Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
Francesco Angioni
Sulla mito-storia della Massoneria
La continuità storica tra corporazioni romane, medioevali e logge massoniche,
fantasia o realtà?
L’immaginario collettivo massonico si fonda su due avvincenti illustrazioni
dell’origine delle logge massoniche: la prima consiste in una sorta di millenarismo
che assegna una frattura o iato tra cultura religiosa e cultura laica, la cosiddetta
“secolarizzazione” che spiegherebbe la nascita delle logge massoniche come
polluzione della secolarizzazione della società europea insulare e continentale; la
seconda è che le stesse logge siano il prodotto conseguente alle Universitas1
(corporazioni o gilde) medievali che a loro volta sarebbero una diretta continuazione
storica dei Collegia (corporazioni di mestiere) romani.
Ci sono due livelli d’interpretazione della somiglianza tra i tre distinti fenomeni
delle corporazioni romane, quelle medioevali e le logge massoniche. Un livello
interpretativo è che tutti e tre hanno le comuni caratteristiche di religiosità e
occultismo, dunque di spiritualismo sia in senso general-generico sia esotericoiniziatico, l’altro livello interpretativo che giustificherebbe il primo è una sorta di
continuità storica tra i tre fenomeni, come se fossero intrecciati da lineari relazioni di
causa-effetto. L’attribuzione del generico termine di spiritualità o spiritualismo non
consente una disamina delle dinamiche di tale caratteristica e pertanto non può qui
essere presa in esame. Diverso è il caso dei caratteri mistico-religiosi e magicoesoterici attribuiti a corporazioni e logge. E di questo si parlerà in seguito.
A questa fascia di interpretazioni si aggiunge una tesi di più ampia dimensione
che il cosiddetto fenomeno socioculturale della “secolarizzazione”. C’è subito da dire
che tale denominazione ha suscitato e suscita ancora molte discussioni in ambito
storicistico, assegnando difformi definizioni e metodologie d’analisi. La tesi da parte
di certi Autori in ambito massonico è che l’affermarsi e svilupparsi delle logge
moderne dal XVII secolo in poi sarebbe l’effetto di un lento processo di
secolarizzazione che differenzierebbe il Medioevo inteso come un’epoca d’alta
spiritualità dal periodo post-rinascimentale caratterizzato da sempre più elevati livelli
di secolarizzazione. La complessa problematica della secolarizzazione, volendo
adottare questa nominalizzazione, esposta in questi termini semplicistici crea
perplessità, infatti si ripropone una vetusta logica storiografica per cui eventi
successivi sono legati ai precedenti con modalità lineare e causalistica. Questa
La parola universitas aveva nel Medioevo un duplice significato, quello inerente le corporazioni e in Italia
quello relativo alla città o comune, così denominate da Carlo I d’Angiò (universi cives unione dei cittadini). Nel
diritto romano si distinguevano tre tipologie di Universitates: rerum o facti, personarum, iuris. Le
corporazioni erano universites personarum, persona giuridica che accomunava persone dello
stesso mestiere. Vivace è la discussione sulla distinzione tra le parole universitas e corpora, in
particolare al senso astratto di “tutto” (universitas) in epoca romana, come in Ciceroni, Plinio il
Vecchio, Apuleio e Tertulliano. Nel III secolo è il giurista Gaio che per primo con la parola
universitas accomuna societas, Collegium e simili riferendosi a un insieme di uomini, ma come enti
pubblici distinti dai singoli privati. Si veda il trattato sulle corporazioni romane di Andreas Groten
Corpus und universitas, Römisches Körperschafts- und Gesellschaftsrecht: zwischen griechischer
Philosophie und römischer Politik, Mohr Siebeck, 2015, nel quale si rileva la difficoltà di conoscere con
precisione le attività delle corporazioni romane per la carenza documentaria.
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logica fu alla base di certe analisi d’importanti esponenti dell’Illuminismo che
riprendevano le ancora più antiche modalità d’analisi storiografica; tuttavia già allora
furono sottoposte a serrata critica da coevi studiosi che negavano la linearità
causalistica dei fenomeni storici evidenziandone un diverso procedere. Ciò che
maggiormente colpisce è che accettando la tesi delle logge massoniche come
risultato della secolarizzazione si verrebbero a incrinare i presupposti legami di
spiritualità tra le corporazioni di diverse epoche e le logge. A queste problematiche il
presente saggio cerca di dare delle risposte critiche.
Innanzitutto si deve osservare che le tesi sopra accennate si basano sull’idea
della continuità storico-culturale dei caratteri iniziatici ed esoterici dei Collegia
romani, delle Universitates medioevali e delle logge massoniche moderne. Con
questa idea si assegna un crisma esclusivo, esoterico-iniziatico, alle logge per poi
assegnare lo stesso crisma ad altri fenomeni storico-sociali precedenti, in altre parole
si tratta di un’evidente inferenza di un accadimento presente su accadimenti
precedenti e cioè si capovolgono le relazioni causa-effetto. Appare evidente
l’adesione acritica di tanti “massonologi” al paradossale cum hoc vel post hoc, ergo
propter hoc [con questo o dopo di questo, dunque a causa di questo].
Mito-storia della massoneria
In ambito massonico la mito-storia ha un particolare fascino e tra le tante
mitologie sulle origini della massoneria moderna la più celebrata è quella della sua
diretta derivazione dalle corporazioni medioevali. La tesi è lineare: si afferma che
esistendo in epoca romana le corporazioni di mestiere a queste seguirono in
continuità storica quelle medievali e da queste nel XVII e XVIII secolo le logge
massoniche. L’ipotesi segue una logica di “causazione necessaria” appunto sul
principio lineare di causa-effetto (le corporazioni romane hanno causato alla fine le
logge massoniche, nello stesso senso che le logge massoniche sono la necessaria
conseguenza delle corporazioni romane); un intendere la storia come un continuum,
uno svolgimento senza interruzioni dei processi socioculturali ove ogni evento è
effetto dei precedenti e causa dei successivi, senza rotture e ritorni, legando nel caso
in esame Collegia a Universitates e a Logge. Ovviamente nella logica deterministica
del cum hoc vel post hoc, ergo propter hoc, un fatto che è comparso assieme a
un altro o successivo deve essere necessariamente legato causalmente al
precedente; tale costrutto logico rigidamente razionalista prende in esame solo i
fattori scelti e non tutti quelli che possono contribuire a escludere il legame causale.
La massoneria moderna nei secoli XIX e XX ha modificato il carattere esoterico
in occultista privilegiando gli aspetti misterici, segreti, magici e iniziatici degli
esoterismi e assegnando ad essi un carattere esclusivamente spiritualista a
differenza degli esoterismi antichi che erano oltre la valenza spiritualista o per meglio
dire teologale anche un modo di accedere ai misteri della natura e del cosmo; una
cifra dichiarativa che natura e cosmo sono regolate da leggi metafisiche ma anche
fisiche, per cui si ebbero esoterismi empirici e spiritualisti, dove in questi secondi la
ricerca empirica era la base di una ricerca metafisica e spirituale. In questo quadro
speculativo della massoneria neomoderna si è sviluppata la tesi di assegnare alle
corporazioni romane e medievali degli intimi scopi e principi sacrali e religiosi di
carattere iniziatico ed esoterico, cosa che giustificherebbe gli aspetti pure iniziatici
ed esoterici delle logge massoniche. Dalla precedente logica della causazione di
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eventi si adotta l’antistorica logica del post hoc, ergo ante hoc, ciò che viene dopo
giustifica ciò che era prima, eliminando la linea temporale per cui paradossalmente
il presente causa il passato.
Senza entrare nel merito di una puntuale critica di questo pseudo-metodo
storiografico, la tesi della continuità tra le associazioni di mestiere romane, quelle
medioevali e le logge massoniche necessita di un maggior approfondimento delle
caratteristiche dei primi due fenomeni che giustificherebbero il terzo, facendo
attenzione alla semantica utilizzata nelle diverse epoche per i tre fenomeni. Il modo
di procedere, tipico di una certa mito-storiografia massonica, è una metodologia
antica e usata all’inizio del 1700 da James Anderson quando scrisse la parte “storica”
delle Constitutions of Free Masons del 1723, poi ampliata nell’edizione del 1738. Già
alla fine del XVIII secolo il giovane Herder, storicista e massone, dimostrò
l’infondatezza del metodo storiografico causalistico e dell’idea della storia come
progresso lineare di eventi.
La questione è che i fautori della continuità storica e operativa tra le
corporazioni romane, quelle medioevali e le logge massoniche del Seicento e
Settecento non possono dimostrarla con documenti accertati, giacché essi non
esistono, ma solo fideisticamente dichiararla.
La secolarizzazione
Sempre nella mito-storia massonica appare un terzo procedere, più corretto
metodologicamente ma che tuttora in ambito storiografico suscita controversie per
certe indeterminatezze delle definizioni utilizzate2. Qualcuno avanza la tesi che le
logge massoniche inglesi nacquero come prodotto conseguente alla
“secolarizzazione” della cultura europea, distinguendosi dalle corporazioni muratorie
che invece erano intima parte di una cultura religiosa, non secolarizzata. La
secolarizzazione, in estrema sintesi, è un processo nel quale una società o cultura
perde i suoi connotati di religiosità o confessionali con la conseguenza della
separazione delle istituzioni sociali e statali da quelle religiose influenzando i processi
culturali di popoli e nazioni. In altre parole, un lento svolgimento di eventi per cui a
una religiosità all’inizio pervadente le istituzioni civili e la cultura di una società si
sovrappongono forme di laicità che separano il mondo religioso da quello profano.
Un tale processo è oggetto di molte discussioni tra gli storici che ancora non hanno
chiarito definitivamente il concetto di “secolarizzazione”, ma anche per il fatto che si
è assegnata la definizione di secolarizzazione a un insieme di eventi di grande
complessità che gli storici da soli, senza l’apporto di altre discipline umanistiche e
sociali, difficilmente riescono a risolvere se non in singoli aspetti. Il termine
secolarizzazione dunque sembra più il titolo di un modello interpretativo di particolari
fenomeni piuttosto che una teoria capace di spiegare lo svolgersi di un processo
storico-culturale durato più di mille anni per l’intero mondo occidentale3.
G. Marramao in Cielo e terra. Genealogia della secolarizzazione, Laterza, 1994, ricostruisce in modo
esaustivo la nozione di secolarizzazione e le dispute attorno a tale nozione.
3 Queste ipotesi parastoriche non tengono conto del fatto che le associazioni di mestiere non furono
un’esclusiva del mondo occidentale, esistendo forme simili anche in paesi mediorientali, si veda come
indicazioni non esaustive: Randi Deguilhem e Suraiya Faroqhi Crafts and Craftsmen of the Middle East:
Fashioning the Individual in the Muslim Mediterranean, I.B.Tauris, 2005. Le corporazioni di mestiere in certi
paesi sono ancora presenti per antica tradizione, si veda Thomas Weyrauch Craftsmen and Their Associations
in Asia, Africa and Europe, VVB Laufersweiler, 2001.
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A ben vedere il termine “secolarizzazione” può essere fuorviante o almeno è
da usare quando circoscritto alla condizione in cui la nazione e lo Stato passano dalla
condizione “confessionale” a quella “aconfessionale”. La questione è più complessa,
nel senso che i processi strutturali della società non abbandonano la “religiosità” ma
è la “sacralità” che si ritira dal suo onnicomprensivo valore, valore che dava
significato a ogni forma di organizzazione sociale. Invece che di secolarizzazione si
dovrebbe parlare di crisi del sistema di religiosità totalizzante, quello che Hans
Blumenberg definisce «assolutismo teologico»4, sistema che socialmente permeò i
secoli dal Medioevo alla Riforma e che si concluse formalmente con la Rivoluzione
Francese, per cui si potrebbe dire che il XVIII e specialmente il XIX secolo furono
piuttosto i secoli della “grande secolarizzazione”. In conclusione si ripresenta la
logica del post hoc, ergo ante hoc per cui una secolarizzazione iniziata in un certo
secolo viene accreditata ai secoli precedenti.
Secolarizzazione e laicizzazione
I processi di secolarizzazione infatti non significano l’abdicazione delle forme
istituzionali religiose (chiese, culti, precetti e dogmi, fedi), queste rimangono ben
presenti combattendo con ogni mezzo ogni manifestazione socioculturale contraria.
Sull’altra parte della barricata ci sono i processi produttivi che è difficile ricondurre a
schemi di secolarizzazione, essendo tali per loro natura. La logica della massoneria
moderna come conseguenza (sic) della secolarizzazione parte dal preconcetto che i
processi produttivi medioevali in era di assolutismo teologico fossero intrisi di
spiritualismo senza considerare che se un’istituzione religiosa può secolarizzarsi è
difficile il processo inverso, che un’istituzione secolare si “spiritualizzi” perdendo i
suoi connotati secolari5. Questa considerazione sulla spiritualizzazione delle
corporazioni sia romane che medievali avanzata da una certa pubblicistica
massonica probabilmente deriva da una superficiale lettura di specifici aspetti
culturali del Medioevo, quando l’unico ceto acculturato, i clerici con in testa Tommaso
d’Aquino, riprendevano il “disprezzo per la concretezza” di cifra platonica 6 legando
economia e moralità7. A rigore, il carattere di religiosità e di fratellanza di mestiere
più marcato di quello economico8 apparteneva piuttosto alle corporazioni greche
4 Si veda Blumenberg, Hans, La legittimità dell'età moderna, Marietti, Genova, 1992, seconda parte:
“Assolutismo teologico e autoaffermazione umana”.
5 Sono esistiti dei rari casi nel Nord Europa di gilde commerciali che per varie ragioni persero il loro carattere
economico mutandosi in confraternite dedite ad attività solidaristiche, ma furono casi singoli che non
giustificano una generalizzazione.
6 Per un’analisi del pensiero di Tommaso d’Aquino sulle problematiche economiche si veda S. Sangalli Il
lessico settoriale delle realtà e dei fatti economici nell'opera omnia di s. Tommaso d'Aquino: esame filosofico
del suo insieme, Gregorian Biblical BookShop, 2005.
7 Tale “disprezzo” derivava dalla valutazione, posteriore all’epoca omerica e di Temistocle, che si dava agli
artigiani (technites o demiurgoi) considerati un ceto inferiore appellandoli con termini abbastanza vili come
bausoi, edraioi, kathemenoi per l’attività sedentaria e penosa o per la condizione di dipendenza mercenaria
con il termine dispregiativo di chrematistai. Questo atteggiamento culturale fu teorizzato da Aristotele [Pol. III,
3, 4 e VI, 4, 5] negando agli artigiani il rango di cittadini, come Sparta che negava ai cittadini ogni attività
manuale riservandola agli schiavi, a differenza dell’Atene di Pericle dove gli artigiani ricchi potevano assurgere
a importanti cariche pubbliche. Nell’Egitto tolemaico le attività artigianali erano sotto stretto controllo statale.
In epoca romana gli artigiani chiamati dalle diverse fonti mercenarii, opifices, operarii, artificies si riunivano nei
citati Collegia controllati dallo stato, specialmente sotto Diocleziano. Maggiore potere ed autonomia dallo Stato
si ebbero sotto Giustiniano.
8 Cfr. Luciana Aigner Foresti Antichità classica, Jaca Book, 1993, pp. 196-197.
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d’era classica9.
In posizione più mediata Max Weber colloca i processi di secolarizzazione del
mondo occidentale dentro un’ineluttabile totalizzante «razionalizzazione», un
«destino dell’Occidente» predestinato e di antiche radici, in un ampio percorso
storico-religioso di «disincantamento del mondo» che respinge «tutti i metodi magicosacrali di ricerca della salvezza»10. La “razionalizzazione” werberiana potrebbe
corrispondere al processo di organizzazione logico-razionale della società
istituzionale e i “metodi magico-sacrali” alla sacralità totalizzante delle società
primitive, mentre il “disincantamento” è appunto l’abbandono del senso del sacro
verso il senso religioso istituzionalizzato o, volendo, la perdita dell’incanto aristotelico
davanti al cosmo con la ricerca delle leggi che lo regolamentano. Più concretamente
il ragionamento di Weber è da intendere in un processo di laicizzazione piuttosto che
di secolarizzazione. Ha dunque un certo rilievo la distinzione tra “secolarizzazione” e
“laicizzazione”; il primo termine come già detto è relativo a quei processi
socioculturali nei quali la perdita del senso del sacro non implica necessariamente
l’eliminazione delle forme religiose che rimangono collegate a quelle più
specificatamente sociali sincreticamente assegnando al superiore potere civile una
volontà divina, mentre il secondo termine definisce il distacco del senso del sacro e
delle forme religiose da quelle istituzionali della società, quando cioè le istituzioni
sociali rimuovono dai propri caratteri costituenti qualunque riferimento o aspetto
religioso o magico-sacrale. Più precisamente, la società laicizza le istituzioni e,
mutando significato alla parola sacro, assegna alle istituzioni un valore sacrale privo
di ogni senso e significato metafisico, una sacralità di solo significato civile.
In riferimento all’associazionismo di mestiere se proprio si vuole parlare di
secolarizzazione ciò ha un qualche senso per le gilde di commercianti e prima per le
realtà associative nelle società nordiche con antiche usanze anche precristiane,
associazionismi di fratellanza che avevano caratteri più marcatamente spiritualisti e
religiosi. Riguardo alle corporazioni di mestiere invece le formulazioni ritualistiche,
comuni a ogni manifestazione pubblica sia in epoca romana che medievale, non
assumevano un carattere tale da individuarle come associazioni religiose o
parareligiose e quindi è difficile parlare di secolarizzazione essendo le corporazioni
dal loro sorgere di sostanziale natura secolare e senza funzioni spiritualiste.
Concretamente, le corporazioni di mestiere fin dai tempi dei greci e latini non
avevano abbandonato il senso religioso ma avevano perso il senso sacrale del
proprio operare; la sacralità si era ridotta a forme cerimoniali, non era quindi il sacro
che le definiva come opera di valore sovra-umano. Questa perdita avvenne molto
prima nella storia umana, si perse dal momento in cui i processi di socializzazione e
di organizzazione sociale (il senso dell’appartenenza a una comunità e alle sue forme
organizzative) si fecero più complessi, si “civilizzarono” dalle comunità tribali a quelle
regionali e nazionali. Nelle comunità tribali o di clan, quelle non ancora organizzate
in strutture istituzionali geopolitiche più allargate, il sociale s’identificava con il
religioso nello schema del “religioso-sociale” e l’aspettativa umana configurava in
Esiste una documentazione posteriore al I secolo a.C. sull’esistenza di corporazioni greche di attori a Napoli,
Siracusa e Reggio. Cfr. Nicola Savarese Teatri romani: Gli spettacoli nell’antica Roma, Cue Press, 2015, p.
71.
10 Si veda Weber L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni 1982 e Economia e società, Comunità,
1980.
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senso sacrale ogni attività, nel senso che i fenomeni religiosi o di fede assieme agli
aspetti sociali, individuali e di gruppo, si fondevano in un “assoluto sacrale” e
conseguentemente ogni fenomeno sociale era caratterizzato da cerimonialità e
ritualità che gli davano significato sacrale; l’assoluto sacrale in quelle ere
s’identificava con un “assoluto spirituale”. Quanto più le comunità assestandosi in
forme stanziali si ampliavano e si organizzavano istituzionalmente tanto più la
religione si ordinava in strutture e il sistema sociale si desacralizzava; si passava al
“sociale-religioso” dove le aspettative elidendo il sacro si trasferivano sul piano del
sociale mentre il religioso si conservava sotto le forme della pratica istituzionalizzata,
creando le gerarchie religiose e i diversi culti. Dunque, schematicamente il processo
graduale di “desacralizzazione” si sviluppò in una condizione in cui sociale e religioso
assieme costituivano un “assoluto teologico” ove l’intera società e le sue istituzioni
erano pervase da questa religiosità assoluta per cui il teologale dettava anche le
regole sociali e condizionava quelle istituzionali che sviluppavano delle proprie
ritualità e cerimonialità ormai prive di sacralità anche se con formale religiosità; ciò
però non può essere definito come “assoluto spirituale”, in quanto le strutture sociali
di tipo commerciale, militare e per certi versi di potere non si connotano per il loro
valore spirituale e non producono di per sé un senso di spiritualità.
Si giunse infine all’inizio del XIX secolo alla fase della separazione tra il sociale
istituzionalizzato e la religiosità istituzionalizzata, il cosiddetto ”assoluto laico” nel
quale il civile e il religioso si separano con possibili reciproci antagonismi. Il senso
religioso nei termini di “assoluto teologico” pervase la storia europea dal Medioevo
fino alla fine del XVIII secolo quando si avviò la rottura del patto tra Stato e Chiesa e
si sperimentarono le prime forme di Stato aconfessionale, laico. Causa e
conseguenza a livello culturale fu la messa in discussione della morale come solo e
universale sistema di comportamento religioso; un processo che si evidenziò nella
seconda metà del XVII secolo e in quello successivo nei paesi europei con un
dilagante fermento innovativo sul rapporto tra persona, Stato e religione, un processo
che Hegel formalizzò con la distinzione tra morale ed etica.
Tornando alla tesi delle logge massoniche come prodotto della
secolarizzazione del mondo occidentale l’affermazione è troppo generica per avere
un valore esplicativo, inoltre si danno per scontate troppe cose che invece
dovrebbero essere singolarmente e criticamente valutate. Accettando acriticamente
questa tesi la conseguenza dell’affermazione sarebbe che le logge di fine XVII e
inizio XVIII secolo fossero forme di secolarizzazione di un precedente fenomeno,
quello delle corporazioni medioevali che a loro volta sarebbero state espressioni di
una realtà socioeconomica caratterizzata dal religioso-spiritualista, non secolarizzata
né laicizzata. Per logica conseguenza alle nascenti logge massoniche quindi
mancherebbe il senso spirituale che avrebbe caratterizzato le corporazioni romane
e medievali. In altri termini, secondo questa tesi il collegamento con il mondo del
sacro e con il senso di spiritualità verrebbe a mancare e la massoneria sarebbe un
riflesso della desacralizzazione e secolarizzazione della società, come a dire che le
logge sono a pieno titolo espressione della cultura dominante desacralizzata e dei
cambiamenti secolarizzati che si svolgono nella società.
Dal punto di vista formale questa idea ha una qualche sua suggestione e
attendibilità. C’è da considerare che le logge seicentesche seppure secretate e ben
separate dalla società civile erano comunque costituite da uomini ben inseriti nella
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realtà socioculturale dell’epoca e che di questo processo di secolarizzazione non
erano immuni. La questione però non viene posta dai cultori dell’idea della
secolarizzazione massonica in questi termini, essi ne fanno un processo durato
diversi secoli, processo che però gli storici ancora non hanno risolto per le
problematiche sopra accennate e la loro idea è che ci sia un processo causalisticolineare nella storia delle società occidentali. L’idea probabilmente viene da una
acritica assunzione della filosofia illuministica e anche di tradizione precedente
specialmente della chiesa cristiana che poneva effettivamente la storia umana come
processo progressivo lineare-causalistico, una visione storicistica che Herder e molti
altri contestarono.
Un’analisi più attenta e meno pregiudiziale mostra che gli uomini che
costituirono le prime logge alla fine del 17° e inizio 18° secolo erano uomini che
perseguivano piuttosto gli ideali di una cultura “laicizzata” che si stava sviluppando
nel loro tempo e che vollero costituire una nuova realtà più moderna con regole
assolutamente innovative i cui richiami a dei fenomeni culturali e a una realtà sociale
di altri tempi (corporazioni medioevali) avevano solo valore ideale e allegorico.
Vediamo allora che cosa erano nella realtà storica le tre istituzioni preposte alla
costruzione di edifici civili e religiosi.
Collegia romani
In una certa pubblicistica massonica si addebitano alle prime forme romane di
cooperazione del lavoro manifestazioni di esoterismo e di ritualismo iniziatico che
proseguirebbero nella storia nelle corporazioni e gilde medioevali, pure queste
permeate di esoterismo e con pratiche iniziatiche, fino alla massoneria moderna,
decretando una sorta di continuità spiritualistico-misterologica. Come detto le
associazioni di mestiere romane non erano chiamate corporazioni ma Collegia o
anche corpora opificum quando ricevevano un riconoscimento giuridico11. Ogni
organizzazione comunitaria era un Collegium e infatti pure quelle religiose dei
pontefici, degli àuguri, dei feziali, dei luperci, degli arvali, dei salî, delle vestali erano
Collegia12. Questi Collegia religiosi avevano stretti legami con la vita civile e politica,
Corpora deriva dalla denominazione giuridica di corpus habere, nel senso di associazione giuridicamente e
legalmente riconosciuta dallo Stato. Per cui le persone si definivano corporati, legati da un contratto e relative
obbligazioni, da cui la parola corporazione. Le attività lavorative fuori dalle corporazioni erano giuridicamente
definite illicita e pertanto certe associazioni non legitima erano talora soppresse.
12 I pontifices, cinque in origine, erano i conoscitori delle cose sacre con l’autorità di consigliare in materia di
religione. In seguito la stretta relazione tra cose religiose e civili diede al Pontifex un potere quasi assoluto in
materia giurisprudenziale, potere superiore agli altri Collegia sacerdotali. Di questo Collegium facevano parte
solo i patrizi, ma dopo il 300 a.C. anche i plebei poterono diventare pontifex, per cui il numero passò a nove
membri. Per lungo tempo i membri erano cooptati, solo nel 104 a.C. la legge Domizia decretò la nomina per
elezione pubblica. Tito Livio nel suo Ab Urbe condita libri, X, 6 cita gli àuguri (augures) come sacerdoti
provenienti dalle antiche tribù dei Ramnes, Titienses, Luceres, i soli proponibili alla funzione religiosa di
interpretare la volontà degli dei. Sempre Livio nel libro primo annota che i feziali (fetiales) avevano la funzione
religioso-diplomatica di dichiarare guerra a un altro popolo per bocca e atti del capo, il pater patratus Populi
Romani, l’unico a poter stipulare trattati per conto del popolo romano con un apposito cerimoniale e simbologie
di valenza sacrale più che religiosa. Essi erano l'immagine dell'Urbe dentro e fuori di essa. Gli arvali (arvales)
costituivano un antico collegio sacerdotale i cui membri erano scelti tra le famiglie patrizie. Con l'inizio
dell'Impero Augusto ne fece parte d'autorità riorganizzando il Collegium. Fu dissolto nel IV secolo con l'avvento
del cristianesimo. Altro collegio sacerdotale era quello del salî, (salii) distinta tra salii palatini e salii quirinales,
tutti scelti tra le famiglie patrizie. La loro funzione era quella di officiare il passaggio da tempo militare a tempo
civile. Cerimonie che terminavano con opulenti banchetti citate da Cicerone e Orazio Flacco. Le vestali
(vestales) erano originariamente quattro e poi sei, sorteggiate tra le bambine sempre di famiglia patrizia. La
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prefigurando le prime forme del citato assoluto teologico. Tuttavia è da osservare
che la scelta dei membri era fatta con modalità non iniziatiche ma di cerimonialità
religiosa e civile assieme. Di ben altro aspetto erano le religioni misterico-iniziatiche
che si coltivavano fuori dalle cerimonialità religioso-civili come quelli eleusini,
dionisiaci, orfici, sabazi e cabirici e in epoca più avanzata quelli mitraici e attisici e
altri di derivazione egizia e persiana13. Queste religioni proprio per il loro carattere
iniziatico non potevano essere professate in condizioni sociali ed economiche,
politiche e culturali aperte ai profani14 e dunque neppure nelle corporazioni. Ciò non
toglie che forme di tradizione religiosa antica fossero presenti nelle classi sociali
meno acculturate, ma esse erano accolte più come forme di vita associativa che
riservata e che l’espandersi delle conquiste romane portassero culti esotici che
suscitavano emozioni e curiosità specialmente nella fase di decadenza dell’impero,
stabilendo un netto confine tra la pietà popolare e le classi più acculturate15, culti che
nel popolo assumevano spesso forme orgiastico-entusiaste come nei culti dai forti
inquinamenti orientali di Dioniso e di Cibele, che però in ristretti circoli avevano rituali
iniziatico-misterici16. Ugualmente è da rilevare che i culti religiosi, anche misterici,
presso il popolo erano semplificati e resi accessibili a differenza delle forme più
iniziatiche, riservate a pochi17.
Le informazioni sui Collegia e Corpora (collegi e associazioni di mestiere)
romani sono rare in epoca repubblicana e più numerose in quella imperiale; costituite
per lo più da iscrizioni (se ne conoscono complessivamente 196) e da alcuni
riferimenti di Livio, Tacito18, Cicerone, Plinio e altri minori e successivamente in
epoca tardo-imperiale dai molti giuristi che trattavano di problematiche conflittuali tra
Stato e Collegia o della definizione delle loro regolamentazioni interne. Queste
notizie trattano quasi sempre dei rapporti tra i Collegia e lo Stato, specialmente il
fabrorum che era il più rappresentativo raccogliendo molte diverse attività
manifatturiere, e illustrano anche la loro organizzazione amministrativa e i compiti
cerimonia d'investitura era officiata dal Pontifex Maximus. Esse, liberate dalla patria potestà, avevano speciali
privilegi civili e religiosi. Erano vincolate alla verginità. Il Collegium delle vestali fu abolito dal cristiano Teodosio
I nel 391.
13 Le principali religioni misteriche romane a carattere iniziatico erano la religione eleusina derivante dai culti
di Demetra e Persefone, quelli orfici con i culti di Dioniso ed Orfeo, quello frigio di Attis e quello importato dai
Cabiri della Samotracia. Sono da citare anche i culti della Grande Madre Cibele, quelli del persiano Mitra e di
derivazione egizia di Serapide, Iside e Osiride. Per un quadro generale delle religioni presenti nella Roma
antica si veda Jacqueline Champeaux La religione dei romani, Mulino 2002.
Mulino, 2002
14 Cfr. Jean Bayet La religione romana: storia, politica e psicologica, Ed. scient. Einaudi, 1959, p. 203.
15 Cfr. Arnaldo Momigliano (a cura di) Quinto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico,
Volume 5, Parte 1, Ed. di Storia e Letteratura, 1975, p. 19. L’Autore mette in discussione, stante la assoluta
scarsità di documenti, che gli stessi culti di Iside, Cibele o Serapide fossero culti esoterici e se esistessero dei
loro caratteri iniziatici.
16 Cfr. Giulia Sfameni Gasparro Interpretazioni gnostiche e misteriosofiche del mito di Attis, in Studies in
Gnosticism and Hellenistic Religions: Presented to Gilles Quispel on the Occasion of His 65th Birthday,
Education and Society in the Middle Ages and Renaissance Volume 91 di Études préliminaires aux religions
orientales dans l'Empire romain, a cura di Raymond van den Broeck, Maarten Jozef Vermaseren, Brill Archive,
1981, pp. 376-377. L’Autrice espone un’interessante analisi dell’influenza delle sovrainterpretazioni dei testi
antichi per opera di commentatori e studiosi successivi e di altre religioni, specialmente cristiani, e anche sulla
difficoltà, alla luce dell’attuale storiografia ed ermeneutica (ibidem p. 378) di stabilire quanto i caratteri esoterici
e iniziatici fossero prevalenti rispetto ad altri e di come sia difficile oggi stabilire una precisa definizione dei
termini “misterico” e “mistico” se non in modalità formale (ibidem n. 3. p. 377).
17 Si veda Antonio Virgili Culti misterici ed orientali a Pompei, Gangemi, 2008, Introduzione.
18 Livio e Tacito definiscono il Collegium come aggregazione di persone unite da un simile scopo.
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pubblici che dovevano svolgere, le obbligazioni statali e i privilegi in materia di
imposte riservate ai soli costruttori (sed artificium dumtaxat). Ciò che le
caratterizzava in rapporto alla società e alle autorità civile era il loro carattere di
necessaria opera publicis utilitatibus, in mancanza di ciò non erano riconosciute e
non potevano operare19. I Collegia erano comunque di tre tipi diversi: professionali,
religiosi e governativo-amministrativi e la loro appartenenza non era saltuaria ma
implicava una continuità.
A detta di Plutarco20 ci fu il riconoscimento ufficiale dei Collegia opificum fin
dall’età regale per le professioni di falegnami, stavigliai, cuoiai, calzolai, tintori,
calderai, orefici e suonatori di flauto. Secondo il giureconsulto Gaio i Collegia erano
già presenti presso i greci che li chiamavano ἑταιϱείαν (etaireìan) intese come
associazioni politiche e anche di mestiere, caratterizzate dalla solidarietà tra i propri
membri. I Collegia structorum (associazioni dei costruttori) accorpavano molteplici
professionalità, come gli arcuarii, specializzati nella costruzione delle volte che
implicavano complesse strutture lignee di supporto alla costruzione. La stessa
lavorazione della pietra necessitava di diverse professionalità per cui esistevano i
Collegia dei lapidarii, marmorarii, quadratarii. Non dissimile il caso per la lavorazione
del ferro che contemplava i ferrarii, clavarii, tignarii, legnarii, centonarii, rectores
materiarum21. I Collegia in epoca repubblicana e imperiale non erano associazioni
volontariamente costituite ma costituite per legge senatoriale o imperiale e a cui era
obbligatorio associarsi, se si voleva operare si doveva esserne membri. A tali
associazioni di mestiere si concedevano, in cambio di corvée per pubblica utilità,
degli speciali privilegi come l’esenzione da certi obblighi pubblici, dal servizio militare
e da imposte straordinarie. La regolamentazione dei rapporti tra stato e Collegia era
ben precisata nell’impero bizantino e nelle regioni italiche sotto la sua dominazione
Scrive il giureconsulto Gaio del III secolo: «Non è consentito a tutti senza distinzione costituire una società
(societas) [commerciale], un collegio (Collegium) (professionale) o una siffatta struttura corporativa (corpus):
questa materia è infatti rigorosamente disciplinata (coercetur) sia da leggi, sia da senatoconsulti, sia da
costituzioni imperiali. Soltanto per pochi scopi [di pubblica utilità] sono state consentite strutture corporative
(corpora) di tal genere: così è stato, appunto, consentito ai soci che riscuotono le entrate pubbliche o sfruttano
le miniere d’oro e di argento, o le saline, di costituirsi in strutture corporative (corpus habere). Parimenti
sussistono a Roma determinati collegi (Collegia), la cui struttura corporativa è stata confermata da
senatoconsulti e costituzioni imperiali come quella dei mugnai e certi altri (simili) e dei trasportatori marittimi,
che si trovano anche nelle province. 1. È poi proprio di coloro ai quali è stato concesso (permissium) di
costituirsi (corpus habere) in corporazioni (collegii societatis), in quanto componenti di un collegio
professionale, di una società commerciale o di altra organizzazione dello stesso tipo di avere, sull’esempio
della comunità politica (rei publicae), beni comuni, una cassa comune, e un rappresentante (actorem) o
sindaco (syndicum), per mezzo del quale, come nella comunità politica (re publica), possa essere attuato e
fatto tutto ciò che è necessario attuare e fare in comune (comuniter)». Cit. in Francesco Milazzo Affari, finanza
e diritto nei primi due secoli dell'impero - Atti del Convegno internazionale di diritto romano (Copanello, 5-8
giugno 2004), Giuffrè, 2012, p. 195. Anche Gaio nei suoi trattati non fa menzione di pratiche iniziatiche o
esoteriche nei Collegia e corpora romani.
20 In Numas, c. 17. Anche Gaio non fa menzione di pratiche iniziatiche o esoteriche nei Collegia e corpora
romani.
19
*L’immagine è gentilmente concessa da http://www.maquettes-historiques.net
Una lista completa delle corporazioni romane è data da Waltzing J.P. nel suo monumentale Étude historique
sur le corporations professionelles chez le Romains I-IV, Lovain, 1895-1900. L’Autore enumera
quarantacinque diverse corporazioni tra greche e latine; studi epigrafici più recenti ne hanno individuate altre,
al proposito si vede di Marcella Chelotti Epigrafia e territorio, politica e società: temi di antichità romane,
Edipuglia, 1994. Sulle corporazioni romane è anche rilevante il testo di Cameron Hawkins Roman Artisans
and the Urban Economy, Cambridge University Press, 2016.
21
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
fino al IX secolo22.
Alcuni Autori latini riportano che il Collegium fabrorum aveva come ente protettore
Giano e che gli si facevano sacrifici. Ciò non stupisce, la pratica di riferirsi a qualche
divinità o nume era molto diffusa nelle attività sociali ed economiche in ogni epoca
della cultura romana e successiva23. Si distingueva tra gli altri il Collegium fabri tignari
(corporazione dei costruttori e carpentieri) poiché istoriava orgogliosamente il proprio
altare sacrificale con gli strumenti della sua arte24 ma solo come logo o marchi della
propria attività, essi erano “segni” (in senso linguistico) o emblemi e non simboli; una
sorta di marchio di fabbrica in senso moderno.
I Collegia di imprenditori non erano organizzazioni a scopo religioso o sacrale
ma professionale, autorizzate e controllate dalle autorità civili. Di Plinio si conosce
uno scritto sul dibattito senatoriale de instituendo collegium frabrorum25 a
dimostrazione del fatto che l’istituzione di un Collegium non avveniva
spontaneamente ma che veniva concessa a un gruppo di imprenditori che volevano
instaurare un rapporto economico-finanziario e fiscale con lo Stato (res publica)26.
Dice Carrié: «à l’époque tardive tout les membres d’une profession faisaient
ipso facto partie du collège correspondant»27 [in epoca tarda tutti i membri di una
professione facevano parte ipso facto del rispettivo collegio]. Questo ipso facto, nel
senso di automatismo, documenterebbe che anche nel tardo Impero i Collegia non
avevano una logica costitutiva iniziatica, ma vi entrava per diritto/dovere della legge
e chi ne era membro era chiamato co-ptarius, accettato dai membri del Collegium
con la formula del recipere in Collegium. Esistevano tuttavia dei Collegia non
riconosciuti e con valore religioso-solidale come i Collegia funeraticia, che si
occupavano dei funerali che avevano un alto valore sacrale. Da questi probabilmente
derivarono certe forme associative medievali solidaristiche e religiose, le cosiddette
“confraternite”.
Riguardo ai Collegia professionali in età repubblicana e imperiale le
informazioni, desumibili solo da Livio e Cicerone, non parlano di pratiche esoteriche,
misteriche o altro, né che l’ammissione e l’organizzazione dei pontifices fosse di tipo
iniziatico; i due Autori citano solo alcune regole amministrative per la loro elezione,
la composizione del direttivo e poco più28, Plinio asserisce che il Collegium dei
Si ricorda che a Bisanzio Leone VI il Saggio (866-912) con il “Libro del Prefetto” regolamentò l’attività e
l’organizzazione interna delle associazioni di mestiere chiamate πολιτιϰά σωματεῖα (politicà somateìa) o
συστήματα (sustémata) di modo che le attività artigianali erano riunite in associazioni e l’ammissione di nuovi
artigiani era sotto controllo e accettazione di funzionari pubblici.
23 Ad esempio, oggi protettori sono per gli albergatori San Giovanni Battista, i camerieri Santa Zita, i Vigili del
Fuoco, gli artificieri e altri hanno Santa Barbara, gli artigiani San Giuseppe, gli autisti San Cristoforo, gli
elettricisti Santa Lucia, e via dicendo.
24 Jinyu Liu, Collegia Centonariorum: The Guilds of Textile Dealers in the Roman West, Brill, Leiden-Boston,
2009, p.
25 Plinio, Pan. 54,.4, Ep. 10.34.
26 Tra il I secolo, nell’età di Plinio, e il II secolo vivacissima fu l’attività edile essendosi la popolazione di Roma
incrementata da 1 milione di abitanti a 1 milione e mezzo che vivevano in circa 48.000 edifici. Si veda
Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Ed. 1949 Vol. XXIX e
anche AA.VV. Roma antica, a cura di Andrea Giardina, Mondadori Milano, 2002. Numerosissime dovevano
essere le imprese coinvolte in questo sviluppo urbanistico, senza pensare alle opere d’urbanizzazione che
venivano avviate nell’enorme impero dell’epoca in Europa, Africa e Asia.
27 J.-M. Carrié, R. Lizzi Testa (éd.), Humana sapit. Études d’Antiquité tardive offertes à Lellia Cracco Ruggini
(BAT, 3), Turnhout, 2002: « Les associations professionnelles à l’époque tardive, entre munus et convivialité »,
p. 309-332.
28 Si veda Mario Trommino, Il collegio dei pontefici nell’architettura costituzionale Romana - Dalla nascita ai
22
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
Pontefici avesse solo funzioni religiose e non di amministrazione pubblica 29, e che
tali funzioni erano di gelosa conservazione della religiosità tradizionale30, ma altro
non si sa. Insomma, le corporazioni d’epoca romana erano costituite da imprenditori
per patteggiare i propri interessi davanti alle autorità e utilizzavano sofisticate
tecniche professionali che non avevano nulla di esoterico e anzi erano conosciute e
applicate in tutto l’Impero31. Per una serie di ovvie ragioni non c’era motivo di tenere
segrete le conoscenze e le tecniche costruttive possedute dai Collegia structorum,
cosa invece necessaria nel Medioevo quando quelle conoscenze e tecniche si erano
perse collettivamente e venivano rielaborate solo da chi ne aveva le capacità
intellettuali e culturali e le metteva a disposizione di organizzazioni disposte a pagare
tali conoscenze. In quest’ultima epoca l’economia era priva di controllo statale e la
competizione tra corporazioni era assai vivace e conveniva conservare il “segreto
industriale” per ottenere le commesse. È noto che era costume e norma perentoria
delle corporazioni che alla fine dei lavori ogni documento fosse distrutto,
probabilmente per evitare che altre corporazioni concorrenti potessero copiare le
metodiche costruttive e infatti questo monopolio tecnico-progettuale32 era difeso con
patti interni di segretezza. Incidentalmente è curioso notare che la pratica di
distruggere i documenti fu ripresa dalle prime logge massoniche che eliminavano alla
fine dei lavori ogni traccia di ciò che apparteneva ai rituali evitando accuratamente
rapporti con i componenti dell’ordo sacerdotum, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Dipartimento di Giurisprudenza ed Economia, Dottorato di ricerca in Storia del pensiero e delle istituzioni
giuridiche romane, 2013-2014.
29 Cfr. La storia romana di Tito Livio, Vol. 2, trad. di C. Luigi Mabil, Tip. di Giuseppe Antonelli, Venezia, 1842,
p. 1275 (vers. lat.) e 1276 (vers. it.). Nel testo di Livio il Senato chiede al Collegium dei Pontefici un parere
sulle spese da affrontare per certi giochi. Il Collegium risponde che non è una questione religiosa e rimanda
al Senato. È probabile che il Senato volesse un parere sulla moralità di spendere eccessivamente per dei
giochi, ma i Pontefici non si fanno coinvolgere e distinguono nettamente tra questioni amministrative e
religiose.
30 Sempre Livio cita un caso nel quale una festività pubblica fu fatta ripetere per parere ponticale perché il
rituale fu svolto in modo errato avendo omesso un richiamo al senato e al popolo romano.
31 Un esempio è un’iscrizione della presenza del “Collegium fabror(um)” ai margini dell’Impero che è stata
trovata in Britannia, Chirchester (Novomagnus) databile nel periodo 43-410 e nella quale si legge che il
Collegium dedica un tempio a Nettuno e Minerva.
[N]eptuno et Minervae
templum
[pr]o salute do[mus] divinae
[ex] auctoritat[e Ti(beri)] Claud(i)
[To]gidubni r[eg(is) m]agni Brit(anniae)
[colle]gium fabror(um) et qui in eo
[sun]ṭ d(e) s(uo) d(ederunt) donante aream
[… Pud]ente Pudentini fil(io) »; si veda on line: https://romaninscriptionsofbritain.org/inscriptions/91
Un’altra epigrafe funeraria rintracciata a Corbridge cita un “vessillario di Palmira” che gli esperti ritengono
portatore di vessillo di una corporazione, non esistendo nella terminologia militare e politica romana un tale
titolo. Altra epigrafe britannica interessante è quella di un membro del Collegium peregrinorum (persone libere
ma senza cittadinanza romana che in epoca claudia erano l’91 % della popolazione di 70 milioni di sudditi); si
veda ibidem …/69 Il termine di peregrinus fu utilizzato dal 30 a.C. al 212 d.C. Il lemma Collegium è quindi da
intendersi qui come aggregazione di persone. Numerose sono le epigrafi britanniche di persone che si
dichiarano adoratori di differenti divinità, sia appartenenti a gruppi sociali che professionali. In ogni caso è
evidente che le corporazioni professionali erano presenti nell’Impero e non solo sul suolo italico a
dimostrazione del loro carattere laico e secolare. Infatti nessuna epigrafe fa riferimento a culti misterici.
32 Sul monopolio tecnico-produttivo e sul protezionismo economico delle corporazioni, sulle sue ragioni e
ricadute socioeconomiche e sulle condizioni di segretezza delle conoscenze si veda Douglass C. North
Structure and Change in Economic History, ed. sc. 1981, p. 134 e anche Henry Pirenne Economic and Social
History of Medieval Europe, Harcourt, Brace, 1937.
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
che trapelassero fuori dalla loggia massonica informazioni su ciò che in essa si
svolgeva. Ma questo certamente non giustifica una continuità storica tra il passato e
quel presente.
Di là dai Collegia religiosi o politici, i Collegia e i Corpi a carattere economicoproduttivo in questa loro funzione pubblica, laica ed economica non si differivano
dalle gilde e corporazioni medioevali, nel senso che nel Medioevo si proseguì la
tradizione organizzativa e professionale romana per scopi economici e non per
tradizione religiosa o iniziatica o esoterica. I rituali e le cerimonie di carattere civile e
politico rispondevano alla diffusa religiosità del tempo33 e con non poca disinvoltura
queste modalità religiose le si utilizzavano per una migliore appropriazione del
consenso sociale a diretti scopi politici, infatti le corporazioni erano connesse ai
potentati politici e religiosi che assicuravano le commesse.
Si afferma talora che i costruttori romani possedessero delle conoscenze
esoteriche come quelle pitagoriche. Le tesi elaborate da Pitagora e dai suoi discepoli
e da tutta la cultura aritmetica e geometrica dell’antichità erano conoscenze
sviluppate da una élite facente parte di un’accademia di tipo culturale, simile a quella
platonica o aristotelica, con un più di scientificità e tali sapienze rapidamente furono
conosciute da tutti e applicate dai romani per la loro funzionalità tecnica e non certo
per la loro “valenza” esoterica. La costruzione di un ponte, di un circo o di una domus
non assolveva scopi esoterici e la presenza di eventuali affreschi o statue di richiamo
esoterico non giustificavano la costruzione in sé né l’operatività di chi costruiva, ma
eventualmente i bisogni culturali e religiosi del committente. Le cerimonialità legate
alle costruzioni di circhi, terme, ponti o acquedotti erano dei rituali sociali con forte
dimensione politica ulteriormente validata da cerimonie religiose, così come i loro
scopi d’edificazione. Nel caso dei templi, come per ogni edificio religioso ovunque e
sempre, le condizioni erano diverse, ma l’eventuale modalità esoterica era riservata
ai committenti e all’edificio in sé e non addebitabile all’impresa costruttrice.
I principi aritmetico-geometrici del costruire erano noti a moltissime popolazioni
che si scambiavano tra loro queste conoscenze e infatti le tecniche costruttive di un
popolo passavano rapidamente a un altro popolo e senza speciali ritualità. Le opere
edili civili e religiose dei romani spargevano tali conoscenze tecnologiche nell’intera
Europa romanizzata. Naturalmente non erano conoscenze “popolari”, ma un
bagaglio scientifico-culturale di specialisti e tecnici con elevata cultura, non erano
cioè riservate a maghi, esoteristi o iniziati. I romani elaborarono autonomamente
alcune tecniche costruttive, come ad esempio l’arco e la volta, ignote ai precedenti
costruttori e questa elaborazione veniva dall’approfondimento creativo delle tecniche
apprese principalmente dagli Etruschi, dai Greci, dagli Egizi e altre popolazioni
mediorientali ed è difficile rappresentare l’arco o la volta come un’elaborazione del
pensiero iniziatico-esoterico. Il fatto che certe elaborazioni “scientifiche” fossero
sviluppate da comunità riservate a specialisti, eruditi in particolari materie, come ad
esempio le accademie greche, elleniche o italiche, non fanno diventare ipso facto tali
conoscenze come iniziatico-esoteriche.
In definitiva i Collegia erano strutture economiche “secolari” in un mondo non
secolarizzato; un mondo impregnato di religiosità ma che presentava come in ogni
Se però s’intende per esoterica una conoscenza professionale che è riservata a pochi “iniziati”, allora anche
la fisica quantistica è una conoscenza “esoterica”, riservata a una ristretta cerchia di specialisti della fisica,
“iniziati” mediante una laurea e successivi gradi di perfezionamento conoscitivo.
33
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
realtà sociale anche aspetti prettamente secolari e se in questi aspetti erano presenti
delle valenze ritualistiche e cerimoniali queste non sono necessariamente definibili
come iniziatiche o esoteriche.
Universitates medioevali
La dissoluzione statale dell’impero romano fu anche la dissoluzione giuridica
delle istituzioni conseguente al radicale cambiamento dell’economia europea.
L’economia imperiale romana che si fondava principalmente sulla guerra e la
conquista crollò. Nulla rimase uguale a prima, lo jus romanum si adattò alle
peculiarità dei nuovi conquistatori, non ultimi gli imperatori d’origine non latina, e alle
loro tradizioni culturali anche se ne rimase a fondamenta, per cui le quotidiane realtà
sociali venivano mutuate in forme giurisprudenziali diverse. Alle comunità (i Collegia)
di persone con lo stesso mestiere non potevano subentrare istituzioni sociali
economicamente diverse, il momento storico non consentiva né salti ideologici né
economici od operativi. In un periodo di grave crisi economica ove l’oro non era più
la moneta di cambio34, quando i commerci internazionali crollavano per la mancanza
di un’organizzazione statale che li controllasse e amministrasse, quando le città si
ridussero drasticamente dalle circa duemila di epoca romana a villaggi di decine di
famiglie ci si organizzò seguendo i locali costumi precedenti 35. L’unica possibilità a
una nuova economia di mantenere una certa solidità fu rappresentata dalle
Universitates (personarum)36 [associazioni di persone], strutture che
progressivamente si resero autonome dai poteri locali assicurando ai propri associati
delle forme di solidarietà e di controllo dell’esclusività delle conoscenze tecnologiche
a differenza di prima quando le innovazioni tecnologiche passavano da una parte
all’altra dell’Impero. La frantumazione del potere statale e istituzionale dell’impero
cambiò lo scenario. Le invasioni barbariche portarono nuove forme di
associazionismo basato sullo “affratellamento” caratterizzato da diversi criteri che
non erano quelli della parentela o della discendenza; erano le “consociazioni
volontarie” e libere che Gierke chiama Genossenschaften37 di genuino diritto
germanico, contraddistinte dalle funzioni sia religiose che civili. Per non pochi storici
le corporazioni sorte negli agglomerati urbani dell’Alto Medioevo contribuirono a
sviluppare tali agglomerati in città, assumendo quindi anche un certo carattere
politico per i privilegi che ottenevano dalle autorità civili; specialmente in Inghilterra
questo processo ebbe una consistente rilevanza38. La forza politica delle
corporazioni si rafforzò sempre più tanto che nel XV secolo a Münster nessuno
poteva essere arrestato senza l’autorizzazione delle corporazioni e specialmente in
Italia questo potere fu molto forte39, ma anche in Inghilterra sotto Edoardo II al punto
che ci furono rivolte di piccoli borghesi contro le gilde dei commercianti che
Si veda Mark Bloch Lineamenti di una storia monetaria d'Europa, Einaudi, 1981.
Si veda Marc Bloch Lavoro e tecnica nel Medioevo, Laterza, 20095, pp. 111-156.
36 Il termine è significativo anche oggi ove i luoghi preposti allo studio mantengono la parola che designava le
medievali corporazioni di studenti (universitas scholarum). La parola si ampliò nei secoli seguenti al concetto
di collettività di cittadini.
37 Cfr. O. Gierke Das deutsche Genossenschaftsrecht, vol. 1, Rechtsgeschichte der deutschen
Genossenschaft, Weidmann, 1868, pp. 9 e 21. Il concetto di “affratellamento degli artigiani” è stato avanzato
anche da W.E. Wilda in Das Gildewessen im Mittelalter, Rengen, 1831.p. 31.
38 Si veda Ch Gross, The Gilde Merchant. A contribution to British Municipal History, vol. 2, Clarendon Press,
1890.
39 Cfr. M. Weber Economia e società - La città, Donzelli, 2003, p. 134.
34
35
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
spadroneggiavano sui cittadini più poveri e che imponevano tasse esose 40, tale
condizione di potere direttivo, che si appoggiava ad un riconoscimento religioso41,
era anche presente anche in Francia42.
Le nuove corporazioni dall’XI secolo in poi si rinserrarono in una difesa del
proprio know-how (conoscenze tecniche) di mestiere. Lo sviluppo tecnologico, prima
generalizzato e pubblico, diventò possesso privatistico all’interno di categorie
professionali sempre più esclusive e in forte competizione tra loro. Le corporazioni
riuscirono a conservare il principio presente nella legislazione dell’impero romano
per cui nessuno poteva svolgere una qualsiasi attività non agricola senza essere
membro di una gilda, indirizzata alle attività commerciali, o di una corporazione,
direttamente dedicata ad attività produttivo/manifatturiera. Le innovazioni scientificotecnologiche non venivano pubblicizzate, rimanevano patrimonio esclusivo delle
singole professionalità, un capitale intellettuale protetto con meccanismi coercitivi in
nulla diversi dagli attuali segreti industriali che impongono alle dirigenze e
maestranze di non divulgare i processi produttivi alla concorrenza. In tal modo il
vincolo della segretezza assicurava alle corporazioni medievali una maggiore
capacità competitiva davanti alle altre corporazioni dello stesso mestiere in quanto
ogni processo produttivo innovativo che comportava una maggiore e più facile
acquisizione di commesse doveva rimanere all’interno delle superiori gerarchie
operative. Da ciò scaturirono meccanismi di accettazione dei nuovi mestieranti su
basi ritualistiche e cerimoniali che determinano differenziazioni di livello
professionale ben articolate con una progressività conoscitiva del mestiere sempre
più sofisticata e riservata.
Vivace e senza rispetto era la lotta per l’acquisizione di importanti commesse
come ad esempio l’edificazione di sofisticate e imponenti costruzioni civili o religiose.
Non si hanno notizie storiche sulle manovre del cosiddetto spionaggio industriale che
probabilmente era ben dinamico e a ciò si poteva porre un freno imponendo con
modalità rituali la non divulgazione delle tecnologie e conoscenze che durante l’opera
si potevano acquisire. Il discorso sulla segretezza delle tecniche costruttive (ancora
non esisteva un corpus teorico come l’ingegneria o l’architettura in senso moderno)
a ben vedere sembra più un formalismo che una realtà operativa, infatti un bravo
costruttore o artigiano che finita la sua opera avesse voluto trasferirsi presso una
corporazione di altra regione o nazione non aveva bisogno di particolari segni o gesti
per far riconoscere le proprie abilità professionali e comunque queste erano ormai
un suo patrimonio personale che non poteva ignorare e tali segni e gesti avevano
più un valore cerimoniale che iniziatico. Le ritualità interne alla corporazione per
assicurare la solidità della corporazione stessa dovevano avere quindi delle
formulazioni di assolutezza che solo una loro “sacralizzazione laica” poteva
assicurare, e la migliore sinecura era quella di ammantare di religiosità tali rituali. A
livello individuale l’entrata nella corporazione come persona con buone potenzialità
di mestiere voleva dire uno sviluppo professionale altrimenti inattuabile, era quindi
un momento molto importante per chi voleva acquisire una perizia tecnica e per la
stessa organizzazione aveva anche il senso di aumentare il proprio capitale umano.
Come detto, ciò era assicurato da un sistema giuridico locale e/o nazionale che su
Ibidem p. 77.
Ibidem, p. 75.
42 Ibidem, p. 72.
40
41
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
pressione delle stesse corporazioni e gilde non consentiva di essere operativi se non
essendo membri di un’associazione di mestiere.
Fino a che la situazione economica e produttiva visse una fase di stagnazione
con modesti livelli di stagflazione alle corporazioni era consentito di operare in modo
alquanto stabile; in realtà la situazione dei processi sociali di produzione erano
tutt’altro che solidi, la permanenza delle condizioni socioproduttive era in realtà
soltanto espressione di una rigidità artificiosa fondata sulla forza dei più potenti sui
più deboli. Le corporazioni e le gilde erano le forze potenti che dominavano la
struttura economico-produttiva, vere e proprie lobbies dell’epoca, con le quali anche
i poteri statali e istituzionali dovevano venire a patti. Esse avevano il positivo effetto
di rendere stabili le attività produttive e l’intera economia ma allo stesso tempo la
rigidità tecnico-economica negli aspetti strutturali e sovrastrutturali di tali associazioni
non poteva rispondere con la necessaria flessibilità ai mutamenti delle società e
istituzioni giuridiche e di governo, erano alla fine un fenomeno di rigidità dentro una
realtà estremamente mutevole. Il fatto che le corporazioni fossero legate a stretto filo
con le istituzioni politiche cittadine e nazionali non è semplicisticamente giustificabile
su un carattere di flessibilità delle corporazioni stesse43, era piuttosto il necessario
relazionarsi tra struttura economica e sovrastruttura politica, una relazione che
vedeva i poteri politici È comunque da rilevare che dentro questa “rigidità” le
corporazioni espressero dopo il X secolo molte innovazioni tecnologiche e di
organizzazione produttiva44 rispetto al periodo dell’Alto Medioevo disastrato
politicamente, economicamente e legislativamente dalle invasioni barbariche.
Per comprendere questo fenomeno delle corporazioni di mestiere si deve
andare indietro nel tempo, alla fine dell’Impero Romano, quando crollò da una parte
l’economia e l’industria e dall’altra quando il sistema di valori religiosi latini dovette
cedere il passo a culture e religioni venute dall’area nordorientale europea, da quella
ellenistica e mediorientale. L’economia tardo imperiale, con gli enormi territori
conquistati, si fondava ancora sulla grande massa di schiavi che sostenevano
l’agricoltura, la manifattura e l’industria; una quantità talmente elevata da aver reso il
prezzo degli schiavi alla portata di quasi tutti gli uomini liberi, perfino i liberti, schiavi
affrancati, potevano comprarne qualcuno45. Nella quasi totalità gli schiavi erano
barbari di regioni della cintura dell’impero e neppure le teologie umanitarie del
neocristianesimo greco-latino mettevano in dubbio la sua necessità.
È noto che tra i Collegia (corporazioni) dell’impero romano e le prime forme di
associazionismo di mestiere medioevale c’è un vuoto di quasi cinque secoli. Il crollo
dell’impero e del suo sistema economico lo si data dal V secolo46, ma le crisi erano
Questa è una tesi proposta da Maarten Roy Prak nel suo Craft Guilds in the Early Modern Low Countries:
Work, Power and Representation, Ashgate, 2006.
44 Si veda Sheilagh Ogilvie Rehabilitating the guilds: a reply, in Economic History Review, 61, 1, 2008, pp.
175–182. Jay S. Epstein nel suo Craft Guilds, Apprenticeship, and Technological Change in Preindustrial
Europe in The Journal of Economic History 1998, pp. 684-713, avanza una tesi, forse troppo entusiasta,
dell’apprendistato corporativo come fattore trainante dello sviluppo delle corporazioni nei termini di stimolo alla
distribuzione internazionale (tra regione e regione e tra paese e paese) delle conoscenze e invenzioni
tecniche. Una distribuzione conseguente alla migrazione interregionale degli “esperti di mestiere”, che
consentiva alle corporazioni di mettersi in vincente competizione con le realtà economico-produttive del
momento. Più approfonditamente la tesi è sviluppata nel suo Guilds, Innovation and the European Economy,
1400–1800, Cambridge University Press, 2008.
45 Sulla situazione della schiavitù e del servaggio nell’Alto Medioevo si veda Marc Bloch Lavoro e tecnica nel
Medioevo, Laterza, 20095, pp. 221-263 e per la denotazione di libero e di libertà pp. 29-71.
46 Dalla fine del V sec. papa Gelasio proibisce ai cristiani di frequentare luoghi pubblici, cerimonie e feste
43
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
anche precedenti, e i Collegia in tali condizioni non potevano più operare. Le prime
corporazioni di mestiere (Universitates) si avviarono tra la fine del X e inizio del XI
secolo quando l’economia generale incominciò a riprendersi e si incrementarono gli
scambi commerciali interni ed esterni; fu l’epoca in cui le potenze marinare
specialmente italiane iniziarono il loro sviluppo47. È dunque impossibile ipotizzare
una continuità storica tra Collegia e Universitates. La continuità era di logica
produttiva poiché in mancanza di alternative permaneva la condizione di accorparsi
sulla base dello stesso mestiere, ma ciò non era una scelta e neppure una causa
della creazione delle Universitates ma una conseguenza di un’economia frantumata.
La differenza tra le due istituzioni economiche in periodo medioevale, Collegia e
Universitates, era netta, i Collegia operavano solo se autorizzati dal potere politico e
con regole definite dallo stato e non interne, mentre le Universitates erano libere da
ogni vincolo e le proprie regole erano stabilite dai responsabili e amministratori della
corporazione o gilda e gli stessi poteri statali e giuridici non potevano intromettersi
nelle questioni interne e nelle regolamentazioni delle corporazioni specialmente in
situazioni comunali, vedremo poi che in ambito giuridico le cose non erano così nette.
Nell’Impero nessuno poteva svolgere un’attività se non apparteneva a un Collegium
mentre questa regola per le gilde e le corporazioni subentrò molto più tardi quando i
poteri centrali e cittadini si rafforzarono. Unica eccezione fu nelle regioni italiane sotto
dominio bizantino dove erano presenti nel VII secolo delle residuali corporazioni di
tipo romano chiamate scholae, sotto il controllo pubblico48. Nell’area nord-europea
erano comunque presenti nel VI secolo delle corporazioni e in particolare le gilde 49,
però ambedue erano più che altro delle confraternite caratterizzate dalla solidarietà
tra i membri, l’affratellamento di cui sopra. Sotto i Longobardi sussistevano rari casi
di corporazioni di mestiere che erano regolamentate (ad es. con l’editto di Rotari)
come i magistri comancini, costruttori con libertà di movimento da regione a regione
e i saponai piacentini. Le prime forme di regime monopolistico delle attività
produttive, corrispondendo tasse all’erario regio, si formarono nel XI secolo con i
miniteria di mercanti, pescatori, cuoiai, barcaioli, saponai. Nell’epoca della fine dei
poteri centrali, frantumati ormai tra nobili, feudatari e vescovi, le associazioni di
mestiere assunsero più precisi caratteri religiosi quando erano sottoposti ai vescovati
perdendo così quella natura di aggregazione di mestiere svincolata dalla religione
come i Collegia d’epoca imperiale. Il controllo da parte dei poteri pubblici si rafforzò
nel periodo comunale e dell’economia urbana impedendo alle attività d’interesse
pubblico di operare senza vigilanza.
Le Universitates (corporazioni) medioevali nacquero in Europa50 con la fine del
pagane. In quell’epoca, specialmente a Roma, i luoghi pubblici come terme, biblioteche, templi, accampamenti
militari urbani ed edifici istituzionali perdono la loro importanza e non vengono più frequentati, addirittura
vengono smantellati dai privati e Maiorano nel 458 emette un editto coercitivo. Nel V sec. e successivamente
l’edilizia è confinata quasi solo nelle costruzioni di chiese cristiane, nuove o come per il Pantheon di Roma
tramutate al culto cristiano. A proposito dell’attività edile, in particolare cosmatesca, in Italia e nella Roma
dell’Alto Medioevo si veda G. Tomassetti, Dei sodalizi in genere e dei marmorari romani , in BCom, n.33
(1906), pp. 235-69.
47 Cfr. Gabriella Piccinni I mille anni del Medioevo, Pearson Italia, 2007, pp. 124-125.
48 In Summa Perusina - Adnotationes constitutionum codicum domini Iustiniani, a cura di F. Patetta, Bullettino
dell'Istituto di diritto romano 12, 1990.
49 La parola gilda viene dall’antico gjald, in gotico gild, in antico tedesco gelt, nell’antico sassone geld e
nell'anglosassone gield, tutte parole con il significato di confraternita.
50 Le associazioni mestiere erano presenti in tutti i paesi occidentali fino all’Estremo Oriente. Si hanno notizie
di tali associazioni in tempi remoti della Cina e in India persino dal 400 a.C. Per l’India si veda: Jain, Dr. Beena
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
feudalesimo e il sorgere delle libere attività economiche, libere per il disfacimento
delle istituzioni governative centrali. Per prime apparvero quelle mercantili; la prima
corporazione di mercanti apparve ufficialmente in Inghilterra nel 1087 e presto si
inserirono nel vissuto civile e amministrativo, mentre quelle artigianali sorsero subito
dopo, sempre in Inghilterra nel 1100 con quella dei tessitori di Oxford, ma in ruolo
subordinato alle mercantili dato che questi lavoratori erano esclusi dall’affiliazione
alle gilde mercantili51. Si hanno notizie indirette che nello stesso periodo apparvero
simili corporazioni in Germania e nelle Fiandre. Parallelamente, nella più ampia
organizzazione delle attività socio-economiche che comprendevano anche i collegi
professionali, le confraternite religiose e le consorterie nobiliari, si collocavano le
gilde di tipo mercantile e artigianale
Non esistono al momento documenti prima del XIII e XIV secolo sulle pratiche
delle corporazioni di mestiere e presumibilmente tutto era trasmesso oralmente.
Unico riferimento è L’Histoire des rois de Bretagne di Goffrey de Monmouth ove si
parla delle sette arti liberali e della geometria e di una leggendaria storia del Mestiere
(Craft) e dei doveri morali e professionali dei “muratori” (maçon). Dopo si hanno dal
1390 circa in poi altri statuti di corporazioni muratorie noti come Old Charges o
Antiens Devoirs studiati dai fondatori della prima Grand Lodge (1717) e idealmente
alla base delle Constitutions of Free Masons redatte da Anderson (1723).
Elemento fondante di tali associazioni di mestiere, in particolare di quelle
produttivo-industriali, era la difesa del monopolio dell’attività e delle tecniche
operative possedute dai propri capimastri. Specialmente nelle mercantili era
importante la qualità del lavoro svolto, per cui i regolamenti interni stabilivano norme
precise sulle materie prime da usare, gli strumenti e le tecniche di lavorazione. Tali
regolamenti definivano un’uguaglianza formale tra gli iscritti per impedire la
concorrenza sleale, pur se divisi gerarchicamente tra semplici lavoranti, apprendisti
e maestri con notevoli diversità economiche tra loro. L’apprendistato era rigidamente
codificato così come le dispute tra affiliati erano esclusiva materia dell’associazione
e il cui appello in certe situazioni regionali era demandato solo all’autorità regale. Le
corporazioni e le gilde erano amministrate con diversi livelli di potere per le diverse
attività svolte, insomma era un complesso di attività amministrative, civili e operative
Guild organization in Northern India (from earliest times to 1200 bc), Delhi, 1990 e dove appare che qualunque
mestiere era organizzato in corporazione dai tempi più remoti; per la Cina si veda Morse, Hosea Gallou The
Gilds of China, with an account of the Gild Merchant or Co-Hong of Canton, London 2nd Ed. 1932, ove è nutrita
la lista di corporazioni di mestiere in molte città.
51 In Inghilterra si hanno notizie di guilds, corporazioni ma più esattamente confraternite religiose in molte città.
La parola inglese guild non distingue tra corporazioni, gilde e confraternite. Era presente nelle Orcadi in
periodo anglo-sassone una guild a Abbotsbury; poi la Guild of the Holy Cross di Abingdon, la Gild of the
Crucifix fondata nel 1369 in Althorp, la Gild of Corpus Christi del 1376 in Alvingham e molte altre decine.
Tuttavia di corporazioni di mestiere non si hanno dati anteriori al X-XI secolo; si veda il riguardevole elenco
delle guilds britanniche con una interessante bibliografia per quasi tutte le guilds redatto da Tom Hoffman
Guilds and Related Organisations in Great Britain and Ireland, Bozza, 2011. Hoffman citando il testo Merchant
and Craft Guilds. A History of The Aberdeen Incorporated Trades di Ebenezer Bain annota che la
denominazione di guild in Scozia era esclusivamente applicata alle associazioni od organizzazioni di mercanti
costituite dalla classe mercantile della comunità. Queste avevano diritti quasi identici tra loro che spesso
entravano in conflitto con quelli dei mercanti privati. Dal 1520 divenne usuale in alcune cittadine che
all’aggregazione di artigiani fosse assegnata un’autorizzazione (Seals of Cause) dai magistrati locali. Il potere
di formare associazioni e di eleggere i propri rappresentanti era conferito per legge del Parlamento e per potere
reale. Tali rappresentanti (deacons)però dovevano essere eletti con il consenso del consiglio comunale o dal
dirigente (chief officer) della città. Tali deacons avevano il potere giurisdizionale su tutti i membri, operai, servi
e apprendisti sulle questioni interne di artigianato e sulla condotta dei membri stessi.
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
che non erano riducibili alla sola attività di cantiere. Dietro al cantiere c’era una
complessa articolazione di attività economiche, organizzative e di relazioni sociali e
politiche che erano amministrate dal gruppo dirigente e nel quale il ruolo del
progettista o architetto dell’opera da realizzare era sussidiaria. Il cantiere era l’ultima
fase di una grande operatività senza la quale nessun progetto avrebbe potuto
avviarsi52.
Una tesi alquanto diffusa tra certi storici è che in Francia nel XV secolo si fosse
sviluppata una particolare forma corporativa dei lavoranti, il compagnonnage, una
primordiale forma di coalizione operaia in opposizione alla gestione autocratica dei
maestri di corporazione. La tesi conflittuale è dubbia e difficilmente avvalorabile in
mancanza di dati certi ma probabile, infatti come si è visto sopra in certi casi il potere
delle corporazioni creò dei dissidi e dell’allarme sociale nelle classi inferiori.
Negli oltre cento documenti ufficiali conosciuti delle corporazioni medioevali e
di epoca successiva, sono pochi quelli che illustrano delle cerimonie di affiliazione o
accettazione di nuovi membri, che però non possono essere intese come iniziazioni
in senso stretto. Ugualmente i riferimenti di tipo religioso cristiano come parti di
preghiere o appelli alla divinità e santi, non davano uno specifico valore sacrale o
spirituale ai documenti, facendo parte di un’ufficialità ammantata del comune senso
religioso che allora imperava, quell’assolutismo teologico sopra citato dove nomina
sunt numina, le parole rivelano il pensiero divino anche nei documenti politici.
Neppure queste attestazioni di religiosità, dovute forse più che volute, possono
caratterizzare le corporazioni come gruppi di spiritualità o comunque votati al sacro,
che invece era ben altrimenti espressa nei gruppi conventuali d’ogni genere e nelle
confraternite, associazioni connesse alle corporazioni e gilde ma con diversi scopi e
funzioni. In ogni modo era prevalente la funzione di stabilità economica e di
conservazione del potere politico istituzionale fino al XVI secolo, quando invece gli
Stati assunsero un carattere geopolitico e di controllo più ampio, quando si definirono
maggiormente le prime forme di professionalità indipendente dalle corporazioni e si
svilupparono le conoscenze tecniche al punto di non poter essere segretate. Ma fu il
Seicento che avviò il definitivo processo di dissoluzione delle corporazioni, sia
riguardo al loro potere civile e politico sia riguardo alla loro funzione economica, per
complesse ragioni come si vedrà di seguito.
La crisi delle corporazioni nel seicento
Nella mito-storia massonica si presenta il fenomeno delle gilde dei
commercianti e delle corporazioni di mestiere (di tipo produttivo) come se dal X e XI
fino all’inizio del XVIII secolo queste fossero rimaste uguali a se stesse e, con
ingenua generalizzazione, non avessero differenze normative interne, non fossero
regolamentate legislativamente dai poteri civili, non operassero organizzativamente
e funzionalmente in modo diverso e non avessero una distribuzione territoriale a
macchia di leopardo in tutta l’Europa. Inoltre non si considera che nei vari paesi le
corporazioni avevano nomi diversi e che spesso, come in Gran Bretagna (Inghilterra,
Scozia, Irlanda) si usava la stessa denominazione per realtà associative diverse,
accomunando ad esempio le corporazioni alle confraternite. È da dire però che una
conoscenza dei nomi delle corporazioni, sempre connessi all’attività svolta, rileva la
52 Brunelleschi non avrebbe potuto progettare e costruire a cupola del Duomo di Firenze senza la volontà
culturale politica e finanziaria di Cosimo dei Medici.
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
differenza dalle confraternite denominate da un riferimento prettamente religioso,
luogo di culto, santo o elemento trinitario. Operando per assolute generalizzazioni,
per estraneazioni dalla realtà storica e per applicazione del post hoc, ergo ante hoc
si giunge paradossalmente a conclusioni irrealistiche e in conclusione ad ignorare la
discontinuità della realtà corporativa nel corso della storia e ogni analisi sulla
situazione di profonda crisi istituzionale ed economica delle corporazioni nel Seicento
coincidente con il sorgere delle prime logge non operative. Una tesi di continuità
storico-sociale e spirituale (sic) che stranamente non spiega perché in una situazione
generalizzata di crisi continentale delle corporazioni solo in Scozia e Inghilterra ci
sarebbe stata tale continuità. Si potrebbe affermare con una certa attendibilità che le
logge massoniche non sono effetto diretto delle corporazioni, ma furono la risposta
“socioculturale” a più complessi fenomeni tra cui la dissoluzione della funzione civile
ed economica delle stesse corporazioni.
Nel XVII secolo le mutate condizioni economiche delle nazioni europee videro
per più motivi decadere l’importanza delle corporazioni di mestiere. Questo fu un
secolo di grave crisi generale dovuta a plurimi fattori che da singolarmente non
giustificano le gravi problematiche generali ma la cui interazione ebbe sinergici
risultati negativi. Strutturalmente tali fattori furono: la diminuzione del volume degli
scambi commerciali internazionali per problemi locali, la regressione della
produzione agricola, le numerose guerre locali con il conseguente improvviso arresto
dell'incremento demografico, il ristagno dello sviluppo tecnologico e tutta una
numerosa serie di altri fattori minori sia strutturali sia sovrastrutturali.
Riprendendo il tema della segretezza, così importante in ambito massonico,
con il passare del tempo, dal XVI secolo in poi, conservare il segreto sulle tecnologie
era un’impresa difficile da realizzare; lo sviluppo scientifico faceva comprendere, a
chi aveva istruzione ed esperienze professionali adeguate, i principî tecnici un tempo
gelosamente conservati; ormai era possibile dal manufatto compiuto risalire ai suoi
principî costruttivo-teorici. Ciò che però più importa è che le singole professionalità
da sole non potevano sopravvivere e con acume imprenditoriale le corporazioni e le
gilde si coalizzarono in strutture più ampie rispetto alla corporazione del singolo
mestiere. Se una volta nella costruzione di un grande edificio civile o religioso
venivano coinvolte molte corporazioni quelle della muratoria, della carpenteria, degli
scultori e pittori, dei fabbri, vetrai, ebanisti e tanti altri ancora, in questa nuova realtà
socioeconomica ognuna da sola vedeva ridursi drasticamente le possibilità operative
ed economiche. La soluzione fu obbligata: accorparsi in strutture organizzative più
ampie comprendenti plurime specializzazioni per ottenere contratti e appalti
vantaggiosi per tutti, assicurando così un’opera completa senza dover costringere il
committente a contrattare con diverse corporazioni e subire il ricatto del “senza di noi
e alle nostre condizioni non finisci l’opera”. I committenti ben consapevoli di avere
finalmente una capacità contrattuale maggiore davanti alle corporazioni favorirono,
sotto i plurimi aspetti della giurisprudenza, della legislazione e della prassi operativa,
l’indirizzarsi ai risultati piuttosto che alle modalità di raggiungimento dei risultati. La
competizione per il mercato degli appalti e la conseguente razionalizzazione
operativa misero in secondo piano gli aspetti sovrastrutturali dell’operatività per cui
all’efficacia si affiancò con prepotenza l’efficienza e le costruzioni di grandi opere non
durarono più alcuni secoli ma pochi decenni. Efficacia ed efficienza tecnicoorganizzativa fecero sì che i legami con la storia e la cultura antica così come i
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
riferimenti a simbolismi e misticismi di varie matrici esoteriche assumessero delle
modalità formali che miravano all’estetica piuttosto che alla pedagogia del cittadino
o del fedele e ciò è ben visibile ad esempio nella facciata della cattedrale di Granada
e nella successiva cattedrale spagnola dei costruttori Churriguera di Siviglia. La
sostanza si fece “invisibile”, coperta da sovrastrutture ritualistiche grondanti la
formalità “visibile” del tardo barocco e del rococò che invase anche lo stile
iconografico massonico. Neppure si può tralasciare il fatto che certe conoscenze
esoteriche come la cabalistica sono portate a conoscenza in Europa e specialmente
in Italia dalla diaspora dei cabalisti ebrei dopo il 1492, ma ugualmente tante
conoscenze ermetiche, astrologiche, magiche non facevano parte delle sapienze
generali dei membri delle corporazioni essendo scritte in lingue come il greco o
l’arabo ignote alla massa della gente del Medioevo e conosciute solo a ristretti circoli
di clerici. Si deve arrivare al XVI secolo perché con il le traduzioni di Ficino e Pico
della Mirandola queste conoscenze si allarghino a circoli più vasti. È dunque difficile
pensare, ancora una volta, che nelle corporazioni anteriori al XV secolo si avessero
nozioni esoteriche ben definite ma solo vaghe e frammentarie informazioni introdotte
da commercianti con paesi lontani. Ma alla fine di questo secolo le situazioni
economiche sociali e culturali, comprese quelle religiose, cambiano drasticamente.
Scienza e tecnica nel Basso Medioevo
Per le residuali corporazioni di mestiere seicentesche l’obiettivo contrattuale
da realizzare s’impose nei termini di una diversa tempistica realizzativa nel senso
che la possibilità di usufruire del risultato il prima possibile obbligava a una diversa
organizzazione del lavoro. Se prima l’intervento di una specializzazione veniva
condizionato da quello di altre specializzazioni da contrattualizzare nel corso
dell’opera, nelle modalità che oggi sarebbero definite come lavoro in economia,
oramai si chiede alla stessa impresa (corporazione pluridimensionata di mestieri) di
assicurare nei tempi dovuti il risultato. Le nuove corporazioni di accorpati mestieri
potevano assicurare le richieste dei committenti che operavano per i più disparati
motivi alla realizzazione delle contingenze di un potere politico molto variabile nello
spazio e anche nel tempo, un potere ansioso di tramandarsi prima di scomparire
dalla faccia della politica e della storia.
Le normative interne medioevali di tipo esclusivistico con i ritualismi
religiosamente ostentati, la logica aristotelica della pervadente gerarchia onnisciente
in ogni ambito dell’attività umana profana e spirituale si sfaldarono. Ora le
professionalità individuali rivendicavano la propria specificità, apponendo anche il
nome dell’autore e l’anno di realizzazione sulle opere, negando la logica appunto di
gerarchia indiscutibile e si videro sorgere le prime forme di socialità professionale
che prefigurano le future Trade Unions o sindacati, anche sotto la forma di istituzioni
di “compagnaggio” (compagnonnage) alternative alle chiuse corporazioni e gilde. Le
corporazioni non soddisfano più i bisogni di affermazione professionale dei molti che
non volevano aspettare i lunghi tempi di passaggio da una categoria di
professionalità a una superiore. Nel Seicento ormai le opere sono firmate dal
progettista o architetto e non più anonimamente dalla corporazione. Pensare che
l’anonimato della progettazione e realizzazione abbia un significato di
sacralizzazione opposta alla secolarizzazione ovviamente non avrebbe senso, era
solo il segno di tempi passati quando l’opera era frutto di un’intera collettività e nella
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
quale il singolo, architetto o manovale, non aveva un suo personalistico significato
socioculturale, tempo nel quale il singolo s’identificava in una compagine sociale. In
questa nuova epoca l’unica rimanenza storica era il committente non in forma di
personaggi storicamente definibili ma di gruppi sociali operanti pubblicamente, per
cui alla fine chi datava e significava l’opera era il committente e non il realizzatore
(corporazione).
Dopo la fine del Medioevo le conoscenze tecnologiche si svilupparono
rapidamente con caratteri di “scientificità” che erano riservati a pochi geniali
personaggi. Si fece avanti la figura del realizzatore dell’opera che imprimeva
sull’opera stessa il marchio della sua individualità artistica e tecnica. Il Maestro come
figura intellettuale s’impose non solo sul committente ma anche sull’intera collettività
di operativi realizzatori dell’opera, collettività che non identifica se stessa ma si
rappresenta in un magistrale individuo. A livello di attività costruttiva si tramanda il
nome dell’architetto ma non i nomi di decine di maestri delle tante specializzazioni
che avevano contribuito complessivamente all’opera. Esempio noto fu la costruzione
della cattedrale di Saint Paul di Londra di cui si sa molto del suo architetto,
Christopher Wren, ma poco o nulla della corporazione che la realizzò e dei suoi
capimastri. Erano i primi timidi passi costitutivi delle libere professioni.
Il fenomeno corporativo non può essere strappato dal contesto sociale, giuridico e
politico e quindi deve essere contestualizzato nelle situazioni di macroeconomia;
questa situazione di crisi di un passato in disgregazione nasce proprio con il sorgere
del XVII secolo impregnato di problematiche non risolvibili con gli schemi solutivi dei
secoli passati e quindi con risultati di crisi delle funzioni socioeconomiche delle
corporazioni. Come sopra detto, l’intero processo sociale produttivo mutava
velocemente e le corporazioni da associazioni di un solo mestiere si convertirono in
aggregazioni di plurimi mestieri, in Trade Company, società d’impresa. Ciò investì
immediatamente le corporazioni muratorie, quelle che assicuravano solo in parte le
costruzioni religiosi delle cattedrali e chiese e che erano molto più impegnate nelle
costruzioni civili, mercantili e militari, costruzioni ove architetti e capimastri avevano
pochi spazi d’espressione delle loro eventuali conoscenze mistiche ed esoteriche e
ancor meno spirituali.
Riferendosi all’interessante seppure tradizionalista testo di Thomas Carr
(1911)53 sappiamo che in Gran Bretagna fin dall’inizio del XVII secolo i cosiddetti
“muratori” erano distinti in molte categorie connesse al loro pratico operare.
Principalmente c’erano i Free Mason, membri effettivi della corporazione e poi altre
specializzazioni utilizzate su comanda e organizzate separatamente: i Wallers
(costruttori di mura principalmente di fortificazioni in pietra), gli Slaters (costruttori di
tetti, in genere di ardesia), i Paviors (costruttori di pavimenti in pietra, marmo o pietre
dure), i Plaisteres (stuccatori e imbianchini presenti a Londra già dal 1501), i
Bricklayers (costruttori di mura in mattoni) i Carpenters (carpentieri o maestri
d’ascia). Nel 1604 in Oxford esisteva una gilda chiamata The Company of Free
Masons, Carpenters, Joiners, and Slaters of the city of Oxford54. In Kendall nel 1667
la 12th Trade (!) Company comprendeva Free Masons, rough masons (tagliatori di
pietre o spaccapietre), wallers, plaisterers, slaters e carpenters. Sempre T. Carr
Carr Thomas, The Ritual of the Operative Freemasons’ , London, 1911
Questa Company è citata anche da Robert Freke Gould in The Concise History of Freemasonry, Courier
Corporation, 2012, p. 77.
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Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
riporta che nel 1761 in Gatesgate era presente una curiosa aggregazione, accorpata
nella Cosin Bishop of Durham, di varie specializzazioni operative: Free Mason,
Carvers (incisori di prima fattura della pietra), Stonecutter (scalpellini), Sculptures
(scultori), Brickmaker (fabbricanti di mattoni), Tylers (piastrellisti), Bricklayers
(muratori), Glaysiers (vetrai), Penterstainers (pittori d’interni), Fonders (fonditori in
bronzo) Neilers (fabbricanti di chiodi), Pewterers (peltrai), Plumbers (idraulici),
Millwrights (carpentieri di macchinari), Sadlers (sellai), Bridlers (fabbricanti di briglie
per animali), Trunkmakers (tracciatori di delimitazioni) e Distillers (distillatori), dunque
una serie di disparate specializzazioni artigianali e professionali non
necessariamente accomunate dagli stessi progetti operativi. Ugualmente in
Edimburgo erano incorporate nella St. Mary’s Chapel un’altra serie di diverse
specializzazioni, assieme ai Masons (muratori) c’erano i Coopers (bottai), gli
Upholterers (tappezzieri), Bowmakers (allibratori), Slaters, Glasiers, Painters,
Plumbers e Wrights (falegnami). Lo stesso Autore cita una cospicua serie di
aggregazioni di diverse professionalità in corporazioni operative. Ciò, in definitiva
dimostra che fin dall’inizio del XVII secolo e fino alla fine del XVIII l’organizzazione
economico-produttiva in corporazioni mono-mestiere era sempre più in dissoluzione.
In termini moderni si potrebbe dire che le corporazioni si andavano strutturando
progressivamente in Trade Companies o società d’impresa, perdendo tutte le
caratteristiche operative e culturali delle corporazioni di mestiere medioevali per cui
non è possibile parlare in questi non sporadici casi di un generale processo di
secolarizzazione, trattandosi di veri e propri meccanismi di adattamento
imprenditoriale a inedite situazioni economico-produttive. Questi andamenti storicoculturali dimostrano il carattere fondamentalmente profano, laico, delle corporazioni
e nessun documento attualmente può consentire di parlare di un globale processo di
secolarizzazione, perdita dei caratteri spirituali, religiosi e sacrali, partendo da singole
situazioni per generalizzarle a tutta la società medioevale. La perdita dei cosiddetti
valori sacrali ritenuti fondanti di un mestiere non sarebbe allora causa del
cambiamento socioculturale (sovrastruttura in senso marxiano) ma conseguenza
inevitabile del mutamento della struttura sociale di produzione (sempre in senso
marxiano). I cambiamenti sovrastrutturali accompagnano, solidificano, danno
spiegazione o giustificazione ma ben raramente determinano quelli strutturali.
Logge massoniche
Nel XVII secolo inizia una nuova realtà. Le corporazioni di costruttori costituite
dai free-stone masons continuano le loro attività ma affianco si creano gruppi che
contraggono la generica definizione in free-masons e che non appartengono
operativamente alle corporazioni. L’uso dell’aggettivo free è principalmente
proveniente, nel Medioevo britannico, dalla esistenza di persone che, non essendo
servi o schiavi ma liberi, si aggregavano in forme associative dai differenti scopi.
Dai rari dati documentali è più facile supporre che lateralmente alle
corporazioni fossero stati realizzate delle associazioni di influenti personaggi del
mondo civile non operativo che fiancheggiavano le corporazioni stesse dando ad
esse un crisma di maggiore significazione sociale di quanto potessero dare le
confraternite dedite ad attività solidaristico-religioso. Tipico in epoca più moderna,
nei primi del Settecento fu la figura di Christopher Wren, architetto inglese della
cattedrale di Saint Paul che apparteneva a un’associazione legata alla corporazione
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
di muratori di Londra senza esserne membro, infatti il suo incarico di progettista della
cattedrale non gli fu affidato dalla corporazione ma dalla municipalità londinese. Si
potrebbe allora avanzare una tesi attualmente non facilmente dimostrabile che nel
quadro di una decadenza dell’importanza politica, sociale ed economica delle
corporazioni le organizzazioni parallele e di supporto alle corporazioni avessero
assunto maggiore rilevanza anche per i componenti di rango elevato che le
costituivano e che si fossero strutturate via via in forme organizzative con il carattere
di logge massoniche nelle quali i membri non erano operativi. È una tesi che può
trovare un certo conforto nel fatto che i membri operativi delle corporazioni presenti
in tali strutture fossero in numero esiguo rispetto ai non operativi. A questi ultimi per
distinguerli dagli operativi si adottò la definizione di adopted o accepted,
probabilmente per mantenere uno stretto legame con la corporazione d’adozione ma
dichiarandone la loro non appartenenza.
Si aggiunge un altro termine importante, quello di free, libero. Un termine pure
ripreso dalla tradizione storica delle corporazioni medioevali, ma con diverso
significato. Non è più il lavoratore che non dipende da un padrone essendo membro
di corporazione ma è colui che non appartiene a nessuna istituzione artigiana o
professionale (Métier o Craft), che opera individualmente con un’impresa a carattere
familiare. Allo stesso tempo l’aggettivo era assegnato generalmente agli eruditi,
militari, gentiluomini, nobili. Non poche in Scozia erano le gilde che ammettevano dei
freemen, operatori indipendenti o semplici cittadini, e a questa tradizione
probabilmente si può addebitare nelle prime logge massoniche seicentesche
scozzesi la presenza di membri non operativi55.
Il termine libero in ambito massonico assunse un significato importante quanto
quello di accettato. Senza affrontare la questione linguistica delle diverse
sovrainterpretazioni del lemma libero conseguenti alle modificazioni socioculturali è
da ritrovare il suo significato originale e la sovrainterpretazione socioculturale che fu
data tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Originariamente, nell’era medievale,
la parola libero non aveva un preciso senso giuridico, dipendendo dai paesi, dai
costumi sociali, dai momenti storici e dunque determinando una grande variabilità di
significati56. La parola quindi non ha mai avuto nei tempi precedenti le moderne
democrazie un significato socialmente, giuridicamente, legislativamente e infine
culturalmente solidificato a causa della fluidità delle situazioni geopolitiche e
socioculturali del Medioevo ed epoche successive. Infatti nell’Alto e Basso Medioevo
in una stessa ampia regione linguisticamente e culturalmente definita potevano
esiste enclave di cultura lingua e istituzioni diverse. Le stesse frontiere tra un paese
e l’altro non erano definite da un fiume, catena montuosa o altro, erano ampie regioni
dove le culture e le lingue nonché le istituzioni scorrevano e si mescolavano senza
precisa determinazione con facili mutazioni, cosa ulteriormente complicata dalle
invasioni di certi popoli in altre regioni che comportavano più o meno stabili
cambiamenti normativi.
Nel 1611 fu costituita una gilda di mercanti in Alnwick (Northumberland) della quale potevano essere
ammessi anche i freemen, presumibilmente degli operatori indipendenti. Cfr. Tom Hoffman Guilds and Related
Organisations in Great Britain and Ireland, Bozza, 2011, p. 3. La stessa cosa avvenne, sempre per regola
cittadina o interna, nelle gilde nel XVI e fino al XVIII secolo in Barnstaple (Devon) e anche in Bishop's Castle
(Shropshire), in Berwick Upon Tweed (Northumberland) ove erano presenti guilds religiose e anche di
mercanti, pellai, menestrelli. Altre ancora specialmente in Scozia.
56 Per queste osservazioni si fa riferimento a Mark Bloch Lavoro e tecnica nel Medioevo, Laterza, 20095.
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Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
Il concetto di libero in sé non è definibile se non lo si raffronta con altri due, la
schiavitù e il servaggio, concetti derivanti dalle delucidazioni offerte dalle categorie
giuridiche e politiche regionali, per cui la stessa parola, libero servo e schiavo,
assumeva diversi significati, ma allo stesso tempo le parole servo e schiavo o servo
e libero potevano identificarsi sulla base di locali normative. Infatti lo stesso concetto
di servaggio talora si avvicinava a quello di libero dipendendo dagli obblighi dovuti a
un’autorità superiore; erano quindi gli obblighi dovuti che determinavano le sfumature
di significato, ad esempio il vassallaggio poteva essere considerato una forma di
servitù rispetto al nobile di rango superiore o dell’alto nobile con obblighi di servitù
militare rispetto al re o imperatore. Di conseguenza lo stesso concetto di libertà era
dipendente e condizionato dai maggiori o minori obblighi verso un’autorità superiore,
come a dire che la privazione della libertà era variabile ed erano i tribunali e istituzioni
legislative che dirimevano le controversie terminologiche, al punto che nel 1263 in
Francia il parlamento di Saint Martin d’hiver demandò la condizione servile al
consuetudo patriae [costume del paese], nel senso che ogni villaggio è paese 57. In
conclusione il concetto di libero è risultante dalla definizione di schiavo e servo e non
il contrario. La variabilità delle obbligazioni in uso determina quindi un’estrema
difficoltà nell’assumere delle definizioni generiche rispetto ai citati termini e la
questione si è trascinata fino al XVIII secolo rilevando le differenze giuridiche e
legislative nei diversi paesi europei58. Ciò ovviamente assume un particolare
significato nell’ambito del lessico massonico adottato dalle Constitutions di Anderson
del 1723 nelle quali la parola free-stone masons non appare mai, probabilmente per
distinguere i nuovi massoni dagli operativi delle corporazioni di mestiere.
Oggi per parlare delle prime “logge massoniche” si fa riferimento a certi sodalizi
presenti nei primi del XVII secolo in Scozia. Di alcune di queste logge si hanno notizie
della loro esistenza, dei luoghi e date di riunione, dei nomi e professione dei loro
associati ma nulla di più. Non abbiamo alcuna informazione documentale sui loro
rituali iniziatici, in che cosa questi consistessero, se fossero esoterici e a quali
esoterismi si relazionassero. Unica informazione interessante risultante da rari
documenti è che in certe logge gli associati fossero in prevalenza borghesi e nobili
di provincia con rara partecipazione di appartenenti alle residuali corporazioni
muratorie, quasi a supporre che fossero questi ultimi a essere “accettati” piuttosto
che i primi. Le prime date che confermano l’esistenza di logge massoniche risalgono
al 164159 in Scozia e poi in Inghilterra nel 164660, con la
Elias Ashmole
Sulla condizione di schiavo, servo e libero nel Medioevo si veda March Bloch Liberté et servitude
personnelles au Moyen-âge, particullièrement en France – Contribution à une étude des classes, Mélanges
historiques, 1963, p. 286-355. Lo stesso Autore cita esempi simili in Germania e Inghilterra.
58 Sempre M. Bloch rileva come l’idea di servaggio si espliciti in hommage [ossequio] che implica il
riconoscimento della sudditanza a un potere superiore e il cambiamento anche con modalità ritualistiche delle
formalità di sudditanza. Si veda Bloch Les formes de la rupture de l'hommage dans l'ancien droit féodal,
Mélanges historiques, 1963, p. 189-209.
59 In MQ 11.10.2004 si cita l’affiliazione di Sir Robert Moray il 20 maggio 1641 nella St Mary’s Chapel Lodge
di Edimburgo.
60 Cfr. Conrad Hermann Josten, Elias Ashmole (1617–1692). His Autobiographical and Historical Notes, his
Correspondence, and Other Contemporary Sources Relating to his Life and Work, Clarendon Press, Oxford,
1966, vol. II, pp. 395–396. Nel suo diario Ashmole, trentasei anni dopo [sic], annotava il 10 marzo 1682: «About
5 H: P.M. I received a Sumons to appeare at a Lodge to held the next day, at Masons Hall London» [Circa alle
5 del pomeriggio ho ricevuto una convocazione per essere presente alla Loggia che si terrà il prossimo giorno,
alla Masons Hall di Londra]. Il giorno successivo ancora annota: «11th Accordingly I went & about Noone were
admitted into the fellowship of Freemasons, Sir William Wilson Knight, Capt. Rich: Borchwick, Mr Will:
57
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
famosa annotazione nel diario di Elias Ashmole del 1682, dalla quale si deduce che
esisteva a Londra una Masons’s Hall, probabilmente la sede della corporazione dei
muratori di Londra; più interessante è il fatto, che non sembra abbia attirato
l’attenzione degli studiosi, è che Ashmole non parla di guild ma di lodge (senza
precisare la denominazione) ed è ragionevole supporre che la loggia a cui si riferisce
fosse una organizzazione esterna alla corporazione ma a essa legata se si riuniva
presso la sede corporativa. Si avrebbe quindi una conferma, se tale ipotesi è
plausibile, che la loggia non era un’emanazione della corporazione o che non era ad
essa subordinata, in altre parole che non sussisteva una filiazione diretta della loggia
dalla corporazione.
Nell’ambito della mito-storiografia si è prestata poca attenzione, anche da non
pochi storici, all’opera di David Stevenson The Origins of Freemasonry: Scotland's
Century, 1590-171061. Stevenson con un’accurata ricerca documentaria ricrea la
linea temporale del processo di passaggio dalle logge operative a quelle speculative,
avvenuto prima della fine del XVII secolo e in Scozia prima che in Inghilterra,
contestando le asserzioni inverosimili e non documentabili della mito-storia
massonica antistoricista. Un indirizzo di “history-fiction” che lascia la strada dei
documenti accertati per il sentiero del possibile e inventato più che dell’immaginabile,
un indirizzo di storia virtuale alla quale si deve riconoscere non poca forza attrattiva.
La storia della Massoneria, osserva Stevenson, non è comprensibile solo nei suoi
eventi interni: essa deve comprendere le relazioni con il contesto dei suoi
avvenimenti avvalendosi degli apporti di altre discipline sociali e umanistiche. La
documentazione sulle prime logge speculative scozzesi del XVII secolo è ampia in
Scozia, ma, per lo stesso periodo, inesistente in Inghilterra. Una sorta di
“sciovinismo” inglese ha sempre evitato di affrontare e riconoscere la validità della
problematica. Quando Stevenson riporta che le prime logge create in Scozia da nonoperativi sembra siano state quelle di Canongate Kilwining (1677), Canongate Leith
(1688)62 e Hamilton (1695)63 non sta dicendo che la Massoneria scozzese nasce alla
Woodman, Mr Wm Grey, Mr Samuel Taylour & Mr William Wise. I was the senior Fellow among them (it being
35 years since I was admitted). There were present beside myself the Fellowes after named. Mr Thos: Wise
Mr of the Masons Company this present yeare. Mr Thomas Shorthose, Mr William Hamon, Mr John Thompson,
& Mr Will: Stnaton. We all dyned at the Half Moone Tavern in Cheapside, at a Noble Dinner prepared at the
charge of the New-accepted Masons. » [Alle 11 di conseguenza, ci andai e circa a Mezzodì furono ammessi
nella fratellanza di Massoni, Sir William Wilson Knight, Capt. Rich: Borchwick, Mr Will: Woodman, Mr Wm
Grey, Mr Samuel Taylour & Mr William Wise. Ero il Compagno Anziano (essendo 35 anni da che fui
ammesso)… Pranzammo tutti alla Taverna della Mezza Luna in Cheapeside, ad un Nobile Pranzo predisposto
a spese dei Neo-accettati Massoni]; cfr. Josten 1966, vol. IV, pp. 1699–1701. Il suo diario con il titolo Memoires
of the Life of Elias Ashmole Esq, fu pubblicato nel 1717 a Londra; si veda l’editoriale su Ashmole in MQ
magazine del 11 ottobre 2004.
61 David Stevenson The Origins of Freemasonry: Scotland's Century, 1590-1710, 1990, p. 207. Cambridge
University Press, Cambridge.
62 In Cannongate, antico sobborgo di Edimburgo erano presenti diverse corporazioni (dodici) raccolte nella
Convenery of Trades of Edinburgh che comprendeva fabbri (presenti già nel 1483), cappellai, tintori, pellai,
pellicciai, macellai, operai costruttori (ai quali si aggiunsero nel 1489 i bottai e nel 1633 i pittori, i fabbricanti di
tegole e quelli di setacci). C’erano poi costruttori edili (Masons) ai quali nel 1633 si aggregarono i costruttori di
archi e volte, i vetrai, i lattonieri e i tappezzieri. Anche presenti erano le guilds di sarti, panettieri, calzolai, orafi
e tessitori. Una gilda di mercanti era operativa nel XV secolo (1403) e il re Giacomo IV di Scozia ne fu membro
nel 1505, una presenza che dava grande prestigio alla gilda. Essa riordinò il proprio statuto, garantito dal re
Carlo II, nel 1691 ammettendo cittadini non mercanti. Cfr. Tom Hoffman Guilds and Related Organisations in
Great Britain and Ireland, Bozza, 2011, p. 253.
63 Cfr. David Stevenson The Origins of Freemasonry: Scotland's Century, 1590-1710, 1990, p. 207. Cambridge
University Press, Cambridge.
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
fine del XVII secolo come altre logge inglesi, ma conferma che quelle logge erano la
conclusione di un processo avviato da tempo. Il merito di Stevenson è quello di
ricollocare la storia della Massoneria dentro la storia dei paesi Britannici. Egli,
parlando di “fasi” della storia della Massoneria (medievale, rinascimentale e
illuminista), identifica la centralità storica scozzese, in implicita polemica con chi
vuole fare una storia delle origini della Massoneria esclusivamente nella cifra inglese.
Stevenson riconosce che i primi documenti degli Old Charges o Old Constitutions
muratori sono inglesi e che non sono diversi da quelli di altre corporazioni; copie
scozzesi appaiono solo intorno nella metà del XVII secolo. In questi Old Charges
appare un accento speciale alla moralità identificata nella Geometria e nei richiami
ad antiche costruzioni come quelle egizie e il Tempio di Salomone. Questi richiami
però non giustificano una relazione di continuità storica, della quale in Scozia solo
intorno all’inizio del XVII secolo si inizia a parlare. In Inghilterra la presenza di
gentlemen nelle logge appare solo intorno agli anni ’40 del 1600 e c’è da dire che lo
svolgersi del processo di “laicizzazione” delle logge inglesi è ancora oscuro. Allo
stesso tempo, come si è visto, in Scozia e in altri paesi la pratica di ammettere nelle
corporazioni persone non del mestiere (freemen), era abbastanza usuale prima del
XVII secolo. La fase dell’influenza scozzese sulla protomassoneria inglese termina
alla fine del XVII secolo, quando nuovi stimoli intellettuali e culturali coinvolsero le
logge sia scozzesi sia inglesi, il razionalismo illuministico innanzitutto, e la
Massoneria prese un nuovo indirizzo. Stevenson rivendica al movimento massonico
scozzese un preciso e documentabile elenco di primogeniture delle manifestazioni o
aspetti che poi caratterizzeranno la Massoneria moderna:
L’antico uso della parola 'lodge' nel senso massonico moderno, e che tali istituzioni permanenti
esistevano già
Le minute di antichi libri ufficiali, e altre registrazioni di tali logge
I primi tentativi delle logge di organizzarsi a livello nazionale
I primi esempi di associazione alle logge di 'non-operativi' (persone che non erano muratori
operativi)
Antiche evidenze di collegamento delle logge massoniche con specifiche idee etiche espresse con
l'uso di simboli
Le prima testimonianze che segnalano che la massoneria è considerata come nefasta o
cospirativa
I primi riferimenti al Masonic Word (Mondo Massonico)
I primi “catechismi massonici” che espongono la Parola Massonica e descrivono le cerimonie di
iniziazione
La prima apparizione dell'uso dei due gradi o dei gradi all'interno della Massoneria
L’inizio dell’uso dei termini “apprendista entrato” e “compagno di mestiere” per questi gradi
La prima testimonianza (all'interno della Loggia di Edimburgo) dell'emergere di un terzo grado
creato, per quanto riguarda i termini alternativi di compagno e maestro per lo stesso grado, come
rimando a gradi separati (o almeno di status)64.
Scrive David Stevenson (p.7):
«Earliest use of the word 'lodge' in the modern masonic sense, and evidence that such permanent institutions
exist
Earliest official minute books and other records of such lodges
Earliest attempts at organising lodges at a national level
Earliest examples of 'non-operatives' (men who were not working stonemasons) joining lodges
Earliest examples of 'non-operatives' (men who were not working stonemasons) joining lodges
Earliest evidence connecting lodge masonry with specific ethical ideas expounded by use of symbols
Earliest evidence indicating that some regarded masonry as sinister or conspiratorial
Earliest references to the Mason Word
64
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
Stevenson riconosce al tempo stesso diversi primati alla Massoneria inglese:
Le prime copie degli Old Charges (non si conosce alcuna copia scozzese precedente alla metà del XVII
secolo)
L'impiego molto diffuso della parola 'freemason', e l'uso del termine “Massone accettato”
La prima loggia composta interamente di "non-operativi” (che può essere interpretata nel senso di come
fosse la Massoneria inglese, molto più di quella scozzese, una creazione artificiale, e non qualcosa che
nasceva esternamente dalle conoscenze e dalle istituzioni dei lavoratori della pietra)
La prima Gran Loggia65.
I muratori operativi in Scozia, ma c’è da dire anche in altri paesi, non differivano
dagli altri artigiani, però rispetto ai membri delle altre corporazioni e gilde avevano la
peculiarità di potersi spostare da una regione all’altra con una certa libertà per nuovi
lavori. Sconcertante è il fatto che dal 1590 la corporazione fu l’unica, nel mondo
corporativo, a emergere per il suo sviluppo. È in questo periodo che affiora
l’importanza di William Schaw, Maestro Reale dei Lavori (king's master of works).
Stevenson riporta che Schaw emanò nel 1598 un codice di regole
sull’organizzazione e l’amministrazione dei muratori, seguito nel 1599 da un secondo
codice nel quale sono citate la Kilwinning Lodge e le Logge di Edimburgh e Stirling;
quella di St. Andrew’s è menzionata in una minuta della loggia di Edimburgh. È in
quegli anni (1600-1601) che Schaw conferma come protettore della muratoria66
William Sinclair di Roslin, discendente di William 1° conte di Caithness della famiglia
normanno-scozzese dei Sinclair, che fece edificare la famosa Chapel of Rosslynd
nella metà del XV secolo67.
Non si sa nulla dei segreti delle logge seicentesche, nei documenti e minute di
loggia ovviamente non si riportano cose riservate e questo, come osserva
Stevenson68, crea non pochi problemi agli storici, molto meno ai mito-storici. Tuttavia
sono ben note le presenze di non operativi (freemen) in queste logge e si è visto che
tale pratica era abbastanza frequente in tante corporazioni e gilde europee medievali.
Neppure si hanno informazioni sul loro modo di operare e definirle iniziatiche ed
Earliest 'masonic catechisms' expounding the Mason Word and describing initiation ceremonies
Earliest evidence of the use of two degrees or grades within masonry
Earliest use of the terms 'entered apprentice' and 'fellow craft' for these grades
Earliest evidence (within the Lodge of Edinburgh) of the emergence of a third grade, created by a move towards
regarding fellow craft and master not as alternative terms for the same grade but as referring to separate
grades (or at least status)».
65 Ibidem p. 8:
«Earliest copies of the Old Charges (no Scottish copies are known which pre-date the mid seventeenth
century)
Widespread use of the word 'freemason', and use of the term 'accepted mason'
Earliest lodge composed entirely of 'non-operatives' (which can be interpreted as indicating how English
masonry was, much more than Scottish, an artificial creation, not something that grew out of the beliefs and
institutions of working stonemasons)
The earliest grand lodge».
66 Con atto del notaio Laurentius Robertson.
67 La cappella è un altro dei contestabili miti massonici che vorrebbero legare la famiglia Sinclair con i Templari.
In effetti le cronache riportano che un William Sinclair, Barone of Roslin e padre del Principe Henry Sinclair
morì nel 1358 in Lituania in una battaglia condotta dai cavalieri teutonici, ma non templari. La cappella fu
risparmiata da Cromwell ma sembra sia stata utilizzata come stalla dalle sue truppe. Essa fu restaurata da
James Sinclair nel 1736. È più probabile che il loculo ove appare una statua di cavaliere crociato con un angelo
sia un tributo all’antenato morto in Lituania, piuttosto che una dichiarazione di legame con i Templari.
68 Cfr. David Stevenson The Origins of Freemasonry: Scotland's Century, 1590-1710, 1990, p. 9.
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
esoteriche è una supposizione che rientra nel campo della anacronistica mito-storia
della massoneria che assegna le peculiarità note del presente a un passato ignoto.
Altro mistero sono le relazioni tra queste logge, che non potevano non esserci, anche
se probabilmente non assumevano le forme che si realizzarono nell’epoca del
cosmopolitismo massonico settecentesco. La mancanza di informazioni non significa
inevitabilmente che esistano dei segreti da cercare e svelare.
Le domande di David Stevenson sono innanzitutto: «What were the secrets
and rituals of the operative masons and how had they acquired them?» [Quali erano
i segreti e i rituali dei muratori operativi e come li acquisivano?] e poi: «Why did men
who were not stonemasons wish to participate in the activities and secrets of the
stonemasons, and what sort of men were these non-stonemasons who joined
lodges?» [perché degli uomini che non erano lavoranti della pietra volevano
partecipare alle attività e ai segreti di quei lavoranti, e che tipo di uomini erano questi
non-lavoranti della pietra che volevano aderire alle logge?]. Alla prima domanda non
si può rispondere mancando le informazioni sui rituali e i cosiddetti segreti della
muratoria. Le logge come si è visto non erano gruppi iniziatici e mancano dati per
affermare che svolgessero attività esoteriche, dunque i segreti erano eventualmente
segreti industriali e, se di segreti industriali si può parlare, questi erano acquisiti non
tramite speciali formule iniziatiche o esoteriche ma con l’esperienza lavorativa e la
guida dei più esperti. Le tecniche costruttive più complesse non erano alla portata di
tutti, solo persone istruite potevano averle studiate ed elaborate. Ma allo stesso
tempo c’è da dire che non esisteva una scienza dell’architettura e dell’ingegneria, le
metodiche costruttive erano il prodotto dell’esperienza empirica, della coscienza
degli errori fatti precedentemente e dell’intelligenza e razionalità nel trovare le giuste
soluzioni a quegli errori. Quanto più sofisticato era questo procedere empirico, tanto
più l’arte del costruire si perfezionava. Dire “arte del costruire” è antitetico a “scienza
del costruire”; il metodo e le teorie verificate e ripetibili fondano la scienza e questa
nel Medioevo non esisteva. Esperienza, memoria tecnica, intelletto e ragione sono il
bagaglio conoscitivo dell’artista e infatti all’attività costruttiva si dava la definizione di
“arte” e poiché questa era applicata a importanti opere civili, militari e religiose,
sempre sotto la protezione delle più elevate cariche civili ed ecclesiastiche, diventava
“Arte Regia”, un modo di definirla che fu adottato anche nelle logge massoniche. Tra
autorità civili-religiose e corporazioni, non potendo fare a meno le une delle altre, si
stabiliva dunque un patto di reciproco riconoscimento. Come si è sopra accennato, il
potere civile cedeva alla corporazione molte sue prerogative, facendone quasi uno
Stato nello Stato, in cambio della garanzia della continuità dell’opera e della pace
sociale.
Dunque la segretezza poteva avere senso solo per motivi di concorrenza tra
corporazioni ma, poiché si sa che i maestri muratori si spostavano in diverse regioni
lavorando per altre corporazioni, anche questa segretezza non era vera segretezza.
I rituali erano quasi certamente delle cerimonie finalizzate a impegnare il nuovo
lavorante a rispettare le regole della corporazione e i suoi compagni di lavoro e a non
rivolgersi ad altra autorità che non fosse il direttivo della corporazione per risolvere
le problematiche che fossero sorte; in cambio la corporazione s’impegnava a
garantire il lavoro e un compenso adeguato alle sue capacità, l’assistenza a lui e alla
famiglia in caso di bisogno e, in certe corporazioni, specialmente di commercianti,
che in caso di decesso la moglie lo avrebbe sostituito dentro la corporazione. Questi
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
patti erano molto impegnativi e sicuramente venivano svolti con adeguata
cerimonialità e un minimo di ritualizzazione scelta da ogni corporazione.
C’è un’altra domanda da porsi: “Se le corporazioni fossero state iniziatiche ed
esoteriche, con richiami diretti a conoscenze e pratiche pagane, come ciò poteva
essere ammesso e concesso in un’epoca di assolutismo teologico, quando la Chiesa
interveniva con un capillare controllo sociale e con intransigenza contro ogni forma
di conservazione delle pratiche pagane?”. Qualcuno potrebbe rispondere che queste
pratiche esoterico-magiche erano il segreto delle corporazioni, ma è una risposta che
discende dal presupposto non dimostrabile che esistessero tali pratiche ed è difficile
credere che in tutte le regioni europee e in tutte le corporazioni di mestiere un tale
segreto si sia mantenuto per molti secoli senza che qualche informazione potesse
trapelare.
Con sottile ironia Stevenson rileva un certo snobismo nell’assegnare ai
muratori di cantiere «the work of respectable, educated gentlemen» [il lavoro di
rispettabili, colti signori]. L’Autore con accuratezza semiologica osserva che ci sono
dei limiti alle interpretazioni possibili. Stevenson è radicale e provocatorio quando
perentoriamente osserva che la distinzione tra operativi e speculativi vuole
distinguere due fasi storiche: come dice l’Autore, questa è una definizione (di
speculativi) molto bizzarra, che sopravvaluta le differenze di status sociale quando
sostiene che la Massoneria moderna è iniziata allorché i gentlemen entrarono nelle
logge operative. Di modo che la Massoneria sarebbe definita dal rango (rank) delle
persone che svolgono certe attività, e non dalle attività stesse69.
Osserviamo che la massoneria all’inizio del XVIII secolo usciva dalla
segretezza delle logge seicentesche e si collocava apertamente nella società,
configurandosi come associazione di carattere civile (Gran Loggia), in quanto
immersa nella concretezza sociale e culturale contingente e i cui membri dovevano
avere una rilevante posizione sociale. Ciò è bene evidenziato dalle liste di membri
della Premier Grand Lodge nelle quali tra i primi Gran Ufficiali figuravano in
maggioranza i gentlemen (librai, scienziati, eruditi), ma molto presto questi vennero
sostituiti da esponenti della nobiltà e dell’alta e ricca borghesia.
Le dichiarazioni da parte delle nuove logge massoniche di benevolenza e di
altri rapporti diretti con la collettività civile si emancipa però dalle sociali prescrizioni
di cultura religiosa delle epoche precedenti e di quel momento, e questo è certamente
una novità culturale. I fondatori erano persone abbastanza spesso aderenti alle
forme di religiosità sia deista sia latitudinaria, ma in un insieme abbastanza confuso
di tensioni anglicane, episcopali e di altri riformismi religiosi, nonché cattolici. Ciò che
comunque surrettiziamente unificava le diverse posizioni era l’idea di una “morale
universale" che si distaccava dalle specifiche espressioni morali delle tante chiese;
anche erano presenti e non rare le menti culturalmente operanti, come i libertini colti
e gli atei illuminati.
Questo mescolamento di aspettative religiose e anche politiche, tutte tese a
rompere con le sanguinose guerre di religione, diede luogo all’elaborazione non di
una generica spiritualità ma a una idea di morale universale dell’uomo che si esplicitò
nel primo articolo delle Constitutions of Free Masons del 1723.
La prima spiritualità massonica non aveva valenze strettamente religiose, era
«That would make the rank of a person doing certain things, not the things themselves, define
freemasonry.» Ibidem p. 12.
69
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
connessa alle nuove idee sorte dalla disillusione che la religione e la spiritualità
chiesastica potesse risolvere i problemi umani contingenti, elaborando nuovi modi di
interpretare il mondo, la natura e l’uomo in una chiave fondata sulla morale piuttosto
che sulla fede. I primi massoni volevano realizzare un’umanità nuova e più elevata
nell’oggi senza rimandare all’aldilà e questa era la loro idea di “progresso” umano.
Una sorta di rivoluzione culturale che laicizzava la tradizione di formale religiosità
delle corporazioni medioevali e gli stessi richiami alla Bibbia avevano il senso
allegorico di un modo di pensare e di agire estraneo alla religione codificata, perché
sempre nel primo articolo è esplicito il fatto che le religioni sono fenomeni legati alle
singole realtà sociali che tendono a imporle a tutti, violando la libertà di coscienza. Si
potrebbe allora affermare che le prime logge massoniche furono la prima forma di
laicizzazione, poiché si separava l’associazionismo massonico da ogni forma di
confessionalità religiosa e la laicizzazione non è la secolarizzazione.
Che cosa fossero e come operassero le logge dei primi decenni del XVIII
secolo è ancora oggi abbastanza cosa avvolta nel mistero e qui poco interessa
riportare ipotesi senza fondamento documentale. Unica osservazione da fare è che
esse non rispecchiavano in alcuna forma le corporazioni medioevali se non per
qualche aspetto allegorico come l’adozione di certi strumenti ritualistici e simbolici,
tipo gli strumenti usati dai costruttori (squadra, compasso, livella, scalpello, martello,
grembiule di lavoro, ecc.) e la gerarchia interna dei due gradi di Apprendista e
Compagno. Ogni altra caratteristica delle logge massoniche fu di estrema novità
rispetto al passato, un passato che assunse la veste di richiamo allegorico e non di
continuità storica, ma piuttosto di contiguità ideale. Si creò una inedita struttura
organizzativa, la Gran Loggia, che estremizzando potrebbe richiamare le
corporazioni dei plurimi mestieri del XVII secolo.
Dai dati di fatto attualmente conosciuti nei precedenti associazionismi di
mestiere romani o medievali non esistevano rituali iniziatici, ugualmente non si hanno
notizie di pratiche esoteriche ma eventualmente di pratiche a carattere di pubblica
religiosità e di cerimonialità istituzionale interna. Gli stessi ruoli assegnati agli “ufficiali
di loggia” nella Premier Grand Lodge non esistevano in epoche precedenti e le nuove
“logge” non corrispondevano come struttura organizzativa alle corporazioni. Unica
eccezione può essere stata quella dell’uso del termine Waren, Guardiano
Sorvegliante assegnata a Schaw, però allora nel senso di garante davanti all’autorità
pubblica, ruolo diverso da quello delle logge massoniche settecentesche.
La “loggia” nella nuova semantica definisce il gruppo di affiliati, mentre tutti
sanno che originariamente era una struttura edile presente nel cantiere che
adempieva alle funzioni di deposito e di riunione e che estensivamente si applicava
alla corporazione.
Antecedentemente le diverse figure di lavoratori della pietra erano incarnate
da soggetti quasi sempre analfabeti, appartenenti al popolo e solo alcune rare figure
di progettisti e capicantiere possedevano dei livelli culturali superiori. Condizione ben
diversa nelle logge massoniche costituite tutte da persone istruite e colte. Gli stessi
arredi delle logge forse furono una novità, anche se non si ha idea di come fossero
arredate le logge di cantiere. È difficile pensare che in una realtà prettamente
operativa si addobbassero i locali di lavoro in modo caratteristico o ritualistico se non
in rare occasioni.
La parola loggia (sin. in inglese di lodge) nell’inglese del XVII e XVIII secolo
Critica Massonica n. 0 – gen. 2017
aveva il significato di piccolo edificio o di abitazione del portiere di una casa e il verbo
to lodge era quello di alloggiare, allocare in abitazione temporanea70. Il riferimento
nell’ambito del costruire è evidente, la loggia è una piccola costruzione dove riporre
qualcosa e riunirsi, dunque è un termine usato per definire una struttura dalle plurime
funzioni all’interno del cantiere di lavoro. Anche pensando che certi cantieri potevano
operare per decine di anni non si può ritenere che tale struttura fosse parte costitutiva
della corporazione, che svolgeva le sue attività in altre sedi più adeguate e dentro la
città. La loggia era un edificio più o meno stabile nel quale innanzitutto lavoravano i
progettisti dell’edificio preparando i piani costruttivi e dando le direttive operative del
cantiere e gestendo le questioni amministrative più immediate. In essa probabilmente
si svolgevano riunioni tra i capimastri delle plurime attività che necessitavano alla
costruzione dell’edificio. Forse in qualche sua parte venivano anche custodite tutte
quelle strumentazioni specialistiche necessarie ai capimastri e architetti e anche
come archivio della documentazione amministrativa e operativa del cantiere. Alla fine
della costruzione, quando il cantiere veniva chiuso anche la loggia esauriva la sua
funzione. Forse veniva abbattuta o forse era conservata per altri usi. Riferendosi al
luogo di riunione dentro i cantieri edili, aveva per i primi massoni la suggestione di
richiamare appunto questo senso di collettività riunita in uno spazio ristretto e
riservato, per uno scopo grandioso e di discussione su questioni di rilevante
importanza e forse questa fu la ragione di fondo della scelta del nome, dandone un
significato simbolico.
Ci sono domande alle quali sembra ci sia ritrosia da parte della massoneria
ufficiale al solo manifestarle. Le logge massoniche operavano in assoluta
segretezza, perché? Non era certo il costume delle corporazioni alle quale si
rifacevano. La risposta che le logge massoniche volessero ripercorrere
simbolicamente o allegoricamente i segreti operativi delle corporazioni è una risposta
debole. Perché svolgevano dei rituali cerimoniali di cui non si ha notizia negli allora
conosciuti antichi statuti corporativi se non verso la fine del XVII secolo? Erano quindi
rituali che nascevano da esigenze interne delle logge massoniche, era il bisogno di
darsi una solidità ideologica? Le risposte non possono che essere ipotetiche.
Piuttosto s’impone una domanda più seria: le prime ritualità delle logge alla fine del
XVII secolo erano veramente ritualità iniziatiche o solo cerimoniali, come lo erano
quelle delle corporazioni? Il concetto di iniziaticità non sembra appartenere alla prima
massoneria speculativa. Nella documentazione conosciuta si parla sempre e solo di
Accepted Free Masons, di accettati e non di iniziati (Initiated). Come dire che il nuovo
massone era accettato nella loggia e non iniziato alla massoneria e comunque
l’eventuale uso del termine Initiated aveva sempre il senso di accettazione71. Questa
Si veda in A complete dictionary of the English language, 1797, By THOMAS SHERIDAN, A.M. the fourth
edition, vol, II, London, pr. for Charles Dilly et al., 1767: « To LODGE, Iodzh'. v. a. To place in a temporary
habitation; to afford a temporary habitation; to place, to plant; to hx, to settle; to place in the memory; to harbour
or cover; to afford place to; to lay flat. - To LODGE, lòdzh'. v. n. To reside, to keep residence; to take a
temporary habitation; to take up residence at insight; to lie flat. - LODGE, Iodzh'. f. A small house in a park or
forest; a small house, as the porter's lodge». Si veda anche: An Universal Etymological ENGLISH
DICTIONARY..., Twentieth Edition with considerable Improvements, by N. Bailey, London, 1763: «A LODGE
[loge. P.] a Hut or Apartment for a Porter of a Gate, &c. – To LODGE {loger, F. jelojian, Sax.] to lay up; to take
up Lodging in. - To LODGE [among Hunters] a Buck is faid to lodge, when he goes to Rest. - LOGE, a Lodge,
a Habitation. Chou».
71 Robert Cawdrey nel suo A Table Alphabeticall Of Hard Usual English Words, London, Printed by I. R.
for Edmund Weaver, 1604, definisce «Initiated: to begin, instruct, or enter into» [incominciare, istruire, o entrare
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è una problematica che ancora deve essere affrontata, quella del significato di
“iniziazione” massonica.
Il fatto che queste logge post-corporative fossero costituite da membri operativi
aperti a estranei non è una novità, come si è visto tale prassi sussisteva già in non
pochi casi sul suolo britannico da molto tempo. Più attendibile sarebbe la tesi che le
prime logge massoniche fossero circoli sussidiari non interni alle corporazioni e non
necessariamente creati dalle stesse corporazioni, ma piuttosto da cittadini di rilievo
della municipalità o liberi imprenditori e comunque non membri della corporazione o
sotto servitù, dunque freemen. Circoli nei quali si svolgevano varie attività anche di
discussione e studio su materie estranee a quelle tecniche trattate nei cantieri di
costruzione e che le eventuali tematiche scientifiche muratorie come la matematica
e la geometria fossero trattate all’interno di una visione più teoretica e da qui la
corretta denominazione di “logge speculative".
Conclusioni
La nascita della Gran Loggia nel 1717 sancì la definitiva rottura di una supposta
continuità storica tra logge massoniche e corporazioni operative definendo una
struttura organizzativa assolutamente originale con dei rituali innovativi e delle regole
inedite. Unica somiglianza con le corporazioni seicentesche risiede nel fatto che con
la crisi economica del Seicento le corporazioni divennero una sorta di Trade Unions
unificando disparati mestieri e che nei primi del Settecento diverse logge si vollero
federare in un’unica organizzazione.
All’interno di questo tema della continuità storica tra corporazioni romane,
medioevali e logge massoniche c’è un aspetto che meriterebbe un’apposita e più
approfondita trattazione, quello dell’asserita continuità di spiritualità in chiave
esoterica tra i tre diversi fenomeni. In sintesi, sia le corporazioni romane sia quelle
medioevali e le logge avrebbero svolto un’operatività ritualistica e un pensiero
esoterico, che qualcuno precisa come ermetico-esoterico, di valenza spiritualistica.
L’affermazione è difficilmente documentabile e al momento aspetta di essere
convalidata storicamente, assumendo più il carattere del desiderato che
dell’avverato. Si è visto che non esistono documenti che attestino rituali o generiche
pratiche esoteriche nei Collegia romani e neppure esistono informazioni attendibili
che ciò avvenisse nelle corporazioni e gilde medioevali. Dunque non sarebbe questo
esoterismo un elemento caratterizzante i due associazionismi di mestiere e neppure
lo sarebbe quello di una generica spiritualità. Non è questa la sede per una disamina
del carattere spirituale degli esoterismi, anche perché la stessa parola spirituale è
troppo generale e di difficile e complessa interpretazione. A loro volta erano
spiritualiste le logge massoniche della prima ora? Anche qui è impossibile dare una
risposta per la mancanza di informazioni, non sapendo neppure se svolgessero
attività esoteriche e di quali forme specifiche di esoterismo. Si sa che singoli massoni
del Settecento s’interessavano e appassionatamente di esoterismi vari, ma questo
non è sufficiente per avvalorare la tesi che le logge del ‘600 e del ‘700 fossero nella
generalità logge esoteriche e si deve arrivare intorno alla metà del XVIII secolo per
osservare una tale generalizzazione. Anche accettando l’argomentazione che
esoterismo e spiritualità s’identifichino la tesi che la massoneria originaria fosse
spiritualista è ancora da dimostrare. È più probabile che il baricentro culturale fosse
in].
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la moralità o meglio il tentativo di fondare una moralità slegata dai particolari culti
religiosi allora in forte contrasto tra loro, una moralità quindi più laica e civile che
spirituale.
In merito alle corporazioni medioevali non esistono documenti dall’Alto al Basso
Medioevo che dimostrino che tali corporazioni operassero sulla base di una
spiritualità riferibile in chiave esoterica e ancor meno ermetica. L’ermetismo in
particolare non è un
compiuto corpus teorico come potrebbe essere l’alchimia o l’astrologia, esso apparve
attorno al II secolo d.C. nella cultura ellenistica e si sviluppò come un insieme intricato
di dottrine mistico-religiose, di astrologia semitica, di elementi delle filosofie
platoniche e pitagoriche, di religiosità gnostiche e, pare, anche di richiami magici
egizi72. L’interpretazione degli esoterismi e specialmente quelli ermetici in chiave
spirituale-religiosa apparve nel Rinascimento con il ritrovamento e la traduzione dei
testi esoterici antichi; specialmente nel XIX e XX secolo si consolidò una
sovrainterpretazione spiritualistica dei testi ermetici e di altri esoterismi. È difficile
provare che le corporazioni medioevali e in particolare alcuni progettisti/architetti
fossero a conoscenza di questi testi non ancora tradotti in latino.
D’altro canto la vera questione è che manca al moderno concetto di “spiritualità”
massonica un preciso indirizzo e costrutto ermeneutico ed epistemologico e che con
questa parola general-generica si può intendere qualunque aspetto umano che non
sia di concretezza biologica. La cosa fondamentale tuttavia è che tale spiritualità
massonica non è definita in senso iniziatico e dire che essa è esoterica non risolve
la questione, ma crea ulteriore complicazione aggiungendo un termine che
anch’esso deve essere precisato nel suo valore iniziatico-massonico, perché i termini
“spirituale” ed “esoterico” non sono sinonimi e l’uno non qualifica l’altro, così come
“massonico” ed “esoterico”.
Nel linguaggio umano le parole servono a descrivere la realtà, visibile o
invisibile, fisica o metafisica, ma se le parole usate non vengono definite con
precisione non si descrive alcuna realtà.
Non si conoscono le versioni originali del Corpus Ermeticum, una collezione di scritti ermetico-neoplatonici,
ma solo la traduzione greca risalente al XI secolo per opera del bizantino Michele Costantino Psello. Il suo
testo fu poi acquisito intorno al 1460 da Cosimo dei Medici che lo fece tradurre da Marsilio Ficino in latino.
Isaac Casaubon, nel De rebus sacris et ecclesiasticis del 1614 dimostrò che gli scritti ermetici non erano
anteriori all’epoca ellenistica e dubitò che Ermete sia mai esistito. Tale tesi ermenutica ancora non è stata
confutata.
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