SAN PAOLO VI
Montini sugli altari:
la sua testimonianza,
l’eredità per noi
COSCIENZA
IDEE IN MOVIMENTO
2 | 2018
IL PANE E LE ROSE
Industria 4.0: restituire
senso e dignità al lavoro
POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 2 E 3 LOM/0/MI
«
L’uomo moderno fa più fatica a curvarsi davanti ai mille lumi di cui abbiamo riempito le nostre chiese
che davanti al Dio vivo che gli dovremmo presentare… È più difficile parlare agli uomini del nostro tempo
VI)
ripetendo
le devozioncelle con cui abbiamo appesantito la nostra pietà, che parlare del Cristo». (Paolo
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PAOLO VI INTELLETTUALE
«
Montini fu un grande maestro: non un accademico, ma un
educatore, un formatore delle coscienze, che ha sposato la
missione della carità intellettuale come la più alta forma di
carità cristiana. In sintesi, un testimone credibile del Vangelo
intervista a PHILIPPE CHENAUX
storico della Chiesa / Pontiicia Università Lateranense
L’uomo delle
finestre spalancate
P
aolo VI «certamente non fu un papa
teologo o filosofo come lo sono stati altri suoi successori, ma è stato sicuramente un papa intellettuale». Lo storico svizzero Philippe Chenaux, biografo
di Montini, parte proprio da qui: per lui un
tratto fondamentale del percorso umano ed
ecclesiale di Paolo VI fu quello di «essere
segnato permanentemente da una forte attenzione alla vita delle idee».
Paolo VI è stato un papa “anomalo” sotto molti aspetti, in particolare per quanto
riguarda la sua formazione giovanile, sicuramente fuori dai canoni del tempo.
Quanto hanno contato queste radici nel
suo magistero?
«La formazione del giovane Montini è
stata in un certo senso abbastanza classica:
ha frequentato il seminario di Brescia, poi
ha proseguito gli studi a Roma, alla Gregoriana, alla Sapienza, all’Apollinare e anche
all’Accademia dei nobili ecclesiastici. Ma
in questo quadro c’è certamente un’esperienza più singolare che lo contraddistingue dagli altri, ovvero il fatto di essere stato
un seminarista esterno. In un certo senso,
quindi, si tratta di una “non-esperienza”,
quella di non essere mai rimasto chiuso in
seminario grazie a uno speciale permesso
del suo vescovo per ragioni di salute. Questo ha permesso a Montini di continuare ad
abitare con i suoi genitori e gli ha dato l’occasione, del tutto eccezionale per un seminarista del suo tempo, di stare in contatto
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con il mondo. Anche perché casa Montini,
grazie al ruolo del padre Giorgio come dirigente del movimento cattolico locale, era
frequentata da moltissime persone: non
soltanto esponenti del mondo cattolico
bresciano ma anche nazionale, laici ed ecclesiastici che erano o sarebbero diventati
importanti per la vita della Chiesa di quel
periodo e del futuro. Tutto ciò ha permesso
a Montini di aprirsi al mondo della cultura del suo tempo e di acquisire uno spirito
flessibile e aperto. D’altronde una grande
curiosità intellettuale accompagnò Montini fin dalla gioventù, insieme alla presa di
coscienza del fatto che, all’indomani della
Grande guerra, il mondo era entrato definitivamente in una nuova epoca. Questo
lo si vede bene nei suoi scritti giovanili:
in particolare in uno di questi, quasi programmatico, scritto nel 1919 e intitolato
Crisi spirituale, emerge con chiarezza che
la crisi di civiltà che aveva colpito l’Europa all’indomani della guerra richiedeva, in
qualche modo, un lavoro di ricostruzione
cristiana».
Come si esplicitava questa curiosità
intellettuale?
«In un’attenzione costante ai fermenti della cultura cattolica di quell’epoca.
Quando nel 1925 venne nominato assistente ecclesiastico della Fuci, si adoperò,
in particolare attraverso i giovani di cui
era responsabile, per aprire il mondo cattolico italiano agli elementi di novità che
COSCIENZA
Chenaux
PAOLO VI INTELLETTUALE
Tra Paolo VI e papa Francesco c’è un legame evidente. Bergoglio si richiama spesso a Montini, e c’è una continuità spesso
esplicita, come tra Evangelii gaudium ed
Evangelii nuntiandi. In cosa i due papi si
assomigliano di più? In quale aspetto invece sono più distanti?
«Quello che oggi non può mancare di
colpire l’osservatore è l’attenzione di papa
Francesco per il pontificato di Montini. Indubbiamente riconosce in lui uno dei suoi
modelli, è uno dei predecessori che cita di
più, anche nei documenti magisteriali. Fra
l’altro è stato il papa della suo noviziato, il
papa di quando è stato orMi pare che questo lavoro
di immissione di “correnti
Montini lavorò per dinato sacerdote. Ci sono
di aria fresca” sia una coaprire il mondo numerose affinità tra i
due, e questo nello spirito
stante della storia di Moncattolico italiano alla
del Concilio: alcuni temi
tini, sia prima che durante
cultura cattolica europea, montiniani sono diventail suo pontificato. Anche il
contribuendo alla sua ti temi bergogliani: la riConcilio, in fondo, è stato
il modo scelto dalla Chiesprovincializzazione. forma, il dialogo e la culsa per spalancare le proQuesta grande apertura tura dell’incontro, il tema
della giustizia e della pace,
prie finestre.
alla
cultura
sarebbe
quello della povertà. Ma al
«È così. E certamente
poi rimasta sempre di là di questo, mi sembra
l’apertura alle novità culuna caratteristica che ciò che li accomuni
turali internazionali ha
giocato un ruolo imporanche di Paolo VI di più sia il fatto di avere
lo stesso rapporto con la
tante. Il rinnovamento
storia. Bergoglio aveva detto di Paolo VI,
teologico del Concilio non sarebbe potuparlandone nel giorno della sua beatificato avvenire senza un ritorno alle sorgenti
zione, che fu un papa che non ebbe “paura
del cristianesimo, soprattutto quelle bidella novità”. Papa Francesco parla spesso
bliche e patristiche, che è potuto avvedelle cosiddette “sorprese di Dio” e trovo
nire grazie ai fermenti del rinnovamento
in questo una continuità rispetto all’idea
intellettuale in atto in altri Paesi europei,
paolina dell’apertura ai cosiddetti “segni
come ad esempio in Francia con la rinadei tempi”. Un’idea, quella che Dio parla
scita tomistica intorno a Maritain, oppure
agli uomini attraverso la storia, che troviain Germania con alcuni grandi nomi delmo già nel Montini giovanile. In Montini,
la teologia cattolica di quel periodo come
come a maggior ragione in Bergoglio, non
Romano Guardini e Karl Adam, che Monc’è nessuna nostalgia medievalista per un
tini contribuì a far tradurre in italiano nelpassato cristiano idealizzato, mentre enla collana “Il pensiero cattolico europeo”
trambi coltivano un certo progressismo, il
edita da Morcelliana».
riconosceva in altri Paesi europei, come la
Francia, la Germania e così via. Sempre nel
1925 a Brescia Montini contribuì a fondare
la casa editrice Morcelliana che aveva precisamente lo scopo – come è stato scritto –
di “immettere correnti di aria fresca nell’atmosfera”. Dunque negli anni Venti e Trenta
Montini lavorò per aprire il mondo cattolico
italiano alla cultura cattolica europea, contribuendo alla sua sprovincializzazione.
Questa grande apertura alla cultura sarebbe poi rimasta sempre una caratteristica
anche del papa Paolo VI».
»
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>>>
>>> valore di una storia che va avanti. Tuttavia
sua lettera pastorale alla diocesi di Milano
non esagererei nel sottolineare le affinità
Pensiamo al Concilio. La riforma è nel protra i due papi, perché è pure vero che papa
gramma ordinario della Chiesa ed è contiFrancesco evidenzia alcuni elementi del
nua, poiché la Chiesa in qualche modo deve
pontificato montiniano tralasciandone decostantemente riformarsi, perfezionarsi,
gli altri. Penso soprattutto alla sua forte presantificarsi. In Montini il tema della riforma
occupazione
postconassume una valenza teociliare per la difesa della
Il tratto che logica ed ecclesiologica: la
dottrina cattolica, anche
accomuna di più Chiesa è divina (e quindi
in termini che per certi
perfetta) ma anche umaBergoglio e Montini na (e imperfetta), da qui
versi ricalcano il modello
è il fatto di avere lo stesso la necessità di uno sfordi papa che aveva Paolo
VI, cioè quello del papa
rapporto con la storia. zo perenne per rendere la
che aveva servito e di cui
Francesco ha detto di Chiesa conforme al suo
era stato uno dei prinmodello, ovvero avvicinaPaolo VI, nel giorno della
cipali collaboratori per
re la realtà umana all’idea
sua beatificazione, che divina. Ecco perché, per il
lunghi anni, ovvero Pio
fu un papa che non ebbe Concilio Vaticano II, MonXII. E poi Montini, contrariamente a Francesco,
“paura della novità” tini pensò subito all’idea
è un uomo che viene dal
di un Concilio di riforma,
“centro”, da una lunga carriera in Curia roavendo in mente il modello del Concilio di
mana, mentre il papa argentino viene dalla
Trento a partire dalla lettura che ne aveva
periferia della Chiesa e tutto questo genera
dato lo storico tedesco Hubert Jedin. Jedin
molte diferenze nel rapporto di ciascuno
aveva scritto le sue opere negli anni della
con l’istituzione ecclesiastica e col tema
guerra ia Roma e in Vaticano dopo essedella tradizione».
re fuggito dalla Germania nazista, ed ecco
perché Montini lo conosceva molto bene e
Come ha sottolineato lei stesso, tanto
aveva contribuito a farlo conoscere in Italia.
in Paolo VI quanto in Francesco è centraPer Jedin e Montini non si poteva ridurre
le l’idea della riforma della Chiesa, un eleTrento a un Concilio della Controriforma,
mento radicato nel Concilio. Quanto sono
cioè a una reazione difensiva e conservalegati i due “riformismi”, quello montiniatrice, ma andava letto come il Concilio di
no e quello bergogliano?
una Riforma cattolica capace di raccogliere
le istanze e i fermenti maturati nel mondo
«Per Paolo VI “Ecclesia semper reforecclesiale nei due secoli precedenti. Questa
manda”, come sottolineò nel 1962 nella
»
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COSCIENZA
Chenaux
PAOLO VI INTELLETTUALE
riforma doveva venire assolutamente sotto la guida del papa e della gerarchia, e da
questo punto di vista in Montini troviamo
un’idea ancora molto tradizionale e clericale della Chiesa, una visione sicuramente
molto forte del papato, quasi mistica, sicuramente distante da quella di papa Francesco. Il riformismo bergogliano ha altre
origini, è più radicato nel Vangelo e legato
alla mistica del “popolo”: altri tempi e altri
continenti».
Qual è oggi il valore più grande nella
scelta di canonizzare Paolo VI? In che cosa
la sua testimonianza di santità è particolarmente preziosa per la vita della Chiesa e
per la fede della gente?
«In Evangelii nuntiandi Paolo VI scrive che l’uomo contemporaneo ascolta più
volentieri i testimoni che i maestri, e che
quando ascolta i maestri lo fa perché sono
dei testimoni. Mi sembra che in questa frase sia raccolta tutta l’essenza della santità
di Paolo VI. Montini fu un grande maestro:
non un accademico, perché non ha mai
insegnato, ma un educatore, un formatore
delle coscienze, un uomo che ha sposato la
missione della carità intellettuale come la
più alta forma di carità cristiana. Ma Paolo
VI è stato riconosciuto da tutti coloro che
lo hanno avuto come maestro soprattutto
come un testimone credibile del Vangelo
nella Chiesa e nel mondo, come gli aveva
insegnato suo padre Giorgio: “A mio padre devo gli esempi di coraggio, l’urgenza
di non arrendersi supinamente al male, il
giuramento di non preferire mai la vita alle
ragioni della vita”. Paolo VI ha testimoniato per tutta la vita la Verità della Chiesa e
le virtù evangeliche: l’umiltà, la mitezza, la
povertà, la pazienza, soprattutto l’ascolto
e il dialogo. Del resto già nella sua prima
enciclica, Ecclesiam suam, Montini aferma che il dialogo è in qualche modo congeniale al messaggio cristiano poiché “la
Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio”, Ecco: la santità di Paolo VI sta tutta in questa definizione
profetica».
Simone Esposito
IL LIBRO • Paolo VI. Una biograia politica (Carocci, 2016)
Un papa che non ha
avuto paura delle novità
E
cclesia semper reformanda: un adagio che
per Paolo VI è stato una bussola costante,
il perno di quel concetto di riforma che per
Montini è stato strettamente legato all’idea
conciliare e allo stile con il quale volle portare a compimento il Vaticano II.
Con Paolo VI. Una biograia politica (Carocci),
Philippe Chenaux, ordinario di Storia della
Chiesa moderna e contemporanea alla Lateranense, ha ricostruito con grande perizia e
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precisione (anche grazie al lavoro compiuto
su numerosi archivi inediti) l’itinerario politico, intellettuale e spirituale di questo gigante della storia del Novecento: timoniere
del Concilio, uomo aperto ai fermenti culturali, difensore coraggioso dell’integralità
della fede cattolica. Un ponteice che - secondo le parole di papa Francesco nel giorno
della sua beatiicazione, il 10 ottobre 2014
- «non ha avuto paura delle novità».
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