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La fabbrica dei falsi. È inutile demonizzare la Rete

2019, EreticaMente

Nell'epoca della Rete, con il libero accesso alla diffusione delle proprie idee, soprattutto attraverso le comunità virtuali (che gli anglomani chiamano "social network"), si assiste ad attacchi quotidiani verso questo "eccesso di libertà". Uno dei temi ricorrenti è quello delle "fake news", che-secondo i detrattori della Rete-troverebbero nei "social network" una sorta di "terreno di coltura" ideale. Non è assolutamente così. I falsi circolano da sempre. E si incistano diventando verità recepita dalla massa, anche quando la menzogna viene smascherata. L'esempio paradigmatico è la Donazione di Costantino (Constitutum Constantini), un documento secondo cui l'imperatore Costantino avrebbe donato a Papa Silvestro la parte Occidentale dell'Impero. Un falso smaccato, quello che i giuristi definiscono "falso grossolano". La sua falsità venne svelata già all'inizio della sua diffusione, dall'imperatore Ottone III, che fece tagliare le mani al diacono Giovanni, presunto autore del falso 1. Eppure, per secoli e secoli, non si ebbero dubbi sulla sua autenticità, tanto che «Ai tempi di Dante nessuno riteneva falsa la Donazione; anzi era salda una tradizione di autenticità che risaliva al XII sec., quando il documento era stato inserito nel Decretum Gratiani, il testo ufficiale per l'insegnamento del diritto canonico. Ma era del pari viva una secolare polemica tra canonisti e civilisti, cercando questi ultimi d'infirmare il valore giuridico della Donazione con argomenti che avevano il loro sostegno nelle leggi romane» 2 Lo stesso Dante, senza dubitare della sua autenticità, ne negava la rilevanza: « ... sua probatio nulla est, quia Constantinus alienare non poterat Imperii dignitatem, nec Ecclesia recipere» 3 Curiosamente, gli umanisti, che con Niccolò da Cusa 4 e Lorenzo Valla 5 contribuirono a svelare la falsità della presunta donazione, furono una vera e propria fabbrica di falsi. Ad Omero e Virgilio, i due massimi poeti dell'antichità, continuarono ad essere attribuite una serie di opere chiaramente altrui 6 A volte, addirittura, fabbricavano di sana pianta opere in latino attribuendole ai poeti romani Celeberrimo l'aneddoto, totalmente inventato, di Virgilio che, risentito per l'usurpazione di alcune sue opere da parte di terzi, avrebbe scritto i versi Hos ego versiculos feci, tulit alter honores: Sic vos non vobis nidificatis aves;

La fabbrica dei falsi. È inutile demonizzare la Rete Nell'epoca della Rete, con il libero accesso alla diffusione delle proprie idee, soprattutto attraverso le comunità virtuali (che gli anglomani chiamano “social network”), si assiste ad attacchi quotidiani verso questo “eccesso di libertà”. Uno dei temi ricorrenti è quello delle “fake news", che – secondo i detrattori della Rete - troverebbero nei “social network” una sorta di “terreno di coltura” ideale. Non è assolutamente così. I falsi circolano da sempre. E si incistano diventando verità recepita dalla massa, anche quando la menzogna viene smascherata. L’esempio paradigmatico è la Donazione di Costantino (Constitutum Constantini), un documento secondo cui l’imperatore Costantino avrebbe donato a Papa Silvestro la parte Occidentale dell’Impero. Un falso smaccato, quello che i giuristi definiscono “falso grossolano”. La sua falsità venne svelata già all’inizio della sua diffusione, dall’imperatore Ottone III, che fece tagliare le mani al diacono Giovanni, presunto autore del falso 1. Eppure, per secoli e secoli, non si ebbero dubbi sulla sua autenticità, tanto che «Ai tempi di Dante nessuno riteneva falsa la Donazione; anzi era salda una tradizione di autenticità che risaliva al XII sec., quando il documento era stato inserito nel Decretum Gratiani, il testo ufficiale per l'insegnamento del diritto canonico. Ma era del pari viva una secolare polemica tra canonisti e civilisti, cercando questi ultimi d'infirmare il valore giuridico della Donazione con argomenti che avevano il loro sostegno nelle leggi romane» 2 Lo stesso Dante, senza dubitare della sua autenticità, ne negava la rilevanza: « ... sua probatio nulla est, quia Constantinus alienare non poterat Imperii dignitatem, nec Ecclesia recipere» 3 Curiosamente, gli umanisti, che con Niccolò da Cusa 4 e Lorenzo Valla 5 contribuirono a svelare la falsità della presunta donazione, furono una vera e propria fabbrica di falsi. Ad Omero e Virgilio, i due massimi poeti dell’antichità, continuarono ad essere attribuite una serie di opere chiaramente altrui 6 A volte, addirittura, fabbricavano di sana pianta opere in latino attribuendole ai poeti romani Celeberrimo l’aneddoto, totalmente inventato, di Virgilio che, risentito per l’usurpazione di alcune sue opere da parte di terzi, avrebbe scritto i versi Hos ego versiculos feci, tulit alter honores: Sic vos non vobis nidificatis aves; Theodor von Sickel, Diplomatum regum et imperatorum Germaniae. Ottonis III. diplomata (= MGH, vol. II/2). Hannover 1893, pp. 818 ss. 2 Pier Giorgio Ricci, voce “Donazione di Costantino”, in Enciclopedia Dantesca Treccani, 1970 3 Mon., 3.10,4 (... non dimostra nulla, perché Costantino non aveva alcun potere di disporre dell'Impero, e la Chiesa non poteva ricevere) 4 “De concordantia catholica”, trattato presentato al concilio di Basilea sul finire del 1433 5 “De falso credita et ementita Constantini donatione”, scritto nel 1440, ma stampato solo nel 1517 6 l’appendix vergiliana fu sistemata da Giuseppe Scaligero a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo. Nella stessa epoca, Georg Rollenhagen con il suo Froschmeuseler imitava la Batracomiomachia, attribuendola ad Omero, così come la attribuiva ad Omero Teofilo Folengo, che da questa opera trasse ispirazione per la sua Secchia rapita 1 1 Sic vos non vobis vellera fertis oves; Sic vos non vobis mellificatis apes; Sic vos non vobis fertis aratra boves 7 La diffusione di questi falsi era amplificata dall’invenzione della stampa. Basti pensare al su riportato aneddoto “virgiliano". Pur essendo una “spiritosa invenzione” cinquecentesca, è diventato proverbiale per indicare chi compie un lavoro i cui frutti sono raccolti da altri 8 Gli illuministi furono tra i più attivi fabbricanti di falsi. I termini dispregiativi “bizantino” e “bizantinismo" derivano da un’opera costante di diffamazione dell’Impero di Costantinopoli da parte degli Illuministi, che – ripreso il termine “bizantino” dall’umanista tedesco Hyeronimus Wolf 9 - sparsero a piene mani veri e propri falsi, il più famoso dei quali, rimasto proverbiale, è quello secondo cui i teologi discutevano del sesso degli angeli durante l’assedio di Costantinopoli da parte di Mehemet III 10 Sempre gli Illuministi sono responsabili se non della creazione, quanto meno dell’ampia diffusione di parecchie “fake news” sul Medioevo, dalla caccia alle streghe alla cintura di castità, e ad un post illuminista, ma comunque figlio “ideologico” della Grande Révolution, Jules Michelet, si deve la creazione della più grande falsità mai diffusa sul Medioevo: la paura dell’Anno Mille 11 Anche in epoca recente, i falsi si diffusero tranquillamente pur prima della nascita della Rete. Specie sugli aforismi, è tutta una fioritura di false attribuzioni. Chi non ha mai sentito l’aforisma, attribuito a Laozi (Lao-Tse), «Quando il dito indica la Luna, il saggio guarda la Luna, lo stolto guarda il dito»? La risposta che nasce spontanea è «Alto è il numero dei saggi che, per guardare la Luna si ritrovò il dito negli occhi mentre lo stolto, guardando il dito, parò il colpo». Laozi non si è mai sognato di dire una cosa del genere. 7 Questi versi io feci, ed un altro ne portò gli onori; così voi non per voi fate il nido, o uccelli; cosi voi non per voi portate il vello, o pecore; così voi non per voi fate il miele, o api; così voi non per voi portate l’aratro, o buoi. 8 Il verso “voi non per voi fate il miele, o api”, venne citato, attribuendolo a Virgilio, persino dall’allora segretario generale del PCI Palmiro Togliatti, in una Tribuna Politica degli anni 60, per significare che i lavoratori erano stati i protagonisti del “boom economico”, ma altri ne avevano colto i frutti 9 Considerato il fondatore della “bizantinistica”, lo studio dell’Impero Romano d’Oriente sopravvissuto alla caduta della parte Occidentale, utilizzò questo termine improprio (Bisanzio era un villaggio della Tracia che fu inglobato da Costantino nella “Nuova Roma”, poi chiamata Costantinopoli in suo onore), ma non certo in senso dispregiativo 10 Secondo un’altra versione, meno diffusa e – comunque – non diventata proverbiale, i teologi stavano invece discutendo se Gesù alla destra del Padre stesse in piedi o seduto. Logicamente, di queste futili discussioni non v’è alcuna prova. L’esercito romano combatté con grande valore e nella lotta trovò la morte l’ultimo imperatore, Costantino XI Paleologo, a onta delle calunnie illuministe 11 Luigi Morrone, “Pregiudizi e luoghi comuni sul Medioevo”, pubblicato su EreticaMente e reperibile all’indirizzo https://www.ereticamente.net/2019/03/pregiudizi-e-luoghi-comuni-sul-medioevo-luigimorrone.html 2 E chi non ha mai sentito di Einstein che, prima di entrare in America, nel compilare il modulo d’ingresso, alla voce “razza” scrisse “umana”? Non è vero: Einstein scrisse “ebraica”. Viene comunemente attribuita a Pablo Neruda la poesia “Lentamente muore”, in realtà opera della brasiliana Martha Medeiros 12 Ed è falsamente attribuito a Brecht il famoso «Prima vennero a prendere gli zingari …», che in realtà è un sermone del pastore luterano Martin Niemöller, con significato analogo, ma parole diverse rispetto a quelle diffuse. Anche in questo caso, viene imputata la Rete, ma la falsa attribuzione risale alle proteste americane contro la guerra nel Vietnam della fine degli anni 60 del secolo scorso. Insomma, le “fake news” ci sono sempre state, e sempre ci saranno, indipendentemente dalla Rete. Quello delle “fake news” è solo un pretesto per “criminalizzare” la Rete da parte di chi ha in mano le redini della comunicazione di massa e vuole mettere a tacere l’unico spazio in cui non c’è necessità di mezzi finanziari per accedere. 12 La Passigli editore ha sentito di ristabilirne la corretta attribuzione dopo che in Parlamento Clemente Mastella l’aveva per l’ennesima volta attribuita a Neruda (nota Ansa 25 gennaio 2008). Però, la Casa editrice addebita alla Rete l’erronea attribuzione, che circola da ben prima della diffusione di Internet 3