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Sulle responsabilità dell'Ucraina

2019

Se da una parte sarebbe ingeneroso sottovalutare i progressi strutturali che il Paese ha fatto durante la sua presidenza, dall'altra è innegabile che Petro Poroshenko abbia trascinato il popolo ucraino in una dimensione surreale, alimentandone la divisione intestina. Le riflessioni contenute in questo elaborato muovono dall'analisi del tessuto sociale ucraino, tutt'altro che incline alle questioni identitarie esasperate dal presidente. Infatti, come vedremo, sarà proprio l’esasperazione di questi concetti a condannare Poroshenko ad una netta sconfitta elettorale. L’inesperienza di Zelenskij apre scenari interessanti.

SULLE RESPONSABILITÀ DELL’UCRAINA BREVE ANALISI DEL RIPOSIZIONAMENTO GEOPOLITICO DELL’UCRAINA EMANUELE D’ANGELO Abstract. Se da una parte sarebbe ingeneroso sottovalutare i progressi strutturali che il Paese ha fatto durante la sua presidenza, dall’altra è innegabile che Petro Poroshenko abbia trascinato il popolo ucraino in una dimensione surreale, alimentandone la divisione intestina. Le riflessioni contenute in questo elaborato muovono dall’analisi del tessuto sociale ucraino, tutt’altro che incline alle questioni identitarie esasperate dal presidente. Infatti, come vedremo, sarà proprio l’esasperazione di questi concetti a condannare Poroshenko ad una netta sconfitta elettorale. L’inesperienza di Zelenskij apre scenari interessanti. Aprile 2019 SULLE RESPONSABILITÀ DELL’UCRAINA Sulle responsabilità dell’Ucraina Quanto più l’Ucraina (e chi la governa) si presta a logiche euro-atlantiche non proprio corrisposte, tanto meno è auspicabile che la guerra civile nel Donbass si risolva e che la Russia contribuisca alla stabilizzazione del Paese. Già in occasione del 19° summit1 tra l’Unione europea e l’Ucraina, tenutosi a Kiev nel luglio del 2017, i vertici di Bruxelles si opposero con decisione all’inserimento nella relazione finale dell’incontro di un riconoscimento delle aspirazioni europeiste dell’Ucraina. Sicuramente Juncker non sarà ricordato per la sua lucidità, ma in quel caso, anche grazie alle spinte di Francia e Germania, scongiurò un’ulteriore fomentazione dell’illusione storica venduta al popolo ucraino da Petro Poroshenko. L’ex Chocolate President ha interamente dedicato il suo mandato al riposizionamento geopolitico dell’Ucraina, concentrando i maggiori sforzi non tanto nella costruzione del nemico esterno aggressore e invasore, come vorrebbe la narrativa occidentale, quanto sul tessuto cittadino. Poroshenko per cinque anni ha fatto credere agli ucraini di poter migliorare le loro vite secondo standard europei. Le sue promesse erano senz’altro accattivanti agli occhi di un popolo stremato dalla povertà e dalla corruzione endemica: far entrare il Paese negli accordi di Schengen, nell’Unione doganale europea e nello Spazio unico digitale. Ancor prima, farlo entrare nella NATO. Su Limes, Fulvio Scaglione sintetizza gli obiettivi di Poroshenko come ingredienti di una formula magica: “commerci e consumi europei, armi americane”.2 Mentre l’Accordo con l’Ue gli assicurava l’implementazione di un accordo di libero scambio con il più grande mercato al mondo, la guerra nel Donbass (che in ucraino perde una s) fa tutt’ora da richiamo per il grande sponsor del regime change del 2014, che addestra l’esercito ucraino e continua ad armarlo esportando fucili di precisione e sofisticati missili anticarro. Ovvio che il popolo ucraino, assuefatto dalla retorica russofoba, se la beva. I cittadini percepirono l’Accordo3 con l’Ue come l’anticamera dell’adesione, una sorta di premembership, perché così Poroshenko gli aveva demagogicamente venduto la notizia e in questi termini l’argomento fu trattato a Jevromajdan. L’illusione storica nei confronti degli ucraini nasce paradossalmente in occasione delle proteste di piazza del 2014 e affonda le sue radici nella Rivoluzione arancione di dieci anni prima. 1 Al summit, l’Ue notifica al governo ucraino il completamento del processo di ratifica dell’Accordo di Associazione tra Kiev e Bruxelles, che entra in vigore a settembre. 2 F. SCAGLIONE, L’Ucraina all’ombra della Nato, in Limes, Lo Stato del Mondo, n.4/2018, p. 179 Con il Partenariato orientale, l’Ue proponeva ai suoi vicini ad est e nel Caucaso di aprire il proprio mercato all’Europa e favorire riforme in chiave democratica al fine di stabilizzare i confini europei senza, tuttavia, la prospettiva dell’adesione. Prospettiva che, invece, è stata data per buona agli ucraini. 1 3 SULLE RESPONSABILITÀ DELL’UCRAINA D’altro canto, sempre Poroshenko aveva rassicurato la sua gente circa la risoluzione del conflitto con Donetsk e Lugansk, promettendo di porre fine alle ostilità lungo il confine orientale entro due settimane. Parole al vento, funzionali solo ad aumentare la già importante collezione di bugie presidenziali. Secondo diversi analisti, più si parla di guerra e di russi alle porte, più era probabile la sua rielezione. Da una parte, c’è chi non l’ha votato (la stragrande maggioranza) perché stanco delle sue false promesse. Dall’altra, c’è chi l’ha sostenuto per non averla persa questa guerra, per aver tenuto in piedi il Paese in questi anni di tremenda difficoltà. Sì, ma come? Con le spalle coperte dagli Stati Uniti e dalla NATO, i cui membri hanno comunque dimostrato di non essere disposti a morire per Kiev, e le casse rimpinguate dall’Ue e dal Fondo. L’Ucraina presenta un quadro economico ben lontano dagli standard europei. Si parla di un Paese che ha vissuto una regressione dal punto di vista industriale per tanti motivi, che presenta un saldo commerciale strutturalmente negativo e che rischia di vedersi bypassato o quantomeno ridimensionato nel business delle pipelines che riforniscono di gas russo l’Europa. Le riforme adoperate sotto la presidenza Poroshenko hanno ridotto il debito pubblico dal 72 al 65% del PIL, che è poco per un Paese avanzato, tanto per uno emergente come l’Ucraina.4 A quale prezzo? Sicuramente non con le esportazioni, ma grazie alla contrazione degli investimenti. Cioè, a discapito degli ucraini. L’Ucraina è il Paese più grande e più povero d’Europa. Circa un milione e trecentomila ucraini sono emigrati all’estero negli ultimi tre anni, ma quelli che restano si muovono. Forse è questa la reale novità nella rinnovata società civile ucraina che permette di riconoscere Jevromajdan come punto di rottura culturale oltre che geopolitico. Come osserva Dario Quintavalle su Limes, l’urto della guerra “ha svegliato una società civile un tempo apatica e oggi vibrante di iniziative”.5 In Ucraina si dice che negli ultimi cinque anni sia stato raggiunto di più (in termini di sviluppo) rispetto ai precedenti ventitré, ma ciò non si riflette in favore di Poroshenko che, anzi, alla vigilia delle recenti elezioni presentava l’antirating più elevato tra i candidati. Forse non tutti lo sanno, ma le elezioni ucraine offrono la possibilità di votare contro. Una sola cosa non si può contestare a Poroshenko: il tempismo. Non appena ha sentito scricchiolare la poltrona, fiutando nell’aria lo scontento della gente riguardo la crisi economica, l’inconsistente lotta alla corruzione e l’insostenibilità del conflitto tutt’altro che congelato nel Donbass, ha fatto approvare nel febbraio 2018 una legge per decretare la fine dell’operazione di contrasto al secessionismo armato, facendo passare il controllo delle operazioni militari nel teatro di guerra dai servizi segreti agli Stati maggiori riuniti delle forze armate. Una mossa che, come spiegato da Scaglione su Limes, ha ampliato i poteri di Poroshenko, d’allora in grado di proclamare la legge marziale in aree A proposito del debito, si ricordi che quando l’Ucraina ha guadagnato l’indipendenza nel 1991, così come il resto delle Rss, si è ritrovata con un rapporto debito/pil pari allo 0% perché Mamma Russia si accollò tutti i debiti delle ex consorelle della deceduta Unione. 4 5 D. QUINTAVALLE, Cinque anni dopo Majdan, l’Ucraina sta meglio. L’Europa sta peggio, Limes, 29/03/2019 2 SULLE RESPONSABILITÀ DELL’UCRAINA specifiche del Paese previo via libera del Parlamento, la Verchovna Rada.6 l’attivismo civico e l’ostruzione del lavoro giornalistico”.9 Per il presidente, lo strumento della legge marziale, approvata in tempi non troppo sospetti, altro non era che una carta da mettere sul tavolo da gioco al momento più opportuno. Il pretesto per promulgarla, infatti, ce l’aveva sotto gli occhi: la questione dello stretto di Kerch e della libera navigazione. Poroshenko sapeva di avere delle ragioni, come spiega Ugo Tramballi, perché la Russia stava strozzando i porti ucraini nel mar d’Azov, sapeva che alla provocazione dei suoi marinai, Mosca avrebbe risposto con la forza.7 Una provocazione da convertire in voti mediante l’applicazione della legge marziale, entrata in vigore il 26 novembre 2018 seppur in una forma più blanda (grazie all’opposizione in Parlamento) rispetto alla proposta iniziale. Per Poroshenko il confronto con la Russia è stato allo stesso tempo punto di forza e debolezza. Sicuramente la sua arma migliore, come si è visto anche sul piano religioso. L’autocefalia e la creazione di un patriarcato indipendente da Mosca gli offrivano la possibilità di presentarsi come unificatore nazionale. Va letto in questi termini il lavoro di recupero di consensi operato nei confronti dell’elettorato ucrainofono fedele alla Chiesa ortodossa di Kiev. Poroshenko rivestì la capitale di manifesti inneggianti alla nuova trinità identitaria ucraina: “un esercito, una lingua, una fede”. Nulla di più surreale e anacronistico se si pensa ad un Paese bilingue e multiconfessionale. In Ucraina, a pochi mesi dalle presidenziali, si temeva un’escalation del conflitto. Mantenere lo status quo non rappresentava una situazione ottimale per Poroshenko, alle prese con un forte calo dei consensi. Senz’altro, il suo obiettivo era quello di riprendersi il voto da un Paese in divisa, mobilitato dalle minacce russe. Ma Eleonora Tafuro Ambrosetti e Kateryna Pishchikova osservano come la mossa del presidente abbia subito una piega critica8 sul piano interno. Agli occhi degli ucraini, in particolare quelli che vivono nelle province sottoposte alla legge marziale, si sanciva “la chiusura dello spazio per La vittoria di Zelenskij è indicativa in tal senso: il nazionalismo applicato di Poroshenko non ha (ri)attirato a sé le simpatie degli ucraini, pressati dalle problematiche di tutti i giorni. Anzi, la forte connotazione anti-russa gli ha fatto perdere consensi tanto in Volinia quanto a Kiev, resistendo soltanto a Ternopil’ e Leopoli, cuore pulsante dello sciovinismo ucraino di matrice polacca ove si erge ad eroe nazionale null’altro che una vecchia marionetta di Hitler. Un autorevole analista politico Mikhail Minakov, alla vigilia delle definiva Zelenskij come “una scatola cui gli ucraini riversano tutte le ucraino, elezioni vuota in proprie 6 Cfr. F. SCAGLIONE, op. cit., pp. 180-181 7 Cfr. U. TRAMBALLI, Morire per il mare di Azov?, ISPI, 29/11/2018 Durante i trenta giorni in cui la legge marziale è stata in vigore, giornalisti e attivisti che criticano il lavoro di Poroshenko sono stati perseguitati con l’accusa di essere filo-russi e di minare la sovranità ucraina. 8 9 E. TAFURO AMBROSETTI, K. PISHCHIKOVA, Tensione Russia-Ucraina: cause e conseguenze dell’incidente di Kerch, ISPI, 07/12/2018 3 SULLE RESPONSABILITÀ DELL’UCRAINA frustrazioni”.10 Sono principalmente due le ragioni parallele funzionali a spiegare l’elezione del prestanome di Kolomojskij. In primis, per il suo discorso anti-élite. In secondo luogo, per essere l’unico tra i front-runners ad avere la faccia pulita o, meglio, a non essersela (ancora) sporcata. La narrativa che vorrebbe tutti gli ucraini come nazionalisti o addirittura fascisti è stata sfatata dal risultato elettorale. Come osserva Nona Mikhelidze, il fatto che gli ucraini non abbiano votato per colui che faceva della sua lingua una fede, dimostra che la gente se ne frega delle questioni identitarie.11 Stiamo parlando di un Paese in cui l’inflazione è aumentata dell’8,8% in termini annuali nel solo mese di aprile 2019. Con una situazione sul filo del default economico, 17 miliardi di dollari da rimborsare ai creditori internazionali e un Paese che man mano si svuota, invece di agire su faccende concrete, lo scorso febbraio Poroshenko ha ben pensato di emendare la Costituzione quale ultimo atto (o danno) prima di perdere la poltrona, sancendo aprioristicamente il destino dell’Ucraina, ossia “il corso irreversibile verso la sua piena integrazione negli apparati euro-atlantici” (artt. 85-116).12 Sul piano interno, l’inclusione nella Costituzione ucraina dell’impegno ad entrare ufficialmente nell’Ue e nella NATO, di cui oggi è partner, comporta conseguenze da non sottovalutare, in quanto esclude de facto qualsiasi alternativa, compresa un’auspicabile finlandizzazione. Gli stessi Brzezinski e Kissinger si sono pronunciati a favore di una prospettiva simile, sostenendo che si potrebbe placare l’imperialismo russo se solo l’Ucraina si tenesse alla larga dai sistemi occidentali, ritenendosi comunque libera di vivere la propria vita come Stato indipendente. Si ricordi che i partners europei, nell’ambito della negoziazione sul cessate-il-fuoco nel Donbass, esercitarono non poche pressioni affinché l’Ucraina assimilasse nella propria carta degli obblighi costituzionali nei confronti della Russia riguardo Donetsk e Lugansk. Forse Kolomojskij non ha tutti i torti quando sostiene che ad Europa e Stati Uniti non importa nulla dell’Ucraina, se non nelle vesti di perno geopolitico per indebolire Mosca e la sua influenza. Indubbiamente, ogni Paese è sovrano e può decidere se inserire o meno una norma del genere in Costituzione, ma bisogna dire a quel Paese che non si esiste nel vuoto. Il sostegno occidentale che l’Ue, gli Stati Uniti e la NATO stanno dando all’Ucraina ha un riflesso. Non si può far finta che la politica internazionale sia fatta esclusivamente dalla volontà nazionale o dal diritto, perché esiste la realtà geopolitica. Abbiamo dato all’Ucraina tanta speranza, i nostri governanti sovranazionali hanno illuso questo Paese. Illuso perché non c’è né la volontà di farlo aderire all’Ue in un futuro prevedibile, né tantomeno la disponibilità di sostenerlo militarmente in caso di conflitto aperto. Saranno pure conclusioni brutali, certamente sgradite ad orecchie ucraine, ma in politica internazionale, come sostiene anche il 10 E.TAFURO AMBROSETTI, K. ZAREMBO, Ukraine elections: why should the EU (and Italy) care?, ISPI, 28/03/2019 11 Cfr. S. SOTGIU, Chi è Ihor Kolomoisky. L’analisi di Nona Mikhelidze, Formiche.net, 26/04/2019 Mentre il Parlamento e il governo s’impegnano nel perseguimento di questi obiettivi fondamentali, è compito del presidente fare da “garante del corso strategico dello Stato”. 4 12 SULLE RESPONSABILITÀ DELL’UCRAINA prof. Aldo Ferrari, è sempre necessario analizzare gli eventi in chiave realista. Alla luce dei ragionamenti di cui sopra, emerge che quando si parla di Ucraina, si sta parlando di un Paese estremamente complicato. Un Paese che potrebbe trarre beneficio se riuscisse a sottrarsi dalla posizione filoeuropea ed atlantista obbligatoriamente anti-russa alla quale è stata condannata da chi l’ha presieduta. Una situazione del genere risulta dannosa soprattutto per gli ucraini, ritrovatisi dinanzi ad una scelta così netta che non sono in grado di metabolizzare. Occorre ricercare una misura per essere ucraini senza dover per forza essere anti-russi, ossia un modus vivendi che soddisfi tutte le anime del Paese. Sinora l’Ucraina non ci è riuscita, e non sarà facile per Zelenskij risolvere ciò che in 28 anni d’indipendenza non è stato risolto. Certo che, comunque, sarà impossibile fare peggio di quanto fatto negli ultimi cinque anni. 5 SULLE RESPONSABILITÀ DELL’UCRAINA Bibliografia Scaglione Fulvio, L’Ucraina all’ombra della Nato, in Limes, Lo Stato del Mondo, n.4/2018, p. 179-181 Sitografia Quintavalle Dario, Cinque anni dopo Majdan, l’Ucraina sta meglio. L’Europa sta peggio, Limes, limesonline.com, 29/03/2019 Sotgiu Simona, Chi è Ihor Kolomoisky. L’analisi di Nona Mikhelidze, formiche.net, 26/04/2019 Tafuro Ambrosetti Eleonora, Pishchikova Kateryna, Tensione Russia-Ucraina: cause e conseguenze dell’incidente di Kerch, Analysis, ISPI, ispionline.it, 07/12/2018 Tafuro Ambrosetti Eleonora, Zarembo Kateryna, Ukraine elections: why should the EU (and Italy) care?, Analysis, ISPI (in collaborazione con New Europe Center, Kyiv), ispionline.it, 28/03/2019 Tramballi Ugo, Morire per il mare di Azov?, ISPI, ispionline.it, 29/11/2018 6