L’ORDINAMENTO GIURIDICO
L’ordinamento giuridico non è altro se non un gruppo di soggetti dotati di un’organizzazione e regolati da norme. Esempi di ordinamenti giuridici sono: l’ordinamento sindacale, lo stato e l’ordinamento internazionale. Le caratteristiche dell’ordinamento giuridico in genere sono: una pluralità di soggetti, un sistema di norme ed un’organizzazione( e può trattarsi di un’equiordinazione oppure d’una subordinazione). Nel sistema di norme troviamo, per l’appunto, norme condizionali, che disciplinano i rapporti tra i soggetti dell’ordinamento stesso, e norme finalistiche che, invece, organizzano e stabiliscono il cosìdetto “programma di attività”.
LE NORME
Quando si parla di norme bisogna innanzi tutto differenziare norma da proposizione normativa. La proposizione normativa è il documento o comunque l’atto scritto che contiene il testo; la norma è il precetto o la regola contenuta nel documento. L’operazione in grado di estrapolare dalla preposizione normativa una norma è detto interpretazione.
Le fonti del diritto sono gli atti di produzione normativa. Nell’ordinamento italiano esistono leggi che contengono norme sulla produzione giuridica; sulla base delle fonti traggono origine regole e divieti alla base dei quali opera la società. Le fonti del diritto possono essere scritte o fonti-atti(come quelle dell’ordinamento italiano) oppure fonti non scritte o fonti-fatti(come quelle che si ritrovano nell’ordinamento arabo).
Le fonti sono disposte gerarchicamente e sono:
Costituzionali
Comunitarie
Primarie
Subprimarie
Secondarie
Una norma posta su un livello superiore nella scala gerarchica non può essere modificata se non da una norma di livello superiore o dello stesso, e in ogni modo le norme inferiori devono essere conformi a quelle di livello superiore, stabilendo in questo modo quale atto ha maggior forza ed è più importante. Oltre al principio della gerarchia s’aggiunge il principio della competenza. Talune materie o zone del territorio possono essere attribuite alla disciplina d’organismi non statali ai quali è conferita la potestà di emanare norme equiparate alle fonti primarie e statali, e proprio per questo motivo costituiscono le fonti subprimarie.
Le fonti costituzionali sono di due tipi:
Principi istituzionali fondamentali ed immodificabili.
Costituzione e leggi costituzionali. Queste ultime hanno una particolare forza derivante dalla speciale procedura di approvazione e modificazione(doppia delibera in ciascun ramo del Parlamento, in cui la seconda a maggioranza assoluta dei componenti) e dal controllo della Corte costituzionale. Ed è proprio per questo che la Costituzione è definita rigida.
I regolamenti comunitarie e, quando dettagliate e precise, le direttive comunitarie entrano automaticamente a far parte dell’ordinamenti degli Stati Membri. Tali fonti prevalgono su quelle interne nel caso in cui non collidano con i principi costituzionali e i diritti inviolabili dell’uomo. Questo è il principio della preminenza del diritto comunitario su quello nazionale.
Le fonti primarie sono gli atti con forza di legge ordinaria e cioè:
Le leggi approvate dal Parlamento, promulgate dal Presidente della Repubblica e pubblicate sulla gazzetta ufficiale
I decreti legge, adottati dal Governo in caso straordinario, se convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni
I decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base di leggi delega, approvati dal Parlamento, che deve fissare materia, principi e tempi ai quali attenersi
I regolamenti della Comunità economia europea, che hanno direttamente forza di legge nell’ordinamento italiano
I regolamenti parlamentari, che ciascuna Camera adotta a maggioranza assoluta dei propri componenti.
Le fonti subprimarie sono quelle che pur venendo da altri organismi pubblici sono equiparate a quelle statali, e sono:
Le leggi regionali
I regolamenti comunali
Le norme subprimarie, pur avendo la stessa forza delle primarie, sono vincolate nel loro contenuto all’osservata dei principi elencati ed indicati dalle fonti primarie.
Le fonti secondarie sono definite regolamenti, anche se non tutti i regolamenti sono fonti secondarie.
I regolamenti si distinguono in:
Regolamenti statali, se promanano da organi dello Stato e a loro volta si distinguono in:
Regolamenti per l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi
Regolamenti per l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio
Regolamenti per le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge
Regolamenti per l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge
Regolamenti per l’organizzazione del lavoro e i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali
Regolamenti non statali se adottati da regioni, enti locali o altri enti pubblici.
Si distinguono due generi di leggi:
Legge formale: approvata dal Parlamento con tutti i caratteri esteriori della legge anche se priva degli elementi di generalità ed astrattezza
Legge sostanziale: ha i caratteri generali delle leggi che sono astrattezza, generalità
e imperatività.
A seguito dell’approvazione della legge da parte del Parlamento, l’atto acquista la proprietà di produrre effetti giuridici, che possono essere intersoggettivi(nei confronti dei soggetti della collettività) oppure interorganici(nei confronti degli organi dello Stato).
La fonte-fatto, come già detto, è il diritto non scritto consistente in fatti giuridici. La consuetudine, composta da un elemento oggettivo(ripetizione del comportamento) ed uno soggettivo( la convinzione che il comportamento tenuto sia necessario ed obbligato) è un chiaro esempio di fonte-fatto. In ogni modo la consuetudine contro legge è vietata, quella secondo legge è efficace solo in quanto richiamata dalla legge stessa.
Nell’utilizzare le leggi occorre domandarsi l’efficacia in quel determinato luogo e tempo di quella stessa legge.
L’efficacia sul territorio dello Stato in quanto la legge nazionale si applica sul territorio; per semplificare i rapporti con gli altri stati sono state stabilite delle regole diverse da quelle della territorialità del diritto e trattano le questioni riguardanti persone( regolate dalla legge dello Stato a cui appartengono) e le questioni relative ad obbligazioni contrattuali(regolate se le parti lo vogliono dalla legge del luogo di loro preferenza). L’efficacia nell’ambito del territorio dello Stato è esemplificata dalle leggi regionali le quali valgono per la circospezione delle regioni stesse che le emanano.
Le leggi hanno efficacia dal momento in cui entrano in vigore e si estendono in maniera illimitata al futuro, senza estendersi però retroattivamente. Possono esservi per queste regole delle eccezioni che si hanno nel caso di leggi espressamente applicabili anche a rapporti non ancora esauriti, oppure leggi che sono transitorie, o ancora per leggi che sono espressamente retroattive.
Per poter passare dalla proposizione normativa alla norma bisogna passare dei passi che sono:
Stabilire la gerarchia delle fonti
Accertare l’efficacia nello spazio
Accertare l’efficacia nel tempo
Arrivati a questo punto, per poter applicare le varie norme a determinate circostanze si ricorre all’interpretazione. Tale operazione compete al giurista e consiste nel trarre dal materiale legislativo la regola da applicare al caso concreto.
L’articolo 12 delle preleggi del codice civile si propone di limitare la discrezionalità dell’interpretazione attraverso criteri da seguire per poterla fare. Accanto a norme sulla produzione giuridica e alle norme sull’efficacia delle leggi, troviamo norme sull’interpretazione delle norme stesse. Per limitare gli arbitrii che tale operazione comporta, bisogna far ricorso ad altre norme che stabiliscono il modo di produrre le norme, quando esse sono efficaci e come poterle interpretare.
Esistono inoltre degli strumenti interpretativi, da utilizzare uno dopo l’altro, facendo ricorso a quello successivo solo se il precedente si sia rivelato infruttuoso. E questi sono:
Il significato delle parole della legge
L’intenzione del legislatore
Le disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (all’interpretazione analogica si ricorre per colmare le lacune del diritto ossia quando sul problema non vi sono leggi e si fa ricorso alla disciplina di casi simili)
Il ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
L’interpretazione adatta le leggi alla mutevole realtà alla quale vengono applicate, in questo senso allora si parla di interpretazione estensiva.
L’interpretazione può essere compiuta da:
Il Parlamento: si parla di leggi di interpretazione da distinguere da quelle sull’interpretazione
Il giudice
L’amministrazione
Dal privato: in tal caso ha solo scopi conoscitivi e vale solo per l’interessato
I codici sono leggi molto ampie che contengono le disposizioni dirette a regolare un rame del diritto. In Italia ve ne sono 5: codice civile, codice di procedura penale, di procedura civile, codice penale, codice della navigazione. Il codice civile è composto da 2969 articoli. Poiché le leggi sono abbondanti e disordinate, le si raccoglie in Testi Unici, che possono essere di due tipi: possono riprodurre ed ordinare norme senza mutarne il contenuto oppure riproducono e ordinano modificando ed adattando le leggi esistenti. I testi unici possono essere redatti solo dal Governo. Per agevolare l’interpretazione in altri paesi, diversi dall’Italia, si ricorre al metodo del precedente secondo cui si esaminano casi analoghi e li si adegua al caso in considerazione.
Il cittadino o altro soggetto non può sostenere di non conoscere la legge, per giustificare un’eventuale inosservanza, secondo il principio che Ignorantia Legis Non Excusat.
LO STATO
Lo Stato per definizione è ordinamento originario e sovrano poiché non dipende da altro ordinamento. Lo Stato può esser visto come Stato-ente o organizzazione, oppure quale Stato-ordinamento o comunità.
In passato si sosteneva che lo Stato fosse composto di tre elementi:
Formale: la sovranità
Materiale: il territorio
Personale: il popolo, l’unico tra questi ad essere ancora considerato elemento dello Stato.
Tradizionalmente lo Stato è considerato sovrano in quanto la sua autorità non ha altre autorità superiori a cui sottoporsi. Al giorno d’oggi, però, tale concezione non è più vera ed anzi la sovranità spetta al popolo.
Tradizionalmente, come abbiamo visto, il territorio era considerato un elemento costitutivo dello Stato perché oggetto di un rapporto giuridico. Esso si compone:
Di uno spazio terrestre compreso nei confini
Di un soprasuolo e sottosuolo
Del mare territoriale
Dei luoghi riconosciuti da altri Stati extraterritoriali o immuni
evidente, quindi, che esso non è elemento costitutivo dello Stato, ma costituisce unicamente il limite di validità dell’ordinamento giuridico e quindi è un limite all’azione dello Stato.
La divisione dei poteri è compiuta attraverso tre apparati:
Le assemblee legislative, che adottano precedetti generali ed astratti(norme)
L’apparato esecutivo, che esegue e attua la politica statale
Il potere giudiziario, che giudica le controversie tra i cittadini.
Col passare del tempo, il potere legislativo è arrivato ad essere il potere con maggiore legittimazione e forza. I parlamenti eletti a suffragio più ampio divennero legislatori onnipotenti. Contemporaneamente classi e ceti detentori del potere di governo perdevano importanza, fino a perdere il privilegio del potere di governo. L’uguaglianza del diritto di voto e l’espansione a ceti fino ad allora esclusi procedendo ad un livellamento. A questo punto la divisione dei potere è un mero principio di distribuzione delle funzioni tra gli organi e tale divisione ai giorni d’oggi ha un valore relativo e tendenziale. Le caratteristiche di tale divisione oggi sono:
La divisione tendenziale dei compiti tra organi di vertice
Il reciproco bilanciamento e controllo tra tali organi
Negli ordinamenti moderni si sono venuti ad istituire nuove funzioni, quali funzione costituente, di indirizzo politico e neutrali ed è venuto a scomparire il concetto secondo cui i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari spettino esclusivamente, in ordine, a parlamento, governo e giudici.
La costituzione in senso formale è un atto, in senso materiale è la situazione di fatto dei rapporti tra gli organi fondamentali dell’ordinamento.; il potere costituente si aggiunge ai poteri principali sopra indicati.
La funzione di indirizzo politico risponde all’esigenza che la distribuzione dei vari compiti statali tra gli organi sia preceduta da un momenti di riflessione unitaria. Funzione costituente e di indirizzo politico hanno, rispetto alla tripartizione dei poteri, una priorità
logica e cronologica e una funzione integrativa. I poteri legislativi, esecutivi e giudiziali si svolgono con atti tipici, nel caso dell’indirizzo politico non vi sono atti tipici; infatti tali funzioni si attuano attraverso atti di diversa natura.
Negli ordinamenti contemporanei vi sono settori che necessitano un intervento non di parte dello Stato. Perché gli interventi non siano di parte sono stati creati poteri indipendenti con compiti di tutela della concorrenza e del mercato, di controllo della borsa e del mercato finanziario… questi organismi controllano settori dell’economia senza esser sottoposti a direttive governative e i componenti non sono nominati dal governo.
Non solo il Parlamento ha potere legislativo, infatti anche Governo e regioni possono emanare atti con forza di legge. La funzione esecutiva non spetta solo a Governo ed amministrazione, in quanto anche al giudice è data la possibilità di svolgere attività amministrativa a protezione degli interessi di persone non capaci di intendere e volere. Si può facilmente intuire che non vi è una perfetta identificazione tra funzioni ed organi chiamati a svolgerle.
Lo Stato è in un permanente conflitto con la società civile, costituita dai cittadini in lotta per la libertà. Esso tende a comprimere le libertà, la società ad ampliarle.
La situazione ai giorni d’oggi è cambiata. Non vi è più una separazione netta tra Stato e società civile, accanto al rapporto di opposizione si affaccia un rapporto nel quale lo Stato svolge una funzione positiva operando a favole dei privati.
Un modo per diminuire il distacco tra Stato e cittadini è costituito dagli strumenti di democrazia indiretta: in primo luogo l’elezione dei titolari degli organi principali dello Stato. Più difficile è la democrazia diretta: consente alla stessa società civile di prendere le decisioni che la riguardano. Uno strumento simile alla democrazia diretta è stato introdotto in Italia con il referendum o deliberazione popolare diretta.
La prima forma di Stato che si è avuta fu lo Stato patrimoniale, in cui gli istituti e gli aspetti principali dello Stato sono ancora regolati dal diritto privato; la persona fisica del monarca non si distingueva dalla persona giuridica dello Stato. Nel settecento si sviluppò lo Stato di Polizia che allargò la sua attività a campi lasciati prima alla sfera privata. Nell’ottocento si sviluppò lo Stato di diritto o Stato liberale che riconosce e tutela i diritti del cittadino; si diffonde la divisione dei poteri, in modo da non concentrare tutto il potere in una sola mano consentendo che un potere controlli l’altro. L’ultimo sviluppo conduce allo Stato sociale, che riduce o corregge gli squilibri economici e sociali e tenta d’assicurare un’uguaglianza sostanziale.
Le principali forme di stato attuali sono:
In relazione all’equilibrio ed alla distribuzione dei poteri pubblici sul territorio, unitarie, federali e regionali
In relazione al rapporto tra società e Stato, democratiche e autoritarie
In relazione all’assetto dei rapporti economici, capitalistiche e socialiste
Lo stato italiano è
Repubblicano
Democratico
Regionale
Pluralista (si garantiscono diritti ai soggetti ed ai gruppi e formazioni sociali)
I rapporti tra stato e chiesa possono ispirarsi a vari principi:
Laicità (irrilevanza per lo Stato dei rapporti con le confessioni religiose)
Confessionalismo (l’opposto della laicità)
Giurisdizionalismo (lo Stato ritiene importante il fenomeno della religione e lo disciplina unilateralmente)
Regime concordatario (lo Stato stabilisce accordi bilaterali con la Chiesa)
L’art.7 della Costituzione dice che:
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono indipendenti e sovrani, ciascuno nel proprio ordine
I rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi
Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di
revisione costituzionale. Esistono modificazioni fatte d’accordo tra Stato e Chiesa, oppure unilaterali solo da parte dello Stato italiano.
L’art.8 della Costituzione regola i rapporti tra Stato e altre confessioni religiose; questo stabilisce che tali confessioni sono egualmente libere davanti alla legge ed hanno diritto di organizzarsi autonomamente purché non contrasti con l’ordinamento giuridico italiano.
L’UNIONE EUROPEA
L'Unione europea (UE) è un'organizzazione di tipo sovranazionale e intergovernativo, che dal 1° Gennaio 2007 comprende 27 paesi membri indipendenti e democratici. La sua istituzione sotto il nome attuale risale al Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992. L'Unione consiste attualmente di una zona di libero mercato caratterizzata da una moneta unica, l'euro, regolamentata dalla Banca centrale europea e attualmente adottata da 15 dei 27 stati membri; essa presenta inoltre una unione doganale fra i paesi aderenti agli accordi di Schengen, che garantiscono ai suoi cittadini libertà di movimento, lavoro e investimento all'interno degli stati membri. L'Unione presenta, inoltre, una politica agricola comune, una politica commerciale comune e una politica comune della pesca.
L'Unione europea è un organismo sui generis, alle cui istituzioni gli stati membri delegano parte della propria sovranità nazionale. Le sue competenze spaziano dagli affari esteri alla difesa, alle politiche economiche, all'agricoltura, al commercio e alla protezione ambientale. essa si fonda tuttora su trattati internazionali recepiti a livello interno da tutti gli Stati membri, e non costituisce un'entità politica unitaria.
Il problema della definizione dell'attuale status giuridico dell'Unione è sfociato, il 29 ottobre 2004, nella firma, a Roma, del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Tale testo ribadisce la possibilità di una cooperazione rafforzata per la promozione di iniziative di integrazione tra gruppi di paesi, già prevista nel trattato di Amsterdam e in quello di Nizza. Il processo di ratifica della Costituzione si è interrotto il 29 maggio 2005 con un referendum popolare in cui il 54,7% dell'elettorato francese ha scelto di non sottoscrivere il Trattato; pochi giorni dopo, il 1°giugno, anche la popolazione dei Paesi Bassi si è dichiarata contraria all'introduzione del Trattato. il cancelliere tedesco Angela Merkel ha deciso di rilanciare il processo di riforma con la Dichiarazione di Berlino del 25 marzo 2007 in cui si esprimeva la volontà di sciogliere il nodo entro pochi mesi al fine di consentire l'entrata in vigore di un nuovo trattato nel 2009, anno delle elezioni del nuovo Parlamento europeo. L'accordo recepisce gran parte delle innovazioni contenute
nella Costituzione, anche se con alcune modifiche per togliere il carattere costituzionale al testo e meccanismi per alcuni paesi di "chiamarsi fuori" da politiche comuni.
Dopo la conclusione della Conferenza intergovernativa che ha finalizzato il nuovo testo, il nuovo "Trattato di Lisbona" è stato approvato al Consiglio europeo del 18 e 19 ottobre 2007 e firmato il 13 dicembre dai capi di Stato e di Governo. Successivamente si prevede un periodo di ratifica che sarà effettuato in prevalenza con metodo parlamentare in modo da farlo entrare in vigore entro le elezioni europee del 2009. Nel 1951, la Germania dell’Ovest, la Francia, l'Italia e gli stati del Benelux istituirono la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, entrata in vigore nel 1952. La prima unione doganale fra paesi europei, la cosiddetta Comunità Economica Europea, fu istituita mediante il Trattato di Roma del 1957 e implementata nel 1958; successivamente rinominata Comunità europea,
oggi uno dei tre pilastri dell'Unione europea, secondo i dettami del Trattato di Maastricht che ha introdotto l'unione politica, nei campi della "Giustizia e affari interni" e della "Politica estera e di sicurezza comune".
L'Unione europea si articola intorno alle istituzioni inizialmente previste nell'ambito delle Comunità Europee e dei suoi organi specifici.
Le principali istituzioni dell'Unione europea sono:
il Parlamento europeo, eletto a suffragio universale diretto da tutti i cittadini dell'Unione ogni cinque anni; ai sensi del Trattato ha sede a Strasburgo, ma svolge i suoi lavori anche a Bruxelles e a Lussemburgo (sede del segretariato).
il Consiglio dell’Unione europea (o Consiglio dei Ministri), formato dai ministri degli Stati membri che si occupano della stessa materia (ad esempio al Consiglio dei ministri convocato per urgenza economica parteciperanno tutti i ministri dell'economia, ambientale quelli dell'ambiente ecc.), con sede a Bruxelles.
il Consiglio europeo che comprende un rappresentante per ogni stato: il Capo di
Stato (se si tratta di repubbliche semipresidenziali o presidenziali) o quello di Governo (se si tratta di monarchie o repubbliche parlamentari). La presidenza è assegnata a uno stato e ruota ogni 6 mesi; il presidente di turno è anche il Presidente dell'Unione europea
la Commissione europea, che rappresenta gli interessi generali dell'UE, formata da un Commissario per Stato membro, con sede a Bruxelles.
la Corte di giustizia delle Comunità europee, che vigila sull'applicazione del diritto comunitario, con sede a Lussemburgo.
la Corte dei Conti europea, che verifica il finanziamento delle attività dell'UE, con sede a Lussemburgo.
Il Mediatore Europeo, che difende i cittadini e le organizzazioni dell'UE dalla cattiva amministrazione
Il Garante europeo della protezione dei dati, che assicura che le istituzioni e gli organi dell'UE, nel trattamento dei dati personali, rispettino il diritto alla privacy dei cittadini dell'Unione.
La Banca centrale europea, che è responsabile per la politica monetaria europea;
La Banca europea degli investimenti, che finanzia i progetti di investimento dell'UE; Il Fondo europeo per gli investimenti, che fornisce garanzie e capitale di rischio per
aiutare le piccole e medie imprese.
Il Comitato economie e sociale europeo, che rappresenta la società civile e le due componenti dell'industria;
Il Comitato delle regioni, che rappresenta le autorità regionali e locali.
Il Trattato di Maastricht ha creato l'Unione Europea, strutturandola in tre pilastri:
Comunità europea: mercato comune europeo, unione economica e monetaria oltre ad una serie di altre competenze aggiunte nel tempo.
Politica estera e di sicurezza comune: costruzione di una politica unica verso l'esterno.
Cooperazione Giudiziaria e di Polizia in materia penale: costruzione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.
In alcune di queste materie durante il tempo sono stati concessi degli "opt-out"(possibilità d’opporsi) a diversi paesi membri, che vanno a costituire delle "cooperazioni rafforzate" de facto.
L'Unione europea ha da sempre assunto il principio dello stato di diritto e la promozione dei diritti umani come propri valori fondanti; essa difende attivamente tali diritti sia all'interno dei suoi confini che nelle proprie relazioni estere, ponendo talvolta precisi requisiti per la concessione di accordi commerciali o di altro genere.
Per quanto riguarda la situazione interna, l'Unione europea si propone di combattere il razzismo e la xenofobia attraverso il sostegno ad una rete di organizzazioni non governative ed una specifica Agenzia. Dal punto di vista delle relazioni internazionali i principali obiettivi sono dichiaratamente il progresso e la pacificazione internazionale, ritenuti possibili solo nell'ambito di una struttura democratica.
L’EVOLUZIONE COSTITUZIONALE ITALIANA
La crescita della partecipazione dei cittadini alla vita dello Stato ha permesso a quest’ultimo di divenire più democratico e d’ampliare le sue funzioni. Tali modifiche si sono svolte attraverso delle fasi che sono:
La fase oligarchica caratterizzata da cauti e limitati aumenti delle persone con diritto di voto, assenza di sindacati e partiti e predominio del liberismo economico
La fase liberal-democratica in cui vi fu un forte sviluppo, si assicurarono le liberà fondamentali, si creano i primi partiti e sindacati, si allarga notevolmente il numero d’elettori, si mettono le basi dell’intervento economico e sociale dello Stato
La fase fascista con la quale cessarono le principali libertà, tra le quali quelle di formazione d partiti e sindacati, non si svolgono più elezioni democratiche e lo stato diventa autoritario
La fase repubblicana con la quale cessano le discriminazioni nella concessione del
diritto di voto, si ricostituiscono partiti e sindacati e si allargano i servizi sociali.
Le componenti principali di tali fasi sono quindi: il corpo elettorale, l’organizzazione politica e sindacale, la costituzione, l’intervento economico e sociale dello Stato ed il rapporto tra centro e periferia.
Nella prima fase la maggior parte degli italiani non poteva votare, erano esclusi donne, persone senza istruzione e poveri. Nella seconda fase il voto s’estese a tutti i cittadini tranne le donne; nella terza si svolsero solo due consultazioni elettorali e comunque senza connotato di democraticità in quanto vi era la possibilità di votare un unico partito(fascista). Nella quarta fase il corpo elettorale si estende a tutti i cittadini integrando anche le donne.
Nella prima fase i principali movimenti erano quello liberale, quello radicale e quello repubblicano; tali movimenti formavano coalizioni dette Destra e Sinistra, ed i rapporti tra maggioranza ed opposizione furono sempre fluidi. Nella seconda fase nascono i primi partiti(il primo in assoluto fu il partito socialista seguito poi dal partito democratico e dal
partito comunista); nella terza fase la diversità di partiti andò scomparendo a favore del partito unico fascista. Nella quarta fase i partiti furono ricostituiti e si consolidò il pluripartitismo(più partiti concorrenti tra di loro)già realizzatosi prima del fascismo.
Dal 1861 al 1948 l’Italia è stata retta dallo Statuto Albertino concesso nel 1848 da re Carlo Alberto. Tale statuto fu elaborato dai consiglieri del re e dal lui concesso agli amatissimi sudditi, si trattava d’un testo costituzionale breve e flessibile al punto tale da permettere la trasformazione d’un Presidente del Consiglio in Capo del governo e Duce del fascismo. Ciò fu permesso dal fatto che lo statuto Albertino altro non fosse se non una norma di legge ordinaria senza una particolare forza costituzionale. La costituzione del 1948 è repubblicana, infatti la popolazione tramite il referendum che ne aveva preceduto l’adozione il popolo italiano opto per la repubblica. La costituzione del ‘48 è democratica perché ricomprende del corpo elettorale tutti i cittadini di cui garantisce diritti e libertà. La costituzione è rigida, infatti le leggi di revisione della costituzione devono essere adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazione a distanza l’una dall’altra di almeno 3 mesi e devono essere approvate a maggioranza assoluta dai componenti di ciascuna delle Camere nella seconda votazione. Il 2 giugno 1946 fu eletta l’Assemblea costituente e tramite referendum fu decisa la forma repubblicana per l’Italia. La costituzione del ‘48 rappresenta un compromesso tra i vari partiti e movimenti presenti nell’Assemblea che la discusse e deliberò.
Col passar del tempo il popolo ha cominciato ad organizzarsi in modo tale da far valere i propri diritti. Classi lavoratrici e meno abbienti hanno chiesto di partecipare al Parlamento per influenzare l’attività statale a favore delle classi lavoratrici, in modo da introdurre leggi che limitassero il potere economico privato e stabilissero nuovi diritti per i lavoratori stessi. Questa è una prima spinta che condusse ad un allargamento dell’attività economica e sociale dello Stato. Una seconda spinta si ebbe dalle stesse imprese private, accentuata in periodi di crisi attraverso la ricerca da parte di privati di aiuti da parte dello Stato. In questo modo l’attività economica e sociale dello Stato cresce a causa di due richieste: aiuto da parte di imprese private, protezione da parte delle classi lavoratrici.
In una prima fase vi fu il predominio degli interessi della borghesia che spesso ricorreva all’appoggio dello Stato, quanto all’attività sociale dello Stato questa era limitata alla mera solidarietà. In una seconda fase si va affermando il principio secondo cui imprese che maggiormente interessano la collettività devono esser tolte di mano ai privati e messe sotto gestione pubblica; quindi al liberismo economico si sostituisce l’interventismo economico, alla solidarietà la protezione sociale. Nella terza fase, quella fascista, l’azione economico-sociale dello stato si amplia, vengono emanate leggi relative al territori e crescono le imprese pubbliche ma tali interventi erano destinati ad appoggiare più che altro le imprese che si vennero a trovare in difficoltà dopo la crisi del ‘29/33. Nella quarta fase lo stato assume un ruolo predominante nei settori economico-sociali, si estendono le imprese pubbliche e viene creata una Cassa per il Mezzogiorno, viene assicurata l’istruzione a tutti, è garantita alla maggioranza dei cittadini l’assistenza e la pensione.
A partire dal 1861 prevalevano esigenze di accentramento amministrativo, sul finire del XIX secolo inizio XX fiorì una autonomia locale, nel periodo fascista fu compressa tale autonomia fino ad arrivare al punto in cui i sindaci (potestà) venivano eletti dagli organi centrali dello Stato. Nel 1948 cominciò l’istituzione delle regioni e dell’autonomia di province e comuni. Nel 1993 viene disposta l’elezione diretta dei sindaci e presidenti delle
province, nel 1999 vi fu l’elezione diretta delle giunte regionali, rafforzando così l’esecutivo dei tre enti sub-statali(comuni, province e regioni). Nel 2001 fu modificato il titolo V della seconda parte della costituzione. Mentre prima l’art 117 elencava le materie di pertinenza delle regioni e lasciava le materie residue alla gestione statale, ora elenca quelle di pertinenza statale e lascia le materie residue alla gestione regionale. L’art 118 disponeva che le regioni avessero compiti amministrativi nelle materie per le quali disponessero di potestà legislativa, ora il nuovo testo attribuisce le funzioni amministrative ai comuni, salvo che esse siano conferite a libelli superiori di governo.
In sede nazionale, prospetticamente, vengono ridotti i poteri del PdR, viene istituito un Primo Ministro con legittimazione popolare diretta ed ampi poteri, il Senato diventa Senato federale…
IL CITTADINO NELLA COSTITUZIONE: I DIRITTI FONDAMENTALI
La costituzione italiana vigente è una costituzione lunga( a differenza dello Statuto Albertino che invece era breve), consta di 139 articoli suddivisi in due parti: diritti e doveri dei cittadini, ordinamento della Repubblica.
La costituzione attualmente vigente contiene la garanzia dei diritti fondamentali dell’individuo e stabilisce i limiti dell’intervento statale nei loro confronti, disciplina le organizzazioni sociali e politiche stabilendo regole fondamentali della loro azione, introduce il principio di uguaglianza sostanziale(definisce gli obblighi di prestazione dello Stato rispetto ai cittadini per renderli veramente uguali). La garanzia costituzionale dei diritti fondamentali tutela i cittadini nei confronti degli interventi dei poteri pubblici. Tali garanzie partono dal rapporto autorità statale-libertà individuale. La costituzione indica, inoltre, le regole alle quali devono sottostare Stato e cittadini. Le differenze tra garanzia costituzionale dei diritti fondamentali e la disciplina costituzionale delle organizzazioni sociali e politiche sono due:
Per la disciplina costituzionale delle organizzazioni sociali e politiche la costituzione non si limita a disporre norme difensive ma riconosce funzioni.
Le garanzie costituzionali dei diritto si riferiscono ad individui mentre la tutela costituzionale delle organizzazioni si riferisce a gruppi.
Esistono disposizioni costituzionali negative (obblighi di astenersi dello Stato) e positive ( dispongono che lo Stato faccia qualcosa)
I soggetti hanno qualità o posizioni e si trovano in situazioni giuridiche. Le posizioni giuridiche sono attributi propri dei soggetti, mentre le situazioni giuridiche sono condizioni in cui il soggetto si viene a trovare a seguito di eventi e nell’ambito di rapporti. La principale situazione soggettiva è quella diritto(soggettivo)-obbligo. Il diritto soggettivo è una situazione attiva e di vantaggio che ha riferimento a un bene determinato. Al diritto soggettivo fa riscontro uno svantaggio. Una seconda coppia è la potestà(potere)-soggezione; il potere è una situazione preliminare poiché col suo esercizio produce situazioni soggettive vincolanti per altri soggetti ed il suo corrispettivo è la soggezione. Una terza coppia di situazioni soggettive è quella doveri-pretese. Esiste in fine la coppia interesse legittimo-potestà pubbliche. Solitamente alla potestà fa riscontro la soggezione, in alcuni casi però nei confronti della pubblica amministrazione il privato si vede riconoscere un interesse legittimo rispetto al diritto soggettivo; l’interesse legittimo è attribuito per assicurare una tutela ai privati nei confronti appunti degli atti
dell’amministrazione pubblica. La parte prima della costituzione elenca e garantisce le libertà che non sono riducibili in una particolare situazione giuridica soggettiva, perché sono un insieme di poteri e diritti, tutelati costituzionalmente.
La costituzione elenca le principali libertà forse nell’ottica di una sfiducia nei riguardi del legislatore. Essa appare ispirata al principio di sfiducia nell’amministrazione pubblica; infatti dopo aver sancito la garanzia costituzionale delle libertà più importanti, quando passa a prevedere i limiti che possono essere stabiliti all’esercizio di tali libertà, dispone che i limiti stessi siano fissati con legge e applicati nei singoli casi dal giudice. Tale clima di sfiducia è alimentato dal fatto che proprio dalla pubblica amministrazione diretta dal Governo sono venute le maggiori interferenze nella libertà dei cittadini. In taluni casi la costituzione stabilisce una riserva relativa di legge: in una data materia il Parlamento deve fissare con legge i criteri essenziali, mentre alla loro applicazione provvederà la pubblica amministrazione.
Le libertà sono:
Libertà personale( in casi eccezionali l’autorità di pubblica sicurezza può limitare tale libertà provvisoriamente, con provvedimenti comunicati al giudice entro 48 ore, se il giudice non convalida il fermo esso è revocato e perde effetto)
Libertà di domicilio
Libertà e segretezza della corrispondenza
Libertà di circolazione, di soggiorno, di espatrio e di emigrazione
Libertà di riunione:
In luogo aperto al pubblico(senza preavviso)
In luogo pubblico(preavvisare le autorità di pubblica sicurezza)
Libertà di religione
Libertà di manifestazione del pensiero(per la stampa, come per le libertà personali, c’è riserva di legge e intervento del solo giudice; nel caso della stampa è assolutamente vietata la censura preventiva)
Libertà di insegnamento della scienza, purché senza oneri per lo Stato
Libertà di impresa
libertà di sciopero
Uguaglianza in senso formale(garante contro le discriminazioni)
Per alcuni, uno dei diritti fondamentali è quello di proprietà; nella costituzione attualmente vigente la proprietà è riconosciuta e garantita dalla legge.
Il concetto di libertà è dinamico. Ogni periodo storico riconosce spazi autonomi diversi da quelli precedenti e molti ne conquista di nuovi, mentre altri ne abbandona. I nuovi sviluppi delle libertà non si esauriscono nella sempre più diffusa richiesta di ampliamento dell’elenco delle libertà, ma anche nella loro disciplina; quindi occorre introdurre nuove forme di gestione collettiva e sviluppare le istituzioni delle libertà. Gli strumenti delle libertà assumono una posizione di rilievo, tanto che la libertà è da ricercarsi nell’amministrazione che appresta i meccanismi per assicurarla in concreto.
LA STRUTTURA DEL PARLAMENTO
Il parlamento ha origine nell’organizzazione feudale. A quell’epoca il re, che era il feudatario più potente, ricorreva agli aiuti degli altri feudatari ed in cambio degli aiuti questi ultimi ottenevano favori dal re. Tali aiuti erano chiesti dal re durante un assemblea
che in Francia si chiamava Stati generali, a Napoli ed in Sardegna si chiamava Parlamento e in Spagna Cortes. Divenne abitudine inviare alle assemblee rappresentanti eletti a cui venivano affidati dei compiti, chiedere la trasformazione della promessa fatta dal re ai feudatari in legge irrevocabile e controllare che tale trasformazione, una volta accettata, avvenisse. Il Parlamento era composto da una sola assemblea, con la Restaurazione si fece ricorso ad un bicameralismo in grado di equilibrare sovranità del popolo e sovranità regia. Entrambe le camere sono elettive e la maggior parte delle volte la volontà legislativa d’una camera prevale su quella dell’altra. Ciò però non accade in Italia.
Secondo la costituzione repubblicana il parlamento è composto da due camere: camera dei deputati e senato della repubblica. Tali due camere operano separate tranne in casi eccezionali in cui vengono a formare un unico organo, ossia il Parlamento in seduta comune. Il sistema del bicameralismo ha due motivi fondamentali d’essere:
Ottenere decisioni più accurate
Allargare il consenso nella formazione della legge, sottoponendola all’esame e alla
deliberazione di un maggior numero di rappresentanti popolari.
Nel 1945 fu istituita la Consulta nazionale i cui membri erano nominati dal Comitato di liberazione. Tale consulta era un surrogato del parlamento e cessò d’esistere nel ‘46 quando il popolo fu chiamato per votare per scegliere la forma istituzionale dello Stato e per scegliere l’organo rappresentativo dell’Assemblea costituente, che fu un’assemblea parlamentare straordinaria, formata da 556 componenti, col compito di elaborare la costituzione. Nel sistema bicamerale della nostra costituzione le camere sono poste in condizioni di parità, ossia le decisioni di una camera hanno importanza pari a quelle dell’altra. Entrambe sono organi elettivi i cui membri sono eletti direttamente dal popolo. Il senato non è interamente elettivo, al suo interno infatti troviamo 5 senatori a vita nominati dal PdR in carica, tutti gli ex PdR. La camera ha 630 membri, il senato 315; per essere senatore occorre aver compiuto 40 anni, per essere deputato ne bastano 25; per votare al senato occorrono 25 anni, per votare alla camera bastano i 18.
L’assunzione alla carica di parlamentare deve esser preceduta dall’esplicazione di controlli che accertino la regolarità dell’elezione e l’assenza di cause di ineleggibilità(incapacità di essere eletto per una causa obiettiva) e di incompatibilità(impossibilità a ricoprire la carica di parlamentare contemporaneamente con altre cariche). L’assunzione della qualità di membro eletto del Parlamento di membro eletto dal Parlamento ha luogo con la proclamazione fatta dal presidente dell’ufficio elettorale. La proclamazione è preceduta dalla convalida, che è svolta dalla giunta delle elezioni, quest’ultimo è un organo permanente di ciascuna Camera finalizzato a verificare l’esistenza dei titoli di ammissione. La cessazione della carica quale membro del Parlamento avviene:
Perché la camera ha terminato la sua vita
Per dimissioni
Per decadenza, ossia viene a mancare uno dei requisiti di eleggibilità
Le due camere sono elette per 5 anni, allo scadere dei quali vengono indette nuove elezioni per tener conto delle variazioni nelle opinioni politiche della popolazione, per tener conto delle opinioni dei cittadini che hanno acquistato il diritto di voto. Tale data non può essere prolungata, se non in caso di guerra. La vita delle camere può esser più breve del previsto; nel caso in cui non si riesce a raggiungere la maggioranza per sostenere il governo dandogli la fiducia attraverso una votazione. In tal caso si ricorre allo scioglimento
anticipato delle camere, tale atto spetta al PdR e nel caso vengono indette nuove elezioni.
Il periodo di vita delle camere si chiama legislatura.
Le camere sono organi dotati di autonomia che si manifesta con l’adozione del regolamento e con l’autonomia finanziaria. Ciascuna camera adotta il suo regolamento(col quale si organizzano la struttura ed il funzionamento di ciascuna camera) a maggioranza assoluta dei suoi componenti(50.1%).
Le camere sono a base assembleare, le assemblee sono due formate rispettivamente da senatori e da deputati. Ciascuna camera quando si riunisce per la prima volta elegge i propri organi interni indispensabili per lo svolgimento delle attività. Tali organi sono:
Il Presidente: è eletto da ciascuna assemblea a maggioranza, deve garantire il buon andamento dei lavori parlamentari, dirige e modera la discussione, stabilisce l’ordine delle votazioni e partecipa alla programmazione dei lavori, non può votare
L’Ufficio di presidenza: composto dal presidente, da 4 vicepresidenti, 3 questori che vigilano sull’applicazione del regolamento e delle direttive del presidente, 8 segretari che sovrintendono alla redazione dei resoconti delle sedute
Le giunte: sono organi creati per risolvere questioni di carattere tecnico
Le commissioni parlamentari: sono organi permanenti che ciascuna camera forma all’inizio della legislatura, sono 14 in ciascun ramo del parlamento, sono composte da deputati e senati in modo da rispecchiare le forze politiche presenti e sono rinnovate ogni 2 anni(ogni parlamentare deve far parte di almeno una commissione)
I gruppi parlamentari: sono la proiezione dei partiti politici in parlamento
Esistono inoltre commissioni miste composte da deputati e senatori insieme; alle commissioni sono affidate competenze per materia; esistono poi ancora commissioni d’inchiesta(che sono organi temporanei) e le commissioni parlamentari permanenti che svolgono funzioni necessarie e funzioni eventuali, tra le funzioni necessarie ci sono l’esame dei disegni di legge che deve esser compiuto prima che il disegno di legge venga discusso in assemblea. Chi non vuol schierarsi per l’uno o l’altro gruppo può decidere di iscriversi ad un gruppo misto, in cui comunque è possibile il formarsi di componenti politiche. Ogni gruppo elegge il proprio presidente che indirizza il comportamento dei parlamentari del gruppo di cui è capo. Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincoli nei confronti del gruppo parlamentare d’appartenenza. I membri del parlamento sono sempre liberi di discostarsi dalle indicazioni del presidente del gruppo sia al momento della discussione sia al momento della votazione.
Le camere per potersi riunire vanno convocate. La convocazione spetta al presidente di ciascuna delle camere, a un terzo dei membri della camera ed al PdR. La costituzione prevede due convocazioni automatiche annuali, una a febbraio ed un’altra ad ottobre. La prima riunione dopo le elezioni deve avvenire a non più di 20 giorni da queste ultime. I periodi di lavoro continuato delle camere si chiamano sessioni, ogni sessione è composta da sedute che indicano le volte ed il tempo il cui i parlamentari si sono riuniti in sessione. Il lavoro delle assemblee è svolto secondo un programma, tale programma è elaborato dal presidente e discusso ed approvato dalla conferenza dei capigruppo. Tale programma è approvato con il consenso dei presidenti dei gruppi la cui consistenza numerica sia pari ad almeno il 75% dei componenti della camera. Il programma può riguardare l’organizzazione dei lavori delle camere per i successivi due-tre mesi. Sulla base di tale programma gli stessi presidenti dei gruppi formano il calendario dei lavori. Per ogni programma si fanno
più calendari, tali calendari indicano gli argomenti da trattare ed il numero e le dati delle singole sedute d’assemblea. Sulla base delle indicazioni del programma il presidente di ogni camera, al termine della seduta, indica l’ordine del giorno che a sua volta indica l’elenco degli argomenti e l’ordine in cui verranno trattati.
Le deliberazioni di ciascuna camera non sono valide se non è presente un quorum ossia un numero minimo di membri. Il quorum è fissato nella misura della metà più1 dei componenti di ciascuna assemblea. Se manca tale numero la seduta non può aver luogo. Le deliberazioni devono essere adottate a maggioranza dei presenti, a meno che non sia espressamente richiesta dalla costituzione una maggioranza particolare.
I lavori del parlamento sono basati sul principio di pubblicità; i membri del governo, quando non siano anche membri delle camere, hanno diritto e dovere di assistere alle sedute delle camere e devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono. Le assemblee sono chiamate ad esprimere le proprie convinzioni attraverso un voto che può essere:
Di approvazione
Di non approvazione
Di astensione
Non si richieda l’identificazione delle persone ne il numero dei votanti
Si richieda l’identificazione delle persone e il numero dei votanti, ma non si richieda la pubblicità del contenuto del voto(scrutinio segreto)
Si richieda l’identificazione delle persone, del numero dei votanti ed il contenuto del voto(appello nominale).
Lo scrutinio segreto da luogo al fenomeno dei “franchi tiratori” ossia dei parlamentari che pur avendo votato la fiducia al governo gli negano su singoli progetti di legge il consenso.
Oltre al voto contrario i parlamentari possono far ricordo all’ostruzionismo che è un mezzo per impedire l’approvazione di deliberazioni da parte della maggioranza. Per ottenere questo risultato, i rappresentati delle minoranze presentano un gran numero di emendamenti al testo in discussione e si iscrivono tutti a parlare, ottenendo l’effetto di ritardare ed impedire la deliberazione.
Altri strumenti, previsti dal regolamento, in grado di ritardare ed ostacolare la discussione sono:
Questioni incidentali: hanno la precedenza sulla discussione principale, sono di due categorie, per questioni procedurali e per questioni che riguardano il contenuto del progetto
Questioni pregiudiziali: sono proposte dai parlamentari, prima che inizi la discussione, adducendo motivi affinché la discussione stessa non abbia luogo
Questioni sospensive: sono proposte per rinviare la discussione al verificarsi di eventi specifici
Le questioni pregiudiziali o sospensive sono approvate o respinte dall’assemblea, dopo un breve dibattito, che si conclude col voto.
Le immunità parlamentari sono una stato di garanzia di cui godono i membri del
Parlamento e sono indisponibili ed irrinunciabili. L’immunità assume due forme:
L’insindacabilità: i parlamentari sono considerati irresponsabili in campo penale, civile
ed amministrativo e non possono essere perseguitati per opinioni espresse e per i voti dati nell’esercizio delle funzioni. Tale garanzia non concessa a tutte quelle opinioni che possono essere ricondotte all’attività solo genericamente politica d’un parlamentare, infatti secondo la Corte se così non fosse si assisterebbe alla trasformazione della prerogativa in un privilegio personale
L’inviolabilità: riguarda la responsabilità del parlamentare per i comportamenti tenuti al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni.
Nel 1993 una legge di revisione costituzionale ha modificato la disciplina dell’inviolabilità prevedendo che l’autorizzazione della camera d’appartenenza non sia necessaria per la sottoposizione a procedimenti penali del parlamentare , ma solo per l’adozione di provvedimenti che ne limitino le libertà, inoltre stabilisce che anche senza autorizzazione il parlamentare può esser privato della libertà personale nel caso in cui vi sia una sentenza di condanna irrevocabile, oppure venga colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Le due camere si riuniscono insieme formando un unico organo( il parlamento in seduta comune) nel caso di svolgimenti di determinate funzioni; formano in questo modo un’unica assemblea presieduta dal presidente della camera dei deputati. Le camere devono riunirsi in caso d’elezione del PdR, per assistere al giuramento di quest’ultimo, per deliberare eventuali messe in accusa del PdR per alto tradimento o attentato alla costituzione, per eleggere alcune alte cariche dello stato. La maggioranza dei componenti è riferita al numero complessivo dei membri dell’organo senza controllare se sia rispettatala regola della maggioranza all’interno di ciascuna camera. Tale regola gioca a favore della camera dei deputati che è l’organo più numeroso. Nelle riunioni il parlamento in seduta comune applica il regolamento della camera dei deputati, tuttavia potrebbe darsi un regolamento proprio data la particolarità delle funzioni.
LE FUNZIONI DEL PARLAMENTO
Le funzioni principali del parlamento sono:
Funzione legislativa
Funzione di controllo sul governo
Funzione di indirizzo politico
Per funzione legislativa si intende l’attività di preparazione, esame ed approvazione delle leggi. Le leggi vanno approvate da entrambe le camere e sono esaminate sotto 3 profili:
Contenuti: possono essere diversi, esistono leggi che pongono direttive e leggi che erogano benefici e leggi che impongono comando o divieti o che prevedono punizioni
Forma: è una sola ed è assunta attraverso l’approvazione da parte delle due camere ed è proprio tramite l’approvazione che l’atto prende forma di legge
Effetti: sono collegati alla forma, ed è proprio la forma a fare contenuto imperativo, generale ed astratto alla legge conferendo quindi una forza(tale forza deriva dal fatto che il Parlamento riflette la sovranità del popolo).
La proceduta legislativa è l’insieme degli atti previsti dalla costituzione e posti in essere da ciascuna camera per approvare la legge. L'iter legis, ossia il procedimento che porta alla formazione di una legge, è così schematizzabile:
iniziativa –> istruttoria -> esame –> approvazione (articolo per articolo e finale) –> promulgazione –> pubblicazione
L'iniziativa spetta al Governo, ai singoli parlamentari(che devono presentare la proposta di
legge alla loro camera d'appartenenza), ai cittadini (che devono presentare una proposta formulata in articoli e accompagnata dalle firme di 50.000 elettori), ai singoli Consigli regionali e al CNEL(consiglio nazionale dell‘economia e del lavoro). L'iniziativa, una volta pervenuta ad una delle due Camere, deve essere assegnata ad una commissione competente per materia perché svolga una preliminare attività istruttoria (avvalendosi anche dei pareri formulati da altre commissioni, e in particolare dalle così dette «commissioni filtro»).
A questo punto, il procedimento può seguire due strade diverse. Nel procedimento normale la commissione competente si riunisce in sede referente e, formulata una relazione e nominato un relatore, trasmette la competenza alla formulazione e all'approvazione del testo all'assemblea Il tutto deve avvenire in non più di 4 mesi alla Camera e di 2 mesi al Senato. Una volta approdato in una Camera, avviene la discussione generale, a cui segue l'esame (e il voto) articolo per articolo, le dichiarazioni di voto ed in ultimo la votazione generale, che normalmente avviene e in modo palese (il voto segreto è previsto per materie che implicano scelte dettate dalla coscienza individuale). Se il progetto ottiene la votazione positiva di una Camera, passa all'altro ramo del parlamento che la deve votare senza ulteriori modifiche. In caso di modifiche, il testo ritorna all'altra Camera che lo deve riapprovare. Se il testo ripete questo procedimento più volte si parla di "navette" o palleggiamento.
Questa procedura è obbligatoria per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consecutivi. In tutte le altre ipotesi, si potrà avere una procedura speciale: la commissione permanente potrà riunirsi in sede redigente (sarà di competenza dell'assemblea, cioè, la sola approvazione finale) oppure deliberante o legislativa (l'intero iter parlamentare si svolge in seno alla commissione), fatta salva in entrambi i casi la possibilità per 1/10 dei membri della Camera che sta procedendo, 1/5 dei membri della commissione o per il Governo di chiedere il ritorno alla procedura normale.
Procedure particolari sono previste per la conversione di decreti legge, la legge annuale, la legge di bilancio annuale preventivo (e relativa finanziaria), la legge annuale di semplificazione e altre leggi di cui si decide l'urgenza.
Approvato lo stesso testo in entrambi i rami del Parlamento, questo verrà trasmesso al PdR, perché entro un mese provveda alla promulgazione, salva la possibilità di chiedere alle Camere, con messaggio motivato, una nuova deliberazione (ipotesi nella quale la promulgazione è atto dovuto). Una volta promulgata, la legge sarà quindi pubblicata - a cura del Ministro della Giustizia - sulla Gazzetta Ufficiale,ed entrerà in vigore dopo il periodo di vacatio legis (15 giorni, a meno che non sia altrimenti stabilito).
La rigidità della nostra costituzione è garantita dalla predisposizione di organi e misure di controllo attraverso i quali si apportano le modifiche che il passare o i cambiamenti socio-politici si rendono indispensabili. In questo consiste la funzione di revisione costituzionale. Questo processo si articola in 2 possibili fasi la prima in cui le camere procedono ad una votazione parlamentare attraverso una doppia delibera se in entrambe le camere la votazione positiva è superiore ai 2/3 la revisione è passata viene direttamente mandata al presidente della repubblica per la promulgazione, in caso si raggiungesse una maggioranza assoluta ma non superiore ai 2/3 si prevede che alcuni soggetti : 1/5 dei componenti di ciascuna camera, 5 consigli regionali, e 500000 elettori possono richiedere di sottoporre a votazione elettorale il testo votato in parlamento; tale referendum definito costituzionale può essere esercitato nei 3 mesi successivi alla pubblicazione nella gazzetta
ufficiale ai fini notiziari del testo della deliberazione legislativa. Inoltre doppia delibera dea parte delle camere avviene attraverso un esame incrociato, cioè una volta approvata in prima lettura da una camera , la legge viene trasmessa all'altra senza anche la seconda deliberazione della prima; in seconda lettura difatti si procede con solo una votazione finale senza la possibilità di introdurre emendamenti. L'art 139 della costituzione stabilisce l'unico vero limite espresso nell'esercizio del potere di revisione costituzionale è consiste nella forma repubblicana dello stato. Sussistono inoltre altri limiti considerati impliciti cioè non vengono modificati gli articoli che contengono i principi supremi dello stato nonché i valori su cui si fonda la costituzione italiana( sovranità popolare, unità ed indivisibilità dello stato...)
Il parlamento, oltre alla funzione legislativa, esercita anche funzione di controllo sul Governo e funzioni di indirizzo politico.
La funzione di controllo si esplica in mozioni, risoluzioni e ordini del giorno, nonché negli strumenti conoscitivi delle interrogazioni e delle interpellanze.
La funzione di indirizzo politico, invece, si concreta nel rapporto fiduciario che deve sussistere tra Parlamento e Governo, oggettivizzato nella mozione di fiducia, nella questione di fiducia e nella mozione di sfiducia (che può essere rivolta all'intero Governo oppure anche a un singolo ministro). Altri strumenti di indirizzo politico sono le mozioni, le risoluzioni e gli ordini del giorno di istruzione al governo.
Una profonda integrazione tra funzione legislativa, funzione di controllo e funzione di indirizzo si registra, infine, negli atti che vengono svolti nella così detta sessione di bilancio, e che vanno dall'approvazione DPEF del documento di programmazione economica e finanziaria all'approvazione della legge finanziaria e dei bilanci.
A norma dell'art. 82 della Costituzione, «ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria». Il Parlamento, ossia, per adempiere alla sua funzione di organo attraverso il quale si esercita in forma ordinaria la sovranità popolare, può adottare penetranti strumenti conoscitivi e coercitivi (gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria) per sottoporre all'esame proprio - e di conseguenza del popolo sovrano - fatti e argomenti su cui sia particolarmente viva l'attenzione sociale.
La rigidità della costituzione è garantita da determinati organi e misure di controllo il quale attraverso "iter precisi" apportano le modifiche che il passare del tempo o i vari cambiamenti socio-politici si rendono necessari. L'organo competente alla revisione costituzione è proprio il Parlamento che attraverso una doppia delibera da parte di ciascuna camera entro tre mesi può approvare tale modifica. La delibera si effettua con un esame incrociato della legge, cioè viene prima approvata dalla prima camera e poi passa all'altra senza la seconda delibera dalle prima. Successivamente in meno di tre mesi deve essere deliberata la seconda votazione della prima casa e anche dell'altra. Questo particolare iter viene naturalmente bloccato se nel passare le deliberazioni non ottengono almeno una maggioranza assoluta. Nel caso alla fine di questo procedimento si fosse raggiunta una maggioranza superiore hai 2/3 la legge passa al Presidente della Repubblica, che ha la facoltà di promulgarla. Nel caso raggiungesse una maggioranza assoluta ma inferiore hai 2/3 l'atto può essere impugnato da 1/5 dei componenti di ciascuna camera, oppure da 5 consigli regionali, 500.000 elettori e può essere richiesto un referendum costituzionale. Questo deve svolgersi in una domenica tra 50 e 60gg dopo. La
differenza da quello abrogativo è principalmente l'atto di cui si tratta, che al posto di essere una legge già in vigore in questo caso è una legge costituzionale o di revisione; altra differenza è che nel suo iter di passaggio non ci sarà un controllo esercitato dalla corte costituzionale; un'altra differenza inoltre è che non c'è un quorum prestabilito quindi anche le forze politiche di minoranza potrebbero raggiungere più consensi.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Il PdR è un organo costituzionale a carattere monocratico. Può essere eletto PdR qualunque cittadino italiano che abbia compiuto 50 anni d’età e che goda di diritti civili e politici, viene eletto dal Parlamento.
L’elezione del PdR avviene ad opera del parlamento in seduta comune, la cui composizione
integrata dalla presenza di 3 rappresentati per regione(per la Valle d’Aosta solo 1). L’elezione avviene a scrutinio segreto con la maggioranza dei 2/3 dei componenti dell’assemblea per le prime 3 votazioni, con tale votazione il presidente si pone al di sopra dei partiti politici; dalla quarta votazione in poi è sufficiente la maggioranza assoluta dell’assemblea(50.1%). 30 giorni prima della scadenza del mandato del PdR il presidente della camera dei deputati convoca il parlamento in seduta comune ed i delegati regionali per eleggere il nuovo PdR. Se le camere sono sciolte o mancano meno d 3 mesi alla loro cessazione, la riunione del parlamento in seduta comune ha luogo entro 15 giorni dalla riunione delle nuove camere. Il PdR una volta eletto deve giurare fedeltà alla repubblica ed alla costituzione, ha una carica che dura 7 anni ed è rieleggibile.
Per l’incarico di PdR è prevista solo la supplenza in caso di impedimento. Tale impedimento può essere temporaneo, che da luogo ad una supplenza esercitata dal presidente del senato, oppure permanente in questo caso la supplenza è assunta dal presidente del senato in vista di nuove elezioni indette dal presidente della camera entro 15 giorni dall’accertamento dell’impedimento. Nel caso in cui le camere siano sciolte o manchino meno di 3 mesi alla loro cessazione per procedere alle elezioni occorre aspettare la costituzione delle nuove camere e l’elezione avrà luogo entro 15 giorni dalla prima riunione. Nel mentre le funzioni sono esercitate dal presidente del senato che ha poteri riferiti a campi più ristretti.
30 giorni prima la scadenza del mandato devono essere indette nuove elezioni dal presidente della camera. Tale disposizione tende ad evitare la prorogatio della carica del presidente, ossia che possa stare in carica per altro tempo.
Nessun atto del PdR è valido se non è controfirmato dal ministro proponente e gli atti che hanno valore legislativo e gli altri atti indicati dalla legge debbono essere controfirmati dal presidente del consiglio dei ministri. Con la controfirma il ministro si assume la responsabilità politica dell’atto firmato dal PdR. Sono esclusi da tale regola alcuni atti presidenziali quali le dimissioni, i messaggi e gli atti compiuti dal PdR come presidente del collegio.
Il PdR è responsabile penalmente nel caso di reati quali l’alto tradimento e l’attentato alla costituzione. Col la legge 140/2003 è stata riconosciuta l’immunità penale per le più alte cariche dello stato.
Gli atti del PdR possono essere atti presidenziali oppure atti di partecipazione all’esercizio dei poteri. Gli atti presidenziali sono:
Messaggi presidenziali inviati alle camere: strumento attraverso il quale si segnalano gravi necessità comuni e richiamano esigenze avvertite dal Paese
La nomina di 5 giudici della Corte costituzionale e di 5 senatori a vita
La nomina de Presidente del consiglio dei ministrie, su proposta di questo, dei membri del governo(ministri)
Lo scioglimenti anticipato della camere(e la indizione di nuove elezioni per la creazione di camere nuove): tale potere non può essere esercitato nel semestre bianco, ossia nei sei mesi prima della scadenza del mandato.
Partecipazione all’esercizio della funzione legislativa
Convocazione straordinaria delle camere
Promulgazione delle leggi
Autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge del governo
Indizione del referendum dopo la deliberazione del consiglio dei ministri
Partecipazione all’esercizio della funzione amministrativa:
Nomina del governo e dei più importanti organi amministrativi dello stato
Presidenza del consiglio supremo di difesa
Conferimento di onorificenze della repubblica
Accreditamento di rappresentanti diplomatici dell’Italia all’estero
Partecipazione all’esercizio della funzione giurisdizionale:
Presidenza del consiglio superiore della magistratura
Concessione dell’amnistia e dell’indulto
Concessione della grazia e commutazione delle pene
L’amnistia è un atto con cui si cancella il reato. L’indulto è un atto con cui si condona in tutto o in parte la pena inflitta o da infliggere per un reato commesso. La grazia è un provvedimento di clemenza rivolto a un singolo individuo, tale provvedimento è configurato dalla costituzione quale atto autonomo del PdR senza necessità d’assunzione di responsabilità da parte del Ministro della giustizia, anche se nella prassi è ritenuto necessario il consenso di quest’ultimo.
Il PdR ha un ruolo di garante del funzionamento delle istituzioni alle quali spetta la gestione dello stato e la tutela dei diritti dei cittadini.
Il PdR gode d’un assegno personale e di una dotazione entrambi esenti da tasse; sul proprio patrimonio personale il PdR versa regolari contributi. L’assegno ha la funzione di corrispettivo per le prestazioni presidenziali. La dotazione consiste in una serie di beni immobili messi a disposizione del PdR, insieme ad una somma destinata alla loro amministrazione.
Alla presidenza della repubblica sono riconosciute autonomia finanziaria e organizzativa. L’apparato della presidenza della repubblica è diretto dal segretario generale, il cui titolare è nominato e revocato con Decreto presidenziale.
I presidenti della repubblica sono stati:
De Nicola 1948
Einaudi 1948-1955
Gronchi 1955-1962
Segni 1962-1964
Saragat 1964-1971
Leone 1971-1978
Pertini 1978-1985
Cossiga 1985-1992
Scalfaro 1992-1999
Ciampi 1999-2006
Napolitano 2006
IL GOVERNO
Il governo è la parte dell’organizzazione pubblica in cui si accentra la direzione politica dello Stato.
L’espressione tipo o forma di governo indica il modo in cui le principali funzioni statali sono distribuite tra gli organi di vertice dello stato, ed il modo in cui questi sono costituiti. Le forme di governo sono disciplinate dalle Costituzioni. I principali tipi di governo sono:
Governo parlamentare: la titolarità del potere esecutivo è concepita quale emanazione permanente, ottenuta attraverso un rapporto di fiducia dei collegi titolari del potere legislativo
Governo presidenziale: l’esecutivo è influenzato principalmente dal presidente-capo dello Stato.
Una componente essenziale delle forme di governo sono i partiti politici, in base ai quali è possibile, ancora, distinguere in governi parlamentari a bipartitismo e a multipartitismo.
Il Governo della Repubblica è un organo complesso composto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri che formano per l’appunto il Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio concorre alla formazione dell’indirizzo politico del Governo e gli è riconosciuta una posizione di preminenza manifesta in due momenti:
Nella composizione del governo: i suoi membri sono scelti dal Presidente del Consiglio
In seno al consiglio dei ministri: il Presidente del Consiglio è responsabile della politica
generale del Governo, la dirige ed ha il compito di mantenere l’unità di indirizzo. Il Presidente del Consiglio ha poteri di direzione di organi collegiali, di promozione e coordinamento dell’attività dei ministri, di esternazione e normativi;
Convoca e preside il Consiglio dei ministri, ne fissa l’ordine del giorno e ne dirige i lavori
Indirizza, coordina e promuove l’attività dei ministri
Può sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri e concorda con i ministri le dichiarazioni pubbliche che impegnano la politica generale del Governo
Esercita i poteri esterni del Governo
Esercita un vero e proprio potere normativo in materia sia di ordinamento, sia di
disciplina
Egli è responsabile politicamente per tutti gli atti del Governo, civilmente e penalmente per i reati sia propri che comuni.
Il Consiglio dei ministri è un organo collegiale formato dal presidente del consiglio e dai ministri e dai ministri, questi ultimi sono:
Coloro cui si è affidata la direzione di un apparato amministrativo
Coloro che assicurano l’esercizio di una funzione per conto dello Stato. Essi partecipano all’elaborazione dell’indirizzo politico del Governo e si chiamano ministri senza
portafoglio.
I sottosegretari sono titolari delle funzioni a loro delegate dal ministro, svolgono in ogni modo rilevanti funzioni nei confronti dell’apparato ministeriale presso il quale sono nominati; sono nominati dal presidente del consiglio e in caso di dimissioni del Governo decadono. Il titolo di vice ministro può essere dato a non più di 10 sottosegretari, se ad essi sono conferite deleghe relative all’intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali. I vice ministri possono essere invitati a partecipare alle riunioni del consiglio dei ministre per riferire sulle questioni oggetto della loro delega. Posizione permanente è attribuita al sottosegretario alla presidenza del consiglio che svolge funzioni di segretario del consiglio dei ministri e vi partecipa e ne redige i verbali che contengono un succinto resoconto della discussione distinto per argomenti, con il semplice risultato delle votazioni ed è un atto riservato custodito a cura della presidenza del consiglio dei ministri. Gli alti commissari o i commissari straordinari hanno partecipato alle sedute del consiglio dei ministri; questi sono nominati in via temporanea per realizzare specifici obiettivi delineati dal parlamento o dal consiglio dei ministri, perciò le loro funzioni sono prefigurate e la loro durata i compiti e i mezzi si evincono dal decreto di nomina. Le deliberazioni del consiglio dei ministri sono adottate a maggioranza dei votanti, ed una volta adottate vincolano tutti i ministri. Le funzioni esercitate nel consiglio consistono nella:
Elaborazione del programma di governo
Deliberazione dei disegni di legge di iniziativa del governo
Deliberazione dei decreti legge, delle leggi delegate e dei regolamenti; nomina della alte cariche dello stato
Deliberazione sulle questioni di ordine interno e internazionale e su tutti gli affari di interesse generale che riguardano lo stato e le regioni
Nomina di uno o più vicepresidenti del consiglio
Il consiglio dei ministri non ha atti propri. Il consiglio di gabinetto è costituito dal presidente del consiglio dei ministri e dai ministri da lui designati, sentito il Consiglio dei ministri. Il consiglio di gabinetto è un organo di indirizzo e di composizione dei conflitti tra partiti, ma non ha funzioni deliberative.
I Comitati Interministeriali sono articolazioni del governo e vengono istituiti con legge e comprendono tutti i ministri interessati ad una materia cui si aggiungono funzionari ed esperti, e danno luogo ad una sorta di decentramento di alcune funzioni di governo. Tali comitati danno luogo ad una decongestione del consiglio dei ministri e consentono un esami più specializzato ed attento delle varie questioni, questi ultimi presentano anche inconvenienti, infatti si prestano a scelte eccessivamente settoriali ed ai comitati sono attribuiti anche compiti amministrativi. I comitati dei ministri possono svolgere funzioni istruttorie e consultive nei confronti del governo o del consiglio dei ministri e sono formati da ministri e possono avvalersi di esperti estranei alla pubblica amministrazione.
I ministri fanno parte del consiglio dei ministri e fanno capo ad un ramo dell’amministrazione. Essi svolgono sia funzioni politiche(elaborazione dell’indirizzo politico) che funzioni amministrative(attuazione di tale indirizzo). Uno stesso ministro può essere posto a capo di più ministeri ed è possibile che un ministro ne diriga un altro ad interim, ossia come reggente(non come titolare), tale tipo di reggenza può essere assunta dallo
stesso presidente del consiglio. Può, poi, accadere che il presidente del consiglio nomini ministri in numero superiore a quello dei ministeri esistenti, si hanno così ministri senza portafoglio cui si ricorre quando il presidente del consiglio voglia allargare al base politica del proprio governo o equilibrare il peso politico dei vari partiti presenti nel governo o ancora arricchire l’azione polita con l’apporto di speciali competenze esterne. I ministri senza portafoglio sono denominati in questo modo perché non hanno a disposizione una struttura ministeriale in senso proprio ma sono solo titolari di una funzione attribuita in via provvisoria. Per lo svolgimento delle funzioni amministrative i ministri si avvalgono dei sottosegretari di stato; i ministri in oltre sono responsabili del proprio operato dinanzi al parlamento. La loro responsabilità può essere civile(disciplinata da norme di diritto comune, chiunque reca danno ad altri deve risarcirlo-competente a giudicare in questo caso è la magistratura ordinaria), penale(deriva dal compimento di un fatto previsto dalla legge come reato) e politica(nasce da atti o fatti politicamente rilevanti del ministero o dall‘aver tenuto una condotta politicamente inopportuna-sussiste solo verso il parlamento e comporta le dimissioni).
La formazione del governo consta di 5 fasi:
Incarico: atto che spetta al PdR, con cui si affida al presidente del consiglio-che accetta con riserva-il compito di formare un nuovo governo in grado d’ottenere la fiducia alle camere; tale fase termina con lo scioglimento della riserva e con la presentazione della lista dei ministri al capo dello stato
Nomina dei ministri: spetta al PdR su proposta del presidente del consiglio, sia il presidente del consiglio, sia i ministri sono liberi d’accettare o meno la nomina.
Giuramento: il presidente del consiglio ed i ministri prestano giuramento nelle mani del PdR, dopo tale giuramento il governo può dirsi formato; in attesa della fiducia da parte delle camere non può compiere atti che lo impegnino politicamente
Elaborazione del programma di governo: è un atto con il quale il governo indica gli obiettivi che si propone di raggiungere nel periodo di carica e i mezzi di cui si servirà per farlo-sarà in base al programma che si aprirà il dibattito per ottenere la fiducia alle camere
Voto di fiducia: può concludersi in due modi:
Voto di fiducia, mostra l’esistenza d’un accordo in parlamento per dare appoggio al governo
Non ottenere la fiducia, il governo allora presenta le dimissioni e si apre una nuova crisi di governo. Dopo le dimissioni il governo resterà in carica per l’ordinaria amministrazione (nel caso in cui più governi si susseguano presentandosi al parlamento senza ottenere la fiducia il PdR può sciogliere le camere ed indire nuove elezioni sul presupposto che esse non riescano più a trovare un accordo per dar
fiducia ad un governo e consentirgli di governare).
Tali fasi sono precedute da un’attività preparatoria che consiste nell’apertura delle consultazioni da parte del PdR, che nomina il presidente del consiglio dei ministri.
Si possono avere 3 tipi di crisi di governo:
Parlamentari: si hanno quando una camera nega la fiducia al governo e quest‘ultimo deve dimettersi(nel caso della mozione di sfiducia individuale è il singolo ministro a dover presentare obbligatoriamente le dimissioni)
Extraparlamentari: un partito politico o la corrente d’un partito che appoggiava il governo esce dalla coalizione privando il governo stesso della maggioranza
parlamentare
Per ragioni di correttezza: quando è eletto un nuovo PdR il governo in carica presenta le dimissioni che per consuetudine vengono respinte; oppure quando le camere vengono rinnovate a seguito delle elezioni politiche(in questo caso le dimissioni sono accettate).
Il rimpasto ministeriale è una mera sostituzione di alcuni ministri dimissionari ed è un’occasione per spostare all’interno del gabinetto diversi incarichi ministeriali in vista di nuovi equilibri; tale strumento richiede che i ministri giurino nelle mani del PdR.
Il governo, come già detto, deve ottenere la fiducia dal parlamento. Il parlamento è diviso in gruppi parlamentari, corrispondenti all’incirca ai partiti esistenti; la grande importanza dei partiti si riflette sui rapporti tra governo e parlamento che passano attraverso i partiti.
L’attività più importante del governo è l’individuazione dell’indirizzo politico, che può mutare nel corso della vita del governo. Tra gli atti che indicano l’indirizzo politico ci sono, oltre alla predisposizione del programma, le determinazioni in materia di relazioni internazionali, finanzia pubblica e di bilancio,…
Il governo è titolare di vari poteri nell’ambito della funzione amministrativa(nomina dei dirigenti con funzioni generali, degli organi dei maggiori enti pubblici ed istituti nazionali). Alla funzione normativa del governo possono essere ricondotti vari atti:
Disegni di legge: presentati alle camere per l’approvazione, il voto contrario di una o di entrambe le camere al disegno di legge non comporta le dimissioni del governo
Decreti legge: sono provvedimenti provvisori con forza di legge e possono essere adottati dal governo in casi straordinari di necessità ed urgenza, sono immediatamente applicabili per non più di 60 giorni entro i quali devono esser convertiti in legge dal parlamento (il governo è tenuto a presentare alle camere i disegni di legge relativi per la conversione)-se le camere sono sciolte sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni; l’assemblea vota a scrutinio segreto, se il voto è negativo il decreto di legge cessa di produrre i propri effetti; se un decreto non è convertito in legge entro i 60 giorni esso si considera decaduto e non può essere ripresentato, la reiterazione di un D.L. che abbia stesso contenuto d’uno precedente è considerata dalla corte costituzionale illegittima.
Leggi delegate( o decreti legislativi): una legge del parlamento(legge delega) conferisce il potere di emanare entro un tempo determinato e con modalità stabilite leggi delegate o D.Lgs.; con la legge delega le camere devono stabilire:
Il tempo entro cui il governo deve emanare il D.Lgs.
I principi ed i criteri direttivi del decreto
L’oggetto del decreto
sempre ammessa la revoca della delega da parte del delegante. Il D.Lgs. è adottato quando le materie su cui legiferare sono molto complicate ed ampie
Regolamenti: sono atti normativi propri dell’esecutivo; il procedimento che si segue per la loro emanazione s’articola in varie fasi:
Predisposizione da parte del ministro che lo propone
Parere dell’organo consultivo esistente presso il ministero
Parere del consiglio di stato
Approvazione da parte del consiglio dei ministri
Emanazione con decreto del PdR
Registrazione della Corte dei conti
Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiali
Oltre a sottostare alla legge incontrano un limite nella riserva di legge; spesso la costituzione riserva alla legge la disciplina di una determinata materia escludendo che su si essa possa intervenire un regolamento.
La funzione di governo non si manifesta sempre in atti tipici. La sua funzione consiste nel prevedere eventi politici ed economici, nel farvi fronte, nel cercare soluzioni ai problemi che si presentano, in modo da assicurare il massimo dei consensi. Il consiglio dei ministri è in continuo rapporto con il Parlamento ed è a capo dell’amministrazione pubblica.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Le costituzioni possono essere:
FlessibilI: possono essere modificate da leggi ordinarie del Parlamento
Rigide: richiedono per poter essere modificate procedure straordinarie
La corte costituzionale è un organo collegiale composto da 15 giudici scelti tra magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie ed amministrative, docenti universitari in materie giuridiche e tra avvocati con più di 20 anni d’esercizio. I membri di tale corte sono: per un terzo eletti dal PdR, per un terzo dal parlamento in seduta comune a scrutinio segreto e per il restante terzo dalle supreme magistrature dell’ordine giudiziario e amministrativo. I magistrati che ne fanno parte durano in carica non più di 9 anni(che decorrono dal giorno in cui prestano giuramento di fedeltà) e non sono rieleggibili. Nei giudizi sulle accuse contro il PdR per i reati di alto tradimento e di attentato alla costituzione, la composizione della corte viene integrata da altri 16 giudici che si chiamano giudici aggregati. Ai giudici aggregati spetta lo stesso status giuridico ed economico di giudice della corte costituzionale e cessano la loro carica con il termine del processo.
Durante il periodo di appartenenza alla corte costituzionale i giudici non possono svolgere le proprie funzioni( avvocati, docenti..).
La corte elegge tra i propri membri un presidente che dura in carica 3 anni ed è rieleggibile fino a quando non scade il suo mandato di giudice. Il presidente è eletto a maggioranza assoluta dei componenti, in caso di parità è proclamato eletto il più anziano in carica. Il presidente convoca il collegio e ne presiede le sedute. Particolari poteri che spettano al presidente sono:
La scelta del giudice relatore
La fissazione del giorno dell’udienza pubblica per la discussione della causa
La direzione della discussione
La possibilità di votare per ultimo , in caso di parità il suo voto prevale
Il presidente può scegliere per la fissazione delle discussioni il momento più favorevole all’accettazione di una determinata linea politico-giuridica che egli vuole far prevalere.
Il Italia è previsto un sindacato accentrato, perché compiuto dalla corte costituzionale, e ad impugnativa indiretta perché la questione di legittimità costituzionale viene sottoposta alla corte da parte di un altro giudice. In particolare è necessario:
Che nel processo si discuta dell’applicazione d’una legge
Che sorga il dubbio che la legge sia incostituzionale
Che il processo non possa essere concluso se non si risolve la questione di
costituzionalità
L’eccezione di incostituzionalità può essere sollevata dalle parti, dal giudice direttamente o dal pubblico ministero. Il giudice procede a un esame sommario della questione di incostituzionalità, se la questione appare infondata o la soluzione è irrilevante per lo svolgimento del processo questo prosegue e la questione di incostituzionalità non viene sottoposta al giudizio della corte costituzionale; se invece a seguito dell’esame il giudice ritiene che possa dubitarsi della legittimità della legge, allora sospende il giudizio e rimette gli atti alla corte costituzionale con ordinanza di rinvio. Nell’ordinanza devono essere indicati articoli della legge della cui costituzionalità si dubito e gli articoli della costituzione che si assumono violati. Il governo quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale, in questo caso in via diretta, davanti la corte costituzionale entro 60 giorni dalla sua pubblicazione. Un diritto analogo spetta alla regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello stato, oppure di un’altra regione, leda la sua sfera di competenza.
L’ordinanza con cui il giudice rimette gli atti alla corte deve essere notificata alle parti del processo e al presidente del consiglio dei ministri. L’intervento di quest’ultimo ha solo un significato politico. Il giudizio dinanzi alla corte costituzionale non ha ad oggetto la risoluzione di una controversia, ma la verifica della legittimità costituzionale di una legge, compiuta in modo obiettivo e nell’interesse generale.
La corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge(decreti legge, legislativi ad esclusione dei regolamenti) ed ha escluso la sua competenza in materia di regolamenti dell’unione europea. Sono sottoponibili al sindacato di costituzionalità:
Le leggi dello stato e delle regioni
Le leggi costituzionali
I decreti legge e legislativi dello stato.
Apertosi il giudizio costituzionale, l’esame e l’istruttoria della questione sono affidati ad un giudice relatore che ne riferisce agli altri giudici. I giudici, ai termini dell’udienza pubblica in cui intervengono le parti con i loro avvocati, si riuniscono da soli in camera di consiglio per emettere la sentenza. Le sentenze sono di due tipi: accoglimento del ricorso o di rigetto. La dichiarazione di incostituzionalità opera sulle situazioni non ancora definite o esaurite e sono erga omnes. Questi due tipi di sentenze sono andati arricchendosi con sottospecie. Accanto alle sentenze di rigetto pure esistono le sentenze interpretative di rigetto che si fondano sul principio in base al quale la corte da della legge impugnata un’interpretazione diversa da quella che era stata data dal giudice che aveva rinviato la questione alla corte costituzionale. Un altro tipo di sentenza è quello paralegislativo o manipolativo con cui la corte adotta una sentenza di accoglimento che non si limita a eliminare il testo della legge incostituzionale, ma lo modifica, per adeguarlo alla costituzione. In altre ipotesi la corte dichiara illegittimo un testo in quanto non prevede qualcosa. Le sentenze monito sono quelle attraverso cui la corte dà al legislatore suggerimenti sul modo di disciplinare una materia con una legge diversa da quella da egli dichiarata incostituzionale. Le sentenze della corte sono inappellabili, tale caratteristica deriva dalla composizione della corte, che è un organo complesso diverso dagli altri organi giurisdizionali. Essa è rappresentativa in parte del potere presidenziale e in parte del
potere politico-giudiziario.
Per la risoluzione dei conflitti di attribuzione è ammesso il ricorso diretto alla corte
costituzionale. Tali conflitti sono di 3 tipi:
Tra poteri dello stato
Tra stato e regione
Tra le regioni
Perché possa sorgere un conflitto s questo tipo tra i poteri dello stato occorre che:
Esso sorga tra organi appartenenti a poteri diversi
Sorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono
Esso riguardi la delimitazione delle sfere di attribuzione.
La procedura prevedere un ricorso diretto alla corte che decide sull’ammissibilità del ricorso; esamina il merito della questione, se ritiene che esista conflitto lo risolve indicando il potere cui spettano le attribuzioni contestate, ove poi sia stato emanato un atto viziato da incompetenza lo annulla. I conflitti tra stato e regioni presuppongo che all’origine della controversia non vi sia un atto legislativo. La corte esercita la funzione di risoluzione dei conflitti quando le controversie tra stato e regioni hanno origine in un comportamento o in un atto privo di carattere legislativo.
La corte costituzionale deve anche decidere sulla proponibilità del referendum abrogativo; il ricorso al referendum abrogativo è ammissibile nei confronti di qualsiasi legge ad eccezione di quelle tributarie, di bilancio, di amnistia e di indulto, di ratifica di trattati internazionali. La corte quindi decide con sentenza quali richieste di referendum vano ammesse e quali respinte.
La corte costituzionale è giudice penale nei giudizi in cui il PdR è accusato di reato di alto tradimento e attentato alla costituzione. Il procedimento per la messa in accusa del PdR si articola in 3 fasi:
Il parlamento decide sulla messa in accusa a maggioranza assoluta dei suoi membri; il presidente della camera trasmette l’atto di accusa alla corte, i commissari d’accusa esercitano le funzioni di pubblico ministero e hanno libero accesso a tutti gli atti istruttori.
Il presidente della corte provvede all’interrogatorio, segue il dibattimento pubblico al quale partecipano tutti i giudici che non siano impediti
chiuso il dibattimento la corte si riunisce in camera di consiglio alla presenza dei giudici ordinari e aggregati; i giudici ordinari continuano a far parte del collegio giudicante sino all’esaurimento del giudizio, anche se vengono a scadere; i giudici
aggregati durano in carica per il tempo in cui dura il giudizio di accusa.
Nelle votazioni il presidente vota per ultimo e non sono ammesse astensioni; la corte decide con sentenza inappellabile.
IL DIRITTO AMMINISTRATIVO: PROFILI STORICI E TENDENZE L’amministrazione concede benefici al privato o limita alcune possibilità di godimento di un bene o compie attività di cui beneficia l’intera collettività. La pubblica amministrazione è regolata da un diritto che ha una componente di diritto pubblico ed una di diritto privato.
Il diritto amministrativo nasce dopo la rivoluzione francese con due caratteristiche: è un
diritto speciale e possiede una forte componente autoritaria.
Un’altra caratteristica del diritto amministrativo nei primi anni dello stato borghese è il fatto di configurarsi come una forza che oscilla avvicinandosi alle istanze democratiche e a quelle autoritarie. Quando s’avvicina al primo polo, si introducono principi che democratizzano l’azione dell’amministrazione, nel senso che la avvicinano alla collettività; si ha così l’introduzione del principio della legalità dell’azione amministrativo con la conseguenza della tipicità degli atti amministrativi, il riconoscimento dell’interesse protetto, la creazione di un corpo giudicante indipendente, la procedimentalizzazione dell’attività amministrativa. Quando prevale il polo autoritario si introducono regole che consolidano la posizione di privilegio dell’amministrazione.
PRINCIPI COSTITUZIONALI SULL’AMMINISTRAZIONE
Le costituzioni non possono disciplinare il fenomeno amministrativo, perché esse s’interessano dell’assetto di vertice dell’ordinamento giuridico.
L’amministrazione è disciplinata direttamente e indirettamente in 4 luoghi e modi diversi:
Nella sezione sul consiglio dei ministri
Nella sezione dedicata alla pubblica amministrazione Nel titolo V della Costituzione
Nella parte sui principi fondamentali
L’amministrazione come apparato esecutivo del Governo
L’amministrazione come svolgimento di funzioni pubbliche nell’interesse della collettività
L’ammministrazione come funzione essenzialmente locale L’amministrazione retta dal principio di autonomia.
L’art.95 della Costituzione prevede la responsabilità politica del ministro per gli atti, anche se non da lui compiuti, posti in essere nel suo ministero. L’amministrazione è intesa quale apparato esecutivo del Governo, del quale fanno parte i ministri-capi dell’amministrazione; questo è l’aspetto tradizionale sotto il quale l’amministrazione è disciplinata nella Costituzione.
L’amministrazione era l’insieme degli uffici al servizio dei ministeri nel secolo scorso, quando poi le sue dimensioni sono cresciute a dismisura ed è difficile dire che il ministero serve il ministro. Il parlamento ha poi sviluppato un mezzo più efficace di guida dell’amministrazione sottoponendola al rispetto della legge, coprendo alcune materie con la riserva di legge, estendendo l’ambito della legge perciò gran parte dell’attività amministrativa è retta dalla legge. Perché il ministero sia l’appartato al servizio del ministro, bisogna che i poteri di questo si estendano fin dove si estende la somma di quelli del primo. Questa uguaglianza ministri-ministero oggi non è più sempre vera.
Oggi gli uffici pubblici sono organizzati secondo disposizioni di legge; le leggi sull’amministrazione devono assicurare il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità; il principio di imparzialità è sviluppato per i pubblici dipendenti che:
sono al servizio esclusivo della nazione e che possono accedere all’amministrazione mediante concorso,
che non possono conseguire promozioni se sono anche parlamentari,
che se sono magistrati, militari di carriera in servizio attivo, funzionari o agenti di polizia.. possono con legge vedersi limitati nel diritto di iscriversi a partiti.
In tali disposizioni l’amministrazione pubblica non si presenta come strumento esecutivo del governo, ma come organismo sottoposto alla legge, sono previste garanzia col fine d’evitare la politicità e la parzialità indotte dalla presenza di organi politici e l’azione dell’amministrazione è vista in funzione della Nazione.
La costituzione prevede l’istituzione di organismi indipendenti dal governo e dal centro e stabilisce che la repubblica attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. Col principio di autonomia viene istituita e garantita costituzionalmente un’amministrazione dipendente da centri diversi da quello governativo, ottenendo un duplice effetto:
l’autonomia degli enti consente a essi di agire in maniera difforme dal governo centrale
l’attribuzione agli enti di una propria amministrazione consente di tagliare il legame governo-amministrazione.
La norma si compone di due elementi: da un lato attribuisce i compiti amministrativi al comune in quanto organizzazione di governo più vicina ai cittadini(principio di sussidiarietà), dall’altra consente di assegnare compiti amministratiti ai livelli superiori di governo, quando tale assegnazione sia funzionale ad una migliore cura degli interessi pubblici coinvolti(principio di adeguatezza). Si producono in questo modo 4 conseguenze:
si riduce l’ambito di applicazione della concezione dell’amministrazione come apparato esecutivo del governo
si rafforza il legame tra amministrazione e collettività
la concezione dell’amministrazione come funzione essenzialmente locale e quella dell’amministrazione indipendente interagiscono tra loro; si stringe il legame tra amministrazione e cittadino, si definiscono le linee di un sistema amministrativo di tipo pluralistico, composto di corpi amministrativi distinti ed equiparati tra loro i cui rapporti sono retti da meccanismi di tipo cooperativo
si scinde la funzione amministrativa da quella legislativa.
Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, indipendentemente dall’assegnazione di funzioni legislative.
Le linee di sviluppo degli apparati amministrativi hanno attenuato il rapporto tra il governo e l’amministrazione a favore di quello amministrazione-collettività e avvicinato il cittadino all’amministrazione. Con la riforma costituzionale 2001 l’amministrazione pubblica si configura come funzione riservata in linea di principio ai comuni; svolta da una pluralità di corpi amministrativi autonomi; posta al servizio della collettività; aperta all’intervento del cittadino.
Il principio di legalità può definirsi come la sottoposizione dell’amministrazione alla legge, nel senso che l’amministrazione può fare solo ciò che è previsto dalle leggi e nel modo da esse indicato. Oggi l’amministrazione è collegata al parlamento indirettamente attraverso il governo e direttamente perché è organizzata e agisce solo secondo i criteri e le direttive fissati dal parlamento stesso con le leggi. Quindi esistono due collegamenti tra parlamento
ed amministrazione: uno di tipo organico(di origine più antica) ed uno di tipo funzionale(più recente).
Il privato agisce nell’ambito delle leggi che stabiliscono i limiti della sua azione, ma nell’ambito delle quali il privato è libero. La pubblica amministrazione, invece, agisce secondo le direttive poste con le leggi che determinano positivamente i modi in cui l’amministrazione deve agire; l’amministrazione può compiere soltanto gli atti indicati dalla legge, solo nel modo, per i motivi e nei tempi indicati dalla legge stessa. Quindi rispetto ai privati la legge si presenta come un circolo, nell’ambito del quale ogni comportamento è lecito; rispetto all’amministrazione si presenta come un binario, per poter essere legittima l’attività amministrativa deve procedere lungo di esso. Il principio di legalità è limitato alle attività autoritarie dell’amministrazione che ogni volta che agisce compie scelte (discrezionalità amministrativa).
I D.lgs. 267/2000 e D.lgs. 165/2001 hanno introdotto nuovi principi sui rapporti tra politica ed amministrazione e sui rapporti tra organi di governo o elettivi e organi amministrativi o composti con personale pubblico professionale. Secondo questi principi, gli organi a composizione politica debbono dirigere e controllare mentre quelli a composizione burocratica debbono gestire. Lo scopo è evitare che i politici posti al vertice dell’amministrazione si interessino di decisioni minute, amministrative, per le quali è possibile commettere imparzialità. La distinzione tra sfera politica ed amministrativa si accentua con il superamento del principio del parallelismo tra potestà legislativa e amministrativa. L’attribuzione alle regioni ed agli enti locali di una riserva normativa in materia di organizzazione, consente agli stessi enti di dettare tante diverse regole del rapporto tra uffici politici ed amministrativi e anche di discostarsi da quello di distinzione sancito dalle leggi più recenti.
Le amministrazioni sono regolate da principi proveniente dagli organismi sopranazionali. Il trattato dell’Ue prevede il riconoscimento di una serie di diritti fondamentali dei cittadini nei riguardi delle pubbliche amministrazioni. Tale riconoscimento avviene mediante il rinvio ad un altro trattato internazionale e mediante il rinvio alle tradizioni costituzionali comuni degli stati membri. La convenzione europea contiene numerose disposizioni riguardanti le materie amministrative. La più importante è: ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza dell’accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente. La corte europea ha stabilito i principi di indipendenza e imparzialità dell’organo decidente; sottoposizione dello stesso alla legge; obbligo di assicurare il contraddittorio; pubblicità della procedura; diritto delle parti di munirsi di un difensore; obbligo dell’autorità di decidere entro un termine ragionevole. Lo stato è tenuto a garantire una soddisfazione pecuniaria al soggetto leso. Se si passa poi alla norma del trattato che impegna l’unione a rispettare i diritti fondamentali si deve osservare che un organo giurisdizionale, la corte di giustizia della comunità europea, ha tratto dalla norma generale una serie di principi regolatori dei rapporti tra l’amministrazione e i privati. I principi sono legalità (le autorità amministrative si devono informare al diritto), l’eguaglianza, la proporzionalità(le misure prese non devono comportare sacrifici sproporzionati per i privati), contraddittorio(i soggetti interessati devono essere sentiti prima che la decisione venga adottata). La posizione dei
cittadini nei confronti delle pubbliche amministrazioni è stata rafforzata e garantita attraverso la previsione generale di un diritto ad una buona amministrazione e quelle specifiche in tema di sicurezza sociale, assistenza sociale, protezione della salute, tutela dell’ambiente…
NOZIONE ED ESTENSIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Non esistono criteri univoci di definizione della pubblica amministrazione.
Nella costituzione la pubblica amministrazione non è definita, ma il suo concetto è rinviato a pubblici uffici e pubbliche amministrazioni. La riforma sulla contabilità che regola il settore pubblico allargato(amministrazioni dello stato, enel, comuni, province...) ha lo scopo di:
normalizzare i conti degli enti, in modo da consentire loro un consolidamento
fornire un punto di riferimento per la stima annuale delle previsioni di cassa del settore pubblico, che il ministro dell’economia e delle finanze invia al
parlamento.
Quindi lo scopo di tale riforma è di natura economica. Il D.lgs. 165/2001 definisce le amministrazioni pubbliche “tutte le amministrazioni dello stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le province, le regioni..”. Un’ennesima definizione dell’amministrazione pubblica s’evince dalle disposizioni comunitarie; la corte di giustizia delle comunità europee e la corte europea dei diritti dell’uomo hanno precisato che gli elementi della pubblica amministrazione che la connotano sono: l’esercizio di poteri pubblici e la cura di interessi generali dello stato e delle altre collettività pubbliche.
Secondo le statistiche istat, l’universo costituito dagli enti dell’amministrazione pubblica ha una finalità precisa: rilevare il valore aggiunto prodotto dai vari rami di attività economica e la specificazione della produzione di servizi non destinati alla vendita e i cui costi sono coperti dai tributi.
La struttura più antica dell’apparato amministrativo è data dagli organi centrali, ossia dai ministeri e da alcuni organi decentrati. Subito dopo l’unificazione, lo stato italiano ha avuto un’organizzazione amministrativa di tipo monista, ordinata intorno al governo e caratterizzata da una spiccata uniformità: il disegno complessivo della pubblica amministrazione era semplice ed articolato su organi ed enti pubblici. Dalla fine del XIX secolo alla seconda guerra mondiale si sono verificate trasformazioni che hanno portato alla progressiva affermazione del pluralismo amministrativo; si sono verificati 3 fenomeni:
aumento del numero dei ministeri e della loro dimensione
creazione di alcuni enti pubblici di erogazione
introduzione di gestioni imprenditoriali pubbliche
Intorno agli anni ’30 l’apparato amministrativo s’è allargato. Nel secondo dopoguerra, il pluralismo si è accentuato sino a diventare un carattere peculiare dell’ordinamento contemporaneo. Vi è una tendenza ad ampliare l’area d’azione amministrativa di natura privatistica sotto due profili:
sotto il profilo del soggetto che agisce, si diffondono le imprese private a prevalente capitale pubblico
sotto il profilo dell’attività, agendo l’amministrazione pubblica nel perseguimento di fini pubblici, in via preferenziale di strumenti privatistici,
con il consenso dell’amministrato.
Oggi, vi è una pluralità di organi che esprime la volontà dello stato in sede amministrativa. Acquistano importanza altri pubblici poteri che agiscono seguendo itinerari diversi con problematiche diverse. Da uno stato ad organizzazione compatta si è passati ad uno stato ad organizzazione reticolare. Prevalendo il plurimorfismo l’organizzazione amministrativa si
modificata ed ora si caratterizza per la consistente frammentarietà e per l’estrema differenziazione. L’organizzazione pubblica si articola in una pluralità di modelli e tipi che sono ordinati sempre più secondo il criterio della dispersione. Oggi i modelli prevalenti sono 4:
modello del ministero che è stabile
modello dell’ente pubblico che è in via di dispersione
il modello dell’autorità indipendente che si sta rafforzando
il modello del soggetto privato sottoposto a controllo pubblico che tende ad ampliarsi.
LE FUNZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE
Alla pubblica amministrazione si sono andati accollando compiti sempre più vasti.
Le funzioni d’ordine e finanziarie sono le funzioni essenziali degli apparati amministrativi e possono essere classificate in:
rapporti internazionali e difesa: sono compiti pubblici riguardanti i rapporti con altri stati e con organismi internazionali e la difesa del territorio e della popolazione.
Ordine pubblico: si tratta del complesso di attività di prevenzione e di repressione dei reati
Finanza: l’amministrazione pubblica deve assicurare le entrate necessarie per le attività ancora limitate e deve gestire le risorse finanziarie raccolte, assicurando l’economicità e la correttezza della spesa.
Le funzioni sociali possono essere oggi classificate in:
Protezione del lavoro: tutela del lavoro dei minori e delle donne, della protezione dei lavoratori che prestano opera in impianti e processi lavorativi insalubri o pericolosi, della mediazione nei conflitti di lavoro tra dipendenti e datori di lavoro.
Servizi sociale e pubblici: servizi erogati dall’amministrazione pubblica a privati, eventualmente a carico degli stessi
Cultura: istruzione scolastica, biblioteche, l’alta cultura che sono funzioni integralmente svolte dalla pubblica amministrazione.
Le funzioni economiche hanno avuto maggior sviluppo in tempi recenti. Bisogna distinguere:
Intervento economico diretto costituito dall’organizzazione di attività proprie
Intervento indiretto: la pubblica amministrazione si limita a controllare, dirigere e guidare l’attività economica privata.
L’intervento pubblico diretto si presenta quando l’amministrazione pubblica assume veste di imprenditore e si ha cos l’impresa pubblica. Il tipo di impresa pubblica oggi
predominante è l’impresa-soicietà con partecipazione pubblica. È sotto la direzione pubblica ma giuridicamente privata. Sono andate progressivamente scomparendo le imprese organo( le imprese gestite dallo stato con propri organi) e le imprese ente pubblico(gestite da un apposito ente pubblico).
In Italia circa un terzo dell’economia è in gestione pubblica diretta. Le restanti attività economiche non vengono svolte in maniera completamente libera perché l’amministrazione pubblica svolte su di esse controlli. Tali controlli possono essere:
Controlli sull’entrata: necessari per svolgere una determinata attività
Controlli sull’attività: riguardano molti aspetti dell’attività economica
Direzione: mira ad indirizzare il complesso dell’attività del soggetto che vi è sottoposto, vi sono strumenti di direzione come le sovvenzioni
Espropriazione: una proprietà o un’impresa vengono trasferite d’autorità da un privato alla pubblica amministrazione e possono essere espropriati beni o aziende
Regolazione: la legge attribuisce ad una amministrazione poteri di intervento
nell’economia per stabilire le regole del corretto svolgimento del rapporto stesso
Tutela della concorrenza
Sin dai primi anni successivi all’unificazione, i pubblici poteri si sono interessati all’assetto del territorio. Tali interventi possono essere classificati in:
Infrastrutture: i principali mezzi di comunicazione sono gestite dalla pubblica amministrazione
Ambiente
Urbanistica: comprende tutto ciò che concerne l’uso del territorio ai fini della localizzazione e tipizzazione degli insediamenti con le relative infrastrutture.
I MODELLI DI ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
L’amministrazione statale è quella di pertinenza dello Stato e può essere centrale(ha sede nella capitale) e decentrata(ha sede in periferia). L’amministrazione pubblica non statale è di più tipi: amministrazione degli enti pubblici nazionali ed amministrazione di enti pubblici autonomi. Nelle città capoluogo di provincia vi sono normalmente:
Uffici statali decentrati
Uffici di enti pubblici nazionali Uffici regionali decentrati
Uffici dell’ente della provincia
I diversi uffici appartengono a persone giuridiche pubbliche diverse e hanno dipendenze diverse.
Al vertice dell’amministrazione statale c’è il presidente del consiglio col relativo apparato. Una delle caratteristiche del vertice dell’amministrazione statale è la compresenza di politica ed amministrazione; tale inserimento della politica nell’amministrazione è realizzato per assicurare che la seconda non diventi un potere arbitrario separato, bensì risponda alle esigenze della collettività.
Le funzioni amministrative più importanti sono svolte dai ministeri; nel loro ambito esistono vari organi ed uffici:
Ministro: è il capo del ministero, propone al consiglio dei ministri la nomina dei dirigenti con funzioni generali, dirige l’azione amministrativa, adotta le decisioni di maggior rilievo
Sottosegretario: è un organo ausiliare, a cui spettano competenze che vengono delegate dal ministro, se gli vengono conferite deleghe relative all’intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali, può essergli attribuito il titolo di vice ministro
Gabinetto del ministro: ha funzioni d’ausilio del ministro e di coordinamento
Consiglio di amministrazione: ha una struttura stabile e compiti che riguardano l’organizzazione del lavoro e del ministero
Segretario generale: ha compiti di coordinamento
Dipartimento, direzione generale, divisione: il dipartimento è la struttura di primo livello costituita per l’esercizio organico e integrato delle funzioni del ministero, le divisioni sono la struttura di base.
Con il D.lgs. 300/1999 è stata operata una riduzione degli apparati ministeriali: i ministri da 18 sono divenuti 12, sono state limitate le singole unità di comando, il personale è stato raggruppato in un ruolo unico, si è sancito il principio della flessibilità nell’organizzazione. Sono state istituite 12 agenzie, con funzioni tecnico-operative che richiedono professionalità e conoscenze specialistiche e specifiche modalità di organizzazione del lavoro. Si è provveduto alla concentrazione degli uffici periferici dell’amministrazione statale. In seguito, nel 2001, il numero dei ministeri è stato aumentato a 14; sulla base del nuovo disegno i ministeri possono suddividersi in:
Ministeri con compiti di ordine e di indirizzo Ministeri con compiti economico-finanziari
Ministeri con compiti di servizio sociale e culturale
Ministeri con compiti relativi a infrastrutture e servizi.
I ministeri sono uffici complessi, dotati di personale e mezzi propri, che operano in settori di intervento omogenei; si differenziano in ordine ai tipi di funzioni, alle soluzioni strutturali, interne e periferiche, alle dimensioni ed alla disciplina. Tendenzialmente in tutti i ministeri ricorrono 3 caratteri:
Il vertice è mutuato dal governo
I poteri del ministro e del ministero sono identici perché il primo opera nei limiti delle attribuzioni del secondo
L’organizzazione interna è divisionale, in altre parole le unità elementari
vengono progressivamente aggregate in uffici intermedi e questi in uffici generali a fianco dei quali spesso si trovano altri variamente composti quali i consigli superiori e gli altri organi collegiali.
Col tempo nel disegno organizzativo ministeriale si riscontra una marcata difformità.
L’agenzia deve perseguire gli obiettivi stabiliti in apposite convenzioni stipulate con le amministrazione interessate, disponendo a tal fine di un particolare regime d’autonomia in ordine all’organizzazione interna, al personale, alla finanza ed alla contabilità. Sono state istituite agenzie con funzioni tecnico-operative che richiedono professionalità e conoscenze specialistiche e specifiche modalità di organizzazione del lavoro. Nella realtà, il nuovo assetto organizzativo non ha trovato attuazione.
L’amministrazione decentrata si è evoluta lungo 4 tappe:
l’organismo periferico principale era la prefettura
si sono moltiplicati i ministeri che hanno istituito in periferia i propri uffici decentrati, gli uffici decentrati dei ministeri si sono resi sempre più autonomi rispetto al controllo e al coordinamento del prefetto
il settorialismo dell’amministrazione decentrata è ancora aumentato perché si sono costituiti anche più uffici decentrati
si è avuto un mutamento di tendenza: gli uffici decentrati di alcuni ministeri sono stati trasferiti alle regioni e non sono più uffici statali, ciò ha portato ad una certa semplificazione degli apparati decentrati.
La maggior parte dei ministeri ha un’articolazione periferica estesa su tutto il territorio nazionale. Ciò perché vi è la tendenza dell’amministrazione centrale a controllare l’esecuzione delle decisioni da parte delle amministrazioni periferiche; le motivazioni si vanno arricchendo con la sfiducia della classe dirigente nazionale nei confronti della classe locale, con l’aumento dei servizi ed il relativo bisogno di soggetti che operino vicino ai destinatari per meglio soddisfarne le esigenze. Sotto il profilo strutturale, il disegno dell’amministrazione periferica è uniforme, sotto quello funzionale si rivelano differenze in ordine alla distribuzione dei compiti. In periferia, accanto ad amministrazioni specializzate vengono istituiti uffici territoriali del governo( frutto della trasformazione delle prefetture). Sono stati, inoltre, introdotti uffici di coordinamento e di raccordo dell’azione delle amministrazioni periferiche, quali i prefetti e i comitati provinciali della pubblica amministrazione. La costituzione prevede l’articolazione periferica degli uffici della pubblica amministrazione stessa.
Fino al 1910-1920 l’amministrazione pubblica centrale era tutta statale. Furono creati gli enti pubblici al fine di sottrarsi ai vincoli vigenti per l’amministrazione statale; lo stato aveva troppi controlli e troppi impiegati e per questo agiva troppo lentamente. Per sopperire a tale lentezza si procedette con la creazione di nuovi enti pubblici, perché si pensava che la soluzione alla lentezza burocratica non stesse nell’assumere altri impiegati ma nell’istituire altri enti pubblici.
Ente pubblico è una persona giuridica pubblica con fini rilevanti per l’ordinamento giuridico statale. La rilevanza dei fini può evincersi da:
istituzioni dell’ente da parte dello Stato finanziamento statale
nomina statale degli amministratori controlli statali
potere statale di soppressione dell’ente. Gli enti pubblici hanno potestà diverse:
possono essere enti con capacità generale o con legittimazione limitata. Nel primo caso non hanno limiti di materia nel secondo possono agire solo nei campi loro indicati dalla legge
possono essere enti autonomi ossia possono darsi un indirizzo politico-amministrativo proprio
possono essere enti autarchici, ossia hanno la potestà di emanare atti amministrativi dotati di imperatività.
Gli enti pubblici indipendenti sono enti dotati di autonomia politica ossia possono darsi un indirizzo politico-amministrativo differente da quello del governo centrale, possono interessarsi di tutti i problemi delle collettività amministrative, tale tipo di ente è ritrovabile tra gli enti pubblici locali(eccezione per lo Stato). Gli enti pubblici associativi sono enti alla cui base vi è un’associazione. Gli enti pubblici strumentali agiscono secondo gli indirizzi e sotto il controllo di un organo dello Stato, per svolgere funzioni ausiliarie e possono essere di 3 tipo:
enti pubblici di disciplina di settore: che hanno compiti di controllo di operatori privati
enti pubblici di erogazione: erogano servizi alla collettività
enti pubblici economici: svolgono attività imprenditoriale e agiscono con regole di diritto privato.
L’indipendenza di determinate funzioni pubblicistiche si concretizza nella posizione di estraneità e di indifferenza rispetto agli interessi coinvolti, garantita attraverso il riconoscimenti di poteri di vario tipo, dell’autonomia di gestione e d’organizzazione e la previsione di alcune garanzie in ordine alle modalità di nomina dei titolari dell’ufficio e alle condizioni di esercizio del mandato. Le autorità indipendenti hanno 3 caratteristiche: si pongono al di fuori dell’apparato esecutivo e quindi sfuggono al controllo del governo, esercitano funzioni normative e si sostituiscono al parlamento, agiscono attraverso forme di natura contenziosa tipa dei processi. Esempi di amministrazione indipendente sono: la commissione nazionale per le società e la borsa, l’autorità garante della concorrenza e del mercato…
Spesso gli strumenti di coordinamento dei soggetti che agiscono nei vari settori di interesse pubblica hanno natura organizzativa. Le strutture di coordinamento tra amministrazioni sono numerose: di queste talune hanno valenza nazionale altre valenza periferica. Tra le prime vanno ricompresse la presidenza del consiglio dei ministri, la conferenza permanente per i rapporti fra lo stato, le regioni e le province autonome, che si propone come strumento di coordinamento a livello nazionale competente ad esprimere pareri sulle proposte normative in materie di interesse locale, ad individuare criteri di ripartizione delle risorse finanziarie ed a conformare la programmazione regionale a quella statale. Tra le seconde invece rientrano i prefetti, i comitati provinciali della pubblica amministrazione ed i commissari straordinari del governo. Tutti questi organi hanno funzioni di coordinamento tra più amministrazioni. Si sono andate sviluppando interdipendenze ed interrelazioni tra soggetti che operano a diversi livelli territoriali, così da creare il modello strutturale dell’amministrazione composta. Per assicurare collegamenti tra più amministrazioni si fa ricorso a strumenti di natura procedimentale. A volte si opera una scelta diversa, di tipo organizzativo e si sostituiscono specifici organismi. Questi si caratterizzano per l’estrema varietà e danno vita a modelli più o meno articolati che si differenziano in base al livello di complessità. Nelle amministrazioni composte ritroviamo alcuni elementi: sono organizzazioni cui soggetti diversi conferiscono determinate funzioni delle quali sono titolari, sono ordinate in funzione della collettività servita, esercitano attività autonome distinte da quelle dei soggetti che ne fanno parte. Attraverso tale modello organizzativo è possibile riunire amministrazioni separate che operano nello stesso settore, realizzando un’integrazione strutturale al fine d’assicurare il miglior rapporto tra i diversi livelli di governo. Il modello dell’amministrazione composta si inquadra nei così detti modelli a rete. In presenza di una pluralità d’organi che agiscono in sede
amministrativa moltiplicando i casi di esercizio congiunto di funzioni si tende a ricorrere a strumenti che ne garantiscano un miglior coordinamento. Tra questi vi è il modello dell’organizzazione a rete, che è una struttura formata da più soggetti di diversa estrazione che operano in un medesimo settore ed interagiscono tra loro nella prospettiva del raggiungimento di un fine comune.
Le amministrazioni pubbliche in forma privata sono 4:
enti pubblici che sono disciplinati da regole pubblicistiche negli organi di vertice e dal diritto privato nella struttura organizzativa rimanente(abbiamo soggetto pubblico)
società anomale o di diritto speciale o legali, che sono società per azioni che presentano caratteri derogatori rispetto al modello definito nel codice civile in quanto previste e regolate da una legge(abbiamo soggetto privato)
amministrazioni private per l’esercizio di funzioni pubbliche, ossia di quei soggetti privati ai quali è attribuito dalla legge l’esercizio di compiti pubblici
amministrazioni private in pubblico comando, ossia società per azioni di diritto comune nelle quali soggetti pubblici detengono partecipazioni azionarie
[oltre ai modelli delle società per azioni sono utilizzati dalle pubbliche amministrazioni anche le associazioni e le fondazioni].
I privati in funzione dell’amministrazione; tale fenomeno si realizza per mezzo di atti specifici, esistono casi in cui:
vi è una legge che demanda a determinati soggetti l’esercizio di particolari funzioni pubbliche
tra soggetti pubblici e privati possono stabilirsi rapporti disciplinati da atti autoritativi(natura di servizio pubblico)
un’attività di pubblico interesse può essere svolta in via indiretta mediante contratto(questa fattispecie ha natura privata).
GLI ENTI PUBBLICI AUTONOMI: REGIONI, PROVINCE E COMUNI
La costituzione garantisce gli enti pubblici autonomi, questi ultimi hanno rilevanza costituzionale e fanno parte dell’assetto fondamentale della repubblica.
Subito dopo l’unificazione illustri uomini politici, tra cui Minghetti e Farini, elaborarono le prime proposte regionali; i vari progetti vennero accantonati per vari motivi: era troppo vicina l’esperienza preunitaria durante la quale l’Italia era divisa in stati, la proposta di istituire le regioni si scontra con la centralizzazione richiesta dagli interventi straordinari per la rinascita del Mezzogiorno. Nel 1946 fu istituita la regione siciliana, seguita da altre regioni a statuto speciale(Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Sardegna), i cui statuti venivano approvati dall’assemblea costituente, che nel 1948 approvò la costituzione. Questo periodo terminò nel 1970 e fu caratterizzato da: redazione della costituzione e redazione degli statuti, istituzione ed inizio dell’attività di 5 regioni a statuto speciale. Nel 1970 si dava attuazione alle norme costituzionali sulle regioni e l’istituto regionale diveniva un organismo generale, in tutto il territorio. Le regioni non sono completamente somiglianti al modello indicato dalla costituzione. Le tappe principali di questa fase sono:
1970: prime elezioni regionali, eletti i consigli regionali
1972: emanazione degli 11 decreti delegati che trasferiscono funzioni, personale e mezzi finanziari dallo stato alle regioni
d.P.R. 616/1977 che completa il trasferimento; si è proceduto con un unico
ampio atto con forza di legge che riguarda ordinamento ed organizzazione amministrativa, servizi sociali, sviluppo economico, assetto ed utilizzazione del territorio, beni, finanza, personale ed enti pubblici.
Le regioni acquisiscono competenze estese, i poteri ad esse attribuiti sono ritagliati in modo tale che il loro campo d’azione non è ampio e la loro attività si svolge nell’ambito di poteri statali. Nel 1999 i provvedimenti legislativi avevano ridotto i controlli sugli atti amministrativi delle regioni; riformato in senso maggioritario il sistema per l’elezione dei consigli regionali; esteso l’autonomia finanziaria delle regioni; espanso i poteri delle stesse sull’assetto locale; invertito il principio costituzionale di riparto delle funzioni tra centro e periferia, fissando quelle del primo e attribuendo tutte le altre al sistema della autonomie regionali e locali; disposto il passaggio alle regioni di risorse e personale dello stato. La riforma delle norme costituzionali avviene:
con la legge costituzionale 1/1999, con la quale s’espande l’autonomia statuaria delle regioni ordinarie e si modifica il relativo assetto dei rapporti tra gli organi di governo
con la legge costituzionale 3/2001, che apporta modifiche al titolo V del testo costituzionale del ’48.
principali tratti della nuova disciplina sono:
le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni sono qualificati elementi costitutivi della repubblica
lo stato ha competenza legislativa solo nelle materie tassativamente elencate; tutte le altre sono di competenza delle regioni
si aboliscono le norme riguardanti i controlli preventivi sugli atti amministrativi delle regioni e quelli sugli atti amministrativi degli enti locali
permane la distinzione tra regioni a statuto speciale e regioni ordinarie, ma si prevede anche la possibilità di intese con lo stato per attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle regioni che ne facciano richiesta
si espande l’autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali
si accorda protezione costituzionale alle città metropolitane e si rinvia alla legge dello stato la disciplina dell’ordinamento di Roma capitale
si riconosce autonomia statuaria e regolamentare agli enti locali
si prevede la partecipazione dei rappresentanti delle regioni, province.. alla commissione parlamentare per le questioni regionali e si regola l’intervento della medesima commissione nel procedimento legislativo avente a oggetto materie di
competenza concorrente e la finanza regionale e locale.
La riforma costituzionale della legge 131/2003 ha individuato meglio i vincoli internazionali e comunitari della potestà legislativa dello stato e delle regioni, ha definito l’applicazione della legislazione statale nelle materie di competenza regionale ed ha precisato i contenuti della potestà normativa degli enti locali.
Sono organi della regione il consiglio regionale, la giunta e il suo presidente, si aggiungono le norme degli statuti di ciascuna regione, che ne regolano l’organizzazione interna. La regione ha un solo organo legislativo, il consiglio regionale che dura in carica circa 5 anni;
titolare della potestà legislativa e di quella statuaria. Il sistema di elezione, il numero dei consiglieri e i casi di incompatibilità sono demandati alla legge regionale, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello stato. Il consiglio regionale ha un’articolazione organizzativa interna:
presidente
ufficio di presidenza
commissioni consiliari, per settori di attività gruppi consiliari, per partiti di appartenenza conferenza dei capigruppo
il consiglio regionale esamina e delibera le leggi regionali e lo statuto, fa proposte di legge al Parlamento ed elegge tre delegati che partecipano alla seduta del parlamento in seduta comune, nel corso del quale è eletto il PdR.
La giunta è l’organo esecutivo della regione ed è composta da assessori e presidente. Il presidente della giunta rappresenta la regione, dirige la politica della giunta e ne è responsabile, promulga le leggi e i regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative che lo stato delega elle regioni. Gli assessori sono preposti alla cura di singoli settori; il sistema d’elezione è rimesso alla legge regionale. La costituzione stabilisce che in assenza di diverse disposizioni statuarie, il presidente della giunta regionale è eletto a suffragio diretto. In questo caso spetta al presidente anche il potere di nominare e revocare i componenti della giunta. La costituzione detta una disciplina di default applicabile in mancanza di apposite disposizioni regionali; con cui stabilisce che la giunta regionale deriva la sua investitura dal voto dei cittadini; il consiglio può votare la sfiducia all’esecutivo. La normativa costituzionale menzionata istituisce un legame indissolubile tra il presidente della giunta regionale ed il consiglio.
Dopo il 1970, oltre lo stato, vi sono ben 20 enti con potestà legislativa che si esplica in vario modo:
potestà legislativa regionale statuaria: lo statuto determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali; lo statuto è approvato e modificato dal consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di 2 mesi, tale statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro 3 mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della regione o un quinto dei componenti del consiglio regionale.
Potestà legislativa residuale: riguarda le materie che non sono riservate allo stato e non formano oggetto di potestà concorrente tra stato e regioni; le regioni dispongono in questo caso di una potestà legislativa esclusiva.
Potestà legislativa concorrente o ripartita: riferita a regioni a statuto ordinario; ai limiti previsti per la potestà residuale vanno aggiunti quelli derivanti dalla determinazione dei principi fondamentali della materia; tale potestà si esplica in 20 materie(ricerca scientifica, istruzione, alimentazione, rapporti internazionali…).
Nell’esercizio della potestà legislativa la regione deve rispettare altri due tipi di limiti:
Quelli posti dall’art.120 della costituzione: non può istituire dazzi d’importazione o esportazione o transito tra le regioni, non può ostacolare la circolazione delle persone e delle cose tra le regioni, non può limitare il diritto dei cittadini di esercita la loro professione impiego o lavoro.
La regione ha competenze regolamentari: riguardano le materie di competenza regionale e possono riguardare anche quelle di competenza esclusiva dello stato.
La costituzione detta una disciplina unitaria per la finanza regionale e locale:
Le regioni, province, città metropolitane e comuni hanno autonomia finanziaria di entrata ed uscita
Agli stessi enti sono attribuiti:
Tributi ed entrate propri
Quote di tributi erariali
Risorse aggiuntive dello stato
I territori con minore capacità fiscale per abitante possono essere destinatari delle quote di un fondo perequativo istituito e senza vincoli di destinazione.
Principi di autonomia informano le discipline dell’organizzazione, del procedimento e del personale delle regioni.
La costituzione riconosce alla regione autonomia organizzativa; l’organizzazione interna costituisce uno dei principali oggetti della potestà statutaria attribuita alle regioni ordinarie. Le regioni a statuto ordinario regolano i procedimenti di propria competenza, nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni della legge, e senza essere vincolate alle norme di dettaglio in essa contenute, le regioni a statuto speciale e le province autonome devono adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali della legge. La disciplina generale del procedimento amministrativo regionale costituisce materia riservata alla competenza esclusiva delle regioni, che possono dettare regolamentazioni difformi da quelle dettate dalle legge 241/1990 per le amministrazioni nazionali. Il personale delle regioni è sottoposto ai principi sanciti da D.Lgs. 165/2001 per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni: disciplinato in parte dalla legge e in parte da accordi sindacali applicabili a tutte le regioni. Allo stato è riservata la parte del rapporto di lavoro pubblico sottoposto ad una disciplina privatistica, per la parte del rapporto di impiego regionale soggetta a disciplina pubblicistica sono competenti in via esclusiva le regioni.
Il controllo sugli organi è regolato dall’art. 126 della costituzione, secondo il quale si può provvedere allo scioglimento del consiglio regionale e alla rimozione del presidente della giunta per:
Atti contrari la costituzione
Gravi violazioni di legge
Motivi di sicurezza nazionale
L’art. 120 disciplina un controllo sostitutivo. Il governo può sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, dei comuni e delle province in 3 ipotesi:
mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria
pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica
quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica ed in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
il controllo di gestione concerne il perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e di programma e sfocia nella relazione annuale della corte stessa al consiglio regionale. Il ricorso deve esser promosso entro i 60 giorni dopo la pubblicazione della legge. Altri controlli sull’amministrazione regionale possono essere disposti autonomamente della regione stessa.
Le associazioni di comuni sono diverse ed hanno nomi diversi: quando sono costituite tra
comuni di montagna per la gestione di boschi, servizi sociali, etc, sono comunità montane; altre comunità costituite con altri fini si chiamano consorzi. I consorzi hanno un territorio più vasto di quello degli enti che lo compongono. Le funzioni sono limitate a volte ed altre si estendono a numerosi settori. L’organizzazione segue il modello di quella del comune: c’è un’assemblea, un organo più ristretto, un presidente, un segretario ed impiegati. L’unione di comuni può essere costituita da due o più comuni contermini, per l’esercizio di una pluralità di funzioni di rispettiva competenza. L’unione disciplina autonomamente la propria organizzazione, lo svolgimento delle funzioni attribuite e i rapporti tra i comuni partecipanti.
La provincia s’estende sul territorio più vasto di quello comunale e comprende più comuni, ma ha dimensioni minori a quelle dei consorzi. Per mutare il territorio provinciale la costituzione prevede una procedura complessa:
proposta dei comuni interessati
consultazione con la regione in cui è posta la provincia decisione con legge della repubblica
la costituzione prevede l’esistenza delle province e le garantisce stabilendo che esse sono elementi della repubblica. L’organizzazione della provincia è simile a quella del comune:
consiglio provinciale con compiti deliberativi, composto da un numero di membri variante da 24 a 45, eletti col sistema maggioritario ogni 5 anni dai cittadini residenti nella provincia
la giunta, composta da un numero di assessori in misura non superiore a 16 nominati dal presidente con funzioni esecutive
il presidente, eletto a suffragio universale diretto ed è responsabile dell’amministrazione della provincia
il direttore generale, il segretario e uffici amministrativi per settori.
Nel 1993 è stato previsto che se il consiglio approva una mozione di sfiducia alla giunta e al presidente sia presidente che giunta che consiglio decadono. La legge del ’90 ha riconosciuto alla provincia funzioni in molti altri campi( difesa del suolo, tutela e valorizzazione del territorio). La provincia è un ente pubblico on propri organi composto da persone elette. L’ufficio provinciale dello stato è un organismo decentrato del ministero dell’interno, è un ufficio dello stato al quale è preposto un impiegato statale.
Nell’area metropolitana, la città metropolitana sostituisce la provincia. Con la riforma del 2001 la città metropolitana ha acquistato lo stesso status degli enti locali tradizionali, comuni e province. L’organizzazione e le funzioni della città metropolitana sono fissate dallo statuto, adottato dall’assemblea degli enti locali interessati. Essa assume tutte le funzioni della provincia.
I comuni sono enti pubblici operanti in un territorio delimitato e sono circa 8000. le dimensioni cambiano da comune a comune. Gli amministratori degli enti locali sono più di 100000 tra sindaci, assessori e consiglieri. Un tratto importante del potere locale è l’alto numero dei comuni di dimensioni minime, il conseguente localismo della dirigenza locale e la sostanziale stabilità del potere locale. L’uniformità del potere locale ha avuto le stesse funzioni e la stessa struttura nel corso degli anni. Le uniche differenze riguardavano il sistema elettorale e il numero dei consiglieri e membri della giunta. Nelle relazioni tra stato regioni e comuni si sovrappongono 4 diversi ordini di principi:
1. autonomia dell’ente locale: leggi recenti attribuiscono all’ente locale autonomia
amministrativa, organizzativa, statutaria e finanziaria.
supremazia dello stato e della regione rispetto all’ente locale: la regolazione con legge delle principali singole componenti dell’ordinamento locale, soggezione dei comuni e delle province nell’esercizio delle rispettive funzioni ai poteri di programmazione, indirizzo..
parità tra i diversi livelli di governo: equiparazione tra stato, enti locali e regioni
integrazione(o cooperazione o di collaborazione): i diversi livelli di governo concorrono in un medesimo ambito decisionale, le funzioni amministrative sono
suddivise tra i vari uffici nessuno dei quali pienamente padrone di un’area o di un settore.
Esistono due previsioni costituzionali: da un lato la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alla commissione parlamentare per le questioni regionali, titolare di un potere di intervento nel procedimento legislativo in materie di interesse regionale e locale; dall’altro impone allo statuto regionale di disciplinare il consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione tra regione ed enti locali.
Il comune ha un proprio territorio e propri abitanti; il territorio costituisce un limite di azione. La costituzione regola la modificazione del territorio dei comuni e dispone che, per modificare il territorio al quale si estende il comune e per istituire nuovi comuni, occorre:
sentire le popolazioni interessate provvedere con legge regionale.
Con il termine circoscrizione c si riferisce ad una parte del territorio o al territorio del comune, sia a un organismo operante all’interno del comune. La delimitazione della popolazione può avvenire in modo generale o particolare. In generale fanno parte del comune:
cittadini italiani residenti nel comune con dimora stabile in esso i cittadini italiani che abbiano nel comune il domicilio
le persone che svolgono un’attività economica nel comune
tale determinazione è rilevante a livello tributario perché le persone che rientrano nelle categorie diventano contribuenti del comune. Ai fini della partecipazione alle elezioni del consiglio comunale, fanno parte di ciascun comune solo le persone iscritte nelle relative liste elettorali. L’organizzazione del comune è composta dal consiglio comunale, dalla giunta municipale, dal sindacato, dal direttore generale, dal segretario comunale e dagli assessori. Il consiglio comunale è composto di un numero di membri varianti da 12 a 60, eletti ogni 5 anni da tutti i cittadini residenti nel comune con più di 18 anni. Il consiglio ha poteri normativi e di controllo della giunta. La giunta municipale è l’esecutivo del comune.
composta di un numero di membri non superiore ad un terzo dei consiglieri, nominati dal sindaco. È presieduta dal sindaco stesso ed ha poteri amministrativi. Il sindaco rappresenta il comune, ne firma gli atti ed è a capo dell’amministrazione; egli presiede sia il consiglio comunale, sia la giunta municipale. Può nominare, designare e revocare i rappresentanti del comune presso enti, aziende e istituzioni. Il direttore generale non è elettivo, può essere nominato nelle province e nei comuni con popolazione superiore a 15000 abitanti dal sindaco, previa deliberazione della giunta. Viene nominato al di fuori della dotazione organica e ha un contratto a tempo determinato. Il segretario è un impiegato di carriera, entrato nell’amministrazione mediante concorso pubblico ed esercita funzioni di collaborazione e di consulenza amministrativa. Solitamente i componenti della giunta si dividono i compiti, a tali compiti corrispondono gli uffici del comune, ai quali vengono preposti i membri della giunta che si chiamano assessori, mentre gli uffici cha da
loro dipendono si chiamano assessorati. Il sindaco è eletto a suffragio universale diretto, nell’elezione del consiglio comunale. Nei comuni con popolazione fino a 15000 abitanti il sindaco si presenta collegato ad una lista e il voto dato a lui è indirettamente dato alla lista; risulta eletto il candidato che ha ottenuto maggioranza relativa. Nei comuni con popolazione superiore a 15000 abitanti il voto dato al sindaco non implica foto alla lista d’appartenenza. L’elettore può esprimere la preferenza per una lista differente da quella a cui appartiene il sindaco per cui s’è votato. Tale norma favorisce un miglior esercizio del controllo. Nei comuni con più di 15000 abitanti sono previsti due turni d’elezioni. Il sindaco per essere eletto nella prima elezione deve ottenere una maggioranza assoluta, altrimenti si procede ad un secondo turno nel quale s’assiste al ballottaggio. La durata in carica del sindaco e del consiglio sono collegate, infatti le dimissioni del sindaco travolgono il consiglio e viceversa.
Le funzioni principali dei comuni sono:
polizia municipale
pianificazione urbanistica trasporti, gas ed elettricità disciplina del commercio
strade, acquedotti, fognature..
controllo dell’igiene degli alimenti, della salubrità del suolo… gestione dei macelli
impianto e manutenzione dei cimiteri e polizia mortuaria.
Ciascuna di queste mansioni si articola in modo complesso. Le funzioni cambiano da comune a comune. Le funzioni nominate sono quelle proprie dei comuni, divise ancora in obbligatorie e facoltative. Vi sono poi funzioni statali(così dette delegate):
tenuta degli atti di stato civile tenuta delle liste elettorali
ordine pubblico
Il sindaco, nello svolgere queste funzioni, agisce come ufficiale del governo. I comuni, oltre all’autonomia delle entrate, hanno diritto a ricorrere alla cassa depositi e prestiti ed altre risorse provenienti dalle regioni. Altri controllo disciplinati dalle leggi ordinarie sono:
controlli eventuali: a tutela delle minoranze consiliari controllo della corte dei conti sulla gestione finanziaria controlli sugli organi dei comuni:
o scioglimento e sospensione del consiglio comunale e nomina di commissari o sospensione o rimozione del sindaco e di membri della giunta.
La costituzione e le leggi recenti hanno sancito l’autonomia organizzativa del comune e degli altri enti locali.
I municipi sono un nuovo ente locale, le loro funzioni ed organizzazioni sono disciplinate dallo stesso statuto e regolamento; è un organismo subcomunale diretto a decentrare i comuni ed evitare il proliferare dei comuni stessi.
Le circoscrizioni sono obbligatorie nei comuni con popolazione superiore a 100000 abitanti, facoltativa in quelli con abitanti tra i 30000 e i 100000. La circoscrizione è una parte del comune, organizzazione e compiti sono stabiliti dallo statuto comunale. Vi è un consiglio circoscrizionale che rappresenta le esigenze della popolazione della circoscrizione ed è eletto dalla popolazione. L’altro organo è il presidente del consiglio circoscrizionale che è
eletto nell’ambito del consiglio o scelto dal corpo elettorale. Quanto ai compiti, possono essere consultivi oppure deliberativi. Consultivi sono le proposte e i pareri sul bilancio del comune, sui criteri generali di realizzazione e gestione dei servizi, sui piani urbanistici. I compiti deliberativi riguardano i lavori pubblici, la sanità…
I PROCEDIMENTI E GLI ATTI AMMINISTRATIVI
Il procedimento amministrativo è una sequenza d’atti contraddistinta dalla presenza di un atto principale preceduto e seguito da atti emanati in funzione di quest’ultimo. Il procedimento è la forma necessaria dell’attività amministrativa.
La giurisprudenza ha isolato gli atti che accompagnano il provvedimento principale e che non sono autonomamente impugnabili davanti ad un giudice dal provvedimento vero e proprio che è impugnabile.
Fino al 1990 il giudice amministrativo ha elaborato una serie di principi comuni a tutti i procedimenti:
necessarietà del procedimento amministrativo
esattezza e completezza della individuazione e della rappresentazione dei fatti e degli interessi
coerenza o congruità o logicità o ragionevolezza
imparzialità
conoscibilità degli atti amministrativi
proporzionalità
giusto procedimento
Si fissano leggi sul procedimento per far si che il disorientamento dei cittadini diminuisca, per assicurare un giusto equilibrio tra bisogno di autonomia dei corpi amministrativi funzionali e la necessità di controllo di quelli centrali e per garantire le situazioni giuridiche soggettive dei cittadini. La legge 241/1990 fissa una decina di principi:
la comunicazione dell’avvio del procedimento
diritto di prendere visione degli atti del procedimento
intervento nel procedimento e la presentazione di memorie scritte e documenti
il termine per rendere pareri e valutazioni tecniche conferenza di servizi e l’accordo tra amministrazioni. Le conferenze istruttorie possono essere convocate dall’amministrazione procedente, quando sia opportuno svolgere un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti. Le conferenze decisorie devono essere convocate quando l’amministrazione deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi. In tale ipotesi il provvedimento finale della conferenza sostituisce tutti gli atti di assenso di competenza delle singole amministrazioni partecipanti alla conferenza stessa.
Responsabile del procedimento (si deve determinare il responsabile nel procedimento)
Determinazione del termine per provvedere (le pubbliche amministrazioni determinano e rendono pubblico il termine entro il quale il procedimento deve concludersi).
L’obbligo di provvedere o meglio di concludere il procedimento con un provvedimento espresso
Contenuto necessario del provvedimento
La legge dispone il diritto di accesso ai documenti amministrativi; chiunque abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti ha diritto di accesso ai documenti amministrativi. Il diritto di accesso è proceduralizzato: occorre fare richiesta motivata, si attua mediante esame o estrazione di copia. Contro il rifiuto entro 30 giorni può ricorrere al tribunale amministrativo regionale che può ordinare l’esibizione dei documenti richiesti. Oppure nello stesso termine l’interessato può chiedere al difensore civico competente il riesame della determinazione assunta dall’amministrazione; il difensore lo comunica all’ufficio che ha disposto lo stesso, tale ricorso sospende il decorso dei termini previsti per l’impugnativa giurisdizionale. Con la 241/1990 il legislatore ha affrontato anche i problemi relativi alla lentezza ed alla trasparenza dell’azione amministrativa.
Gli atti della fase di iniziativa aprono il procedimento e ne determinano l’oggetto. Nel caso in cui gli atti sono compiuti da soggetto privato o pubblico si parla di iniziativa di parte, se invece sono compiuti dall’autorità pubblica che deve emanare il provvedimento allora sarà iniziativa d’ufficio. Gli atti di iniziativa comportano per l’amministrazione l’obbligo a procedere. L’acquisizione e la valutazione degli interessi avviene mediante atti istruttori esibizione di documenti, ispezioni… la fase decisoria è quella finale con cui si adotta un provvedimento amministrativo; formalmente la più importante..sostanzialmente è più importante la fase iniziativa. La decisione del procedimento può essere:
Emanazione del provvedimento richiesto
Adozione di un provvedimento parzialmente diverso da quello richiesto
Senza che venga adottato un provvedimento(è un provvedimento in senso proprio).
Una volta emanato il provvedimento è immediatamente produttivo d’effetti a meno che non sia prevista una fase d’integrazione, che incide sull’efficacia del provvedimento. Gli atti della fase di integrazione possono essere: atti di completamento esecutivo, di comunicazione e misure di pubblicità, di controllo emessi da appositi organi.
I procedimenti principali sono:
Procedimenti precettivi: diretti a porre in essere prescrizioni di carattere generale
Procedimenti dichiarativi: diretti a produrre certezze giuridiche
Procedimenti autorizzatori: rendono possibile lo svolgimento di un’attività consentita ma non libera(sono a iniziativa di parte-porto d’armi, autorizzazione esercizio d’impresa…)
Procedimenti concessori: hanno ad oggetto qualità sottratte alla libera disponibilità dei privati e sono riservate ai pubblici poteri(sono oggetto di concessione: beni demaniali, attività riservate all’autorità pubblica, aiuti finanziari a enti pubblici o soggetti privati)
Procedimenti ablatori: producono un effetto privativo( espropriazione, requisizione)
Procedimenti di secondo grado: servivano ad ottenere un provvedimento definitivo per poi impugnarlo in sede giurisdizionale.
Il ricorso amministrativo è una domanda, presentata dal soggetto interessato rivolta all’autorità amministrativa, perché annulli o modifichi il provvedimento emanato. Tale ricorso presuppone:
Emanazione d’un provvedimento amministrativo
Domanda di modifica o annullamento dello stesso Interesse del richiedente
I ricorsi amministrativi sono diretti nei confronti dell’autorità amministrativa e decisi con un nuovo provvedimento amministrativo. Tale provvedimento può essere a conferma o d’annullamento. I ricorsi giurisdizionali sono diretti ad un’autorità giurisdizionale e decisi con sentenza. I ricordi amministrativi sono:
Ricorso per opposizione indirizzato alla stessa autorità che ha emanato l’atto
Ricorso gerarchico indirizzato ad un’autorità gerarchicamente superiore a quella che ha emanato l’atto
Ricorso straordinario al capo dello stato ed è un rimedio generale
I procedimenti di secondo grado si concludono con la decisione del ricorso amministrativo.
L’attività dell’amministrazione può essere:
Attività di diritto pubblico: l’amministrazione sta in una posizione autoritaria e l’attività sbocca in un provvedimento amministrativo
Attività di diritto privato: l’amministrazione sta in una posizione paritaria,
l’attività è di tipo contrattuale e segue le forme e i modelli del diritto privato. L’amministrazione pubblica cura gli interessi pubblici. I principali contratti delle amministrazioni pubbliche sono:
Contratti a evidenza pubblica Contratti a oggetto pubblico Contratti ordinari
I contratti ad evidenza pubblica sono quei contratti tra l’amministrazione e il privato accompagnati e seguiti da un procedimento amministrativo che sottolinea le ragioni di pubblico interesse per cui il contratto è posto in essere. Tale contratto consta di due procedimenti paralleli:
procedimento di formazione della volontà contrattuale
procedimento amministrativo che si sviluppa tra autorità che intende concludere il contratto e autorità che esercita il controllo
Tale tipo di contratto fu introdotto per frenare gli abusi dei fornitori militari e ancorare l’attività che si svolge a mezzo di contratti a un procedimento fissato da una legge.
I contratti a oggetto pubblico hanno un oggetto di cui solo l’amministrazione può disporre. Tali contratti danno a figure composte da contratti e provvedimenti amministrativi insieme. Possono essere contratti necessari(provvedimento amministrativo accompagnato da un contratto che non può non esserci), ausiliari(collegati a provvedimenti amministrativi) e sostitutivi di provvedimenti(un contratto sostituisce un provvedimento).
I contratti più semplici sono quelli di diritto privato o ordinari perché qualunque soggetto può metterli in atto.
Provvedimento amministrativo è l’atto terminale del procedimento, mediante il quale l’istituzione amministrativa dispone riguardo all’interesse pubblico di cui è attributaria, esercitando la propria autorità e incidendo sulle situazioni soggettive dei privati.
Nell’ambito dei provvedimenti si distinguono:
atti semplici, risultano dalla volontà di un solo organo individuale o collegiale atti complessi, risultano dal concorso delle volontà di più organi
atti discrezionali, l’amministrazione è libera di sceglierne il contenuto atti vincolati, mera esecuzione di una norma giuridica
atti ad effetti particolari, gli effetti dell’atto si rivolgono ad una o più persone determinate
atti generali, gli effetti del provvedimento amministrativo riguardano una pluralità di persone.
I provvedimenti sono composti da:
presupposti: circostanze di fatto o di diritto verificandosi le quali l’amministrazione può provvedere
motivi: interesse o fine pubblico
volontà: scelta rivolta a produrre un effetto
oggetto: il bene, situazione soggettiva, rapporto giuridico o utilità al quale l’atto è diretto
esternazione: il modo in cui è reso conoscibile all’esterno ognuno degli elementi sopra elencati(giustificazione-esternazione presupposti, motivazione-
esternazione motivi, dichiarazione della volontà e dell’oggetto.
Questi elementi sono collegati alla funzione e all’organizzazione ma non sono determinabili liberamente, essendo indicati dalla legge.
Il provvedimento amministrativo ha due caratteri: scissione tra validità e efficacia, imperatività. Validità è la conformità dell’atto alla disciplina normativa, l’efficacia è l’idoneità effettiva del provvedimento a produrre effetti giuridici(un provvedimento può esser efficace anche se invalido). La validità è prodotta dal perfezionamento del procedimento amministrativo, l’efficacia dal completamento del procedimento di controllo. Il provvedimento è dotato di imperatività perché fa nascere, modifica, estingue situazioni giuridiche soggettive in modo unilaterale, senza il concorso del soggetto al quale il provvedimento è desinato e prescindendo dalla verifica giudiziale del potere. L’esecutorietà consiste nella dispensa dell’amministrazione dalla necessità di rivolgersi all’autorità giudiziaria per accertare la legittimità della propria pretesa e nel conseguente potere di eseguire direttamente o anche coattivamente le proprie decisioni.
Il provvedimento può esser viziato da irregolarità o invalidità. L’invalidità è considerata una difformità dalle prescrizioni legislative e mancato rispetto dei principi del procedimento. Quando l’ufficio che emana un atto non è soggetto della potestà amministrativa perché difetta della qualità di organo amministrativo, l’atto è adottato in carenza di potere e quindi è inesistente. L’illegittimità può essere di 3 tipi: incompetenza(vengono fatti ricadere i vizi relativi al soggetto), eccesso di potere(quelli attinenti ai motivi) e violazione(carattere residuale).
Le figure sintomatiche dell’eccesso di potere sono:
contraddizione tra motivi e dispositivo contraddizione tra provvedimenti
illogicità
ingiustizia manifesta
disparità di trattamento sviamento di potere
travisamento dei fatti
elusione del giudicato proporzionalità.
Quindi s’evince che vi è un’incerta definizione dei confini di ciascuna figura e sovrapposizione di alcune di esse; la prevalenza di criteri di proporzionalità o relazionali su criteri sostanziali; formazione giurisprudenziale delle figure sintomatiche.
LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
Il cittadino può far valere due diverse situazioni giuridiche(diritti ed interessi giuridici) dinanzi a due tipi di giudici(amministrativo e ordinario).
Il modello monistico prevede che il controllo giurisdizionale sull’attività della pubblica amministrazione sia affidato al giudice ordinario.
Il modello dualistico prevede che l’amministrazione quando esercita poteri autoritativi nei confronti dei cittadini deve essere sottoposta ad un giudice speciale.
In Italia si è affermato un modello dualistico.
Il diritto soggettivo è la fondamentale situazione di vantaggio che l’ordinamento riconosce ad un soggetto nei confronti di un bene, fin quando non venga esercitato un potere dalla pubblica amministrazione. L’interesse legittimo è la posizione di vantaggio che consente ad un soggetto di realizzare il proprio interesse ad un bene della vita, è una situazione soggettiva correlata all’esercizio di un potere amministrativo ed attribuisce al titolare la capacità di influire sull’esercizio del potere amministrativo stesso.
Se la situazione soggettiva del cittadino lesa dalla pubblica amministrazione è un diritto soggettivo interverrà un giudice ordinario, se invece è un interesse legittimo interverrà il giudice amministrativo. Un tempo solo i diritti soggettivi erano risarcibili, ora tale distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi non c’è più. Il giudice amministrativo ha una giurisdizione esclusiva che, per un verso, tende a modificare il criterio tradizionale di riparto, fondato sulla distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo, dall’altro si amplia la sfera di competenza del giudice amministrativo, per il numero sempre maggiore di materie assegnate alla sua giurisdizione esclusiva e per il modo in cui sono individuate. Secondo la corte costituzionale, per attribuire una materia alla giurisdizione esclusiva, il legislatore oltre a basarsi sulla circostanza che la pubblica amministrazione sia parte della controversia, anche che si tratti di controversie in cui sia coinvolta una pubblica amministrazione che agisce con strumenti autoritativi; è stata infatti dichiarata incostituzionale la disposizione che assegnava alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di servizi pubblici.
La giurisdizione amministrativa si articola su 3 organi: consiglio di stato, tribunali amministrativi regionali e consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana. Il consiglio di stato ha funzioni consultive e giurisdizionali. È composto da un centinaio di magistrati. Il sistema di reclutamento è:
metà dei posti è riservata ai magistrati dei TAR con almeno 4 anni di servizio effettivo, che ne facciano richiesta e previo consenso del consiglio di presidenza
un quarto di posti coperto mediante concorso
un quarto di posti coperto da soggetti appartenenti a determinate categorie, nominati discrezionalmente dal governo.
presieduto da un presidente nominato dal governo e scelto tra i presidenti di sezione del consiglio di stato con maggiore anzianità. È diviso in sezioni: 3 con compiti giurisdizionali e 3 con compiti consultivi, ognuna presieduta da presidenti di sezione. I consiglieri di stato sono usati dai ministri per uffici di collaborazione diretta. I TAR sono organi generali di giustizia amministrativa di primo grado, sono presieduti da magistrati del consiglio di stato e formati da consiglieri reclutati con appositi concorsi. Il consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana fu creato nel ’48, è composto da un presidente di sezione del consiglio di stato, da 4 magistrati del consiglio con funzioni di consiglieri e da 4 membri scelti tra docenti universitari in diritto o avvocati designati alla giunta regionale siciliana. La carriera e i procedimenti disciplinari dei giudici amministrativi sono rimessi ad un organo d’autogoverno costituito dal consiglio di presidenza della giustizia amministrativa; ne fanno parte 10 giudici amministrativi eletti dalla categoria e 4 componenti laici eletti dal parlamento.
Le parti del processo amministrativo sono sempre il privato(ricorrente)e l’amministrazione(resistente). Per presentare ricorso il privato deve dimostrare l’interesse a ricorrere, tale ricorso deve esser presentato entro un breve intervallo di tempo ed ha l’effetto di circoscrivere il potere del giudice. Deve esser presentato entro 60 giorni dal momento in cui l’atto è stato comunicato, scaduto il termine, l’atto amministrativo diventa inoppugnabile e conserva efficacia a meno che la stessa pubblica amministrazione non decida d’annullarlo d’ufficio. I motivi del ricorso circoscrivono in base al principio della domanda il potere del giudice che deve valutare tutti i vizi indicati dal ricorso, mentre non può annullare il provvedimento per vizi diversi da quelli contestati. Il ricorrente può far valere, oltre che vizi di legittimità, anche vizi di merito, i quali attengono alla conveniente ed opportunità della decisione assunta dall’amministrazione. Il metodo acquisitivo consente al giudice di acquisire d’ufficio mezzi di prova che si trovino nell’esclusiva disponibilità dell’amministrazione e che il ricorrente avrebbe difficoltà di reperire e allegare. Nel processo i mezzi di prova consistono nella richiesta all’amministrazione di fornire chiarimenti o esibire documenti, compiere nuove verificazioni… quando il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, conosce anche dei diritti soggettivi, deve essere posto in grado di offrire ad essi una tutela ampia quanto quella assicurata dal giudice ordinario. In questo caso il giudice amministrativo può disporre dei mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile. L’atto con il quale il giudice decide sul ricorso è la sentenza che può essere di rito o di merito. Nel primo caso il giudice definisce il giudizio senza stabilire se il ricorrente abbia o meno ragione, nel secondo il giudice amministrativo risolve la controversia stabilendo se il ricorso è fondato. Può adottare 3 tipi di sentenze: dichiarative(accertano la sussistenza della situazione soggettiva vantata dal ricorrente), sentenze costitutive( tra cui quella di annullamento dell’atto impugnato), sentenze di condanna( ordinano all’amministrazione di tenere un comportamento o di pagare una soma di denaro).
Oltre al processo di cognizione esistono altri due tipi di processi: cautelare e di esecuzione che svolgono una funzione strumentale, essendo diretti ad assicurare l’effettività della tutela accordata a un privato dal giudice amministrativo con le pronunce in sede di cognizione. La sentenza cautelare è una misura preventiva che mira ad assicurare che un’eventuale decisione favorevole del processo principale non sia pregiudicata da eventi che possono verificarsi nel corso dello svolgimento del processo. Il processo esecutivo invece si svolge dopo l’esaurimento del processo di cognizione e serve ad assicurare
l’attuazione della pronuncia di cognizione. Il processo cautelare mirava alla sospensione dell’esecutività del provvedimento amministrativo impugnato in presenza di due presupposti: esistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile derivante dall’esecuzione dell’atto impugnato, fumus boni juris cioè una preliminare valutazione circa la possibile fondatezza del ricorso. Il processo esecutivo(giudizio di ottemperanza) attua la volontà-espressa dal giudice con la sentenza passata in giudicato. In questo modo il giudice amministrativo incide sull’attività dell’amministrazione quando emette la sentenza di condanna e quando controllo se l’amministrazione abbia adempiuto ed esercita il potere di sostituirsi all’amministrazione. Oggi giorno i poteri pubblici svolgono anche attività di erogazione, danno pensioni e incentivi; in tali casi la giustizia amministrativa interviene con maggior difficoltà.
Per annullare un provvedimento il giudice amministrativo deve riconoscerne il vizio. Il vizio di eccesso di potere consente al giudice un controllo più complesso. Se un dipendente pubblico commette un’infrazione disciplinare la legge sul pubblico impiego prevede apposite sanzione tra le quali non c’è il trasferimento in altra città. Anche all’amministrazione s’applica il principio d’eguaglianza, per il quale casi simili devono esser regolati nella stessa maniera. Il consiglio di stato ed il TAR, valendosi del vizio dell’eccesso di potere, sono in grado d’esercitare un penetrante controllo dell’attività amministrativa.