IlarIa ZuanaZZI
LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE
ASSISTITA NEL DIRITTO CANONICO
SommarIo: 1. Le conseguenze dell’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita
sulle relazioni familiari. - 2. La funzione del diritto canonico. - 3. Il principio del
favor personae: la tutela dei diritti fondamentali della persona. - 4. Il principio del
favor matrimoniii e del favor familiae: la tutela dei beni giuridici del matrimonio
e della famiglia: 4.1. Il contenuto essenziale dell’impegno coniugale; 4.2. Analisi
delle fattispecie di esclusione dei beni essenziali del matrimonio: 4.2.1. La fecondazione omologa: a) la fecondazione in vivo; b) La fecondazione in vitro; 4.2.2. La
fecondazione eterologa. - 5. Il principio del favor iliationis: la tutela dell’interesse
del nato ad avere un rapporto di iliazione con una coppia di genitori: 5.1. I criteri di
diritto naturale alla prova della fecondazione eterologa; 5.2. Il rapporto di parentela
legale tra il nato e i genitori sociali; 5.3. Una questione particolare: la maternità e
la gestazione surrogate.
1. Le conseguenze dell’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita sulle relazioni familiari
L’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita consente di
aggirare la condizione di sterilità o di infertilità degli aspiranti genitori, mediante interventi esterni alla coppia che incidono sul processo di procreazione,
in modo gradualmente più intenso: l’intervento tecnico del medico, l’intervento di chi fornisce i gameti, la gestazione nell’utero di una donna diversa sia
dalla donatrice di ovocita, sia dalla futura madre sociale. Da queste ingerenze
artiiciali derivano importanti conseguenze sulle dinamiche di generazione
di un iglio. Anzitutto, si produce la scomposizione e la manipolazione degli
elementi e delle fasi che compongono il processo di generazione e che nella
procreazione naturale si intrecciano e sono vissuti come una concatenazione
133
unitaria e intangibile. Inoltre, si veriica la frammentazione e la moltiplicazione
dei ruoli genitoriali tra persone diverse: chi dona i gameti, chi concepisce, chi
conduce la gravidanza, chi accoglie il bimbo dopo la nascita1.
Tali conseguenze comportano effetti rilevanti non solo in ordine all’estensione della capacità di generare delle persone coinvolte, ma, con una portata più ampia e in senso più pregnante, incidono sull’intero fenomeno della
procreazione umana, in quanto impongono di deinire, o rideinire, le nozioni
tradizionali di paternità e di maternità, nonché di precisare le basi per il sorgere
del rapporto di iliazione. Nel processo di procreazione naturale, i concetti e le
condizioni riguardanti le relazioni familiari restano impliciti, e quindi vengono
dati quasi per scontati o sono considerati del tutto evidenti, mentre ora, nella
procreazione medicalmente assistita, richiedono di essere precisati nel signiicato e nei presupposti. La risposta a queste domande di rinnovata comprensione
dei legami personali che derivano dalla procreazione richiede peraltro di tenere
conto delle ricadute culturali più ampie che l’uso di queste tecniche induce sul
modo di concepire e di intendere la generazione dei igli e le relazioni familiari
di coppia e di iliazione all’interno della famiglia.
Con la scissione tra la procreazione e l’unione sessuale, il iglio non è
più il frutto dell’atto di congiungimento intimo tra i genitori, ma diviene il
prodotto dell’intervento tecnico-scientiico, attuato con diverse modalità più
o meno invasive o sostitutive dei vari momenti del processo naturale di concepimento e di gestazione. La copula coniugale, quindi, non è più considerata
necessaria e imprescindibile ai ini della procreazione, dato che può essere
eficacemente surrogata dalla fecondazione artiiciale, tanto che in alcuni ordinamenti giuridici e nella mentalità diffusa la procreazione naturale e quella
assistita sono poste sullo stesso piano di valore e si riconosce il diritto della
persona di scegliere in quale modo preferisce avere igli 2. L’aggiramento
della copula naturale e la possibilità di generare mediante l’intervento di un
fornitore esterno di gameti, inoltre, consente di avere igli anche a coppie
che non potrebbero averne in modo naturale, vale a dire non solo le coppie
eterosessuali sterili o infertili, ma pure le coppie omosessuali, strutturalmente
1
Sulle questioni antropologiche ed etiche poste dagli interventi tecnologici sul processo
generativo umano, si possono vedere, ex multis, l. CICCone, Bioetica. Storia, princìpi, questioni,
Milano, 2003, 81-221; PontIfICIa aCademIa Pro vIta, La dignità della procreazione umana e
le tecnologie riproduttive. Aspetti antropologici ed etici, a cura di J. Vial Correa e E. Sgreccia,
Città del Vaticano, 2005; f. d’agoStIno- l. PalaZZanI, Bioetica. Nozioni fondamentali, Brescia,
20132, 113-176.
2
Per l’analisi delle varie normative civili e delle scelte di valore sottese alle diverse regolamentazioni, si rinvia a L. d’avaCk, Il progetto di iliazione nell’era tecnologica. Percorsi
etici e giuridici, Torino, 20142, passim.
134
incapaci di generare al loro interno, senza l’apporto di chi metta a disposizione
i gameti complementari ovvero dia in uso il proprio utero.
Il ricorso ai metodi di procreazione artiiciale produce in deinitiva la
tecnicizzazione e la spersonalizzazione della procreazione, con il relativo
impoverimento della valenza antropologica della generazione umana. Nella
procreazione naturale, infatti, il iglio è il frutto di una relazione trilaterale,
in quanto nasce dall’incontro-donazione tra due persone, l’uomo e la donna
della coppia coniugale, le quali, nel completarsi a vicenda, si aprono all’accoglienza di una terza persona. La iliazione, dunque, non è un fenomeno
solo biologico, ma coinvolge l’interezza delle persone dei genitori e del
iglio, con l’avvio di processi di accoglienza, di cura e di riconoscimento
reciproco, che mirano a formare una nuova persona umana. Questa nuova
creatura acquista la propria identità proprio dalla relazione con le persone
che l’hanno generata. Diversamente, nella procreazione artiiciale vi è una
prevalenza ed un’enfasi data alla medicalizzazione gestita dagli interventi
tecnici degli operatori sanitari, con una attenzione esasperata agli aspetti
isici della procedimento per assicurare a tutti i costi la nascita di un iglio
sano, mentre resta sullo sfondo, se non del tutto omesso, il coinvolgimento
personale di coloro che con la fusione delle loro cellule germinali hanno
dato origine al nuovo individuo.
Comunque sia, la procreazione medicalmente assistita implica una manipolazione della vita, anche se non siano attuati in concreto interventi che
attentano all’esistenza, all’integrità isica o al patrimonio genetico dell’embrione. In queste tecniche, infatti, viene stravolto il modo stesso di intendere
la generazione di un iglio. Nella procreazione naturale, la vita è accolta come
un dono, che scaturisce dalla precedente donazione reciproca tra i genitori;
un mistero che trascende le capacità di disposizione dell’uomo e della donna,
che possono solo collaborare mettendo a frutto le proprie potenzialità riproduttive, ma senza che il risultato dipenda interamente dal loro controllo. Nella
procreazione artiiciale, invece, si instaura un rapporto di dominio sul iglio:
la nascita del bambino è considerata alla stregua di un progetto da costruire
per realizzare quello che viene preteso come un diritto della vita privata di
ciascun individuo, ossia il diritto di usare a piacimento delle proprie capacità
generative, il diritto di scegliere se e come procreare, quindi il diritto anche
di accogliere il iglio solo se corrisponde alle proprie aspettative. Non vi è
chi non veda in questo atteggiamento una reiicazione del iglio, che diviene
l’oggetto di un diritto del singolo genitore, come un prodotto da esigere a
proprio arbitrio.
135
2. La funzione del diritto canonico
Sull’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita si sono succeduti nel tempo diversi pronunciamenti del magistero della Chiesa3, nei quali
l’attenzione è rivolta principalmente a esporre in modo analitico la valutazione
morale delle diverse metodiche4, ma risultano enunciati anche alcuni principi
di diritto, discendenti dalla legge naturale5, che individuano i beni fondamentali da proteggere, anche sotto il proilo giuridico, in riferimento allo statuto
dell’embrione umano e all’essenza della relazione di procreazione coniugale:
«a) il diritto alla vita e all’integrità isica di ogni essere umano dal concepimento
ino alla morte naturale; b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco
rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro; c) i valori speciicamente umani della sessualità, che “esigono che
la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto
dell’atto coniugale speciico dell’amore tra gli sposi” (Donum vitae, II, B, 4)»6.
Nei documenti è contenuto l’invito al legislatore di stabilire una giusta
regolamentazione giuridica sull’uso di queste tecniche, in conformità ai valori
morali e giuridici enunciati7. Per contro, nell’ordinamento canonico, non risultano emanati interventi normativi speciici che siano diretti a deinire regole
giuridiche su tali questioni, per integrare o modiicare le disposizioni dei codici.
3
CongregaZIone Per la dottrIna della fede, Donum vitae, Istruzione sul rispetto
della vita umana nascente e la dignità della procreazione, 22 febbraio 1987; gIovannI Paolo
II, enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995; CongregaZIone Per la dottrIna della fede,
Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, 8 settembre 2008. Per l’analisi
e il commento del magistero in materia, si veda, da ultima, D. mIlanI, L’inizio della vita nel
diritto canonico, in aa.vv., Intorno alla vita che nasce. Diritto ebraico, canonico e islamico a
confronto, Torino, 2013, 105-192.
4
Ai ini del giudizio di liceità o illiceità morale, il magistero ha delineato la distinzione
fondamentale tra metodi che sono di ausilio alla procreazione, nel rispetto della dignità del
concepito e del modo autenticamente umano di donare e di accogliere la vita, da un lato, e
metodi, dall’altro, che manipolano o si sostituiscono all’atto umano di trasmissione della vita,
trasformando il processo di procreazione da atto espressivo dell’amore coniugale a rapporto di
dominio delle capacità riproduttive che ledono o strumentalizzano il bene integrale delle persone
(Donum vitae, n. 4; II, B, n. 4; Dignitas personae, n. 4 e 12).
5
«La legge naturale, che è alla base del riconoscimento della vera uguaglianza tra le persone e i popoli, merita di essere riconosciuta come la fonte a cui ispirare anche il rapporto tra
gli sposi nella loro responsabilità nel generare nuovi igli. La trasmissione della vita è iscritta
nella natura e le sue leggi permangono come norma non scritta a cui tutti devono richiamarsi»
(Benedetto XvI, Discorso ai partecipanti al Congresso internazionale per il 40° anniversario
dell’enciclica Humanae vitae, 10 maggio 2008, citato in Dignitas personae, n. 6).
6
Dignitas personae, n. 12.
7
Il compito della legge civile e la sua necessaria conformità con la legge morale sono
sottolineate nell’istruzione Donum vitae (III) e nell’enciclica Evangelium vitae (nn. 71-72).
136
Ci si potrebbe chiedere, in effetti, se il diritto canonico sia chiamato a statuire
in materia e, nel caso, a quali ini e con quale estensione di competenza8.
Nell’economia del sistema ecclesiale, ritengo sia importante sottolineare
come il diritto canonico svolga un ruolo essenziale, anche nella disciplina dei
rapporti familiari, e come tale ruolo sia da considerare necessario e speciico,
rispetto sia alla legislazione civile sia alla dottrina morale.
Di fronte alla legislazione civile, anzitutto, il diritto canonico deve riappropriarsi della funzione di promuovere il giusto ordine delle relazioni familiari,
prevedendo norme del diritto di famiglia che integrino e completino il diritto
matrimoniale previsto nei codici9. Si tratta di un compito che il diritto canonico
deve svolgere in forma più generale a tutela della integralità del sistema della
famiglia, ma che ha ricadute speciiche sul tema della procreazione assistita, in
quanto è evidente come non bastino i canoni sul matrimonio canonico contenuti
nei codici per dare una adeguata regolamentazione alle questioni complesse
che sorgono dall’uso di queste tecniche10.
Una tesi, esposta da U. navarrete (Novae methodi technicae procreationis humanae
et ius canonicum matrimoniale, in Periodica de re canonica, 77 (1988), 82), sostiene la competenza limitata del diritto canonico: «Practice restringitur ad illos quaestionis aspectus qui
aliquem inluxum habere possunt in ius matrimoniale canonicum atque in illa instituta quae in
matrimonio fundatur».
9
Sulla necessità di elaborare un sistema canonico di diritto della famiglia, che si fondi sui
principi di diritto insiti nel piano dell’economia divina secondo la visione cristiana, si rinvia a I.
ZuanaZZI, L’ordinatio ad educationem prolis del matrimonio canonico, Napoli, 2012, passim;
ead., Per un diritto di famiglia della Chiesa: i rapporti tra genitori e igli, in Ius Ecclesiae, 25
(2013), 409-430; ead., La iliazione nel diritto canonico della famiglia, in aa.vv., Famiglia e
diritto nella Chiesa, a cura di M. Tinti, Città del Vaticano, 2015, 117-172.
10
Alcune delle questioni giuridiche sorte dall’incidenza dell’uso di queste tecniche sul
diritto matrimoniale canonico sono già state esaminate dalla dottrina: P. moneta, Procreazione
artiiciale e diritto matrimoniale canonico, in Il diritto di famiglia e delle persone, 16 (1987),
1303-1314; S. gherro, Considerazioni canonistiche in tema di fecondazione artiiciale, ivi,
1199-1217; u. navarrete, Novae methodi technicae procreationis humanae et ius canonicum
matrimoniale, in Periodica de re canonica, 77 (1988), 77-107; M.J. Moro Almaraz, Las nuevas
tecnicas de fecundación artiicial y el derecho matrimonial canónico, in Curso de derecho
matrimonial y procesal para profesionales del foro, 9 (1990), 361-385; m.f. PomPedda, Nuove
metodiche di intervento sulla vita umana e diritto matrimoniale canonico, in aa.vv., Progresso biomedico e diritto matrimoniale canonico, a cura di C. ZaggIa, Padova, 1992, 145-182;
J.P. durand, implications canoniques des débats actuels sur la procréation, in Revue de droit
canonique, 45 (1995), 285-298; P. malCangI, Tecniche di fecondazione artiiciale e diritto matrimoniale canonico, in Quaderni di diritto ecclesiale, 11 (1998), 418-419; m. guIda, Rilessi
giuridici della fecondazione artiiciale nel diritto matrimoniale canonico, in Apollinaris, 76
(2003), 192; H. franCeSChI, La natura del bonum prolis e le side antropologico-giuridiche delle
problematiche della bioetica, prolusione all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale
ecclesiastico regionale calabro del 7 febbraio 2012, in www.tercalabro.it; M.P. faggIonI, Maternità surrogata. Un nuovo impedimento?, in Periodica de re canonica, 102 (2013), 279-305;
8
137
Tanto meno risulta legittimo e opportuno un rinvio automatico e incondizionato al diritto civile. Il panorama delle legislazioni in materia previste dagli
ordinamenti giuridici statali mostra un quadro articolato tra modelli differenti,
ispirati alle diverse impostazioni etiche e culturali che animano il dibattito
socio-politico11. Nondimeno, le spinte evolutive conducono a rilevare come
I. ZuanaZZI, La iliazione nel diritto canonico della famiglia, cit., 138-147; A. IaCCarIno, La
giurisprudenza rotale e le culture, in aa.vv., Matrimonio canonico e culture, città del Vaticano,
2015, 186-191; A. Giraudo, Fecondazione assistita eterologa e matrimonio canonico, in quaderni
di diritto ecclesiale, 28 (2015), 164-179; A. ZamBon, Maternità surrogata: proili canonistici
matrimoniali, ivi, 180-190. Altri contributi riguardano più in speciico la fattispecie della simulazione del consenso: J.J. garCía faílde, Incidencia de las técnicas de reproduccón artiicial
asistida en la exclusión de la prole y de la idelidad, in Curso de derecho matrimonial y procesal
canónico para profesionales del foro, 12 (1997), 274; g. dalla torre, L’esclusione della prole
e la fecondazione assistita, in aa.vv., Prole e matrimonio canonico, 176; I. ZuanaZZI, Valori
fondamentali del matrimonio nella società di oggi: la iliazione, in aa.vv., Matrimonio canonico
e realtà contemporanea, Città del Vaticano, 2005, 203-211; M.Wegan, Esclusione del bonum
prolis e fecondazione artiiciale, in Quaderni Studio Rotale, 15 (2005), 93-122; F. CatoZZella,
L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis nei casi di fecondazione artiiciale, in aa.vv.,
Il bonum idei nel diritto matrimoniale canonico, Città del Vaticano, 2013, 259-278. Per contro,
la giurisprudenza rotale non sembra aver trattato molto l’argomento, dato che risultano occuparsene, tra le sentenze pubblicate, solo poche e risalenti: Arrt, coram Stankiewicz, 24 marzo
1988, in RRDecisiones, 80 (1988), 185, n. 2; Passavien., coram De Lanversin, 15 giugno 1994,
in RRDecisiones, 86 (1994), 316-318, nn. 11-15. Reg. Latii seu Romana, coram Stankiewicz,
22 febbraio 1996, in RRDecisiones, 88 (1996), 123, n. 13. Per un commento a queste sentenze,
si vedano: J. WerCkmeISter, Le nouvelles formes de fécondation artiicielle dans une sentence
récente de la Rote, in Revue de droit canonique, 45 (1995), 329-330; h. franCeSChI, Il contenuto
del bonum prolis e del bonum idei alla luce del fenomeno della procreazione artiiciale, in Ius
Ecclesiae, 10 (1998), 241-252; f. SauChellI, La Rota romana e la procreazione artiiciale, in
Il diritto ecclesiastico, 108 (1997), 578-579.
11
I diversi orientamenti vedono fronteggiarsi, agli estremi, due grandi modelli di riferimento, tra loro contrapposti: quello libertario e quello personalista (L. d’avaCk, Il progetto di
iliazione nell’era tecnologica, cit., 11-16). Il modello libertario pone l’accento sul diritto individuale alla privacy nella vita privata e familiare, un ambito nel quale lo Stato deve mantenere un
atteggiamento neutrale e deve osservare il principio utilitaristico di garantire ai singoli il diritto
di raggiungere la felicità nel modo che preferiscono. Anche il diritto di procreare deve essere
tutelato in guisa di una scelta individuale di procreare come si vuole, con la piena liberalizzazione
di tutte le tecniche che non conliggono con gli eguali diritti altrui.
Il modello personalista, per contro, afferma la necessità di salvaguardare valori superiori
che si pongono come limite all’autodeterminazione individuale e che sono funzionali alla protezione di beni giuridici costituzionalmente garantiti: il primato della persona, l’indisponibilità
del corpo umano, la centralità della famiglia. L’interesse a ricorrere alle tecniche di procreazione
viene assicurato non come un metodo alternativo alla procreazione naturale, ma come intervento
medico strumentale alla realizzazione del diritto alla tutela della salute, nell’ambito di un contesto
familiare che promuova i ruoli genitoriali di padre e di madre che sono idonei a perseguire lo
sviluppo integrale psico-isico dei igli.
138
stia gradualmente e sensibilmente acquisendo prevalenza il paradigma di legislazione più libertario12, un sistema che propugna la tendenziale liberalizzazione dell’uso di queste tecniche come espressione del principio di prevalenza
dell’autodeterminazione individuale, con la previsione di soli pochi limiti inderogabili all’esercizio di questo diritto alla vita privata. Un modello, quindi,
che contrasta in tutta evidenza con la dottrina personalistica proposta dall’insegnamento del magistero ecclesiale, che sostiene, come valori preminenti e
indisponibili, la tutela della dignità intrinseca della persona e dell’originalità
della procreazione umana.
Appare pertanto indispensabile formulare nell’ordinamento canonico delle norme speciiche che siano la traduzione sul piano giuridico della dottrina
personalistica della Chiesa sulle relazioni familiari e che possano indicare i
giusti principi di riferimento per qualsiasi legislazione in materia, oltre che
dare disposizioni certe all’interno della comunità ecclesiale.
A regolare l’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita,
del resto, non bastano i soli pronunciamenti di natura morale. Rispetto alla
dottrina morale della Chiesa, infatti, il diritto canonico ha una funzione propria e speciica, come scienza pratica che regola i comportamenti umani, con
prospettiva, ini e metodi distinti13. La morale guida la coscienza individuale
per promuovere la perfezione della persona secondo criteri di bontà, ossia di
piena valorizzazione del bene della persona, inteso come realizzazione del
suo essere. Il diritto, per contro, ordina la convivenza tra le persone secondo
criteri di giustizia che guardano alla tutela dei diritti di ciascuno nelle relazioni
sociali e che sono diretti a contemperare tra loro diritti diversi di più persone e
a risolvere gli eventuali conlitti intersoggettivi14. La morale, pertanto, mira ad
L. d’avaCk, Il progetto di iliazione nell’era tecnologica, cit., 18-23.
Il rapporto tra legge e morale viene riproposto, in termini analoghi, nell’istruzione
Donum vitae (III) e nell’enciclica Evangelium vitae (nn. 68-74). Quantunque sia considerata
speciicatamente la legge civile, le enunciazioni sulla funzione e il metodo della legislazione
possono valere anche per il diritto canonico. In particolare, nell’enciclica si evidenzia il compito
proprio della legge che «è diverso e di ambito più limitato rispetto a quello della legge morale»:
«Il compito della legge civile consiste, infatti, nel garantire un’ordinata convivenza sociale
nella vera giustizia.. Proprio per questo, la legge civile deve assicurare per tutti i membri della
società il rispetto di alcuni diritti fondamentali, che appartengono nativamente alla persona e
che qualunque legge positiva deve riconoscere e garantire» (ivi, n. 71)
14
La distinzione tra bioetica e biodiritto si trova enunciata anche in f. d’agoStIno- l.
PalaZZanI, Bioetica, cit., 90-91 e 104-105: «Biodiritto e bioetica sono due sistemi retti da due
codici binari diversi: la bioetica il codice bene/male, il biodiritto il codice giusto/ingiusto. Il
diritto si limita all’etica minima della relazionalità socio-istituzionale.. è l’etica “minima”, necessaria, l’etica della misura e del limite, che lascia alla morale “massima” e “calda” la ricerca
personale “oltre” la misura, l’impegno attivo e continuo dell’individuo in vista dell’attuazione
compiuta e concreta del rispetto della dignità umana e della responsabilità nel confronto degli
12
13
139
assicurare l’etica massima nel comportamento delle persone, mentre il diritto
è volto a realizzare l’etica minima nella convivenza tra più soggetti, tanto che,
nell’equilibrare le diverse esigenze, può rinunciare a perseguire determinati atti,
pur contrari a interessi rilevanti, per proteggere valori superiori o per evitare
che la sanzione possa provocare danni ancora più gravi15.
Si può dunque predicare correttamente una distinzione tra l’ordine morale
e l’ordine giuridico nella Chiesa, quantunque non si tratti di una piena autonomia, dato che entrambi fanno riferimento all’unico piano provvidenziale
di Dio e quindi si fondano su presupposti teologici e antropologici che sono
condivisi. La prospettiva di analisi, tuttavia, è diversa, così da dare impostazioni
e soluzioni differenti a questioni di interesse comune. Si veda, ad esempio, in
tema di legittimità dei igli, la diversa rilevanza attribuita a comportamenti
contrari all’esercizio ordinato dell’attività sessuale. Per il diritto canonico sono
da considerare legittimi i igli nati nel matrimonio, anche se concepiti prima
della celebrazione delle nozze tra i genitori, quindi nel contesto di una condotta moralmente illecita16. Nella considerazione giuridica degli interessi da
proteggere, infatti, viene attenuata l’applicazione del principio che legittima
il compimento di atti sessuali solo tra persone sposate e viene data piuttosto
prevalenza all’interesse del nato di acquisire lo status di iglio legittimo17.
Nel regolare l’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita,
pertanto, il diritto canonico ha una funzione speciica e insostituibile nel quadro della missione della Chiesa di curare il benessere spirituale dei fedeli e di
promuovere il raggiungimento del ine supremo di salvezza delle anime. Al
diritto, in primo luogo, spetta di tutelare i diritti e i valori fondamentali inerenti
alla dignità della persona e all’essenza del matrimonio e della famiglia di fronte
all’uso di queste tecniche e, di conseguenza, compete di stabilire quali di queste
pratiche non compromettano tali beni, e quindi siano liberamente realizzabili,
e quali, invece, risultino in qualche modo ad essi lesive e siano pertanto da
altri» (104-105). Il testo sottolinea, peraltro, la complementarità tra i due sistemi: «Il biodiritto
senza la bioetica è cieco e la bioetica senza il biodiritto risulta vuota» (ivi, 105).
15
Quest’ultimo atteggiamento di tolleranza legale viene richiamato dal magistero anche nei
temi di bioetica (istruzione Donum vitae, III; enciclica Evangelium vitae, n. 71). Sull’applicazione
di questo principio, elaborato dalla tradizione canonica, in materia di tecniche di procreazione
medicalmente assistita, si veda più ampiamente infra, § 5.2.
16
Can. 1137 CIC. Sulla distinzione tra iliazione legittima e iliazione naturale nel diritto
canonico, si rinvia a M. lóPeZ alarCón, Legítimos (hijos), in Diccionario General de Derecho
Canónico (DGDC), diretto da J. Otaduy, A. Viana, J. Sedano, Pamplona, 2012, V, 55-59; I.
ZuanaZZI, La iliazione nel diritto canonico della famiglia, cit., 117-138. Sulla questione, si
veda quanto più ampiamente esposto infra, § 5.
17
Questa nozione ampia di iliazione legittima è stata sviluppata dal diritto canonico in
nome del principio del favor legitimitatis.
140
proibire, prevedendo anche le sanzioni da ricondurre alle eventuali violazioni.
Il diritto canonico, tuttavia, deve anche prendere atto del dato sociale per cui,
nonostante le proibizioni, siano ormai molte le coppie che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, dal momento che le legislazioni
civili le consentono sempre più largamente. Al diritto tocca dunque, in secondo
luogo, di valutare le conseguenze che derivano sul piano dei rapporti intersoggettivi dall’uso di queste tecniche, sia di quelle lecite che di quelle illecite, e
di regolare la loro incidenza sulle relazioni familiari, componendo i diversi
interessi e diritti delle persone coinvolte.
In questo contributo si cerca di ricostruire un sistema di norme in materia,
strutturandolo intorno ai tre principi che nel corso della tradizione hanno sempre
ispirato la normativa canonica: il favor personae, il favor matrimonii unito al
favor familiae, e il favor iliationis.
3. Il principio del favor personae: la tutela dei diritti fondamentali della persona
Il principio del favor personae impone di salvaguardare la dignità della
persona umana come un bene assoluto, intangibile e indisponibile. Ad ogni
persona devono essere riconosciuti e tutelati i diritti fondamentali che ineriscono
all’essere umano in quanto tale, in dall’origine della sua esistenza, vale a dire
dal momento del suo concepimento, quando l’unione del gamete maschile e
di quello femminile danno vita alla formazione di un nuova creatura18. Dalla
penetrazione dello spermatozoo nell’ovulo, infatti, si veriica l’evento iniziale
della fusione delle cellule germinali che mettono in comune il materiale genetico, avviando un processo vitale che si evolve in modo unitario, continuo e
irreversibile, senza salti qualitativi, ino alla nascita del bambino19. A questo
nuovo individuo deve essere garantito, in dallo stadio embrionale, uno statuto
giuridico essenziale, comprensivo di tutti i diritti che siano intrinseci alla sua
struttura ontologica e di quelli che siano funzionali al suo benessere e al suo
interesse di crescere, di svilupparsi e di essere accolto in un contesto di vita
familiare20. La difesa del valore assoluto dell’embrione umano nell’ordinamento
18
Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 51; Istruzione Donum vitae, I, 1; Carta dei
Diritti della famiglia, art. 4; Catechismo della Chiesa cattolica, nn. 2270-2275; lettera enciclica
Evangelium viate, n. 60.
19
Sulle diverse teorie che pospongono l’inizio della soggettività dell’embrione umano a
un momento successivo alla fecondazione, e per la loro critica, si vedano f. d’agoStIno- l.
PalaZZanI, Bioetica, cit., 115-122.
20
Carta dei Diritti della famiglia, art. 4.
141
canonico risulta tanto più necessaria e indispensabile, quanto più si nota come
negli ordinamenti civili viene spesso negata la soggettività giuridica a chi non
è ancora nato e le sue esigenze, pur essenziali, sono dimenticate o subordinate
alle pretese di chi ha deciso di metterlo al mondo21. Secondo il principio del
favor personae, per contro, nel regolare l’uso delle tecniche di procreazione
medicalmente assistita, occorre riconoscere la prevalenza dei diritti essenziali
e inviolabili della persona nascitura rispetto alle aspettative o alle richieste di
paternità e maternità degli aspiranti genitori.
La funzione garantistica del diritto richiede pertanto di proibire l’uso di
quelle tecniche che ledono o pongono in situazione di grave pericolo le situazioni giuridiche che ineriscono allo statuto fondamentale dell’embrione.
Tra i diritti essenziali della persona emerge, anzitutto, il diritto alla vita
del concepito. Tale diritto viene protetto dall’ordinamento canonico con la
repressione penale del delitto di aborto22. Tradizionalmente, nella nozione di
aborto era intesa l’espulsione dal grembo della madre del feto immaturo e
incapace di vita autonoma, mentre l’uccisione del feto maturo e vitale, nonché
l’infanticidio, erano ricompresi nell’omicidio23. I revisori della codiicazione
latina non hanno ritenuto di dover prevedere una deinizione dell’espressione,
in quanto rinviavano a un senso che ritenevano suficientemente consolidato
nella dottrina cattolica24. Nondimeno, con lo sviluppo scientiico e l’impiego di
nuove tecniche di soppressione dell’embrione nel corpo della madre si è posto
il problema di determinare in forma più precisa il signiicato del concetto e
la tipologia delle condotte che rientrano nella fattispecie25. Sulla questione è
L. d’avaCk, Il progetto di iliazione nell’era tecnologica, cit., 114-136.
Can. 1398 CIC; can. 1450, § 2 CCEO; Carta dei Diritti della famiglia, art. 4, a. Per
approfondimenti sul tema, si vedano, tra i contributi più recenti: v. de PaolIS – d. CIto, Le
sanzioni nella Chiesa. Commento al Codice di diritto canonico, Libro VI, Roma, 2000, 363-366;
B.F. PIghIn, Diritto penale canonico, Venezia, 495-517; A. ChraPkoWSkI, Il delitto dell’aborto
procurato. Problemi vecchi e nuovi, in Apollinaris, 76 (2003), 341-357; F. PéreZ-madrId, La
tutela penal del bien jurídico «vida» a los 20 años del CIC, in aa.vv., Processo penale e tutela
dei diritti nell’ordinamento canonico, a cura di D. Cito, Milano, 2005, 607-629; M. martín,
Aborto, in Diccionario general de derecho canónico, I, 2012, 73-79; M.J. redondo andréS,
Los delitos contra la vida y la libertad del hombre. Una mirada hacía el passado, presente y
futuro, in Aa.vv., El código de derecho canónico de 1983. Balance y perspectivas a los 30 años
de su promulgación, a cura di J.L. Sánchez-Girón Renedo e C. Peña García, Madrid, 437-446;
L. mIguel SáeZ, Análisis y valoración sobre la conveniencia de riforma del c. 1398 en base al
uso de las técnicas de fecundación artiicial, ivi, 447-455.
23
Can. 1397 CIC; can. 1450, § 1 CCEO.
24
Communicationes, 9 (1977), 317: «Nonnulli petierunt ut detur deinitio aborti. Consultores non vident rationem huius deinitionis, cum doctrina catholica sit clara hac in re».
25
Sul punto si confrontavano opinioni diverse. Accanto a chi continuava a sostenere la
nozione tradizionale di aborto come l’intervento deliberato e volontario di interrompere la gra21
22
142
intervenuta la Commissione per l’interpretazione autentica del codice, con una
dichiarazione che ha accolto una comprensione ampia della fattispecie penale
dell’aborto, estesa a intendere l’uccisione del feto «quocumque modo et quocumque tempore a momento conceptionis procuretur»26. Questa concezione
risulta confermata dal ponteice Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium
vitae, nella quale si deinisce “l’aborto procurato” come «l’uccisione deliberata
e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della
sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita»27.
È signiicativo sottolineare come la fattispecie criminosa dell’aborto
stabilisca per l’uccisione del nascituro una sanzione penale ancora più grave
dell’omicidio, all’interno del quale si ricomprende anche l’infanticidio. In ciò
si evidenzia una diversa percezione della gravità della condotta costitutiva del
delitto nell’ordinamento canonico rispetto agli ordinamenti secolari, in alcuni
dei quali la sanzione penale viene ridotta o rimossa in presenza di determinate
circostanze che possono giustiicare sotto il proilo sociale l’interruzione volontaria della gravidanza28. Nel diritto canonico, invece, l’azione di chi procura
intenzionalmente l’aborto ottenendone l’effetto risulta oggetto di una particolare
riprovazione, in considerazione della gravità delle sue conseguenze non solo
sulla vita del bambino, ma anche sulla salute psichica e sul bene spirituale
della madre. Questo “delitto abominevole”, come lo qualiica il magistero29,
si connota per alcuni aspetti che ne accentuano la condanna rispetto ad altri
delitti contro la vita: l’innocenza assoluta del concepito, che non può mai essere
considerato come un aggressore30; la sua debolezza estrema, priva di qualsiasi
forma di difesa31; il suo totale afidamento alla madre, ossia proprio a colei che
vidanza e di espellere il feto immaturo dal corpo della madre, altri proponevano una conigurazione più ampia dell’aborto, idonea a comprendere qualsiasi azione diretta a uccidere un feto
vivo, sia all’interno che all’esterno del corpo della madre: per l’indicazione dei sostenitori delle
diverse tesi, sia nella dottrina anteriore alla vigente legislazione, sia tra i primi commentatori
del nuovo codice, si rinvia a A. ChraPkoWSkI, Il delitto dell’aborto procurato, cit., 346-348; F.
PéreZ-madrId, La tutela penal del bien jurídico «vida», cit., 617-618.
26
La dichiarazione è stata confermata dal papa Giovanni Paolo II il 23 maggio 1988 (AAS,
80 (1988), 1818-1819).
27
Evangelium vitae, n. 58.
28
L. CICCone, Bioetica, cit., 61-77.
29
Gaudium et spes, n. 51; Evangelium vitae, n. 58.
30
«Chi viene soppresso è un essere umano che si affaccia alla vita, ossia quanto di più
innocente in assoluto si possa immaginare: mai potrebbe essere considerato un aggressore, meno
che mai un aggressore ingiusto!» (Evangelium viate, n. 58).
31
«È debole, inerme, al punto di essere privo anche di quella minima forma di difesa che
è costituita dalla forza implorante dei gemiti e del pianto del neonato» (ibidem).
143
talvolta decide di sopprimerlo32. Nessuna motivazione oggettiva può legittimare
il ricorso all’aborto33, anche se gli scopi soggettivi e le circostanze personali
di chi pone in essere la condotta criminosa possono aggravare o attenuare la
responsabilità penale34. Peraltro, dato che la sanzione consiste nella scomunica
latae sententiae, la presenza di circostanze esimenti o attenuanti impedisce di
incorrere nella irrogazione automatica della pena35.
L’uso delle tecniche di fecondazione extracorporea ha fatto sorgere l’interrogativo se possano essere ricondotti alla fattispecie dell’aborto gli atti di
soppressione degli embrioni concepiti in vitro. Non vi possono essere dubbi
sulla piena conigurabilità di una condotta abortiva per gli atti di riduzione degli
embrioni già impiantati nel grembo materno36. Quantunque la fecondazione sia
avvenuta al di fuori del corpo della donna, l’uccisione dell’embrione avviene
dopo che è stato trasferito nell’utero e quindi è stata avviata la gravidanza37.
Qualche dubbio, invece, è sorto in merito agli atti di soppressione degli
embrioni che vengono posti in essere in vitro, al di fuori del corpo materno. La
selezione degli embrioni da trasferire nel grembo materno viene generalmente
attuata a seguito di una diagnosi pre-impiantatoria, per eliminare quelli portatori di difetti non desiderati dai potenziali genitori. A riguardo di questi atti
il magistero è chiaro nel considerarli, a tutti gli effetti, una “pratica abortiva
precoce”38. Parte della dottrina canonistica, invece, ritiene che tali condotte non
siano pienamente riconducibili alla fattispecie del can. 1398, per la mancanza
di un inizio di gravidanza, e quindi sostiene che, in base al principio di certezza
della norma penale39 o a quello di interpretazione stretta della fattispecie criminosa40, questa norma penale non possa essere applicata, ma, per punire tali
«È totalmente afidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo. Eppure,talvolta, è proprio lei, la mamma, a deciderne e a chiederne la soppressione e persino a
procurarla» (ibidem).
33
Evangelium vitae, nn. 57 e 59.
34
B.F. PIghIn, Diritto penale canonico, cit., 514.
35
v. de PaolIS – d. CIto, Le sanzioni nella Chiesa, cit., 366.
36
Atti deiniti “pratica abortiva” nell’istruzione Dignitas personae, 21: «Dal punto di vista
etico, la riduzione embrionale è un aborto selettivo. Si tratta, infatti, di eliminazione deliberata
e diretta di uno o più esseri umani innocenti nella fase iniziale della loro esistenza, e come tale
costituisce sempre un disordine morale grave».
37
In senso conforme all’applicabilità del can. 1398: M. martín, Aborto, cit., 78; L. mIguel
SáeZ, Análisis y valoración sobre la conveniencia de riforma del c. 1398, cit., 453.
38
«La diagnosi pre-impiantatoria... è inalizzata di fatto ad una selezione qualitativa con la
conseguente distruzione di embrioni, la quale si conigura comne una pratica abortiva precoce»
(Istruzione Dignitas personae, n. 22).
39
Can. 14 CIC: «Leges, etiam irritantes et inhabilitantes, in dubio iuris non urgent».
40
Can. 18 CIC: «Leges quae poenam statuunt aut liberum iurium exercitium coarctant aut
exceptionem a lege continent, strictae subsunt interpretationi».
32
144
condotte, il legislatore debba provvedere de iure condendo a statuire una nuova
igura delittuosa41. Altri, invece, sostengono che gli atti di selezione in vitro
degli embrioni rientrino a pieno titolo nella nozione di aborto, comprensiva di
qualsiasi comportamento di soppressione di nuove vite, sia fuori che dentro il
corpo della madre42.
Invero, occorre considerare che la struttura della fattispecie del delitto di
aborto viene deinita dalla dichiarazione autentica come un reato di evento, in
quanto l’elemento essenziale della condotta costitutiva dell’azione criminosa è
il solo risultato dell’uccisione del concepito, mentre sono indifferenti le modalità utilizzate per realizzarlo e la fase di sviluppo in cui si trova la formazione
della nuova vita nel momento in cui si veriica l’offesa («quocumque modo et
quocumque tempore»). Di conseguenza, rientra pienamente in questa nozione
di aborto qualsiasi atto di soppressione degli embrioni, compiuto in qualsiasi
momento dopo il concepimento, sia che avvenga al di fuori, sia che avvenga
all’interno del corpo materno.
Ricondurre al can. 1398 gli atti di selezione pre-impiantatoria degli embrioni non comporta una estensione arbitraria della fattispecie criminosa, ma al
contrario, una interpretazione conforme al senso autentico del termine. Bisogna
infatti ricordare che l’interpretazione stretta è quella che si ricava dal “signiicato
proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto”43, da tenere pertanto
ben distinta dalla interpretazione “restrittiva”, la quale invece riduce il senso
proprio delle parole, correggendo il testo legale44. Il signiicato proprio del
termine aborto, come precisato dalla interpretazione autentica, considera tale
qualsiasi atto di soppressione della vita del nascituro, senza attribuire rilevanza
giuridica al momento o al luogo in cui avviene, né alla tecnica con cui viene
eseguita. Ne consegue come gli atti di selezione degli embrioni prima dell’impianto rientrano nella nozione di aborto, considerata appunto in senso stretto.
Non vale, del resto, a scriminare tra condotte diverse l’uso, nella descrizione delle azioni, di locuzioni verbali formalmente distinte ma sostanzialmente
equivalenti o ricomprese le une nelle altre. Così, non pare ragionevole, ai ini
della normativa penale, distinguere tra fecondazione e concepimento, dato che
J. SanChIS, L’aborto procurato: aspetti canonistici, in Ius Ecclesiae, 1 (1989), 669; A.
marZoa, Extensión del concepto penal de aborto, in Ius Canonicum, 29 (1989), 585; v. de
PaolIS – d. CIto, Le sanzioni nella Chiesa, cit., 366; F. PéreZ-madrId, La tutela penal del
bien jurídico «vida», cit., 620-622; B.F. PIghIn, Diritto penale canonico, cit., 511; M. martín,
Aborto, cit., 78.
42
F. aZnar gIl, El delito canónico del aborto. Comentario a una respuesta de la CPI, in
Revista española de derecho canónico, 47 (1990), 239.
43
Can. 17 CIC
44
E. Baura, Parte generale del diritto canonico. Diritto e sistema normativo, Roma,
2013, 349.
41
145
la fecondazione è il momento iniziale del concepimento e la tutela della vita
umana viene ricondotta alla sua origine, ossia con la fecondazione del gamete
femminile con il gamete maschile45. Ancora, non rileva distinguere tra embrione
e feto, in quanto l’uno è lo stadio iniziale dell’altro, cosicché la protezione del
feto in dal concepimento non può che ricomprendere la tutela dell’embrione46.
In deinitiva, le offese alla vita dell’essere umano non ancora nato rientrano
tutte nella fattispecie delittuosa dell’aborto, e non possono essere trattate diversamente a seconda che avvengano prima o dopo l’impianto nel corpo materno.
La formazione della persona umana, infatti, è un processo vitale unitario che
si sviluppa dal concepimento alla nascita senza salti qualitativi, e non si può
attribuire valore giuridico diverso alle sue varie fasi, né si può dare maggiore
o minore rilevanza agli attentati alla vita a seconda dello stadio o della sede
in cui sono posti.
Oltre agli atti che costituiscono pregiudizio al diritto fondamentale alla vita
del nascituro, il diritto canonico proibisce anche le tecniche che arrecano una
lesione del diritto all’integrità isica del concepito. Tale può essere considerata
la crioconservazione, che pone l’embrione in una situazione di grave rischio di
morte o di danno alla salute47. E, ancora, le diverse forme di sperimentazione48
o di manipolazione genetica, non dirette a uno scopo terapeutico di guarigione
o di migliore benessere dell’embrione stesso49, che determinano un pregiudizio
sia all’integrità isica del concepito, sia alla sua dignità e identità personale.
Non esistendo una fattispecie delittuosa speciica diretta a sanzionare siffatte
45
F. PéreZ-madrId, La tutela penal del bien jurídico «vida», cit., 620-622; B.F. PIghIn,
Diritto penale canonico, cit., 621.
46
B.F. PIghIn, Diritto penale canonico, cit., 511-512.
47
«La crioconservazione è incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani:
presuppone la loro produzione in vitro; li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro
integrità isica, in quanto un’alta percentuale non sopravvive alla procedura di congelamento e di
scongelamento; li priva almeno temporaneamente dell’accoglienza e della gestazione materna;
li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni» (Dignitas personae, n.
18). Nello stesso senso, Donum vitae, I, 6.
48
«la sperimentazione non direttamente terapeutica sugli embrioni è illecita» (Istruzione
Donum vitae, I, 4); «b) Il rispetto per la dignità dell’essere umano esclude ogni manipolazione
sperimentale o sfruttamento dell’embrione umano.» (Carta dei Diritti della famiglia, art. 4, b);
«l’uso degli embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un delitto
nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al
bambino già nato e a ogni persona» (Evangelium vitae, n. 63).
49
«c) Tutti gli interventi sul patrimonio genetico della persona umana, i quali non mirino
a correggere le anomalie, costituiscono una violazione del diritto all’integrità isica e contrastano il bene della famiglia» (Carta dei Diritti della famiglia, art. 4, c). «Queste manipolazioni
sono contrarie alla dignità personale dell’essere umano, alla sua integrità e alla sua identità»
(Istruzione Donum vitae, I, 6).
146
condotte, nella misura in cui gli atti offensivi provocano una mutilazione o
una ferita grave al concepito, possono essere fatti rientrare nella fattispecie
più generale del can. 1397, avente ad oggetto la punizione delle lesioni isiche
prodotte a un essere umano, che siano attuate senza uno scopo terapeutico e
che comportino una diminuzione grave della sua integrità isica.
La tutela dell’uguale dignità delle persone umane, come bene assoluto e
indisponibile da trattare sempre come ine e mai come mezzo, inoltre, richiede
di proibire anche quelle tecniche di procreazione medicalmente assistita che
implicano la strumentalizzazione della persona e l’asservimento della stessa o
del suo corpo agli interessi di un altro individuo50. Sotto questo proilo, deve
essere considerata lesiva dei diritti fondamentali della persona la clonazione
riproduttiva, in quanto provoca la schiavitù biologica del soggetto clonato e
pregiudica il diritto fondamentale alla propria originale identità genetica51. Del
pari, la maternità e la gestazione surrogate risultano contrarie al rispetto dovuto
alla dignità delle persone, sia della donna gestante sia del concepito, e al diritto
fondamentale del nascituro all’identità familiare52. Per queste pratiche, peraltro,
sono stati espressi solo giudizi di riprovazione sul piano della dottrina morale, mentre non risultano ancora formulate nell’ordinamento canonico norme
giuridiche che li proibiscano, stabilendo anche la tipologia di una eventuale
sanzione. Pertanto, quantunque siano da ritenere illegittime in base al diritto
naturale, perché arrecano una grave offesa ai beni fondamentali della persona,
tuttavia non sono riconducibili a una determinata fattispecie criminosa prevista
espressamente dal codice. In attesa di un intervento positivo del legislatore
penale, diretto a conigurare nuove e apposite igure delittuose, queste condotte
possono essere punite con una sanzione penale solo nei modi e alle condizioni
stabilite dalla norma generale del can. 1399, che prevede la possibilità di irrogare una giusta pena o penitenza in presenza di una violazione esterna di una
legge divina o canonica, quando la speciale gravità della violazione esige una
punizione e urge la necessità di prevenire o di riparare gli scandali.
In una visione integrale della difesa dovuta al valore e al benessere della
persona umana, peraltro, anche altre tipologie di interventi sulla procreazione
sono da considerare lesive degli interessi giuridicamente rilevanti e da proteggere dell’embrione. Si pensi alla fecondazione extra corporea, che priva il
concepito della possibilità di instaurare con la madre, in dai primi momenti di
«Ogni persona deve essere rispettata per se stessa: in ciò consiste la dignità e il diritto
di ogni essere umano in dal suo inizio» (Istruzione Donum vitae, I, 6).
51
«Il fatto che una persona si arroghi il diritto di determinare arbitrariamente le caratteristiche genetiche di un’altra persona, rappresenta una grave offesa alla dignità di quest’ultima e
all’uguaglianza fondamentale tra gli uomini» (Istruzione Dignitas personae, 29).
52
Sul tema si veda più ampiamente infra, § 5.3.
50
147
vita, un legame precoce di attaccamento biologico che costituisce presupposto
fondamentale per un pieno e sano sviluppo sia isico che psichico del bambino53.
E ancora, si consideri la fecondazione eterologa, che priva il concepito della
certezza sull’origine genetica e della corrispondenza tra radici biologiche e
identità familiare dei genitori. Tali tecniche sono pertanto da considerare, oltre
che moralmente illecite54, anche ingiuste in quanto lesive di diritti fondamentali della persona. Spetterà alla valutazione prudente del legislatore stabilire
se reprimere l’uso di tali tecniche con sanzioni penali. In ogni caso, la gravità
del carattere antigiuridico di questi atti può assumere rilevanza anche in altri
contesti, quando occorra dare un giudizio sulla correttezza delle intenzioni e del
comportamento degli aspiranti genitori o sulla loro compatibilità con i valori
essenziali della procreazione55.
4. Il principio del favor matrimoniii e del favor familiae: la tutela dei beni
giuridici del matrimonio e della famiglia.
Il favor matrimonii è il principio che ispira l’intera disciplina giuridica
del matrimonio56 e che rilette l’impostazione teologica e antropologica della
dottrina cristiana sul consorzio nuziale, per la quale, da un lato, si guarda con
ottimismo alla predisposizione innata dell’uomo e della donna a donarsi reciprocamente nell’unione sponsale e, dall’altro, si presidia con norme favorevoli
il valore di questa comunione in quanto realtà positiva, sia sotto il proilo
esistenziale, come realizzazione della vocazione all’amore delle persone, sia
sotto il proilo sacramentale, come sublimazione del rapporto sponsale tra battezzati nell’alleanza d’amore tra Cristo e la Chiesa57. Al favor matrimonii sono
53
Fin dallo stadio di due cellule, l’embrione instaura un dialogo incrociato con la madre
(cross-talk), attraverso uno scambio di sostanze che rappresenta una particolare forma di comunicazione reciproca. L’importanza di questo stadio al ine della formazione del bambino viene
ormai sottolineato da studi consolidati di embriologia e di psicologia neonatale.
54
Istruzione Donum vitae, II, A, 2 e II, B, 5; Dignitas personae, n. 14.
55
Si vedano le rilessioni svolte infra in merito alla validità del consenso nuziale.
56
«Matrimonium gaudet favore iuris» (can. 1060 CIC; can. 779 CCEO).
57
Sul favor matrimonii in generale, si vedano: U. navarrete, Favore del diritto (Favor
iuris), in Nuovo dizionario di diritto canonico, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo (Milano), 1993,
492-500; J.I. BañareS, Ad can. 1060, in Comentario exegético al Código de derecho canónico,
vol. III, tomo II, Eunsa, Pamplona 1997, 1083-1089; G. dalla torre, Il “favor iuris” di cui
gode il matrimonio (can. 1060 - 1101 § 1), in aa.vv., Diritto matrimoniale canonico, a cura
di P.A. Bonnet e C. Gullo, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 2002, 221-233; Id.,
Libertà matrimoniale e “favor matrimonii”, in aa.vv., La persona nella Chiesa. Diritti e doveri
dell’uomo e del fedele, Cedam, Padova, 2003, 151-170; A.S. SánCheZ gIl, Il favor matrimonii
e la presunzione di validità del matrimonio: appunti per la loro chiariicazione concettuale, in
148
pertanto da ricondurre una serie di disposizioni giuridiche, sia sostanziali sia
processuali, che, prima della celebrazione del matrimonio, promuovono lo ius
connubii e l’habilitas dei nubendi a contrarre un autentico consorzio nuziale58,
mentre, dopo la celebrazione delle nozze, proteggono la validità e la stabilità
della comunione di vita e di amore costituita tra i coniugi59.
Al favor matrimonii si può ritenere correlato il favor familiae, in quanto la
famiglia è la comunità di persone che trova nella comunione tra i coniugi sorta
sul patto coniugale il proprio nucleo primordiale, che poi si estende e si completa
con la generazione dei igli60. Le stesse norme che garantiscono i presupposti
per la realizzazione della capacità degli sposi di unirsi in una reciproca deditio
acceptatio ordinata al bene dei coniugi e al bene della prole, nonché quelle
che proteggono la comunione di persone così costituita, sono ispirate insieme
al favor matrimonii e al favor familiae. Tali principi sono tesi, in deinitiva,
a salvaguardare l’attuabilità e la preservazione della struttura ontologica del
matrimonio e della famiglia, quali istituzioni necessarie e indisponibili per
dare pieno effetto, sul piano sia antropologico sia sacramentale, alla vocazione
sponsale e familiare delle persone.
Il diritto canonico, pertanto, protegge gli elementi essenziali che ineriscono alla sostanza del matrimonio e della famiglia, come beni giuridici rilevanti
non solo, sotto il proilo istituzionale, per assicurare l’impianto e la missione
della comunione familiare nel piano dell’economia divina, ma anche, sotto il
proilo personale, per promuovere gli interessi dei diversi componenti il gruppo
domestico nell’ambito delle relazioni familiari. Per quanto concerne in speciico la generazione dei igli, l’ordinatio ad procreationem prolis costituisce un
ine essenziale del matrimonio e della famiglia, che viene tutelato negli aspetti
fondamentali, in quanto corrispondono alle esigenze vitali e imprescindibili
delle persone. Siffatti interessi giuridicamente rilevanti si riferiscono tanto
alla relazione tra coniugi, quanto alla relazione tra genitori e igli. I coniugi,
in forza della reciproca deditio realizzata con la costituzione del matrimonio,
Ius Ecclesiae, 16 (2004), 325-344; F. d’amICo, Il principio del favor matrimonii (Annotazioni
critiche alla lettura presuntiva del can. 1060 c.i.c. 1983), in aa.vv., Studi in onore di P. Pellegrino, a cura di M.L. Tacelli e V. Turchi, I, Edizioni Scientiiche Italiane, Napoli, 2009, 431-452.
58
Can. 1058 CIC; can. 778 CCEO; art. 1 Carta dei diritti della famiglia, 22 ottobre 1983.
Sul diritto al matrimonio, si veda H. franCeSChI, Riconoscimento e tutela dello «ius connubii»
nel sistema matrimoniale canonico, Giuffrè, Milano, 2004.
59
Can. 1061, § 2 CIC; can. 1084, § 2 CIC e can. 801, § 2 CCEO; can. 1086, § 3 CIC e can.
803, § 2 CCEO; can. 1096, § 2 CIC; can. 1101, § 1 CIC e can. 824, § 1 CCEO.
60
In questo senso è la deinizione di famiglia di gIovannI Paolo II, in Gratissimam sane.
Lettera alle famiglie, 2 febbraio 1994, n. 7. Sul valore della famiglia nella socità e nella Chiesa,
si rinvia a I. ZuanaZZI, La famiglia come “soggetto” nel diritto della Chiesa, in Ephemerides
iuris canonici, 55 (2015), 405-423.
149
sono titolari del diritto-dovere di diventare genitori l’uno con l’altra, come
frutto della loro mutua integrazione sponsale61. I igli, in forza della loro eguale
dignità di persone, hanno il diritto di nascere dalla donazione vicendevole di
una coppia di genitori eterosessuali, uniti nel rapporto stabile di matrimonio,
quale condizione e presupposto essenziali per la formazione della loro identità
personale e familiare, nonché per la loro maturazione integrale62.
Di conseguenza, le tecniche di procreazione medicalmente assistita che
risultano contrarie alle esigenze giuridiche fondamentali dei coniugi e dei igli
sono da considerare, oltre che moralmente illecite, anche antigiuridiche, in
quanto offendono i beni giuridici del matrimonio e della famiglia, venendo a
contraddire i principi di giustizia insiti nelle relazioni familiari. Così, la fecondazione omologa tra conviventi o la fecondazione della persona sola al di fuori
del rapporto di coppia contrastano con la correlazione necessaria tra la iliazione
e il matrimonio dei genitori63; la fecondazione omologa sostitutiva dell’atto di
donazione sponsale contrasta con la connessione inscindibile tra la dimensione unitiva e quella generativa della comunione coniugale64; la fecondazione
eterologa contrasta con il carattere esclusivo della procreazione tra i coniugi65.
La illiceità giuridica di tali tecniche, anche in assenza di disposizioni
espresse positivamente, può ritenersi implicita nelle medesime norme di diritto naturale che tutelano i diritti fondamentali dalle stesse violati, sia quelli tra
coniugi, sia quelli tra genitori e igli. Tuttavia, il diritto canonico deve anche
precisare quali siano le conseguenze che si producono sul piano giuridico,
qualora gli aspiranti genitori facciano ricorso alle tecniche di procreazione
medicalmente assistita, pure quando siano contrarie ai beni giuridici del matrimonio e della famiglia. A tal ine, bisogna distinguere tra le conseguenze nei
rapporti tra i coniugi, da regolare in base al principio del favor matrimonii, e
le conseguenze nei rapporti tra genitori e igli, da regolare in base al principio
del favor iliationis.
4.1 Il contenuto essenziale dell’impegno coniugale
Tra le conseguenze del favor matrimonii viene ricompresa una presunzione generale di validità del matrimonio, «donec contrarium probetur»66. Si
tratta di una presunzione iuris tantum che precisa in riferimento al matrimonio
61
Donum vitae, II, A, n. 1; II, B, n. 4.
Donum vitae, II, A, n. 1 e III.
63
Can. 1055, § 1 CIC.
64
Donum vitae, II, B, nn. 5 e 6; can. 1061, § 1 CIC.
65
Donum vitae, II, A, nn. 2-3; can. 1056 CIC.
66
Can. 1060 CIC; can. 779 CCEO.
62
150
un principio comune a tutti gli atti giuridici, a garanzia della certezza e della
stabilità dei rapporti giuridici67, ma che acquista un signiicato ulteriore e più
pregnante nel connubio, in ragione della sua funzione promozionale al bene
delle persone. Pertanto, se sussiste il fatto della corretta celebrazione nuziale
o del paciico possesso di stato coniugale68, per iniciare la validità del matrimonio occorre dimostrare senza alcun dubbio ragionevole o probabile che si
è veriicato all’origine un vizio di nullità69. Deve trattarsi, nondimeno, di una
causa che preclude il sorgere del matrimonio nella sua struttura essenziale, in
quanto ne pregiudica i requisiti minimi di esistenza, non già di un motivo che
ne impedisca la mera felice realizzazione (ut matrimonium sit, non ut bene sit).
Di conseguenza, l’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita
da parte dei coniugi può incidere sulla validità del matrimonio solo se compromette in radice e in modo assoluto la loro disponibilità alla procreazione al
momento della celebrazione delle nozze. Ciò può accadere o perché tali pratiche
siano oggetto di intenzioni contrarie ai beni fondamentali del matrimonio, o
perché l’aver fatto ricorso ad esse abbia alterato l’immagine sponsale di uno
dei due nubendi. Potranno quindi avere rilevanza giuridica in ordine all’eventuale nullità del matrimonio i comportamenti di chi sia ricorso alle tecniche di
procreazione assistita prima del matrimonio e l’abbia tenuto nascosto all’altra parte, provocando una divergenza tra il proprio vissuto personale e la sua
comprensione percepita dall’altro contraente (ed è la fattispecie dell’errore, sia
spontaneo sia doloso); ovvero di chi si sia ripromesso di fare uso di queste tecniche nel momento in cui esprime il consenso matrimoniale, determinando una
contrapposizione tra la struttura essenziale del matrimonio e la propria volontà
di aderirvi (ed è la fattispecie della simulazione, per l’esclusione consapevole,
o dell’errore di diritto, per la divergenza inconsapevole). Non incide, invece,
Il principio, riconosciuto come assioma fondamentale in tutti gli ordinamenti (“quod
factum est, praesumitur recte factum”), si trova enunciato nel can. 124, § 2 CIC. Il collegamento e
il medesimo fondamento tra la presunzione di validità del matrimonio e quella degli atti giuridici
enunciata nel can. 124, § 2, come principio fondamentale di ogni ordinamento giuridico, viene
sottolineata dal ponteice gIovannI Paolo II, Allocuzione alla Rota romana, 29 gennaio 2004,
in Ius Ecclesiae, 16 (2004), 323, n. 4.
68
Deve comunque risultare dimostrato l’evento storico della celebrazione delle nozze, la c.
d. species seu igura matrimonii, in quanto la presunzione non opera se il matrimonio è inesistente
o sia privo dell’apparenza di un corretto matrimonio (ad esempio un matrimonio celebrato ioci
causa o nel corso di una rappresentazione teatrale) (G. dalla torre, Libertà matrimoniale e
“favor matrimonii”, cit., 160).
69
Come conseguenza della presunzione di validità, sul piano processuale si prescrive al
giudice, che non abbia raggiunto la certezza morale in merito alla prova del vizio di nullità, di
pronunciarsi a favore della validità del matrimonio (can. 1608, § 4 CIC; art. 247, § 5 Dignitas
connubii).
67
151
sulla validità del matrimonio il fatto che i coniugi, nel corso della convivenza
sponsale si siano avvalsi concretamente di queste tecniche, senza averlo progettato previamente al momento delle nozze. In questo caso, infatti, si tratta di
comportamenti illeciti, se le tecniche adottate sono contrarie ai beni giuridici
del matrimonio, ma che non fanno venire meno la validità del matrimonio.
L’attenzione, pertanto, si deve focalizzare sul consenso nuziale, il momento
costitutivo del connubio, per valutare quale portata possano avere simili fatti o
atteggiamenti sulla volontà necessaria a sostenere il matrimonio.
Meno problematiche si presentano le fattispecie di errore sulle qualità
di uno dei due contraenti. La dottrina ha già messo in luce alcune qualità di
una delle parti che conseguono all’aver fatto uso di tecniche di procreazioni
assistite70 e che, se sono oggetto di errore dell’altra parte, possono incidere
sul suo consenso matrimoniale, nella misura in cui siano idonee a perturbare
gravemente il consorzio di vita coniugale e siano state nascoste71; ovvero, siano
state intese direttamente e principalmente72. In queste fattispecie, la dificoltà
è data principalmente dalla prova della quaestio facti, ossia dal dimostrare che
effettivamente tali comportamenti siano stati assunti; che tale evento rappresenti realmente una qualità rilevante per il nubendo caduto in errore o per la
realizzazione del connubio; che, nel caso del dolo, sia stato ordito un inganno
allo scopo di indurre l’altra parte a contrarre matrimonio73.
Incertezze, invece, rispetto alla quaestio iuris si riscontrano in merito alle
fattispecie di divergenza tra la volontà matrimoniale e la sostanza del matrimonio. La questione fondamentale che si pone è quella di deinire il contenuto
essenziale del consenso matrimoniale, ossia l’oggetto indisponibile dell’impegno coniugale a cui deve dirigersi la volontà dei nubendi, per poi veriicare
la compatibilità con lo stesso dei progetti nuziali assunti concretamente dai
singoli sposi.
È nota, in merito, la proposta di una parte della dottrina di integrare la
deinizione dell’ordinatio ad prolem del matrimonio e di estendere il contenuto
dei diritti e doveri essenziali dei coniugi in modo da ricomprendere modalità di
trasmissione della vita che siano conformi alla dignità umana e alla rettitudine
morale. In base a questo orientamento, lo scambio tra gli sposi dello ius ad actus
per se aptos ad prolis generationem sottintende anche la reciproca donazione
dello «ius et obligatio non procreandi ilios nisi ex semine proprii coniugis
70
Si veda l’elenco ipotizzato da U. navarrete, Novae methodi, 94-95 e ripreso da altra
dottrina:M.F. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 168-169; A. gIraudo, Fecondazione assistita
eterologa, cit., 175.
71
Can. 1098 CIC.
72
Can. 1097, § 2 CIC.
73
Dottrina concorde: A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 175.
152
necnon ius-obligatio ilios non procreandi nisi mediante copula coniugali,
coadiuvata, si opus fuerit, mediis moraliter licitis, vitae non periculosis nec
extraordinariis»74. Seguendo il ragionamento della tesi, quindi, se i coniugi
si propongono di generare con mezzi di procreazione medicalmente assistita
moralmente illeciti o straordinari, il consenso matrimoniale sarebbe invalido
per una insita violazione del bonum prolis e del bonum coniugum, se trattasi
di fecondazione omologa, e pure del bonum idei, se trattasi di fecondazione
eterologa75.
Una simile conclusione, tuttavia, pare non tenere conto della necessaria
differenziazione tra le conseguenze morali e le conseguenze giuridiche che
derivano dall’uso delle tecniche di procreazione assistita, come viene invece
richiesto dalla distinzione tra l’ordine morale e l’ordine giuridico, sopra sottolineata76. Il proposito di ricorrere a mezzi moralmente illeciti, infatti, può
comportare la responsabilità della coscienza individuale, ma non è detto che
contrasti in modo radicale con la necessaria disponibilità ad accogliere i beni
fondamentali del consorzio coniugale, così da determinare la nullità del matrimonio per il venir meno dei requisiti minimali del consenso nuziale. Non
si può dedurre automaticamente la contrarietà delle intenzioni dei nubendi
alla struttura essenziale del matrimonio in base alla sola qualiicazione morale
delle tecniche che gli stessi si propongono di usare. È necessario, al contrario,
svolgere una valutazione complessiva della volontà integrale ed effettiva dei
nubendi nella progettazione del matrimonio, quale emerge non solo dalla natura
74
u. navarrete, Novae methodi, 96. La tesi è ripresa in dottrina da M.F. PomPedda, Nuove
metodiche, 155-157; J.J. garCía faílde, Incidencia de las técnicas de reproduccón artiicial
asistida, cit., 274; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 271. In
giurisprudenza questo orientamento viene seguito dalle poche sentenze che hanno affrontato la
questione: Arrt, coram Stankiewicz, 24 marzo 1988, 185, n. 2; Reg. Latii seu Romana, coram
Stankiewicz, 22 febbraio 1996, 123, n. 13; Passavien., coram De Lanversin, 15 giugno 1994,
316-318, nn. 11-15.
75
Conclusioni analoghe, dirette a rilevare la nullità del patto nuziale, sono sostenute anche
da altri autori, i quali, pur non seguendo le argomentazioni della posizione precedente, ritengono
nondimeno che nella struttura naturale del matrimonio la procreazione non possa essere separata
dall’atto di intimità coniugale. La previsione di attuare strumenti che distacchino i due aspetti
inscindibili della donazione sponsale, pertanto, impedisce per ciò stesso il sorgere di un autentico
consorzio: P. moneta, Procreazione artiiciale, cit., 1309; r. navarro-vallS, Matrimonio y
derecho, Madrid, 1995, 127; h. franCeSChI, Il contenuto del bonum prolis e del bonum idei,
cit., 249; g. dalla torre, L’esclusione della prole e la fecondazione assistita, cit., 176; A.
StankIeWICZ, L’esclusione della procreazione ed educazione della prole, in aa.vv., Diritto
matrimoniale canonico, II, a cura di P.A. Bonnet e C. Gullo, Città del Vaticano, 2003, 313.
76
Evidenziano la necessità di distinguere tra responsabilità nella sfera morale e conseguenze sul piano giuridico S. gherro, Considerazioni canonistiche, cit., 1212; P.J. vIladrICh,
Il consenso matrimoniale, cit., 369-370; A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 171.
153
oggettiva dei mezzi programmati, ma, soprattutto, dalle motivazioni soggettive
che stanno alla base della volontà di ricorrervi e dalle modalità concrete con
cui ci si propone di realizzarle77. Solo in base a questa analisi completa si può
veriicare se ricorrano realmente i presupposti giuridici di una fattispecie di
nullità del matrimonio.
Ciò vale soprattutto in merito alla fattispecie della simulazione, nella quale
si richiede l’atto positivo di volontà diretto a escludere un bene essenziale del
matrimonio78. Ma risulta fondamentale anche in quella dell’error determinans
voluntatem, per la quale occorre che sia provato nel caso concreto non solo un
actus intellectus speculativi, ossia un semplice errore astratto sugli elementi
essenziali del coniugio, ma pure un actus intellectus practici che applica quella
visione falsiicata alla concreta intenzione nuziale del nubendo e viene così a
costituire la practica agendi ratio della volontà, in quanto la ordina effettivamente a quell’oggetto79. In entrambe le fattispecie, dunque, non basta la mera
previsione astratta e teorica di far ricorso a pratiche moralmente illecite, ma
occorre veriicare se questa intenzione abbia realmente inciso sulla volontà
matrimoniale, precludendo la disponibilità dei coniugi ad accogliere i bona
matrimonii nel loro contenuto essenziale.
Nella prospettiva di una valutazione globale dei propositi concreti dei
nubendi, anche la programmazione prenuziale di ricorrere a mezzi moralmente
leciti, per le motivazioni che la ispirano e le modalità con cui la si vuole attuare,
potrebbe risultare contraria ai beni giuridici del matrimonio e compromettere i
requisiti minimi di un autentico consenso matrimoniale.
Può essere utile svolgere un esempio, pur con i limiti intrinseci del metodo
esempliicativo. Si faccia l’ipotesi di una donna che si riservi di accedere alla
inseminazione artiiciale omologa in vivo, con seme raccolto durante l’atto
coniugale, una tecnica considerata dal Magistero come moralmente lecita, in
quanto non si sostituisce all’atto coniugale, ma è diretta a coadiuvarlo nella
realizzazione del ine procreativo80. Peraltro, la donna assume questa decisione unilateralmente, senza parlarne con il futuro sposo; inoltre, si propone
di raccogliere fraudolentemente il seme durante l’atto coniugale, all’insaputa
del marito; e ancora, si propone di insistere con accanimento nella ricerca del
concepimento, nonostante i numerosi fallimenti che provocano numerosi aborti
spontanei. Siffatta volontà di procreare, nonostante abbia ad oggetto tecniche
moralmente lecite, si connota per diversi proili di contrarietà sia al bonum
77
Tesi già esposta in I. ZuanaZZI, Valori fondamentali del matrimonio nella società di
oggi: la iliazione, cit., 2017-211.
78
Can. 1101, § 2 CIC.
79
Can. 1099 CIC.
80
Istruzione Donum vitae, II, B, n. 6.
154
coniugum sia al bonum prolis: si veda la volontà di dominio e di sfruttamento
nei confronti del coniuge, ovvero l’atteggiamento di disprezzo per la vita degli
embrioni, che inducono la donna a calpestare le esigenze altrui pur di realizzare
a tutti i costi il proprio desiderio egoistico di maternità.
Al contrario, la previsione di ricorrere a mezzi moralmente illeciti potrebbe
non pregiudicare in forma essenziale quel minimum necessario di disponibilità
ad accogliere e rispettare i beni giuridici del matrimonio. Non si può prescindere, quindi, da un’analisi puntuale delle singole fattispecie concrete, tenendo
conto sia delle intenzioni reali degli speciici nubendi, sia della considerazione
generale che queste tecniche rivestono nella cultura attuale e nella mentalità
sociale diffusa, per le ricadute soggettive che questa percezione può avere sugli
atteggiamenti individuali. In particolare, è opportuno considerare come il notevole aumento del numero delle persone che si avvalgono di queste tecniche
induce ormai la collettività a ritenere che non si tratti più di mezzi straordinari
per generare dei igli81. Inoltre, il modo prevalente del pensare corrente non
coglie neanche il disvalore morale e giuridico di alcune di queste pratiche, cosicché potrebbe non percepire nemmeno la loro contrarietà ai beni essenziali del
matrimonio. Di conseguenza, nonostante la divergenza oggettiva tra la volontà
dei nubendi e la sostanza del matrimonio, sotto il proilo soggettivo potrebbero
mancare i presupposti per conigurare un vero e proprio atto volontario di esclusione degli stessi beni. Non si verrebbe, pertanto, a conigurare una fattispecie
di discordanza consapevole e deliberata, quanto di inavvertenza, ossia di errore
sui contenuti essenziali del consenso matrimoniale.
4.2 Analisi delle fattispecie di esclusione dei beni essenziali del matrimonio
L’analisi delle singole fattispecie, in base alle circostanze concrete, risulta
imprescindibile, come si è sottolineato, per accertare se ricorrano effettivamente le condizioni giuridiche per conigurare le cause di nullità del consenso
nuziale. Senza pretendere di esaurire i possibili casi, potenzialmente ininiti,
di esclusione dei beni essenziali del matrimonio, si illustrano alcune ipotesi
signiicative che possono aiutare a comprendere il metodo di indagine e i criteri
di giudizio per impostare l’esame del capo della simulazione matrimoniale in
rapporto alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
La fattispecie su cui si riscontra una sostanziale convergenza di opinioni
in dottrina è quella di chi, uno o entrambi i nubendi, si riiuta di ricorrere alle
tecniche di procreazione assistita, persino a quelle lecite, nonostante siano
81
A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 171; A. IaCCarIno, La giurisprudenza
rotale e le culture, in aa.vv., Matrimonio canonico e culture, Città del Vaticano, 2015, 186-187.
155
l’unico modo possibile per generare igli. Questa decisione è solo in apparenza
contraria all’orientamento procreativo del matrimonio, in quanto ai coniugi non
si riconosce uno ius ad prolem, bensì uno ius ad procreationem, vale a dire il
diritto-dovere di donarsi reciprocamente le proprie capacità generative attraverso il compimento degli atti che sono naturalmente idonei al concepimento
di una nuova creatura82. Un rigetto dei metodi artiiciali di generazione sarebbe
pertanto pienamente rispettoso della struttura naturale del matrimonio83.
Maggiori dificoltà presenta invece l’analisi delle fattispecie di chi si riserva
di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita al momento
della celebrazione delle nozze.
4.2.1. La fecondazione omologa
Per la fecondazione omologa, sia in vivo che in vitro, valgono con maggior
forza le considerazioni svolte nel paragrafo precedente circa la percezione
sociale di queste tecniche, non considerate mezzi straordinari di sussidio alla
procreazione, né colte come atti illeciti. Ai ini di una valutazione più analitica
della possibile incidenza sui beni giuridici del matrimonio, si può distinguere,
anzitutto, a seconda che il proposito dei nubendi riguardi la fecondazione in
vivo o quella in vitro, e, di seguito, in base alle diverse motivazioni e modalità
del progetto matrimoniale.
a) La fecondazione in vivo
Si esamini in primo luogo la fattispecie di chi, entrambi gli sposi o uno solo
di essi, si proponga di ricorrere alla tecnica della fecondazione omologa in vivo
con il seme raccolto al di fuori della copula coniugale84. Un simile proposito
appare solo formalmente favorevole alla prole, perché in realtà è contrario al
modo veramente umano di trasmettere la vita all’interno degli atti di amore
coniugale85. Purtuttavia, all’interno di questa ipotesi, bisogna ulteriormente
82
Istruzione Donum vitae, II, B, n. 8; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2378.
P. moneta, Procreazione artiiciale, 1309-1310; M.F. PomPedda, Nuove metodiche,
147; g. dalla torre, L’esclusione della prole, 172. Aderiscono a questa conclusione anche P.
malCangI, Tecniche di fecondazione artiiciale, cit., 418-419; m. guIda, Rilessi giuridici della
fecondazione artiiciale, cit., 192.
84
Pratica considerata moralmente illecita nella istruzione Donum vitae, II, B, n. 6.
85
In questa fattispecie, come sottolinea G. dalla torre (L’esclusione della prole, cit.,
173), la volontà non esclude la procreazione in sé, ma è diretta a condizionarne le modalità.
L’orientamento prevalente in dottrina sostiene l’invalidità del consenso che preveda un simile
proposito: P. moneta, Procreazione artiiciale, cit., 1309; S. gherro, Considerazioni canonistiche, cit., 1211; r. navarro-vallS, Matrimonio y derecho, cit., 127; J.J. garCía faílde,
Incidencia de las tecnicas, cit., 274-275; h. franCeSChI, Il contenuto del «bonum prolis», cit.,
83
156
considerare se l’uso di questa tecnica viene progettato in funzione sostitutiva o
alternativa alla procreazione naturale. Se i coniugi si propongono di procreare
solo attraverso il metodo della fecondazione artiiciale, è necessario ancora
distinguere se siano comunque disponibili ad avere tra loro gli atti di intimità
coniugale, quantunque la procreazione sia programmata in via solo artiiciale,
ovvero se riiutino di realizzare del tutto la copula coniugale, anche solo in
funzione unitiva.
Nel caso in cui i nubendi escludano del tutto di porre tra loro gli atti propriamente coniugali, questa intenzione si pone in contraddizione non solo con
il diritto degli sposi a procreare attraverso l’incontro personale dei corpi86, ma
persino con la struttura sostanziale del matrimonio che presuppone la donazione
totale dei coniugi, anche sotto il proilo della comunione nella sfera sessuale.
Data la gravità dell’incidenza di una simile decisione sulla natura stessa del
matrimonio, non pare che possa avere valore scriminante la possibile varietà di
motivazioni che ne stanno a base, in quanto pure quelle che non hanno origine
in patologie fobiche degli sposi ma guardano alla salute dell’altro coniuge o
della prole87, non valgono a compensare il fatto che la volontà dei coniugi non
è diretta a costituire un autentico matrimonio. Salva sempre la veriica delle circostanze concrete, si potrebbe conigurare una volontà contraria al matrimonium
ipsum o al bonum coniugum e al bonum prolis, che realizza, rispettivamente,
la igura della simulazione totale o della simulazione parziale.
Nel caso in cui, invece, i nubendi non escludano di porre in essere gli atti
vere coniugales, ma si riservino di usare le opportune cautele per evitare il
concepimento naturale, bisogna passare a esaminare quali siano le ragioni che
248-249; g. dalla torre, L’esclusione della prole, cit., 173-174; P. malCangI, Tecniche di
fecondazione artiiciale, cit., 415; m. guIda, Rilessi giuridici, cit., 190; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 272.
86
Il contrasto viene conigurato in dottrina sia nei riguardi del bonum prolis, in quanto la
iliazione deve essere frutto degli atti naturali di amore coniugale, sia nei confronti del bonum
coniugum, in quanto una simile riserva priva gli sposi del diritto alla paternità o alla maternità
naturali (P. moneta, Procreazione artiiciale, cit., 1309). La negazione del duplice elemento
essenziale del matrimonio è prospettata anche da S. gherro, Considerazioni canonistiche, cit.,
1211; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 277.
87
Gli esempi proposti in dottrina in merito alle possibili motivazioni che possono determinare gli sposi a riiutare la generazione per via naturale concernono una «qualche forma di fobia
o di particolare issazione» (P. moneta, Procreazione artiiciale, cit., 1309), oppure «la ragione
sanitaria di evitare il contagio al coniuge e la trasmissione alla prole di infezione trasmissibile
attraverso il rapporto sessuale» (G. dalla torre, L’esclusione della prole, cit., 173). La rilevanza di simili patologie infettive sul matrimonio è stata esaminata in dottrina particolarmente
in rapporto all’AIDS o virus da HIV. Sul tema si vedano: aa.vv., Matrimonio canonico e AIDS,
a cura di S. gherro e G. ZuanaZZI,Torino, 1995; g. BonI, L’esclusione della prole e l’AIDS, in
aa.vv., Prole e matrimonio canonico, Città del Vaticano, 2003, 179-259.
157
inducono ad adottare un simile progetto e se siano compatibili con il minimum
essenziale di disponibilità ad accogliere i beni del matrimonio. Così, si può
considerare l’ipotesi dei nubendi che ricorrano a tale risoluzione per evitare di
contagiare il coniuge con una malattia infettiva trasmissibile attraverso l’atto
coniugale non protetto dal preservativo. Pur se anche l’uso degli anticoncezionali diversi dai metodi naturali sia considerato una pratica moralmente illecita,
tuttavia non si intravvede, nelle intenzioni dei nubendi, una contrarietà ai presupposti minimi tanto del bonum prolis (perché vogliono un iglio, quantunque per via artiiciale), quanto del bonum coniugum (perché sono disponibili
alla integrazione sessuale, quantunque protetta). Pertanto, qualora sussistano
cause gravi di procreazione responsabile, la preclusione dell’esercizio di atti
fecondi, anche per l’intera durata del matrimonio, può essere compatibile con
una intenzione nuziale che faccia egualmente salva l’essenziale ordinatio ad
prolem del connubio88.
Nell’ipotesi in cui la fecondazione artiiciale sia programmata dai nubendi
in via alternativa o sussidiaria, ossia qualora non riescano ad avere igli con
la procreazione naturale, la dottrina generalmente distingue a seconda che gli
sposi abbiano programmato di far uso di metodi che siano leciti sotto il proilo
morale o, al contrario, illeciti. Mentre la decisione di impiegare tecniche che
rispettino la derivazione della generazione dall’atto coniugale e non separino
l’aspetto unitivo da quello procreativo viene ritenuta da una parte della dottrina
e dalla giurisprudenza conforme al bonum prolis, invece il progetto diretto ad
applicare modalità illecite è considerato contrario alla struttura essenziale del
matrimonio, in quanto nell’oggetto indisponibile del consenso sono da comprendere pure i diritti-doveri inerenti ai presupposti di trasmissione della vita
nel contesto del rapporto interpersonale tra coniugi89. Altra parte della dottrina,
invece, ritiene, più correttamente, che il fatto di progettare di avvalersi di mezzi
di procreazione assistita contrari alla morale, pur reprensibile sul piano etico,
non implichi automaticamente la nullità giuridica del consenso nuziale90. Per
88
Sulla procreazione responsabile e sull’incidenza delle decisioni ad essa ispirate sul
consenso matrimoniale, si rinvia a I. ZuanaZZI, La iliazione, cit., 149-154.
89
u. navarrete, Novae methodi, cit., 98-99; m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 156157. Aderiscono a questa posizione f. SauChellI, La Rota Romana e la procreazione artiiciale,
cit., 577-578; P. malCangI, Tecniche di fecondazione, cit., 41-42; m. guIda, Rilessi giuridici,
cit., 193; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 272-273. Per la
giurisprudenza si vedano le sentenze citate supra nella nota.
90
Evidenziano la necessità di distinguere tra responsabilità nella sfera morale e conseguenze sul piano giuridico S. gherro, Considerazioni canonistiche, cit., 1212; G. dalla torre,
L’esclusione della prole, cit., 174; P.J. vIladrICh, Il consenso matrimoniale, cit., 369-370.
Riconoscono la validità del consenso matrimoniale di chi non escluda la procreazione naturale
ma si riservi comunque il diritto, si casus ferat, di ricorrere a tecniche di fecondazione omologa,
158
valutare l’effettiva incidenza sul matrimonio di tale proposito, come si è detto,
non basta considerare esclusivamente la tipologia delle tecniche, ma occorre
esaminare con attenzione le motivazioni personali e le modalità oggettive con
le quali gli sposi si propongono di attuare una simile risoluzione: se l’abbiano
deciso di comune accordo o se sia l’imposizione unilaterale dell’uno all’altro;
e ancora, se siano disposti a rispettare la vita come un dono o se intendano
perseguire la strada del iglio a tutti i costi. In deinitiva, se siano disponibili
a salvaguardare comunque i beni fondamentali del matrimonio connessi alla
natura del rapporto coniugale e alla dignità del nascituro o se, all’opposto, siano
disposti a calpestarli pur di raggiungere i propri obiettivi personali.
b) La fecondazione in vitro
Per quanto concerne, in secondo luogo, la fattispecie di chi voglia ricorrere alla fecondazione omologa in vitro, un aspetto ulteriore da valutare è la
compatibilità dell’uso di queste tecniche con la tutela della vita e dell’integrità
isica dell’embrione, in quanto il concepimento al di fuori del corpo della madre
pone l’embrione in una situazione di grave pericolo di subire manipolazioni e
offese ai suoi interessi fondamentali91. Di conseguenza, l’intenzione dei nubendi di fare uso di questa tecnica pone il dubbio circa la compatibilità del loro
progetto di procreazione con il bonum prolis cui è ordinato il matrimonio92.
Pure in questa fattispecie la risposta va cercata in una valutazione complessiva della volontà matrimoniale, che non guardi solo ai mezzi oggettivi cui si
vuole ricorrere, ma pure alle motivazioni ispiratrici e alle modalità attuative.
Peraltro, occorre tenere conto della gravità offensiva di queste tecniche verso i
diritti fondamentali del concepito, che può costituire un indizio da cui inferire
la presunzione di una volontà che, se pure non è diretta intenzionalmente a
sopprimere o ledere in altro modo gli embrioni, quanto meno accetta il rischio
che possano subire un simile pregiudizio. Bisognerà pertanto valutare quanto
tale volontà abbia pesato sul disegno complessivo del matrimonio e se davvero
possa conigurare una esclusione del bonum physicum prolis o non sussistano
delle altre circostanze che possano attenuare o ridimensionare la decisione di
ricorrere a questi interventi.
La prima attenzione, come si vede, deve considerare le peculiarità della
fattispecie concreta. Per questo si possono distinguere diversi comportamenti.
pure r. navarro-vallS, Matrimonio y derecho, cit., 127; J.J. garCía faílde, Incidencia de
las tecnicas, cit., 275.
91
Si veda quanto detto supra, § 3.
92
Affermano la contrarietà di un simile proposito al bonum physicum prolis: m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 163; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum
prolis, cit., 274.
159
Una prima ipotesi può riguardare il caso di due sposi che si propongono di
ricorrere alla fecondazione extracorporea perché sanno di non poter procreare
naturalmente, a causa di un difetto dell’apparato riproduttivo dell’uno o dell’altra, ma decidono di concepire in vitro solo pochi embrioni e di trasferirli tutti
nell’utero per portare avanti la gravidanza. Se pure gli embrioni subiscono un
danno dal non essere concepiti direttamente nel grembo della madre e dall’essere impiantati solo successivamente, nondimeno le lesioni alla loro integrità
isica sono ridotte e gli aspiranti genitori dimostrano di adottare tutte le cautele
possibili per tutelare la loro vita e salute, evitando la soppressione di alcuni
embrioni e il congelamento di altri.
Una seconda ipotesi, invece, concerne il caso in cui i nubendi siano consapevoli di essere portatori sani di gravi patologie di origine genetica e programmino di generare dei igli solo per via artiiciale in vitro, in modo da poter
selezionare gli embrioni e impiantare nell’utero solo quelli privi della patologia
ereditaria. Una simile intenzione è certamente illecita, perché contraria al diritto
fondamentale alla vita degli embrioni, ma, d’altro canto, potrebbe non sembrare
del tutto contraria al ine procreativo del matrimonio, perché i nubendi vogliono avere igli, quantunque con modalità ingiuste, non rispettose della dignità
di tutti gli esseri umani. Il loro atteggiamento è analogo a quello di chi, nella
procreazione naturale, si ripromette di ricorrere all’interruzione volontaria della
gravidanza quando, dagli esami prenatali, possa risultare una malformazione del
feto93. In ambedue le fattispecie i genitori si preiggono l’obiettivo di mettere
al mondo solo igli sani: si tratta di un modo di concepire la procreazione che
costituisce certamente una distorsione della funzione dei genitori, ma che non
nega radicalmente la possibilità di avere igli. Occorre pertanto chiedersi se tale
programmazione possa essere considerata compatibile con i requisiti essenziali
dell’ordinatio ad prolem del matrimonio.
In senso contrario, si può anzitutto sottolineare come il proposito di subordinare la nascita dei igli al riscontro di determinati requisiti di eugenetica
venga a contraddire il carattere assoluto dell’ordinatio ad procreationem del
matrimonio, che richiede ai nubendi di essere aperti a far nascere tutti i igli
donati dal Creatore, senza porre limiti o condizioni a riguardo del loro stato di
salute94. L’esclusione condizionata dei igli per motivi di eugenetica è solo apparentemente un riiuto parziale o temporaneo, in quanto risulta potenzialmente
totale e perpetuo, nella misura in cui la condizione non abbia mai a veriicarsi.
Un atto che viene deinito come gravemente illecito (Donum vitae, I, n. 2), oltre che
conigurare il delitto canonico ai sensi del can. 1398 CIC, su cui si veda supra, § 3.
94
Sull’invalidità del consenso che esprime una esclusione condizionata della prole, si veda
P. BIanChI, L’esclusione della prole nella giurisprudenza della Rota Romana dal C.I.C. 1983,
in aa.vv., Prole e matrimonio canonico, cit., 125.
93
160
Invero, se anche gli sposi mirano in astratto ad avere eventualmente un iglio
sano, la loro intenzione è deliberatamente diretta a scartare tutti gli altri igli
che non lo siano, e quindi, se non riescono a ottenere alcun embrione che non
sia portatore della patologia, andranno a sopprimere un numero illimitato di
creature concepite in vitro. Viene pertanto a mancare, nei presupposti minimali, l’ordinatio ad procreationem del consenso matrimoniale, intesa come
disponibilità ad accogliere e a prendersi cura di ogni vita, sia quella sana che
quella malata.
Il riiuto dei igli con patologie ereditarie non può neppure essere ritenuto
giustiicato in base ad argomentazioni di procreazione responsabile, dato che il
modo previsto per evitare la nascita consiste nella soppressione di vite umane.
La vita umana, come si è visto95, è un bene assoluto e indisponibile, per cui
nessuna motivazione, né oggettiva né soggettiva, può rendere legittima l’intenzione di arrecarle un’offesa diretta. Di conseguenza, neppure il desiderio
di avere un iglio sano può compensare o rendere meno riprovevole la volontà
di non portare a termine lo sviluppo degli altri concepiti, per quanto grave
sia la patologia ereditaria di cui potrebbero essere portatori, in nessun caso
e per nessuna ragione96. La volontà di selezionare gli embrioni per motivi di
eugenetica è da equiparare alla volontà di uccidere degli esseri umani, quindi
una volontà che è contraria al bonum physicum prolis e non può essere affatto
considerata una decisione di procreazione responsabile97.
Sembra pertanto di dover concludere che il programma di ricorrere a una
fecondazione extra corporea con selezione eugenetica degli embrioni coniguri
una esclusione tanto del bene dei igli considerato in seipsum, quanto del carattere assoluto della ordinatio ad procreationem del matrimonio.
4.2.2. La fecondazione eterologa
Con la fecondazione eterologa si ricorre ai gameti di persone estranee alla
coppia degli aspiranti genitori per generare un iglio. Il Magistero ecclesiale
ha individuato un duplice proilo di contrarietà ai beni del matrimonio nell’uso
di tali tecniche. In primo luogo, si conigura il contrasto con l’unità del ma95
Si vedano le osservazioni svolte supra, § 3.
Evangelium vitae, nn. 57 e 59.
97
Se i nubendi sanno di essere portatori di gravi patologie ereditarie e con un’alta percentuale di rischio di trasmissione ai igli, l’unica scelta veramente di procreazione responsabile è
quella di astenersi dal procreare. Sulla compatibilità con l’ordinatio ad bonum prolis della decisione di non avere igli, motivata da ragioni oggettive che guardano al bene delle persone, pur
se comprende l’intera durata del matrimonio, si rinvia alle rilessioni contenute in I. ZuanaZZI,
La iliazione nel diritto canonico della famiglia, cit., 150-154.
96
161
trimonio e la fedeltà reciproca dovuta tra gli sposi, venendo così ad ampliare
il contenuto del diritto-dovere di fedeltà che deriva dall’impegno coniugale,
sino a ricomprendere “il reciproco rispetto del loro diritto a diventare padre e
madre soltanto l’uno attraverso l’altro”98. In secondo luogo, la fecondazione
eterologa appare anche contraria al diritto del iglio di essere concepito, portato in grembo, partorito e cresciuto dalle medesime igure di genitori uniti in
matrimonio99. Anche sotto questo proilo, si viene ad estendere il contenuto
della ordinatio ad procreationem prolis del consorzio coniugale, dato che si
riconosce il diritto-dovere degli sposi di mettere a frutto i propri gameti all’interno del rapporto nuziale come requisito essenziale per garantire il benessere
e la crescita integrale del iglio.
Sulla scorta di questi pronunciamenti, la maggioranza della dottrina ritiene che l’intenzione dei nubendi di usare gameti di altre persone, o di cedere
ad altri i propri gameti per generare dei igli, coniguri la fattispecie di nullità
del consenso matrimoniale per esclusione del bonum idei100. Alcuni autori
individuano anche la igura dell’esclusione del bonum prolis101, o, ancora,
dell’esclusione del bonum coniugum102.
È evidente che la fecondazione eterologa provoca un vulnus all’unità del
matrimonio, in quanto il connubio si costituisce con la donazione integrale dei
nubendi e determina la condivisione di un patrimonio di comunione di vita
e di amore che è esclusivo tra i coniugi e quindi, per ciò stesso, è escludente
il coinvolgimento di terze persone103. Tale carattere esclusivo ed escludente
del vincolo coniugale comprende e connota tutti gli aspetti del matrimonio,
tanto la relazione interpersonale tra gli sposi, quanto la inalità procreativa e
il rapporto tra genitori e igli. In tutti gli elementi essenziali del matrimonio,
pertanto, i coniugi si devono vicendevolmente il diritto-dovere di fedeltà, che
98
Istruzione Donum vitae, II, A, nn. 1-2.
Istruzione Donum vitae, II, A, nn. 1-2.
100
P. moneta, Procreazione artiiciale, cit., 1308-1309; S. gherro, Considerazioni canonistiche, cit., 1208; m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 167; J.J. garCía faílde, Incidencia
de las tecnicas, cit., 267-284; R. navarro-vallS, Matrimonio y derecho, cit., 126-127; H.
franCeSChI, Il contenuto del bonum prolis e del bonum idei, cit., 249-252; P. J. vIladrICh, Il
consenso matrimoniale, cit., 395; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 275-276; C. Peña garCía, Matrimonio y causas de nulidad en el derecho de la Iglesia,
Madrid, 2014, 241; A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 172.
101
Il bonum prolis è considerato l’unico proilo di esclusione da U. navarrete, Novae
methodi, cit., 103; M. Wegan, Esclusione del bonum prolis, cit., 117. Invece viene ritenuto un
proilo aggiuntivo da altri: F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit.,
276; A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 170-171.
102
F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 277; A. gIraudo,
Fecondazione assistita eterologa, cit., 173.
103
P. J. vIladrICh, Il consenso matrimoniale, cit., 388.
99
162
discende dalla mutua appartenenza dell’uno con l’altra: sia nelle espressioni
affettivo-sessuali ordinate al bene dei coniugi, sia nello scambio reciproco degli
atti propriamente coniugali aperti alla procreazione.
Per quanto concerne peraltro l’incidenza del proposito di ricorrere alla
fecondazione eterologa sul consenso matrimoniale, occorre affrontare due
questioni: la prima, di carattere più sistematico, richiede di deinire con quale
bene fondamentale del matrimonio si possa porre in contraddizione una simile
decisione; la seconda, più sostanziale, impone di valutare quando tale intenzione
venga ad escludere un elemento essenziale della sostanza del matrimonio nei
presupposti minimi necessari, così da determinare l’invalidità del consenso.
Come si è detto, infatti, non basta la sola previsione di ricorrere alle tecniche di
fecondazione eterologa, pur se sono qualiicate dal Magistero come atti gravemente immorali, per conigurare la fattispecie della simulazione del consenso,
ma bisogna esaminare in modo complessivo la programmazione concreta del
matrimonio, in tutti i suoi aspetti, per veriicare la sussistenza dei requisiti
fondamentali di una fattispecie di nullità.
Riguardo alla individuazione dei beni giuridici compromessi, sembra indubbia la contrarietà del progetto di ricorrere alla fecondazione eterologa con
l’ordinazione del matrimonio al bene della prole. La contraddizione emerge
sotto proili diversi. Anzitutto, la fecondazione eterologa arreca un’offesa al
carattere esclusivo della reciproca donatio-acceptatio delle potenzialità riproduttive tra i nubendi, al diritto-dovere di diventare padre e madre solamente
l’uno con l’altra, di generare i igli all’interno del matrimonio. Ma la fecondazione eterologa comporta anche un pregiudizio alla parità dei diritti-doveri dei
coniugi in ordine alla iliazione, in quanto l’uso di gameti estranei per generare
un iglio porta a uno squilibrio all’interno della coppia dei genitori, che deriva
dal rapporto diverso che ciascuno di essi viene ad avere con il bambino: l’uno
di genitore anche biologico, l’altro di genitore solo sociale. Gli squilibri sono
diversi a seconda che si ricorra alla donazione del gamete maschile o di quello
femminile o di entrambi. Infatti, mentre per il marito il ricorso al seme maschile
di un altro uomo comporta l’essere privato di qualsiasi contributo naturale al
concepimento del iglio, invece per la moglie lo sviluppo della gravidanza,
anche con l’ovulo di un’altra donna, implica comunque l’instaurarsi di un
rapporto naturale con il iglio104. In ogni caso, i coniugi vengono ad assumere
ruoli diversi nel concepimento della prole e questo può produrre effetti anche sul
rapporto successivo con il iglio. Inine, la fecondazione eterologa compromette
il bene del iglio come persona, non tanto dal punto di vista dell’integrità isica,
104
Per analisi più approfondite si veda infra, § 5.
163
quanto da quello della identità genetica e familiare, nonché della formazione
integrale della personalità105.
Per tutti questi aspetti, l’intenzione dei nubendi di usare delle tecniche
di fecondazione eterologa per avere dei igli potrebbe causare l’invalidità del
matrimonio per l’esclusione dell’ordinatio ad bonum prolis, ma, come precisato, occorre veriicare in concreto se realmente, nel complesso della programmazione matrimoniale, tale proposito abbia comportato la negazione dei
requisiti minimali di questo elemento essenziale del matrimonio106. I criteri di
valutazione sono quelli già espressi per le altre fattispecie di esclusione: se sia
stata una decisione assunta unilateralmente e in modo arbitrario da uno dei due
sposi, in spregio delle legittime aspettative di paternità o maternità dell’altro,
ovvero se non siano state tenute in alcun conto le esigenze fondamentali del
futuro concepito107.
Qualche interrogativo, invece, può sorgere circa la compromissione anche
del diritto-dovere alla fedeltà nel rapporto di comunione interpersonale tra i
coniugi108. In proposito si può avanzare più di una obiezione. Anzitutto, appare
una forzatura considerare alla stregua dell’adulterio l’uso dei gameti altrui per
generare dei igli o, viceversa, il dare gameti propri per consentire ad altri di
procreare109. È vero che per conigurare l’adulterio non si ritiene necessario il
compimento di atti sessuali110, ma nella pratica della fecondazione eterologa
manca anche il coinvolgimento personale nel rapporto con un soggetto diverso
dal coniuge, che conduca a rivolgere a un terzo i moti affettivi e le attenzioni
intime che dovrebbero essere riservate al proprio sposo. Non si riscontra quindi
il requisito essenziale dell’inserimento di un estraneo all’interno del rapporto di
comunione interpersonale che deve restare esclusivo tra i coniugi. Certamente
gli atti di disposizione dei gameti non sono equiparabili agli atti di disposizione
di altre parti del corpo umano, perché con le cellule germinali viene trasmesso
al iglio il proprio patrimonio genetico, una parte della propria identità. Sono
atti, quindi, che generano una grave responsabilità, sia nei confronti di chi viene
concepito con quei gameti111, sia nei confronti del coniuge al quale si è donata
105
Si veda la trattazione più ampia svolta infra, § 5.
In questo senso, anche A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 171.
107
Se i nubendi si ripromettono di attuare la fecondazione con l’uso delle tecniche extra
corporee, si vedano le rilessioni svolte supra, § 4.2.1.b. Sulla rilevanza di un eventuale accordo
tra i coniugi, invece, si veda infra in questo paragrafo.
108
Dubbio già sollevato da U. navarrete, Novae methodi, cit., 103.
109
L’equiparazione all’adulterio viene sostenuta da J.J. garCía faílde, Incidencia de las
tecnicas, cit., 278-281; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 276.
110
P. J. vIladrICh, Il consenso matrimoniale, cit., 395-396; C. Peña garCía, Matrimonio
y causas de nulidad, cit., 241.
111
Sulla responsabilità verso il concepito, si veda infra § 5.
106
164
l’interezza della propria persona. Tuttavia, non sono atti che offendono direttamente la relazione interpersonale tra gli sposi, come nel caso dell’adulterio per
rapporto sessuale o affettivo con un’altra persona, ma piuttosto indirettamente,
per le ricadute che può avere sul piano della comunione spirituale tra gli sposi
l’offesa arrecata al carattere esclusivo della donazione reciproca delle capacità
generative, in deinitiva, alla fedeltà nella ordinatio ad procreationem prolis
del matrimonio.
Equiparare all’adulterio l’atto di servirsi dei gameti altrui signiicherebbe
ritornare a una visione isicistica del rapporto coniugale, per cui qualunque intromissione di una parte del corpo di un altro sarebbe da considerare un’offesa
allo ius in corpus exclusivum tra i coniugi. Ma tale prospettiva deve essere
ritenuta superata dalla impostazione personalistica dei nuovi codici, in base
alla quale per conigurare un pregiudizio alla fedeltà coniugale non basta un
atto isolato di tradimento isico, senza un coinvolgimento personale, ma è necessaria una negazione positiva del carattere esclusivo del rapporto integrale
di comunione tra gli sposi112.
Del resto, se l’uso di gameti esterni equivale a un tradimento, nel caso
che i coniugi ricorrano al prestito sia del seme maschile sia degli ovociti femminili, si dovrebbe conigurare un doppio tradimento da parte di entrambi.
Ma la domanda veramente fondamentale da porsi è: tradimento di chi? Nella
generalità dei casi, invero, non è il coniuge isolato che si propone di ricorrere
alla fecondazione eterologa, ma è la coppia che decide di avvalersi di gameti
altrui pur di realizzare l’obiettivo di generare un iglio, come completamento del
desiderio di costituire una famiglia113. L’assenza del coinvolgimento personale
del terzo che fornisce i gameti, in effetti, fa sì che la fecondazione eterologa non
sia percepita dalla mentalità sociale diffusa come un tradimento della fedeltà
coniugale, cosicché accade sovente che ambedue i coniugi siano d’accordo nel
ricorrere a questa tecnica pur di riuscire ad avere un iglio.
Proprio l’esistenza dell’accordo tra i coniugi, richiesto per giunta dagli
ordinamenti civili come condizione essenziale per accedere alla tecnica della
fecondazione eterologa114, induce a rivedere la possibilità di ricondurre questa
pratica alla fattispecie di nullità del consenso matrimoniale per esclusione del
112
Si veda, in merito a questa evoluzione della giurisprudenza che tende a superare anche la
tralaticia distinzione tra esclusione del diritto ed esclusione dell’esercizio del diritto, a. errera,
Esclusione del “bonum idei” ed esclusione del “bonum coniugum”, in aa.vv., Il bonum idei
nel diritto matrimoniale canonico, cit., 199-228. In tal modo, si è venuto a spostare «il baricentro
della fedeltà … dall’aspetto meramente sessuale al proilo del coinvolgimento interpersonale
completo degli sposi» (ivi, 221).
113
A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 173.
114
L. d’avaCk, Il progetto di iliazione, cit., 26.
165
bonum idei in ordine alla procreazione. È vero che l’accordo su di un oggetto
illecito non è valido e non è idoneo a far sorgere alcun diritto o dovere115, ma
l’aver dato prima del matrimonio il consenso all’uso di gameti diversi dai propri,
può cambiare la prospettiva di valutazione delle intenzioni dei nubendi e può far
ritenere che non sussistano i presupposti dell’atto positivo di volontà contrario
alla procreazione esclusiva tra coniugi, né da parte del nubendo estromesso
dalla procreazione, né da parte dell’altro. Invero, se c’è il consenso dell’altro,
si può ancora parlare di riiuto di riconoscere il diritto-dovere di esclusività
nella procreazione?
La domanda richiede di ripensare il contenuto e il fondamento del diritto-dovere tra i coniugi di procreare insieme, dato che la risposta potrà essere
diversa a seconda che si dia una impostazione oggettiva o soggettiva alla situazione giuridica di obbligo reciproco che deriva dalla proprietà dell’unità del
matrimonio. Se si accoglie l’impostazione oggettiva, questa situazione viene
considerata come un diritto-dovere indisponibile, che vincola i coniugi indipendentemente dalle loro preferenze, per cui il consenso del titolare non vale
a legittimare una eventuale violazione. Se si accoglie invece una impostazione
soggettiva, il consenso dell’avente diritto libera dall’obbligo di rispettare il
corrispettivo dovere e rende possibili e leciti gli atti ad esso contrari.
Essendo il matrimonio una istituzione indisponibile, non può essere accolta
la prospettiva che rimette alle scelte dei coniugi il carattere vincolante o meno
delle conseguenze del connubio. Il consenso del coniuge non può, pertanto, far
venire meno l’unità del connubio e il carattere esclusivo dei diritti-doveri essenziali che ne deriva. Tuttavia, il consenso non può neppure essere considerato
privo di alcuna rilevanza giuridica. L’assenso all’uso di gameti estranei, infatti,
manifesta, da un lato, l’interesse del nubendo alla procreazione; dall’altro,
l’assenza della pretesa che siano utilizzati i propri gameti per raggiungere tale
obiettivo. Se questo non vale giuridicamente a rimuovere il bonum idei nel matrimonio, può però giustiicare l’assunzione di decisioni comuni dei coniugi, le
quali, se pure dal punto di vista formale siano contrarie alla proprietà essenziale
del connubio, dal punto di vista sostanziale non contengono la negazione o il
riiuto di riconoscere qualcosa di dovuto reciprocamente. Quindi, possono non
riscontrarsi nei fatti i presupposti della fattispecie giuridica della simulazione,
come atto positivo di esclusione di un bene necessario del matrimonio, perché
il dovere di rispettare la procreazione esclusiva tra i coniugi è stato rimosso,
almeno soggettivamente, dal consenso dei nubendi. Viene così a mancare il
fondamento psicologico della simulazione, giacché non si può escludere qualcosa che si ritiene che non esista.
115
166
U. navarrete, Novae methodi, cit., 99.
Qualora i coniugi siano d’accordo a ricorrere alla fecondazione eterologa,
pertanto, si potrà, al più, valutare se, in base alle circostanze del caso concreto,
si possa riscontrare la igura dell’error determinans, purché si accertino alcuni
requisiti fondamentali. Anzitutto, si deve veriicare che il progetto dei nubendi
di procreare a tutti costi, facendo uso anche di gameti esterni, venga a compromettere e distorcere il minimo essenziale della disponibilità a procreare l’uno
con l’altra. In secondo luogo, si deve dimostrare che un simile progetto non
solo abbia falsiicato l’idea corretta di procreazione coniugale, ma che abbia
realmente inciso sul consenso nuziale, venendo applicato alla loro effettiva
programmazione del futuro matrimonio.
5. Il principio del favor iliationis: la tutela dell’interesse del nato ad avere un
rapporto di iliazione con una coppia di genitori.
Nei riguardi dei igli, la regolamentazione delle conseguenze giuridiche che
derivano dall’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita si deve
ispirare al principio tradizionale del favor iliationis. In base a tale principio
viene tutelato l’interesse del nato a vedersi riconosciuto il rapporto di iliazione con la coppia di genitori, al ine di acquisire la propria identità familiare e
ottenere le cure necessarie a una formazione integrale della personalità.
Se i genitori sono sposati tra di loro, il favor iliationis è diretto a favorire
l’assunzione dello status di iglio legittimo, quale condizione preferenziale,
quella che garantisce i presupposti migliori per maturare l’identità di iglio
all’interno della comunità familiare (favor legitimitatis)116. Per questo, si considera generato in costanza di matrimonio non solo il iglio concepito dopo
l’inizio della convivenza coniugale e prima della sua cessazione, ma anche il
iglio nato durante il matrimonio, quantunque concepito in epoca anteriore,
secondo il criterio per cui il concepimento viene equiparato alla nascita (e
viceversa) ogniqualvolta sia più favorevole per acquisire lo status di iglio
legittimo117. Per accertare l’identità dei genitori, poi, si ricorre a una serie di
criteri tradizionali: la maternità, anzitutto, si evince direttamente con l’evento
116
Nel codice latino di diritto canonico, nel capitolo relativo agli effetti del matrimonio,
viene conservata la distinzione tra igli legittimi e igli illegittimi (cann. 1137 e 1139 CIC). Tale
classiicazione vuole sottolineare la connessione tra la iliazione e il matrimonio, quale luogo
degno e ideale per la nascita, la crescita e la formazione della personalità dei igli, mentre non
comporta alcuna diversità di trattamento giuridico nel rapporto con i genitori. Sul tema, si veda,
più ampiamente, I. ZuanaZZI, La iliazione, cit., 122-138.
117
Can. 1137 CIC83: «Legitimi sunt ilii concepti aut nati ex matrimonio valido vel putativo»
167
del parto; la paternità, invece, viene dedotta indirettamente tramite due presunzioni di diritto, in base alle quali si considera padre il marito della madre118 e si
ritiene nato o concepito all’interno del matrimonio il iglio partorito dopo 180
giorni dalla celebrazione del matrimonio o entro 300 giorni dalla cessazione
della vita coniugale119.
Se i genitori, per contro, non sono sposati tra di loro, il principio del
favor iliationis mira, da un lato, a promuovere la costituzione del rapporto
di iliazione naturale, anche senza un esplicito riconoscimento da parte del
padre e della madre, e, dall’altro, ad agevolare la dimostrazione in foro esterno dell’esistenza di tale relazione. La maternità si accerta nello stesso modo
della iliazione legittima, con la dimostrazione dell’evento storico del parto e
dell’identità del nato. Per la paternità, invece, se esiste un rapporto stabile di
convivenza, si presume che sia padre il convivente della madre; altrimenti,
la iliazione si può constatare con una dichiarazione di riconoscimento o con
qualunque altro mezzo di prova.
Il fondamento giuridico del rapporto di iliazione viene ricondotto principalmente al rapporto naturale di discendenza biologica dai genitori. Negli
ordinamenti civili questo criterio assume generalmente carattere prevalente,
tanto da far coincidere tendenzialmente la iliazione giuridica con la iliazione naturale120. Peraltro, la corrispondenza alla discendenza biologica si può
combinare con altre esigenze ritenute degne di considerazione nel sistema dei
rapporti familiari, quali il principio di responsabilità nell’assunzione delle funzioni parentali121, l’interesse del minore, la certezza e stabilità degli status,
«Pater is est quem iustae nuptiae demonstrant, nisi evidentibus argumentis contrarium
probetur» (cann. 1138, § 1 CIC 83).
119
Can. 1138, § 2 CIC 83.
120
Con le riforme del diritto di famiglia progressivamente attuate nei Paesi europei dalla
seconda metà del secolo scorso, viene aumentata e rafforzata la tendenziale corrispondenza al
principio della verità biologica, di contro a restrizioni contemplate nei regimi precedenti. Per
approfondimenti, si vedano: M. mantovanI, I fondamenti della iliazione, in Trattato di diritto di
famiglia, diretto da P. Zatti, II, Filiazione, a cura di G. Collura, L. Lenti, M. Mantovani, Milano,
20122, 3-18; J. nanClareS valle, Filiación, in Diccionario General de Derecho Canónico
(DGDC), diretto da J. Otaduy, A. Viana, J. Sedano, Pamplona, 2012, III, 991-994; Maternidad,
in DGDC, V, 298-299; Id., Paternidad (determinación de la), in DGDC, V, 954-955.
121
Il principio di responsabilità viene applicato in materia di iliazione naturale, nella
quale il rapporto di iliazione non si forma automaticamente, ma si costituisce in base a un atto
volontario di riconoscimento da parte del genitore, ovvero a seguito di un provvedimento del
giudice che accerta la discendenza genetica. Nell’ordinamento civile italiano si richiede un atto
di riconoscimento (volontario o giudiziale) sia per la paternità che per la maternità fuori del
matrimonio, ancora dopo le recenti riforme in tema di iliazione (legge delega n. 219/2012 e
decreto legislativo delegato n. 154/2013). Nella maggioranza degli altri ordinamenti europei,
invece, la maternità si costituisce automaticamente.
118
168
la solidarietà e la pace all’interno del nucleo domestico. Questi altri valori
possono condurre, in determinate circostanze, ad allargare la iliazione giuridica oltre l’ambito della sua conigurazione naturale122, ovvero, al contrario,
a restringerla123. In materia di regolamentazione giuridica delle tecniche di
fecondazione assistita, in particolare per la fecondazione eterologa, il criterio
della volontà, dato dalla manifestazione del consenso all’uso di gameti altrui e
quindi dall’assunzione di responsabilità ad accogliere il nato come iglio proprio, acquista valore determinante nella costituzione del rapporto di iliazione
in capo ai genitori sociali124.
Secondo la tradizione risalente dell’ordinamento canonico, il rapporto di
iliazione si costituisce sulla base del principio, considerato di diritto naturale,
della discendenza biologica dall’uomo e dalla donna che hanno unito i loro
gameti per dare vita alla nuova creatura. Una discendenza che in epoca classica
era individuata nella comunanza di sangue per generazione carnale125, mentre
in epoca contemporanea, alla luce delle scoperte scientiiche, si precisa come
trasmissione del patrimonio genetico126. Il rapporto sorge automaticamente
sulla base del mero legame di discendenza biologica, senza richiedere un atto
volontario di riconoscimento da parte dei genitori, sia nella iliazione legittima
sia nella iliazione illegittima, sia per copula lecita sia per copula illecita.
122
Come nel caso dell’adozione, nella quale si costituisce un rapporto di iliazione legale
ad imitazione della iliazione naturale.
123
Si vedano i limiti posti nei regimi precedenti al riconoscimento di alcuni igli naturali,
quali i igli incestuosi. Nell’ordinamento civile italiano, a seguito delle recenti riforme, il riconoscimento di questi igli deve essere autorizzato previamente dal giudice, dopo aver valutato
la corrispondenza con l’interesse del iglio minore (art. 251 c.c.).
124
L. d’avaCk, Il progetto iliazione, cit., 25-27.
125
Nel medioevo era recepita la isiologia antica, risalente ad Aristotele, secondo la quale
i principi generativi maschile e femminile erano trasmessi con l’unione del sangue del padre e
della madre attraverso la copula coniugale, come riportato da tommaSo d’aquIno: «illud quod
proxime convertitur in semen, est sanguis... et propter hoc, vinculum quod ex propagatione
carnali contrahitur, convenientius dicitur consanguinitas quam carnalitas; et quod aliquando
unus consanguineus dicitur esse caro alterius, hoc est inquantum sanguis qui in semen viri aut
menstruum convertitur, est potentia caro et os» (Super Sententiis, lib. 4, d. 40, q. 1, a. 4 arg. 5).
La spiegazione era condivisa ancora nella vigenza del codice piano-benedettino: «Per copulam
enim seu generationem sanguis parentum in ilios derivatur» (F.M. Cappello, De Sacramentis, V,
De matrimonio, Torino, 1961, 442). Questa è anche la ragione per cui l’impedimento di parentela
viene chiamato tradizionalmente consanguinitas vel cognatio carnalis.
126
«In iure canonico, sicuti etiam in ceteris ordinamentis iuridicis, consanguinitas fundatur
in facto communis originis seu procedentiae geneticae» (u. navarrete, Novae methodi, cit., 90).
L’origo genetica come fondamento naturale della relazione di iliazione è una tesi condivisa da
tutta la dottrina:S. gherro, Considerazioni canonistiche, cit., 1212-1215; u. navarrete, Novae
methodi, cit., 90-93; m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 173-174; M. P. faggIonI, Maternità
surrogata, cit., 285-287; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 266.
169
Essendo la procreazione medicalmente assistita un fenomeno abbastanza
recente e non trovando ancora una disciplina puntuale nel diritto canonico, occorre valutare la possibilità di applicare i criteri tradizionali, fondati su principi
di diritto naturale, anche alla iliazione prodotta con l’uso di tali tecniche, sia
quelle lecite che quelle illecite.
Non risultano in generale dificoltà a fare ricorso al principio naturale della
discendenza genetica come criterio automatico nella costituzione del rapporto
di iliazione per quanto concerne le tecniche omologhe di procreazione medicalmente assistita, anche se il iglio non è stato generato per carnalem copulam,
ma attraverso la fusione dei gameti con la procreazione artiiciale127. Ciò che
conta, infatti, è la provenienza dalle cellule germinali dei genitori. Il iglio
viene considerato legittimo se nato nel matrimonio da genitori sposati tra di
loro, anche se sono ricorsi a metodi illeciti di procreazione. Se i genitori non
sono sposati tra di loro, invece, si costituisce un rapporto di iliazione naturale.
Un problema particolare, peraltro, può sorgere se la procreazione omologa
sia realizzata dalla moglie dopo la morte del marito, con materiale biologico
proveniente dallo stesso consorte128. L’incertezza riguarda non tanto la costituzione del rapporto di iliazione con il coniuge premorto, che risulta sicuramente, proprio sulla base del principio della discendenza biologica accertabile
con un’analisi del codice genetico del iglio, quanto, piuttosto, la possibilità di
qualiicare tale iliazione come legittima. Quantunque non sussistano differenze
di trattamento giuridico tra igli legittimi e igli naturali, per il diritto canonico
si deve continuare a considerare lo status di legittimo come la condizione ideale e quindi, in base al principio del favor legitimitatis, occorre promuovere
e facilitare la sua acquisizione. Nel caso di specie, se il iglio è nato più di
300 giorni dopo lo scioglimento del matrimonio per morte del coniuge, non
sarebbero applicabili le presunzioni che consentono di dichiarare come padre
il marito della madre129. Tuttavia, il favor legitimitatis dovrebbe ispirare una
interpretazione più elastica delle condizioni necessarie perché il bambino sia
considerato nato ex matrimonio. L’una, quella della paternità del marito della
madre, già si è visto come risulti veriicata; l’altra, del concepimento nel matrimonio, si potrebbe considerare assolta se si interpretano in modo lessibile
127
u. navarrete, Novae methodi, cit., 91; m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 182;
J.P. durand, Implications canoniques, cit., 295-296; M. P. faggIonI, Maternità surrogata, cit.,
287; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 267.
128
Sulla questione, si veda I. ZuanaZZI, La iliazione, cit., 143-144.
129
In questo senso si esprimono J.P. durand, Implications canoniques, cit., 296; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e del bonum prolis, cit., 267, per i quali il nato è illegittimo,
in quanto iglio di madre non nupta.
170
i tempi naturali necessari per il processo di nascita, ovvero se si accede a una
nozione estensiva di concepimento.
Occorre considerare due ipotesi distinte. La prima è quella di due coniugi
che prima della morte del marito e in vista di una futura procreazione, concepiscono in vitro un embrione e lo congelano. L’embrione viene poi impiantato
nell’utero della madre dopo la morte del padre e nasce quando il matrimonio
è già sciolto da almeno nove mesi. In questo caso, anche se il iglio viene al
mondo fuori del matrimonio, è stato concepito durante la convivenza coniugale.
Pertanto, si può applicare il criterio tradizionale, ispirato al favor legitimitatis,
per il quale il concepimento viene equiparato alla nascita ogniqualvolta sia più
favorevole per l’acquisizione dello status di iglio legittimo, e quindi considerare
il bambino nato ex matrimonio130.
La seconda ipotesi, invece, è quella di due coniugi che congelano il solo
seme del marito, mentre il iglio viene concepito dopo la morte dell’uomo, con
la fecondazione artiiciale della moglie. In questo caso, per poter considerare
il iglio come generato all’interno dell’unione, si può ricorrere a una nozione
estensiva della procedura di concepimento che ricomprenda non solo il fatto
materiale della fecondazione, ma pure il progetto di avere un iglio voluto da
entrambi i coniugi e concretizzato con il deposito del seme del marito in vista della futura fecondazione. In questo modo, si possono estendere anche al
concepito post mortem mariti gli effetti positivi del matrimonio e considerarlo
comunque un iglio legittimo.
Nell’uso delle tecniche di procreazione eterologa, per contro, sorgono
problemi complessi per identiicare il sorgere del rapporto di iliazione, dato
che si realizza una scissione tra i diversi ruoli genitoriali, vale a dire tra i genitori genetici, che hanno fornito le cellule germinali, e i genitori sociali, che
accolgono e si prendono cura del bambino. Invero, la discendenza genetica e
l’accudimento parentale sono due dimensioni fondamentali e complementari
della genitorialità umana che nella procreazione artiiciale sono deliberatamente disgiunte tra le molteplici igure che vengono coinvolte nel progetto di
costruzione di una nuova creatura: i fornitori di gamete maschile e di gamete
femminile131, la donna che porta avanti la gravidanza su commissione, i componenti della coppia che ricevono il prodotto inale. Tale moltiplicazione di fattori
genitoriali pone serie dificoltà a individuare chi, tra coloro che intervengono
130
m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 179-180 ritiene invece che sia determinante,
rispetto al momento del concepimento, il momento in cui “si dà il via allo sviluppo dell’embrione”
dopo il periodo di ibernazione e, di conseguenza, ritiene che il iglio sia da considerare illegittimo.
131
L’apporto genetico femminile si può ulteriormente duplicare con la nuova tecnica, di
recente consentita in Gran Bretagna, che combina il DNA nucleare di una donna con il DNA
mitocondriale di un’altra.
171
nelle diverse fasi del processo di procreazione, possa realmente chiamarsi padre
e madre del bambino. In proposito si confrontano una pluralità di posizioni, sul
piano sia etico che giuridico, circa le ragioni che sono da considerare prevalenti
nel riconoscere il rapporto di iliazione: se dal punto di vista medico è ritenuto
genitore più autentico quello genetico, che trasmette il patrimonio genetico,
dal punto di vista socio-giuridico si può riconoscere più determinante il ruolo
di chi si assume la responsabilità di mettere al mondo il nato e di seguirne la
crescita132.
È evidente come lo scardinamento dei presupposti naturali della procreazione imponga al diritto di rideinire i concetti che nella procreazione naturale
erano dati per evidenti, vale a dire le nozioni di padre e di madre, nonché le
basi su cui si fonda il rapporto di iliazione. La questione presenta proili di
differenziazione rispetto alla situazione dei bambini che sono stati abbandonati
dopo la nascita dai genitori, impossibilitati a prendersene cura, e che vengono
dati in adozione ad un’altra coppia. Quantunque anche nell’adozione ricorra
la doppia igura dei genitori naturali e dei genitori sociali, non sussiste alcun
dubbio circa la qualiicazione di padre e di madre che si può dare ai genitori
naturali. Nella fecondazione eterologa, invece, colui o coloro che forniscono
i gameti, al di fuori dell’aver dato mezzo patrimonio genetico al nascituro,
non partecipano al concepimento e non vogliono avere alcun rapporto con il
concepito, tanto da voler restare generalmente anonimi: a questi risulta dificile
riconoscere la qualiica di “genitore”, anche solo in senso biologico.
Occorre sottolineare, invero, come la iliazione, dal punto di vista antropologico, non sia una mera derivazione biologica di un essere dall’unione di due
altri esseri, ma sia un rapporto familiare tra tre persone: i due genitori, padre e
madre, e il iglio133. Il iglio non è solo il prodotto dell’incontro tra le cellule
132
Un evento tragico, ossia lo scambio di embrioni tra due coppie che erano ricorse al
procedimento di fecondazione in vitro omologa, è stata di recente l’occasione per il ComItato
naZIonale dI BIoetICa di approfondire e di confrontare le diverse argomentazioni a sostegno
della maternità genetica o della maternità gestazionale, della paternità genetica o della paternità
sociale (Considerazioni bioetiche sullo scambio involontario di embrioni, 11 luglio 2014). Al
termine dell’analisi il Comitato «ritiene … di non esprimere una ‘preferenza’ bioetica in merito
alla prevalenza delle une o delle altre possibili igure genitoriali» (p. 10). La conclusione viene
criticata da f. d’agoStIno, l’unico componente del Comitato a esprimere voto contrario, in una
Postilla allegata al parere, nella quale rimarca come, sostenendo l’indecidibilità della questione,
l’organismo abbia mancato alla sua funzione, che è quella di valutare «quale tra le donne che
hanno contribuito a diverso titolo al processo procreativo debba essere eticamente, socialmente
e giuridicamente considerata madre» (p. 13).
133
La dimensione interpersonale e non solo biologica delle relazioni tra genitori e igli
viene sottolineata da H. franCeSChI, La natura del bonum prolis e le side antropologico-giuridiche, cit.,
172
germinali, ma è il frutto della relazione di donazione-accoglienza vicendevole
tra l’uomo e la donna, ed è da questa relazione interpersonale dei genitori tra
loro e con il iglio che il nato può acquisire la propria identità nei rapporti
familiari tra le generazioni. Per questo, sotto il proilo giuridico, è necessario
riconoscere lo status di iglio nei confronti non tanto di chi è procreatore in
senso biologico, ma di chi è genitore humano modo.
5.1 I criteri di diritto naturale alla prova della fecondazione eterologa
Come si è visto, nella tradizione canonica il criterio fondamentale di diritto
naturale per identiicare il genitore e costituire il rapporto di iliazione è il dato
di fatto della discendenza biologica. Nella fecondazione eterologa, tuttavia,
questo criterio viene messo seriamente in dificoltà.
La mera derivazione genetica, infatti, appare inidonea a far indossare la
veste di genitore in senso pienamente umano in capo al fornitore di gameti,
sia maschili sia femminili, che sia estraneo alla coppia dei genitori sociali. La
donazione o fornitura di gameti è certamente un atto che produce conseguenze
importanti nella vita di un’altra persona, dato che trasmette al concepito la
metà del suo patrimonio genetico. Per questo è un atto che dovrebbe generare
una responsabilità grave nei confronti del nato134, anzi, per diritto naturale
dovrebbe comportare l’assunzione del dovere di prendersi cura della creatura
generata, ma, poiché le legislazioni che legittimano la procreazione eterologa
consentono a chi fornisce i gameti di disinteressarsi completamente del frutto
delle loro cellule germinali, non sembra neppure corrispondere all’interesse del
nato vedersi attribuire un rapporto di iliazione con chi è indifferente alla sua
sorte, piuttosto che con i genitori sociali che hanno voluto metterlo al mondo.
Nell’alternativa tra genitori sociali e fornitori di gameti, quindi, sembra ragionevole dare prevalenza ai primi nelle funzioni parentali135, mentre la responsabilità dei secondi risulta ridotta, in modo variabile a seconda delle normative,
al dovere di consentire al nato di conoscere le proprie origini genetiche, non
solo ai ini sanitari, per sapere ad esempio eventuali patologie ereditarie, ma
soprattutto allo scopo di accertare la propria identità personale, che non può
prescindere dalle radici biologiche136. Dato comunque che sussiste pur sempre
un rapporto di discendenza genetica, non pare incongruo ritenere che per diritto
134
f. d’agoStIno-l. PalaZZanI, Bioetica, cit., 128-129.
Per il riconoscimento della parentela legale tra il iglio e i genitori sociali che non siano
anche biologici, si veda infra, § 5.2.
136
Sulla diversa disciplina, prevista nelle legislazioni civili, della possibilità del nato di
ricercare le proprie origini genetiche, si rinvia a L. d’avaCk, Il progetto iliazione, cit., 56-85.
135
173
naturale questa responsabilità possa anche estendersi, qualora lo giustiichi
l’interesse del nato.
L’aver solo fornito il materiale genetico, peraltro, senza aver avuto nessun coinvolgimento personale nel concepimento, risulta insuficiente come
base giuridica per istituire con il nato un rapporto di genitorialità in senso
pienamente umano, che deve ricomprendere anche la dimensione di cura e di
accudimento del bambino137. Nondimeno, è indubbio che sussiste un legame
biologico per la trasmissione del codice genetico tra il nato e il fornitore di
gameti. Di conseguenza, ci si può chiedere se tale discendenza genetica, al di
fuori del contesto familiare, possa conigurare il legame di consanguineità che
costituisce il presupposto per il sorgere dell’impedimento matrimoniale tra
ascendenti e discendenti in linea retta (quindi tra il fornitore di gameti e il nato)
e in linea collaterale tra discendenti da un medesimo capostipite (quindi tra i
nati da un medesimo fornitore)138. Invero, l’impedimento di consanguineità ha
natura complessa, in quanto, sebbene tragga origine da una base naturalistica,
attiene in modo più ampio alle relazioni di prossimità che si instaurano tra le
persone che sono tra loro più vicine a motivo della comunanza di sangue139.
Peraltro, le ragioni a fondamento dell’impedimento sono molteplici e riguardano
tanto quelle morali relative alla correttezza dei costumi nelle relazioni sessuali
intrafamiliari che richiede la reverentia e la verecundia tra consanguinei140;
tanto quelle etico-sociali relative alla tendenza esogamica dei matrimoni per
Situazione ben diversa è quella dello scambio involontario di embrioni, in cui l’embrione
frutto dei gameti di una coppia viene impiantato per errore nel grembo della donna di un’altra
coppia (qual è il caso esaminato nel parere del Comitato nazionale di bioetica citato supra, nella
nota 125). In questo caso, infatti, non manca il coinvolgimento personale e la volontà di prendersi
cura del concepito da parte dei genitori genetici, i quali, anzi, cercano di opporsi a che il iglio
così intensamente desiderato venga loro sottratto deinitivamente.
138
Can. 1091, §§ 1-2.
139
Si veda in questo senso la deinizione tratta dalla tradizione: «Consanguinitas sive parentela vel cognatio carnalis est vinculum personarum ab eodem stipite propinquo descendentium
carnali propagatione contractum. Quod vinculum maioris amicitiae, affectus, necessitudinis
uìinter consanguineos distinguitur ab aliis vonculis amicitiae, eo quod fundamentum habeat
in unitate et communione sanguinis, non in alia quadam communicatione bonorum, atque est
ratio legis irritantis sive impedimenti dirimentis, ob quod matrimonium inter certas personas
illo vinculo inter se ligatas valide iniri nequeunt» (F.X. WernZ- P. vIdal, Ius canonicum ad
Codicis normam exactum. V, Ius matrimoniale, Romae, 1946, 428). In merito si vedano anche:
g. mIChIelS, Principia generalia de personis in Ecclesia, Lublin-Brasschaat, 1932, 179-180; g.
oeSterle, Consanguinité, in Dictionnaire de droit canonique, 4 (1949), 232; f.m. CaPPello,
De matrimonio, cit., 442; g. dalla torre, v. Parentela (dir. Can.), in Enciclopedia del Diritto,
31 (1981) 670; P. PellegrIno, Gli impedimenti relativi ai vincoli etico-giuridici tra le persone
nel matrimonio canonico, Torino, 2002, 4.
140
tommaSo d’aquIno, Summa Theologiae, II-II, q. 154, art. 9; Supplementum, q. 54, art. 3.
137
174
estendere le relazioni di carità e di amicizia tra gli uomini141; tanto quelle biologiche relative al bonum physicum della prole, per evitare i danni alla salute
dei igli che già in epoca antica erano stati riscontrati nelle unioni tra parenti
prossimi142. Alcune di queste motivazioni, come la reverenza dovuta al sangue
e la prevenzione di patologie ereditarie nella futura prole, possono certamente
giustiicare la sussistenza dell’impedimento anche tra coloro che sono legati
dalla mera discendenza genetica a seguito della fecondazione eterologa143. Del
resto, anche nella tradizione più risalente tale impedimento era riconosciuto
tra persone che non avevano rapporti stabili di prossimità familiare, dato che,
nella specie della consanguineitas illegitima, poteva sorgere a seguito di un
atto isolato di copula extraconiugale che avesse dato la vita a un iglio naturale. È signiicativo comunque notare che si tratta di un impedimento deinito
come inderogabile, nella linea retta all’ininito e nel secondo grado della linea
collaterale, in quanto fondato su di un legame biologico ritenuto rilevante per
lo stesso diritto naturale144.
Con i genitori sociali, invece, si instaura una relazione di accudimento,
ma non esiste una discendenza genetica da entrambi. Occorre tuttavia fare una
distinzione a seconda che la fornitura di gameti estranei riguardi il seme maschile o l’ovocita femminile, per il diverso contributo che l’uomo e la donna
svolgono in ordine alla procreazione.
Si esamini anzitutto la fattispecie della fecondazione eterologa con la
fornitura esterna del solo seme maschile. Si veriica un rapporto squilibrato
all’interno della coppia, perché la sola madre ha un legame di ascendenza
genetica con il iglio e solo con lei si costituisce un rapporto di iliazione per
141
«Habita est enim illis ratio certissima charitatis, ut homines quibus esset utilis atque
honestissima concordia, diversarum necessitudinum vinculis necterentur» (Graziano, in c. un.,
C. XXXV, q.1).
142
«Quaedam lex Romana permittit ut sive fratris sive sororis seu duorumfratrum germanorum, seu duarum sororum ilius et ilia misceantur: sed experimento didicimus ex tali coniugio
sobolem non posse succrescere» (Graziano in c. 20, C. XXXV, q. II-III).
143
Dottrina favorevole a riconoscere l’impedimento matrimoniale di consanguineità tra
il fornitore di gameti e il nato: S. gherro, Considerazioni canonistiche, cit., 1212-1215; u.
navarrete, Novae methodi, cit., 90-93; m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 175; M. P.
faggIonI, Maternità surrogata, cit., 285-287; F. CatoZZella, L’esclusione del bonum idei e
del bonum prolis, cit., 266.
144
Nella tradizione canonistica la dottrina era unanime nel ritenere di diritto naturale il vincolo nel primo grado della linea retta, mentre esistevano opinioni divergenti per i gradi successivi,
sui quali, peraltro, la prassi della Sede apostolica non ha mai concesso la dispensa. Diversità di
vedute si riscontravano anche sulla riferibilità al diritto naturale del secondo grado della linea
collaterale. Sull’analisi delle diverse tesi, si vedano: F.X. WernZ- P. vIdal, Ius matrimoniale,
cit., 443-451; f.m. CaPPello, De matrimonio, cit., 452-455; g. dalla torre, v. Parentela, cit.,
672; P. PellegrIno, Gli impedimenti relativi ai vincoli etico-giuridici, cit., 12-14 e 26.
175
diritto naturale. Con il padre sociale, invece, non c’è alcun legame biologico
e quindi non si costituisce un rapporto di iliazione di diritto naturale, perché
manca il presupposto della discendenza genetica. Tuttavia, se i genitori sociali
sono sposati tra di loro e il iglio nasce nel corso del matrimonio, operano le
presunzioni legali di paternità, per cui si considera padre a tutti gli effetti il
marito della madre145. Quindi il bambino viene considerato formalmente iglio
del padre sociale, e iglio legittimo, ma per il diritto naturale sarebbe possibile
superare questa presunzione con la dimostrazione che in realtà è stato generato
con il seme di un altro uomo.
Dato che non esiste una discendenza genetica dal padre sociale, non risulta
neppure un vincolo di consanguineità, e quindi non sorge l’impedimento matrimoniale di parentela. Tuttavia, la costituzione di relazioni personali stabili
nell’ambito di una famiglia, può giustiicare l’applicazione di altri impedimenti. Se i genitori sociali sono sposati, tra l’uomo e il iglio naturale della
moglie sussiste l’impedimento di afinità nel primo grado della linea retta146.
Se i genitori non sono sposati ma sono conviventi, sussiste l’impedimento di
pubblica onestà147.
Nella fattispecie della fecondazione eterologa con la fornitura esterna del
solo gamete femminile, invece, il padre è anche genitore genetico e quindi tra lui
e il concepito si instaura un rapporto di iliazione di diritto naturale. La madre,
invece, non ha messo a frutto le proprie cellule germinali per concepire il iglio,
ma ha accolto l’embrione generato con l’ovulo di un’altra donna e ha portato
avanti la gravidanza ino alla nascita del bambino148. Il rapporto di gestazione
assume peraltro una grande rilevanza nella formazione della nuova creatura. È
dimostrato, infatti, che tra la gestante e il feto si instaura un profondo dialogo,
composto dallo scambio non solo di emozioni affettive e di percezioni sensoriali, ma anche di materiale biologico e inanche di inluenze genetiche149. La
145
J.P. durand, Implications canoniques, cit., 297.
Can. 1092. A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa, cit., 177.
147
Can. 1093.
148
Se la madre sociale non è anche madre gestazionale, si hanno le igure della maternità
e della gestazione surrogata, delle quali si tratterà infra, § 5.3.
149
Sono ormai consolidati gli studi di embriologia e di psicologia prenatale che attestano
un cross-talk o dialogo incrociato tra la gestante e il bambino nell’utero, una vera simbiosi isica
e psichica che si sviluppa tramite diversi canali di scambi reciproci di stimoli sensoriali e affettivi,
di cellule, di messaggi ormonali e di fattori di crescita. Una ricerca recente è giunta a mettere
in luce come anche nel caso di impianto in utero di ovuli fecondati vi sia una comunicazione e
interazione tra l’endometrio della gestante e l’embrione che può interferire sulle informazioni
genetiche del nascituro: f. vIlella, J.m. moreno-moya, n. Balaguer, a. graSSo, m. herrero,
S. martíneZ, a. marCIlla, C. SImón, Hsa-miR-30-d, secreted by the human endometrium, is
taken up by the pre-implantation embryo and might modify its transcriptome, in Development,
146
176
gravidanza incide, quindi, sia sullo sviluppo isico e psichico del bambino, sia
sulla sua identità. Per questo si può ritenere che il bambino, nonostante abbia
ricevuto mezzo patrimonio genetico da un’altra donna, abbia comunque un
forte legame biologico con la madre gestazionale che abbia condotto a termine
la gravidanza, così da costituire il presupposto naturale per poter riconoscere
anche in capo alla stessa un rapporto di iliazione.
Il bambino viene ad avere quindi una doppia discendenza biologica femminile: quella con la fornitrice di ovocita e quella con la gestante. Entrambe sono
procreatrici in senso isico, ma solo la madre sociale gestazionale risulta avere
un coinvolgimento personale nel concepire, portare in grembo, far nascere e
crescere il bambino. Di conseguenza, se la fornitrice di gameti non può essere
considerata madre in senso socio-giuridico150, lo è invece certamente la madre
sociale gestazionale. Risulta così confermato in questa fattispecie il principio
tradizionale per cui la madre è colei che ha partorito.
Resta, nondimeno, il problema di valutare se il rapporto con la madre solo
gestante possa essere considerato un legame analogo al vincolo di consanguineità tra discendenti che costituisce il presupposto dell’impedimento matrimoniale
di parentela151. Invero, con la gestante non c’è un rapporto di discendenza genetica, né un vincolo di consanguineità nel senso vero e proprio dei termini con
cui sono comunemente intesi e sono stati recepiti dal legislatore canonico152.
Pertanto, ampliare la portata dell’impedimento sino a ricomprendere il legame biologico con la gestante, costituirebbe una interpretazione estensiva non
consentita dal codice a riguardo delle disposizioni inabilitanti che restringono
l’esercizio dei diritti153. Data la rilevanza sul piano naturale della relazione di
attaccamento tra la madre e il feto attraverso la gravidanza e il parto, tuttavia,
142 (2015), 3210-3221. La notizia viene riportata pure sul quotidiano Avvenire (A. marIanI,
Dialogo prenatale tra iglio e madre anche surrogata, 24 settembre 2015, inserto èvita, 472).
150
Si veda quanto detto supra in merito al fornitore di gameti che non sia anche genitore
sociale.
151
La questione è stata affrontata in dottrina a riguardo della gestazione surrogata, nella
quale la gestante non diviene madre sociale. Le due fattispecie, peraltro, presentano il medesimo interrogativo giuridico, circa la rilevanza da attribuire al rapporto personale costituito con
la gravidanza e il parto, senza discendenza genetica. Sulla questione si vedano: u. navarrete,
Novae methodi, cit., 90-93; m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 175-177; M. P. faggIonI,
Maternità surrogata, cit., 298-300; a. ZamBon, Maternità surrogata: proili canonistici matrimoniali, cit., 186-189.
152
Mentre u. navarrete, Novae methodi, cit., 92 equipara la madre gestazionale alla
nutrice, invece altra parte della dottrina sottolinea come la gestazione instauri un rapporto vitale
tra la madre e il feto che incide sulla sua formazione molto di più di un semplice rapporto di
nutrizione: m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 176; M. P. faggIonI, Maternità surrogata,
cit., 298; a. ZamBon, Maternità surrogata: proili canonistici matrimoniali, cit., 187.
153
Can. 18 CIC.
177
non pare irragionevole conigurare l’esistenza di uno speciico impedimento
matrimoniale tra la gestante e il nato154. Alla base di simile impedimento si
possono indicare le medesime ragioni che giustiicano l’impedimento di parentela, per quanto concerne sia l’ordine etico-giuridico delle relazioni familiari,
dato che la gestante è anche madre sociale, sia della reverentia dovuta al sangue, perché tra il nato e la madre gestazionale vi è comunque una comunanza
di materiale biologico. Di conseguenza, si può motivatamente sostenere che
l’impedimento trova fondamento immediato nel diritto naturale, tanto che si
potrebbe ritenere vigente anche senza un esplicito intervento del legislatore
supremo. Nondimeno, ai ini della certezza del diritto, parrebbe opportuna
una adeguata regolamentazione con un’apposita norma giuridica, che precisi i
presupposti e la portata dell’impedimento.
Inine, nella fattispecie in cui si ricorre alla fornitura esterna sia dell’ovulo sia del seme maschile, si applicano le conseguenze di quanto detto nelle
fattispecie precedenti: la madre sociale, in quanto gestante e partoriente ha un
rapporto di iliazione con il bambino basato su di un legame biologico; il padre
sociale non ha alcun rapporto di iliazione naturale con il nato.
5.2 Il rapporto di parentela legale tra il nato e i genitori sociali
Il ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa, come si è visto, conduce
a generare delle igure genitoriali “imperfette”, ossia i genitori sociali che non
hanno contribuito alla formazione del patrimonio genetico del iglio, ovvero,
come nella madre gestante, vi hanno contribuito in maniera ridotta e incompleta. Per il diritto canonico sono pratiche illecite, perché contrarie sia al diritto
essenziale dei coniugi di procreare insieme, sia al diritto fondamentale del
iglio di essere generato e di essere accudito dalla medesima coppia di genitori.
Tuttavia, occorre tenere in conto il dato di fatto, per il quale un numero sempre
maggiore di persone ricorre a queste tecniche per superare la propria incapacità
ad avere igli con la procreazione naturale, tanto più che le legislazioni civili
ammettono con sempre maggiore ampiezza il loro impiego. Il diritto canonico
si trova pertanto a dover regolare le conseguenze che derivano sul piano dei
rapporti familiari dall’uso di queste tecniche. Applicare in modo rigoroso il
criterio di diritto naturale che riconosce il rapporto di iliazione solo sulla base
La dottrina è favorevole a stabilire iure positivo Ecclesiae un nuovo impedimento di
cognatio ex gestatione tra il nato e la madre gestante non consanguinea, nonché tra questi e
gli altri bambini nati dallo stesso utero. Tale impedimento viene comunque ritenuto di diritto
umano: U. navarrete, Novae methodi, cit., 92-93; m.f. PomPedda, Nuove metodiche, cit., 177;
M. P. faggIonI, Maternità surrogata, cit., 300-301; a. ZamBon, Maternità surrogata: proili
canonistici matrimoniali, cit., 188.
154
178
della discendenza genetica, conduce a negare il rapporto di iliazione tra il nato
e questi genitori sociali, vale a dire principalmente per il padre non biologico,
ma anche per la madre solo gestante, qualora non si riconosca rilevanza al
legame biologico prodotto dalla gravidanza.
Qui entra in gioco il principio del favor iliationis, ossia la necessità di provvedere al bene del iglio e di favorire il suo interesse a instaurare una relazione
di iliazione con la coppia di persone che provvedono concretamente alla sua
cura e formazione. Se manca il presupposto della discendenza genetica, non
si può riconoscere una iliazione di diritto naturale, ma si può prevedere, con
un’apposita norma giuridica, la costituzione di una iliazione legale, attraverso
la tecnica del rinvio alla legislazione civile, quale viene già applicato in merito
al riconoscimento dell’adozione155. Nell’adozione o parentela legale, il diritto
canonico rinvia agli ordinamenti civili per la disciplina delle condizioni e dei
modi necessari alla costituzione del rapporto di iliazione, recependo poi la
fattispecie giuridica sorta nel diritto civile come presupposto cui ricondurre le
conseguenze rilevanti per il diritto canonico, in particolare il riconoscimento
all’adottato della qualiica di iglio degli adottanti156. Similmente, pure per il
iglio nato con procreazione assistita eterologa, la registrazione civile come
iglio dei genitori sociali, pur non essendo loro discendente genetico, può valere
nell’ordinamento canonico come presupposto giuridico per attribuirgli lo status
di iglio. Al nato può essere riconosciuta la qualiica di iglio legittimo o illegittimo, a seconda che i genitori sociali siano uniti o non in matrimonio canonico.
Al pari dell’adozione, il riconoscimento di una iliazione legale può condurre a statuire, con un’apposita norma dell’autorità suprema della Chiesa, un
impedimento al matrimonio con i genitori sociali e con i loro eventuali altri
igli naturali o legali157. Per il rapporto con la madre gestazionale, come si è
visto, si tratterebbe di dichiarare un impedimento già vigente per diritto naturale, mentre, per il padre sociale non genetico, si dovrebbe costituire un nuovo
impedimento di diritto umano.
155
Can. 110 CIC. Si veda l’esposizione della tesi già in I. ZuanaZZI, La iliazione, cit.,
144-147.
156
Un altro effetto giuridicamente rilevante che si produce nel diritto canonico dal provvedimento civile di adozione è il sorgere dell’impedimento al matrimonio (can. 1094 CIC; can. 812
CCEO). Nei codici giovanneo paolini, diversamente dal codice piano benedettino, l’impedimento
di parentale legale viene conigurato in modo autonomo dagli ordinamenti civili. Sull’argomento
si vedano: P. PellegrIno, Gli impedimenti relativi ai vincoli etico-giuridici, cit., 102-131; J.
manteCón, Parentesco legal (impedimento de), DGDC, V, 899-901.
157
Suggeriscono la costituzione di un nuovo impedimento matrimoniale di “consanguineità
legale”: P. moneta, Il matrimonio nel nuovo diritto canonico, Genova, 20084, 86; P. malCangI,
Tecniche di fecondazione artiiciale, cit., 429; A. gIraudo, Fecondazione assistita eterologa,
cit., 177.
179
La considerazione che l’uso delle tecniche di fecondazione eterologa sia
moralmente illecito non costituisce un ostacolo insormontabile al riconoscimento giuridico di una iliazione legale. La tradizione canonica conosce infatti
l’istituto della tolerantia, per regolare in modo più attento alle esigenze delle
persone le conseguenze di un atto illecito158. In base a questo principio, qualora
risulti impossibile l’applicazione della giusta regola di diritto, si possono tollerare gli effetti di un atto antigiuridico per evitare i danni peggiori che verrebbero
provocati dall’applicazione rigorosa della norma violata. L’atto antigiuridico
resta illegittimo, ma le sue conseguenze sono considerate legittime159.
L’applicazione dell’istituto della tolerantia in materia di fecondazione
eterologa implica la seguente scansione tra presupposti ed effetti. Per il giusto ordine dei rapporti familiari, nel diritto canonico l’uso delle tecniche di
fecondazione eterologa è proibito, ma le legislazioni civili le ammettono e la
Chiesa non riesce eficacemente a impedire che sempre più coppie ricorrano a
tali pratiche. Applicare in modo rigido le sanzioni connesse ai comportamenti
antigiuridici condurrebbe a negare l’esistenza di un rapporto di iliazione tra
il nato e i genitori sociali con i quali non abbia un legame genetico. Questa
conseguenza priverebbe però il bambino di un rapporto familiare stabile e signiicativo con i genitori sociali, con evidenti danni per la promozione del suo
benessere personale e sociale. Pertanto, il diritto canonico può attenuare gli
effetti giuridici negativi e riconoscere l’esistenza di un rapporto di iliazione
legale tramite il rinvio agli ordinamenti civili, pur senza venire a legittimare
o approvare l’uso delle tecniche di fecondazione eterologa che sono e restano
illecite per il diritto canonico.
Il favor iliationis viene così a promuovere la realizzazione dell’esigenza
fondamentale del nato ad avere un rapporto di iliazione con una coppia stabile
158
Sulla tolerantia e sulla sua distinzione da istituti simili come la dissimulatio, si vedano: Ch. lefeBvre, Dissimulation, in Dictionnaire de droit canonique, 4 (1949), 1296-1307;
g. olIvero, Dissimulatio e tolerantia nell’ordinamento canonico, Milano, 1953; P.g. Caron,
Tolleranza e dissimulazione (diritto canonico), in Enciclopedia del Diritto, 44 (1992), 714-719;
M. roCa, Disimulación, in DGDC, III, 379-381; Tolerancia, ivi, VII, 607-609.
159
Sulla base delle fonti, si possono distinguere due forme di tolerantia. L’una concerne la
tolleranza di un atto antigiuridico, con la concessione della facoltà di compierlo, senza l’applicazione delle dovute sanzioni: si veda, come esempio più conosciuto, la tolleranza pro bono pacis,
siglata anche con accordi, degli atti di ingerenza delle autorità politiche secolari sulla libertas
Ecclesiae e sull’organizzazione interna della Chiesa (g. olIvero, Dissimulatio e tolerantia,
cit., 177-180). L’altra, che è quella esposta nel testo, riguarda gli effetti di un atto illegittimo.
Una fattispecie di questo tipo è trattata nel c. 4, Literas vestrae discretionis, in X, I, 10, dove si
lasciano sussistere come validi gli effetti di un atto compiuto in modo invalido (la provvista di
un uficio ecclesiastico). Annota la glossa: «de iure talis ordinatio non valebat...et sic nota quod
sola patientia dat hoc ius talibus institutis, non ex illa institutione ex tunc: sed ex nunc ex tali
patientia». Sul passo, si veda il commento di g. olIvero, Dissimulatio e tolerantia, cit., 175.
180
di genitori, che assicurino la sua adeguata e integrale formazione umana. Perché si possa applicare il principio, peraltro, occorre che ci siano le condizioni
essenziali per realizzare il diritto fondamentale del bambino alla famiglia. Una
di queste condizioni attiene all’esistenza di una coppia di genitori eterosessuali.
Nel caso di persone omosessuali, si può conigurare una relazione di accudimento sociale, ma non una relazione genitoriale in senso proprio, né naturale, né legale. Ciò non tanto perché non vi è discendenza genetica, dato che
un legame genetico può sussistere almeno con uno dei due, ma perché manca
la complementarità eterosessuale dei genitori. Tale complementarità non solo
è la condizione isica per realizzare la procreazione naturale, ma è anche la
condizione antropologica per assicurare il processo di formazione dell’identità
personale del iglio, che si matura proprio nella interazione trilaterale con i
genitori (padre e madre) di sesso diverso160.
5.3 Una questione particolare: la maternità e la gestazione surrogate
Nella maternità o nella gestazione surrogate il problema della scissione
tra genitori biologici e genitori sociali si ripropone con una maggiore accentuazione di drammaticità, in quanto si viene a disgregare il ruolo materno161.
Nella maternità surrogata, una donna fornisce l’ovocita e porta a termine la
gravidanza per conto di un’altra donna; nella gestazione surrogata, invece, alla
donna viene impiantato nell’utero un embrione fecondato con l’ovulo di un’altra
donna, che può essere della stessa committente, ovvero di una terza donna. In
entrambe le fattispecie, la gestante si impegna a far nascere il bambino per poi
separarsene e darlo a un’altra donna che diverrà la madre sociale.
Il ricorso a questa pratica, come si vede, frantuma la complessità del ruolo
materno in igure distinte: la fornitrice di ovociti, la gestante, la madre sociale
o intenzionale. Inoltre, colei che conduce la gravidanza è destinata in dal
principio a non diventare la madre sociale del nato, mentre la madre sociale,
se anche ha fornito l’ovulo, non ha sviluppato con il iglio quell’attaccamento
precoce che si instaura con la gravidanza. Viene così ad essere scardinata la
speciicità della funzione genitoriale femminile rispetto a quella maschile, ossia la conduzione della gravidanza, da intendere non solo in senso isico, ma
piuttosto personale: come accoglienza e cura dello sviluppo della vita e della
personalità del concepito in dal suo inizio. Se la madre sociale è solo genetica
160
f. d’agoStIno – l. PalaZZanI, Bioetica, cit., 129.
Su queste pratiche si veda il Parere sulla gestazione surrogata. La questione della
regolamentazione a livello europeo o internazionale, del Gruppo di rilessione bioetica della
Commissione degli episcopati della Comunità europea (COMECE), presentato al Parlamento
europeo il 23 febbraio 2015, in Il Regno. Documenti online, n. 16, 2015, 15-23, in www.ilregno.it.
161
181
e distinta dalla gestante, il ruolo materno viene assimilato a quello paterno,
essendo entrambi ridotti alla fornitura delle cellule germinali.
Con maggiore complessità che nelle altre forme di fecondazione eterologa, la maternità e la gestazione surrogate pongono enormi interrogativi sulla
individuazione della igura della madre e sulla precisazione del fondamento
del rapporto di iliazione162.
Nella maternità surrogata la donna che porta a termine la gravidanza è la
stessa che ha fornito gli ovociti. Diversamente dalla procreatrice genetica che
si limita a fornire i gameti, la madre surrogata, anche se non ha dato impulso
spontaneamente al processo di procreazione, nondimeno assume un ruolo rilevante nella formazione del bambino, dato il forte coinvolgimento personale che
comporta la gravidanza, con lo scambio di materiale biologico e di percezioni
sensoriali ed emotive tra la gestante e il feto. Tanto è intenso l’attaccamento
isico e psichico tra la madre surrogata e il iglio, che la separazione dopo la
nascita comporta per entrambi un grave trauma, con ripercussioni negative sul
successivo sviluppo psico-affettivo del bambino. Bisogna pertanto riconoscere
che la madre surrogata è vera madre, l’unica madre naturale. Con lei il bambino
ha un vincolo di discendenza genetica e di consanguineità che costituisce anche
il fondamento dell’impedimento matrimoniale di parentela.
Nella gestazione surrogata, invece, la gestante riceve l’embrione concepito
con l’ovocita di un’altra donna. La gestante non è anche fornitrice di gameti,
ma in forza della gravidanza, come si è sottolineato, instaura comunque con
il concepito un legame biologico163. Pur non essendo madre genetica, quindi,
la gestante è vera madre naturale. La relazione tra la madre gestazionale e il
bambino non può essere considerata uguale al vincolo di consanguineità che
sorge dalla discendenza genetica, ma costituisce comunque un vincolo naturale
che può portare a conigurare un altro impedimento matrimoniale tra il nato, la
donna e gli eventuali altri igli di lei164.
162
Sul dibattito, negli ordinamenti civili, circa la legittimità di queste tecniche, si veda L.
d’avaCk, Il progetto iliazione, cit., 85-100. Le legislazioni europee sono in prevalenza contrarie
a tali pratiche, sia per i problemi etici sollevati dalla scomposizione della maternità; sia per i
principi di ordine pubblico che sanciscono l’indisponibilità del corpo umano e l’indisponibilità
degli status delle persone, che rendono illeciti gli accordi di maternità; sia per la tutela dei diritti
fondamentali della gestante e del bambino. In caso di conlitto tra le pretese della committente
e quelle della gestante si privilegia il criterio del parto, per cui si riconosce come madre colei
che ha fatto nascere il bambino.
163
Si veda quanto detto supra (§ 5.1) in merito alla fornitura eterologa di gameti femminili.
164
Si vedano le rilessioni svolte supra (§ 5.1) circa l’esistenza di un impedimento di diritto
naturale tra il nato e la madre per la madre sociale gestazionale non consanguinea. La dottrina
è favorevole a conigurare un nuovo impedimento di cognatio legalis ex gestatione, ma ritiene
che sia una norma di diritto umano: U. navarrete, Novae methodi, cit., 92-93; M. P. faggIonI,
182
Se l’ovocita che ha dato origine all’embrione è di una donna diversa sia
dalla gestante, sia dalla madre intenzionale, costei, quale mera fornitrice di
gameti, sebbene sia procreatrice genetica, non assume il ruolo di madre in
senso più pieno e umano165. La madre solo intenzionale, d’altro canto, non
essendo né l’ascendente genetica, né la gestante, non ha alcun legame naturale
con il bambino.
Se l’ovocita fecondato, invece, proviene dalla madre sociale, questa è la
procreatrice genetica del bambino. In questa fattispecie, pertanto, il nato viene
ad avere due madri biologiche: la gestante e la genetica sociale166.
Questo risultato aberrante nelle relazioni familiari rende ancor più evidente la natura particolarmente riprovevole di questa pratica167, la quale, oltre
ad offendere i beni giuridici del matrimonio e della famiglia al pari delle altre
tecniche di fecondazione eterologa168, arreca un grave pregiudizio al diritto
fondamentale del iglio di essere concepito e di nascere nella relazione interna
alla medesima coppia di genitori e di poter formare la propria identità attraverso
rapporti stabili e signiicativi con gli stessi.
In più, la maternità e la gestazione surrogate sono pratiche gravemente
lesive della dignità della persona e dei diritti fondamentali ad essa inerenti,
sia nei riguardi della madre gestante, sia nei riguardi del iglio. Nei confronti
della madre gestante, mirano a strumentalizzare il suo corpo per soddisfare le
aspettative altrui di procreazione, determinando una sorta di asservimento o di
schiavitù biologica della donna, al ine di garantire la consegna di un prodotto
sano169. Nei confronti del iglio, inoltre, si sottintende una sua reiicazione, in
quanto viene trattato come una merce da produrre e, talvolta, anche da com-
Maternità surrogata, cit., 300-301; a. ZamBon, Maternità surrogata: proili canonistici matrimoniali, cit., 186-189.
165
Si veda quanto detto supra sui fornitori di gameti.
166
Le madri biologiche possono anche diventare tre, se si aggiunge il contributo della
donatrice di DNA mitocondriale.
167
Istruzione Donum vitae, II A, n. 3; COMECE, Parere sulla gestazione surrogata, cit.,
17-21. Giudizio negativo viene espresso in f. d’agoStIno- l. PalaZZanI, Bioetica, cit., 132-134.
168
Anche per la maternità e la gestazione surrogate si possono conigurare molteplici
fattispecie di nullità del consenso matrimoniale, sia per chi si riserva di usare queste pratiche
nel corso del matrimonio, sia per chi vi è ricorso prima della celebrazione delle nozze. Si può
vedere l’elenco delle possibili fattispecie in a. ZamBon, Maternità surrogata: proili canonistici
matrimoniali, cit., 182-185. Peraltro, come per le altre fattispecie di fecondazione eterologa
esaminate supra, la reale incidenza di questi comportamenti o progetti sulla programmazione
matrimoniale deve essere valutata in concreto, considerando sia la tipologia delle tecniche, sia
le motivazioni soggettive, sia le modalità di attuazione.
169
COMECE, Parere sulla gestazione surrogata, cit., 17-19.
183
prare, subordinando il suo concepimento e la sua nascita all’essere conforme
alle pretese dei committenti170.
Per questa contrarietà ai diritti essenziali della persona e della famiglia la
pratica della maternità e della gestazione surrogate sono da considerare proibite
dal diritto canonico171, né, pare, data la gravità delle conseguenze negative
sulle persone coinvolte, che possano essere attenuati gli effetti antigiuridici
ricorrendo al principio della tolerantia in nome del favor iliationis. In effetti,
sorge il dubbio se sia davvero conforme all’interesse del bambino instaurare
un rapporto di iliazione con la coppia committente, la quale, per dare seguito
al proprio desiderio di avere un iglio a tutti i costi non ha esitato a calpestare
i diritti della gestante e del bambino stesso.
Come appare evidente dalle rilessioni che precedono, l’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita ha provocato una vera rivoluzione
culturale nel modo di intendere la procreazione dei igli e di gestire le capacità
riproduttive personali. Di fronte a questo scardinamento delle forme tradizionali
di iliazione è necessario richiamare un nuovo umanesimo, una comprensione
autentica della natura della persona umana che faccia riscoprire i valori essenziali coinvolti nella generazione umana e nelle relazioni tra le persone172.
Questa antropologia rinnovata implica una visione sapienziale e un modo di
comportarsi verso il fenomeno della procreazione che non conducano a un asservimento degli individui alla potenza della tecnica, con un atteggiamento di
dominio senza limiti nei confronti della natura173, ma, piuttosto, promuovano
un atteggiamento di stupore e di ammirazione nei riguardi del mistero della
creazione174, quale progetto di amore di Dio, che porta al rispetto assoluto
della dignità della persona e del senso umano della trasmissione della vita alle
nuove creature175.
COMECE, Parere sulla gestazione surrogata, cit., 19-21.
Nel Parere sulla gestazione surrogata del COMECE (op. cit. 21-23) si invitano le legislazioni civili a non riconoscere né incoraggiare, con le normative e con le prassi giuridiche,
queste «modalità di riproduzione in cui il bambino e la donna che lo porta in grembo sono trattati
l’uno come un prodotto e l’altro come strumento di produzione» (ivi, 23).
172
franCeSCo, Lettera enciclica sulla cura della casa comune, Laudato si’, 24 maggio
2015, nn. 114-119.
173
Ivi, 117.
174
Ivi, n. 11.
175
Ivi, nn. 120-155.
170
171
184