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RAFFAELE CASTAGNO

2008, Lanx

L'evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell'Italia. Opere pubbliche e modalità di intervento. 1. Introduzione «Fenomeno collocabile tra il politico, l'economico e il sociale l'evergetismo occupava un posto essenziale nella vita delle comunità. Il termine è un neologismo contemporaneo che indica l'atteggiamento munifico e i benefici (evergesie) degli individui verso le collettività […]. Questa dimensione civica è fondamentale e distingue l'evergetismo da altre forme di generosità, giustificate dalla pietà religiosa, dalla carità o dal mecenatismo, così come dai benefici legati alle relazioni personali». 1 Strade, porti, acquedotti, terme, teatri, anfiteatri, templi, magazzini, mercati. È questa l'immagine dell'evergetismo di età imperiale, prodotto della liberalità delle città, dei magistrati locali, dei collegia, dei privati ed infine strumento fondamentale della politica dei principes, da quando, con Augusto, l'immagine del principe costruttore-architetto divenne il prototipo dell'imperatore "buono" quasi per antonomasia 2. L'evergetismo di matrice imperiale, oggetto di questo breve contributo, costituisce, prendendo a modello la classificazione elaborata da Helene Jouffroy, una delle fonti principali di finanziamento nell'ambito della munificenza pubblica, affiancandosi alle evergesie riconducibili alle città (siano esse prodotto dell'ordo municipale o dei magistrati) e a quelle riconducibili a soggetti privati 3. Il ruolo dell'imperatore si fece progressivamente più centrale, in particolare per la realizzazione di quelle che potremmo definire, rubando un termine alla moda nelle discussioni politiche odierne, "grandi opere". Va però aggiunto, almeno per il periodo qui considerato (i regni degli imperatori Traiano ed Adriano), che l'accresciuto ruolo del princeps non determinò tout court una scomparsa degli altri soggetti ricordati: si nota, è vero, una progressiva erosione delle iniziative legate alle città o ai loro magistrati, che conobbero la maggiore intensità nel corso del I secolo d.C., ma non un loro esaurimento in qualche misura definitivo ed irreversibile. I testi epigrafici ci documentano liberalità che spaziano dal restauro di templi 1

R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 RAFFAELE CASTAGNO L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia. Opere pubbliche e modalità di intervento. 1. Introduzione «Fenomeno collocabile tra il politico, l’economico e il sociale l’evergetismo occupava un posto essenziale nella vita delle comunità. Il termine è un neologismo contemporaneo che indica l’atteggiamento munifico e i benefici (evergesie) degli individui verso le collettività […]. Questa dimensione civica è fondamentale e distingue l’evergetismo da altre forme di generosità, giustificate dalla pietà religiosa, dalla carità o dal mecenatismo, così come dai benefici legati alle relazioni personali». 1 Strade, porti, acquedotti, terme, teatri, anfiteatri, templi, magazzini, mercati. È questa l’immagine dell’evergetismo di età imperiale, prodotto della liberalità delle città, dei magistrati locali, dei collegia, dei privati ed infine strumento fondamentale della politica dei principes, da quando, con Augusto, l’immagine del principe costruttore-architetto divenne il prototipo dell’imperatore “buono” quasi per antonomasia 2 . L’evergetismo di matrice imperiale, oggetto di questo breve contributo, costituisce, prendendo a modello la classificazione elaborata da Helene Jouffroy, una delle fonti principali di finanziamento nell’ambito della munificenza pubblica, affiancandosi alle evergesie riconducibili alle città (siano esse prodotto dell’ordo municipale o dei magistrati) e a quelle riconducibili a soggetti privati 3 . Il ruolo dell’imperatore si fece progressivamente più centrale, in particolare per la realizzazione di quelle che potremmo definire, rubando un termine alla moda nelle discussioni politiche odierne, “grandi opere”. Va però aggiunto, almeno per il periodo qui considerato (i regni degli imperatori Traiano ed Adriano), che l’accresciuto ruolo del princeps non determinò tout court una scomparsa degli altri soggetti ricordati: si nota, è vero, una progressiva erosione delle iniziative legate alle città o ai loro magistrati, che conobbero la maggiore intensità nel corso del I secolo d.C., ma non un loro esaurimento in qualche misura definitivo ed irreversibile. I testi epigrafici ci documentano liberalità che spaziano dal restauro di templi 1 JACQUES - SCHEID 2001, p. 416. KIENAST 1999, pp. 417-419; 504-518. 3 JOUFFROY 1977, pp. 329-337. 2 http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 110 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 alla costruzione di terme, anfiteatri ed acquedotti 4 . L’azione imperiale, al pari delle grandi liberalità legate a figure del tutto eccezionali come Plinio il Giovane, non può quindi essere addotta, meccanicamente, come una prova in qualche modo risolutiva, per coltivare la visione di un quadro di crisi e declino delle città, né tanto meno per sostenere l’idea, ugualmente radicata in una certa tradizione di studi, di una limitazione dell’autonomia cittadina 5 . Prima di esaminare il panorama delle evergesie ascrivibili a Traiano (98–117) ed Adriano (117– 138) è opportuna qualche ulteriore riflessione generale sull’evergetismo. Stupisce in particolare nella maggior parte di studi sul tema la grande attenzione rivolta a quella che si potrebbe definire la dimensione “ideologica-psicologica e politica” del fenomeno 6 , trascurando non solo le opere, ma anche la natura delle committenze, le loro dinamiche e le modalità di realizzazione, che appaiono tanto più complesse nel caso dell’evergetismo di matrice imperiale. Ne risulta una prospettiva fortemente limitativa dal punto di vista della comprensione e dell’interpretazione del fenomeno, insufficiente sia qualora si affronti l’evergetismo connesso all’ambito municipale o privato, sia, ribadiamo, e tanto più, per quello legato all’intervento degli imperatori, che, come si ricaverà dalle prossime pagine, appare estremamente articolato e complesso. In questo contributo esamineremo quindi le evergesie riferibili a Traiano ed Adriano, basandoci sulla documentazione epigrafica, le fonti letterarie e le evidenze archeologiche. Queste ultime in particolare, senza nulla togliere alle pur preziose informazioni offerte dalle altre, hanno permesso, seppur in via del tutto ipotetica, una migliore definizione del ruolo dell’imperatore nel campo evergetico, come crediamo emerga in particolare nel caso ostiense, anche in ragione di una generale ed attenta rilettura delle liberalità dei due imperatori, che ebbero particolare attenzione nei confronti della città 7 . La ricchezza dei casi offerta dalle città della penisola ha determinato la scelta di escludere dall’indagine lo studio delle liberalità imperiali a Roma, benché sia indubbio che le imponenti e grandiose realizzazione dell’Urbe costituiscano un modello ed un riferimento per le città dell’impero, e 4 L’evergetismo municipale e privato sarà oggetto specifico di un prossimo contributo. Giusto a titolo di esempio qui possiamo ricordare la dedica di un aedem Romae et Augusti da parte dell’ordo Ulubranus (CIL X, 6585); per quanto attiene le terme si veda il caso di Corfinium (CIL IX, 3100) dove la città integrò e completò il contributo finanziario di soggetti privati, offrendo quindi un interessante caso di studio sulle modalità e le dinamiche che scandivano un atto di evergetismo. Da Lucus Feroniae un testo ricorda il restauro dell’Aqua Augusta da parte dei duoviri Lucius Suedius Bassus e Caius Masurius Capito (AE 1978, n. 303 e cfr. le considerazioni di PAPI 2000 p. 141). Sugli anfiteatri vedi il caso di Capua, che sarà discusso nelle prossime pagine. 5 Così per esempio GARNSEY - SELLER 1987, pp. 34-40; REYNOLDS 1988, pp. 41-46. 6 Vedi per es. HUIZINGA 1946 e VEYNE 1989. Sembra tradiscano queste medesime prospettive anche i più recenti lavori di M.T. Boatwright (BOATWRIGHT 1989 e 2000). 7 Vedi ZEVI 2001; MAR 2001 e PENSABENE 2002. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 111 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 tanto più per quelle italiane. La complessità del caso “romano” ha sconsigliato quindi una trattazione anche superficiale sul tema, meritevole invece di un’analisi accurata e di ampio respiro, ai fini di poter arrivare a tracciare non solo una panoramica delle testimonianze, pur indubbiamente utile, ma anche, così come si è tentato di fare per l’Italia, di comprendere le articolazioni e le modalità di intervento dei principes, nonché cogliere i moventi e gli orientamenti della loro politica evergetica 8 . In conclusione, lasciando alla parte dedicata all’analisi delle testimonianze ulteriori considerazioni, la complessità del fenomeno, emerge con vivida chiarezza dalla parole di Bodei Giglioni: «le ragioni dell’evergetismo appaiono molteplici e direttamente connesse alle motivazioni di chi lo promuove: occorre perciò distinguere tra i diversi elementi e le diverse combinazioni per evitare di cadere in un doppio riduzionismo, quello economico teso a sottolineare la natura di tassazione indiretta, di investimento, di antidoto alla disoccupazione, di modalità di redistribuzione delle ricchezze accumulate; quello psicologistico, che trasforma l’evergetismo […] in volontà di regnare sulle coscienze, non solo di venire obbediti, in un’attività senza scopo, puramente agonale». 9 2. L’evergetismo di Traiano L’attività evergetica di Traiano ed Adriano appare particolarmente intensa: nei quarant’anni di regno dei due principes è stato possibile identificare, sulla base dei resti archeologici, della documentazione epigrafica e delle notizie desumibili dalle fonti letterarie, quarantotto interventi. Questi coinvolsero un’ampia tipologia di opere: strade, acquedotti, porti, archi, teatri, anfiteatri, terme e naturalmente templi ed edifici sacri. Il modello al quale i due imperatori vogliono richiamarsi pare proprio Augusto, una scelta dettata forse dalla necessità di marcare una discontinuità rispetto alla politica dei Flavi, in particolare dall’ultimo esponente della dinastia, Domiziano. La sue liberalità infatti ebbero una connotazione particolarmente negativa nelle fonti, al punto che Svetonio imputò proprio al loro sfarzo ed alla loro ampiezza la causa dell’esaurimento dei fondi sia pubblici che personali 10 . Notevoli risultano le differenze di intervento dei due imperatori: Traiano, il cui regno segnò una nuova intensa fase di lavori pubblici, sostenuti da una accorta gestione delle ricchezze delle guerre daciche, concentrò il suo interesse nel campo delle “grandi opere” pubbliche e più in generale in quelle definibili di “pubblica utilità”. Il solo esame statistico conferma l’assunto: su trentadue casi, ben ventitré 8 È certamente da apprezzare in questo caso il tentativo di BOATWRIGHT 1987. BODEI GIGLIONI 1990, p. 108. 10 Svet., Dom. 12.1. Ma pare un giudizio eccessivamente severo, forse dovuto alla generale cattiva opinione di questo imperatore. Alla sua morte infatti non si riscontrò alcun particolare dissesto finanziario (SYME 1930, pp. 55-70.). Per una rapida rassegna delle opere vedi PACI 1999 pp. 197-198 e nt. n. 197, p. 197. 9 http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 112 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 riguardarono la costruzione o il restauro di strade 11 (pari al 72% del totale), tre porti (Ostia, Civitavecchia ed Ancona), tre acquedotti, due archi 12 ed un solo teatro 13 . Gli orientamenti traianei appaiono dunque evidenti, e in generale il suo programma edilizio, tutto imperniato sulla costruzione di strade, porti ed infrastrutture, viene considerato un richiamo, come già si accennava, alla politica di Augusto e della dinastia giulio-claudia 14 . Considerate nel complesso circa il 90% delle azioni munifiche di Traiano ebbero a concentrarsi verso opere di pubblica utilità: e conferma l’assunto l’impossibilità di attribuire con certezza al princeps restauri di templi. L’interesse per le strade ed i porti va certamente ricercato nella volontà del princeps di offrire un valido sostegno all’economia dell’Italia, «the renewal of Italy» scrive Laurence 15 a commento dell’imponente piano di sistemazione dei tracciati viari. Ugualmente un altro ruolo fondamentale deve aver giocato la politica “estera” di Traiano, tutta orientata ad un approccio di tipo militare, e quindi al ruolo rivestito da strade e porti non solo per lo spostamento delle truppe, ma per quegli aspetti, che oggi si definirebbero di “logistica”, primo tra tutti l’adeguato vettovagliamento dei soldati, che solo un’efficiente rete di comunicazione poteva garantire. Va de sé infine che di tali provvedimenti ed interventi beneficiarono le comunità locali, verso le quali l’interesse del princeps non si mostrò meno esitante. L’enumerazione degli interventi di Traiano sulla rete viaria ha dell’impressionante, considerati gli alti costi che tali azioni comportavano, e che dunque rendeva quasi inevitabile la competenza in materia dell’imperatore 16 . I miliari restituiscono in modo ineccepibile la portata e l’ampiezza delle azioni del 11 Segnaliamo che le venticinque iscrizioni epigrafiche relative alla costruzione della via Traiana, sono state lette come un unico intervento complessivo. 12 I due archi, Benevento ed Ancona, sono strettamente connessi alle opere già ricordate: la costruzione della via Traiana per il primo, l’ampliamento del bacino portuale per il secondo. Sebbene gli archi fossero dedicati dal Senato, appare indubbio il loro legame con l’attività evergetica del princeps, tanto più considerato nello specifico lo stretto legame con le opere menzionate. Al regno di Traiano potrebbe forse ascriversi un arco onorario a Puteoli, monumento del quale resterebbero due rilievi, conservati rispettivamente a Berlino e Filadelfia. L’arco, secondo già l’ipotesi avanzata dal KÄHLER 1951, p. 434, e sostanzialmente ripresa da DE MARIA 1988, p. 267 e KLEINER 1992, pp. 229-230, sarebbe stato dedicato dal Senato per celebrare la costruzione della via Antiana, prolungamento della via Domitiana, per collegare Pozzuoli con Napoli, avvenuta nel 102, che forse potrebbe essere anche l’anno di dedica del monumento. Per un esame ultimo della questione vedi FLOWER 2001, pp. 626-648, la quale per altro si spinge ad ipotizzare l’esistenza di un arco quadrifronte, sulla base di un riferimento ad una Porta Triumphalis citata in CIL X, 1695 = ILS, 1224. Considerata l’incertezza che grava sull’esatto luogo di rinvenimento dei rilievi, l’ipotesi appare di difficile verifica. 13 È stato riferito a Traiano il teatro di Benevento, la cui aedificatio viene in genere posta in relazione con l’apertura della via Appia nel 109 (cfr. BLAKE - BISHOP 1973, pp. 262-263). DE CARO - GRECO 1981, p. 188 ricordano tuttavia l’esistenza di un’iscrizione (benché omettano di citarla) secondo la quale Adriano stabilì un curator per la costruzione del teatro, che fu inaugurato nel 126. L’istituzione di curatores da parte di Adriano è per altro ben attestata a Beneventum: si può ricordare anche C. Ennius Firmus (CIL IX, 1419 = ILS, 648), che vi compare con il titolo di curator operis thermarum, quindi incaricato della costruzione delle terme. Si tratta di un’attestazione non da poco, vista, almeno secondo JACQUES - SCHEID 2001, p. 343, l’assoluta eccezionalità di un curator nominato nell’ambito delle elites locali. Sul rapporto tra curatores ed evergetismo torneremo in seguito. 14 Di “revival” augusteo parla JOUFFROY 1986, p. 138. Non molto chiaro il richiamo di PACI 1999, p. 199 alla politica neroniana. 15 LAURENCE 1999, p. 48 16 Si potrebbe addurre al riguardo un testo (CIL X, 6075 = ILS, 5875 = AE 1997, n. 322) di età adrianea, relativo ad un intervento di restauro compiuto sull’Appia da parte di Adriano, con la collaborazione dei possessores di terre ed immobili che http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 113 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 sovrano sulle arterie di comunicazione, che nell’idea del princeps dovevano andare ad integrarsi con il sistema portuale, legato ai nuovi scali di Ostia, Civitavecchia ed Ancona 17 . Possiamo iniziare ricordando i testi relativi al rinnovamento della via Appia, in coabitazione con Nerva, 18 limitatamente al tratto compreso con buona probabilità tra Terracina e Capua 19 , mentre di presumibile paternità traianea sarebbero le opere di bonifica, la sistemazione idraulica e della viabilità nell’area pontina 20 . Di fondamentale importanza per lo sviluppo delle città di Aecae, Herdonia e Canusium, l’inaugurazione della via Traiana, che da Benevento conduceva a Brindisi, aperta nel 10921 . Infine si possono ancora enumerare i suoi interventi sulla Flaminia 22 , sulla Salaria 23 , sulla via Latina Labricana 24 , sulla Subliacensis 25 . Ed infine il completamento della via Domitiana da Puteoli a Napoli 26 . I lavori compiuti sulle strade, abbiamo accennato, possono essere letti in parallelo all’attività evergetica di Traiano in materia di porti. Le azioni del princeps interessarono gli scali di Ostia (il cui porto era già stato oggetto di un ampliamento all’epoca dell’imperatore Claudio), Centumcellae ed Ancona, dove l’intervento è ricordato nell’iscrizione inserita nell’attico dell’Arco 27 . Il rinnovamento della rete portuale trova certamente, come già si è ricordato, la sua principale ratio in finalità di natura economica e militare, comportando scali più sicuri per garantire adeguati rifornimenti a Roma ed un costante flusso commerciale, sottraendolo all’arbitrio dei venti, nonché una gestione più razionale degli scambi, vieppiù sviluppati dall’integrazione con la rete stradale 28 . Non si sbaglierà a parlare di sistema di interscambio, usando un termine moderno. davano sulla strada: per la pavimentazione di quindici miglia (pari a circa 22 km) si ebbe una spesa complessiva di 1.716.100 sesterzi, vale a dire all’incirca 114.000 sesterzi per miglio (poco meno di un chilometro e mezzo). La quota più consistente toccò all’imperatore, che stanziò la cifra di 1.147.000 sesterzi, mentre i possidenti versarono un restante contributo di 569.000 sesterzi. I costi dunque erano assai ingenti. L’intervento per altro costituisce uno dei rari casi di liberalità di Adriano in ambito viario; solo infatti un altro caso è riferibile a quest’imperatore: un restauro compiuto sulla Flaminia (cfr. CIL XI, 6619, testo che erroneamente LAURENCE 1999, p. 47 attribuisce a Traiano). 17 LAURENCE 1999, p. 47. 18 CIL X, 6819-6820, 6824, 6826, 6827, 6833, 6835, 6846, 6853. 19 PARIBENI 1927, p. 122. 20 DIO., 67.715. Non è comunque semplice distinguere gli interventi dei due imperatori. Più complessa la questione del grande taglio del Pesco Montano che proprio sulla base degli interventi di restauro della via Appia e del cosiddetto “rilievo di Terracina” (generalmente riconosciuto traianeo), raffigurante i lavori del porto, si attribuisce a Traiano (vedi per esempio BOATWRIGHT 2002, p. 265). Ma Filippo Coarelli (COARELLI 1996, pp. 434 - 454), proponendo per ragioni stilistiche una datazione ad età triumvirale del rilievo, e quindi del porto, ritiene conseguentemente che anche il taglio vada ricondotto ad epoca più alta, stante la sua stretta connessione con tali interventi. (ivi pp. 451-452). 21 Sull’impatto che la strada ebbe sul centro di Herdonia torneremo in seguito. I testi relativi alla realizzazione della via sono in CIL IX (6003, 6005, 6015-6017, 6021-6022, 6024-6025, 6029, 6031-6037, 6040, 6042, 6044, 6046-6047, 6049-6054). 22 CIL XI, 6622. 23 CIL IX, 5947. 24 CIL X, 6887, 6890. 25 CIL IX, 5971. Sono erroneamente attribuite a Traiano da LAURENCE 1999, p. 47 interventi sulla Tiburtina e la Valeria (CIL IX, 5963, 5968, 5969), che spettano invece a Nerva. 26 CIL X, 6926, 6931. Per quest’opera fu forse dedicato un arco a Puteoli (vedi nt. n. 12). 27 CIL X, 5894 = ILS 298. 28 Cfr, MEIGGS 1960, pp. 59-60; CORRENTI 1992, p, 213; LILLI 1997, p. 60; LAURENCE 1999, p. 47; ZEVI 2000, pp. 509-510. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 114 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Ad Ostia Traiano diede vita ad un’opera che per dimensioni non aveva eguali nel mondo antico, bastino le dimensioni del solo bacino esagonale: 357,77 m. per lato; 715,54 m. di diametro; la superficie d’acqua di oltre 32 ettari; la superficie complessiva dell’intero sistema portuale ostiense stimata in 200 ettari, «corredato dal più grandioso insieme di strutture di supporto alla navigazione, di magazzini di derrate mai esistito». 29 Il porto fu certamente concepito per garantire la sicurezza economica di Roma, in particolare i rifornimenti annonari, che sino ad allora avevano avuto il loro punto di riferimento nello scalo di Puteoli. In questo senso il sistema Ostia–Centumcellae e forse Terracina andò a sostituire il vecchio incentrato sul sistema Puteoli–Ostia 30 . Dunque con Traiano la città campana sembrò passare in secondo piano. La costruzione del nuovo scalo ebbe come principale conseguenza il progressivo trasferimento delle navi annonarie egizie verso Ostia 31 , ma pare un eccesso di determinismo storico vedere la realizzazione del nuovo porto come l’elemento catalizzatore della crisi che avrebbe colpito la città di Puteoli 32 . Lo scalo ebbe inoltre per Ostia gli effetti paragonabili ad un vero e proprio “boom” commerciale, regalando alla città una prosperità di cui è testimone l’imponente fase edilizia di età soprattutto adrianea 33 . Un secondo porto fu realizzato a Centumcellae, forse per la considerazione che non esisteva uno scalo sicuro tra Cosa ed Ostia, e probabilmente per alleggerire quest’ultimo dal traffico navale diretto verso le Gallie e la Spagna 34 . L’attribuzione della costruzione del nuovo scalo a Traiano è corroborata dalla testimonianza di Plinio il Giovane, che ci ha lasciato una descrizione delle strutture di cui disponeva l’impianto 35 . Al di là del tono adulatorio di Plinio, il nuovo bacino può certamente essere considerato un capolavoro di ingegneria portuale: si trattava infatti di una vera e propria struttura artificiale, con le sue dighe (400 m. di lunghezza) poste a protezione di un bacino di circa 200.000 mq. È indubbio che lo scalo, insieme a quello ostiense, dimostri la grandiosità della concezione che animava l’attività evergetica di Traiano e le straordinarie disponibilità tecniche e finanziare di cui poteva avvalersi. 29 ZEVI 2000, p. 520. Mancano fonti sicure, come già si ricordava, per attribuire con certezza il porto di Terracina a Traiano. Alla già citata opera di Coarelli (COARELLI 1996, pp. 434-454), si può aggiungere per lo status quaestionis, ZEVI 2000, pp. 509-510, e in particolare nt. n.1, p. 509. Su Puteoli l’autore rileva che anche il porto creato da Claudio non contraddiceva quell’impostazione, tanto più, conclude, che Nerone fu l’autore del progetto del canale tra il lago d’Averno e il Tevere, che di fatto avrebbe accresciuto il ruolo della città campana (Vedi Plin., Nat. 14.61; Tac., Ann. 15.42.2; Svet., Nero 31). Non si può neppure trascurare l’opera di completamento della via Domitiana da parte di Traiano, qui ricordata. 31 ZEVI 2001, p. 176. La costruzione del Serapeo nel 127 potrebbe esserne un indizio. 32 Così per esempio MEIGGS 1960, p. 60. D’ARMS 1974, pp. 105-122 invita ad una maggiore cautela sull’uso di termini quale crisi e declino per la città campana, che ancora ai tempi di Antonino Pio mostrò una certa vitalità. Va ricordato poi che il trasferimento della flotta annonaria avverrà ufficialmente solo con Commodo. 33 Sugli effetti e le dinamiche dell’evergetismo imperiale ad Ostia torneremo in seguito. 34 MEIGGS 1960, pp. 59-60. La relativa vicinanza a Roma, 60 km, dovette essere un ulteriore punto a favore della città. 35 Plin., Ep. 6.31. Sullo scalo vedi BASTIANELLI 1954, CORRENTI 1990, pp. 209-214; CARUSO 1999, pp. 121-126. 30 http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 115 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Il princeps completò la sua politica di sviluppo delle infrastrutture portuali con l’ampliamento dello scalo di Ancona, così come ci ricorda l’epigrafe posta sull’Arco, datata tra il dicembre del 114 e il dicembre del 115. I lavori, intrapresi, ancora si ricava dal testo, per migliorare la sicurezza del porto ai naviganti, furono finanziati dall’imperatore sua pecunia, il che sta a significare che l’opera gravò sulle finanze private di Traiano e non su quelle pubbliche 36 . Dell’impianto sono state poste in luce diversi strutture nel corso di varie campagne di scavo, ma l’aspetto senz’altro più interessante emerso dalle indagini è la stretta connessione del bacino con un asse stradale, che aveva probabilmente funzione di raccordo tra magazzini e banchine 37 . Conclude così Lilli: «[…] questi interventi, sebbene la natura parziale e incompleta dei dati, sembrano confermare il preminente interesse di Traiano per il potenziamento delle strutture portuali, abbinato a quello del miglioramento della rete stradale». 38 La cura per il benessere delle comunità locali è quindi documentata dagli interventi di Traiano in materia di acquedotti. Singolarmente tutti e tre gli interventi dell’imperatore ebbero luogo nella Regio VII: a Centumcellae, dove certamente la costruzione dell’acquedotto va vista nel quadro di generale espansione della città, dovuta alla costruzione del nuovo scalo portuale 39 ; due epigrafi attestano gli interventi del princeps rispettivamente a Forum Clodii, dove l’atto di liberalità fu reso possibile anche in ragione della costruzione dell’aqua Traiana 40 , e a Veii, dove la munificenza avvenne nuovamente attingendo al patrimonio personale dell’imperatore, come si ricava dalla menzione dell’espressione sua pecunia nel testo 41 . L’attenzione per le comunità locali da parte di Traiano si conclude infine rammentando una serie di provvedimenti che non sono inquadrabili nell’ambito dell’attività evergetica strictu sensu, ma che in qualche modo risultano complementari all’attività edilizia dell’imperatore: alludiamo prima di tutto alla Institutio alimentaria, provvedimento varato da Nerva, ma perfezionato da Traiano, e celebrato, come noto, in uno dei rilievi posti all’interno del fornice dell’Arco di Benevento 42 . E si può ancora ricordare, per concludere, un provvedimento quale la restitutio coloniae (nel 107) che dette nuova linfa e prosperità 36 CANCRINI - DELPLACE 2000, p. 189. Vedi anche le considerazioni di PANCIERA 1992, pp. 137-148. SEBASTIANI 1996, p. 7, cui si rinvia per i risultati degli scavi, da integrare con LILLI 1997, pp. 49-76. 38 LILLI 1997, p. 60. 39 L’attribuzione di quest’opera a Traiano sembra trovare una conferma dal recupero di una serie di laterizi, rinvenuti in diverse porzioni dell’acquedotto, recanti il bollo “porttrai”. Su questi bolli cfr. BRUNORI 1990, p. 217: l’autore afferma che questi medesimi bolli sarebbero stati recuperati anche all’interno delle terme, ma la notizia non ha alcun seguito nella letteratura archeologica disponibile sull’impianto delle Terme Taurine. 40 PAPI 2000, p. 140. Sull’aqua Traiana vedi VIRGILI 1993, pp. 70-72. L’iscrizione è in CIL XI 3309. 41 Cfr. CIL XI, 3793 e PAPI 2000, nt. 65, pp. 139-140. Sull’espressione sua pecunia vedi nt. n. 36. 42 Sul rilievo raffigurante la Institutio alimentaria cfr. PARIBENI 1927, p. 261; BEAUJEAU 1955, p. 436, HASSEL 1966, pp. 9-11; ROTILI 1972, pp. 97-98. Il funzionamento del provvedimento è ricostruibile grazie alla celebre tabula Baebiana (CIL IX, 1455 = ILS, 6509), significativamente proveniente dal territorio beneventano. Sul tema cfr. TORELLI M. 1999, nt. 142 e 143, p. 207. 37 http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 116 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 alla colonia di Lucus Feroniae, che determinò una nuova fase di monumentalizzazione, con il restauro dell’aqua Augusta e l’edificazione di un impianto termale 43 . 3. L’evergetismo di Adriano L’attività evergetica di Adriano appare sotto certi aspetti più modesta, ma al contempo più articolata. Dei quindici interventi compiuti nella varie regiones dell’Italia dall’imperatore ben sei ebbero come oggetto templi ed edifici sacri, tre riguardarono impianti termali 44 , mentre le “grandi opere” od opere di “pubblica utilità”, tra strade, porti ed acquedotti, ammontano a un totale di cinque; infine l’imperatore partecipò all’evergesia, in coabitazione con la città, per la costruzione dell’anfiteatro di Capua 45 . A fronte della grande azione di Traiano intrapresa sulle strade, Adriano limitò la propria iniziativa a due soli casi: sull’Appia, già ricordato, e sulla Flaminia. Per gli acquedotti non si dispongono di maggiori notizie: sappiamo di un intervento a Gabiae nella Regio I e di un’analoga iniziativa a Cingulum 46 . Ancor più povere sono le informazioni relative all’unico intervento in materia di porti da parte di Adriano: Pausania infatti gli attribuisce la costruzione di quello di Lupiae (Regio II) 47 . Il quadro muta invece a favore di Adriano se prendiamo in esame l’altra sfera di interventi, a cominciare dai templi, dove il principe palesò particolare attenzione, con ben sei interventi, di contro alla totale assenza, come si ricordava, di liberalità da parte di Traiano. Affronteremo in seguito la costruzione del nuovo Capitolium ad Ostia, in quanto caso particolarmente istruttivo per cogliere le dinamiche e le articolazioni dell’evergetismo imperiale. I rimanenti interventi si concentrarono in buona parte nella Regio I (Antium, Caiatia, Lanuvium, Nemus Dianae) con la sola eccezione di Cupra Marittima, nella Regio V 48 . 43 Vedi nt. n. 4. Accanto alla Terme di Nettuno (Ostia), sono state riferite ad Adriano, su un piano esclusivamente di ipotesi di lavoro, anche le Terme di Porta Marina e quelle della Trinacria (entrambe ancora ad Ostia), pur mantenendo aperta la questione della relazione con il Serapeum, dedicato da un Caltilius P […], ricordato dai Fasti Ostienses (cfr. INSCR. IT. XIII I, p. 207). Sulle Terme Taurine di Civitavecchia, lo stato lacunoso dei dati non permette di sviluppare considerazioni neppur a livello di ipotesi, tenendo comunque come valida l’idea di una collocazione ad età adrianea dell’impianto. Ma per l’esame di tutte le questioni qui accennate si rinvia alla considerazioni esposte nel testo. 45 Di questo intervento si darà conto al paragrafo n. 4. 46 CIL XIV, 2797 = AE 2002, n. 299; CIL IX, 5681 = AE 1998, n. 420. Questa cura aquarum fu comunque ben presente nell’attività evergetica di Adriano, anche in ambito provinciale: si possono ricordare i casi di Caesarea in Giudea (AE 1928, n. 136) e di Italica in Baetica (BOATWRIGHT 1997, pp. 116-135). 47 Paus., 6.19.6. Sull’errore di Pausania che confonde Copiae con Lupiae cfr. BOATWRIGHT 2000, p. 119. Alcuni resti rinvenuti sulla spiaggia di S. Cataldo, a 11 km da Lecce, sono genericamente ricondotti alla testimonianza di Pausania (cfr. BERNARDINI 1961, pp. 522-523). 48 L’interesse di Adriano per gli edifici templari trova ulteriore riscontro, considerando sia le evergesie compiute a Roma, con la costruzione, come noto, del Pantheon e del Tempio di Venere e Roma, sia, nel mondo provinciale, dove possiamo ricordare il grande intervento per il completamento dell’Olympeion ad Atene, od ancora il restauro del tempio di Zeus a Cizico. 44 http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 117 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Ad Antium Adriano restaurò un tempio non identificabile per lo stato lacunoso del testo, mentre a Caiatia l’intervento imperiale, realizzato sua pecunia, si limitò probabilmente all’apparato decorativo 49 . Ben più noti i tre diversi interventi posti in essere dal princeps nei santuari del Nemus Dianae e Iuno Sospita mater, nella Regio I, ed in quello di Cupra nella Regio V. I tre templi sono accomunati dal fatto di essere sedi di antichi ed importanti culti, il che ha indotto a motivare queste iniziative come il riflesso di un preciso movente culturale dell’imperatore, vale a dire una certa predilezione per l’arcaismo, benché non si possa escludere che questa philia per il passato sia legata più in generale allo Zeitgeist dell’epoca 50 . I tre intervento si verificarono nell’arco di un decennio (databili grazie alla presenza della tribunicia potestas nei testi epigrafici): nel 123 il santuario di Nemi, nel 127 a Cupra ed infine nel 136, con la dedica del nuovo simulacro di Iuno Sospita. Nel Nemus Dianae, il cui culto rimonta ad epoche particolarmente arcaiche 51 , l’imperatore avrebbe probabilmente ristrutturato una porticus, della quale gli scavi hanno messo in luce alcune parti, confermando la notizia epigrafica (benché il testo non precisi, causa lacuna, l’oggetto del restauro adrianeo) e la datazione dell’intervento al regno di Adriano, avvalorata anche dal rinvenimento di due bolli laterizi, impiegati nelle colonne in opus mixtum, pertinenti alla officine di Lucanus e Tullius, e a quelle urbane di Papirius, liberto di Domitius 52 . Ricordiamo ancora, senza entrare nel merito per ragioni di spazio, che il testo epigrafico, al di là della sua importanza per la ricostruzione di 49 Cfr. CIL X, 6652 e CIL X, 4574. Per BOATWRIGHT 1989, p. 250 l’intervento adrianeo ad Antium potrebbe collegarsi con il viaggio intrapreso dall’imperatore in Campania nel 119-120. Il testo che qui è stato riferito a Caiatia, sulla base del suo luogo di ritrovamento, potrebbe anche intendersi come un tempio dedicato invece agli abitanti di Cubulteria, riferendo «Cubulternis» non già a «marmoribus», come qui si è fatto, bensì ad «aedem». A Cubulteria comunque pare esistessero buone cave di marmo (Cfr. JOUFFROY 1986, p. 121 e PANCIERA 1992, p. 154). 50 Essa è per altro ben presente nel filone della seconda sofistica, testimoniato da autori legati per altro al principe, quali Favorino, Polemos di Smirne, Elio Aristide ed Erode Attico. Cfr. ANDERSON 1993, passim. La Historia Augusta (H.A., Hadr. 22.10) ricorda, nella biografia dell’imperatore, la passione di Adriano per i culti arcaici dell’Italia, ma questa notizia appare sopravvalutata da M.T. Boatwright nei diversi contributi sull’argomento (BOATWRIGHT 1989, p. 256, e BOATWRIGHT 2000, p. 132). Essa infatti andrebbe sfumata o comunque interpretata nel contesto della biografia complessiva dell’imperatore: il principe non fu affatto poco entusiasta o partecipe dei culti stranieri, basti richiamare i suoi legami con il culto di Serapide (cfr. BEAUJEAU 1955, pp. 228-257 e GRENIER 2000, pp. 73 - 75) testimoniatoci dalle dediche dei Serapei di Luxor ed Ostia, entrambi nel dies natalis dell’imperatore. Boatwright (BOATWRIGHT 2000, p. 132) inoltre aggiunge a ulteriore complicazione del quadro la notizia che Adriano ricoprì la dignità di prafectus urbi feriarum Latinarum causa (ILS, 308), a suo dire, un ulteriore impulso per motivare gli interventi nei santuari, in particolare in quelli del Lazio. Difficile cogliere un puntuale legame causaeffetto considerando il solo aspetto cronologico: la dignità ricoperta da Adriano risale al 108 (datazione consolare), mentre il primo intervento come detto si colloca nel 123; inoltre non motiverebbe quello a Cupra (per il quale potrebbero addursi moventi di natura diversa, vedi COLONNA 1992, p. 16 e ancora H.A., Hadr. 1.1); l’ultimo intervento si colloca nel 136, quasi alla fine del regno. 51 Il santuario era già antico per Catone (Origines 68). Venne fondato da Manio Egerio di Ariccia o Egerio Bebio di Tuscolo, dittatore latino, su preciso incarico della Lega Latina, che riuniva le città di Tuscolo, Ariccia, Lanuvio, Laurento, Cori, Tivoli, Ardea e Pomezia. Il tempio dunque almeno nella sua fase iniziale ebbe pure una valenza politica, in quanto sede della Lega Latina; quando questa fu sciolta, nel 338 a.C., conservò solo il suo carattere religioso, recuperando l’aspetto salutare, alla base della sua fondazione originaria. Per la storia del santuario e del culto vedi da ultimo GREEN 2007. 52 Il testo è in CIL XIV, 2216 = ILS, 843 = AE, 2000 n. 251. Sulle ultime campagne di scavo cfr. GHINI 2000, pp. 53-63, in particolare per ciò che qui interessa pp. 53-55. Sui bolli cfr. CIL XV, 994 e 1356. Anche i bolli su tegole e coppi, ascrivibili alle officine Caniniane (CIL XV, 134), a quelle di Mercurio Felice (CIL XV, 333), di Tetellus Donatus (CIL XV, 713), di Sabina (CIL XV, 354), di T. Statilius Maximus Severus Hadrianus (CIL XV, 287), di Domitius (CIL XV, 979), di Naevius Asclepiades (CIL XV, 1323) e quelle Negariane (CIL XV, 354), confermano questa datazione. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 118 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 un atto di evergetismo religioso da parte di Adriano, è stato al centro di una lunga controversia per la questione dell’identità del rex Darius, autore di una precedente liberalità, e che oggi si tende ad identificare con argomenti piuttosto sicuri con il figlio di Artabano III, re dei Parti, inviato a Roma, come ostaggio, sia durante il principato di Tiberio che quello di Caligola 53 . Il secondo intervento di Adriano si concretizzò nel tempio della dea Cupra, importante divinità venerata nell’Umbria e nel Piceno 54 , e si data al 127, forse nel contesto del viaggio in Italia che l’imperatore intraprese il 3 marzo del 127 55 . L’azione di Adriano può certamente trovare sufficiente giustificazione nel prestigio di cui godeva il santuario, ma non è certamente da scartare la possibile motivazione “biografica” addotta da Colonna, che ricorda le origini a Picentibus della famiglia del princeps 56 . Resta da considerare, per chiudere questa veloce panoramica dell’evergetismo “templare” adrianeo l’intervento che ebbe a compiersi a Lanuvium nel 136 57 . Il santuario dedicato a Iuno Sospita mater era particolarmente importante in ragione degli innumerevoli e strani prodigi che vi si verificavano, al punto da indurre gli stessi consoli ed il Senato ad offrirvi sacrifici prima di intraprendere una campagna militare 58 . L’epigrafe ci informa che Adriano, usando le ricchezze stipate all’interno del tempio 59 , dedicò un nuovo simulacro alla dea. L’intervento dell’imperatore dunque non risulta abbia riguardato direttamente l’edificio templare, benché secondo Plinio il Vecchio esso giacesse in condizioni assai disastrate nel I secolo d.C. 60 Questo nuovo simulacro avrebbe sostituito quello precedente cui andrebbe collegata una testa datata al primo periodo repubblicano, dedicata a seguito della disfatta della Lega 53 Vedi MORPURGO 1931, p. 280, che ricorda il rinvenimento di cinque fistulae, nell’area del teatro, con la dicitura rex Darius, cosa che ha spinto a ritenerlo responsabile di qualche intervento anche in questa zona del santuario. Sui sovrani orientali presenti a Roma nella prima età imperiale vedi RICCI 1996, pp. 561-592, mentre per l’identificazione cfr. LEONE 2000, pp. 29-34 e Svet., Cal. 14.3; 19.19, dove il personaggio è ricordato come membro del seguito che accompagnò Caligola nel soggiorno nemorense. 54 COLONNA 1992, pp. 3-25. Il testo epigrafico è in CIL IX, 5294 = ILS, 313. 55 INSCR. IT. XIII I, pp. 205 e 233. Viaggio che toccò diverse tappe scandite da una serie di interventi evergetici, come a Cingulum (CIL IX, 5681), con il restauro dell’acquedotto, o presso gli Equicoli, dove furono restaurate opere publica vetustate dilapsa (CIL IX, 4116) ed infine appunto Cupra. 56 H.A., Hadr. 1.1 e COLONNA 1992, p. 16. 57 CIL XIV, 2088 = ILS, 316. 58 Liv., 21.1; 21.62; 21.31; 24.4; 21.12; 41.21; 42.2; Cic., Pro Mur. 41.90. Sul santuario cfr. in generale COARELLI 1987 e CECERE 2000, pp. 35-44. 59 L’edificio infatti svolgeva anche la funzione di deposito delle ricchezze della città, come sappiamo ancora da Livio (21.62. 8), il quale ricorda che in occasione di una serie di prodigi avvenuti nel 218 a.C., furono deposte nel santuario ben 40 libbre d’oro grezzo. 60 Plin., Nat. 35.17. Si è proposto al riguardo di collegare questo testo ad un altro concernente sempre un intervento di munificenza di Adriano a Lanuvium, da interpretarsi come restauro del tempio (BOATWRIGHT 1989, p. 256; per l’epigrafe vedi HORSTER 2001, n. Ia8, 2 p. 266). Sfortunatamente però il carattere frammentario non offre sostegno a questa ipotesi: non è possibile identificare l’edificio né stabilire una datazione precisa dell’intervento dell’imperatore, mentre sappiamo con certezza che la dedica della nuova statua di culto si pone nel 136, quindi verso la fine del regno di Adriano. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 119 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Latina del 338 a.C. subita contro i Romani, per celebrare la presa del controllo del tempio da parte di questi ultimi 61 . Adriano manifestò un certo interesse anche nel campo degli edifici termali. Sfortunatamente, con la sola eccezione delle Terme di Nettuno, non possediamo iscrizioni che permettano di riferire con certezza all’imperatore anche gli altri due impianti termali ostiensi, le Terme di Porta Marina e quelle della Trinacria, che abbiamo ricondotto alla figura del princeps in via del tutto ipotetica. Certo la costruzione di tre impianti termali nell’arco del regno di Adriano è prova quanto mai eloquente del grande sviluppo cui andò incontro il porto di Roma, dopo le grandi evergesie traianee. Un quarto impianto termale è poi realizzato a Civitavecchia, le cosiddette Terme Taurine 62 , di cronologia sicuramente adrianea 63 , ma per il quale, considerato ancora lo stato frammentario dei dati di scavo e dei materiali, appare difficile anche abbozzare un’ipotesi sulla natura della committenza. Certo l’abbondante presenza di marmi (lunense, pavonazzetto e proconnesio, solo per citare i litotipi quantitativamente più consistenti) 64 e la ricca decorazione, in analogia con il caso degli edifici ostiensi, potrebbe indurre a propendere per un possibile coinvolgimento dell’imperatore, tanto più considerando anche le azioni di evergetismo di Traiano verso la città, con la costruzione del porto e dell’acquedotto. Queste opere d’altronde possono certo aver determinato una nuova fase di prosperità della città, tale da indurre ad un ampliamento delle terme, ampliamento che ancora può essere motivato con l’elevata frequentazione dell’impianto, del quale va anche posta in evidenza la sua funzione non solo “ricreativa”, ma anche di centro “terapeutico” per la presenza delle sorgenti termali 65 . Il caso ostiense, certamente più conosciuto, si presta a migliori considerazioni. Abbiamo accennato che possediamo informazioni per un sicuro coinvolgimento di Adriano solo per le Terme di Nettuno, essendo sopravvissuto il testo epigrafico relativo alla costruzione dell’impianto 66 . Testo che suscita ulteriore interesse anche da un punto di vista della dinamiche “interne” che potevano scandire un atto evergetico, e di cui tratteremo più diffusamente nel paragrafo successivo: apprendiamo infatti che la somma di due milioni di sesterzi stanziati da Adriano venne integrata dal suo successore 61 CHIARUCCI 1983 pp. 72-74. La testa del simulacro repubblicano, conservata ai Musei Vaticani, avrebbe sostituito una precedente, risalente alle metà circa del V secolo a.C., anch’essa conservata ai Vaticani. Sulla questione vedi HEFNER 1966, pp. 186-205. 62 Il nome deriva dalle stesse fonti sulfuree utilizzate fin da epoca remota e sgorgate, secondo la leggenda riferitaci da Rutilio Namaziano (Rut. Nam., De red. suo 1) per opera di una divinità, che sotto l’aspetto di un toro le avrebbe fatte venire alla luce, donde quindi il nome dato alla località (Aquae Tauri), spiegazione che rientra bene nel filone dell’eziologia. Sulla possibilità di riferire i resti alla villa pulcherrima di Traiano di cui parla Plinio il Giovane nell’epistola a Cornelliano (Ep. 6.31.15), oramai da escludere, vedi le considerazioni di CORRENTI 1990, pp. 210-212 e soprattutto GUIDOBALDI - ANGELELLI 2001, pp. 359361. 63 Così infatti inducono a pensare i bolli, riferibili tutti al regno di Adriano: dal 123, il più antico, al 133 il più recente. Cfr. CIL XV 98, 124, 674, 1053, 1054, 1056, 1211, 1363, 1365, 1367. 64 Ma vedi BRUNO - BIANCHI 2006, pp. 191-197 per un esame complessivo dei marmi presenti all’interno dello stabilimento. 65 Vedi BASTIANELLI 1954, p. 399, BLAKE - BISHOP 1973, pp. 271-272 e KÖHLER 1999, p. 376. 66 CIL XIV 98, = ILS, 334 = AE 2002, n. 281. Il nome dell’impianto deriva dallo splendido mosaico che orna l’omonima sala di Nettuno. Sui mosaici cfr. Scavi di Ostia 4, 1961, p. 47, n. 69, tav. 131, 132, 133, 134, 166 e p. 48, n. 70, tav. 124-130. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 120 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Antonino Pio, nel primo anno di regno, per consentire il completamento dell’opera 67 . L’epigrafe dà per altro anche un’idea dei costi legati alla realizzazione di un impianto, seppur vada tenuta presente l’eccezionalità dell’evergesia ostiense, considerate le dimensioni delle terme (4000 mq.). Ubicate nella parte orientale della città, sul lato nord del decumano, con pianta pressappoco quadrata, si caratterizzano per la presenza della grande palestra nel settore occidentale, dove si ritrovano sicuri elementi adrianei 68 . L’intervento di Adriano ebbe luogo sul precedente impianto domizianeo, distinto dalla presenza di una grande natatio, eliminata nella fase successiva, e consistette verosimilmente in un generale rifacimento degli elevati, dei pavimenti musivi e marmorei, e della decorazione. Si configurerebbe dunque una situazione analoga a quello del Capitolium, con il contributo finanziario dell’imperatore particolarmente indirizzato all’apparato architettonico e alle decorazioni, mentre la messa in opera delle strutture murarie andrebbe inquadrata più genericamente nelle direttive imperiali 69 . Possiamo dunque iniziare a cogliere un ulteriore aspetto dei meccanismi che presiedevano ad un atto evergetico, precisando al contempo il ruolo “finanziario ed esecutivo” del princeps. I restanti impianti pongono problemi differenti: per le Terme di Porta Marina la sontuosità dell’arredo scultoreo, nonché la presenza di ritratti frammentari di Marciana, sorella di Traiano, di Sabina, moglie di Adriano, e di un busto dello stesso Traiano, fanno propendere per una committenza imperiale dell’impianto 70 . I bolli laterizi inducono oramai a collocare la costruzione dello stabilimento in età adrianea 71 , datazione, nonché presunto coinvolgimento imperiale, che paiono trovare un ulteriore indizio nei frammenti di capitelli, non dissimili da quelli del portico che circonda il Capitolium e delle Terme di Nettuno, e forse riferibili a due pilastri collocati ai lati di una grande vasca in una sala a nord del frigidarium. A questi si devono inoltre aggiungere otto capitelli corinzi, di fattura analoga ai precedenti 72 . Si potrebbe quindi supporre un ruolo del princeps almeno per quanto riguarda il contributo relativo agli elevati architettonici e all’apparato decorativo. 67 Dell’intervento di Antonino Pio dà notizia pure la Historia Augusta (Ant. 8.2-3). Anche i bolli laterizi confermano l’inizio dei lavori negli ultimi anni del regno di Adriano (BLOCH 1969, p. 272), forse dopo la realizzazione del Capitolium (Scavi di Ostia 1 1953, p. 135 ). 68 Delle 26 colonne della palestra abbiamo undici fusti frammentari di portasanta, tre di bigio antico e uno di cipollino con basi di marmo lunense, tranne una in proconnesio (PENSABENE 2002, p. 232 nt. n. 80). Sui capitelli vedi Scavi di Ostia 7 1973, p. 41, n. 122, tav 10; p. 53, n. 201, tav. 18; pp. 67-68, n. 262-267, tav. 35. I capitelli hanno confronti precisi con quelli di villa Adriana oltre che con i capitelli del portico intorno al Capitolium di Ostia (PENSABENE 2002, p. 249, e vedi qui paragrafo 4). Per le sculture in marmo recuperate da questa zona cfr. MANDERSCHEID 1981 p. 77, n. 84; p. 78, n. 85, tav 19, nn. 87-88, tav. 20. 69 PENSABENE 2002, pp. 243-224. 70 MANDERSCHEID 1981, p. 79 n. 100, tav. 21; n. 101, tav. 21; n. 99, tav. 20. Per la testa di Traiano p. 78, n. 99, tav 20. 71 La maggioranza dei bolli risale al periodo 134-138 (PAVOLINI 1980, p. 118). Se è quindi oramai da escludere una datazione dell’impianto al regno di Antonino Pio (Scavi di Ostia 1 1953, p. 146), rimane da valutare un ipotetico ruolo di Traiano nella costruzione dell’impianto, sostenuta dal MEIGGS 1969, pp. 407-408, sulla base della notizia dello Hamilton che asseriva di aver visto un’iscrizione recante il nome di Traiano, inducendo a pensare ad una prima fase riferibile al regno di quest’ultimo. 72 Cfr. PENSABENE 2002, pp. 221-222. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 121 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 L’ultimo complesso da considerare è quello delle Terme della Trinacria (siamo sul lato orientale di via del Serapide), nella fase che data al 123 73 . La questione della possibile paternità adrianea della committenza deve affrontare il problema del legame tra le terme e il tempio di Serapide, opera, come già si ricordava di Caltilius P[…]. Infatti i bolli dello stabilimento sono analoghi a quelli dell’edificio sacro, e il legame appare rafforzato dai ritrovamenti scultorei ed epigrafici effettuati nelle terme 74 . A questi dati si deve poi aggiungere anche il fatto che nel corso del II secolo l’ampliamento dell’impianto ebbe come conseguenza l’occupazione del caseggiato di Bacco ed Arianna, compreso nel recinto del santuario. Ricardo Mar ritiene sulla base di quanto esposto che tutti questi edifici “pertencian a un mismo proprietario”, e che le terme furono costruite come parte del grande Serapeo ostiense 75 . Si tratterebbe dei Caltilii? Su questa famiglia non si dispongono di molte informazioni 76 : erano liberti, che videro accrescere la propria ricchezza durante il regno di Traiano, facendo forse fortuna con l’attività portuale 77 . La questione trova un suo arricchimento considerando il rapporto tra Adriano e Serapide, che dovette essere certamente particolare, considerando che esattamente un anno prima della costruzione del Serapeum ostiense (127), a Luxor fu dedicato un analogo tempio ancora nel compleanno dell’imperatore 78 . È sufficiente per sostenere un’evergesia imperiale o comunque un coinvolgimento del sovrano, magari legato all’istituzione di un culto ufficiale 79 ? Certamente la questione merita di ulteriori indagini, impossibili da sviluppare in questa sede, ma risuonano opportune le considerazioni di Zevi: «Il dio egizio rappresenta dunque una religiosità legata ad ambienti e ad attività economiche di ampia portata; anche se valutata nei soli termini edilizi, la sua installazione in Ostia investe una dimensione che trascende quella dei Caltilii ed interessa la struttura sociale della città, rinviando, in dimensione più ampia, alla storia stessa della città di Roma ». 80 73 Datazione basata sull’esame dei bolli (cfr. MAR 2001, p. 71). L’impianto fu infatti il risultato di una serie di interventi. Il nome delle terme deriva dal mosaico posto nel corridoio vicino al frigidarium, con la personificazione della Sicilia, rappresentata da un busto femminile che reca sulla testa tre gambe (Scavi di Ostia 4 1961, p. 140, n. 275, tav. 140). 74 Nel tepidarium è stato scoperto infatti un altare dedicato a Serapis. 75 MAR 2001, p. 75. 76 Il gentilizio ad Ostia è attestato da CIL XIV, 21, 251, 266, 310, 311, 332, 469, 621, 741, 761, 1154. 77 L’origine schiavile sembra potersi affermare per i cognomina decisamente grecanici ovvero servili di tutti i membri della famiglia (ZEVI 2001, p. 172 e nt. n. 7). Ancora secondo Zevi (ivi., pp. 172-174) a questa famiglia sono da riferire una serie di lastre a rilievo con ritratti maschili e femminili, accompagnate dai nomi e pertinenti a un monumento funerario, che hanno consentito una, seppur parziale, ricostruzione prosopografica. Non disponendo del cognomen dell’evergete del Serapeo, l’identificazione è sfortunatamente impossibile. 78 Si veda in generale BEAUJEU 1955, pp. 228-257 e GRENIER 2000, pp. 73-75. 79 BOLLMANN 1998, p. 177. 80 ZEVI 2001, p. 177. Un ulteriore spunto d’indagine in particolare dovrebbe essere offerto da una analisi dell’effettiva diffusione della consuetudine di dedicare un tempio nel dies natalis dell’imperatore. La prassi appare indubbiamente consolidata per il periodo augusteo, che segna, come noto, in particolare dopo la vittoria di Azio, la genesi di tali dediche. È possibile una considerazione analoga per l’età adrianea, cioè all’incirca 150 anni dopo? Tornado quindi al problema delle dediche dei serapei, siamo di fronte al semplice ripetersi di una tradizione oramai cementata dal tempo ovvero ad un caso eccezionale, dovuto proprio dagli stretti legami che Adriano intratteneva con il culto di Serapide? http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 122 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 4. Dinamiche e modalità dell’evergetismo imperiale Con quali modalità e dinamiche si concretizzava l’evergetismo imperiale? La menzione ricorrente nelle epigrafi della formula pecunia sua fa pensare ad una azione diretta e finanziata dal sovrano, senza lasciare spazio a figure “intermediarie” e collaborazioni con le realtà locali. Il quadro, che emerge da un esame di alcuni casi particolari, pare rivelare una realtà se non più complessa, sicuramente più articolata. Prima di tutto prendiamo in esame il ruolo dei curatores rerum publicarum, istituiti da Traiano. Costoro erano i “commissari” che il princeps inviava nelle città per amministrare il denaro pubblico; si trattava in genere di senatori di rango pretorio, cui venivano assegnate mansioni piuttosto precise, e che restavano in carica non più di qualche mese 81 . Potevano essere coinvolti in azioni di evergetismo? Qualche indicazione viene da un testo relativo alla dedica di un phetrium (sala delle riunioni) per gli Augustali di Caere (Regio VII) 82 . Qui infatti vi troviamo citato il curator Curiatius Cosanus, che sancì, congratulandosi, l’iniziativa di un benefattore locale, il libertus Vesbinus. Il commissario in questo caso svolse semplicemente un ruolo “notarile” dell’atto evergetico, senza parteciparvi attivamente, ma anzi, incoraggiando, come evidentemente faceva parte delle sue mansioni, la comunità locale a compiere nuove donazioni. Si può immaginare un coinvolgimento più diretto? È molto difficile dare una risposta, perché i dati sono pochi: per Curatius Cosanus infatti non abbiamo altre attestazioni, mentre da Beneventum si ha notizia di C. Ennius Firmus, designato da Adriano, come curator operis thermarum, e quindi in qualche modo, forse, coinvolto nella costruzione delle terme. L’epigrafe è comunque importante perché ci offre un esempio di curator nominato in ambito locale: il nostro uomo infatti ha svolto la sua carriera nella stessa Beneventum 83 . Tornando al ruolo dei curatori, sono troppo poche le attestazioni, che del resto si fanno più intense solo a partire dall’età di Antonino Pio, per valutare il loro ruolo nel partecipare direttamente alle opere evergetiche. D’altronde il loro incarico era essenzialmente finanziario, e non esplicitamente destinato ad essere una sorta di “longa manus evergetica” dell’imperatore. Si è accennato anche a figure definite “intermediarie” e al rapporto degli imperatori con le comunità locali. Ostia pare un terreno decisamente fertile al riguardo, stante il forte ruolo dell’evergetismo imperiale, già parzialmente affrontato nelle pagine precedenti 84 . Il problema è quello di 81 Sui curatores vedi JACQUES 1983, passim. CIL XI, 3614. Vedi PAPI 2000, pp. 138-139. 83 Su questo personaggio vedi nt. n. 13. Il che smentisce nuovamente quelle visioni, già denunciate nell’introduzione, di un governo centrale orientato a limitare l’autonomia di cui avevano sempre goduto le città (GARNSEY - SALLER 1987, pp. 34-40; REYNOLDS 1988, pp. 41-46). «Né la personalità, né le prerogative dei curatori li predisponevano ad esser gli affossatori dell’autonomia locale; soprattutto erano designati troppo irregolarmente perché pensassero di sostituirsi alle comunità locali. La nomina di questi commissari era innanzitutto una risposta all’instabilità finanziaria delle cittadinanze» (JACQUES - SCHEID 2001, p. 340; vedi anche BURTON 1979, pp. 465-487; CAMODECA 1980, pp. 453-534). 84 L’interesse imperiale riceve un ulteriore impulso, ricordando come sia Traiano nel 105 (duovir “in assenza”, FRASCHETTI 2000, p. 143) che Adriano nel 121 e nel 126 ricoprirono il duovirato (PENSABENE 2002, p. 183). Il ricoprire una magistratura 82 http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 123 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 comprendere «quale sia stato il ruolo degli imperatori, di servizi dell’amministrazione pubblica quali l’Annona, della colonia stessa di Ostia e infine dell’evergetismo imperiale e privato nella trasformazione urbanistica ed edilizia». 85 La città dopo la costruzione del porto andò incontro ad una straordinaria fase di prosperità, destinata ad esplodere chiaramente in età adrianea, e che determinò una radicale trasformazione urbana 86 . Il nuovo porto comportò la costruzione di grandi horrea, necessari allo stoccaggio delle merci e delle derrate, magazzini costruiti secondo quello che Ricardo Mar definisce un vero e proprio “piano regolatore” 87 . E con essi, contestualmente, ebbe luogo, una riorganizzazione dell’Annona, il che consente di introdurre la prima figura che in qualche modo dovette svolgere un ruolo di esecutore e coordinatore di un progetto che risulta difficile non collegare ad una grande evergesia di tipo imperiale: alludiamo a M. Rutilius Lupus, il cui coinvolgimento non è certamente determinato dal solo fatto di essere tra i fabbricanti di mattoni figuranti nei bolli rinvenuti negli horrea dei mensores (tra i più grandi della città) e nei cosiddetti horrea traianei, alla spalle del Serapeo 88 . Possessore dunque di importanti fabbriche laterizie, coinvolte nella maggiori costruzioni ad Ostia, ricco proprietario terriero 89 , ricoprì la carica di prefetto dell’Annona nel 107 e di prefetto dell’Egitto dal 114 al 117, il che conferma i suoi stretti rapporti con l’imperatore. È proprio in ragione della prima carica, la prefettura dell’Annona, dalla quale dipendevano gli horrea ostiensi, che si può convalidare l’idea, già espressa dal Mar, di considerare il nostro uomo come una sorta di “supervisore esecutivo” del progetto di sistemazione dell’area 90 . Un ruolo per qualche misura analogo si ritagliò anche M. Acilius Priscus Egrilius Planarius, verosimilmente coinvolto nella costruzione del Capitolium. Costui infatti rivestì l’importante dignità di pontifex Volkani et aedium sacrarum Volkani (dal 105 al 126) 91 , al quale spettava, tra le altre, la responsabilità di tutti gli edifici sacri della città. Si deve presumere dunque una sua presenza nella realizzazione dell’opera, per la quale tuttavia si potrebbe azzardare l’idea di una probabile committenza mista, pur originando da una iniziativa di matrice senza dubbio imperiale, vista la portata dell’intervento. Il nuovo Capitolium 92 infatti fu costruito attorno al 120 93 , demolendo il precedente o un sacerdozio da parte dell’imperatore era un fenomeno frequente per originare un atto di evergetismo di matrice imperiale all’interno di una città. Così fecero per esempio Traiano a Didyma nel 97 e nel 102, ed Adriano ad Italica (vedi BARRESI 2003, p. 31). 85 PENSABENE 2002, p. 182. 86 FRASCHETTI 2000, p. 142; ZEVI 2000, p. 512 e ZEVI 2001, p. 176. 87 MAR 2002, p. 147. 88 BLOCH 1969, pp. 316-320. I bolli di questo personaggio sono stati rinvenuti anche nel Capitolium adrianeo. Inoltre, a dimostrazione dei legami stretti che doveva avere con gli imperatori, anche in ragione della sua carriera, suoi bolli sono presenti anche nell’Arco di Benevento (del quale forse “sponsorizzò” l’iniziativa di costruzione, cfr. ROTILI 1972, pp. 57-58), sua città natale. (Cfr. CAMODECA 1982, p. 119). 89 Il suo nome compare infatti nella già ricordata tabula Baebiana (cfr. CIL IX, 1455). 90 MAR 2001, pp. 152-153. 91 MEIGGS 1960, p. 514; ZEVI 1970, pp. 279-303. Sulla gens Egrilia vedi LICORDARI 1982, pp. 36-37. 92 Sul Capitolium vedi ALBIO 2002, pp. 363-390. 93 I bolli laterizi datano con esattezza tra il 117 e il 124 (BLOCH 1969, p. 347). Sui Capitolia vedi DE AZEVEDO 1940 pp. 1-36 (p. 9 per quello di Ostia). http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 124 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 edificio della fine del I secolo a.C., e procedendo ad una generale risistemazione del foro augusteotiberiano, che vide il nuovo monumento più arretrato rispetto al vecchio, permettendo così di realizzare la piazza antistante cinta dai due portici laterali, il che comportò anche la demolizione di un altro tempio adiacente, per realizzare il porticato occidentale 94 . Appare piuttosto chiaro che solo il princeps poteva ordinare un simile intervento nel cuore della città, smantellando ben due templi, dei quali uno era la sede del culto più importante della città. Ciò non toglie che sia possibile ipotizzare, in mancanza di testi epigrafici che diano conferma 95 , una articolazione dell’evergesia vera e propria, in particolare per quanto riguarda l’identificazione del contributo dell’imperatore e di un possibile contributo della colonia. Le considerazioni più pertinenti al riguardo sono state avanzate da Patrizio Pensabene in relazione, per esempio, ai materiali marmorei impiegati nella cella e nel portico: la soglia della cella infatti è ricavata da un unico blocco in marmo di Teos, mentre le colonne del portico avevano fusti in granito e bigio, sormontati da capitelli in proconnesio. Questi ultimi, come già si accennava, sono confrontabili sia, in ultima istanza, con quelli di Villa Adriana che con quegli delle terme di Nettuno ad Ostia, al punto da indurre ad ipotizzare un’unica maestranza e ravvisare quindi un possibile contributo dell’imperatore “limitato” all’elevato architettonico e decorativo. Tornando ai marmi, secondo lo studioso la soglia della cella potrebbe essere legata ad una iniziativa imperiale, basandosi sulla considerazione che i grandi monoliti di Teos siano soprattutto legati all’architettura templare, mentre le colonne del portico non arriverebbero da cave di marmi colorati di proprietà imperiale, bensì sarebbero prodotti di “largo consumo”, originari da cave di proprietà privata o comunque assegnate in appalto, ovvero controllate dalle città che sorgevano nei dintorni 96 . Abbiamo dunque già sulla base dei materiali una possibilità di cogliere la presenza di più soggetti coinvolti nella realizzazione del Capitolium,, uno dei quali, accanto ad Adriano e al citato M. Acilius Priscus Egrilius Planarius, potrebbe essere proprio la colonia, prendendo a paragone il caso di Ulubra 97 . In conclusione si desume una ridefinizione dell’atto evergetico dell’imperatore, che non significa necessariamente «un suo diretto intervento finanziario, ma più spesso l’intervento sulla progettazione di edifici se non di città, con il concorso di forze pubbliche e private». 98 94 R. Meiggs (MEIGGS 1960 pp. 352 e 381) propone di identificare l’altro edificio con il tempio di Giove: il suo culto sarebbe allora confluito nel nuovo Capitolium? 95 Effettivamente va notato che un riferimento al Capitolium si ha solo in CIL XIV, 32, dove si menziona un aeditus Capitoli, carica attestata anche a Roma per il tempio di Roma ed Augusto (CIL XIV, 73). Meiggs (MEIGGS 1960, p. 380) precisa che il testo è stato in realtà rinvenuto a Roma, ma il nome di A. Ostiensis Asclepiades ricorre nelle liste della familia publica di Ostia, a cui l’epigrafe è dedicata. E verosimile ritenere che il Capitolium menzionato sia proprio quello di Ostia. 96 PENSABENE 2002, pp. 251-253. Contributo cui si rinvia per ulteriori esemplificazioni al riguardo. 97 JOUFFROY 1986, p. 121, ricorda la dedica dell’aedes Romae et Augusti di Ulubra (CIL X, 6485) ex pecunia publica. 98 PENSABENE 2002, p. 185. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 125 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Una molteplicità di soggetti è invece esplicita nella realizzazione dell’anfiteatro di Capua 99 . Possiamo infatti tranquillamente parlare di una “joint venture” che coinvolse due imperatori, Adriano ed Antonino Pio, nonché la stessa città. A quest’ultima spetterebbe la costruzione dell’edificio, forse sotto l’impulso dell’intervento di riparazione della via Appia, nel tratto tra Beneventum ed Aeclanum, compiuto da Adriano nel 123 100 . Il princeps avrebbe invece curato il restauro e l’abbellimento del monumento (il testo parla infatti di imagines). Antonino Pio lo dedicò 101 . Completiamo questa veloce rassegna portando l’attenzione su un ultimo caso che potrebbe presentare alcune delle dinamiche già indicate sopra, benché si dispongano di molti meno elementi rispetto alla realtà ostiense: ci riferiamo ad Herdonia, città, come si ricorderà, ubicata lungo la via Traiana, che proprio grazie all’apertura di questa nuova arteria di comunicazione andò incontro a una nuova fase di sviluppo. In un certo senso riscontriamo le stesse dinamiche che hanno accompagnato lo sviluppo di Ostia: la costruzione di una grande opera pubblica (lì il porto, qui una strada) che, agendo come elemento catalizzatore dell’economia locale, originò una serie di atti di evergetismo, che determinarono la generale risistemazione del foro (con la costruzione di un nuovo tempio sul lato orientale e soprattutto la creazione del macellum a pianta circolare 102 ) e l’edificazione di un impianto termale proprio nei pressi della via Traiana, occupando un’intera insula (2700 mq.). 103 Lo stretto legame sembra trovare conferma nella cronologia di tutte queste opere, che risalgono ai primi decenni del II secolo e più in generale in età traianea. Certamente l’apertura della via può avere motivato l’evergetismo locale, così come non si può escludere un incoraggiamento se non addirittura un coinvolgimento, magari a livello progettuale -richiamando le parole di Pensabene citate precedentemente- dell’imperatore, come sembra suggerire la possibile individuazione di un’altra di quelle figure di “raccordo” già segnalate per Ostia. In questo caso tutto pare deporre a favore di un membro della famiglia dei Publilii Patruini, quel L. Publilius Celsus, consul suffectus nel 102 e consul iterum nel 113, pubblicamente onorato da Traiano con una statua 104 . È dunque forse in costui e in più generale nella sua famiglia, secondo quanto già ipotizzato da Marina Silvestrini, che si potrebbero cogliere i protagonisti del grande sviluppo che la città conobbe nell’età traianea 105 . 99 CIL X, 3832 = AE 2001, n. 85. Vedi nt. n. 16. 101 Un caso analogo di monumenti che vedono coinvolti più imperatori è quello già citato delle terme di Nettuno ad Ostia, mentre in ambito provinciale, si ricorda la cooperazione tra lo stesso Adriano e la città di Smirne per la realizzazione del ginnasio (cfr. BARRESI 2003, p. 444). 102 Cfr. DE RUYT 1983, pp. 82-88; MERTENS 1995, pp. 198-201. 103 MERTENS 1995, pp. 216-218. 104 SYME 1988, pp. 297-298. 105 SILVESTRINI 1995, p. 242. 100 http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 126 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 6. Considerazioni finali Quale bilancio si può trarre da questa sommaria e provvisoria indagine relativa alle evergesie imperiali di Traiano ed Adriano? Riprenderemo in parte alcune considerazioni già enunciate, nel tentativo di dare una parziale risposta all’interrogativo. Emerge chiaramente una netta differenza negli orientamenti evergetici dei due principi. Differenze culturali e di carattere? Tentativi di distinguersi e “smarcarsi” dal predecessore? Desiderio di emulazione? Sono argomentazioni che hanno trovato accoglienza in qualche studioso, nel tentativo, piuttosto inutile dal punto di vista della conoscenza del fenomeno, di stilare una sorta di “hit parade” dell’evergetismo imperiale 106 . Più semplicemente si potrebbe porre l’accento sulla complementarietà e continuità nella politica che caratterizzò i due imperatori. Che l’interesse di Adriano tenda a concentrarsi in buona parte in altri settori rispetto a Traiano, appare logica conseguenza delle scelte operate da quest’ultimo, che in certa misura avevano esaurito le possibilità di interventi in tali ambiti. Continuità nel senso che il criterio ispiratore che guidò i due sovrani fu essenzialmente quello del benessere dell’Italia, delle sue città, di offrire sostegno alla crescita economica, in breve una politica che oggi non si avrebbe difficoltà a definire di “buon governo” 107 . Ma al di là di queste ovvie considerazioni certamente gli aspetti più interessanti che si sono evidenziati risiedono nei moventi, nelle dinamiche e articolazioni liberalità, spesso più complesse di quanto superficialmente possa apparire ad un primo sguardo. Le ragioni di un atto evergetico sono chiaramente molteplici, spaziando da interventi legati a necessità di “manutenzione ordinaria” quale poteva essere quella richiesta dalle strade, ad opere di eccezionale grandiosità, legate ad interessi più generali e che travalicarono persino lo stesso ambito di riferimento locale, come la costruzione dei grandi bacini portuali. Va da sé che l’imperatore poteva decidere di intervenire, più o meno direttamente, sulla base di legami personali con una data comunità, o per risollevare le sorti di realtà depresse economicamente e demograficamente. Sia l’Italia (per es. a Lucus Feroniae) sia le province (con l’intervento di Adriano nella sua amata Italica) offrono ampi riscontri a tutti questi fenomeni. Tali azioni non annullarono la dimensione locale, il ruolo dei magistrati, dell’ordo municipale o di evergeti privati, ma al contrario finirono con l’essere un formidabile “volano evergetico”, stimolando lo spirito di emulazione o portando le comunità cittadina ad affiancarsi all’imperatore. 106 Non sfugge a queste considerazioni il contributo di BOATWRIGHT 2000, p. 12 tra le altre, che muove in una prospettiva neppur troppo velatamente adrianocentrica. 107 Opportuno il ricordo, segnalato anche da BOATWRIGHT 2000, pp. 14-15, di provvedimenti da parte di Adriano che andavano proprio a favorire le città, quali il senatum consultum che confermava la possibilità di lasciare l’eredità ad ogni città dell’impero (e già Traiano nei confronti di Helvia Ricina prese una disposizione simile, vedi CIL IX, 5746 = ILS, 5675) ed ancora la proibizione di demolire le case con lo scopo di trasferirne il materiale in un’altra città (vedi anche BOATWRIGHT 1987, pp. 23-24). http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 127 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Rimane un grande limite per chi si dedica alle tematiche connesse all’evergetismo: la difficoltà di tracciare confronti in una dimensione prettamente diacronica, non tanto per arrivare a un mero computo statistico degli edifici e delle loro tipologie (cosa che pur sarebbe straordinariamente utile), ma per cercare di capire se le dinamiche, le azioni, le evergesie stesse si siano organizzate secondo un medesimo schema, o se ogni età abbia sperimentato modi di intervento differenti 108 . Tutto ciò costituisce un ostacolo non indifferente non solo per la conoscenza del fenomeno evergetico in età imperiale, l’età dell’evergetismo par excellence, ma visto il ruolo centrale dello stesso come strumento politico, economico, sociale e finanche culturale, visto il suo impatto sulla vita dei singoli come su quella delle città, costituisce, si diceva, una difficoltà anche per la comprensione delle dinamiche storiche di età imperiale. Ma onde evitare di ribadire quanto già argomentato, è forse più opportuno concludere con l’auspicio di poter approdare, procedendo ad una più sistematica analisi delle testimonianze, in un’ottica di prospettiva della ricerca, a una visione complessiva dell’evergetismo in età imperiale, tanto più necessaria, visto il suo ruolo fondamentale nella genesi e nel consolidamento dell’Impero romano. Raffaele Castagno [email protected] 108 È certamente utile il lavoro di JOUFFORY 1986. Epigraficamente indispensabile, per chi si occupi di evergetismo italiano, almeno per un repertorio delle testimonianze dell’Italia settentrionale, GOFFIN 2002. http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index 128 R. Castagno, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia, “LANX” 1 (2008), pp. 110‐138 Abbreviazioni bibliografiche ALBIO 2002 C. Albio, Il Capitolium di Ostia. Alcune considerazioni sulla tecnica edilizia ed ipotesi ricostruttiva, in “Mélanges d’archéologie et d’histoire de l’École française de Rome. Antiquité” 114 (2002), pp. 363-390. ALFÖLDY 2002 G. Alföldy, Zu Kaiserlichen Bauinschriften aus Italien, in “Epigraphica” 64 (2002), pp. 113-145. ANDERSON 1993 G. Anderson, The Second Sophistic. A cultural Phenomenon in the Roman World, London 1993. BARGAGLI - GRASSO 1997 G. Bargagli - C. Grasso, I Fasti Ostienses. Documento della storia di Ostia, Roma 1997. BARRESI 2003 P. Barresi, Province dell’Asia Minore. 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