti anossici (cioè con assenza o scarsità di ossigeno) ricchi di sostanza organica in decomposizione. Ciò avviene negli ambienti palustri e lagunari, oppure in quelli marini profondi, ove la fonte primaria di materia organica morta è costituita dal plancton. Durante la riduzione batterica del solfato disciolto nell’acqua, si ha produzione di acido solfidrico gassoso (H2S) secondo la reazione 2CH2O + SO2-- = H2S + 2HCO3(in cui CH2O sta per sostanza organica); in queste soluzioni debolmente acide, parte dell’H2S reagisce col ferro presente nella sostanza organica e in mine- rali detritici, formando precipitati colloidali di solfuro ferroso (FeS). Questi, inizialmente amorfi, evolvono successivamente in strutture cristalline poco stabili come mackinawite (Fe9S8) e greigite (Fe3S4) e in seguito nelle strutture cristalline più stabili proprie della pirite e della marcasite. La reazione generale per la precipitazione dei disolfuri di ferro è: 4Fe2+ + 7H2S + SO42- = 4FeS2 + 4H2O + 6H+ Ambienti a ph acido favoriscono la precipitazione di marcasite (pH <5), mentre quelli a ph basici favoriscono la precipitazione di pirite (Murowchick, Barnes, 1986; Schieber, 2011). I minuscoli cristalli di pirite si accrescono a partire da dimensioni microscopiche; sulle facce di quelli cubici (oppure ottaeLa Lessinia - Ieri oggi domani 51 drici) si innestano e si accrescono cristalli “parassiti”, evolvendo così in noduli sub-sferici; ulteriori complicazioni sorgono dalla compenetrazione di cristalli adiacenti, che danno luogo a forme sub cilindriche, mammellonari o ad aggregati più complessi (Fig. p. 48). L’aggregazione dei cristalli può anche avvenire su scheletri ed esoscheletri di organismi morti, realizzando fossili particolarmente suggestivi (Fig. 2). L’esposizione della pirite e della marcasite all’aria e all’acqua e la formazione di colonie di batteri ferro-ossidanti, porta ad una graduale alterazione del solfuro di ferro con produzione di acido solforico, che reagisce con la roccia incassante. A seconda delle condizioni ambientali e del tipo di roccia incassante, si possono produrre vari tipi di solfati di ferro (più o meno idrati), gesso (solfato di calcio), zolfo, idrossidi di ferro (goethite, lepidocrocite) e ossidi di ferro (ematite). Un nodulo si può dunque alterare in solfati solubili e quindi disgregarsi o sciogliersi, oppure si può trasformare più o meno completamente in ossidi e idrossidi di ferro stabili. Nel secondo caso si parla di limonitizzazione. La limonite è un termine generico che indica una miscela di ossidi e idrossidi di ferro. I noduli di pirite della collezione Sommaruga Analisi in diffrazione a raggi X da polveri Sono stati analizzati in diffrazione a raggi X da polveri alcune decine di noduli facenti parte della collezione Sommaruga (CMS), forte di alcune centinaia di campioni provenienti dai calcari e dalle marne di età eocenica del Progno Gallina di Avesa e del Progno di Quinzano e dalla Scaglia Variegata Alpina (Cretaceo sup.) della ex cava Italcementi di Tregnago. I minerali identificati sono riportati in Tab. 2; in Tab. 3 sono invece riportati i risultati delle analisi semiquantitative per ciascun campione, utilizzando le abbreviazioMINERALE ABBREVIAZIONE FORMULA CHIMICA ni di Tab. 2 e indicando l’evenpirite Pir FeS2 tuale foto di riferimento presente goethite goe Fe3+O(OH) nell’articolo. Per questioni di spaematite em Fe2O3 zio, diverse analisi che hanno dato lepidocrocite lepi Fe3+O(OH) come risultato solamente pirite zolfo zo S non sono state riportate. In tutgesso ges CaSO4 · 2H2O ti i campioni è presente la pirite, romerite rom Fe2+Fe23+(SO4)4 · 14H2O tranne in quelli completamente trasformati in goethite ed ematiszomolnokite szo FeSO4 · H2O te. Molti noduli sono stati analizrozenite roz FeSO4 · 4H2O 3+ zati in vari punti, sia interni che jarosite jar KFe3 (SO4)2(OH)6 esterni, per evidenziare eventuali 3+ ammoniojarosite amm (NH4)Fe3 (SO4)2(OH)6 variazioni della composizione mimohrite mohr (NH4)2Fe2+(SO4)2 · 6H2O neralogica. È interessante notare magnesiocopiapite Mg-co MgFe43+(SO4)6(OH)2 · 20H2O la totale assenza di marcasite e la calcite cc CaCO3)2 grande varietà dei prodotti di alquarzo qz SiO2 terazione che tendono a differenziarsi dall’esterno verso il nucleo Tab. 2 – Elenco dei minerali riconosciuti tramite analisi in diffrazione a raggi X da polveri. ( 52 Scienze naturali CAMPIONE FIG. PIR GOE EM LEPI ZO GES ROM SZO ROZ JAR AMM MOHR MG-C CC QZ 1-patinaBianca 7F 21 1 2 7G 99 <1 3-nucleo 82 3-riga gialla 43 3-bordo bruno 20 4-parte grigia 7E 2 1 31 4-parte gialla 7E 4-parte rosa 7E 10 5-nucleo grigio 7A 21 5-bordo bruno 7A 6 1 6-nucleo chiaro 7D 91 7D 3 7-nucleo grigio 7C 22 4 92 5 7C 8 24 4 7 7-bordo 7C 1 86 10 8-nucleo rosso 7B 43 14 14 7B 40 45 6 11A 98 2 9 patina esterna 11A 80 20 10 11B 100 11-parte interna 5B 71 14 11-parte esterna 5B 33 61 3 88 11 95 5 12 84 14 15-parte esterna 4 7 9 1 29 1 62 51 21 10 58 75 1 4 3 4 12 62 4 9 16 25 2 4 7C 5A 21 40 5 2 5 7-patina arancione 15-parte interna 8 4 80 16 1 6 18 7-patina int. gialla 13 61 31 6-bordo bruno 8-bordo esterno 1 63 1 86 3 10 12 7 1 5 3 12 3 2 3 1 5 11 100 5A 100 4E-4F 100 Tab. 3 – Risultati delle analisi semiquantitative in diffrazione X da polveri. Le abbreviazioni dei nomi dei minerali sono quelle di Tab. 2. Nella seconda colonna sono indicate le relative foto presenti nell’articolo. LEGENDA DEI COLORI (Cfr. punti di campionamento 1-2, 3-4, 5 in fig. 8, carta geologica) dal basso verso l’alto: verde scuro = Scaglia Variegata Alpina, Tregnago (punto campionamento 1); arancione = Pietra Gallina, Progno Gallina, Avesa (punti 2 e 3); verde chiaro = marne nei Calcari Nummulitici, Quinzano (camp. 4, punto 4), Avesa (punto 5). La Lessinia - Ieri oggi domani 53 (Fig. 9). Tra questi, i più frequenti sono goethite ed ematite (rispettivamente idrossido e ossido di ferro) ed i solfati gesso e rozenite (rispettivamente solfato di calcio e solfato di ferro). Rozenite, romerite, lepidocrocite, ammoniojarosite, mohrite e magnesiocopiapite rappresentano una novità assoluta per il Veneto; zolfo e jarosite sono, invece, una novità per il solo Veronese. La magnesiocopiapite è stata rinvenuta in un solo campione (Fig. 7 E ), sotto forma di incrostazioni gialle su un nodulo di pirite completamente alterato e associato a un fossile di alga calcarea (Lithotamnium). Un discorso a parte merita la szomolnokite, in quanto tale fase è stata individuata solo nelle patine biancastre che si sono formate sui campioni durante la conservazione. Pertanto, non essendo un minerale formatosi in condizioni del tutto naturali come gli altri, non può essere considerato come nuova se- A B gnalazione per il Veneto. Invece, la presenza di solfati contenenti lo ione ammonio (ammoniojarosite e mohrite), su campioni della Pietra Gallina (Avesa), trova riscontro con il rinvenimento di mohrite e mascagnite (solfato di ammonio) in piriti alterate su campioni di vegetali fossili provenienti dall’area di Bolca e conservati presso il Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova nella “Sala delle Palme” (Del Favero et al., 2012). L’ipotesi che mohrite e mascagnite potessero derivare da trattamenti di restauro e conservazione di tali fossili con prodotti contenenti ammoniaca viene quindi messa in discussione, in quanto i solfati di ammonio riscontrati nei campioni della CMS sono di sicura origine naturale. La presenza di frequenti resti vegetali nella formazione della Pietra Gallina fa dunque pensare che ci sia uno stretto legame tra questi ed i solfati contenenti ammonio. A completare il quadro C D Fig. 3 – Figure prodotte dalla progressiva compenetrazione ottaedro-cubo e loro raffronto con campioni di pirite limonitizzata della Val Gallina, Avesa (Campioni CMS, foto S. Castelli, disegno M. Sommaruga). 54 Scienze naturali B A C 1 cm E 2 cm D F Fig. 4 – Campioni CMS. A, B, C) Noduli (pseudomorfosi di limonite su pirite) con cristali cubici sovrapposti, simulanti un abito tabulare (alta Lessinia). D) Nodulo di pirite su Scaglia Variegata, cava Italcementi, Tregnago. E) nodulo di pirite superficialmente ossidato con cristalli cubottaedrici in accrescimenti complessi. f) dettaglio del nodulo precedente: gli accrescimenti irregolari e a scalini dei cristalli cubottaedrici simulano cristalli dalla forma schiacciata. (A, B, C, D foto M. Sommaruga, E-F foto S. Castelli). 2 cm A B 2 cm Fig. 5 – A) Sezione di nodulo sferico di pirite (ex cava Italcementi,Tregnago); B) Nodulo di pirite completamente alterato, Progno Gallina (Campioni CMS, foto S. Castelli). dei minerali presenti sulla parte superficiale di alcune piriti, segnaliamo anche la presenza di calcite e di quarzo, che però appartengono a resti della matrice rocciosa che conteneva i noduli. La morfologia dei cristalli e dei noduli In tutti i noduli di pirite dei Lessini sono osservabili soltanto forme relative all’ottaedro e al cubo (Fig. 3 A-D), ma con diversi gradi di combinazione. In un solo campione del Cretaceo è stata trovata la forma esclusivamente cubica (cava Italcementi, p. 47, B), mentre è più frequente in quelli eocenici del Progno Gallina. Generalmente, i cristalli sono di dimensione millimetrica e si sviluppano sulla superficie dei noduli sotto forma di accrescimenti paralleli e di compenetrazioni. Spesso emergono debolmente dalla superficie solo le facce quadrate del cubo, disposte fittamente una accanto all’altra o compenetrate a comporre larghi scalini, simulando in questo modo la presenza di cristalli appiattiti (Fig. 4 A, B, C, D; Fig. 6 C ). Forse proprio questa caratteristica ha indotto i collezionisti a riconoscervi erroneamente una morfologia tabulare tipica della marcasite. In altri casi si formano cristalli sporgenti, con abito prevalentemente ottaedrico (Fig. 6 A), con superfici e spigoli tendenzialmente arrotondati per effetto di accrescimenti multipli non lineari (Fig. 4 E, F ). I noduli sono generalmente sferoidali, spesso con forma un po’ schiacciata o appiattita, ma non mancano forme globulari più complesse ed irregolari; quelli sub-sferici, in particolare, evidenziano in sezione una tipica struttura fibroso-raggiata dovuta all’accrescimento progressivo, verso l’esterno, dei cristalli (Fig. 5 A). Nella parte centrale la raggiatura è assente o poco visibile e la pirite assume un aspetto microgranulare. L’alterazione dei noduli per ossida- 2 cm A B C Fig. 6 – Noduli sferici di goethite pseudomorfa su pirite, Progno Gallina (punto 3, cfr. fig. 8). Passaggi da: A) abito ottaedrico; B) abito cubottaedrico con cristalli poco sporgenti; C) abito prevalentemente cubico, con cristalli appiattiti e arrotondati (CMS, foto M. Sommaruga). 56 Scienze naturali 2 cm 2 cm 1 cm A C E 1 cm B D 2 cm F 1 cm G Fig. 7 – A), B), C), D): Progno Gallina (punto 3, cfr. fig. 8); E) Quinzano (punto 4, fig. 8); F) e G): Avesa (punto 5). Vari esempi di noduli alterati (vedi analisi di Tab. 3) (CMS, foto S. Castelli). La Lessinia - Ieri oggi domani 57 zione genera spesso fratture radiali; a volte si forma una cavità in corrispondenza del nucleo (Fig. 5 B ). L’alterazione dei noduli di pirite L’ossidazione e l’idratazione comportano un aumento in volume dei noduli, che, se non sono confinati dalla matrice rocciosa, si fessurano, esponendosi così alle intemperie e a fenomeni di alterazione sempre più accelerati, sino alla fratturazione e polverizzazione finale. Quelli che invece si sono alterati confinati nella roccia originaria, in particolari condizioni possono essere sostituiti da idrossidi di ferro (goethite ed ematite), conservando perfettamente le morfologie dei cristalli (pseudomorfosi), vedi Fig. 3, Fig. 6 A, B, C e Fig. 11 A. L’ossidazione della pirite all’interno della roccia incassante, o più facilmente della pirite esposta all’aria e all’acqua, può portare anche alla formazione di solfati di ferro di vario tipo (vedi Tab. 2 e Tab. 3), che progressivamente oblitera la morfologia dei cristalli preesistenti e la struttura interna raggiata. In molti casi si osserva la presenza di un miscuglio di pirite, zolfo e solfati nella parte interna dei noduli e di goethite +/- ematite nella parte esterna (Fig. 7 A-C). Nelle teche dei collezionisti e dei musei, sia la pirite che la marcasite possono facilmente alterarsi, in particolare la marcasite; tuttavia si osserva che molto dipende dall’origine, dalla località e dallo stato iniziale di conservazione dei campioni. Le piriti di origine sedimentaria, forse a causa delle disomogeneità e delle complessità delle cristallizzazioni, sono più deperibili, fatto che ha ulteriormente indotto ad assimilarle alle marcasiti. In Fig. 7 F, G si possono osservare due noduli di pirite provenienti dalla stessa località: il nodulo di sinistra (7 F ), durante la conservazione ha prodotto sulla superficie una patina di solfati (szomolnokite), a differenza di quello di destra (7 G), che si è conservato quasi integro. In natura, una volta liberati 58 Scienze naturali dalla loro matrice ad opera dei processi erosivi, i noduli vengono movimentati nei cicli di trasporto ed accumulo, dando luogo talora a concentrazioni per gravità nei sedimenti alluvionali subaerei o in cavità carsiche; nel caso dei noduli già ossidati, ciò comporta spesso una lisciatura ed una lucidatura che ne oblitera parzialmente o del tutto l’abito cristallino, facendoli scambiare per metalli o meteoriti. Giaciture favorevoli al ritrovamento dei noduli Anzitutto, per utili raffronti, riportiamo uno schema della sequenza delle formazioni rocciose dei Lessini, anche se, per motivi di spazio, non proporzionale ai loro spessori (Fig. 8). Questa serie si è sedimentata dal Triassico superiore (circa 250 milioni di anni fa) al Miocene, al margine meridionale del continente europeo in ambiente di piattaforma carbonatica, con una interruzione per regressione marina durante l’Oligocene; nel corso della sua storia, ha presentato episodi di lento sprofondamento compensati dalla sedimentazione, con altri di segno opposto. Esaminiamo, ora, le possibili giaciture dei noduli nella serie illustrata. I. In posto e in forme non ossidate o poco ossidate 1) Negli orizzonti a ligniti presenti in formazioni rocciose di svariate età, che furono estratti a partire dal 1700, ma soprattutto nel corso delle due guerre mondiali (Federici, 1948). Dai più antichi ai più recenti abbiamo: 1A) i banchi lignitiferi del Gruppo dei Calcari Grigi di Noriglio (Lias, Giurassico inferiore); 1B) i depositi lignitiferi e bituminosi dell’Eocene medio (Luteziano). Fig. 8 – Sequenza delle formazioni rocciose dei Lessini (non in scala) e Carta Geologica delle valli di Avesa e Quinzano (da ARNI e LANTERNO, 1972, modificata), nonché della cava Italcementi di Tregnago (Rilievo geologico M. Sommaruga). La Lessinia - Ieri oggi domani 59 2) Negli orizzonti marnosi (un tempo impropriamente chiamati anche “scisti bituminosi” o “marne scistose”) della formazione della Scaglia Variegata Alpina (Cretaceo superiore), soprastante quella della Maiolica (Cretaceo medio), sino a non molti anni fa entrambe raggruppate nel “Biancone”. 3) Nei calcari eocenici: i noduli sono rinvenibili nei livelli inferiori dell’Eocene (Pietra Gallina di Avesa, nei livelli marnosi dei Calcari Nummulitici di Avesa e Quinzano) e nei soprastanti calcari marnosi del Priaboniano. II. Fluitati e rideposti, per lo più in forme ossidate e alterate meccanicamente In seguito al disfacimento dei fronti rocciosi a opera di agenti erosivi, i noduli vengono presi in carico da quelli di trasporto, depositandosi misti ad altri detriti: – nelle varie tipologie di coltri detritiche disseminate lungo i versanti o alla loro base, – nelle coltri alluvionali, (più facilmente nei greti e nelle anse dei torrenti – cfr. campione di Fig. 11 B), – nei suoli residuali, in special modo se accumulati in depressioni o in fratture beanti, specie se interessate dal carsismo, – in depressioni lungo varie tipologie di condotti carsici sotterranei, Un modo efficace per rinvenirli nei sedimenti medio fini consiste nella setacciatura di questi ultimi con vagli di diversa ampiezza: nella Lessinia veronese i suoli residuali più ricchi di noduli sono quelli prodotti dal disfacimento termoclastico e chimico della Maiolica e della Scaglia Variegata. 2 cm Fig. 9 – Noduli sub sferici di pirite con sottile patina iridescente di ossidi. Cava Italcementi, Tregnago (CMS, foto M. Sommaruga). 60 Scienze naturali Noduli di età cretacica I noduli sono reperibili nella Scaglia Variegata Alpina (Aptiano-inferiore, Cenomaniano), che si presenta come un’alternanza di calcari micritici grigio chiaro, intervallati da livelli marnosi di colore da grigio scuro a verde-rossastro. Nella parte alta della Formazione compaiono delle intercalazioni di marne scistose nerastre, localmente conosciute come Libron del Diavolo, depostesi in ambiente pelagico mediamente profondo e prossimo al livello minimo di ossigeno. Le più importanti località di ritrovamento, in Lessinia, corrispondono alle cave oggi dismesse dell’Italcementi, ubicate rispettivamente allo sbocco della Valle di Fumane (cava che però ha subìto ripristino ambientale) e al culmine di una dorsale collinare circa un km ad Ovest di Tregnago, in località Le Cave (Fig. 8, Carta Geologica). Nella cava Italcementi di Tregnago (cfr. sempre Fig. 8, Carta Geologica) l’alternanza dei calcari micritici e delle marne nerastre affiora per uno spessore di circa 20 metri e, ai tempi della coltivazione, si presentava ricca di noduli di pirite non alterata, talvolta caratterizzati da sottilissime patine di ossidi iridescenti cangianti dal rosso al rosa, al verde, al giallo, all’azzurro e al lilla (Fig. 9). Da questa cava provengono pure numerosi fossili di ammoniti e di altri organismi ricoperti da un sottile film di pirite a ricoprirne il guscio (Fig. 2). Comunque, questa facies sedimentaria viene alla luce B A C 2 cm Fig. 10 – A), B), C): aggregati complessi di cristalli di goethite pseudomorfi su pirite. A) cristalli con abito cubottaedrico; B) cristalli con abito prevalentemente ottaedrico; C) aggregato mammellonare con cristalli arrotondati (CMS, foto M. Sommaruga). La Lessinia - Ieri oggi domani 61 in numerosissime località minori dei Lessini, soprattutto in corrispondenza dei tagli stradali e simili, o lungo le scarpate incise dai torrenti. Noduli e aggregati di età eocenica 2 cm A 2 cm B Fig. 11 – A): aggregati complessi di cristalli di goethite pseudomorfi su pirite, grossi cristalli cubottaedrici; B): cristalli di pirite con abito prevalentemente ottaedrico coperti da sottile patina rossa di ossidazione (Foto S. Castelli). 62 Scienze naturali Durante l’Eocene, nel Veronese un mare tropicale contornava isole e più ampie terre emerse settentrionali, realizzando lagune ed atolli, ma anche ambienti più decisamente aperti e profondi; la deposizione sui fondali del calcare soprassaturo disciolto nelle acque e dei gusci di varie specie di animali, produsse svariate facies carbonatiche coeve o in successione, poi litificatesi (Fig. 8, Carta Geologica). Inusitatamente, proprio in questi sedimenti calcarei e non carboniosi si rinvengono più numerosi i noduli di pirite, ma soprattutto le loro pseudomorfosi; tra le numerose facies eoceniche diffuse sui Lessini, le più ricche di noduli sono quelle della zona di Avesa e Quinzano, ubicate a Nord della città di Verona, che qui meglio descriviamo. La loro serie affiora lungo i torrenti Gallina, Borago e di Quinzano, che l’hanno erosa, mentre numerose vecchie cave ne hanno sezionato la parte inferiore per estrarre la Pietra Gallina. Agli iniziali calcari marnosi, spessi da pochi decimetri a un paio di metri deposti sopra la Scaglia Rossa, seguono calcari a grana fine leggermente marnosi, di ambiente neritico di piattaforma (Pietra Gallina, Eocene inferiore-medio), aventi uno spessore di una cinquantina di metri. Superiormente, si ha una sessantina di metri di spessore di Calcari Nummulitici, caratterizzati alla base da un banco di calcari marnosi di pochi metri di spessore, anch’esso ricco di piriti. La serie è chiusa al tetto da circa 80 metri di calcari marnosi a Discocicline (grandi nummuliti piatte) del Priaboniano (Eocene superiore). Pietra Gallina Nella Pietra Gallina, in particolare nelle vecchie cave e nel greto del torrente, si rinvengono noduli sferici NODULI SUB SFERICI DALLA PIETRA GALLINA DI AVESA TIPOLOGIA N° campioni Ø (mm) NODULI SUB SFERICI DALLA SCAGLIA VARIEGATA ALPINA DELLA CAVA ITALCEMENTI Peso Specifico N° campioni Ø (mm) Peso Specifico Noduli Subsferici 21 9,00 / 56,00 2,70 / 3,99 21 4,00 / 29,00 4,44 / 5,15 Cristalli sub-ottaedrici 10 8,25 / 16,30 2,61 / 3,90 3 3,60 / 5,90 4,00 / 5,12 5 2,40 / 3,20 - 4 1,20 / 2,00 - Cristalli Sub-cubici Tab. 4 – Raffronti dimensionali e di peso specifico tra noduli sub sferici del Progno Gallina e della cava Italcementi di Tregnago. e sub-sferici (Fig. 5 B, Fig. 6 A, B, C, Fig. 7 A, B, C, D, E, F, G ) e aggregati cristallini di forme complesse anche di ragguardevoli dimensioni, fino a 10-20 cm (Fig. C di p. 48, Fig. 10 A, B, C). Questi ultimi non hanno evidente struttura interna raggiata e presentano marcati cristalli cubottaedrici a volte isolati (Fig. 3), di dimensioni maggiori rispetto a quelli rinvenibili nelle altre formazioni rocciose della Lessinia veronese. È molto raro rinvenire campioni di pirite non alterata come quello di Fig. 11 B. In Tab. 4 sono confrontate le dimensioni ed i pesi specifici dei noduli subsferici e dei singoli cristalli provenienti dalla Pietra Gallina e dalla Scaglia Variegata Alpina della cava Italcementi di Tregnago, ricordando che, per le sfere, a diametri doppi corrispondono volumi otto volte maggiori. Il minor peso specifico dei noduli e cristalli dalla Pietra Gallina è giustificato dal loro maggior grado di alterazione in minerali meno densi della pirite. La facies è caratterizzata da una rilevante frazione marnosa, che la rende simile a certi livelli dei più recenti calcari organogeni del Priaboniano ed è subaffiorante nella vallecola a sud di Monte Arzan (punto 5, cfr. Fig. 5 ). In alcuni blocchi rocciosi, un tempo disseminati a fondovalle dall’esplosione di una locale polveriera al termine della seconda guerra mondiale, sono state rinvenute alcune piriti non ossidate di forma e dimensioni analoghe a quelle, più deperite, di Quinzano (Fig. 7 F, G). Sopra al banco marnoso si trovano i tipici calcari organogeni a Nummuliti, molto compatti, contenenti rari noduli ossidati con abito cristallino poco Calcari nummulitici Alla base dei Calcari Nummulitici è presente un banco di calcari marnosi a nummuliti e Lithotamnium (alghe rosse), che affiora con una lunga scarpata spessa 2-3 metri in destra orografica lungo la strada che da Quinzano risale il “Progno” omonimo. Lungo un suo affioramento di circa 60 metri quadrati si sono potuti contare ben 200 noduli, corrispondenti ad una densità di 6 per metro cubo (cfr. Fig. 12); la loro ossidazione ancora in corso produce un intenso odore di zolfo. Fig. 12 – Particolare dell’affioramento di Quinzano (cfr. punto n. 4, carta geologica fig. 8) con alcune piriti in via di ossidazione (Foto M. Sommaruga). La Lessinia - Ieri oggi domani 63 evidente. La serie sedimentaria eocenica si chiude con le Marne di Priabona (di età Priaboniana), costituite da calcari marnosi a Discocicline, che presentano, in vari intervalli, un’abbondanza di piccoli noduli completamente ossidati e privi di abito cristallino, la cui distribuzione e frequenza è paragonabile a quella riscontrata nel banco marnoso di Quinzano. Considerazioni In questo lavoro sono state presentate le descrizioni e le analisi di noduli e di aggregati di pirite provenienti da varie località dei Lessini e da diverse formazioni geologiche. Pur trattandosi sempre di pirite, è emersa una discreta varietà di forme con alcuni aspetti peculiari per certe località. Particolarmente interessanti sono risultati i prodotti di alterazione, con alcune novità mineralogiche per il Veronese e il Veneto. Sicuramente la collezione Sommaruga qui descritta risulta molto rappresentativa delle diverse tipologie di noduli dei Lessini e contiene inoltre campioni davvero unici e di località poco conosciute. Tuttavia, ad oggi è sempre più difficile reperire noduli di pirite, ossidata o meno, in qualsiasi area dei Lessini veronesi, in quanto l’attività di cava è limitata ad altre tipologie di materiali rocciosi, mentre quella di sbancamento per lavori stradali si è molto ridotta. Bibliografia Arni Paul, Lanterno E. (1972) - Considérations Paléoécologiques et interprétation des calcaires de l’Éocène du Véronais, Arch. Sc. Genève, Vol. 25, Fasc 2, pp. 251-283. AutoriVari (1967) - Note illustrative della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000, Foglio 49 Verona, Servizio Geologico d’Italia Roma. Bertola S. 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