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La svolta biografica (The Biografical Turn)

2019, Annuario Fata Morgana Web

This paper analyses two possible approaches to biographical movies in the present day drawing on the opposition between classical and modern cinema proposed by Gilles Deleuze. Classical and modern should be here intended as specific qualities of the biographical narrative, instead of general definition of a biographical movie. Whereas classical biopics aims to reconstruct a certain life, modern biopics seems on the contrary more focused on the invention of life: if the former demands to be evaluated upon its compliance with the past, the latter should be inquired upon the scope of its dialectic with the present. This way, biography could be thought as a powerful methodological tool to question images as decisive moments in the processes of configuration of meaning connecting citizens and community, past and present, history and memory.

Collana diretta da Roberto De Gaetano Serie No Man’s Land 2 3 Frontiere. Oltre il cinema Collana diretta da Roberto De Gaetano Comitato scientifico Gianni Canova, Francesco Casetti, Ruggero Eugeni, Pietro Montani, Dork Zabunyan FaTa MoRGaNa WEB 2019 a cura di alessandro Canadè e Roberto De Gaetano Coordinamento Nausica Tucci (responsabile) Massimiliano Coviello e angela Maiello (serie televisive) Redazione Simona Busni, antonio Capocasale, Loredana Ciliberto, Caterina Martino, Teresa Lara Pugliese, Pietro Renda Segreteria di redazione Giovanna Corigliano, Melina Craveli, Roberta D’Elia, Carmen Morello, Nadine Passarello, Francesca Pellegrino Volume pubblicato con il contributo dell’Università della Calabria Proprietà letteraria riservata © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy ISBN: 978-88-6822-849-1 Stampato in Italia nel mese di novembre 2019 per conto di Pellegrini Editore Via Camposano, 41 (ex Via De Rada) - 87100 Cosenza Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672 Sito internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinieditore.it E-mail: [email protected] I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. 4 FATA MORGANA WEB 2019 30 Discorsi La svolta biografica Giacomo Tagliani Se ne parla ormai da anni di una svolta biografica che ha investito tanto la nostra cultura quanto la ricerca accademica in ambito umanistico. Molte svolte l’hanno preceduta – di preferenza all’inglese: linguistic, cultural, semiotic, pictorial, visual, affective, solo per citare le più note – e ancor di più la seguiranno, di questo possiamo stare certi. Tuttavia, mentre tutte queste portano con loro un’idea di metodologia prima ancora che di oggetto, il biographical turn sembrerebbe indicare solo un interesse diffuso per il racconto delle vite di individui – più o meno famosi – realmente esistiti. Una moda, dunque, e niente di più. Ma davvero il “nuovo corso biografilo” non è niente più che un vezzo del tempo presente, legato alla «retromania»1 dilagante in questo scorcio di nuovo millennio? Oppure, al contrario, nelle pieghe del racconto della vita è forse possibile trovare un motivo più profondo di interesse, capace di far risuonare in modo cristallino i nodi sensibili del contemporaneo? Se ci fermiamo a un livello superficiale, il 2019 è stato per il cinema mondiale l’anno dove tale svolta biografica si è percepita con maggiore chiarezza. Non è solo una questione di dati bruti, che pur qualcosa vogliono comunque dire, ma anche di riconoscimenti attribuiti alle opere basate sulla vita di personaggi storici2, soprattutto agli Oscar, che hanno definitivamente lanciato questo filone (più che un genere) nello scenario mondiale, come del resto testimoniano i riscontri di critica e pubblico. Si possono scorrere in ordine sparso alcuni titoli prodotti tra la fine dell’anno passato e quello in corso: The Mule di Clint Eastwood, Green Book di Peter Farrely, Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità di Julian Schnabel, Vice di adam McKay, Bohemian Rhapsody di Bryan Singer, BlacKkKlansman di Spike Lee, Rocket Man di Dexter Fletcher, Il traditore di Marco Bellocchio, Rolling Thunder Revue e The Irishman di Martin Scorsese, sino alla riscrittura della tragedia per eccellenza del mondo hollywoodiano (quella di Sharon Tate, Roman Polansky e Charles Manson) in C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino. Diversità di temi, di generi, di stili, di produzioni e di autori (alcuni recidivi nella loro passione biografica), che in un modo o nell’altro hanno segnato in profondità l’anno trascorso e – almeno in qualche caso – prometto- 1 Su questo termine, e sulle sue implicazioni nell’ambito della cultura pop contemporanea, si rimanda a S. Reynolds, Retromania, tr. it., Minimum Fax, Roma 2011. 2 Qualcosa che si riscontra anche fuori dal campo cinematografico, ad esempio la vittoria del Premio Strega da parte di antonio Scurati con il suo M. Il figlio del secolo. 31 FATA MORGANA WEB 2019 no di lasciare un segno nei mesi a venire. Senza dimenticare l’ingente produzione di Bollywood, nonché le aspettative che circolano per il 2020, quando dovrebbe uscire in sala, per restare al contesto italiano, Hammamet di Gianni Amelio, film sull’ultimo scorcio della vita di Bettino Craxi. Sono dunque lontani i tempi in cui «nessuno voleva essere beccato a fare un biografico», per citare Dennis Bingham3, uno dei pochissimi studiosi che ha dedicato consistenti ricerche al biopic. Oggi il biografico è un terreno fertile e rispettato, che soprattutto sembra essere in grado di coniugare incassi e qualità, diventando dunque appetibile tanto per i registi quanto per le case di produzione, nonché infine per gli attori, quasi certi di conquistare un qualche premio prestigioso interpretando figure riconoscibili e radicate nell’immaginario spettatoriale. Le frasi di commiato per il genere spese alla fine del secolo scorso4 appaiono adesso ben poco profetiche, anche in considerazione del ruolo della serialità televisiva più recente nel tradurre il racconto della vita – e in particolare di quella dei cosiddetti idoli di produzione5 – nelle forme più adatte per sviluppare appieno la complessità dei personaggi rappresentati (si pensi a due operazioni molto diverse come la miniserie FX Fosse/Verdon e The Crown, creata da Peter Morgan per Netflix e giunta quest’anno alla terza stagione). C’è tuttavia un aspetto che rimane ancora poco esplorato in questa svolta biografica, ed è qui che il cinema sembra poter invece gettare uno sguardo decisamente fecondo per comprendere meglio tale fenomeno e al contempo per far valere la biografia come lente per rileggere nodi cruciali di un passato che, come sempre più spesso accade, arriva a lambire i territori del presente. L’aspetto in questione è esattamente la comprensione del portato teorico di un ipotetico “metodo biografico”: cosa può restituire in più rispetto alla tradizionale storiografia in termini di conoscenza del passato?6 Ben oltre la contiguità con la microstoria, e dunque di un approccio orientato allo studio del concreto e del vissuto, il concetto stesso di “racconto della vita” pone l’accento su due aspetti che trovano nella pratica artistica il loro più alto luogo di elaborazione. Si può dunque ben dire che la biografia trova la sua massima ragion d’essere nella riconfigurazione attraverso la narrazione romanzesca, e ancor meglio attraverso quella cinematografica: perché più che la ricostruzione delle azioni e delle emozioni, delle parole e dei pensieri, quanto rimane impresso nell’immaginario sono appunto le immagini, le istantanee che hanno definito la vita singolare di qualcuno che, in un modo 3 D.F. Bingham, The Lives and Times of the Biopic, in A Companion to the Historical Film, a cura di R.a. Rosenstone, C. Parvulescu, Wiley–Blackwell, Oxford 2013, p. 237 (traduzione mia). 4 Si veda ad esempio G.F. Custen, Bio/Pics. How Hollywood Constructed Public History, Rutgers University Press, New Brunswick 1992. 5 Contrapposti agli “idoli di consumo”, gli idoli di produzione sono quelle figure che hanno lasciato un segno nella Grande Storia in quanto suoi attori principali, vale a dire sovrani, politici, industriali, intellettuali, artisti affermati; si veda. L. Lowenthal, Biographies in popular magazine, in Radio Research 1942–1943, a cura di P. Lazarsfeld, F. Stanton, Duell, Sloan and Peirce, New York 1944. 6 attorno a questo interrogativo si sviluppa tutto il recente The Biographical Turn. Lives in History, a cura di H. Renders, B. De Haan, J. Harmsma, Routledge, oxon-New York 2017. 32 Discorsi o nell’altro, ha conquistato una specie di «diritto alla biografia»7. Tuttavia, l’operazione biografica non è affatto monolitica. Guardando da vicino i biopic che hanno segnato gli anni più recenti del cinema mondiale si possono infatti delineare due grandi direttrici: da un lato la ricostruzione della vita, dall’altro la sua invenzione. Si tratta di due strategie divergenti, che intercettano due plessi problematici distinti: nel primo caso la storia, nel secondo il presente. Da una parte dunque il film si definisce come luogo di presentificazione dell’assenza e terreno di produzione di una memoria pubblica condivisa, percorrendo la strada di un dispositivo spettacolare che accoglie la richiesta di immedesimazione da parte dello spettatore. Dall’altra, al contrario, il film si configura come campo tensivo di diagnosi dell’attualità, finendo per distanziarsi dall’oggetto (e dal soggetto) della rappresentazione e dispiegando un pensiero capace di far vibrare le corde problematiche del contemporaneo. È evidente che questa dicotomia ricalca da vicino la polarità classico-moderno ipotizzata da Deleuze: coinvolge lo statuto di verità del racconto (indipendentemente dalla sua piena aderenza ai fatti storici), la natura dei momenti descrittivi (ovvero le possibilità significanti di oggetti e ambienti al di là della loro funzione d’uso o più immediatamente simbolica), la tipologia dei personaggi e la loro capacità di integrazione con le vicende (in quanto soggetti d’azione o percezione, legati a schemi senso-motori od ottico-sonori)8. Così, se la prima direttrice appartiene alla classicità cinematografica, che ispira quella del film biografico sviluppata a Hollywood tra anni trenta e anni sessanta, la seconda richiama invece incessantemente la tradizione della modernità, recuperandone, oltre ai tratti appena menzionati, anche un aspetto centrale: l’importanza delle immagini nella costruzione di una memoria pubblica di una determinata figura9. La modernità biografica – lo si sarà certamente già intuito – costituisce una tendenza minoritaria all’interno del mondo dei biopic, che tuttavia mostra i segni di una grande vitalità e di un progressivo aumentare del suo radicamento nell’orizzonte cinematografico del presente. Trasformando quelle figure della storia in personaggi concettuali – che non hanno «niente a che vedere con una personificazione astratta, con un simbolo o un’allegoria»10 ma incarnano la creazione stessa dei concetti di un autore – quei registi che si cimentano con l’invenzione della vita trovano nei corpi sedimentati nell’immaginario il punto privilegiato di attualizzazione di un pensiero filmico. Bob Dylan, o della 7 Per questa analisi della biografia, nel contesto di una tipologia della cultura, si veda J.M. Lotman, Il diritto alla biografia. Il rapporto tipologico tra il testo e la personalità dell’autore, in Id., La semiosfera. L’asimmetria e il dialogo delle strutture pensanti, tr. it., Marsilio, Venezia 1985, pp. 181-199. 8 Sulle caratteristiche di tale categorizzazione il riferimento è ovviamente G. Deleuze, Cinema 2. L’immagine-tempo, tr. it., Ubulibri, Milano 1989. 9 Su questa estensione nel XXI secolo delle coordinate della modernità cinematografica rivolte all’interrogazione tanto del mondo quanto del cinema si rinvia a P. Masciullo, La sopravvivenza di uno stile moderno, in Fata Morgana Web 2018. Un anno di visioni, a cura di a. Canadè, R. De Gaetano, Pellegrini, Cosenza 2018, in particolare pp. 27-28. 10 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, tr. it., Einaudi, Torino 2004, p. 53. 33 FATA MORGANA WEB 2019 dissimulazione; oliver Hardy e Stan Laurel, o dell’idiozia; Tommaso Buscetta, o del tradimento; Dick Cheney, o dell’invisibilità11: un lungo elenco di nomi e di concetti, uniti indissolubilmente nella concretezza della vita individuale e delle immagini che le hanno definite in quanto tali. Per riprendere allora il quesito dal quale siamo partiti, quale sia cioè l’eventuale apporto teorico di questa svolta biografica non solo nei confronti della cultura in generale ma anche della stessa metodologia della ricerca (accademica quanto artistica), si può avanzare questa ipotesi: il film biografico, nella sua declinazione “moderna”, mostra in maniera esemplare la necessità di interrogare le immagini in quanto momenti decisivi nei processi di configurazione del senso che legano cittadini e comunità, passato e presente, storia e memoria12. Non è un caso che la presenza dei mezzi di comunicazione sia diventata una componente irrinunciabile all’interno dello spazio diegetico organizzato dall’opera: perché questa dimensione mediale viene letteralmente attorializzata, trasformando i media in personaggi con i quali (o contro i quali) il o la protagonista delle vicende deve entrare in una relazione il più possibile efficace. E la messa in immagine di figure che hanno definito la propria dimensione pubblica attraverso delle specifiche forme di rappresentazione (dato che è questo l’inevitabile orizzonte di riferimento di ogni riflessione sui media nella cornice del contemporaneo) non può che generare dei processi metadiscorsivi che, ben lontani da ogni autoriferimento di sapore simulacrale, dischiudono all’opposto le possibilità di un discorso diagnostico sulle forme di costruzione dell’immaginario che fungono da collante tra le varie componenti della società o – nel campo specifico dell’esperienza filmica – tra la scena e lo schermo. La modernità biografica, pertanto, diventa discorso di secondo grado sulla possibilità stessa della biografia come conferimento di senso alla vita individuale nelle sue concordanze o discordanze con il tempo al quale si rivolge. Ma quest’ultimo non necessariamente è “in asse” rispetto al tempo esistenziale del soggetto: l’anacronismo si profila quindi come il grande principio regolatore di una biografia che inventa la vita del singolo perché è lì, nella corporeità attraversata dalle forze della storia, che le tensioni del contemporaneo possono trovare un luogo di elaborazione esemplare. E il film biografico si configura allora a sua volta come un oggetto che appartiene costitutivamente all’ordine del contemporaneo: è proprio nella superficie dell’opera, infatti, che si può distinguere con chiarezza quella singolare relazione col proprio tempo «che aderisce a esso attraverso una sfasatura e un anacronismo»13. La svolta biografica è dunque davvero tale a patto di riferirla in primis al discorso biografico stesso: un détournement dello sguardo che interroga la vita individuale come luogo di concrezione di tensioni storiche, etiche, politiche e sociali che imprimono il 11 Si vedano, rispettivamente, infra, pp. 255-257; 278-280; 298-302; 319-322. Su questo aspetto rimando a G. Tagliani, Biografie della nazione. Vita, storia, politica nel biopic italiano, Rubbettino, Soveria Mannelli 2019. 13 G. agamben, Che cos’è il contemporaneo?, Nottetempo, Roma 2008, p. 9. 12 34 Discorsi loro segno sulla carne viva. In un’epoca ossessionata dalla verità, o meglio dalla veracità, dell’esistenza, la modernità biografica non chiede più di essere giudicata sulla base della sua aderenza al passato, bensì della sua dialettica con il presente. Solo così, solo se raggiunge questo stato di tensione anacronistico tra tempi distanti, può pensarsi come strumento di metodo, uno tra i più innovativi ad essersi affacciati recentemente nello spazio della nostra cultura. 35