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Novaria: una fiaba natalizia del Piemonte di Nord-Est

Maria Cristina Riffero Novaria: una fiaba natalizia del Piemonte di Nord-Est Novaria: una fiaba natalizia del Piemonte di Nord-Est C'era una volta, non poi così tanto tempo fa, una bambina di nome Novaria. Era nata in una città che ogni anno riviveva, nel periodo di Primavera, un clima lagunare, quando l'acqua invadeva le risaie della limitrofa campagna. I genitori l'avevano così chiamata perché il suo arrivo aveva portato un senso di vita nuova nella famiglia, un'aria di rinnovamento e di senso del futuro, ovvero, aveva portato nella casa dove era giunta una nota di speranza. Novaria cresceva bella e sana ma al tempo stesso era una bambina pigra e capricciosa, che amava la comodità sopra ogni cosa. Da piccina piangeva se i genitori le dicevano di camminare anziché essere comodamente portata a passeggio sul suo trono mobile, come, con orgoglio, definiva, agli altri bambini con cui si relazionava, il suo passeggino e, poi, crescendo, preferiva essere accompagnata in auto in ogni dove, anche per minimi tratti, piuttosto che sfruttare il prezioso dono della mobilità delle proprie gambe. I genitori, saggi ma inascoltati e incapaci di opporsi con fermezza ai suoi capricci, la apostrofavano, però, sempre e, a volte, anche con durezza, dicendo che al mondo c'erano tante persone, sia giovani che più adulte, che tanto avrebbero voluto riavere l'uso delle gambe, dono prezioso che lei non sfruttava, perché costretti, da malattie, incidenti o malformazioni all'uso della sedia a rotelle, magari fin dalla nascita e le dicevano, anche, che c'erano persone con queste disabilità motorie che avevano in loro una così forte vitalità e volontà da farsi costruire degli arti artificiali o usare la stessa carrozzina come gambe meccaniche per poter partecipare a competizioni e gare sportive, riuscendo vincitori di medaglie. 1 Invece, Novaria, che aveva il perfetto uso di ogni parte del corpo, era dominata dalla pigrizia, non sapeva che farsene dell'attività fisica, men che meno dell'agonismo sportivo. Del resto, si ricordava che i suoi genitori, amanti delle cose belle, le avevano fatto vedere un dipinto, conservato nel Museo Civico della sua città, copia di una celebre Pala d'Altare, La Madonna degli Aranci di Gaudenzio Ferrari, che, dal 1529, ornava l'altare maggiore della Chiesa di San Cristoforo, in una città a venti chilometri, circa, di distanza da quella in cui lei era nata e, pure questo altro borgo, in primavera, veniva circondato dall'acqua delle risaie, anzi, era conosciuto come la Capitale Mondiale del Riso. In questo imponente quadro, così come nella copia, si vedeva il Bambino Gesù, dai magnifici capelli rossi, che i suoi genitori, sempre le avevano detto, essere il più virtuoso ed obbediente tra tutti i bambini del mondo, farsi trasportare, attraverso un guado, comodamente adagiato sulle spalle di San Cristoforo, un gigante, pure lui dai magnifici capelli rosso-aranciati e, per maggior sicurezza, il piccolo si ancorava con una manina al bastone nodoso e tortile, quasi un caduceo di Mercurio, che il santo gigante teneva con entrambe le mani. Novaria aveva dedotto che se il bambino più virtuoso e santo nella storia dei tanti bambini che l'umanità aveva generato si faceva così comodamente portare in spalle anziché guadare il corso d'acqua sguazzando nel fiume tra le gambe del poderoso gigante Cristoforo, anche lei, bambina assai meno virtuosa, avrebbe potuto continuare a farsi trasportare, in modo comodo, dove aveva necessità di andare, trascurando i rimproveri dei genitori alla sua scarsa attività fisica. Però, così, faceva solo un minimo indispensabile di attività motoria per raggiungere l'auto che era sistemata sempre in luoghi strategici alla sua comodità perché, altrimenti, erano capricci ed usando l'ascensore, anziché le scale, lamentando stanchezza ed affaticamento perenne. Vivendo in questo modo, un giorno, capitò che Novaria perse in modo totale l'uso delle gambe, se le trovò atrofizzate e non 2 poté più scendere dal letto, ne fare quei minimi spostamenti che ogni giorno la sua pigrizia le consentiva di compiere. E, così, capì che i genitori quando la ammonivano per la sua scarsa pratica fisica avevano ragione, perché da quel giorno, spostandosi in modo obbligato sulla sedia a rotelle, che era diventata una carrozza di tortura, in sostituzione alla carrozza di comodità e piacere, come lei definiva il passeggino degli anni d'infanzia, guardava con un moto di invidia e rabbia la gente che camminava, che correva, insomma, che aveva la possibilità di muoversi e spostarsi senza avere il costante bisogno della presenza di un assistente per ogni più piccola cosa. Novaria si rese conto che la sua pigrizia le aveva fatto sprecare, non usandoli, grandi doni ed era stata una bambina sciocca a non ascoltare, quando era in tempo, i moniti dei genitori. Avrebbe voluto tornare indietro ma il tempo procede come una freccia che mira al bersaglio e in esso si incastra, non come un boomerang che va e poi ritorna al punto di partenza. Guardava la statua d'oro del Redentore che sembrava spiccare il volo dalla Cupola di San Gaudenzio e la scultura sospesa del rosso funambolo che attraversa la via che si diparte da di fronte la porta della Basilica, verso gli spalti e avrebbe voluto recuperare le sue doti fisiche per essere leggera come lo erano quelle statue, materia inerte eppure dotate della grazia del moto, che lei, senza ben conoscere come valore, aveva ora perso. L'immobilità di Novaria durò per molto tempo e la bambina, divenuta ragazza, si incupiva sempre di più pensando al bene perduto, poi, ad una Messa di Mezzanotte, un Natale, i suoi genitori la portarono con la sua carrozzella a sentire la funzione alla Basilica di San Gaudenzio, tutta illuminata e trovarono un posto presso la seconda cappella a sinistra dell'ingresso, dove si trova la grande Pala, pensata in origine per l'altare maggiore della chiesa, contornata dalla grande macchina lignea scolpita, il tutto dipinto e creato dal genio di Gaudenzio Ferrari. 3 Nella chiesa illuminata, tra i canti della funzione, lo sguardo di Novaria si mosse verso la parte alta del Polittico dove è raffigurata la Natività con due magnifici angeli fanciulli che porgono il Bambino a Maria in venerazione mentre, nello sfondo, un angelo dalla tunica aranciata da l'annuncio ai pastori. Novaria guardò con insistenza quel Bambino a cui gli angeli, pure loro fanciulli, accostavano la loro guancia, il Bambino più santo ed obbediente del mondo, quello che lei, nella sua pigrizia, aveva giudicato essere un bambino pigro perché si faceva portare sulle spalle, per guadare il fiume, dal colossale San Cristoforo. Nel suo dolore per il bene perduto, nel fissare quel dipinto come in un effetto di sogno, vista l'ora tarda e la sua stanchezza, ad un certo punto a Novaria parve che gli angeli dipinti si staccassero dalla tela per portare di fronte a lei il bell'Infante nato la Notte di Natale. Il Bambino del dipinto, sorretto dagli angeli, con i suoi occhi luminosi, disse a Novaria, che ora che aveva capito cosa significava avere un fisico perfetto e farne buon uso, ora che aveva provato l'infermità e sapeva cosa voleva dire ed era stata punita per lungo tempo, avrebbe potuto ritrovare l'uso delle gambe se, al termine della cerimonia sacra, si fosse recata alla vera statua d'oro del Redentore, quella che si trova nel transetto di sinistra della Basilica e dà le spalle alle cappelle per guardare l'altare maggiore e, con fiducia, si fosse alzata dalla sua carrozzella per toccare il piede sporgente e, come librato in volo, della statua, che lei ammirava per il suo senso di leggerezza e mobilità, che lei ormai aveva perduto. Detto ciò, Novaria aveva visto il bel Bambino sorriderle e ritornare in volo nel dipinto, scortato dagli angeli e tutto nella Basilica ritornare alla normalità dello svolgimento della celebrazione sacra. Finita la funzione, Novaria chiese ai suoi genitori di condurre la sua carrozzella ai piedi del Redentore e con loro grande stupore, qui giunta, si alzò dalla sedia a rotelle e fece, 4 traballante, pochi passi verso il piede sporgente del Cristo Re e, nel momento in cui lo toccò, riacquistò una perfetta stabilità e mobilità. Da quella miracolosa Notte di Natale, Novaria è diventata una ragazza attiva e sportiva, che sprona all'attività fisica i pigri suoi coetanei, perché ha imparato, come tutti dovrebbero fare, il valore e l'importanza di un dono, nel caso specifico quello dell'uso delle gambe, solo quando ne è stata privata e non vuole che ad altri capiti ciò che è capitato a lei. E, da quel giorno di Natale, Novaria va sempre a dire grazie al bel Bambino del Polittico Gaudenziano della Basilica e spera che, come lei, tutti siano in grado di apprezzare ogni piccola cosa di cui ci è dato gioire e, di cui spesso siamo inconsapevoli, in ogni momento della nostra vita, senza avere il dolore di doverla perdere per capirne il valore e saperla apprezzare con gratitudine. A Novara e Vercelli, le due città di risaia in cui è ambientata questa fiaba e all'arte di Gaudenzio Ferrari che le impreziosisce e a Carlo Rapp, artista amico, che mi ha fatto scoprire e amare i segreti di Novara Torino, Ottobre 2018 5