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Migranti: chiudere i porti, l’Italia ci prova; Francia e Spagna pure
COME FRANCIA E SPAGNA
Migranti: chiudere i porti, l’Italia ci prova
25 Lug 2017 - Onofrio Spinetti
È ormai all’attenzione generale la notizia di un improvviso cambio di
direzione del governo italiano nella gestione dei flussi migratori
provenienti dall’Africa. La proposta avanzata dall’esecutivo, nella
persona del ministro dell’Interno Marco Minniti, è stata quella di
negare l’accesso ai porti italiani alle imbarcazioni straniere che
soccorrono e, quindi, trasportano migranti economici e richiedenti
asilo.
Tale proposta appare come un tentativo quasi disperato di limitare il
flusso di vite umane che aumenta proprio con il sopraggiungere dei
mesi estivi e va, pertanto, valutata, se illecita o meno, alla luce delle
norme internazionali vigenti in materia. Inoltre, alla ‘minaccia’ italiana
sono subito seguite le prese di posizione di Spagna e Francia che
hanno fatto sapere di non voler aprire i propri porti alle suddette
imbarcazioni.
Le potenziali ripercussioni per l’Italia
In base all’art. 25 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del
mare (UnClos) gli Stati posso limitare l’ingresso alle proprie acque
interne e alle istallazioni portuali a navi straniere, rendendo
sostanzialmente possibile quanto dichiarato dal Ministro dell’Interno.
La proposta del Governo italiano sarebbe volta a colpire
esclusivamente le imbarcazioni delle Ong presenti nell’area e non
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anche le navi militari comunitarie che fanno parte delle varie
operazioni attualmente in corso nel Mediterraneo (EuNavforMed,
Triton, ecc.).
A questo proposito va poi aggiunto che due imbarcazioni, fra le
numerose appartenenti alle varie Ong, rimarrebbero comunque
esenti da tale divieto poiché entrambe battenti bandiera italiana: la
Vos Hestia di Save The Children e la Vos Prudence di Medici Senza
Frontiere.
Un capitolo a parte si aprirebbe, però, in merito alla questione “place
of safety”. Come sottolineato precedentemente su questa rivista da
Fabio Caffio (“Nodi irrisolti nel Mediterraneo dei migranti”, “Soccorsi
in mare, titanismo dell’Italia”
(http://www.affarinternazionali.it/2017/05/soccorsi-mare-titanismodellitalia/)), l’Italia al momento risulta essere l’unico luogo sicuro in
cui poter sbarcare i numerosi migranti che vengono soccorsi nel
tratto di mare che separa la Libia dalla Sicilia.
La chiusura dei porti italiani indurrebbe l’Imrcc, che coordina ormai la
quasi totalità dei soccorsi nel Mediterraneo centrale, a violare
sistematicamente le Linee guida sul trattamento delle persone
soccorse in mare e gli emendamenti alle Convenzioni Sar e Solas
del 2004, nei casi in cui siano le navi straniere e non quelle battenti
bandiera italiana a condurre i soccorsi.
Infatti l’Imrcc dovrebbe indicare i porti italiani come luogo sicuro nei
casi di soccorsi condotti da imbarcazioni di nazionalità italiana e
sarebbe costretto invece a segnalare altre destinazioni nei casi di
soccorsi posti in essere da navi straniere, in maniera del tutto illogica
e non conforme a quanto stabilito in materia di place of safety dalle
suddette norme.
E, ancora, in più di un “evento Sar” capita che imbarcazioni militari,
italiane e non, cooperino con le imbarcazioni delle Ong. In queste
circostanze risulterebbe davvero paradossale l’eventualità di dover
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indicare due luoghi sicuri differenti per motivi legati esclusivamente
alla nazionalità della nave che presta soccorso e alla sua
appartenenza ad una Ong.
La posizione presa da Francia e Spagna
Diversa è invece la valutazione che va fatta in merito alla possibile
chiusura dei propri porti da parte di Spagna e Francia. Anche tale
attività sarebbe perfettamente conforme a quanto stabilito dall’art. 25
della UnClos ma tuttavia, a differenza delle conseguenze a cui si
esporrebbe l’ Italia per possibili violazioni delle norme riguardanti il
place of safety, i Governi iberico e transalpino rimarrebbero esenti da
tali censure esclusivamente per una questione di lontananza
geografica.
Infatti, considerando che l’area con la maggiore incidenza di soccorsi
in mare è quella fra l’Italia e la Libia e considerando altresì che quello
di Roma è l’unico centro Sar che attualmente coordina tutte le
operazioni di salvataggio in quell’area, è chiaro come sia
impraticabile l’opzione di dirottare le imbarcazioni delle Ong straniere
nei porti francesi e spagnoli; in effetti ne conseguirebbe un eccessivo
aggravio di tempo e costi per i comandanti di tali navi e un ritardo
non giustificato nel fornire un luogo sicuro ai sopravvissuti.
Anche in questa ipotesi lo Stato responsabile per il soccorso e non
altri incorrerebbe nella violazione degli emendamenti alle
Convenzioni Solas e Sar del 2004, i quali richiedono, nello specifico,
agli Stati parte: 1) di coordinarsi e cooperare per far sì che i
comandanti delle navi che prestano assistenza imbarcando persone
in difficoltà in mare siano sollevati dai propri obblighi con una minima
ulteriore deviazione rispetto alla rotta prevista dalla nave; 2) di
organizzare lo sbarco al più presto.
La nave ‘anti-Ong’ salpa per il Mediterraneo
Intanto, in questo contesto quanto mai complesso ed esplosivo dal
punto di vista geopolitico, si inserisce una ulteriore variabile; la CStar di Defend Europe che è da poco salpata alla volta del
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Mediterraneo Centrale. Quest’imbarcazione civile non si porrà al
fianco delle già numerose imbarcazioni umanitarie che operano nella
zona, ma agirà con obbiettivi completamente opposti: fermare il
flusso migratorio nel Mediterraneo e monitorare e denunciare l’attività
delle Ong.
Una nave ‘anti-Ong’, sostanzialmente che, già dai propositi che si
pone, rischia di violare pesantemente più di una norma
internazionale relativa all’obbligo del soccorso in mare e che molto
probabilmente andrà ad aggiungere ulteriori fattori di incertezza e di
rischio ad una situazione sempre più instabile.
In conclusione, sembra che gli Stati europei, compresa l’Italia,
abbiano ormai l’intenzione di “risolvere” la questione migratoria
direttamente in mare. Ma le varie proposte che si stanno
avvicendando non tengono in considerazione l’interesse primario che
le norme internazionali tutelano in materia di soccorso in mare:
chiunque si trovi in situazione di pericolo va soccorso e, per far ciò, i
centri di coordinamento Sar possono e devono richiedere l’intervento
di qualsiasi imbarcazione che ne abbia la possibilità.
Ancora una volta va ricordato, quindi, che le soluzioni devono
trovarsi a terra, dopo aver prestato soccorso e non certamente
tramite l’utilizzo di improbabili blocchi navali o mediante le pratiche,
già sanzionate dalla giurisprudenza europea, di respingimento
collettivo.
FRANCIA
ITALIA
MIGRANTI
PORTI
SPAGNA
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