LUKAS STAFFLER
Sparizione forzata
di persone
Estratto da:
DIGESTO
delle Discipline Penalistiche
Aggiornamento
X
diretto da
Rodolfo Sacco
a cura di
Alfredo Gaito – Bartolomeo Romano – Mauro Ronco – Giorgio Spangher
comitato scientifico per la valutazione:
Enrico M. Ambrosetti – Agostino De Caro – Luciano Eusebi
Giulio Garuti – Alessio Lanzi – M. Riccarda Marchetti
Oliviero Mazza – Vito Mormando
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Via Dei Missaglia n. 97 - Edificio B3 - 20142 Milano, Italia
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Composizione: Sinergie Grafiche S.r.l. - Corsico (MI)
Finito di stampare nel mese di giugno 2018
dalla Stamperia Artistica Nazionale S.p.A.
Via Massimo D’Antona, 19 – 10028 Trofarello (TO)
ISBN 978-88-598-1885-4
INDICE
Appello (rinnovazione del dibattimento in) di VALERIO AIUTI . . . . . . . . . . . . . p.
1
Avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione di ANNA MARIA SIAGURA . . »
27
Codice antimafia (riforma del) di ANTONIO BALSAMO
. . . . »
41
Contraddittorio tecnico di CATERINA SCACCIANOCE . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
54
Corpo dell’imputato (fonte di prova nel processo penale) di TERESA ALESCI
. . . . . »
76
Corruzione tra privati di GIUSEPPE PAVAN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
98
E
PIERSANTI MATTARELLA
D.A.SPO. ‘‘urbano’’ (provvedimenti a tutela della sicurezza delle città e del decoro urbano) di MARIA FRANCESCA CORTESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 108
Depenalizzazione versus sanzioni pecuniarie civili di MARGHERITA LOMBARDO . . . . . » 118
Dichiarazioni spontanee dell’imputato di DONATELLO CIMADOMO
. . . . . . . . . . . » 128
Documento informatico (profili processuali penali) di ANTONIO VELE . . . . . . . . . » 139
Estinzione del reato con condotte riparatorie (profili processuali) di OTTAVIA MURRO . » 149
Estinzione del reato con condotte riparatorie (profili sostanziali) di ALICE FERRATO . . » 159
Estinzione delle misure cautelari personali di SAVERIO
DI
LERNIA . . . . . . . . . . . » 183
Frode e depistaggio in processo penale di GIORGIA CERAMI
. . . . . . . . . . . . . » 206
Funzione della pena nel diritto penale internazionale di LUIGI CORNACCHIA . . . . . . » 232
Giudizio abbreviato (dopo la riforma Orlando) di FABRIZIO GALLUZZO
. . . . . . . . » 295
Giustizia penale internazionale di MARIA ANTONELLA PASCULLI . . . . . . . . . . . . » 306
Impugnazioni (dopo la riforma Orlando) di AGOSTINO DE CARO
. . . . . . . . . . . » 333
Inammissibilità de plano (ricorso per cassazione) di LUIGI LUDOVICI . . . . . . . . . . » 356
Inesigibilità di GABRIELE FORNASARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 362
Intercettazioni (profili di riforma) di SANDRO FÙRFARO . . . . . . . . . . . . . . . . » 395
Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. Caporalato) di ANTONIO VECCE
» 412
Multa (diritto comparato) di PATRICIA FARALDO-CABANA . . . . . . . . . . . . . . . » 427
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XVIII
INDICE
Ne bis in idem (sostanziale) di CHIARA SILVA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 443
Negazionismo di CARMELO DOMENICO LEOTTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 476
Omicidio e lesioni personali stradali di DALILA MARA SCHIRÒ . . . . . . . . . . . . » 497
Prescrizione del reato di ENRICO MARIO AMBROSETTI . . . . . . . . . . . . . . . . . » 516
Prevenzione personale e patrimoniale (prassi giudiziarie e riforma normativa) di ALBERTO
CISTERNA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Processo penale e informazione giudiziaria di GASPARE DALIA . . . . . . .
Reati culturalmente motivati di MARGARETH HELFER . . . . . . . . . . . .
Reati tributari e interesse finanziario dell’Unione Europea di STEFANO MARIA
. . . .
. . . .
. . . .
RONCO
.
.
.
.
»
»
»
»
530
575
597
613
Reato estinto (decisione sul) di FILIPPO GIUNCHEDI e ALESSIA MUSCELLA . . . . . . . . » 642
Reformatio in peius (divieto di) di CIRO SANTORIELLO . . . . . . . . . . . . . . . . » 664
Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (introduzione delle R.E.M.S.) di
SALVINA FINAZZO . . . . . . . .
Responsabilità colposa per morte
CIVELLO . . . . . . . . . . . .
Responsabilità penale degli enti di
. . . . . . . . . . . . . . .
o lesioni personali in ambito
. . . . . . . . . . . . . . .
MARIA ANTONELLA PASCULLI
. . . . . .
sanitario di
. . . . . .
. . . . . .
. . . . . » 672
GABRIELE
. . . . . » 700
. . . . . » 725
Ricorso individuale a Strasburgo di DANIELA CHINNICI . . . . . . . . . . . . . . . . » 751
Sparizione forzata di persone di LUKAS STAFFLER . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 765
Stupefacenti (profili sostanziali) di MATILDE BRANCACCIO
. . . . . . . . . . . . . . » 797
Termini per l’esercizio dell’azione penale e archiviazione (dopo la
KATIA LA REGINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tortura (reato di) di CARMELO DOMENICO LEOTTA . . . . . . . .
Traffico di influenze (delitto di) di GIUSEPPE MARRA . . . . . . .
riforma
. . . .
. . . .
. . . .
Orlando) di
. . . . . . » 846
. . . . . . » 862
. . . . . . » 878
Traffico di organi di LUCA CARRARO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 889
Unioni civili e convivenze di fatto (profili penali sostanziali) di DALILA MARA SCHIRÒ . » 923
Unioni civili e convivenze di fatto (profili processuali penali) di GIROLAMO DARAIO . . » 931
Virus informatico di ALESSANDRA TESTAGUZZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 946
Vittima del reato (profili processuali penali) di MARIANGELA MONTAGNA . . . . . . . . » 962
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Sparizione forzata di persone
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istitutivo della Corte penale internazionale, con atto finale ed allegati, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a
Roma il 17 luglio 1998); l. 29-7-2015, n. 131 (ratifica ed esecuzione
della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2006); artt. 2, 3, 5, 6, 13, 38 Cedu.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Terminologia. – I. CASISTICA
(CENNI). – 3. L’operazione cosiddetta «Nacht und Nebel» del Terzo Reich. – 4. Dottrina francese degli anni ’50. – 5. «Guerra sporca»
nei Paesi latino-americani. – 6. Sparizione forzata nel Cipro del
nord. – 7. Il conflitto tra la Turchia ed i curdi e quello russo-ceceno.
– 8. Le cosiddette «extraordinary renditions» nella Guerra al terrorismo. a) El-Masri contro Macedonia (2012). b) Al Nashiri contro
Polonia (2014). c) Husayn contro Polonia (2014). d) Abu Omar
contro Italia (2016) – II. FONTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE. – 9. Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone dalla
sparizione forzata (1992). – 10. Convenzione inter-americana sulla
sparizione forzata di persone (1994). – 11. Statuto di Roma della
Corte penale internazionale (1998). – 12. Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata
(2006). – III. PROFILI DI DIRITTO PENALE SOSTANZIALE. –
13. Struttura del fatto tipico. a) I soggetti immediatamente attivi. b)
La condotta immediata. c) I soggetti mediatamente attivi. d) La
condotta mediata. e) L’elemento soggettivo. – 14. L’essenza dell’illecito di sparizione forzata di persona. – 15. L’introduzione della
fattispecie nel diritto interno. a) Ragioni di diritto interno. b) Ragioni di diritto internazionale. – 16. Definizioni legali internazionali.
– 17. Definizioni legali nazionali in Europa (cenni). a) Austria. b)
Francia. – c) Germania. – d) Spagna. – e) Svizzera. – 18. Definizioni
dottrinali (cenni). – IV. PROFILI DI DIRITTO PROCESSUALE
(CEDU). – 19. Status processuale dei prossimi congiunti della persona sparita. – 20. Sfide probatorie e prassi giurisprudenziale.
1. Introduzione.
L’essenza dello Stato di diritto è l’esercizio del potere statale sulla base della Costituzione nonché di
leggi emesse formalmente e sostanzialmente in conformità alle disposizioni della Costituzione, ciò al fine
di garantire la dignità dell’essere umano, libertà e
sicurezza sotto la vigenza dei diritti umani, ma anche
giustizia e certezza del diritto (1).
Una manifestazione di ciò che può essere definito
«anti-Stato di diritto» (2) (cioè la deviazione dallo
Stato di diritto) è il fenomeno della sparizione forza-
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ta di persone, ossia la prassi sistematica di sequestro,
tortura e uccisione di persone sotto la direzione o con
l’approvazione (tacita o fattuale) da parte degli organi statali al fine di eliminare ogni resistenza politica
di opposizione, e di garantire cosı̀ la salvaguardia del
proprio potere (3). Si tratta, pertanto, di una tecnica
di repressione politica contro individui, gruppi di persone o anche parti della popolazione, la quale strumentalizza il potere politico per creare nella popolazione una situazione di impotenza nei confronti degli
organi statali nonché di incertezza sul destino della
vittima immediata nonché, in generale, paura e terrore (4). In questa ottica, il crimine di sparizione forzata di persone si presenta come sintomo di negazione dello Stato di diritto e riporta in quo modo una
stretta interdipendenza con il fenomeno del terrorismo (5) (rectius: terrorismo di Stato) (6).
Infatti, mentre il concetto di «terrorismo» è legato ad
una forma di lotta violenta con motivazione politica,
caratterizzata dall’«organizzazione sistematica di atti
di violenza contro le persone e le cose all’interno di
un piano comunicativo atto a creare sentimenti di
paura in una popolazione o in parte di essa» (7), il
terrorismo di Stato riguarda l’impiego del monopolio
statale della forza, da parte di organi statali o parastatali, contro la propria popolazione o parte di essa,
al fine di eliminare l’avversario politico e di reprimere ogni resistenza da parte della popolazione (8). La
realizzazione di questi obbiettivi, ossia l’acquisto e la
consolidazione del potere attraverso la diffusione di
terrore e paura da parte degli apparati e delle organizzazioni statali, para-statali o organizzazioni, viene
attuata attraverso una prassi sistematica di tortura,
uccisione o sequestro di avversari o di loro sospettati
sostenitori in seno alla popolazione, al fine di fare
sparire forzatamente le persone non gradite al potere
politico. Questa specifica forma di terrorismo statale,
a differenza del terrorismo «comune», presenta un’elevata capacità criminosa nonché risulta, con riguardo alla quantità delle vittime e alla caratura delinquenziale, assai distruttiva poiché è in grado di adoperare (seppur in maniera distorta) i diversi organi
statali, cioè p. es. i servizi segreti, le autorità giudiziarie, le forze armate, allo scopo di salvaguardare il
potere politico vigente (9).
Per delineare la struttura dogmatica del crimine de
quo, è necessario procedere preliminarmente ad
un’indagine sulla casistica eterogenea di sparizione
forzata di persona. In questo contesto, l’esperienza
giurisprudenziale della C. Dir. Uomo costituisce uno
snodo importante per delineare non solo l’evoluzione casistico-giurisdizionale (sub Sez. I) e questioni di
tipo processuale tipicamente legate al crimine di sparizione forzata di persone (sub Sez. IV), ma anche
per la ricostruzione dei singoli elementi del fatto tipico nel suo complesso (sub Sez. III) prefigurati dalle
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
fonti di diritto internazionale (sub Sez. II). Ancora
prima, però, è necessario svolgere alcune premesse
di natura terminologica.
(1) In argomento cfr. ampiamente BIN, Lo Stato di diritto, Bologna, 2004, passim, nonché PACE, Stato costituzionale e segreto di
Stato: una coesistenza problematica, GC, 2015, 1719 ss.
(2) Cfr. CATTANEO, Terrorismo e arbitrio. Il problema giuridico
nel totalitarismo, Padova, 1998, 97 ss.
(3) Secondo BRODY-GONZÁLES, Nunca Más: An Analisys of International Instruments on ‘‘Disappearances’’, Human Rights
Quarterly, 1997, 365, 366, i casi di sparizione forzata costituiscono «perhaps the cruelest form of government abuse»; secondo
NOWAK, Opinion: Monitoring Disappearances – The difficult
Path from Clarifying Past Cases to Effectively Preventing Future
Ones, European Human Rights Law Review, 1996, 348, 360, la
prassi sistematica della sparizione forzata di persone costituisce
uno dei maggiori problemi dei diritti umani del nostro tempo.
(4) SARKIN, Enforced Disappearance as Continuing Crimes and
continuing Human Rights Violations, in The Realization of Human Rights: When Theory Meets Practice, a cura di HaeckMcGonigle Leyh-Burbano-Herrera-Contreras-Garduño, Cambridge, 2013, 389, 394: «A disappearance is often perpetrated
to spread general fear, terror, intimidation and uncertainty
throughout the society in question. It is a way to coerce the
citizens of a State and to deter those who may be inclined to
speak out against, or criticize, those in power. It is a form of
social repression, as fear of the unknown will surely deter any
person from even thinking something that could may accuse
them of being critical of the regime in power».
(5) In tema di terrorismo, cfr. BARTOLI, Lotta al terrorismo internazionale tra diritto penale del nemico, jus in bello del criminale e annientamento del nemico assoluto, Torino, 2008, 67 ss.;
KRAUSE, Terrorismus: Die unterschiedlichen Formen und Varianten in der heutigen Zeit, in Die Bekämpfung des Terrorismus mit
Mitteln des Völker- und Europarechts, a cura di Odendahl, Berlino, 2017, 21 ss.
(6) Infatti, la dottrina ha rilevato che la definizione del termine
«terrorismo» tende a riflettere l’interesse degli Stati, soprattutto
quelli più forti, e a condizionare i termini del dibattito politico: in
tema cfr. NIGRO, La definizione di terrorismo nel diritto internazionale, Napoli, 2013, 56 ss.
(7) Cosı̀ la definizione di STAFFLER, Politica criminale e contrasto
al terrorismo internazionale alla luce del d.l. antiterrorismo del
2015, AP, 2016, 3, online, 21.
(8) Sul terrorismo di Stato cfr. BARTOLI, Lotta al terrorismo internazionale, cit., 170 ss.; BERARDI, Il diritto e il terrore. Alle radici
teoriche della ‘‘finalità di terrorismo’’, Padova, 2008, 72; CATTANEO,
Terrorismo e arbitrio, cit., 97 ss.; GREEN-WARD, Defining the State as
Criminal, in State Crime: Critical Concepts in Criminology, a cura di
Chambliss-Moloney, vol. I, London, 2015, 181 ss.; WILDFANG, Terrorismus: Definition, Struktur, Dynamik, Berlino, 2010, 52 ss.
(9) Ampiamente AMBOS, Zur ‘‘rechtlichen‘‘ Struktur der Repression und strafrechtlichen Vergangenheitsbewältigung in Argentinien, in Vergangenheitsbewältigung in Lateinamerika, a cura di
Nolte, Francoforte, 1996, 86 ss.; v. anche BRODY-GONZÁLEZ,
Nunca Más: An Analisys of International Instruments on ‘‘Disappearances’’, Human Rights Quarterly, 1997, 365, 366: «Government often resort to disappearances because of their deniability.
By ‘‘disappearing‘‘ their opponents, governments conceal the
authors and the circumstances of their actions. Governments
can also confuse public attention, accusing opposition groups
or asserting that the supposed disappearances had instead willingly entered clandestinity».
2. Terminologia.
Per la prima volta il termine «sparizione» fu utilizzato dai mass-media in Guatemala nel contesto delle
elezioni nazionali del 1966. In questo contesto, la
parola «desaparecidos» si riferı̀ alla sparizione di
trentatré membri dell’opposizione politica durante
la competizione elettorale nel 1966 (10). Da allora
in poi, le vittime delle dittature militari nell’America
latina furono descritte attraverso il termine «spariti»
(v. infra, sub par. 5).
Le Nazioni Unite, invece, impiegano il termine «enforced disappearance» (11) o «involuntary disappearance» (12) nel contesto del fenomeno de quo (v.
infra, sub Sez. II).
Un fenomeno di recente sviluppo che rientra nella
casistica di sparizione forzata di persone è costituito
dalla cosiddetta «extraordinary rendition» (letteralmente: «estradizione straordinaria») (13). Tale termine descrive una prassi attuata dalla Central Intelligence Agency – CIA, ossia l’agenzia di spionaggio
civile degli Stati Uniti d’America che rivolge le proprie attività all’estero, in cooperazione con i servizi
segreti locali, rivolta ad una operazione clandestina e
sostanzialmente illegale di cattura, deportazione e
detenzione di un sospettato terrorista. Nel medesimo
contesto si utilizzano le espressioni «detainees in
black sites», «ghost detainees» o «secret prisoners»
per circoscrivere la pratica della detenzione dei sospettati in prigioni clandestine (v. infra, sub par. 8).
(10) Cfr. COMISIÓN PARA EL ESCLARECIMIENTO HISTÓRICO, Guatemala memoria del silencio, I, Guatemala, 1999, 135 s.
(11) Cfr. la Convenzione Internazionale per la protezione di tutte
le persone dalla sparizione forzata, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti con risoluzione n. 61/117 del 20-12-2006
ed entrata in vigore il 23-12-2010; la Convenzione è stata firmata
dall’Italia il 3-7-2007 e ratificata con l. 29-7-2015, n. 131 (Ratifica
ed esecuzione della Convenzione internazionale per la protezione
di tutte le persone dalle sparizioni forzate adottata dall’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2006, in G.U. n. 192
del 20-8-2015) con entrata in vigore il 8-10-2015.
(12) Cfr. la Risoluzione ONU n. A/RES/33/173 del 20-12-1978
intitolata «Disappeared persons».
(13) Sulla terminologia, cfr. WEAVER-PALLITTO, Extraordinary
rendition, in The Oxford Handbook of National Security Intelligence, a cura di Johnson, Oxford, 2010, 328: «(...) the United
States has pursued a policy of rendering people to nonjudicial
authorities outside of treaty and legal processes, actions usually
accomplished through kidnapping and forcible removal from an
asylum country to the receiving jurisdiction. These transfers have become known as ‘‘extraordinary renditions’’, but they are
certainly not renditions in the traditional sense. For one thing,
the term ‘‘rendition’’ is a legal term of art, connoting conformance with an established line of legal precedent, authorization under treaty and enabling statutes, and accepted practice in international law. On the other hand, ‘‘extraordinary rendition’’ is
not a legal term of art and is an act accomplished specifically
and purposefully outside of legal venues. It is usually undertaken
precisely because of a belief that legal processes will not yield
the desired transfer to the receiving jurisdiction or will be too
slow in coming to that result».
I. CASISTICA (CENNI).
Nella storia non mancano esempi di sparizione forzata di persone, condotte in maniera sistematica dal
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
potere sovrano nei confronti della propria popolazione al fine di reprimere ogni forma di ribellione e
resistenza. Un esempio par excellence è costituito
dal cosiddetto «Regime del Terrore» («La Grande
Terreur») nel contesto storico della Rivoluzione
francese, che iniziò nel 1793 con l’insurrezione fallita
delle sezioni parigine dei sanculotti contro il Convegno costituzionale e l’introduzione, da parte del Comitato di salute pubblica, di una serie di misure repressive contro l’intera fascia dell’opposizione politica, al fine di rafforzare il potere politico della fazione
giacobina, e terminò nel 1794 con l’esecuzione dei
membri più influenti del Comitato di salute pubblica,
tra cui il principale esponente politico del Terrore
giacobino, Maximilien de Robespierre (14).
Al fine di cogliere l’eterogeneità della fenomenologia di sparizione forzata di persone è proficuo svolgere una sommaria indagine sulla storia del XX e
XXI secolo, in quanto ricca di esempi concreti e assai
eterogenei di sparizione forzata di persone (15).
(14) In tema cfr. BERARDI, Il diritto e il terrore, cit., 84 ss.
(15) V. ampiamente CITRONI, Missing persons and victims of
enforced disappearance in Europe, 2016, 17 ss.
3. L’operazione cosiddetta «Nacht und Nebel» del
Terzo Reich.
Un particolare caso di sparizione forzata e sistematica delle persone cosiddette ‘‘non convenienti’’, da
parte dell’apparato statale, è costituito dall’operazione cosiddetta notte e nebbia (Nacht und Nebel) del
Terzo Reich (16).
A seguito della Campagna di Russia del 1941, furono
incentivate le azioni di resistenza nelle aree occupate
dal Terzo Reich contro i militari della Wehrmacht.
Per contrastare queste operazioni dei ribelli, Adolf
Hitler ordinò di sequestrare in segreto i resistenti e di
trasportarli in Germania per ucciderli. La segretezza
del destino dei detenuti era in linea col perseguimento di due obbiettivi: da un lato, si voleva evitare che
le singole persone potessero essere considerate
‘‘martiri’’ dall’opinione pubblica; dall’altro lato, si
intendeva intimidire profondamente la popolazione
locale (17). Per dare attuazione a questa prassi, il
Dipartimento legale della Wehrmacht emise in data
7-12-1941 le Linee guida per la persecuzione di reati
contro il Reich o le forze di occupazione nelle zone
occupate. Nella relazione di accompagnamento al
provvedimento de quo, il Keitel, nella sua qualità
di capo del comando supremo delle forze armate
del Reich, faceva presente che era stata «la volontà
del Führer di intraprendere misure diverse da quelle
attuate finora contro i responsabili di attacchi contro
il Reich o contro le forze di occupazione nelle località occupate. Il Führer è del parere: La punizione di
questi delitti con pene detentive, pure con l’ergasto-
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lo, viene valutata come segno di debolezza. Una prevenzione effettiva e persistente è realizzabile soltanto
attraverso la pena di morte o attraverso misure che
lascerebbero i prossimi congiunti e la popolazione
nell’incertezza sulla sorte del reo. È questo lo scopo
della traduzione dei detenuti in Germania» (18). La
prassi della sparizione forzata veniva applicata in
Norvegia, Paesi Bassi, Belgio e Francia. In seguito
alla traduzione degli internati in Germania, era compito della Giustizia nazista garantire la segretezza dei
processi e dell’esecuzione. Sotto la direzione del giurista nazista Roland Freisler (19), attraverso il regolamento del 6-2-1942, si provvide ad una riforma del
diritto processuale del Reich. Questa, in primis, attribuiva la competenza per la materia de qua a tribunali speciali con la conseguente eliminazione del
principio di pubblicità del processo penale. Inoltre,
la riforma attribuiva al Pubblico Ministero un ruolo
dominante nel processo, potendo egli decidere in
maniera esclusiva sull’applicazione di misure detentive preventive e sull’ammissibilità di mezzi di prova
e testimoni, nonché sulla possibilità per l’imputato di
farsi assistere da un difensore. Per garantire la segretezza di questi processi per tutta la durata della guerra, infine, era previsto che il giudice non potesse
giungere ad una pronuncia diversa da quella richiesta
dal Pubblico Ministero. Un’altra disposizione del
Freisler del 6-2-1942, volta a garantire la direzione
centralizzata della gestione dei processi in merito alle
cause di ‘‘notte e nebbia’’, prevedeva l’obbligo per il
Procuratore generale di informare il Ministero della
Giustizia del Reich sul capo di imputazione, sulle
relative richieste nonché sulla sentenza (20). La disposizione del Freisler prevedeva altresı̀ che, nelle
cause de quibus, sussistesse l’obbligo di limitare ogni
informazione nei confronti di enti statali diversi dalla
Wehrmacht e dalla polizia al solo fatto che vi sia
stato un arresto e che invece lo stato attuale del processo impedisce l’esibizione di ogni altra informazione (21). Nel caso di decesso del detenuto, non venivano informati i prossimi congiunti ed il cadavere
dello stesso veniva sepolto nel luogo della morte (22). Di seguito all’esecuzione della pena detentiva, il detenuto non veniva liberato ma consegnato
alla polizia statale segreta (Gestapo) che, al fine di
garantire la funzione prevenzionistica della prassi cosiddetta ‘‘notte e nebbia’’, provvedeva all’arresto amministrativo a tempo indeterminato presso i campi di
concentramento (23).
(16) In argomento cfr. BRODY-GONZÁLES, Nunca Más, cit., 366;
KNOOPS, Mens Rea at the International Criminal Court, Leiden e
Boston, 2017, 139; OTT, Enforced Disappearance in International
Law, Cambridge, 2011, 3; PERÉZ SOLLA, Enforced Disappearances, cit., 7; SCOVAZZI-CITRONI, The Struggle against Enforced Disappearance and the 2007 United Nations Convention, Leiden,
2007, 4 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance. Determining
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
State Responsibility under the International Convention for the
Protection of All Persons from Enforced Disappearance, Cambridge, 2012, 4 s.
(17) Cfr. GRUCHMANN, ‘‘Nacht- und Nebel‘‘-Justiz. Die Mitwirkung deutscher Strafgerichte an der Bekämpfung des Widerstandes in den besetzten westeuropäischen Ländern 1942-1944, in
Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, 1981, 342.
(18) International Military Tribunal (a cura di), Der Prozess
gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem Internationalen Militärgerichtshof Nürnberg, IV, Monaco di Baviera, 1984, 38: «Es ist
der lange erwogene Wille des Führers, daß in den besetzten
Gebieten bei Angriffen gegen das Reich oder die Besatzungsmacht den Tätern mit anderen Maßnahmen begegnet werden
soll als bisher. Der Führer ist der Ansicht: Bei solchen Taten
werden Freiheitsstrafen, auch lebenslängliche Zuchthausstrafen
als Zeichen von Schwäche gewertet. Eine wirksame und nachhaltige Abschreckung ist nur durch die Todesstrafe oder durch
Maßnahmen zu erreichen, die die Angehörigen und die Bevölkerung über das Schicksal des Täters im Ungewissen halten.
Diesem Zweck dient die Überführung nach Deutschland».
(19) Sulla dottrina giuridico-penale di Roland Freisler cfr. CATTANEO, Terrorismo e arbitrio, cit., 195 ss.
(20) Cfr. n. 2 della Rundverfügung del 6-2-1942 zur Ausführung
der Durchführungsverordnung del 6-2-1941 zu den Richtlinien
des Führers und Obersten Befehlshaber der Wehrmacht für die
Verfolgung von Straftaten gegen das Reich oder die Besatzungsmacht in den besetzten Gebieten, citato da CORNELIUS, Vom
spurlosen Verschwindenlassen zur Benachrichtigungspflicht bei
Festnahmen, Berlino, 2006, 418: «Der Oberstaatsanwalt teilt
mir die Anklage, den beabsichtigten Antrag und das Urteil,
ebenso seine Absicht, im Einzelfall von einer Anklage abzusehen, mit».
(21) N. 5 della Rundverfügung del 6-2-1942 zur Ausführung der
Durchführungsverordnung del 6-2-1941 zu den Richtlinien des
Führers und Obersten Befehlshaber der Wehrmacht für die Verfolgung von Straftaten gegen das Reich oder die Besatzungsmacht
in den besetzten Gebieten, citato da CORNELIUS, Vom spurlosen
Verschwindenlassen, cit., 418: «Anderen als den mit der Sache
befassten Stellen der Wehrmacht und der Polizei wird auf Anfragen nach den Beschuldigten oder den schwebenden Verfahren nur mitgeteilt, dass (...) festgenommen ist und der Stand des
Verfahrens keine weitere Mitteilungen erlaubt».
(22) Cfr. la lettera del Dirigente della Sicherheitspolizei e del
Sicherheitsdienst del 24-6-1942, pubblicata in International Military Tribunal (a cura di), Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem Internationalen Militärgerichtshof Nürnberg,
XXVI, Monaco di Baviera, 1984, 242 s.: «Es ist der Sinn der
Richtlinien des Führers (...) bei den Angehörigen und Bekannten aus Abschreckungsgründen Ungewissheit über das Schicksal
der Häftlinge entstehen zu lassen. Diese Zielsetzung würde unterbrochen werden, wenn die Angehörigen bei Todesfällen benachrichtigt werden würden. Einer Freigabe der Leiche zur Bestattung in der Heimat ist aus den gleichen Gründen und darüber hinaus auch deshalb unzweckmäßig, weil der Bestattungsort
zu Demonstrationszwecken missbraucht werden kann. Ich (...)
schlage daher vor, (...) für die Behandlung der Todesfälle (...)
folgende Regelung (...) zu treffen: a) eine Benachrichtigung der
Angehörigen unterbleibt, b) die Leiche wird am Sterbeort im
Reichsgebiet beigesetzt, c) der Beisetzungsort wird einstweilen
nicht bekannt gegeben».
(23) In tal modo, i detenuti condannati dalla giustizia, paradossalmente, si trovavano in condizioni più favorevoli rispetto agli
imputati assolti che si vedevano immediatamente internati in
campi di concentramento: CORNELIUS, Vom spurlosen Verschwindenlassen, cit., 94.
4. Dottrina francese degli anni ’50.
La cosiddetta dottrina francese descrive un reperto-
rio di metodi militari dei diversi organi statali di sicurezza per contrastare in maniera sistematica i gruppi di resistenza militanti o politici. Il concetto stesso
fu ideato dal colonello Roger Trinquier nella sua
monografia teorico-militare denominata «la guerra
moderna» (24). L’autore analizzò nel contesto del
dominio coloniale della Francia in Algeria negli anni
’40 il caso della guerra contro guerriglieri reclutati
dalla popolazione locale. Evidenziando l’impraticabilità delle strategie militari convenzionali nella lotta
contro queste forze ostili nascoste, Trinquier sviluppò un sistema, denominato «strategia bellica moderna», che comprendeva principalmente i seguenti
quattro metodi:
– Arresto segreto ed inufficiale, effettuato prevalentemente durante l’orario notturno, di persone sospettate di far parte del gruppo di resistenti, ed eseguito
da membri anonimi delle forze militari, della polizia
o dei servizi segreti;
– Tortura sistematica dei detenuti per accedere a
informazioni in merito ai nomi di altre persone sospettate, nonché per intimidire l’intero gruppo dei
resistenti;
– Uccisione illegale della gran parte dei detenuti per
sottrare al gruppo dei resistenti la loro base;
– Infine (e in maniera opzionale) la commissione di
attentati terroristici da parte delle proprie forze di
sicurezza al fine di attribuire la relativa responsabilità
al gruppo dei resistenti.
Tale metodo venne attuato durante la guerra d’indipendenza algerina negli anni ’50. Infatti, le forze armate della Francia lottarono contro il gruppo di resistenza «Front de Libération Nationale (FLN)» che,
dal 30-9-1956 in poi, iniziò ad effettuare attentati
nella città di Algeri. In reazione a questi atti terroristici, fu perseguita una quantità elevata di persone
sospettate di essere membri della FLN e sottoposte
a torture ed esecuzioni illegali. Nonostante l’estinzione quasi integrale della FLN a causa del successo
militare articolatosi in esecuzioni ed arresti di ribelli,
la strategia di sparizione forzata attuata dal Governo
francese contribuı̀ in maniera decisiva al ritiro della
Francia dall’Algeria. Infatti, in seguito alla cessazione dei metodi statali attuati nella guerra algerina,
scattarono diverse proteste contro la posizione politica francese attuata in Algeria, con il risultato finale
del ritiro della Francia nel 1962 dal paese nordafricano.
(24) TRINQUIER, La guerre moderne, Parigi, 1961.
5. «Guerra sporca» nei Paesi latino-americani.
Innanzitutto, va rilevato che il termine di «sparizione
forzata» nasce nel contesto della Guerra sporca nei
Paesi latino-americani (v. supra, sub par. 2) (25). La
prassi della sparizione forzata di persone nell’Ame-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
rica latina si contraddistingue rispetto alle vicende
precedenti non solo per la sua dimensione quantitativa e qualitativa, ma soprattutto per il contesto global-politico in cui si evolse (26). Merita, dunque, particolare attenzione il cosiddetto «plan Condor», una
operazione di tipo ‘‘intelligence multinazionale’’ a
cui parteciparono servizi segreti militari dell’Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay, nonché limitatamente anche di Ecuador, Perù e Venezuela, sotto la direzione degli Stati Uniti. La cooperazione tra le intelligence si inserisce in una agenda
di politica estera statunitense volta a reprimere l’espansione ideologica socialista e comunista nell’America del Sud, con l’obbiettivo di combattere globalmente ogni sorta di opposizione politica e sociale
contigua alla predetta ideologia e, di conseguenza,
volta a garantire la sopravvivenza delle dittature militari istaurate, a partire degli anni cinquanta, nell’America del Sud. L’operazione riguardava la cooperazione e lo scambio di informazioni su avversari politici sia nei territori degli Stati coinvolti sia all’estero,
al fine di perseguirli ed eliminarli. L’ambito operativo dei servizi segreti statunitensi si estrinsecava nel
supporto logistico-tecnico e nella formazione di
agenti e membri di squadroni di morte dei servizi
segreti alleati. Il fondamento ideologico-militare, fornito attraverso l’addestramento nel contesto del
«plan Condor» (27) e perseguito dai diversi regimi
militari latinoamericani, era legato alla dottrina della
cosiddetta «sicurezza nazionale», che comprendeva
la nozione di «persona sovversiva», cioè la caratterizzazione dell’avversario politico come nemico bellico, incluse non solo le forze armate ostili, gruppi
guerriglieri o movimenti comunisti, ma anche gran
parte della popolazione civile sospettata di aderire
all’ideologia politica avversaria. Di conseguenza,
ogni opposizione politica veniva considerata come
nemico interno alla società («enemigo interno»).
La sparizione forzata di persone, nonostante la cooperazione interstatale delle intelligence, si evolse in
condizioni assai eterogenee nei rispettivi Stati dell’America del Sud (28).
Sebbene la sparizione forzata sia stata praticata in
Argentina già precedentemente al colpo di Stato
del 24-3-1976, la prassi repressiva fu incentivata in
seguito alla presa del potere da parte dei militari (29). La tecnica di sparizione forzata era destinata
al consolidamento del potere politico e finalizzata ad
eliminare ogni opposizione politica. Il numero di persone sparite viene individuato dalla Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas in un minimo
di 8.960 unità, mentre la letteratura parla addirittura
di circa 20.000 a 30.000 spariti (30). La giunta militare e le forze di sicurezza eliminarono sistematicamente ogni forma di opposizione politica, indipendentemente dal fatto che, nel maggior numero dei casi, le
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vittime fossero persone non appartenenti a gruppi
sovversivi (31).
In Cile scattò la prassi repressiva in seguito al colpo
di Stato effettuato dalle forze armate e durò per tutto
il tempo del regime militare del Generale Pinochet
(1973-1989). La gran parte dei casi fu commessa immediatamente in seguito al colpo di Stato, al fine di
consolidare il potere dei militari nonché per eliminare il sostegno per il governo democraticamente eletto (32). La letteratura (33) distingue due fasi, ossia la
prima fase di repressione generalizzata dal 1973 al
1978, che riguardava principalmente l’eliminazione
degli avversari politici, mentre la seconda fase dal
1978 al 1989, caratterizzata da maggior selettività
ed effettuata sotto la copertura legale delle forze armate, riguardava il consolidamento del potere da
parte dei militari.
In Colombia il fenomeno della sparizione forzata iniziò dalla risposta statale contro le guerriglie a partire
dalla metà degli anni ’70. Negli anni ’80 vi fu un
aumento della casistica in seguito all’impiego della
tecnica repressiva de qua per contrastare lo spaccio
di droga (34). Secondo le relazioni annuali della
ONU, la Colombia presenta il numero mondiale
più elevato di esecuzioni illegali, tortura e sparizione
forzata di persona (35).
I primi casi di sparizione forzata di persone in El
Salvador si verificarono all’inizio degli anni ’80, nel
contesto della guerra civile tra il governo, che aveva
preso il potere in seguito al colpo di Stato, e la guerriglia. La maggior parte delle esecuzioni illegali era
compiuta da parte degli ‘‘squadroni della morte’’ del
governo, allenati e armati con il sostegno degli Stati
Uniti, i quali perseguivano l’interesse di prevenire la
presa di potere da parte dell’organizzazione guerrigliera rivoluzionaria «Frente Farabundo Marti para
la Liberación Nacional (FMLN)». La tecnica di repressione fu utilizzata, da parte dello Stato, soprattutto in reazione all’offensiva della guerriglia nel
1989, e terminò con l’attuazione degli accordi di pace
nel 1992 (36). Per il periodo dal 1980 al 1991, la
Commissione per la verità e riconciliazione (37) ricevette circa 5.500 denunce di sparizione forzata (38).
In Guatemala venne praticata la tecnica di repressione de qua in un arco temporale di circa 36 anni,
presentando una certa concentrazione di casi dal
1979 al 1983. Con il colpo di Stato in Guatemala
del 1954, organizzato e coordinato dalla CIA nell’ambito dell’operazione segreta denominata
«PBSUCCESS» contro il presidente democraticamente eletto Jacobo Árbenz Guzmán, il quale provvedeva ad una confisca statale della gran parte delle
terre in mano di latifondisti, tra cui anche l’azienda
statunitense United Fruit Company, al fine di favorire l’agricoltura locale. Alla presa di potere – con il
supporto del servizio segreto statunitense – da parte
772
SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
di dittatori militari, seguı̀ la guerra civile tra il governo dittatoriale e diversi gruppi guerriglieri supportati
da gran parte della popolazione. Sotto la bandiera
della lotta contro l’insurrezione armata, il governo
non solo impiegava le forze armate, ma anche paramilitari, mercenari e squadroni della morte. Data la
lunga durata e l’intensità del conflitto, il paese presentò il numero più elevato di casi di sparizione forzata nel Sud America. Mentre si stima un numero di
morti da 150.000 a 250.000 persone, i casi di sparizione forzata ammontano a 3.200, pari alle altrettante
denunce ricevute dal Gruppo di lavoro della ONU,
oltre ai 6.200 casi ricevuti dalla Commissione per la
verità e la riconciliazione guatemalteca, ma il numero
inufficiale ammonta a circa 40.000 casi (39).
I primi casi di sparizione forzata di persone in Messico furono commessi verso la fine degli anni ’60. La
tecnica repressiva de qua veniva attuata da parte
dello Stato, in primis, nei paesi del sud del Messico
contro guerriglia, gruppi studenteschi e avversari politici, ma anche – in seguito all’attribuzione di competenze per la sicurezza interna alle forze armate nel
1995 – come tecnica di lotta contro la criminalità
comune e contro lo spaccio di droga (40).
I casi di sparizione forzata in Perù partirono con
l’inizio degli anni ’80 durante la fase di transizione
dal regime militare all’instaurazione della democrazia, e durarono fino al 1994 con la fine della battaglia
armata. Nel conflitto armato tra il potere statale e la
guerriglia «Sendero Luminoso» di ispirazione maoista, la sparizione forzata si presentava come mezzo di
lotta politica al fine di eliminare gran parte degli
avversari politici, effettivi o potenziali. La risposta
statale di contrasto alla guerriglia maoista fu, tra l’altro, l’avviamento dello squadrone di morte denominata «Grupo Colina» (41). La «Comisión de la Verdad y Reconciliación» documentò 70.000 morti (42),
mentre la «Defensoriá del Pueblo» fissò in 7.800 il
numero di vittime di sparizione forzata (43).
(25) Sulla fenomenologia, cfr. BRODY-GONZÁLES, Nunca Más,
cit., 367 ss.; OTT, Enforced disappearance, cit., 3 ss.; nonché,
ampiamente, CITRONI, «Desaparición forzada de personas»: desarrollo del fenómeno y respuestas de la Corte Interamericana de
Derechos Humanos, in Anuario de Derecho internacional XIX,
2003, 373 ss.; SARKIN, Enforced Disappearance, cit., 393 s.; SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit.,
7 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 5 ss.
(26) Cfr. ex multis BRODY-GONZÁLEZ, Nunca Más, cit., 365 ss.;
CITRONI, «Desaparición forzada», cit., 374 ss.
(27) VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 6 ss.; cfr. anche
MOSTARDINI, Nunca Mas: La Corte d’Assise di Roma condanna i
vertici dei regimi dittatoriali dell’America latina per l’omicidio di
alcuni desaparecidos italiani, DPCont, 3-11-2017.
(28) Per una panoramica sulla casistica cfr. CITRONI, «Desaparición forzada», cit., 382 ss.; GRAMMER, Der Tatbestand des Verschwindenlassens einer Person. Transposition einer völkerrechtlichen
Figur ins Strafrecht, Berlino, 2005, 9 ss.
(29) Sulla situazione in Argentina cfr. AUTIERO, Gender based
violence in the context of transnational justice: An overview on
Criminal Justice and Truth Seeking Processes in Argentina and
Guatemala, DPCont, 11/2017, 5, 7 s.; SCOVAZZI-CITRONI, The
struggle against Enforced Disappearance, cit., 15 ss., 75 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 10 ss.; sul noto processo
Garrido e Baigorria contro Argentina del 1996 dinanzi alla Corte interamericana de Derechos Humanos cfr. CITRONI, «Desaparición forzada», cit., 392 ss.
(30) Cfr. AMBOS, Straflosigkeit von Menschenrechtsverletzungen.
Zur ‘‘impunidad’’ in südamerikanischen Ländern aus völkerstrafrechtlicher Sicht, Friburgo, 1997, 71 con ulteriori rinvii.
(31) V. la domanda «retorica» di SCHMID, Research on gross
human rights violation, Leiden, 1989, 183: «How could the military confuse harming the helpless with fighting a war against
communism?».
(32) Sulla situazione in Cile cfr. VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 9 ss.; in tema v. anche GUZMÁN DALBORA in Prosecución penal nacional de crI´menes internacionales en ame´rica latina
y españa, a cura di Ambos-Malarino, Sankt Augustin, 2003, 163,
169 ss.
(33) AMBOS, Straflosigkeit, cit., 57 ss.
(34) Sulla situazione in Colombia cfr. AMBOS, The Colombian
Peace Process and the Principle of Complementarity of the International Criminal Court, Berlino, 2010, passim; ID., Straflosigkeit,
cit., 25 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 17 s.; in
tema v. anche APONTE CADORNA, in Prosecución penal nacional
de crI´menes internacionales en ame´rica latina y españa, a cura di
Ambos-Malarino, Sankt Augustin, 2003, 203, 216 s.
(35) Cfr. AMBOS, Straflosigkeit, cit., 27 con ulteriori riferimenti.
(36) Sulla situazione in El Salvador cfr. SCOVAZZI-CITRONI, The
struggle against Enforced Disappearance, cit., 20 s., 79 ss.; UNTRUTH COMMISSION ON EL SALVADOR, From Madness to Hope.
The 12-year war in El Salvador, UN-Doc. S/25500 dell’1-4-1993;
VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 12 ss.; v. anche l’art.
364 codice penale salvadoriano: «El funcionario o empleado
público, agente de autoridad o autoridad pública, que detuviere
legal o ilegalmente a una persona y no diere razones sobre su
paradero, será sancionado con prisión de cuatro a ocho años e
inhabilitación absoluta del cargo o empleo respectivo por el mismo termino».
(37) Sul ruolo delle commissioni della verità per il processo di
riconciliazione cfr. CUYA, Wahrheitskommissionen in Lateinamerika, in Vergangenheitsbewältigung in Lateinamerika, a cura di
Nolte, Francoforte, 1996, 33, 36 ss.; STANLEY, Truth commissions
and the recognition of state crime, in State Crime: Critical Concepts in Criminology, a cura di Chambliss-Moloney, IV, Londra,
2015, 122, 127 ss.
(38) Cfr. UN-TRUTH COMMISSION ON EL SALVADOR, From Madness to Hope. The 12-year war in El Salvador, UN-Doc. S/25500
del 1-4-1993, 43.
(39) Sulla situazione in Guatemala cfr. AUTIERO, Gender based
violence, cit., 8 s.; CARLACCINI, La commissione per il chiarimento
storico in Guatemala, 1996-1999, Archivio Disarmo, 2002, n. 11 –
12, online; SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 10 ss., 18 ss., 87 ss.; sul noto processo Blake
contro Guatemala del 1998 dinanzi alla Corte interamericana de
Derechos Humanos cfr. CITRONI, «Desaparición forzada», cit.,
388 ss. nonché CANÇADO TRINDADE, Enforced Disappearances
of Persons as a Violation of Jus Cogens: The Contribution of
the Jurisprudence of the Inter-American Court of Human Rights,
Nordic Journal of International Law, 2012, 507, 508 ss.; sul caso
Bámaca Velásquez contro Guatemala del 2000 cfr. CITRONI,
«Desaparición forzada», cit., 396 ss. nonché CANÇADO TRINDADE,
Enforced Disappearances of Persons, cit., 519 ss.
(40) Sulla situazione in Messico cfr. GUAJARDO, in Prosecución
penal nacional de crI´menes internacionales en ame´rica latina y
españa, a cura di Ambos-Malarino, Sankt Augustin, 2003, 403
(412) riferisce che a riguardo del fenomeno di sparizione forzata
di persona nel 2001 è stato introdotto al codice penale federale
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
messicano un’apposita fattispecie all’art. 215 a-d, intitolata «Delitti commessi da funzionari pubblici»: «Comete el delito de desaparición forzada de personas, el servidor público que, independientemente de que haya participado en la detención legal o
ilegal de una o varias personas, propicie o mantenga dolosamente su ocultamiento bajo cualquier forma de detención (...)».
(41) Sulla situazione in Perù cfr. AMBOS, Straflosigkeit, cit., 39 ss.;
CARO CORIA, in Prosecución penal nacional de crI´menes internacionales en ame´rica latina y españa, a cura di Ambos-Malarino,
Sankt Augustin, 2003, 447 (455 ss.); DEFENSORÍA DEL PUEBLO, La
desparición forzada de personas en el Perú (1980-1996), Lima,
2000, 31 ss.
(42) V. COMISIÓN DE LA VERDAD Y RECONCILIACIÓN, Informe final, Anexo 2: Estimación del total de vI´ctimas causadas por el
conflicto armado interno entre 1980 y el 2000, Lima, 2003.
(43) DEFENSORÍA DEL PUEBLO, La desparición forzada, cit., 172.
6. Sparizione forzata nel Cipro del nord.
Il conflitto sull’isola di Cipro tra la popolazione greco-cipriota e quella turco-cipriota è di notevole importanza per l’evoluzione giurisprudenziale del crimine di sparizione forzata di persona, poiché costituisce il punto di partenza della giurisprudenza della
C. Dir. Uomo nel tema de quo.
La questione di Cipro trae origine dal fatto che sull’isola viveva una maggioranza di lingua greca e fede
cristiano-ortodossa, e una minoranza di lingua turca
e fede musulmana. In seguito al Congresso di Berlino
del 1878, Cipro passò sotto il controllo amministrativo del Regno Unito, che la trasformò nel 1914 in una
colonia britannica. Dal XVIII secolo, la comunità
greco-cipriota si era adoperata per l’annessione di
Cipro alla madrepatria («»), a cui si opponeva la
popolazione turco-cipriota che propugnava il mantenimento dello status quo di colonia o l’unione con la
Turchia. Il conflitto giunse ad un nuovo livello dopo
la Seconda guerra mondiale nell’ambito del processo
di decolonizzazione e la richiesta di indipendenza
dell’isola dall’impero britannico. In seguito al rifiuto
da parte del Regno Unito di abbandonare i propri
interessi geopolitici e strategici sull’isola, le madrepatrie della Grecia e della Turchia cominciarono ad
adoperarsi per i propri interessi su Cipro, avviando
tra l’altro colloqui diretti sulla questione cipriota. Attraverso i Trattati di Zurigo e Londra del 19-2-1959,
veniva concordato tra la Turchia, la Grecia, il Regno
Unito e la popolazione cipriota l’indipendenza di Cipro con effetto dal 15-8-1960. Nei Trattati venivano
stabiliti i parametri per lo sviluppo della Repubblica
di Cipro sotto la protezione ed il controllo delle potenze protettrici Regno Unito, Grecia e Turchia, prevedendo tra l’altro il presupposto del loro consenso
per eventuali riforme costituzionali ed escludendo
l’annessione di Cipro alla Grecia o ad altro Stato
contraente, ma anche la rappresentanza politica con
partecipazione proporzionale della popolazione greco-cipriota e quella turco-cipriota, con la previsione
di ampi poteri di veto da parte della minoranza turca
nei confronti della maggioranza greca. Poiché le re-
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773
lative agende politiche evidenziarono posizioni contrastanti e difficilmente conciliabili, l’esercizio frequente del veto paralizzava lo sviluppo dell’assetto
amministrativo dello Stato, contribuendo cosı̀ a nuove tensioni inter-etniche. Il 30-11-1963, il neo-eletto
presidente greco-cipriota Makarios presentò una
proposta di riforma costituzionale che prevedeva,
tra l’altro, l’abolizione del diritto di veto e la possibilità di procedere ad un referendum sull’annessione
di Cipro alla Grecia. In seguito al rigetto della proposta da parte della Turchia scaturirono diversi scontri armati tra la Guardia Nazionale greco-cipriota e le
milizie turco-cipriote a danno della popolazione. Poiché si temeva l’invasione di Cipro da parte dell’esercito turco al fine di proteggere la propria comunità, il
Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al fine di evitare un
conflitto armato tra la Turchia e la Grecia, instaurò la
Forza di Peacekeeping delle Nazioni Unite a Cipro
(«UNFICYP») (44) che portò alla separazione territoriale delle due etnie. Da ciò derivava non solo
l’abbandono della funzione etnico-unitaria delle istituzioni della Repubblica di Cipro, ma anche l’incentivazione del conflitto tra la Guardia Nazionale greco-cipriota, responsabile soltanto nei confronti del
governo greco e non del presidente cipriota, e l’esercito turco. Alla presa di potere della giunta militare
in Grecia nel 1967 seguiva un rafforzato movimento
politico per l’unione di Cipro alla madrepatria, mentre il presidente greco-cipriota Makarios rifiutò l’idea
dell’annessione ad un regime militare-dittatoriale. I
successivi tentativi greci di dominare l’indirizzo politico greco-cipriota attraverso l’eliminazione del presidente Makarios giunsero al colpo di Stato militare
greco del 15-7-1973 con la presa di potere di Nikos
Sampsón, noto attivista politico e guerrigliero cipriota. In reazione alla presa di potere da parte di un
esponente politico poco tollerante verso gli interessi
turchi, la Turchia, dopo consultazioni con l’Inghilterra, nell’esercizio delle garanzie riconosciutale dai
Trattati di Zurigo e Londra provvedeva all’invasione, denominata «plan Attila», al fine ufficiale di soccorrere la comunità turco-cipriota, occupando circa
un terzo dell’intera parte settentrionale dell’isola. Da
ciò l’esercito turco cominciò ad allontanare residenti
greco-ciprioti sul territorio occupato nel nord di Cipro (45).
Nei primi due ricorsi interstatali presentati da Cipro
nei confronti della Turchia nel 1974 e 1975, si denunciava la scomparsa di oltre 3.000 persone ed il timore
che le medesime fossero state uccise dall’esercito turco (46). La Commissione esaminò la questione sotto
la garanzia dell’art. 2 Cedu al titolo di «privazione
della vita». Nella disamina veniva evidenziato che un
numero considerevole di persone risultava tuttora
scomparso ovvero si trovava in arresto turco, ma
non si poteva accertare se questi detenuti fossero
774
SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
ancora in vita (47). Nell’ambito del terzo ricorso interstatale presentato da Cipro contro la Turchia (48),
la Commissione conduceva l’esame sotto il titolo di
«missing persons» alla luce delle garanzie degli artt. 2
e 5 Cedu, accertando una seria violazione dell’art. 5
Cedu nei confronti delle persone detenute in prigione turca, ma non era in grado di statuire le circostanze della morte delle predette persone. La Commissione, inoltre, escludeva le violazioni invocate da Cipro sotto il profilo degli artt. 6, 13 e 14 Cedu, mentre
due membri della Commissione rilevavano nella relativa dissenting opinion la violazione, nei confronti
delle vittime sparite, del divieto di tortura, del divieto
di schiavitù e lavoro sforzato, del diritto al rispetto
della vita familiare, nonché la violazione, nei confronti dei prossimi congiunti delle persone sparite,
degli artt. 3 e 8 Cedu. Il quarto ricorso interstatale
promosso da Cipro nei confronti della Turchia e deciso dalla Grande Camera della Corte Cedu nel 2001
accertava una serie di violazioni della Convenzione (49). Mentre la Corte negava la violazione dei
diritti delle persone sparite sotto il profilo sostanziale
degli artt. 2 e 5 Cedu, essa accertava invece la violazione delle obbligazioni processuali desunte dai medesimi articoli, con specifico riguardo all’obbligo di
condurre indagini effettive (50). Con riguardo alle
garanzie dei prossimi congiunti della vittima sparita,
la Corte accertava la violazione dell’art. 3 Cedu,
mentre non si esprimeva in merito agli art. 8 e 10
Cedu (51). Nel 2014 (e quindi 13 anni dopo la sentenza storica della Grande Camera) (52), la C. Dir.
Uomo ha imposto alla Turchia di pagare 90 milioni
Euro – la cifra più alta liquidata dalla medesima
Corte – ai prossimi congiunti delle vittime greco-cipriote sparite nel conflitto turco-ciprota (53).
Infine, nella decisione della Grande Camera della C.
Dir. Uomo sul ricorso individuale Varnava e altri del
2009, veniva accertata nei confronti della Turchia la
violazione – sotto il profilo processuale – delle garanzie della vittima sparita ai sensi degli artt. 2 e 5 Cedu (54), mentre nei confronti dei prossimi congiunti
veniva accertata la violazione dell’art. 3 Cedu (55).
(44) Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Risoluzione n.
186 del 4-3-1964.
(45) CITRONI, Missing persons, cit., 20.
(46) Commission (Plenary), decisione del 10-7-1976, ric. nn.
6780/74 e 6950/75, Cipro contro Turchia.
(47) Commission (Plenary), decisione del 10-7-1976, ric. nn.
6780/74 e 6950/75, Cipro contro Turchia, n. 349, 351.
(48) Commission (Plenary), decisione del 4-10-1983, ric. n. 8007/
77, Cipro contro Turchia, n. 117 ss.
(49) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 10-5-2001, ric.
n. 25781/94, Cipro contro Turchia.
(50) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 10-5-2001, ric.
n. 25781/94, Cipro contro Turchia, n. 130, 136 (art. 2 Cedu), 141
(art. 4 Cedu), 150 s. (art. 5 Cedu), 153 (artt. 3, 6, 8, 13, 14 e 17
Cedu); nel medesimo contesto v. anche C. Dir. Uomo, sentenza
del 4-4-2017, ric. n. 36925/07, Güzelyurtlu et al. contro Cipro e
Turchia che condannò entrambi gli Stati per mancanza di cooperazione reciproca nella conduzione di indagini effettive e nella
estradizione di imputati.
(51) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 10-5-2001, ric.
n. 25781/94, Cipro contro Turchia, n. 158 (art. 3 Cedu), 161 (artt.
8 e 10 Cedu).
(52) Secondo il Giudice PINTO DE ALBUQUERQUE, Concurring
Opinion a C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 12-52014, ric. 25781/94, Cipro contro Turchia, la sentenza sul caso
Cipro contro Turchia del 2001 «(...) is the most important contribution to peace in Europe in the history of the European
Court of Human Rights».
(53) V. C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 12-5-2014,
ric. n. 25781/94, Cipro contro Turchia, n. 58; v. anche la Joint
Concurring Opinion of Judges ZUPANČIČ, GYULUMYAN, DAVÍD
THÓR BJÖRGVINSSON, NICOLAOU, SAJÓ, LAZAROVA TRAJKOVSKA,
POWER-FORDE, VUČINIĆ E PINTO DE ALBUQUERQUE: «The present
judgement heralds a new era in the enforcement of human rights
upheld by the Court and marks an important step in ensuring
respect for the rule of law in Europa. It is the first time in the
Court’s history that the Court has made a specific judicial statement as to the import and effect of one of its judgements in the
context of execution».
(54) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 18-9-2009, ric.
n. 16064/90 et al., Varnava et al. contro Turchia, n. 194 (art. 2
Cedu), 208 s. (art. 5 Cedu); cfr. KAMBER, Prosecuting human
rights offences: rethinking the sword function of human rights
law, Leiden e Boston, 2017, 224 S.
(55) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 18-9-2009, ric.
n. 16064/90 et al., Varnava et al. contro Turchia, n. 202 (art. 3
Cedu).
7. Il conflitto tra la Turchia ed i curdi e quello russoceceno.
Una parte considerevole della casistica della C. Dir.
Uomo in tema di sparizione forzata di persone trova
origine nel conflitto tra la Repubblica turca e la popolazione curda, ma anche il conflitto russo-ceceno
ha meritato particolare attenzione da parte della giurisprudenza della medesima Corte (56).
La politica repressiva della Turchia nei confronti della popolazione curda nel sud-est della Turchia, esplicandosi in una politica di assimilazione delle comunità curde e nel divieto e nella discriminazione della
tradizione e lingua curda, soprattutto in seguito al
colpo di Stato in Turchia del 12-9-1980, ha dato origine all’escalation armata del conflitto tra l’esercito
turco e il cosiddetto «Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK)», che si protrae fino ad oggi (57). Al
fine di reprimere la ribellione curda, il governo non
solo provvedeva all’evacuazione forzata di villaggi
curdi, ma impiegava anche forze armate speciali e
squadroni di morte per compiere omicidi di natura
politica.
In questo contesto, il caso Kurt è stato il primo avente ad oggetto la sparizione forzata di persone (58).
La Commissione decideva di esaminare la vicenda
sotto il profilo dell’art. 5 Cedu, escludendo la violazione dell’art. 2 Cedu. Nei confronti della persona
sparita veniva accertata la violazione di obblighi d’indagine contenuti nella garanzia processuale dell’art.
5 Cedu (59), mentre si rilevava nei confronti della
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
ricorrente la violazione degli artt. 3 e 13 Cedu (60).
La Corte Cedu confermò nel 1998 le statuizioni della
Commissione (61). Nel caso successivo Ç´akici invece, la Commissione accertò nei confronti della vittima sparita la violazione degli artt. 2 sotto il profilo
sostanziale, 3 e 5 Cedu (62), mentre rilevava nei confronti della ricorrente la violazione degli artt. 3 e 13
Cedu (63). Nella sentenza della C. Dir. Uomo, la
violazione dell’art. 2 Cedu sotto il profilo sostanziale
veniva integrata dall’aspetto processuale dell’art. 2
Cedu contenente l’obbligazione di protezione (64).
Diversamente dalla Commissione, la C. Dir. Uomo
negava la violazione dell’art. 3 Cedu nei confronti del
ricorrente (fratello della vittima) (65). Il caso Ertak
contribuiva a consolidare la giurisprudenza con riferimento all’art. 2 Cedu, abbracciando entrambi i profili sostanziali e procedurali del diritto alla vita (66).
Un leading case (67) di particolare importanza è costituito dalla decisione nel caso Timurtaş del 2000.
Mentre la Commissione aveva seguito l’indirizzo
del caso Kurt, esaminando la vicenda soltanto sotto
il profilo dell’art. 5 Cedu (68), la Corte sviluppò una
disamina dell’art. 2 Cedu sotto il profilo sostanziale,
con risultato positivo in merito alla violazione (69).
Inoltre, accertando anche la violazione dell’art. 2 Cedu sotto il profilo processuale, i Giudici individuarono delle obblighi processuali (70). A partire da questa decisione, la giurisprudenza della C. Dir. Uomo si
è consolidata nell’esigere, in tema di sparizione forzata di persona, un duplice esame della garanzia di
cui all’art. 2 Cedu, sotto il profilo sia sostanziale sia
processuale, oltre alla disamina delle garanzie contenute negli artt. 3, 5 e 13 Cedu (71). Se, però, non
risulta accertato che la vittima sia stata sequestrata
o detenuta da parte dello Stato, allora la C. Dir.
Uomo si limita ad accertare la violazione dell’art. 2
Cedu sotto il profilo processuale, escludendo il profilo sostanziale dell’art. 2 Cedu e la garanzia dell’art.
5 Cedu (72). In ogni caso, però, soltanto nel contesto
di sentenze contro la Russia la C. Dir. Uomo qualificò le vicende avvenute tra il 1992 e il 1996 nella
Turchia del Sud come prassi di sparizione forzata (73).
Con riguardo alla valutazione di casi di sparizione
forzata nella Cecenia, la C. Dir. Uomo tentò di consolidare la giurisprudenza sviluppata nel caso Timurtaş. La casistica sottoposta alla Corte di Strasburgo si
inserisce nello storico conflitto tra la Russia e la Cecenia che trae origine da due interessi confliggenti,
ossia (nella prospettiva russa) l’annessione della regione cecena alla federazione russa per motivi geopolitici e (nella prospettiva cecena) l’indipendenza
dalla Russia (74). Analogamente alla decisione Timurtaş, la C. Dir. Uomo analizza i fatti alla luce dell’art. 2 Cedu sotto il profilo sostanziale e processuale,
in relazione ad una possibile violazione della garan-
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zia ex art. 3 Cedu nei confronti del ricorrente, nonché
sotto il profilo dei diritti ai sensi degli artt. 5 e 13
Cedu (75). Se la Corte non era in grado di accertare
la responsabilità statale per il sequestro o la detenzione della vittima, la stessa escludeva la violazione
della parte sostanziale dell’art. 2 Cedu, mentre accertava la violazione dell’assetto processuale della medesima garanzia. Di conseguenza, escludeva la violazione dell’art. 3 Cedu nei confronti del ricorrente e
dichiarava la irricevibilità ratione personae del ricorso in relazione all’art. 5 Cedu. Vista l’accertata violazione dell’art. 2 Cedu sotto il profilo processuale,
non veniva esaminata la garanzia dell’art. 13 Cedu (76). Nella sentenza Aslakhanova, infine, la C.
Dir. Uomo accertava per la prima volta il carattere
sistematico della prassi di sparizione forzata di persone nella Cecenia (77).
Una decisione particolare è rappresentata dal caso Medova del 2009 (78). La C. Dir. Uomo, nonostante l’esclusione della responsabilità statale della Russia per il
sequestro della vittima a causa dell’insufficienza probatoria, e rilevando la presunzione della morte della
vittima sequestrata da agenti dell’intelligence russa
che, però, in seguito ad un controllo di polizia sulla
macchina dei sequestratori, si trovava temporaneamente nelle mani delle forze dell’ordine, non si limitò
ad accertare soltanto la violazione dell’art. 2 Cedu sotto il profilo processuale, ma anche sotto il profilo sostanziale del medesimo articolo, poiché lo Stato aveva
fallito nella sua obbligazione positiva di proteggere la
vita della vittima sequestrata (79). Sotto il medesimo
assetto dell’obbligazione di protezione veniva accertata, inoltre, la violazione dell’art. 5 Cedu (80).
(56) In tema cfr. ampiamente CHEVALIER-WATTS, The Phenomena of Enforced Disappearance in Turkey and Chechnya: Strasbourg’s Noble Cause?, Human Rights Review, 2010, 469, 470
ss.; CITRONI, Missing persons, cit., 21, 22; VERMEULEN, Enforced
Disappearance, cit., 18 ss.; ID., Why is Establishing a Systematic
Practice in the Adjudication of Enforced Disappearance Conducive to Providing Protection Against This Crime?, in The Realization of Human Rights: When Theory Meets Practice, a cura di
Haeck-McGonigle Leyh-Burbano-Herrera-Contreras-Garduño,
Cambridge, 2013, 415, 421 ss.
(57) V. HAECK-BURBANO HERRERA, The Use of Interim Measures
Issued by the European Court of Human Rights in Times of War
or Internal Conflict, in Margins of Conflict, a cura di Buyse,
Anversa, 2011, 77, 90 ss.
(58) Commission (Plenary), decisione del 5-12-1996, ric. n.
24276/91, Kurt contro Turchia; sul caso Kurt v., ex multis, CHEVALIER-WATTS, The Phenomena, cit., 471 s. e LEACH, Taking a
Case to the European Court of Human Rights, Oxford, 2017, 234.
(59) Commission (Plenary), decisione del 5-12-1996, ric. n.
24276/91, Kurt contro Turchia, n. 212.
(60) Commission (Plenary), decisione del 5-12-1996, ric. n.
24276/91, Kurt contro Turchia, n. 221.
(61) C. Dir. Uomo, sentenza del 25-5-1998, ric. n. 24276/91, Kurt
contro Turchia, n. 109 (Art. 2 Cedu), 117 (Art. 3 Cedu), 129 (art.
5 Cedu) e, nei confronti della ricorrente, n. 134 (art. 3 Cedu), 142
(art. 13 Cedu).
(62) Commission (Plenary), decisione del 12-3-1998, ric. n.
776
SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
23657/941, Ç´akici contro Turchia, n. 254 (art. 2 Cedu), 260 (art. 3
Cedu), 271 (art. 5 Cedu); v. CHEVALIER-WATTS, The Phenomena,
cit., 472 s.
(63) Commission (Plenary), decisione del 12-3-1998, ric. n.
23657/941, Ç´akici contro Turchia, n. 276 (art. 3 Cedu), 287
(art. 13 Cedu).
(64) C. Dir. Uomo, sentenza del 8-7-1999, ric. n. 23657/94, Ç´akici
contro Turchia, n. 87: «Furthermore, having regard to the lack of
effective procedural safeguards disclosed by the inadequate investigation carried out into the disappearance and the alleged
finding of Ahmet Ç´akicis body (...), the Court finds that the
respondent State has failed in its obligation to protect his right
to life. Accordingly, there has been a violation of Article 2 of the
convention on this account also.»; sull’obbligo di tutela di persone affidate alla custodia statale cfr. ZIRULIA, Art. 2 Diritto alla
vita, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di UbertisViganò, Torino, 2016, 39, 56 ss.
(65) C. Dir. Uomo, sentenza del 8-7-1999, ric. n. 23657/94, Ç´akici
contro Turchia, n. 99.
(66) Commission (Plenary), decisione del 4-12-1998, ric. n.
20764/92, Ertak contro Turchia, n. 214 e C. Dir. Uomo, sentenza
del 9-5-2000, ric. n. 20764/92, Ertak contro Turchia, n. 133, 135.
(67) Cosı̀ SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 196; sul caso de quo cfr. anche CHEVALIERWATTS, The Phenomena, cit., 474 s. e LEACH, Taking a case,
cit., 234.
(68) Commission (Plenary), decisione del 29-10-1998, ric. n.
23531/94, Timurtaş contro Turchia.
(69) C. Dir. Uomo, sentenza del 13-6-2000, ric. n. 23531/94, Timurtaş contro Turchia, n. 81 ss.
(70) C. Dir. Uomo, sentenza del 13-6-2000, ric. n. 23531/94, Timurtaş contro Turchia, n. 87 ss.
(71) Cfr. ex multis C. Dir. Uomo, sentenza del 14-11-2000, ric. n.
24396/94, Taş contro Turchia; Id., sentenza del 27-2-2001, ric. n.
25704/94, Çicek contro Turchia; Id., sentenza del 31-5-2001, ric.
n. 23954/94, Akdeniz et al. contro Turchia; Id., sentenza del 17-72001, ric. n. 25659/94, Irfan Bilgin contro Turchia; Id., sentenza
del 18-6-2002, ric. n. 25656/94, Orhan contro Turchia; Id., sentenza del 17-2-2004, ric. n. 25760/94, Ipek contro Turchia; Id.,
sentenza del 31-5-2005, ric. n. 25165/94, Akdeniz contro Turchia;
Id., sentenza del 2-8-2005, ric. n. 65899/01, Taniş et al. contro
Turchia; Id., sentenza del 19-10-2006, ric. n. 68188/01, Diril contro Turchia; Id., sentenza del 8-1-2008, ric. n. 54169/00, Enzile
Özdemir contro Turchia; Id., sentenza del 24-1-2008, ric. n.
48804/99, Osmanoğlu contro Turchia; Id., sentenza del 31-72012, ric. n. 23016/04, Er et al. contro Turchia; Id., sentenza
del 16-4-2013, ric. n. 3598/03, Meryem Çelik et al. contro Turchia; Id., sentenza del 13-1-2015, ric. n. 37308/05, Uğur contro
Turchia.
(72) Cfr. ex multis C. Dir. Uomo, sentenza del 15-1-2004, ric. n.
27699/95, Tekdag contro Turchia, n. 77 e 82; Id., sentenza del 137-2004, ric. n. 28637/95, Erkek contro Turchia, n. 47 e 59; Id.,
sentenza del 6-10-2005, ric. n. 28299/95, Nesibe Haran contro
Turchia, n. 69 e 68; Id., sentenza del 24-10-2006, ric. n. 4451/
02, Kaya et al. Contro Turchia, n. 34, 41.
(73) Cfr. C. Dir. Uomo, sentenza del 18-12-2012, ric. n. 2944/06
et al., Aslakhanova et al. contro Russia, n. 65 s.: «The Court has
already dealt with allegations of enforced disappearances and
the failure of investigation in other member States. Its judgements summarized domestic legal and practical arrangements
designed to address those problems. Thus, the Court has dealt
with a ‘‘pattern of enforced disappearances’’ occurring principally between 1992 and 1996 in South-Eastern Turkey.». Per ulteriore casistica in riferimento alla Turchia cfr. CHEVALIER-WATTS,
The Phenomena, cit., 475 ss.
(74) Ampiamente DUNLOP, Russia Confronts Chechnya: Roots of
a Separatist Conflict, Cambridge, 1998, passim; WARE, A multitude of Evils: Mythology and Political Failure in Chechnya, in
Chechnya: From Past to Future, a cura di Sakwa, Londra, 2005,
79 ss.; nel contesto della giurisprudenza della C. Dir. Uomo cfr.
CHEVALIER-WATTS, The Phenomena, cit., 477 ss.; HAECK-BURBANO HERRERA, The Use of Interim Measures, cit., 93 ss.; LEACH,
The Chechen Conflict: Analyzing the Oversight of the European
Court of Human Rights, European Human Rights Law Review,
2008, 732 ss.; VERMEULEN, Why is Establishing a Systematic Practice, cit., 424 s.
(75) Cfr. il primo caso sul conflitto russo-ceceno: C. Dir. Uomo,
sentenza del 27-7-2006, ric. n. 69481/01, Bazorkina contro Russa,
con commento sommario di CHEVALIER-WATTS, The Phenomena,
cit., 478 s.; sulla casistica del conflitto russo-ceceno v. tra l’altro le
seguenti sentenze: C. Dir. Uomo, sentenza del 9-11-2006, ric. n.
7615/02, Imakayeva contro Russia; Id., sentenza del 5-4-2007, ric.
n. 74237/01, Baysayeva contro Russia; Id., sentenza del 5-7-2007,
ric. n. 68007/01, Alkihadzhiyeva contro Russia; Id., sentenza del
20-3-2008, ric. n. 77626/01, Aziyevy contro Russia; Id., sentenza
del 29-5-2008, ric. n. 29133/03, Utsayeva et al. contro Russia; Id.,
sentenza del 18-11-2008, ric. n. 23286/04, Takhayeva et al. contro
Russia; Id., sentenza del 6-11-2008, ric. n. 29958/04, Tsurova et
al. contro Russia; Id., sentenza del 4-12-2008, ric. n. 3026/03,
Akhmadova et al. contro Russia; Id., sentenza del 4-12-2008,
n. 27233/03, Bersunkayeva contro Russia; Id., sentenza del 249-2009, n. 12457/05, Rezvanov e Rezvanova contro Russia; Id.,
sentenza del 24-9-2009, ric. n. 33944/05, Babusheva et al. contro
Russia; Id., sentenza del 1-10-2009, ric. n. 27001/06, Amanat
Ilyasova et al. contro Russia; Id., sentenza del 28-10-2010, ric.
n. 35079/04, Sasita Israilova et al. contro Russia; Id., sentenza del
5-7-2011, ric. n. 34085/06, Velkhiyev et al. contro Russia; Id.,
sentenza del 28-2-2012, ric. n. 14662/07, Edilova contro Russia;
Id., sentenza del 18-12-2012, ric. n. 2944/06 et al., Aslakhanova et
al. contro Russia; Id., sentenza del 20-6-2013, ric. n. 63638/09,
Turluyeva contro Russia; Id., sentenza del 1-8-2013, ric. n. 11554/
07 et al., Kaykharova et al. contro Russia; Id., sentenza del 9-12014, ric. n. 53036/08 et al., Pitsayeva et al. contro Russia; Id.,
sentenza del 2-4-2015, ric. n. 21135/09, Ireziyevy contro Russia;
Id., sentenza del 15-10-2015, ric. n. 16664/07, Abakarova contro
Russia; Id., sentenza del 9-2-2016, ric. n. 21126/09 et al., Nazyrova et al. contro Russia; Id., sentenza del 12-5-2016, ric. n.
62235/09, Gaysanova contro Russia; Id., sentenza del 22-112016, ric. nn. 3340/08 e 2489/10, Ortsuyeva et al. contro Russia;
Id., sentenza del 21-2-2017, ric. n. 60806/08, Kushtova et al. contro Russia (n. 2); per un panorama sulla casistica della C. Dir.
Uomo in riferimento alla situazione in Cecenia v. CHEVALIERWATTS, The Phenomena, cit., 478 ss.
(76) V., ex multis, C. Dir. Uomo, sentenza del 6-11-2008, ric. n.
10796/04, Shaipova et al. contro Russia, n. 87, 94, 103, 111, 117,
124; Id., sentenza del 4-12-2008, ric. n. 20580/04, Tagirova et al.
contro Russia, n. 78, 85, 95, 103, 109, 113; Id., sentenza del 8-12009, ric. n. 20583/04, Zakriyeva et al. contro Russia, n. 70, 77,
90, 98, 104, 108; Id., sentenza del 28-5-2009, ric. n. 13862/05,
Khumaydov e Khumaydov contro Russia, n. 105, 108, 123, 131,
137, 141; Id., sentenza del 17-6-2010, ric. n. 26974/06, Tovsultanova contro Russia, n. 82, 89, 97, 105, 111, 115.
(77) C. Dir. Uomo, sentenza del 18-12-2012, ric. n. 2944/06 et al.,
Aslakhanova et al. contro Russia, n. 216 s.: «In the present case
the Court finds, in particular, violations of Article 2 in respect of
the applicant’s eight relatives who must be presumed dead and
in respect of the ineffective criminal investigation into the circumstances of the disappearances; Article 3 in respect of the
applicants who suffered, and continue to suffer, as a result of
the unknown fate of their relatives and the inadequate response
of the authorities to their plight; Article 5 on account to the
unacknowledged detention of eight men; and Article 13 on account of the absence of effective remedies. As mentioned above,
the Court has regularly found violations of the same rights in
similar cases (more than 120 judgments has been adopted up to
September 2012). In addition, more than 100 similar cases have
been communicated to the Government and yet others are currently pending before the Court. The reasons of the violations
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
found are also similar and inter-connected and have been summarized above.
Accordingly, the Court finds that the situation in the present
case must be characterized as resulting from systematic problems
at the national level, for which there is no effective domestic
remedy. It affects core human rights and requires the prompt
implementation of comprehensive and complex measures.»; cfr.
anche il commento alla sentenza de qua di TIANI, La Corte europea si pronuncia sui ‘‘casi ceceni di sparizione’’: La plurima
scomparsa di cittadini ceceni nella regione del Caucaso settentrionale integra una violazione sistematica dei diritti umani da parte
della Russia, DPCont, 1-3-2013 e di VERMEULEN, Why is Establishing a Systematic Practice, cit., 426 ss., che rileva l’importanza
della sentenza de qua, poiché si tratta della prima sentenza-pilota contro la Russia in tema di sparizione forzata di persona.
(78) C. Dir. Uomo, sentenza del 15-1-2009, ric. n. 25385/04, Medova contro Russia.
(79) Ibidem, n. 100.
(80) Ibidem, n. 125.
8. Le cosiddette «extraordinary renditions» nella
Guerra al terrorismo.
In seguito all’attacco terroristico delle Torre Gemelle
a New York dell’11-9-2001, la prevenzione dell’attività terroristica costituisce un fulcro centrale delle
agende politiche di numerosi Stati occidentali (81).
Una delle strategie adoperate, dal 2001 al 2009, dall’agenzia di spionaggio estero statunitense, la «Central Intelligence Agency (CIA)» (82), per contrastare il pericolo terroristico costituisce la cosiddetta «extraordinary rendition» di soggetti sospettati di terrorismo (83). Questo termine descrive il trasferimento
stragiudiziale di persone da uno Stato all’altro (84) al
fine di detenerle ed interrogarle al di fuori di ogni
contesto legale, con il conseguente rischio per l’interessato di essere sottoposto a tortura o a trattamenti
crudeli, inumani o degradanti (85). Dopo l’identificazione della persona sospettata di essere coinvolta in
attività terroristica e in seguito all’accertamento che
la medesima abbia informazioni di particolare interesse per l’attività dell’intelligence [c.d. «High-Valuedetainee (HVD)»] (86), l’interessato, con l’approvazione o coinvolgimento dello Stato interessato (p. es.
attraverso la cooperazione con i servizi segreti locali), al di fuori del territorio statunitense ed in assenza
di ogni fondamento legale (87), viene sequestrato da
agenti della CIA e trasportato in Paesi conosciuti per
la prassi di praticare interrogatori violenti e di ricorrere alla tortura, tra cui Afghanistan, Egitto, Marocco, Pakistan e Siria. Ciò premesso, è evidente che
questa prassi, operata da diversi servizi segreti sotto
la direzione o la cooperazione della CIA, contrasta
con diversi diritti fondamentali garantiti dal diritto
internazionale (88), europeo nonché dalle Carte fondamentali interne.
L’attività della CIA in Europa, consistente nell’effettuare operazioni clandestine volte al sequestro illegale di persone, di gestire prigioni clandestine e di
organizzare trasporti clandestini delle persone ille-
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galmente detenute (89) è stata resa incisivamente
pubblica mediante l’iniziativa del Consiglio d’Europa
(c.d. «Marty reports» del 2006 e 2007) (90) nonché
quella del Parlamento Europeo (c.d. «Fava report»
del 2007) (91):
– Il 13-12-2005, il Presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa richiese al proprio
Comitato per gli Affari Legali e i Diritti Umani di
indagare sulle varie denunce di Human Rights
Watch, della Washington Post e dell’ABC circa l’esistenza di centri segreti di detenzione gestiti in Europa dai servizi segreti americani (92), designando come Relatore Speciale il senatore svizzero Dick Marty. Il 12-6-2006 è stato pubblicato il «2006 Marty
Report» contenente, tra l’altro, un’ampia e sistematica ricostruzione dell’operazione segreta degli extraordinary renditions, qualificata nella relazione de
qua come «global spider’s web». Inoltre, la medesima
relazione conteneva informazioni concernenti i centri
di detenzioni segreti in Romania e Polonia nonché
studi dettagliati su casi concreti di extraordinary renditions (tra cui quelli di El-Masri e Abu Omar). La
seconda relazione del 7-6-2007, ossia il «2007 Marty
Report», focalizza in maniera particolare il ruolo della NATO nel contesto del programma dei «high-value detainee» operato della CIA con riferimento alla
situazione in Romania e Polonia e con specifico riguardo ai casi di El-Masri e Abu Omar.
– Il 15-12-2005, il Parlamento Europeo approvò la
risoluzione sul presunto uso di paesi europei da parte
della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di
prigionieri e decideva il 18-1-2006 di costituire una
commissione temporanea con il mandato di raccogliere ed analizzare informazioni su queste pratiche
e di presentare all’Aula le raccomandazioni necessarie a tale proposito. La relazione, estesa dall’eurodeputato italiano Giovanni Claudio Fava e pubblicata il
30-1-2007, veniva adottata dal Parlamento Europeo
il 14-2-2007. La relazione comprendeva, tra l’altro,
l’analisi sui voli operati dalla CIA in Europa e sugli
specifici casi di extraordinary renditions a danno di
18 persone, tra cui El-Masri e Abu Omar.
Finora, la C. Dir. Uomo ha esaminato quattro casi di
extraordinary renditions (93), mentre altri due si trovano in stato di pendenza dinanzi alla Corte (94).
a) El-Masri contro Macedonia (2012).
La prima pronuncia della C. Dir. Uomo in tema di
extraordinary renditions è costituita dal caso di ElMasri contro la Macedonia del 2012 (95). Il cittadino
tedesco El-Masri è stato fermato il 31-12-2003 in Macedonia da agenti dei servizi segreti locali e detenuto
per 23 giorni in un albergo nonché nell’aeroporto di
Skopje, dove veniva sottoposto ad interrogatori condotti dalle intelligence statunitensi e macedoni. Il 231-2004 fu consegnato nelle mani della CIA che, sottoponendolo a trattamenti denigratori e violenti, lo
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
trasportò al centro di detenzione Salt Pit, gestito dalla CIA in Afghanistan, e lo sottopose a diversi interrogatori e sessioni di tortura. Di seguito a due scioperi della fame, il 28-5-2004 El-Masri è stato riportato in Macedonia per essere liberato (96).
La Corte di Strasburgo condannò la Macedonia per
le violazioni delle garanzie sub artt. 3, 5, 8 e 13 Cedu (97). In particolare veniva accertata la violazione
dell’art. 3 Cedu sia sotto il profilo sostanziale della
violazione del divieto di trattamento inumano e denigrante, sia sotto l’aspetto processuale, a causa delle
omesse indagini effettive e immediate. Data la presenza di agenti dei servizi segreti macedoni durante
gli interrogatori, gestiti insieme con gli agenti della
CIA nell’albergo e all’aeroporto di Skopje, la C. Dir.
Uomo deduceva la responsabilità della Macedonia
per le condotte di tutti gli agenti (98). Inoltre e sempre con riferimento all’art. 3 Cedu, i Giudici rilevavano che le autorità macedoni erano a conoscenza
della pratica delle cosiddette extraordinary renditions operate dalla CIA e, di conseguenza, avevano
consapevolmente accettato il rischio che El-Masri
potesse essere sottoposto a trattamenti disumani e
a detenzione con modalità contrastanti con i principi
della Cedu (99). Il sequestro e la detenzione illegale
del ricorrente sono stati qualificati come «sparizione
forzata di persona» che viola il diritto alla libertà e
alla sicurezza di cui all’art. 5 Cedu (100). Inoltre, la
detenzione illegale di El-Masri, favorita mediante
azioni e omissioni da parte della Macedonia, costituisce una violazione del diritto alla protezione della
vita privata di cui all’art. 8 Cedu (101). Infine, la C.
Dir. Uomo accertava una violazione dell’art. 13 Cedu, poiché era stato negato al ricorrente ogni rimedio
idoneo ed effettivo per identificare e punire i responsabili, nonché per richiedere il risarcimento dei danni (102).
b) Al Nashiri contro Polonia (2014).
Nel 2014, la Corte di Strasburgo ha deciso parallelamente i ricorsi di Al Nashiri e di Husayn (Abu Zubaydah) contro la Polonia (103).
Il ricorrente e cittadino saudi-arabo Al Nashiri Hussayn Muhammad venne rapito a Dubai nell’ottobre
2002 e consegnato alla CIA nel novembre 2002 che
lo detenne nella prigione segreta in Afghanistan denominata Salt Pit e lo sottopose a interrogatori e
torture, tra cui il waterboarding. Successivamente,
venne trasferito al centro segreto di detenzione denominato Cat’s Eye in Bangkok, Tailandia, dove rimase fino al 4-12-2002. Il 5-12-2002 venne stato trasferito in Polonia dove rimase detenuto nella base di
allenamento dell’intelligence polacca Stare Kiejkuty
fino al 6-6-2003 (104). Durante questa nuova detenzione illegale, il ricorrente venne interrogato e torturato. Dopo essere stato nuovamente trasferito dalla
Polonia a Marocco il 6-6-2003 e detenuto fino al 22-9-
2003, venne trasportato per la prima volta alla base
navale statunitense in Guantánamo Bay. Il 27-32004, la CIA lo trasferiva nuovamente a Rabat (Marocco) e, successivamente, alla prigione segreta denominata Bright Light in Bucarest (Romania). Infine, il 6-9-2006 è stato spostato a Guantánamo Bay
dove si trova finora in custodia.
La C. Dir. Uomo condannava la Polonia per violazione delle garanzie di cui agli artt. 3, 5, 8 e 13 Cedu.
Ma dapprima veniva accertata una violazione dell’art. 38 Cedu nei confronti della Polonia perché il
Governo, rifiutando la consegna di documentazione
richiesta dalla stessa Corte, aveva ostacolato l’indagine della Corte (105). In quest’ottica, i Giudici di
Strasburgo potevano trarre delle conclusioni dal
comportamento da parte dello Stato (106). Nel merito, veniva accertata la violazione della garanzia di
cui all’art. 3 Cedu sotto entrambi i profili sostanziali e
processuali: da un lato, la detenzione di Al Nashiri in
Polonia di per sé veniva considerata come trattamento vietato dall’art. 3 Cedu, ma dall’altro lato anche la
condotta della consegna della vittima nelle mani della CIA da parte degli agenti dello Stato membro
veniva intesa quale ulteriore violazione. Infatti, attraverso questa consegna lo Stato aveva esposto il ricorrente ad un prevedibile e considerevole pericolo di
subire ulteriori trattamenti e detenzioni disumani (107), nonché al pericolo di dover affrontare un
processo penale negli Stati Uniti senza le garanzie
minime desunte dall’art. 6 Cedu (108). Dato che la
Polonia nel caso de quo aveva contribuito attivamente all’extraordinary rendition della CIA, consegnando un individuo presente nel territorio statale, la
Corte di Strasburgo accertava la violazione dell’art.
5 Cedu (109). Infine, dalla detenzione e consegna del
ricorrente emergeva la violazione del diritto alla vita
privata e familiare di cui all’art. 8 Cedu (110). Le
indagini penali effettuate in Polonia al fine di chiarire
i fatti, protratte per lungo tempo, non erano state in
grado di assicurare il diritto ad un ricorso effettivo di
cui all’art. 13 Cedu (111). Infine, la C. Dir. Uomo
rilevava che, ai sensi dell’art. 46 Cedu in relazione
agli artt. 2 e 3 Cedu, nonché all’art. 1 del Protocollo
aggiuntivo n. VI, la Polonia avrebbe avuto l’obbligo
di chiedere che le autorità statunitense garantissero
di evitare che la persona consegnata dovesse subire
la pena di morte e, in presenza dell’omissione statale
di tale garanzia, omissione che aveva posto il ricorrente al rischio di affrontare una flagrant denial of
justice, è stato accertata la violazione dell’art. 6, 1º
co., Cedu (112).
c) Husayn contro Polonia (2014).
L’apolide Husayn alias Abu Zubaydah, presunto
membro dell’organizzazione terroristica Al’Qaeda (113) con posizione apicale nella predetta organizzazione, venne sequestrato il 27-2-2002 da agenti
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statunitensi e pachistani in Faisalabad (Pakistan). Di
seguito, nel periodo dal 2002 fino a settembre 2006, il
Husayn fu detenuto in vari centri segreti gestiti dalla
CIA, tra cui nella prigione denominata Cat’s Eye in
Tailandia. Il 2-12-2002 venne trasferito all’aeroporto
militare a Szymany (Polonia), dove risultò detenuto
fino al 22-9-2003, subendo diversi interrogatori e torture come il waterboarding. Successivamente venne
trasferito a Guantánamo Bay dove è tutt’oggi detenuto.
La Corte di Strasburgo condannò la Polonia per le
violazioni delle garanzie sub artt. 3, 5, 6, 8 e 13 Cedu.
Analogamente al caso Al Nashiri, la C. Dir. Uomo
accertò in primis una violazione dell’art. 38 Cedu,
poiché la Polonia, invocando motivi di sicurezza nazionale, negava di consegnare informazioni e documenti rilevanti per chiarire i fatti accaduti nel caso de
quo (114). Di conseguenza, la C. Dir. Uomo attenuava l’onere probatorio del ricorrente attribuendo una
presunzione forte di responsabilità statale alla luce
del diritto fondamentale alla vita e del divieto di
tortura (115). Secondo la Corte, gli Stati membri
hanno l’obbligo di garantire tutti i diritti e libertà
della Cedu alle persone che si trovano sotto la loro
giurisdizione o controllo (116). Inoltre, la Corte di
Strasburgo rilevava che, nei casi di detenzione ed
interrogatori extralegali ed in presenza del pericolo
concreto di tortura o trattamenti disumani, la disamina deve avvenire non solo alla luce degli artt. 3 e 5
Cedu, ma anche sotto il profilo dell’art. 6 Cedu, poiché lo Stato membro è responsabile per violazioni
prevedibili della Cedu effettuate in Stati-terzi, come
gli Stati Uniti, che si realizzano nel caso concreto con
alta probabilità (117). La violazione dell’art. 3 Cedu
sotto il profilo della garanzia processuale è stata accertata in presenza dell’omissione, da parte della Polonia, di effettuare indagini approfondite, indipendenti ed effettive al fine di individuare le persone
responsabili per i fatti accaduti (118). In questo contesto, la Corte rilevava che l’accertamento di gravi
fatti di violazione di diritti fondamentali accaduti nel
caso de quo non rientra soltanto nell’interesse delle
vittime e dei loro prossimi congiunti, ma anche nell’interesse di altre vittime e della comunità (119).
Nell’ottica della garanzia sostanziale dell’art. 3 Cedu,
la Corte rilevava che, per salvaguardia del divieto di
tortura, gli Stati membri hanno l’obbligo di apportare
specifiche contromisure al fine di prevenire le violazioni dei diritti garantiti dalla Cedu, sicché l’omissione delle medesime dà luogo alla violazione della garanzia (120). La detenzione illegale costituisce, alla
luce dell’art. 5 Cedu, una negazione completa della
tutela dalla privazione della libertà della persona:
pertanto le autorità statali non sono soltanto obbligate a rilevare ogni informazione sulla sorte della
persona detenuta, ma devono altresı̀ adottare misure
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efficaci al fine di pervenire la sparizione della persona (121). La violazione dell’art. 8 Cedu veniva accertata sulla premessa che ogni persona detenuta ha il
diritto a mantenere, entro certi limiti, il contatto con i
prossimi congiunti familiari – ciò è stato negato in
seguito alle condotte delle autorità della Polonia (122). Infine, non è stata soltanto accertata una
violazione dell’art. 13 Cedu (123), ma anche dell’art.
6, 1º co., Cedu, poiché, in seguito alla consegna del
ricorrente, da parte della Polonia, agli Stati Uniti, era
da temere che il Husayn fosse costretto ad affrontare
un processo davanti alle military commissions statunitensi che non sono tribunali imparziali e indipendenti e, pertanto, non sono conformi alle garanzie
della Cedu (124).
d) Abu Omar contro Italia (2016).
Il caso di extraordinary rendition a danno dell’imam
egiziano Osama Mustafa Nasr (alias Abu Omar) costituisce uno snodo importante nella lotta giudiziaria
contro questa forma specifica di sparizione forzata di
persona, in quanto è il primo caso ampiamente documentato dalla giurisprudenza a livello nazionale (125).
Dal 1998, Abu Omar viveva in Italia dove divenne
l’imam di una moschea di Latina. Il 22-2-2001 venne
riconosciuto come rifugiato politico in quanto membro di un movimento islamista considerato terrorista
dal governo egiziano. Dati i contatti col predetto
movimento, egli venne sottoposto ad indagini preliminari da parte della Procura di Milano per il reato
di cui all’art. 270 bis c.p. Il 17-2-2003 venne sequestrato a Milano e trasportato alla base dell’aeronautica statunitense di Aviano. Successivamente venne
trasferito alla base militare statunitense di Ramstein
(Germania) per poi essere nuovamente portato in
Egitto dove veniva detenuto illegalmente in un centro di detenzione segreto fino al 19-4-2004. Durante
il periodo di detenzione, venne sottoposto a interrogatori forzati, subendo torture e trattamenti disumani. Dopo essere stato rilasciato per un breve periodo,
sulla base di una norma amministrativa egiziana in
contrasto al terrorismo egli fu nuovamente incarcerato e detenuto fino al 12-2-2007. Durante l’intero
periodo di detenzione, non gli venne mai mossa
un’accusa formale, né ebbe la possibilità di conferire
con un difensore.
Differentemente da quanto accaduto in Macedonia e
Polonia, la giurisdizione italiana – e soprattutto la
Procura della Repubblica di Milano nonché la polizia
statale DIGOS – si attivò in maniera incisiva per
chiarire quanto accaduto e per identificare le persone
responsabili della sparizione forzata del Abu Omar,
effettuando tra l’altro nell’estate del 2006 una perquisizione presso una sede non ufficiale del SISMi a
Roma, con il conseguente sequestro di numerosi documenti (126). Da ciò, però, nacque un vasto conflit-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
to tra poteri dello Stato che coinvolse la giurisdizione
ordinaria, il Governo, la Corte Costituzionale ed il
Presidente della Repubblica che finı̀ con la condanna
della C. Dir. Uomo contro l’Italia. Per maggior chiarezza, si procederà ora alla distinta illustrazione dell’iter processuale nei confronti degli agenti della
CIA, rispetto a quello a carico degli agenti del SISMi.
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 4-11-2009,
condannò ventitré cittadini statunitensi agenti della
CIA, giudicati in contumacia, e due imputati italiani
per il reato di sequestro di persona pluriaggravato (127). Le condanne vennero confermate in appello (128) ed in Cassazione (129). Altri tre cittadini
statunitensi in posizioni apicali della CIA in Italia,
che nei gradi di merito avevano beneficiato dell’immunità diplomatica, dopo l’annullamento della sentenza di proscioglimento nei loro confronti da parte
della Corte di Cassazione vennero successivamente
condannati in secondo grado (130), con sentenza
confermata in Cassazione (131). Il Governo italiano,
però, già durante la fase delle indagini preliminari
aveva affermato di non avere alcuna intenzione di
richiedere la loro estradizione, né di avviare un avviso di ricerca internazionale tramite Interpol. Inoltre,
rifiutava di trasmettere i mandati di arresto europei
emanati dalla Procura di Milano alle autorità americane. Infine, successivamente alla condanna, il Presidente della Repubblica concedeva la grazia (totale o
parziale), ai sensi dell’art. 87, 11º co., Cost., a tre
condannati tra i quali l’accertato principale responsabile dell’operazione a danno di Abu Omar (132).
Nel medesimo processo vennero giudicati cinque
funzionari del SISMi, coinvolti nel sequestro e nella
consegna di Abu Omar alle mani della CIA. Tuttavia, il Governo oppose il segreto di Stato nel dibattimento (e non già nel corso delle indagini preliminari)
sulle prove raccolte nei confronti degli agenti dell’intelligence italiana (133). Il conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato venne deciso dalla Corte Costituzionale nel 2009, che giudicò legittima l’opposizione del segreto (134). Secondo i Giudici, resta preclusa l’acquisizione di elementi probatori sia in ordine agli interna corporis del SISMi, sia in ordine ai
rapporti tra SISMi e CIA e comunque connessi alla
vicenda di Abu Omar. Di conseguenza, il Tribunale
di Milano dichiarava di non doversi procedere nei
confronti dei cinque imputati funzionari del SISMi
ai sensi dell’art. 202, 3º co., c.p.p., decisione confermata in appello. Ciò nonostante, la Corte di Cassazione (135) annullava le decisioni de quibus per un
duplice motivo. In primis, il Governo avrebbe apposto il segreto di Stato sul presupposto dell’assoluta
estraneità sotto ogni profilo del Governo e del SISMi
a qualsivoglia risvolto riconducibile al sequestro di
Abu Omar, cosicché ogni eventuale coinvolgimento
degli imputati italiani nella vicenda sarebbe avvenuto
a mero titolo personale. In secundis, l’apposizione
del segreto di Stato dopo che le fonti di prova erano
già state legittimamente acquisite dall’autorità inquirente non poteva precludere l’utilizzazione processuale delle medesime. Ciò premesso, il giudizio di
rinvio dinanzi alla Corte d’Appello di Milano (136)
si definı̀ con la condanna dei cinque imputati italiani.
Contro la decisione della Corte di Cassazione (e conseguentemente contro l’esito del processo di rinvio
della Corte d’Appello) è stato sollevato un conflitto
di attribuzione da parte del Presidente del Consiglio
deciso nel 2014 dalla Corte costituzionale (137). A
fronte di ciò, i Giudici annullavano le due sentenze (138) poiché la Corte di Cassazione aveva sostanzialmente eluso la delimitazione dell’oggetto del segreto di Stato apposta dal Governo (139). Di conseguenza, la Corte di Cassazione provvedeva ad annullare senza rinvio le sentenze di condanna (140).
La C. Dir. Uomo, pur valorizzando gli sforzi compiuti dai Giudici italiani (e di conseguenza escludendo la
violazione dell’art. 6 Cedu) (141), condannò l’Italia
per violazione delle garanzie di cui agli artt. 3, 5, 8 e
13 Cedu (142). Sin dall’inizio, i Giudici di Strasburgo
rilevano che l’intera vicenda non avrebbe potuto essere realizzata senza che i servizi segreti locali o le
autorità italiane fossero a conoscenza dell’operazione o avessero espresso il loro consenso in merito
all’operazione segreta di sottoporre un soggetto, presente sul territorio di uno Stato membro della Cedu,
ad un trasferimento extragiudiziale al fine di detenerlo e interrogarlo al di fuori del contesto giuridico
ordinario e con l’evidente rischio di tortura e trattamento inumano (143).
In merito alla garanzia sostanziale dell’art. 3 Cedu, la
Corte, richiamando i precedenti giurisprudenziali, rilevava che le extraordinary renditions costituiscono
una violazione del divieto di tortura. Nel caso de quo,
la violazione della medesima garanzia era particolarmente grave poiché diretta e prevedibile conseguenza del trasferimento del ricorrente (144). In merito
all’assetto processuale dell’art. 3 Cedu, i Giudici di
Strasburgo sottolineavano l’importanza delle attività
delle autorità giudiziarie in merito alla ricostruzione
della vicenda e all’individuazione delle responsabilità
delle persone coinvolte. Ciò nonostante, però, veniva
accertata la violazione della garanzia processuale de
qua sotto un duplice profilo, ossia relativo all’annullamento delle condanne inflitte agli agenti del SISMi
in seguito alle pronunce della Corte costituzionale
nonché all’atteggiamento del Governo in relazione
all’inerzia volta ad assicurare l’impunità agli agenti
e funzionari della CIA ed ai provvedimenti di grazia
concessi dal Presidente della Repubblica. In sintesi,
quindi, nonostante gli sforzi delle autorità giudiziarie
valutati decisivamente positivi dalla C. Dir. Uomo, lo
Stato italiano non è riuscito a raggiungere gli obbiet-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
tivi garantiti dalla Cedu. Sotto il profilo dell’art. 5
Cedu, la Corte affermava l’illegalità del sequestro e
la detenzione di Abu Omar in quanto contrastante
ad ogni normativa nazionale o internazionale (145).
La violazione dell’art. 8 Cedu in merito al diritto allo
sviluppo della persona e la vita familiare è stata accertata in riferimento alla separazione forzata di Abu
Omar dalla moglie convivente con lui a Milano, ma
anche al completo isolamento, durante la detenzione
illegale, in condizioni disumane (146). Infine, la C.
Dir. Uomo accertò la violazione degli artt. 3 e 8 Cedu
nei confronti della moglie di Abu Omar (Nabila
Ghali). In riferimento all’art. 3 Cedu la Corte considerava l’angoscia vissuta dalla moglie e l’assenza di
notizie, ma soprattutto i tentativi di depistaggio dell’indagine da parte della CIA e dal SISMi che avevano rallentato le inchieste della magistratura, mentre la violazione dell’art. 8 Cedu trovava il fondamento complementare a quanto già rilevato nei confronti del ricorrente.
(81) Sull’attentato dell’11-9-2001 cfr. FASANI, Terrorismo islamico e diritto penale, Padova, 2016, 45 ss.; per un panorama cronologico degli attentati terroristici di matrice jihadista compiuti in
Europa di seguito alla strage dell’11-9-2001 a New York v. STAFFLER, Politica criminale, cit., 2 ss.; sulla Guerra al terrorismo cfr.
BARTOLI, Lotta al terrorismo, cit., 67 ss.; FASANI, Terrorismo islamico, cit., 111 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 21
ss.; sullo sviluppo della prassi delle extraordinary renditions antecedente all’attacco alle Torri Gemelle cfr. BOON-HUQ-LOVELACE, Terrorism. Commentary on Security Documents, vol. 108:
Extraordinary Rendition, New York, 2010, VIII s.; VERVAELE,
Extraordinary Rendition and the Security Paradigm, in The Realization of Human Rights: When Theory Meets Practice, a cura di
Haeck-McGonigle Leyh-Burbano-Herrera-Contreras-Garduño,
Cambridge, 2013, 371, 374 s.; WEAVER-PALLITTO, Extraordinary
rendition, cit., 329 ss.
(82) V. WEAVER-PALLITTO, Extraordinary rendition, cit., 338:
«Extraordinary rendition is now a relatively common practice
of the United States government, even if its status in law is
unsettled. Hundreds of extraordinary renditions have apparently
taken place since the event of 9/11. This has sometimes angered
other countries and people around the world. (...) It is unclear
how successful this practice has been, since the process, and the
results, are almost completely hidden to public view.»; per un
riassunto sulla casistica v. VERVAELE, Extraordinary rendition,
cit., 376 ss.; sulla CIA v. JEFFREYS-JONES, The Rise and Fall of
the CIA, in The Oxford Handbook of National Security Intelligence, a cura di Johnson, Oxford, 2010, 122 ss.
(83) Sulla prassi delle c.d. «extraordinary renditions» cfr. CASSIBBA-COLELLA, Art. 3 Proibizione della tortura, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di Ubertis-Viganò, Torino,
2016, 64, 83 s.; CITRONI, Missing persons, cit., 40; OTT, Enforced
disappearance, cit., 5 s.; WEAVER-PALLITTO, Extraordinary rendition, cit., 328 ss.; WEISSBRODT-BERGQUIST, Extraordinary Rendition: A Human Rights Analysis, Harvard Human Rights Journal,
2006, 123 ss.
(84) Per un’analisi storica v. MCDERMOTT, The Structure of International Cooperation in the Transfer of Suspects. Extradite or
Abduct?, International Criminal Law Review, 2015, 254, 257.
(85) Cosı̀ la definizione elaborata dalla C. Dir. Uomo, Grande
Camera, sentenza del 13-12-2012, ric. n. 39630/09, El-Masri contro Macedonia, n. 221: «Having regard to the manner in which
the applicant was transferred into the custody of the US autho-
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rities, the Court considers that he was subjected to ‘‘extraordinary rendition’’, that is, an ‘‘extrajudicial transfer of persons
from one jurisdiction or State to another, for the purposes of
detention and interrogation outside the normal legal system,
where there was a real risk of torture or cruel, inhuman or
degrading treatment’’.
(86) Sul programma dei High-Value Detainees cfr. C. Dir. Uomo,
sentenza del 24-7-2014, ric. n. 28761/11, Al Nashiri contro Polonia, n. 47 ss.
(87) V. HOPPE, Strafbarkeit ausländischer Beamter bei Gefangenentransporten durch deutschen Luftraum, in Zeitschrift für die
Gesamten Strafrechtswissenschaften, 2008, 941 ss.
(88) Cfr. L’ampia analisi sul diritto internazionale di WEISSBRODT-BERGQUIST, Extraordinary Rendition, cit., 130 ss.
(89) V. KOSTAKOPOULOU, When EU Citizen become Foreigners,
European Law Journal, 2014, 447, 460 ss.
(90) Cfr. BOON-HUQ-LOVELACE, Terrorism. Commentary, cit., 5 s.
(91) Una raccolta di documenti ufficiali in tema di extraordinary
renditions è pubblicata in BOON-HUQ-LOVELACE, Terrorism.
Commentary, cit., 1 ss.
(92) Cfr. MARTY, Alleged Secret Detentions and Unlawful InterState Transfers of Detainees involving Council of Europe Member States, Human Rights Law Journal, 2006, 293.
(93) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 13-12-2012,
ric. n. 39630/09, El-Masri contro Macedonia; C. Dir. Uomo, sentenza del 24-7-2014, ric. n. 28761/11, Al Nashiri contro Polonia;
Id., sentenza del 24-7-2014, ric. n. 7511/13, Husayn (Abu Zubayday) contro Polonia; C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza
del 23-2-2016, ric. n. 44883/09, Nasr (Abu Omar) e Ghali contro
Italia; sulla portata di questi giudizi cfr. VERVAELE, Extraordinary rendition, cit., 386 ss.
(94) V. i ricorsi n. 46454/11, Husayn (Abu Zubaydah) contro
Lituana e n. 33234/12, Al Nashiri contro Romania; in tema cfr.
anche KALECK, Litigating ‘Extraordinary Rendition’ Cases: Overview and Challenges, in Nowak-Schmidt (a cura di), Extraordinary Renditions and the protection of human rights, Vienna,
2010, 13, 17 ss.
(95) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 13-12-2012,
ric. n. 39630/09, El-Masri contro Macedonia, con nota di FABBRINI, The European Court of Human Rights, Extraordinary Renditions and the Right to the Truth: Ensuring Accountability for
Gross Human Rights Violations Comitted in the Fight Against
Terrorism, Human Rights Law Review, 2014, 85; MELONI, Extraordinary renditions della CIA in Europa: Il punto di vista della
Corte europea dei diritti dell’uomo, DPCont, 10-6-2013, e VIGANÒ, Prima condanna della Corte di Strasburgo in un caso di extraordinary rendition, DPCont, 14-12-2012; v. anche WILKITZKI,
German Government Not Obliged to Seek Extradition of CIA
Agents for ‘Extraordinary Rendition’, Journal of International
Criminal Justice, 2011, 1117 ss.
(96) FABBRINI, The European Court of Human Rights, cit., 88 ss.;
WEISSBRODT-BERGQUIST, Extraordinary Rendition, cit., 123 s.
(97) Cfr. FABBRINI, The European Court of Human Rights, cit.,
96: «(...) the decision of the ECtHR sharply contrasts with the
positions of the other courts that had so far dealt with the case.
While no Macedonian court effectively heard a case, because
criminal proceedings were terminated by the prosecutors at
the stage of investigation, US courts deliberately discarded Mr
El-Masri’s claim. By applying a board conception of the State
secret privilege, both the District Court for the Eastern District
of Virginia and the Court of Appeals for the Fourth Circuits
renounced any meaningful role in scrutinizing the action of the
executive branch, thus leaving the human rights abuses committed in this case of extraordinary rendition unchallenged».
(98) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 13-12-2012,
ric. n. 39630/09, El-Masri contro Macedonia, n. 206.
(99) Ibidem, n. 220: «In such circumstances, the Court considers
that by transferring the applicant into the custody of the US
authorities, the Macedonian authorities knowingly exposed
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
him to a real risk of ill-treatment and to conditions of detention
contrary to Article 3 of the Convention».
(100) Ibidem, n. 240: «Having regard to the above, the Court
considers that the applicant’s abduction and detention amounted
to ‘‘enforced disappearance’’ as defined in international law. The
applicant’s ‘‘enforced disappearance’’, although temporary, was
characterized by an ongoing situation of uncertainty and unaccountability, which extended through the entire period of his
captivity. In this connection the Court would point out that in
the case of a series of wrongful acts or omissions, the breach
extends over the entire period starting with the first of the acts
and continuing for as long as the acts or omissions are repeated
and remain at variance with the international obligation concerned».
(101) Ibidem, n. 249.
(102) Ibidem, n. 258 ss.
(103) C. Dir. Uomo, sentenza del 24-7-2014, ric. n. 28761/11, Al
Nashiri contro Polonia; Id., sentenza del 24-7-2014, ric. n. 7511/
13, Husayn (Abu Zubayday) contro Polonia.
(104) Sui centri segreti di detenzione in Polonia cfr. ampiamente
BODNAR-PUDZIANOWSKÀ, Alleged existence of secret CIA facilities
on Polish territory – in search of truth and accountability, in
Extraordinary Renditions, a cura di Nowak-Schmidt, cit., 81 ss.
(105) C. Dir. Uomo, sentenza del 24-7-2014, ric. n. 28761/11, Al
Nashiri contro Polonia, n. 346 ss.
(106) Ibidem, n. 375: «(...) Given the exceptional difficulties involved in the obtaining of evidence by the Court owing to the
high secrecy of the US rendition operations, the limitations on
the applicant’s contact with the outside world, including his lawyers, and his inability to give any direct account of the events
complained of, those documents were also important for the
examination of his complaints under other provisions of the
Convention. The Polish Government have had access to information capable of elucidating the facts as submitted in the application. Their failure to submit information in their possession
must, therefore, be seen as hindering the Court’s task under
Article 38 of the Convention. On these grounds, the Court is
entitled to draw inferences from the Polish Government’s conduct in the present case».
(107) Ibidem, n. 518: «Furthermore, Poland was aware that the
transfer of the applicant to and from its territory was effected by
means of ‘‘extraordinary rendition’’, that is, ‘‘an extra-judicial
transfer of persons from one jurisdiction or State to another,
for the purposes of detention and interrogation outside the normal legal system, where there was a real risk of torture or cruel,
inhuman or degrading treatment’’».
(108) Ibidem, n. 562 ss.
(109) Ibidem, n. 530 s.: «The Court observes that secret detention of terrorist suspects was a fundamental feature of the CIA
rendition program. As can be seen from the CIA declassified
documents, the rationale behind the program was specifically to
remove those persons from any legal protection against torture
and enforced disappearance and to strip them of any safeguards
afforded by both the US Constitution and international law
against arbitrary detention, to mention only the right to be
brought before a judge and be tried within a reasonable time
or the habeas corpus guarantees. To this end, the whole scheme
had to operate outside the jurisdiction of the US courts and in
conditions securing its absolute secrecy, which required setting
up, in cooperation with the host countries, overseas detention
facilities.
The rendition operations had therefore largely depended on
cooperation, assistance an active involvement of the countries
which put at the USA’s disposal their airspace, airports for the
landing of aircraft transporting CIA prisoners and, last but not
least, premises on which the prisoners could be securely detained
and interrogated. While, as noted above, the interrogations of
captured terrorist suspects was the CIA’s exclusive responsibility
and the local authorities were not to be involved, the coopera-
tion and various forms of assistance of those authorities, such as
for instance customizing the premises for the CIA’s needs, ensuring security and providing the logistics were the necessary condition for the effective operation of the CIA secret detention
facilities.
In relation to the applicant’s complaint under the substantive
aspect of Article 3, the Court has already found that Poland
was aware that the applicant had been transferred from its territory by means of ‘‘extraordinary rendition’’ and that the Polish
authorities, by enabling the CIA to transfer the applicant to its
other secret detention facilities, exposed him to a foreseeable
serious risk of further ill-treatment and conditions of detention
in breach of Article 3 of the Convention. It finds that these
conclusions are likewise valid in the context of the applicant’s
complaint under Article 5 and that Poland’s responsibility is
engaged in respect of both his detention on its territory and
his transfer from Poland».
(110) Ibidem, n. 539 ss.
(111) Ibidem, n. 550 ss.
(112) Ibidem, n. 586 ss.
(113) Ampiamente sull’organizzazione terroristica Al-Qaeda v.
FASANI, Terrorismo islamico, cit., 33 ss., 36 ss.
(114) C. Dir. Uomo, sentenza del 24-7-2014, ric. n. 7511/13, Husayn (Abu Zubayday) contro Polonia, n. 435.
(115) Ibidem, n. 395 s.
(116) Ibidem, n. 445.
(117) Ibidem, n. 451 ss.
(118) Ibidem, n. 479 s.
(119) Ibidem, n. 488 s.
(120) Ibidem, n. 499 ss.
(121) Ibidem, n. 521 ss.
(122) Ibidem, n. 532 ss.
(123) Ibidem, n. 540 ss.
(124) Ibidem, n. 552 ss.
(125) Sul c.d. caso Abu Omar cfr. BARBARA, Sul conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato in merito alla vicenda ‘Abu
Omar’, CP, 2014, 1521; GAETA, Extraordinary renditions e giurisdizione italiana nei confronti degli agenti statunitensi coinvolti
nel c.d. caso Abu Omar, RDI, 2013, 530; MARIOTTI, La condanna
della Corte di Strasburgo contro l’Italia sul caso Abu Omar,
DPCont, 28-2-2016; PACE, Le due Corti e il caso di Abu Omar,
GC, 2014, 389; STAFFLER, Geheimdienstliches Verschwindenlassen von Terrorverdächtigen (extraordinary renditions) im Lichte
der EGMR-Judikatur, in Europäische Grundrechte Zeitschrift,
2016, 344; ZIRULIA, Sul sequestro Abu Omar cala il ‘‘nero sipario’’ del segreto di Stato, DPCont, 19-5-2014; ID., Ultimo capitolo
della vicenda Abu Omar: La Cassazione conferma le condanne
per sequestro di persona a carico di tre agenti americani della
CIA, DPCont, 20-10-2014 nonché ampiamente in relazione alle
indagini nazionali, SPATARO, Ne valeva la pena: Storie di terrorismi e mafie, di segreti di Stato e di giustizia offesa, Bari, 2010, 29
ss., 51 ss., 103 ss., 125 ss., 205 ss., 265 ss., 343 ss., 402 ss., 536 ss.,
568 ss.
(126) Da questa perquisizione nasce un nuovo ramo di indagini,
poiché tra il materiale sequestrato è stato trovato un’indebita
attività di dossieraggio a carico di esponenti di varie istituzioni
italiani, tra cui anche alcuni magistrati, per cui si riteneva che
tale attività fosse mirata a consentire campagne di discredito. Sul
procedimento attivato dalla Procura di Perugia, competente per i
reati commessi in danno di magistrati operanti nel distretto di
Roma, cfr. LEO, Un nuovo conflitto di attribuzioni sollevato dal
Presidente del Consiglio riguardo ad indagini connesse agli accertamenti sul sequestro di Abu Omar, DPCont, 10-10-2016; ID.,
Ancora un episodio nella storia dei conflitti tra poteri riguardo
al sequestro di Abu Omar ed alle indagini collegate, DPCont, 9/
2017, 133 ss.
(127) Tribunale di Milano, sentenza del 4-11-2009, pubblicata su
DPCont, 4-11-2009.
(128) Corte d’Appello di Milano, sez. III, sentenza del 15-12-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
2010 (dep. 15-3-2011), Pres. Silocchi, Est. Manca, pubblicata su
DPCont, 13-7-2011.
(129) Cass. pen., sez. V, sentenza del 19-9-2012 (dep. 29-112012), n. 46340, Pres. Zecca, Rel. Marasca, pubblicata su
DPCont, 4-12-2012.
(130) Corte d’Appello di Milano, sez. III, sentenza del 1-2-2013
(dep. 14-2-2013), Pres. Soprano, Est. Spina, pubblicata su
DPCont, 4-3-2013.
(131) Cass. pen., sez. V, sentenza del 11-3-2014 (dep. 25-9-2014),
n. 39788, Pres. Ferrua, Est. Oldi, pubblicata su DPCont, 20-102014 con nota di ZIRULIA.
(132) V. il provvedimento del 5-4-2013 del Presidente Napolitano e il provvedimento del 23-12-2015 del Presidente Mattarella.
(133) In tema cfr. MALERBA, La resistibile ascesa del segreto di
Stato: tra salus rei publicae, «nero sipario» e strisciante impunità,
DPCont, 1/2017, 69, 71, 73.
(134) Corte Costituzionale, sentenza del 11-3-2009 (dep. 3-42009), n. 109; cfr. PACE, Stato costituzionale e segreto di Stato,
cit., 1727 ss.; SALVI, La Corte costituzionale e il segreto di Stato,
CP, 2009, 3755.
(135) Cass. pen., sez. V, 19-9-2012 (dep. 29-11-2012), n. 46340,
Pres. Zecca, Rel. Marasca, pubblicata su DPCont, 4-12-2012.
(136) Corte d’Appello di Milano, sez. III, 1-2-2013 (dep. 14-22013), Pres. Soprano, Est. Spina, pubblicata su DPCont, 4-32013.
(137) C. Cost., 10-2-2014 (dep. 13-2-2014), n. 24; in merito alla
decisione sul segreto di Stato cfr. ANZON DEMMING, La Corte
abbandona definitivamente all’esclusivo dominio dell’autorità politica la gestione del segreto di Stato nel processo penale, GC,
2012, 535; BONZANO, La Corte alza il ‘‘sipario nero’’: alla ribalta
la deprecabile confusione normativa tra prova e fatto, AP, 2014,
1, online, PACE, Stato costituzionale e segreto di Stato, cit., 1732
ss.; e in generale BARBARA, Sul conflitto, cit., 1521.
(138) C. Cost., 10-2-2014 (dep. 13-2-2014), n. 24: «Il divieto di
segreto sulle attività ‘‘illecite’’ poste in essere dagli agenti dei
Servizi in assenza ovvero oltre i limiti tracciati dalle direttive
autorizzatorie – con il correlativo obbligo di informativa, come
si è appena osservato, da parte del Presidente del Consiglio dei
ministri – avrebbe dovuto, dunque, imporre – ove l’assunto della
Corte di cassazione fosse considerato corretto – una condotta del
tutto antitetica rispetto a quella mantenuta nella vicenda da parte del ricorrente: la ribadita e confermata sussistenza del segreto,
invece, ed il correlativo promovimento dei vari conflitti, attestano, di per sé, la implausibilità della tesi che vorrebbe ricondurre i
fatti nel quadro di una iniziativa adottata ‘‘a titolo personale’’ dai
vari imputati; e comunque escludono, anche sul piano logico, la
possibilità che lo spazio operativo del segreto possa essere ‘‘interpretato’’ nei sensi additati dalla Corte di cassazione».
(139) Cfr. il commento critico di PACE, Stato costituzionale e
segreto di Stato, cit., 1723 s.: «La qualificazione del nostro ordinamento di uno Stato costituzionale di diritto, (...) nel quale la
disciplina del segreto di Stato fonda la sua legittimità costituzionale esclusivamente nella tutela della sicurezza sia interna che
esterna della comunità – rischia quindi di non essere più credibile, non già in conseguenza delle politiche restrittive nazionali e
internazionali ovunque poste in essere all’indomani dell’attacco
alle torri gemelle dell’11 settembre 2011, ma perché, anche a
voler prescindere d quelle vicende, il predominio dell’esecutivo,
grazie al surplus di sovranità di cui esso strutturalmente dispone
grazie al potere di segretazione, sposta in suo favore quell’equilibrio che, nella forma di governo parlamentare, dovrebbe sempre sussistere tra Parlamento e Governo, e quindi tra rappresentatività e governabilità».
(140) Cass. pen., sez. I, 24-2-2014 (dep. 16-5-2014), n. 20447,
Pres. Siotto, Est. Zampetti, pubblicata su DPCont, 19-5-2014
con nota di ZIRULIA; v. anche PACE, Stato costituzionale e segreto
di Stato, cit., 1735 ss.
(141) V. LEACH, Taking a case, cit., 265, che parla di «high caliber
of the work of the Italian investigators, judges and prosecutors».
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(142) C. Dir. Uomo, sentenza del 23-2-2016, ric. n. 44883/09,
Nasr e Ghali contro Italia, con nota di MARIOTTI, La condanna,
cit.; SELVAGGI, Il caso Abu Omar davanti alla Corte europea:
quale opportuna precisazione, DPCont, 2-5-2016; STAFFLER, Geheimdienstliches Verschwindenlassen, cit., 344.
(143) C. Dir. Uomo, sentenza del 23-2-2016, ric. n. 44883/09,
Nasr e Ghali contro Italia, n. 231 ss.
(144) Ibidem, n. 284 ss.
(145) Ibidem, n. 300 ss.
(146) Ibidem, n. 308 ss.
II. FONTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE.
Il fenomeno della sparizione forzata, praticata dalle
dittature militari nell’America latina degli anni ’70 e
’80, ha dato origine al dibattito su quali siano gli
strumenti del diritto internazionale idonei a contrastare il fenomeno medesimo (147). Si sentiva, infatti,
la necessità di affiancare la tutela del singolo individuo e dei suoi diritti, garantita attraverso l’entrata in
vigore nel 1976 della Convenzione internazionale sui
diritti civili e politici – contenente, in relazione alla
fattispecie de qua, il diritto alla vita (art. 6), il divieto
di tortura (art. 7) e garanzie processuali (art. 14) –, ad
un ulteriore strumento di protezione che prendesse
in considerazione non la sola dimensione individuale
del crimine di sparizione forzata, ma anche e soprattutto quella collettiva.
In data 20-12-1978, l’Assemblea Generale dell’ONU,
di fronte a diverse relazioni sulla sparizione forzata
di persone in diversi paesi, esprimendo la propria
profonda preoccupazione nei confronti dell’estrema
gravità del fenomeno, intimava ai governanti degli
Stati responsabili di intraprendere indagini veloci e
imparziali (148). Inoltre, indirizzava alla Commissione per i diritti umani l’incarico di occuparsi del fenomeno de quo al fine di elaborare delle raccomandazioni appropriate (149). Facendo seguito a queste
prescrizioni, la Commissione per i diritti umani, in
data 29-2-1980, costituiva un apposito gruppo di lavoro delle Nazioni Unite (150). L’incarico principale
del gruppo di lavoro consisteva nell’instaurare una
piattaforma di comunicazione tra i parenti delle vittime e i relativi governi. Inoltre, il gruppo di lavoro si
sarebbe occupato di casi concreti e avrebbe fornito
una relazione annuale sulla propria attività che contenesse conclusioni e raccomandazioni. Con la risoluzione n. 7/12 del 27-3-2008, il Consiglio per i diritti
umani ha confermato l’incarico al gruppo di lavoro e
ha esteso l’ambito del mandato ad esso conferito.
(147) BRODY-GONZÁLES, Nunca Más, cit., 371 ss.; CASADEVANTE
ROMANI, International Law of Victims, Berlino, 2012, 52 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 25 s.
(148) CASADEVANTE ROMANI, International Law, cit., 53 s.; SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit.,
245 s.
(149) Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Risoluzione n.
33/173 del 20-12-1978.
(150) Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, riso-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
luzione 20 (XXXVI) del 29-2-1980; v. SCOVAZZI-CITRONI, The
struggle against Enforced Disappearance, cit., 247.
9. Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone
dalla sparizione forzata (1992).
Il 18-12-1992, l’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite, con risoluzione 47/133, adottava la Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata (151). La Dichiarazione prevedeva, tra
l’altro, l’obbligo di creare nell’ordinamento interno
un’apposita fattispecie illecita di ‘‘sparizione forzata’’, dotata di un’appropriata dimensione sanzionatoria (art. 4). Poiché il documento era privo di carattere
vincolante, tuttavia, soltanto pochi Stati membri intrapresero iniziative concrete in ottemperanza alla
Dichiarazione de qua. Nonostante tale caratteristica,
la Dichiarazione costituiva un forte segnale politico
nel cammino verso una Convenzione a carattere vincolante per gli Stati parte (152).
(151) Sul contenuto della Dichiarazione cfr. BASSIOUNI, Crimes
against Humanity: Historical Evolution and Contemporary Application, Cambridge, 2011, 21; CITRONI, Missing persons, cit., 26
s.; DOSWALD-BECK, Human Rights in Times of Conflict and Terrorism, Oxford, 2011, 246 s.; KAMBER, Prosecuting human rights
offences, cit., 96 SS.; OTT, Enforced disappearance, cit., 7 ss.; SARKIN, Enforced Disappearance, cit., 400 s.; VERMEULEN, Enforced
Disappearance, cit., 27 s.; nonché ampiamente SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 249 ss.
(152) Sull’iter evolutivo tra Dichiarazione e Convenzione cfr.
SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance,
cit., 255 ss.
10. Convenzione inter-americana sulla sparizione forzata di persone (1994).
Un progresso notevole nel processo di ricognizione
normativa del crimine ‘‘sparizione forzata di persone’’ a livello internazionale, seppur regionale, è stato
raggiunto con la Convenzione inter-americana sulla
sparizione forzata di persone (153), entrata in vigore
il 28-3-1996 (154). La Convenzione, adottata dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati
Americani a Belém do Pará (Brasile) (155) il 9-71994, esplicava al sesto punto del preambolo, per la
prima volta (156), che la sparizione forzata di persona sistematica costituisce un crimine contro l’umanità. Analogamente alla Dichiarazione del 1992 delle
Nazioni Unite, la Convenzione inter-americana prevedeva l’obbligo per gli Stati membri di introdurre
un’apposita fattispecie di ‘‘sparizione forzata di persona’’ nel diritto interno (art. IV). Inoltre, la Convenzione de qua conteneva alcuni obblighi per gli
Stati membri al fine di prevenire atti di sparizione
forzata, di incentivare l’indagine contro i responsabili
e di contribuire a rivelare il destino delle vittime.
(153) Convención Interamericana sobre Desaparición Forzada
de Personas; cfr. ampiamente CITRONI, L’orrore rilevato: l’esperienza della Commissione della Verità e Riconciliazione in Perù:
1980-2000, Milano, 2004, passim; ID., Dalla Dichiarazione di Bogotà al sistema della Convenzione americana sui diritti umani, in
La tutela internazionale dei diritti umani: norme, garanzie, prassi,
a cura di Pineschi, Milano, 2006, 607; ID., Corte europea e Corte
interamericana: due Corti regionali dei diritti umani a confronto,
in I diritti umani di fronte al giudice internazionale, a cura di
Scovazzi-Papanicoloputu-Urbinati, Milano, 2010, 49.
(154) In tema cfr. BRODY-GONZÁLES, Nunca Más, cit., 376 ss.;
CASADEVANTE ROMANI, International Law, cit., 55 s.; DOSWALDBECK, Human Rights, cit., 247; OTT, Enforced disappearance, cit.,
12 ss.; SARKIN, Enforced Disappearance, cit., 401 s.
(155) Su lavori preparatori della Convenzione v. SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 252 s.
(156) Cfr. AMBOS, Treatise, Treatise on International Criminal
Law, vol. I: Foundation and General Part, Oxford, 2013, 109.
11. Statuto di Roma della Corte penale internazionale
(1998).
Un ulteriore passo di notevole importanza per la
repressione della sparizione forzata di persona a livello internazionale è stato effettuato con l’approvazione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale in data 17-7-1998 e con la sua entrata in
vigore a seguito della ratifica dello Statuto (157) da
parte del sessantesimo Stato il 1-7-2002 (158). Infatti,
lo Statuto di Roma costituisce la prima fonte di diritto internazionale (159) a livello universale che attribuisce al crimine di sparizione forzata di persone,
ai sensi dell’art. 7, 1º co., lett. i), dello Statuto medesimo, la qualifica di crimine contro l’umanità (160).
Attraverso l’entrata in vigore dello Statuto, il crimine
di sparizione forzata di persone è perseguibile in primis dinanzi alla Corte penale internazionale presso
l’Aja (Paesi Bassi). Inoltre, ai sensi del principio di
giurisdizione universale (161), i relativi fatti di elevata dimensione sono perseguibili in ogni Stato, permettendo in quo modo di procedere alla punizione
del responsabile a prescindere da qualsiasi collegamento del crimine con lo Stato del foro.
(157) Lo Stato di Roma è stato ratificato con l. 12-7-1999, n. 232,
recante «Ratifica ed esecuzione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, con atto finale ed allegati, adottato
dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma il 17
luglio 1998», in G.U. 19-7-1999, n. 167 – Suppl. Ordinario n. 135.
(158) In tema cfr. AMBOS, Treatise, cit., vol. I, 23 ss.; ARBIA, I
dieci anni della Corte penale internazionale de L’Aia, FI, 2012, V,
163; CONSO, È nato lo Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale, DPP, 1998, 797 s.; ESER, Verso una Corte
penale internazionale: nascita e fondamenti dello Statuto di Roma,
IP, 2002, 279; ORRÙ, Istituzione e funzionamento della Corte
penale internazionale, in La giustizia internazionale, a cura di
Tedoldi, Roma, 2012, 233 ss.; RINAUDO, La Corte penale internazionale, RDP, 2004, 299; SARKIN, Enforced Disappearance, cit.,
402 s.
(159) Cfr. AMBOS, Treatise on International Criminal Law, vol. II:
The Crimes and Sentencing, Oxford, 2014, 108, che sottolinea che
attraverso lo Statuto di Roma si è giunto per la prima volta ad
una definizione del crimine di sparizione forzata in grado di
rispettare lo standard minimo del principio di sufficiente determinatezza.
(160) In tema cfr. AMBOS, Treatise, cit., vol. II, 108 ss.; ESPOSITOGENTILE-TRAPASSO, I crimini contro l’umanità, in La Corte penale
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
internazionale. Organi – Competenza – Reati – Processo, a cura
di Lattanzi-Monetti, Milano, 2006, 600, 717 ss.; CITRONI, Missing
persons, cit., 27; MODOLELL GONZÀLEZ, The Crime of Enforced
Disappearance of Persons According to the Decisions of the InterAmerican Court of Human Rights, International Criminal Law
Review, 2010, 475, 479 s.; OTT, Enforced disappearance, cit., 162
ss.; PERÉZ SOLLA, Enforced Disappearances, cit., 29 s.; SCOVAZZICITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 255
parlano approposito di un cambiamento storico: «By including
for the first time enforced disappearances among the crimes
against humanity, the 1998 Rome Statute undertook an historical change. It was not listed among such as crimes in any of the
previous instruments, namely the Charter of the Tribunal of
Nuremberg, the Statute of the Tokyo Tribunal, the Statutes of
the Tribunals for the former Yugoslavia and Rwanda.»; v. anche
BRODY-GONZÁLES, Nunca Más, cit., 378 ss.; BOZBAYINDIR, Turkey
and the International Criminal Court, Baden-Baden e Berna,
2013, 88.
(161) In tema cfr. CORNACCHIA, Funzione della pena nello statuto
della Corte penale internazionale, Milano, 2009, 22 s., 33 ss.;
PACINI, Una sentenza in materia di giurisdizione universale,
RTDP, 2010, 319 ss.; ZAPPALÀ, L’universalità della giurisdizione
e la Corte Penale Internazionale, in Problemi attuali della giustizia penale internazionale, a cura di Cassese-Chiavario-De Francesco, Torino, 2005, 549 ss.
12. Convenzione internazionale per la protezione di
tutte le persone dalla sparizione forzata (2006).
Con l’adozione della Convenzione internazionale per
la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata del 20-12-2006 da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, entrata in vigore in data 2312-2010 dopo la ratifica di venti Stati parte, si è giunti
ad un documento vincolante per gli Stati parte, nella
prospettiva di contrastare il fenomeno de quo (162).
Allo stato attuale, la Convenzione è stata firmata da
96 Stati e ratificata da 56 Stati parte, tra cui anche
l’Italia che ha firmato il documento in data 3-7-2007 e
ratificato la Convenzione il 8-10-2015 (163).
In generale, attraverso la Convenzione, la sparizione
forzata di persona viene intesa nel suo complesso
come un crimine contro l’umanità (164). A differenza dello Statuto di Roma, che attribuisce al crimine
de quo la qualificazione di un delitto penale internazionale e prevede come presupposto il contesto di un
esteso o sistematico attacco contro una popolazione
civile (165), l’ambito di applicazione della Convenzione de qua non è vincolato a tali presupposti e
prevede, inoltre, l’obbligo degli Stati parte di prevedere il reato di sparizione forzata di persone nell’ordinamento interno (166).
La Convenzione si articola in tre parti.
La Parte prima, che si estende dall’art. 1 all’art. 25,
contiene disposizioni operative che regolano i diversi
obblighi degli Stati parte. L’art. 1 della Convenzione
statuisce in maniera esplicita il diritto di tutte le persone a non essere assoggettate a sparizione forzata in
alcuna circostanza di alcun tipo, mentre l’art. 2 contiene la definizione legale di ‘‘sparizione forzata’’. Gli
artt. da 3 a 9 contengono delle garanzie in merito alla
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prosecuzione e punizione, a livello nazionale e internazionale, dei responsabili del crimine de quo. Infatti, ai sensi dell’art. 4 della Convenzione, gli Stati parte sono obbligati a garantire che la sparizione forzata
costituisca un reato secondo l’ordinamento penale
interno (167), reato che sia munito, secondo l’art. 7,
1º co., della Convenzione, di una sanzione adeguata
che ne rispecchi l’estrema gravità nonché di un termine di prescrizione sufficientemente ampio, ex art.
8, 1º co., della Convenzione, che inizi a decorrere dal
momento in cui il reato di sparizione forzata abbia
avuto termine, tenendo in considerazione la sua natura di reato permanente (168). Le diverse figure di
autori che si possono rendere responsabili, ai sensi
della Convenzione, del crimine di sparizione forzata,
sono esplicitamente raggruppati, ai sensi dell’art 6, in
due categorie: da un lato, vi è l’autore immediato
(‘‘chiunque’’) che commette, ordina, istiga o induce
la commissione (o anche il relativo tentativo) di sparizione forzata o è complice o partecipa alla commissione del crimine. Dall’altro lato, rientra anche la
figura del superiore (anche militare) che sia informato sulla commissione (o sull’apprestamento a commettere) del reato di sparizione forzata da parte
dei subordinati che si trovino effettivamente sotto
la sua autorità, che sia effettivamente responsabile
e abbia l’effettivo controllo sulle attività legate alla
sparizione forzata di persone e che omette di adottare le misure necessarie e ragionevoli in suo potere
per prevenire la commissione del crimine de quo o di
riportare il fatto alle autorità penali competenti (169). Negli artt. 10 e da 13 a 15, la Convenzione
attribuisce notevole importanza alla cooperazione
degli Stati parte. Ai sensi degli artt. 11 e 12, gli Stati
parte hanno l’obbligo di prevedere garanzie processuali per le vittime di una presunta sparizione forzata
di persone.
Di particolare importanza è l’art. 17 della Convenzione (170) che, dopo avere enunciato al primo comma che nessuno sarà detenuto segretamente, elenca
nel secondo comma alcune misure di prevenzione
alla sparizione forzata, tra cui la stabilizzazione delle
condizioni per l’emissione di un ordine di privazione
della libertà personale, l’indicazione delle autorità
autorizzate a ordinare le privazioni della libertà e
diverse garanzie in merito al luogo di privazione della libertà (che dev’essere ufficialmente riconosciuto e
sottoposto a vigilanza), alla possibilità di comunicazione con propri famigliari, all’accesso da parte delle
autorità e istituzioni competenti, nonché, in presenza
di un caso di sospettata sparizione forzata, al diritto
di iniziare un procedimento giudiziario affinché una
Corte decida, senza ritardo, sulla legittimità della
privazione della libertà. Inoltre, l’art. 18 prevede il
diritto di ottenere informazioni certe per le persone
parenti della persona privata della libertà. Nel mede-
786
SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
simo contesto si esprime anche l’art. 24, dedicato alla
prospettiva delle vittime di sparizione forzata, che
estende in primis la definizione di ‘‘vittima’’, oltre
alla persona scomparsa, a qualunque individuo che
abbia sofferto un pregiudizio quale diretta conseguenza di una sparizione forzata. Inoltre, la Convenzione statuisce al secondo comma dell’art. 24 il diritto
di sapere la verità circa le circostanze della sparizione
forzata, gli sviluppi ed i risultati delle indagini e cosa
ne sia stato della persona scomparsa (171). Il medesimo articolo prevede, infine, diversi obblighi per gli
Stati parte di dotarsi di mezzi adeguati al fine di
ricercare le persone scomparse e di tutelare le vittime
attraverso un diritto di ottenere una riparazione ed
un indennizzo rapido, equo e adeguato.
La Parte seconda della Convenzione, che si estende
dall’art. 26 all’art. 36, prevede un meccanismo di controllo in merito al rispetto della Convenzione de qua.
Cosı̀ è prevista l’istituzione di un Comitato sulle sparizioni forzate di persone che, ai sensi dell’art. 29,
riceve da ogni Stato parte un rapporto sulle misure
adottate per dare attuazione agli obblighi derivanti
dalla Convenzione. Inoltre, riceve, ai sensi dell’art.
30 della Convenzione, la richiesta urgente, avanzata
dai familiari della persona scomparsa o dai loro rappresentanti legali, dai loro avvocati o da altra persona da essi autorizzata, nonché da ogni altra persona
titolare di un interesse legittimo, di ricercare e rintracciare una persona scomparsa. Si tratta, quindi, di
un procedimento di tutela precipuamente mirato alle
esigenze delle vittime di una sparizione forzata di
persone, che prende in considerazione le difficoltà
pratiche riscontrate dalle vittime in passato.
La Parte terza, infine, conclude con alcuni disposizioni tecniche.
(162) Cfr. BASSIOUNI, Crimes against Humanity, cit., 213; CASADEVANTE ROMANI, International Law, cit., 55; CITRONI, Missing
persons, cit., 28 ss.; DOSWALD-BECK, Human Rights, cit., 247 ss.;
KÄLIN-KÜNZLI, The Law of International Human Rights Protection, Oxford, 2009, 343; KAMBER, Prosecuting human rights offences, cit., 159 SS.; SARKIN, Enforced Disappearance, cit., 403 ss.;
ampiamente OTT, Enforced disappearance, cit., 189 ss., secondo
la quale la Convenzione de qua costituisce «an essential step in
the struggle against enforced disappearance and impunity» (p.
292); SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 265 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 27
ss.
(163) L. 29-7-2015, n. 131, recante «Ratifica ed esecuzione della
Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone
dalla sparizione forzata adottata dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 20 dicembre 2006», in G.U. 20-8-2015, n. 192.
(164) SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 285 ss.
(165) Sulla dimensione dell’illecito del crimine internazionale
cfr. CORNACCHIA, Funzione della pena, cit., 16.
(166) Cfr. anche KAMBER, Prosecuting human rights offences, cit.,
159 S.: «The CED [la Convenzione] brought two crucial achievements in further protection from acts of enforced disappearances. The first is the introduction of the right not to be subjected
to enforced disappearance, and the second is the definition of
the term enforced disappearance».
(167) SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 295 ss.
(168) Cfr. BRODY-GONZÁLES, Nunca Más, cit., 388 ss.; DOSWALDBECK, Human Rights, cit., 229; SCOVAZZI-CITRONI, The struggle
against Enforced Disappearance, cit., 309 ss.; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 189 ss.; ampiamente SARKIN, Enforced
Disappearance, cit., 396 ss.
(169) SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 298 ss.
(170) Cfr. SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 335 ss.
(171) Sul c.d. «right to know the truth» cfr. FABBRINI, The European Court of Human Rights, cit., 99 ss.; KAMBER, Prosecuting
human rights offences, cit., 163 S.; MEYER, Der EGMR als Tatsacheninstanz und das Recht auf Wahrheit – Morgendämmerung
eines neuen Konventionsrechts?, in Festschrift für H.-U. Paeffgen,
a cura di Stuckenberg-Gärditz, Berlino, 2015, 793, 810 ss.; SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit.,
347 ss.
III. PROFILI DI DIRITTO PENALE SOSTANZIALE.
L’indagine su aspetti di diritto penale sostanziale del
crimine di sparizione forzata di persona è indirizzata,
in primis, a identificare la strutturazione del fatto
tipico (sub par. 13), cosı̀ da poter individuare il nucleo essenziale dell’illecito penale del crimine de quo
(sub par. 14). Di seguito si evidenziano diverse ragioni in merito all’introduzione del crimine nell’ordinamento interno (sub par. 15). Infine, si prospetta una
panoramica su varie definizioni legali e dottrinali volte a cogliere l’intera dimensione dell’illecito di sparizione forzata di persone (sub parr. 16, 17 e 18).
13. Struttura del fatto tipico.
Dall’indagine sulla casistica della sparizione forzata
di persone emerge che il crimine de quo si caratterizza per la complessità del fatto tipico (172). Invero,
soltanto il complesso intero di condotte assai eterogenee, ossia gli atti privativi della libertà e lesivi nei
confronti della vittima immediata, nonché gli atti di
disinformazione nei confronti dei prossimi congiunti
della medesima, integrano la grave dimensione del
crimine contro l’umanità (173). Il raggiungimento
del livello di crimine penale internazionale dipende,
poi, dalla presenza o meno di una collettività di vittime potenziali: infatti, la prassi sistematica di sparizione forzata contro determinati gruppi di persone (p.
es. partigiani o membri dell’opposizione) può integrare la dimensione internazionale dell’illecito penale, mentre la pratica di far sparire singoli individui (p.
es. singoli individui sospettati di appartenere ad un
gruppo terroristico) potrebbe integrare un caso di
sparizione forzata priva della vasta dimensione del
crimine internazionale.
In linea di massima, il crimine di sparizione forzata
presenta due fasi distinte di condotta: da un lato,
l’atto di privazione della libertà dell’individuo, dall’altro lato l’oscuramento e la segretezza sul destino
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
dello stesso. Di conseguenza, diversi sono sia i soggetti coinvolti nella realizzazione del crimine de quo
sia le modalità di realizzazione della condotta tipica,
anche se vi è una stretta interdipendenza tra i relativi
attori (174).
a) I soggetti immediatamente attivi.
Le condotte contro la persona che subisca direttamente la sparizione forzata possono essere realizzate,
in linea di massima, da chiunque.
L’indagine sulla casistica ha, però, rilevato che i soggetti che in primo luogo contribuiscono alla privazione illegale di libertà della persona fanno spesso parte
dell’apparto dei servizi segreti statali che, per questo
motivo, hanno la possibilità tecnica e logistica di effettuare in maniera professionale il sequestro della
vittima. Si tratta, pertanto, perlopiù di pubblici ufficiali, militari e persone appartenenti alle forze armate, membri della polizia o dei servizi di sicurezza
nonché agenti dei servizi segreti.
In alternativa, le condotte in questione vengono comunemente realizzate da cosiddetti squadroni della
morte, spesso addestrati dai servizi segreti militari, al
fine di eludere ogni traccia per il coinvolgimento ufficiale dello Stato. Questi gruppi, benché non riconosciuti a livello ufficiale quali appartenenti al potere
statale, agiscono con l’approvazione (tacita) dello
Stato e/o cooperano con gli organi statali nella realizzazione degli atti privativi della libertà (175).
b) La condotta immediata.
Il punto di partenza della condotta tipica della sparizione forzata costituisce il sequestro della persona (176). Una prima caratteristica della privazione
di libertà nel contesto della sparizione forzata è costituita dal modo di esecuzione, tale cioè da cogliere
la vittima alla sprovvista. Pertanto, le condotte vengono eseguite spesso durante l’orario notturno e in
luoghi di privata dimora, ovvero in situazioni quotidiane come controlli stradali o durante un normale
contatto con la pubblica amministrazione.
L’esecuzione della fase di privazione di libertà, inoltre, viene condotta in maniera tale da garantire la
massima segretezza dell’intervento, ciò al fine di evitare che l’atto privativo stesso possa essere osservato
da testimoni terzi. Pertanto, l’intera operazione del
sequestro, in precedenza ben organizzata, avviene in
maniera rapida e in luoghi difficilmente visibili da
parte di persone terze.
Infine, l’atto privativo della libertà viene spesso accompagnato dalla commissione di ulteriori delitti,
cioè la violazione di domicilio e la persecuzione illegale dello stesso. Durante l’arresto illegale vengono
commessi maltrattamenti della persona al fine di
neutralizzare ogni forma di resistenza da parte della
vittima.
In seguito al sequestro della persona, la stessa si vede
in una situazione tale da essere in totale balı̀a dei
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soggetti attivi. Durante questa fase avviene spesso
che le vittime vengano torturate o interrogate in maniera disumana. La tortura viene posta in essere al
fine di ricevere delle informazioni, ma anche a titolo
di afflizione ovvero al fine di creare una sensazione
di paura e terrore per i detenuti. La detenzione viene
eseguita attraverso l’isolamento totale della vittima,
accompagnato dal divieto di contattare i prossimi
congiunti o di ricevere assistenza giudiziaria. Accade
spesso che i detenuti vengano trasferiti in diverse
località di detenzione al fine di garantire la permanenza del sentimento di totale sudditanza in capo alla
vittima, ma anche per cancellare le tracce del sequestro.
La privazione della libertà termina con la liberazione
ovvero con l’uccisione della vittima. In quest’ultimo
caso, l’atto di esecuzione illegale avviene in modo
tale da cancellare ogni traccia dell’avvenimento, al
fine di eludere le indagini sul destino della vittima.
L’occultamento del cadavere si inserisce nel contesto
di mantenere la situazione di incertezza sul destino
delle vittime e di diffondere la sensazione di repressione per il singolo individuo.
In sintesi, nei confronti della persona sparita vengono messi in pericolo tutti i beni giuridici della persona, tra cui la vita e l’incolumità personale, la libertà
personale, l’onore e la reputazione, l’autodeterminazione sessuale e il patrimonio. Nella prospettiva dei
diritti fondamentali garantiti dalla Cedu, vengono in
rilievo, innanzitutto, l’obbligo di rispettare i diritti
dell’uomo (art. 1 Cedu), il diritto alla vita (art. 2
Cedu), la proibizione della tortura (art. 3 Cedu), il
diritto alla libertà e alla sicurezza (art. 5 Cedu), il
diritto al rispetto della vita privata e familiare (art.
8 Cedu).
c) I soggetti mediatamente attivi.
Per garantire la segretezza delle operazioni clandestine e per mantenere sia la situazione di incertezza
sul destino della persona scomparsa sia la sensazione
di repressione, vi dev’essere un contributo da parte
di persone appartenenti all’apparato statale volto ad
eludere le indagini sulla sorte dello sparito. In questa
ottica, le persone coinvolte nella realizzazione della
fase di disinformazione rivestono incarichi istituzionali presso gli organi di polizia, della magistratura,
dei servizi di sicurezza o, in generale, delle istituzioni
pubbliche. La pratica viene spesso attuata sulla base
di un piano prestabilito e organizzato in segreto, che
coinvolge vari contributi da parte di agenti dello Stato, ma anche di altri gruppi parastatali.
d) La condotta mediata.
È facilmente intuibile che i prossimi congiunti della
persona sparita, ma anche giornalisti, personale diplomatico, attivisti dei diritti umani o gli organi della
giustizia statale, si attivano al fine di ottenere informazioni sulla sorte della persona sparita. Dato il
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
coinvolgimento da parte dei servizi statali di sicurezza nell’esecuzione della cattura della vittima, però, vi
è elevato livello di sfiducia nei confronti degli organi
statali e, di conseguenza, una certa resistenza a comunicare con gli addetti ufficiali.
Per contribuire alla sparizione forzata, i soggetti attivi cercano di eludere ogni indagine sulla sorte della
persona scomparsa. Queste attività si realizzano attraverso il diniego di ricevere o rilasciare informazioni, il rifiuto esplicito o implicito di svolgere indagini
in maniera seria, il fingere indagini che in verità non
avvengono ovvero il fornire informazioni false.
A queste condotte si potrebbe accompagnare la realizzazione di altri reati come l’intimidazione o la diffamazione degli interessati.
L’obbiettivo di queste condotte consiste, in primis,
nel mantenere la segretezza della sparizione forzata
della persona scomparsa nonché la situazione di incertezza, ma anche nell’indurre gli interessati all’abbandono delle proprie indagini sulla sorte del soggetto sparito.
In sintesi, quindi, nei confronti dei prossimi congiunti
vengono messi in pericolo i beni giuridici dell’integrità psichica e la vita privata e famigliare nonché la
garanzia statale di effettuare indagini efficaci e complete, compresa la fornitura di informazioni circa la
sorte del prossimo congiunto sparito. In una prospettiva Cedu vengono in rilievo, innanzitutto, l’obbligo
di rispettare i diritti dell’uomo (art. 1 Cedu), la proibizione del trattamento inumano o degradante (art. 3
Cedu), il diritto alla libertà e alla sicurezza (art. 5
Cedu), il diritto a un equo processo (art. 6 Cedu), il
diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8
Cedu), il diritto ad un ricorso effettivo (art. 13 Cedu).
Da ciò consegue la responsabilità dello Stato membro per la violazione dei cosiddetti obblighi positivi
di proteggere e di garantire l’efficacia dei diritti fondamentali (p. es. in tema di trattamento di persone
detenute (177) o, generalmente, di proteggere l’individuo da condotte criminali effettuati da altri individui (178), ma anche di rispettare la vita privata e
familiare degli individui) (179), compreso l’obbligo
statale di condurre indagini effettive (180) volte ad
accertare i fatti e a individuare le persone penalmente responsabili per i fatti accaduti (181).
Infine, la sparizione forzata mette in pericolo anche
beni giuridici collettivi, quali la pace pubblica e l’ordine pubblico.
e) L’elemento soggettivo.
Innanzitutto, l’elemento soggettivo del crimine di
sparizione forzata di persona è costituito dal dolo,
almeno eventuale, del soggetto attivo con riferimento all’elemento oggettivo, ossia il proprio contributo
essenziale nella sparizione forzata di persona mediante una condotta diretta (p. es. sequestro della
persona) o soltanto indiretta (p. es. negazione di in-
formazioni da parte dell’autorità statale) (182). Spesso però i soggetti mediatamente attivi non hanno
conoscenze specifiche sulla vera sorte della persona
scomparsa. Ciò nonostante, la loro desistenza dall’effettuare le indagini è motivata dal voler contribuire
alla strategia statale-politica.
Dunque, l’elemento soggettivo è caratterizzato dal
dolo eventuale, diretto o intenzionale sotto un duplice profilo (183). In primis, il dolo deve riguardare
l’aspetto della condotta concretamente attuata dal
soggetto attivo. In secundis, il dolo deve altresı̀ comprendere l’elemento contestuale, ossia l’inserimento
della condotta dell’agente nel contesto repressivostatale. In quest’ottica, però, è necessario che il soggetto agente abbia la conoscenza (o la ragionevole
presunzione) sulle circostanze del contesto politico
statale nonché la consapevolezza di contribuire, con
la propria condotta, ad una ipotesi di sparizione forzata di persona.
(172) Cfr. SCHABAS, The International Criminal Court: A Commentary on the Rome Statute, Oxford, 2010, 181: «[T]he Elements of Crimes provision for enforced disappearance is the
most complex of any of the crimes against humanity»; simile
anche CITRONI, Corte Europea e Corte interamericana, cit., 60 e
VERMEULEN, The Duty to Take Preventive Operational Measures.
An Adequate Legal Tool to Hold States Responsible in Enforced
Disappearance Case?, in Margins of Conflict, a cura di Buyse,
Anversa, 2011, 153, 157 ss.
(173) Secondo CITRONI, Corte Europea e Corte interamericana,
cit., 60, a seconda dei casi, il crimine de quo implica necessariamente la violazione del diritto alla libertà personale, alla vita, al
riconoscimento della personalità giuridica, alla protezione giuridica, al nome e all’identità, alla libertà di espressione, religione
ed associazione, a non essere discriminato, la proibizione di tortura, nonché i diritti della famiglia; v. anche MCGREGOR-MOXHAM, Spinning a ‘Global Spider’s Web’: Claims of national security and ongoing impunity for ‘‘extraordinary rendition’’, in Extraordinary Renditions, a cura di Nowak-Schmidt, cit., 33, 36 ss.
(174) Per la seguente disamina cfr. i rinvii di GRAMMER, Der
Tatbestand, cit., 19 ss., 97 ss., 176 ss.
(175) SARKIN, Enforced Disappearance, cit., 394 s.: «Commonly,
disappearances involve deliberate and well-organized plans clouded in secrecy. The plan is often carried out by well-organized
and well-armed perpetrators, who are either employed by or are
agents of the State. Some government use other groups to perpetrate these acts. Thus, the practice is often part of a conscious
and deliberate policy that is carefully executed by government
officials, or by other with State support or with State acquiescence».
(176) VERMEULEN, Why is Establishing a Systematic Practice, cit.,
417 s.
(177) V. C. Dir. Uomo, sentenza del 15-7-2002, ric. n. 47095/99,
Kalashnikov contro Russia, n. 92 ss.; v. LEACH, Taking a case,
cit., 260 s.
(178) V., ex multis, C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del
28-10-1998, ric. n. 23452/94, Osman contro Regno Unito; C. Dir.
Uomo, sentenza del 9-6-2009, ric. n. 33401/02, Opuz contro Turchia; da ultimo v. C. Dir. Uomo, sentenza del 2-3-2017, ric. n.
41237/14, Talpis contro Italia, n. 101, con nota di CASIRAGHI, La
Corte di Strasburgo condanna l’Italia per la mancata tutela delle
vittime di violenza domestica e di genere, DPCont, 3/2017, 378.
(179) V. C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 13-6-1979,
ric. n. 6833/74, Marckx contro Belgio, n. 31.
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
(180) V. C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 15-5-2007,
ric. n. 52391/99, Ramsahai et al. contro i Paesi bassi, n. 321 ss.; in
tema cfr. LEACH, Taking a case, cit., 261 ss.
(181) In tema degli obblighi di positivi volti a pervenire casi di
sparizione forzata di persone, v. VERMEULEN, The Duty to Take,
cit., 160 ss., 165 ss.; in generale invece KAMBER, Prosecuting
human rights offences, cit., 131 s., 224 S. e VIGANÒ, Obblighi
convenzionali di tutela penale?, in La Convenzione europea dei
diritti dell’uomo nell’ordinamento penale italiano, a cura di Manes-Zagrebelsky, Milano, 2011, 243, 247 ss.
(182) In tema cfr. l’ampia analisi di GRAMMER, Der Tatbestand,
cit., 224 ss.; KNOOPS, Mens rea, cit., 139 s.
(183) Cfr. INTERNATIONAL CRIMINAL COURT, Elements of Crime,
Enschede, 2011, 11 [con riferimento all’art 7, 1º co., lett. i), dello
Statuto di Roma]: «3. The perpetrator was aware that: (a) Such
arrest, detention or abduction would be followed in the ordinary
course of events by a refusal to acknowledge that deprivation of
freedom or to give information on the fate or whereabouts of
suchs person or persons; or (b) Such refusal was preceded or
accompanied by that deprivation of freedom.»; v. anche il riassunto di KNOOPS, Mens rea, cit., 140: «In order to have a person
convicted for enforced disappearance, it is paramount that the
enforced disappearance was committed as part of a widespread
or systematic attack directed against civilian population. For the
enforced disappearance of persons, it is also required that the
perpetrator intended to remove such person or persons from the
protection of the law for a prolonged period of time. (...) Moreover, the perpetrator also had to know that the conduct was
part of or intended the conduct to be part of a widespread or
systematic attack directed against a civilian population.
14. L’essenza dell’illecito di sparizione forzata di persona.
In sintesi, dunque, la sparizione forzata di persone è
un reato plurioffensivo. Infatti, non vengono poste in
essere soltanto condotte contro beni giuridici di elevato rango della persona scomparsa, ma vi sono anche lesioni di beni giuridici dei prossimi congiunti
della vittima. Inoltre, il crimine de quo si pone in
contrasto con diversi beni giuridici collettivi.
La specificità dell’illecito di sparizione forzata di persone risiede, da un lato, nel fatto che le singole lesioni di beni giuridici presentano uno stretto carattere di
interdipendenza. Infatti, alla scomparsa della vittima
si collega, nei confronti dei prossimi congiunti, l’incertezza sulla sorte della stessa. Quest’ultimo aspetto
viene alimentato sia dalla condotta di privazione della libertà, sia dagli atti dell’autorità pubblica volti ad
ostacolare le indagini e l’informazione.
Dall’altro lato, l’ulteriore caratteristica dell’illecito di
sparizione forzata consiste nel coinvolgimento dell’apparato statale nella realizzazione dei fatti tipici
e nell’ostacolo ai rimedi giudiziari al fine di garantire,
in primis, la coltivazione di un sistema di repressione (184) e, in secundis, l’assicurazione dell’impunità
dei soggetti agenti coinvolti. Da ciò si rileva la strumentalizzazione degli organi statali per motivi illeciti,
con la conseguente negazione dello Stato di diritto (185).
Ciò premesso, si ritiene che l’essenza dell’illecito di
sparizione forzata di persona risieda:
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– nell’interdipendenza di diverse lesioni di beni giuridici di elevato rango;
– nel coinvolgimento degli organi statali nella realizzazione del crimine (186).
(184) Cfr. anche VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 1.
(185) V. anche il riassunto sul fenomeno de quo di VERMEULEN,
Why is Establishing a Systematic Practice, cit., 416: «The essence
of an enforced disappearance is the apprehension of a person by
State agents, or by persons acting with the support or acquiescence of the State, followed by a denial of his or her deprivation
of liberty and the concealment of his or her whereabouts or fate.
As a consequence, the disappeared person is at the complete
mercy of the perpetrators and is left with no contact with any
person outside his or her captivity. Being in this situation, he or
she is at serious risk of being tortured and, eventually, killed. In
the meantime, relatives are in a continuous state of uncertainty
and anguish about the fate and whereabouts of the disappeared
person due the denials of the arrest or any knowledge thereof by
the State authorities. Moreover, the denials put forward by the
State authorities serve to shield the perpetrators from any form
of accountability.»
(186) GRAMMER, Der Tatbestand, cit., 97 ss.
15. L’introduzione della fattispecie nel diritto interno.
Allo stato attuale, l’ordinamento penale italiano non
prevede la fattispecie di sparizione forzata di persone. Nonostante ciò, le varie condotte dell’illecito de
quo sono sussumibili in vari reati del diritto interno (187).
Cosı̀, l’aspetto della privazione di libertà sarebbe punibile, in primis, ai sensi del delitto di sequestro di
persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289
bis c.p.), nonché in virtù delle disposizioni che incriminano i delitti contro la libertà personale, tra cui il
sequestro di persona (art. 605 c.p.), l’arresto illegale
(art. 606 c.p.), l’indebita limitazione di libertà personale (art. 607 c.p.), l’abuso di autorità contro arrestati
o detenuti (art. 608 c.p.) e perquisizioni e ispezione
personali arbitrarie (art. 609 c.p.).
Il fenomeno degli interrogatori violenti potrebbe essere represso in virtù dei delitti contro la libertà morale, ossia la violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia
(art. 612 c.p.), stato di incapacità procurato mediante
violenza (art. 613 c.p.) e soprattutto attraverso l’introduzione, nel 2017, dei nuovi delitti di tortura (art.
613 bis c.p.) e di istigazione del pubblico ufficiale a
commettere tortura (art. 613 ter c.p.) (188), nonché
in virtù dei delitti contro l’incolumità individuale, ossia la lesione personale semplice (art. 582 c.p.), grave
e gravissima (art. 583 c.p.), l’abbandono di persone
minori o incapaci (art. 591 c.p.).
Con riferimento all’uccisione delle vittime, si potrebbe senz’altro applicare l’omicidio volontario (art. 575
c.p.), aggravato ai sensi dell’art. 577 c.p.
Il successivo occultamento del cadavere potrebbe essere sussunto all’interno dei delitti contro la pietà dei
defunti, ossia vilipendio di cadavere (art. 410 c.p.),
distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere
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(art. 411 c.p.), occultamento di cadavere (art. 412
c.p.) ovvero uso illegittimo di cadavere (art. 413 c.p.).
Le condotte di disinformazione potrebbero integrare
l’abuso di ufficio (art. 323 c.p.), rifiuto di atti d’ufficio
(art. 328 c.p.), rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica (art. 329 c.p.), sottrazione o danneggiamento di
cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un
procedimento penale o dall’autorità amministrativa
(art. 334 c.p.), le diverse ipotesi di omessa denuncia
di reato di cui agli artt. 361 ss. c.p., simulazione di
reato (art. 367 c.p.), calunnia (art. 368 c.p.), false
informazioni al pubblico ministero, al procuratore
della Corte penale internazionale (art. 371 bis c.p.)
o al difensore (art. 371ter c.p.), falsa testimonianza
(art. 372 c.p.), frode processuale (art. 374 c.p.), false
dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale
(art. 374 bis c.p.), frode in processo penale e depistaggio (art. 375 c.p.), intralcio alla giustizia (art. 377
c.p.), induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria
(art. 377 bis c.p.), favoreggiamento personale (art.
378 c.p.).
Ciò nonostante, ci sono varie ragioni per affermare la
legittimità e necessità di introdurre una fattispecie di
sparizione forzata ad hoc nell’ordinamento penale
interno (189).
a) Ragioni di diritto interno.
In primis, una tale legittimazione di tipo sostanziale
si evince dall’analisi strutturale dell’illecito specifico
di sparizione forzata (v. supra, sub par. 13). Il concorso tra le singole fattispecie supra richiamate, infatti, non è in grado di cogliere la specificità del crimine de quo, residente nella duplice ragione della
stretta interdipendenza delle lesioni di beni giuridici
e del coinvolgimento sistematico di organi statali nella realizzazione del crimine (190).
In secundis, il motivo di creare un’apposita norma
risiede nelle difficoltà probatorie che si riscontrano
nella realizzazione del fatto tipico. A causa dell’esecuzione «militare-professionale» della sparizione di
persone attraverso il placet dello Stato, spesso non
si riesce a delineare con esattezza la sorte della vittima che ha subito la privazione della libertà. Infatti, in
assenza di un cadavere, non si riesce ad individuare
tutti i fatti accaduti (p. es. se e/o in quale misura vi sia
stato impiego di tortura, se e/o in quale modo fu
causata la morte del sequestrato). Attraverso l’introduzione di una fattispecie basata su circostanze fattuali facilmente provabili (p. es., il sequestro della
persona sparita con il combinato rifiuto di rivelare
informazioni sulla sorte della stessa) che integrerebbe la caratteristica di reati di pericolo, si potrebbero
aggirare le difficoltà probatorie legate alla realizza-
zione del fatto tipico di sparizione forzata di persona (191).
Poiché la fattispecie coglierebbe l’essenza di illecito
penale sui generis, si arriverebbe ad un concorso
ideale di reato con ogni singola fattispecie supra richiamata al fine di chiarire le condotte dei singoli
agenti coinvolti nella realizzazione del crimine nel
caso concreto.
b) Ragioni di diritto internazionale.
Anche l’indagine sul diritto internazionale (v. supra,
sub Sez. II) fa emergere una duplice ragione circa la
necessità per l’Italia di provvedere all’introduzione
del crimine ‘‘sparizione forzata di persone’’ nell’ordinamento giuridico interno.
Questa necessità nasce, in primis, dalla ratifica della
Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata da parte dell’Italia nel 2015, da cui sorge un obbligo per lo Stato di
introdurre la fattispecie di sparizione forzata di persone nell’ordinamento interno. Infatti, l’art. 4 della
Convenzione prevede che «ciascuno Stato Parte
adotta le misure necessarie per garantire che la sparizione forzata costituisca un reato secondo la propria legge penale».
In secundis, l’opportunità di introdurre il crimine de
quo deriva altresı̀ dallo Statuto di Roma della Corte
penale internazionale (v. supra, sub par. 11). Benché
lo statuto stesso non preveda espressamente alcun
obbligo in tal senso, gli Stati parte dovrebbero comunque procedere all’attivazione del procedimento
legislativo per l’introduzione delle predette fattispecie per una duplice ragione. Da un lato, infatti, il
principio di complementarietà della giurisdizione
della Corte penale internazionale (192) garantisce
allo Stato-parte di condurre in via autonoma la persecuzione di crimini internazionali, evitando l’iter
giurisdizionale complementare della Corte penale internazionale (193). In quest’ottica, l’Italia dovrebbe
mettersi in grado di gestire in maniera autonoma ed
effettiva i relativi procedimenti e, di conseguenza,
provvedere all’introduzione dei singoli crimini nel
diritto interno (194). Dall’altro lato, l’introduzione
nel diritto interno delle singole fattispecie dello Statuto, nate nell’ambito dello ius consuetudinis del diritto internazionale e per tale ragione difficilmente
compatibili con il canone di sufficiente determinatezza della fattispecie penale (195), eviterebbe certe
tensioni con il principio di stretta legalità e sufficiente
determinatezza del diritto interno di cui all’art. 25
Cost. nonché all’art. 1 c.p.
(187) Cfr., a titolo esemplificativo, la sentenza di condanna della
Corte d’Assise di Roma, 6-12-2000, n. 1402/93, FI, 2002, II, 564
ss. nei confronti di militari in Argentina per la sparizione forzata
di diversi cittadini italo-argentini, per i delitti di cui agli artt. 575,
577 e 603 c.p.; Corte d’Assise di Roma, sentenza del 14-3-2007,
n. 9241/99; da ultimo, Corte d’Assise di Roma, sentenza del 17-1-
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2017, n. 31079 con varie condanne per il delitto di cui all’art. 630,
3º co., c.p., pubblicata su DPCont, 3-11-2017 con nota di MOSTARDINI.
(188) L. 14-7-2017, n. 110, recante «Introduzione del delitto di
tortura nell’ordinamento italiano», in G.U. 18-7-2017, n. 166; in
tema cfr. CASALE, A proposito dell’introduzione del nuovo delitto
di tortura ex art. 613-bis c.p. Il (discutibile) recepimento interno
del formante giurisprudenziale europeo e degli accordi internazionali, AP, 2017, n. 2, online; LANZA, Obblighi internazionali
d’incriminazione penale della tortura e ordinamento interno, IP,
2011, 743; ID., Verso l’introduzione del delitto di tortura nel codice penale italiano: una fatica di Sisifo, DPCont, 28-2-2016;
MARCHI, Il delitto di tortura: prime riflessioni a margine del nuovo
art. 613-bis c.p., DPCont, 31-7-2017; VIGANÒ, Sui progetti di introduzione del delitto di tortura in discussione presso la camera
dei deputati, DPCont, 25-9-2014.
(189) Conformemente anche CASADEVANTE ROMANI, International Law, cit., 56.
(190) In questo senso GRAMMER, Der Tatbestand, cit., 95 ss., 135
s.
(191) In questo senso GRAMMER, Der Tatbestand, cit., 136 s.
(192) Cfr. ampiamente AMBOS, Treatise on International Criminal Law, vol. III: International Criminal Procedure, Oxford,
2016, 268 ss., 295 ss.; LATTANZI, La complementarieta`, in La
Corte penale internazionale. Organi – Competenza – Reati – Processo, a cura di Lattanzi-Monetti, Milano, 2006, 179 ss.
(193) AMBOS, Treatise, cit., vol. III, 331: «Generally, positive complementary is to be welcomed in that it shows respect for the
national criminal justice system and thus better accommodates
local cultural sensitivities. Ideally, it empowers national criminal
justice systems and thus makes ICC intervention wholly unnecessary.»
(194) Cfr. anche LATTANZI, La complementarietà, in La Corte
penale internazionale. Organi – Competenza – Reati – Processo,
a cura di Lattanzi-Monetti, cit., 209 s.: «Può dunque dirsi che la
creazione della CPI non tende a rimpiazzare tourt court le giurisdizioni penali nazionali, ma è legata alla esigenza di sostituirsi a
quelle giurisdizioni che non operino in maniera adeguata nella
lotta contro l’impunità o che non siano in grado di farlo. Ciò
significa che la sua creazione non libera gli Stati dalle loro responsabilità morali e giuridiche verso la comunità internazionale
e verso l’umanità, dall’obbligo di trascinare di fronte alla giustizia penale coloro che siano sospettati di aver commesso crimini.
Al contrario, gli Stati, attraverso le corti nazionali, mantengono
le proprie prerogative fondamentali e sovrane e rimangono destinatari degli obblighi posti a loro carico di perseguire i presunti
criminali. Può anzi ben dirsi che il carattere complementare di
cui la Corte è stata dotata esalta indirettamente il ruolo primario
delle corti nazionali nel reprimere i più seri crimini di rilevanza
internazionale.»
(195) Per ragioni di completezza va rilevato che il principio di
legalità è riconosciuto dallo Statuto di Roma negli artt. 22 ss.: cfr.
AMBOS, Treatise, cit., vol. I, 88 ss.
16. Definizioni legali internazionali.
L’art. 2 della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata
descrive il fenomeno de quo nei seguenti termini:
«l’arresto, la detenzione, il sequestro e qualunque
altra forma di privazione della libertà da parte di
agenti dello Stato o di persone o gruppi di persone
che agiscono con l’autorizzazione, il sostegno o l’acquiescenza dello Stato, a cui faccia seguito il rifiuto di
riconoscere la privazione della libertà o il silenzio
riguardo alla sorte della persona sparita o al luogo
in cui essa si trovi, tale da sottrarre tale persona alla
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protezione garantita dal diritto». Questa definizione
focalizza tre elementi centrali della sparizione forzata, ossia la privazione della libertà, l’attività statale e
la conseguente negazione dell’accaduto nonché l’occultamento del destino dello sparito.
Ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale
internazionale, invece, la sparizione forzata si contestualizza nei crimini contro l’umanità e viene definita
dall’art. 7, 2º co., lett. i), nei seguenti termini: «l’arresto, la detenzione o il rapimento delle persone da
parte o con l’autorizzazione, il supporto o l’acquiescenza di uno Stato o organizzazione politica, che in
seguito rifiutino di riconoscere la privazione della
libertà o di dare informazioni sulla sorte di tali persone o sul luogo ove le stesse si trovano, nell’intento
di sottrarle alla protezione della legge per un prolungato periodo di tempo». Rispetto alla definizione della Convenzione internazionale, la presente contiene
due elementi ulteriori, ossia l’estensione dei possibili
soggetti attivi ad agenti privati e l’elemento soggettivo dell’intenzione di sottrarre la vittima per un certo
tempo dalla protezione della legge (196).
(196) In tema, cfr. ampiamente CITRONI, The Specialist Chamber
of Kosovo: The Applicable Law and the Special Challenges Related to the Crime of Enforced Disappearance, Journal of International Criminal Justice, 2016, 123, 130 ss.; ESPOSITO-GENTILETRAPASSO, I crimini contro l’umanità, in La Corte penale internazionale. Organi – Competenza – Reati – Processo, a cura di Lattanzi-Monetti, cit., 717 ss.; OTT, Enforced disappearance, cit., 165
ss.; SCOVAZZI-CITRONI, The struggle against Enforced Disappearance, cit., 274 ss.
17. Definizioni legali nazionali in Europa (cenni).
a) Austria.
A partire dall’1-1-2015, nell’ambito dei reati contro il
dovere d’ufficio, corruzione e reati connessi si colloca
al § 312b codice penale austriaco il reato di sparizione forzata di persona (197). Il fatto tipico viene descritto nei seguenti termini: «Chiunque sequestra una
persona su mandato o con l’approvazione di uno
Stato o di un’organizzazione politica o comunque la
priva della libertà personale e rifiuta di fornire informazioni sulla sua sorte o sul luogo in cui essa si trova,
è punito con la pena detentiva da uno a dieci anni.» (198) Oltre a ciò, il legislatore rinvia nell’ambito
della normativa dei crimini contro l’umanità (§ 321a,
1º co., n. 5, codice penale austriaco) a questa definizione legale.
b) Francia.
L’ordinamento penale francese punisce l’ipotesi del
sequestro di persone, a cui consegue la sparizione
forzata delle medesime e la qualifica come altri crimini contro l’umanità. Infatti, l’art. 212-1 codice penale francese rileva quanto segue: «La deportazione,
la riduzione in schiavitù o la pratica massiccia e sistematica di esecuzioni sommarie, di sequestri di per-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
sone seguiti dalla loro sparizione, della tortura o di
atti inumani, ispirate a motivi politici, filosofici, razziali o religiosi e organizzati in esecuzione di un piano concertato contro un gruppo della popolazione
civile sono puniti con l’ergastolo. I primi due paragrafi dell’art. 132-23 relativo al periodo di sicurezza
sono applicabili ai reati di cui al presente articolo» (199).
c) Germania.
Nonostante numerosi contributi dottrinali (200)
espressi in senso favorevole all’introduzione di
un’apposita fattispecie nel codice penale tedesco,
l’ordinamento penale tedesco contiene un specifico
riferimento alla fattispecie della sparizione forzata
solamente nell’ambito del codice penale internazionale (c.d. «Völkerstrafgesetzbuch, VStGB»). Cosı̀, il
§ 7, 1º co., n. 7 del VStGB definisce la sparizione
forzata nei seguenti termini: «Chiunque, nell’ambito
di un attacco esteso o sistematico alla popolazione
civile (...), al fine di sottrarre una persona per un
tempo prolungato alla tutela della legge, la fa sparire
in maniera forzata
a) sequestrandola o comunque privandola in maniera
significativa della libertà personale su mandato o con
l’approvazione di uno Stato o di un’organizzazione
politica, senza successivamente fornire, su richiesta,
informazioni veritiere in tempi brevi sulla sorte di
tale persona o sul luogo in cui questa si trova, oppure
b) rifiutandosi, su mandato di uno Stato o di un’organizzazione politica o in violazione di un obbligo
giuridico, di fornire informazioni in tempi brevi sulla
sorte di una persona che è stata privata della libertà
personale ai sensi della lett. a), o sul luogo in cui
questa si trova, ovvero fornendo un’informazione
non veritiera in proposito» (201).
d) Spagna.
Il codice penale spagnolo contiene una definizione
legale di sparizione forzata nell’ambito dell’art. 607
bis, dedicato ai delitti contro l’umanità. Infatti, l’art.
607 bis, 2º co., n. 6, codice penale spagnolo, prevedendo la pena detentiva di dodici a quindici anni per
la commissione del delitto de quo, definisce la sparizione forzata nei seguenti termini: «l’arresto, la detenzione, il sequestro, o qualsiasi altra forma di privazione della libertà da parte di agenti dello Stato o
da parte di persone o gruppi di persone che agiscono
con l’autorizzazione, il supporto o l’acquiescenza dello Stato, seguiti dal rifiuto di riconoscere detta privazione di libertà, o dall’occultamento della sorte o del
luogo in cui la persona sparita si trova, sottraendola
alla protezione della legge» (202).
e) Svizzera.
Con l’entrata in vigore dall’1-1-2017, il codice penale
svizzero prevede all’art. 185 bis il crimine di «sparizione forzata» (203), che si colloca sistematicamente
nel Titolo relativo ai crimini o delitti contro la libertà
personale. La definizione legale è la seguente: «È
punito con la pena detentiva non inferiore ad un
anno chiunque, nell’intento di sottrarre una persona
per un prolungato periodo di tempo dalla protezione
della legge:
a) priva la persona della libertà su mandato o con
l’approvazione di uno Stato o di un’organizzazione
politica, negando in seguito la fornitura di informazioni sulla sorte di tale persona o sul luogo in cui
questa si trova; o
b) si rifiuta di fornire informazioni sulla sorte di tale
persona o sul luogo in cui questa si trova, su mandato
di uno Stato o di un’organizzazione politica oppure
in violazione di un obbligo legale.
È punito anche chi commette il reato all’estero, si
trova in Svizzera e non è estradato. È applicabile
l’articolo 7 capoversi 4 e 5» (204). Inoltre, il legislatore fa riferimento al delitto de quo nell’ambito degli
atti preparatori contro la tranquillità pubblica [art.
260 bis, 1º co., lett. f bis], codice penale svizzero) e
dei crimini contro l’umanità [art. 264a, 1º co., lett. e),
codice penale svizzero].
(197) In argomento cfr. STAFFLER, I nuovi delitti e crimini di
guerra nel diritto penale austriaco, RIDPP, 2015, 1025, 1028 s.
(198) «Wer eine Person im Auftrag oder mit Billigung eines
Staates oder einer politischen Organisation entführt oder ihr
sonst die persönliche Freiheit entzieht und das Schicksal oder
den Verbleib der verschwundenen Person verschleiert, ist mit
Freiheitsstrafe von einem bis zu zehn Jahren zu bestrafen».
(199) «La déportation, la réduction en esclavage ou la pratique
massive et systématique d’exécutions sommaires, d’enlèvements
de personnes suivis de leur disparition, de la torture ou d’actes
inhumains, inspirées par des motifs politiques, philosophiques,
raciaux ou religieux et organisées en exécution d’un plan concerté à l’encontre d’un groupe de population civile sont punies
de la réclusion criminelle à perpétuité. Les deux premiers alinéas
de l’article 132-23 relatif à la période de sûreté sont applicables
aux crimes prévus par le présent article».
(200) Cfr. VON BRAUN/DIEHL, Die Umsetzung der Konvention
gegen das Verschwindenlassen in Deutschland. Zur Erforderlichkeit eines eigenen Straftatbestandes, in Zeitschrift für Internationale Strafrechtsdogmatik, 2011, 214 ss.
(201) «Wer im Rahmen eines ausgedehnten oder systematischen
Angriffs gegen die Zivilbevölkerung (...) einen Menschen dadurch zwangsweise verschwinden lässt, dass er in der Absicht,
ihn für längere Zeit dem Schutz des Gesetzes zu entziehen,
a) ihn im Auftrag oder mit Billigung eines Staates oder einer
politischen Organisation entführt oder sonst in schwerwiegender
Weise der körperlichen Freiheit beraubt, ohne dass im Weiteren
auf Nachfrage unverzüglich wahrheitsgemäß Auskunft über sein
Schicksal oder seinen Verbleib erteilt wird, oder
b) sich im Auftrag des Staates oder der politischen Organisation
oder entgegen einer Rechtspflicht weigert, unverzüglich Auskunft über das Schicksal und den Verbleib des Menschen zu
erteilen, der unter den Voraussetzungen des Buchstaben a seiner
körperlichen Freiheit beraubt wurde, oder eine falsche Auskunft
dazu erteilt».
(202) «Con la pena de prisión de doce a quince años la desaparición forzada de personas. Se entenderá por desaparición forzada la aprehensión, detención o el secuestro o cualquier otra
forma de privación de libertad que sean obra de agentes del
Estado o por personas o grupos de personas que actúan con la
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
autorización, el apoyo o la aquiescencia del Estado, seguida de la
negativa a reconocer dicha privación de libertad o del ocultamiento de la suerte o el paradero de la persona desaparecida,
sustrayéndola de la protección de la ley».
(203) Introdotto dal n. 1 dell’all. 2 al Decreto Federale che approva e traspone nel diritto svizzero la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata
del 18-12-2015, entrato in vigore in data 1-1-2017.
(204) Art. 7 codice penale svizzero («Condizioni di luogo. / Altri
reati commessi all’estero»): «(4) Fatta salva una crassa violazione dei principi della Costituzione federale e della Cedu, l’autore
non é più perseguibile in Svizzera per il medesimo fatto se:
a. è stato assolto con sentenza definitiva da un tribunale estero;
b. la sanzione inflittagli all’estero è stata eseguita o condonata
oppure è caduta in prescrizione.
(5) Se, per il medesimo fatto, l’autore è stato condannato all’estero e vi ha scontato solo parzialmente la pena, il giudice computa la pena scontata all’estero in quella da pronunciare. Il giudice decide se una misura ordinata all’estero, ma all’estero solo
parzialmente eseguita, debba essere continuata o computata nella pena inflitta in Svizzera».
18. Definizioni dottrinali (cenni).
Anche nella dottrina non sono mancati tentativi di
definire il fenomeno della sparizione forzata (205).
Una definizione di ‘‘sparizione forzata di persone’’ di
particolare interesse è ricavabile dalla prima monografia, redatta da un giurista continentale, dedicata
all’analisi dogmatica della materia de qua (206). Dopo un’ampia indagine sulla fenomenologia internazionale nonché sull’analisi strutturale del fatto tipico
di sparizione forzata, l’Autore giunge alla seguente
proposta legislativa per la trasposizione della figura
internazionale di ‘‘sparizione forzata’’ nell’ordinamento interno nei seguenti termini:
«Comma 1. Chiunque, in qualità di membro di un’organizzazione statale o di un’organizzazione che agisce in sostituzione dello Stato, o con la loro autorizzazione, supporto o acquiescenza, contribuisce alla
sparizione di una persona (comma 2) privandola della libertà, rifiutando di fornire informazioni su tale
privazione della libertà o sulla vittima, nascondendo
o ostacolando le ricerche relative, è punito con la
reclusione non inferiore a cinque anni o con l’ergastolo.
Comma 2. Per sparizione forzata di una persona si
intende qualsivoglia forma di privazione della libertà
di una persona da parte di un’organizzazione statale
o di un’organizzazione che agisce in sostituzione dello Stato, o con la loro autorizzazione, supporto o
acquiescenza, seguita dalla mancanza di informazioni
sulla privazione di libertà o sulla sorte della persona
sparita, o da un rifiuto di divulgare tali informazioni,
al fine di sottrarre la persona sparita per un tempo
prolungato alla tutela della legge» (207).
Un’altra definizione (rectius: proposta legislativa) fu
elaborata da Kai Ambos e MarÍa Laura Böhm nel
contesto di un’analisi comparativa-internazionale
sulla sparizione forzata di persona:
«Sparizione forzata di persone. (1) Lo Stato o l’indi-
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viduo che agisce con l’autorizzazione, il supporto o
l’acquiescenza dello Stato, che nell’ambito di un attacco sistematico o generalizzato alla popolazione
civile
1. priva con un qualsiasi mezzo una persona della
libertà, e poi non fornisce informazioni sulla privazione di libertà o sul luogo in cui la persona si trova o
sulla sua sorte entro il termine stabilito dalla legge o,
in mancanza, entro quarantotto ore, oppure;
2. non fornisce informazioni sulla privazione di libertà o sul luogo in cui la persona privata della libertà si
trova o sulla sua sorte entro il termine stabilito dalla
legge o, in mancanza, entro quarantotto ore dal momento in cui ha avuto conoscenza della privazione di
libertà cui si riferisce il precedente numero 1,
al fine di sottrarre questa persona alla tutela della
legge, è punito con (...).
(2) Se un’organizzazione politica o un individuo che
agisce con l’autorizzazione, il supporto o l’acquiescenza di un’organizzazione politica, nell’ambito di
un attacco sistematico o generalizzato alla popolazione civile, priva una persona della libertà e la mantiene nascosta nel territorio che di fatto si trova sotto il
controllo della predetta organizzazione, con l’intenzione di sottrarre questa persona alla protezione dello Stato, sarà punito con (...)» (208).
(205) Cfr. le indagini di KÄLIN-KÜNZLI, The Law, cit., 339 ss.;
OTT, Enforced disappearance, cit., 15 ss.; PERÉZ SOLLA, Enforced
Disappearances, cit., 7 ss.; SARKIN, Enforced Disappearance, cit.,
392; VERMEULEN, Enforced Disappearance, cit., 169 ss.
(206) GRAMMER, Der Tatbestand, cit.
(207) GRAMMER, Der Tatbestand, cit., 240: «Absatz 1: Wer als
Mitglied einer staatlichen oder staatsersetzenden Organisation
oder mit deren Ermächtigung, Unterstützung oder Duldung zum
Verschwindenlassen einer Person (Absatz 2) dadurch beiträgt,
dass er diese ihrer Freiheit beraubt, Informationen über diese
Freiheitsberaubung oder deren Opfer verweigert, verbirgt oder
die Suche danach behindert, wird mit Freiheitsstrafe nicht unter
fünf Jahren oder mit lebenslanger Freiheitsstrafe bestraft. Absatz 2: Verschwindenlassen ist jedwede Form der Freiheitsberaubung einer Person durch eine staatliche oder staatsersetzende
Organisation oder mit Ermächtigung, Unterstützung oder Duldung einer solchen Organisation, gefolgt von einem Mangel an
Informationen über die Freiheitsberaubung oder das Schicksal
des Verschwundenen oder einer Weigerung, solche Informationen preiszugeben, in der Absicht, den Verschwundenen für längere Zeit dem Schutz des Gesetzes zu entziehen».
(208) AMBOS-BÖHM, La desaparición forzada de personas como
tipo penal autónom. Análisis comparativo-internacional y propuesta legislativa, in Desaparición forzada de personas. Análisis
comparado e internacional, a cura di Ambos, Bogotá, 2009, 195,
251: «Desaparición forzada de personas.
1. El Estado o el particular que actuare con la autorización,
apoyo o aquiescencia del Estado, que en el marco de un ataque
sistemático o generalizado a una población civil
1) privare a una persona de la libertad por cualquier medio, y
luego no informare sobre la privación de libertad o sobre el
paradero o suerte de esa persona dentro del plazo legalmente
estipulado o, en su defecto, en el plazo de cuarenta y ocho horas;
o
2) no informare sobre la privación de libertad o sobre el para-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
dero o suerte de la persona privada de la libertad dentro del
plazo legalmente estipula- do o, en su defecto, en el plazo de
cuarenta y ocho horas a partir de haber tenido conocimiento
sobre la privación de la libertad a que hace referen- cia el apartado anterior,
con la intención de dejar a esa persona fuera del amparo de la
ley, será penado con (...).
2. La organización polÍtica o el particular que actuare con la
autorización, apoyo o aquiescencia de una organización polÍtica,
que en el marco de un ataque sistemático o generalizado a una
población civil privare a una persona de la libertad y la mantuviere oculta en territorio que se encon- trare fácticamente bajo
control de dicha organización, con la intención de dejar a esa
persona fuera del ámbito de protección del Estado, será penada con (...)».
IV. PROFILI DI DIRITTO PROCESSUALE (CEDU).
Sul piano processuale, con riferimento alle garanzie
previste dalla Cedu, la persecuzione di ipotesi di sparizione forzata di persone comporta innanzitutto due
sfide centrali, oggetto della presente indagine. Si tratta, in primis, della posizione processuale dei prossimi
congiunti della persona sparita (sub par. 19) nonché,
in secundis, del regime probatorio in cui incanalare
l’accertamento dei fatti accaduti (sub par. 20).
19. Status processuale dei prossimi congiunti della
persona sparita.
L’indagine strutturale del crimine di sparizione forzata ha evidenziato che il medesimo non si limita ad
incidere sulla persona sparita, ma riguarda concretamente anche la sfera dei prossimi congiunti. Infatti,
questi ultimi si vedono lesi in diversi diritti fondamentali, ossia il divieto a subire trattamenti disumani
o denigranti, il diritto al rispetto della vita privata e
familiare nonché il diritto ad un rimedio giudiziario
effettivo in grado di porre luce sulla vicenda sottoposta alle autorità competenti.
La C. Dir. Uomo ha esaminato la capacità processuale dei prossimi congiunti della persona sparita soprattutto alla luce del divieto di trattamenti disumani
e degradanti di cui all’art. 3 Cedu.
Con riguardo alla garanzia di cui all’art. 3 Cedu, nel
caso Kurt contro Turchia (209) la C. Dir. Uomo ha
constatato un trattamento disumano nei confronti
della madre della vittima. Tuttavia, la Corte non sviluppò principi generali sulla capacità processuale dei
prossimi congiunti della persona sparita, limitandosi
ad affermare che la ricorrente era la madre della
persona sparita (210). Questa lacuna è stata colmata
dalla successiva decisione Çakici contro Turchia (211). Al fine di stabilire i criteri generali per
la valutazione dello status di persona offesa ai sensi
dell’art. 3 Cedu di un prossimo congiunto della persona sparita, la C. Dir. Uomo impiegò sia i criteri
della prossimità del vincolo familiare – con specifico
rilievo della relazione tra genitori e figli – e delle
circostanze particolari della relazione familiare, ma
attribuiva anche specifica rilevanza alle circostanze
fattuali del caso concreto, ossia se il prossimo congiunto abbia assistito all’arresto della persona sparita
e/o se fosse direttamente coinvolto nei rapporti con
le autorità pubbliche al fine di ottenere informazioni
sulla sorte della persona sparita (212). Anche se l’arresto della persona sparita costituisce di per sé un
fattore rilevante per i prossimi congiunti che si sentono intimoriti e disperati, la presenza di questi ultimi a questo evento di per sé non costituisce una
condicio sine qua non per acquisire lo status di persona offesa, essendo sufficienti a tal fine le sofferenze
dei prossimi congiunti derivanti dalle mancate risposte alle sollecitazioni e richieste sulla sorte della persona sparita (213). Il trattamento degradante da parte delle autorità pubbliche nei confronti dei prossimi
congiunti deve manifestarsi concretamente: in quest’ottica, nel caso di Çakici contro Turchia la C.
Dir. Uomo è giunta a respingere la violazione dell’art. 3 Cedu nei confronti del fratello della persona
sparita, poiché quest’ultimo, pur avendo collaborato
nell’avviare diverse petizioni e richieste alle autorità
pubbliche, non risultava essere il soggetto precipuamente destinatario delle risposte, in quanto il padre
della vittima aveva presentato il maggior numero di
istanze più significative al fine di ottenere informazioni sulla sorte del proprio figlio (214). Nell’ottica
dell’art. 3 Cedu, comunque, i principi generali ora
descritti presentano una certa elasticità nella giurisprudenza della C. Dir. Uomo. Infatti, nel caso Akdenzi et al. contro Turchia (215) la violazione dell’art. 3 Cedu è stata esclusa nonostante la presentazione di ricorso da parte di due padri delle vittime, la
presenza del fratello della vittima al momento dell’arresto della persona sparita e il contatto diretto tra
la ricorrente e le autorità pubbliche. Nel caso Nesibe
Haran contro Turchia (216), invece, è stata confermata la violazione dell’art. 3 Cedu nei confronti della
partner della persona sparita, da cui quest’ultima
aveva avuto tre figli.
In sintesi, alla luce della giurisprudenza della C. Dir.
Uomo, il possesso della qualità di prossimo congiunto della persona sparita non attribuisce di per sé lo
status di vittima. Invero, la Corte di Strasburgo esige
la presenza del prossimo congiunto, preferibilmente
legato dal vincolo familiare più stretto, nel momento
del rapimento nonché la profonda interazione con le
autorità pubbliche. Tuttavia, questa concezione non
sembra condivisibile (217). Infatti, il presupposto
della presenza in loco del prossimo congiunto come
fattore determinante per lo status di vittima non sembra adeguato, poiché le sofferenze della vittima, alla
luce della garanzia di cui all’art. 3 Cedu, non derivano solo dall’atto di arresto, ma anche dalla negazione
dell’avvenuto rapimento e dall’inefficacia della risposta statale al caso concreto. Inoltre, il ricorso ai criteri
formali della vicinanza di parentela non sembra ido-
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SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
nea a rispecchiare la situazione familiare nel caso
concreto, precludendo in quo modo la dimostrazione
delle sofferenze realmente subite da parte del ricorrente. Infine, l’attività di impulso e sollecitazione della persona ricorrente nei confronti delle autorità statali non dovrebbe assumere un ruolo talmente determinante, poiché non prende in considerazione eventuali repressioni statali o sofferenze psicologiche subite dai ricorrenti.
(209) C. Dir. Uomo, sentenza del 25-5-1998, ric. n. 24276/94,
Kurt contro Turchia.
(210) Ibidem, n. 134: «Having regard to the circumstances described above as well as to the fact that the complainant was the
mother of the victim of a human rights violation and herself the
victim of the authorities’ complacency in the face of her anguish
and distress, the Court finds that the respondent State is in
breach of Article 3 in respect of the applicant».
(211) C. Dir. Uomo, sentenza del 8-7-1999, ric. n. 23657/94, Çakici contro Turchia.
(212) Ibidem, n. 98: «(...) Whether a family member is such a
victim will depend on the existence of special factors which gives
the suffering of the applicant a dimension and character distinct
from the emotional distress which may be regarded as inevitably
caused to relatives of a victim of a serious human rights violation. Relevant elements will include the proximity of the family
tie – in that context, a certain weight will attach to the parentchild bond –, the particular circumstances of the relationship, the
extent to which the family member witnessed the events in question, the involvement of the family member in the attempts to
obtain information about the disappeared person and the way in
which the authorities responded to those enquiries. The Court
would further emphasize that the essence of such a violation
does not so much lie in the fact of the ‘‘disappearance’’ of the
family member but rather concerns the authorities’ reactions and
attitudes to the situation when it is brought to their attention. It
is especially in respect of the latter that a relative may claim
directly to be a victim of the authorities’ conduct».
(213) Cosı̀ esplicitamente – seppur limitato al caso de quo – C.
Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 10-5-2001, ric. n.
25781/94, Cipro contro Turchia, n. 156.
(214) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 8-7-1999, ric.
n. 23657/94, Çakici contro Turchia, n. 99; cfr. l’analoga motivazione in C. Dir. Uomo, sentenza del 21-5-2005, ric. n. 27305/95,
Koku contro Turchia, n. 171; contra: la Partly Dissenting Opinion del Giudice THOMASSEN (giungo dai Giudici JUNGWIERT e
FISCHBACH) nel caso di Çakici contro Turchia, 1.
(215) C. Dir. Uomo, sentenza del 31-5-2005, ric. n. 25165/94,
Akdeniz e.al. contro Turchia, n. 102.
(216) C. Dir. Uomo, sentenza del 6-10-2005, ric. n. 28299/95,
Nesibe Haran contro Turchian. 58 s.
(217) In tema cfr. FELDMANN, Indirect victims, direct injury: recognizing relatives as victims under the European Human Rights
System, European Human Rights Law Review, 2009, 50, 51 ss., 61
s.; SCHIEDERJAHN, Das Verschwindenlassen, cit., 146 ss.
20. Sfide probatorie e prassi giurisprudenziale.
Generalmente, i procedimenti dinanzi alla C. Dir.
Uomo non presentano particolari esigenze di integrazione probatoria, poiché i fatti non vengono contestati o sono già stati accertati nell’ambito dei procedimenti nazionali. In un numero considerevole di
processi che riguardano casi di sparizione forzata,
però, la Corte di Strasburgo deve affrontare dei ri-
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corsi in cui la parte statale resistente ha mantenuto
una condotta processuale ostruttiva poiché ha negato, a livello nazionale, di effettuare indagini effettive
o rifiutato, nelle more del processo, di fornire documenti richiesti invocando p. es. la copertura del segreto di Stato (218). Alla luce di ciò, l’attività investigativa della C. Dir. Uomo volta ad accertare i fatti
avvenuti e di porre luce sulla sorte della persona
sparita, costituisce una garanzia particolare al fine
di rendere effettiva la tutela dei diritti fondamentali (219).
In generale, l’attività istruttoria processuale della C.
Dir. Uomo è regolata dall’art. 38 Cedu, il quale attribuisce alla Corte il potere di svolgere indagini e di
accertare ex officio i fatti contestati (220). Pertanto,
tutti gli Stati membri devono agevolare lo svolgimento di indagini che riguardino i fatti accaduti, compresa la fornitura di documentazione ovvero l’identificazione e l’esame di testimoni. Questa regola comportamentale è un correlato all’obbligo degli Stati membri di non ostacolare il diritto al ricorso individuale
ex art. 34 Cedu (221) e trova fondamento anche nel
Regolamento della Corte. In ogni caso, però, la C.
Dir. Uomo non possiede mezzi di coercizione per
sollecitare gli Stati alla cooperazione giudiziale, né
dispone di particolari mezzi di protezione di testimoni a rischio, dipendendo, pertanto, in gran parte dalla
cooperazione volontaria degli Stati membri (222).
Nonostante ciò, la Cedu ed il Regolamento della
Corte non contengono alcun regime probatorio formale per la Corte, attribuendo in quo modo alla medesima un ampio margine di discrezionalità nell’acquisizione e valutazione probatoria. Infatti, la Corte
di Strasburgo non è vincolata dall’accertamento processuale nazionale né da eventuali statuizioni statali
interne. Inoltre, l’eccezione dell’eventuale riservatezza del materiale documentale o della copertura del
segreto di Stato non è ammissibile nei confronti della
C. Dir. Uomo, poiché il regolamento della Corte
prevede altri meccanismi adeguati al fine di considerare eventuali interessi nazionali che permettono alla
Corte di valutare autonomamente gli invocati privilegi (223). Infine, la Corte di Strasburgo fonda i propri accertamenti sulla «coexistence of sufficiently
strong, clear and concordant inferences or of similar
unrebutted presumptions of fact» (224).
Nel caso in cui gli Stati parte attuino un comportamento ostruzionistico, rendendo quasi impossibile
per il ricorrente provare la presunta violazione di
diritti fondamentali, la C. Dir. Uomo, al fine di garantire una tutela effettiva di tali diritti, cerca di garantire l’equilibrio probatorio attraverso la concessione di alleggerimenti dell’onere della prova incombente sul ricorrente (225). Queste agevolazioni probatorie si articolano nell’onere, per il ricorrente, di
fornire materiale probatorio in grado di evidenziare
796
SPARIZIONE FORZATA DI PERSONE
prima facie la violazione contestata e di ribaltare
conseguentemente l’intero onere probatorio sulla
parte resistente statale chiamata a rendere dichiarazioni (226). Soprattutto nei casi di extraordinary rendition, la C. Dir. Uomo, al fine di ricostruire i fatti
accaduti, tiene anche conto del materiale stragiudiziale come indagini internazionali o documenti disponibili al pubblico (227). Se, in questo contesto, lo
Stato resistente persevera in un comportamento
non cooperativo od ostativo, la C. Dir. Uomo, nell’ambito dello specifico caso, ricava da questo comportamento delle conclusioni sui fatti da accertare (228). Nella prassi, la Corte di Strasburgo, di fronte a presunte violazioni delle garanzie di cui agli artt.
2, 3 e 5 Cedu provate prima facie dal ricorrente (229), ha tratto delle conclusioni svantaggiose
per lo Stato, tra l’altro nei seguenti casi:
– se lo stesso non adempie alla sollecitazione di fornire informazioni su fatti che dovrebbe conoscere (230);
– se nega di fornire informazioni di sua disponibilità
esclusiva (231);
– se non compaiono testimoni importanti della parte
resistente (232);
– se la persona sparisce in un ambito controllato
esclusivamente dallo Stato senza che lo stesso fornisca alcuna spiegazione (233);
– se la persona decede durante la detenzione nella
custodia statale senza alcuna spiegazione plausibile (234).
Attraverso questo regime probatorio, la C. Dir. Uomo contribuisce in maniera decisiva alla tutela effettiva dei diritti fondamentali, poiché già la ricostruzione dell’accaduto nei casi di sparizione forzata di persona da parte della giurisdizione costituisce un importante mezzo per porre fine agli effetti del crimine
de quo e a salvaguardare i diritti fondamentali dell’uomo.
LUKAS STAFFLER
(218) Cosı̀ C. Dir. Uomo, sentenza del 13-6-2000, ric. n. 23531/
94, Timurtaş contro Turchia, n. 28.
(219) In tema cfr. CLAUDE, A Comparative Approach to Enforced Disappearances in the Inter-American Court of Human
Rights and the European Court of Human Rights Jurisprudence,
Intercultural Human Rights Law Review, 2010, 407, 412 ss., 417
ss., 424 ss.
(220) LEACH, Taking a case, cit., 55 s.
(221) V. C. Dir. Uomo, sentenza del 24-7-2014, ric. n. 28761/11,
Al Nashiri contro Polonia, n. 362: «The obligation laid down in
Article 38 is a corollary of the undertaking not to hinder the
effective exercise of the right of individual application under
Article 34 of the Convention. The effective exercise of this right
may be thwarted by a Contracting Party’s failure to assist the
Court in conducting an examination of all circumstances relating
to the case, including in particular by not producing evidence
which the Court considers crucial for its task. Both provisions
work together to guarantee the efficient conduct of the judicial
proceedings and they relate to matters of procedure rather than
to the merits of the applicants’ grievances under the substantive
provisions of the Convention or its Protocols».
(222) In tema cfr. LEACH, Taking a case, cit., 59 s.; MEYER, Der
EGMR als Tatsacheninstanz, cit., 796 ss; SCHNIEDERJAHN, Das
Verschwindenlassen, cit., 101 ss.
(223) Cfr. C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 21-102013, ric. n. 55508/07 et al., Janowiec et al. contro Russia, n. 206:
«As regards the classification of documents as secret, the Court
was not satisfied, in one case, with the respondent Government’s
explanation according to which regulations relating to the procedure for review of prisoner’s correspondence constituted a
State secret or, in another case, that the domestic law did not
lay down a procedure for communicating information classified
as a State secret to an international organization. The Court
pointed out that, if there existed legitimate national security
concerns, the Government should have edited out the sensitive
passages or supplied a summary of the relevant factual grounds.
Finally, when reviewing the nature of the classified information,
the Court look into account whether the document was known to
anyone outside the secret intelligence services and the highest
State officials. The supposedly highly sensitive nature of information was cast into doubt once it became clear that lay persons,
such as the counsel for the claimant in a civil case, could take
cognizance of the document in question».
(224) V. C. Dir. Uomo, sentenza del 18-1-1978, ric. n. 5310/71,
Irlandia contro Regno Unito, n. 161; Id., sentenza del 24-7-2014,
ric. n. 28761/11, Al Nashiri contro Polonia, n. 394: «In assessing
evidence, the Court has adopted the standard of proof ‘‘beyond
reasonable doubt’’. However, it has never been its purpose to
borrow the approach of the national legal systems that use that
standard. Its role is not to rule on criminal guilt or civil liability but
on Contracting States’ responsibility under the Convention. The
specificity of its task under Article 19 of the Convention – to
ensure the observance by the Contracting States of their engagement to secure the fundamental rights enshrined in the Convention – conditions its approach to the issues of evidence and proof.
In the proceedings before the Court, there are no procedural barriers to the admissibility of evidence or pre-determined formulae
for its assessment. It adopts the conclusions that are, in its view,
supported by the free evaluation of all evidence, including such
inferences as may flow from the facts and the parties’ submissions.
According to the Court’s established case-law, proof may follow
from the coexistence of sufficiently strong, clear and concordant
inferences or of similar unrebutted presumptions of fact. Moreover, the level of persuasion necessary for reaching a particular
conclusion and, in this connection, the distribution of the burden
of proof, are intrinsically linked to the specificity of the facts, the
nature of the allegation made and the Convention right at stake.
The Court is also attentive to the seriousness that attaches to a
ruling that a Contracting State has violated fundamental rights».
(225) In tema cfr. SCHNIEDERJAHN, Das Verschwindenlassen, cit.,
108 ss.
(226) Cfr. C. Dir. Uomo, sentenza del 31-5-2005, ric. n. 27601/95,
Toĝcu contro Turchia, n. 95: «The Court has already noted the
difficulties for an applicant to obtain the necessary evidence in
support of his or her allegations which is in the hand of the
respondent Government in cases where the Government fail
to submit relevant documentation. It has previously held that,
where it is the Government’s non-disclosure of crucial documents in their exclusive possession which is preventing the Court
from establishing the facts, it is for the Government either to
argue conclusively why the documents in question cannot serve
to corroborate the allegations made by the applicants, or to
provide a satisfactory and convincing explanation of how the
events in question occurred. Failing this, an issue under Article
2 and/or Article 3 of the Convention will arise. However, to shift
the burden of proof onto the Government in such circumstances
requires, by implication, that the applicant has already made out
a prima facia case».
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STUPEFACENTI (PROFILI SOSTANZIALI)
(227) Cfr. C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 13-122012, ric. n. 39630/09, El-Masri contro Macedonia, n. 42 ss., dove
la Corte di Strasburgo elenca i due Marty Report del 2006 e
2007, il Fava Report del Parlamento europeo e i Concluding
Observations on the former Yugoslav Republic of Macedonia
del Comitato Diritti Umani dell’ONU del 2008; in tema ampiamente cfr. BÜRLI, Third-party interventions before the European
Court of Human Rights, Zurigo, 2014, 126 ss. e LEACH, Taking a
case, cit., 53 s.
(228) V. Art. 44C, 1º co., Regolamento della Corte: «Quando
una parte omette di presentare le prove o le informazioni richieste dalla Corte o di divulgare di sua propria volontà informazioni
pertinenti, o quando essa dimostra una mancanza di partecipazione effettiva al procedimento, la Corte può trarre dal suo
comportamento le conclusioni che ritiene appropriate.»; cfr.,
ex multis, C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 18-92009, ric. n. 16064/90 et al., Varnava et al. contro Turchia, n. 184.
(229) Queste prove possono essere riferite al buon stato di salute
della vittima nel momento dell’arresto: C. Dir. Uomo, sentenza
del 31-5-2005, ric. n. 27693/95, Çelikbilek contro Turchia, n. 64
ss.
(230) C. Dir. Uomo, sentenza del 12-10-2006, ric. n. 49438/99,
Staykov contro Bulgaria, n. 74: «Convention proceedings do not
in all cases lend themselves to a rigorous application of the
principle affirmanti incumbit probatio (he who alleges something
must prove that allegation), because in certain instances the
respondent Government alone have access to information capable of corroborating or refuting the applicant’s allegations. A
failure on this Government’s part to submit such information
without a satisfactory explanation may give rise to the drawing
of inferences as to the well-foundedness of these allegations».
(231) C. Dir. Uomo, sentenza del 27-3-2012, ric. n. 5432/07, Kadirova et al. contro Russia, n. 87: «The Court notes that despite
its requests for a copy of the investigation file into the abduction
of Milana Betilgiriyeva and Aset Yakhyayeva, the Government
refused to produce an entire copy of the case file, without providing an explanation for their failure to do so, which the Court
finds unacceptable.»
(232) C. Dir. Uomo, sentenza del 24-4-2003, ric. n. 24351/94,
Aktaş contro Turchia, n. 273 ss.
(233) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 18-9-2009,
ric. nn. 16064/90, 16065/90, 16066/90, 16068/90, 16069/90, 16070/
90, 16071/90, 16072/90, 16073/90, Varnava et al. contro Turchia.
(234) C. Dir. Uomo, Grande Camera, sentenza del 27-6-2000,
ric. n. 21986/93, Salman contro Turchia, n. 99: «In the light of the
importance of the protection afforded by Article 2, the Court
must subject deprivations of life to the most careful scrutiny,
taking into consideration not only the actions of State agents
but also all the surrounding circumstances. Persons in custody
are in a vulnerable position and the authorities are under a duty
to protect them. Consequently, where an individual is taken into
police custody in good health and is found to be injured on
release, it is incumbent on the State to provide a plausible explanation of how those injuries were caused. The obligation on
the authorities to account for the treatment of an individual in
custody is particularly stringent where that individual dies.»
Stupefacenti (profili sostanziali)
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