Bernini
disegnatore
nuove prospettive
di ricerca
Sybille Ebert-Schifferer
Tod A. Marder
Sebastian Schütze
Campisano Editore
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Bibliothèque nationale de France, Parigi
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Bernini disegnatore:
nuove prospettive
di ricerca
a cura di
Sybille Ebert-Schifferer
Tod A. Marder
Sebastian Schütze
Campisano Editore
Responsabile della redazione
Marieke von Bernstorff
Cura redazionale del volume
Cristina Ruggero
Caterina Scholl
In copertina
Bottega di Giovan Lorenzo Bernini,
Progetto per l’innalzamento dell’obelisco
della Minerva sorretto da Ercole
su uno scoglio, . Città del Vaticano,
BAV, Chig. P.VII..pt.A, fol. c
(foto per concessione della Biblioteca
Apostolica Vaticana, ogni diritto riservato)
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Indice
pag.
Prefazione
Sybille Ebert-Schifferer, Tod A. Marder, Sebastian Schütze
1. STORIOGRAFIA E STORIA DEI FONDI BERNINIANI
Brauer and Wittkower and the Corpus Berninianum
Susan Klaiber, Tod A. Marder
Wittkower, Bernini e il Gran Teatro del Barocco:
il «progettar disegnando», la Verità e l’esempio del Pantheon
Marcello Fagiolo
I disegni di Giovan Lorenzo Bernini nelle collezioni dell’Istituto Centrale
per la Grafica: considerazioni sul volume Gualtieri-Corsini
Rita Bernini
I disegni di Bernini e della sua scuola nella Biblioteca
Apostolica Vaticana
Barbara Jatta
Il disegno nell’epistolario di Giovan Lorenzo Bernini
Giovanni Morello
2. TIPOLOGIA DEI DISEGNI
Bernini and the Creative Process: The Presentation Drawings
Louise Rice
I disegni del Cavaliere: l’arte del dono e i suoi rituali tra amicizia,
familiarità e grande diplomazia
Sebastian Schütze
Le fontane di Bernini: disegni e bozzetti
Maria Grazia Bernardini
Bernini e il disegno di architettura
Elisabeth Kieven
INDICE
Die ›fehlenden‹ Architekturzeichnungen Berninis. Kunstgeschichtliche
Probleme und Verallgemeinerungen: Berninis ›kursierende Gedanken‹
Werner Oechslin
Bernini per Parigi: disegnare progetti «dal vero»
Daniela Del Pesco
3. PROGETTO E PROGETTAZIONE
«Quatuor columnis non plus ultra»: Giovan Lorenzo Bernini
e i disegni per il baldacchino di San Pietro a Roma (-)
Maria Grazia D’Amelio
Bernini inventore. Disegni berniniani per arti decorative
Francesco Petrucci
A Proposal for Two Drawings by Bernini in Leipzig
Ann Sutherland Harris
Giovan Lorenzo Bernini e l’elefante della Minerva: la storia
e i personaggi attraverso i disegni della Biblioteca Apostolica Vaticana
Manuela Gobbi
Bernini a Parigi: disegnare progetti «dal vero»*
Daniela del Pesco
A Parigi, nelle sere dell’autunno , quando ormai è evidente il fallimento
di gran parte dei progetti per Luigi XIV, Bernini si rasserena eseguendo disegni, doni di un artista celebre a persone influenti della famiglia reale e della
corte. Giorno dopo giorno, si materializzano sui fogli immagini plastiche e luminose, ben definite e ombreggiate.
Anche l’elaborazione del ritratto in marmo di Luigi XIV presuppone disegni.
Rudolf Wittkower ha riassunto mirabilmente le fasi di questo lavoro 1. L’artista
osserva il soggetto, non in posa, ma in movimento, nell’atto di svolgere le sue
funzioni, e traccia degli schizzi 2. Questi disegni divengono oggetto di riflessione, tappa di un processo di elaborazione mentale che porta l’artista a individuare una forma complessiva e profonda che gli consente di dare corpo nella materia sia alle fattezze fisiche del re, che all’immagine concettuale della regalità.
Osservando i fogli della collezione del pittore Pierre Mignard, Bernini afferma che: «si provava il massimo piacere nell’osservare i primi frutti dell’intelligenza dei grandi uomini; era lì che si vedeva risplendere l’idea netta, chiara e
nobile» 3. Ancora una volta, come nella tradizione del Rinascimento maturo, il
disegno è il nucleo fondamentale della creazione artistica.
Per Bernini scultore osservare il soggetto dal vero è il punto di partenza per
cogliere l’intimità del personaggio 4. Il processo mentale che dall’osservazione
porta ai disegni e, talvolta, a modelli in terracotta, determina le straordinarie
qualità di sintesi e di vivacità dei suoi ritratti in marmo 5.
Vediamo ora, ed è l’argomento principale di questo saggio, come Bernini si
serva del disegno nei progetti architettonici elaborati a Parigi.
Dalle fonti apprendiamo che anche l’ideazione delle opere berniniane di architettura presuppone schizzi che assolvono un ruolo analogo a quello svolto
in scultura. In primo luogo l’idea dell’opera si materializza in rapidi tratti che
visualizzano l’intuizione complessiva. I supporti dei disegni sono vari e spesso
improvvisati. Successivamente, la precisazione dei dettagli avviene in elaborati
messi a punto dai collaboratori.
A proposito dei progetti per il Louvre, la principale opera commissionata a
Bernini per Parigi, Heinrich Brauer, scrive: «A detailed analysis of Bernini’s
Louvre plans and their position in the larger context of a construction history
of the Louvre can be omitted here after the results of the most recent research,
DANIELA DEL PESCO
particularly since no autograph sketches and drawings by Bernini are preserved. Just the essential facts are briefly summarized here to complement
those studies. It is unnecessary to republish the known workshop drawings
once again. The ground floor plan of the first project is added here, since it is
located on a previously unpublished sheet» 6.
Queste parole inducono a riconsiderare i disegni detti da Brauer «di bottega». Si tratta, infatti, di accertare l’ipotesi che gli elaborati di collaboratori,
quali Mattia de Rossi , si possano ritenere parte intrinseca del lavoro di Bernini e, quindi, «autentica» esplicazione delle sue intuizioni spaziali in un linguaggio più preciso che il Cavaliere non intende praticare di sua mano.
Le fonti registrano le numerose richieste di progetti che si susseguono nell’estate del , che esamineremo nelle pagine seguenti. A esse Bernini non
riesce a sottrarsi. L’eco delle spettacolari invenzioni barocche realizzate a Roma è vivo: non sorprende quindi che, malgrado l’orgoglio nazionale dei francesi, la presenza di un così grande protagonista della scena artistica seduca
personaggi importanti della corte e della nuova aristocrazia finanziaria parigina. Il loro rango è sottolineato dal fatto che Bernini cerca in tutti i modi di
soddisfare le loro richieste, nonostante il forte impegno richiesto dai lavori per
il re. Queste sollecitazioni lo incoraggiano a ideare progetti straordinari che si
misurano con luoghi chiave di Parigi e dei dintorni 7.
Oltre il Louvre: i progetti parigini di Bernini
La regina Anna, madre di Luigi XIV, vuole un disegno per l’altar maggiore
di Val-de-Grâce, insoddisfatta di quelli già presentati per una chiesa a lei particolarmente cara perché costruita come ex voto per la tardiva e quasi miracolosa nascita del figlio.
La duchessa d’Aiguillon, erede di Richelieu, desidera dei suggerimenti su
come collocare il monumento funebre del cardinale nella chiesa della Sorbonne.
Jean-Baptiste Colbert, in qualità di surintendant des bâtiments du roi, coinvolge Bernini nella progettazione della cappella funeraria per i re Borbone nella chiesa abbaziale di Saint-Denis.
Contemporaneamente, il fratello di Luigi XIV, Filippo d’Orléans, commissiona al Cavaliere un disegno per una fontana nel parco della sua dimora a
Saint-Cloud, che si apre sul maestoso paesaggio della Senna.
La moglie del ministro degli Affari esteri, Hugues De Lionne, e quella del
governatore di Parigi e maréchal de France, Antoine d’Aumont, costringono
Bernini a misurarsi con la tipologia residenziale dell’hôtel particulier. Un Bernini assai restio è costretto a incontrare Jacques de Souvré, influente ambasciatore dell’Ordine di Malta, il quale vuole costruire una residenza per sé e per
l’Ordine nell’area della città già appartenuta ai Templari 8.
Grazie al Journal di Paul de Chantelou, agli epistolari, ai documenti ufficiali, possiamo ricostruire l’elaborazione di disegni documentati, che, tuttavia, rimangono virtuali poiché, se da un lato abbiamo notizie precise, dall’altro, si riscontra un’assordante assenza di grafici. Cercheremo di capirne i motivi.
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
Per definire un progetto architettonico Bernini parte, generalmente, da un
sopralluogo. Seguendo la genesi delle opere parigine, si potrebbe supporre
che egli si sia servito talvolta delle incisioni di Jean Marot (-), almeno
come promemoria per registrare la situazione di partenza del progetto.
Bernini e l’architettura religiosa a Parigi: idee e disegni per Val-de-Grâce,
le cappelle della Sorbonne e dei re Borbone a Saint-Denis
In occasione di una visita nella chiesa dei Carmelitani scalzi di rue de Vaugirard, osservando la Madonna con Bambino di Antonio Raggi, Bernini afferma
che «appena possibile avrebbe fatto uno schizzo a matita per mostrare come
collocarla e così la sistemazione si sarebbe potuta fare anche senza la sua presenza» 9. Fornisce, inoltre, ulteriori consigli per modificare la scarsa visibilità
dell’Annunciazione di Guido Reni, eseguita per Maria de’ Medici, allora nella
chiesa delle Carmelitane al faubourg Saint-Jacques 10.
A Val-de-Grâce il Cavaliere osserva in eloquente silenzio il modello dell’altare proposto da Le Duc 11. Nei giorni successivi, Chantelou testimonia che il
Cavaliere «lavora personalmente con grande impegno» ad un disegno per l’altare. Il modo di progettare, in questo caso, è quello proprio della scultura berniniana: viene previlegiato un punto di vista, quello dalla cappella reale nel
transetto sinistro, che detta, probabilmente, anche l’impostazione del gruppo
della Natività, posto al di sopra della mensa per evocare la nascita del re. La
percezione mirata del gruppo scolpito che accomuna la nascita del sovrano a
quella di Cristo, serve a enfatizzare l’identità ‹divina› di Luigi XIV 12. In tal modo Bernini cerca anche di mascherare la mancanza di simmetria tra le due ali
del transetto, mettendo in secondo piano il punto di vista dal coro delle monache che si apre sul lato destro del presbiterio e ha dimensioni doppie di quelle
della cappella della regina (fig. ). Che a Val-de-Grâce sia, ancora una volta, la
percezione a dettare le linee del disegno è dichiarato da Bernini stesso il quale,
durante un sopralluogo alla chiesa, afferma che «bisognava tenere conto del
luogo nel quale le opere erano collocate, bisogna far molta attenzione ai cosiddetti ‹contrapposti›» 13, cioè a ciò che è percepito accanto all’ opera, e deve
condizionarne le dimensioni.
Conosciamo le forme dell’altare pensato da Bernini attraverso una lettera di
Mattia de Rossi del luglio : sarebbe stato «in forma ovata con otto colonne d’ordine corinthio, con suoi capitelli, architrave, fregio e cornice, e frontespitio con una gloria di angeli e Dio padre con uno splendore, che fà dell’andare verso la cattedra cosa veramente degna d’essere vista; quale altare deve
deve essere consacrato alla Natività del Signore, dove ha disegnato la Madonna con il bambino, e San Giuseppe con quella espressione, che il sig. cav. suole
animare li suoi disegni» 14.
Il Cavaliere afferma che questo disegno, per le sue qualità architettoniche e
plastiche, «faceva vedere che l’autore era pittore, scultore ed architetto ad un
tempo» e, riferendosi al dibattito sul primato delle arti che anche Chantelou
conosce bene, racconta ciò che Michelangelo aveva scritto a Cosimo de’ Medi-
DANIELA DEL PESCO
. Parigi, Chiesa di Val-de-Grâce, pianta del presbiterio affiancato dalla cappella della regina
(a sinistra) e dal coro delle monache (a destra), metà XVII secolo, incisione da L’Architecture
française, ou Recueil des plans... des églises, palais, hôtels et maisons particulières de Paris... par Jean
Marot et Marot fils. Publié par P.-J. Mariette, «Grand Marot», Parigi /, p. r. Parigi, BnF
(foto Bibliothèque nationale de France)
ci a proposito del progetto della Laurenziana: «Il Vasari e l’Ammannati sono
tutti duoi valent’ homini, et miei amici tutti due; ma in egual sapere, bisogna
scegliere per l’architettura il sculptore» 15.
Bernini manifesta un’analoga attenzione ai valori percettivi e ai rapporti tra
scultura e architettura nel pensare alla sistemazione della sepoltura del cardinale Richelieu nella chiesa della Sorbonne 16. Dopo il sopralluogo, il Cavaliere
annuncia «di aver fatto un disegno per porre la tomba nel fondo dell’edificio,
e realizzare lì qualcosa di grande e monumentale» 17. La soluzione per la Sorbonne non è apprezzata dalla committente sia per la collocazione, sia perché il
cardinale è rappresentato nell’atto di pregare in ginocchio, un atteggiamento
che le appare troppo comune e, quindi, inadeguato per un personaggio di tale
importanza. Inflessibile, il Cavaliere risponde che per fare qualcosa di valido
era necessario collocare l’altare come in San Pietro a Roma, cioè «sotto la cupola e il monumento sul fondo», posizione che, a suo avviso, avrebbe enfatizzato il prestigio del prelato 18. I consigli di Bernini furono disattesi e il monumento di Richelieu fu inserito nel coro della chiesa, rivolto verso l’altare, in
posizione allungata su un catafalco, affiancato dalle figure della Religione e
della Scienza (fig. ) 19.
Il agosto Colbert rinnova a Bernini la richiesta di elaborare un progetto
per il mausoleo dei Borbone nella basilica di Saint-Denis. Si tratta di un tema
analogo a quello che Primaticcio aveva affrontato ideando per i re Valois una
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
. Parigi, Chiesa della Sorbonne, veduta assonometrica , metà XVII secolo, incisione da L’Architecture
française, ou Recueil des plans... des églises, palais, hôtels et maisons particulières de Paris... par Jean
Marot et Marot fils. Publié par P.-J. Mariette, «Grand Marot», Parigi /, p. r. Parigi, BnF
(foto Bibliothèque nationale de France)
cappella circolare accostata all’esterno della navata sinistra. Bernini, come gli è
consueto, osserva attentamente il sito, la chiesa antica e la cappella Valois 20.
Considera, inoltre, i progetti di François Mansart (fig. ) 21 e i recenti esempi
francesi di cappelle a pianta centrale, cioè quella del Collège des Quatre Nations di Louis Le Vau (-) e la chiesa di Sainte-Anne la Royale di Maurizio Valperga (-) e Guarino Guarini () 22. Da Chantelou apprendiamo che, similmente a quello di Mansart, anche il progetto di Bernini, presentato il settembre , prevede che il mausoleo dei Borbone sia posto in
asse con la navata maggiore della basilica in posizione leggermente sopraelevata «in modo che [le sepolture dei re] guardassero direttamente verso l’altare
principale della chiesa, quello di Saint-Louis, e così sarebbero state visibili durante le cerimonie». Questa soluzione, che asseconda la volontà di Colbert,
avrebbe messo in opera spettacolari e scenografiche sequenze di piani in
profondità, care al Cavaliere. La diposizione della cappella in asse con il coro
e con la navata e la circolarità dell’invaso ricordano quelli della basilica del
Santo Sepolcro di Gerusalemme, conclusa dalla rotonda dell’Anástasis (resurrezione), presunto luogo della sepoltura di Gesù 23. Questa sequenza è riproposta nei progetti per il Capellone dei principi medicei in San Lorenzo, inne-
DANIELA DEL PESCO
. François Mansart,
Progetto per la
cappella dei re
Borbone in SaintDenis, , pianta,
disegno, matita
nera, penna e
inchiostro bruno,
× mm, da
François Mansart, a
cura di Jean-Pierre
Babelon e Claude
Mignot, Parigi
, fig. ,
p. . Parigi, BnF
(foto Bibliothèque
nationale de
France)
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
. Firenze, Pianta della basilica di San Lorenzo con l’inserimento del capellone dei Principi
stato all’estremità della basilica fiorentina (fig. ). Il cantiere del mausoleo dei
Medici era una tappa obbligata per i visitatori della città: Bernini avrebbe potuto conoscere i progetti di Matteo Nigetti e di Giovanni de’ Medici in occasione della sosta durante il suo viaggio verso la Francia, quando potrebbe aver
osservato anche la rotonda della tribuna della Santissima Annunziata.
Per imprimere al suo progetto per Saint-Denis un carattere personale e monumentale, Bernini ricorre soprattutto agli effetti della scultura: infatti, all’interno della nuova cappella, egli intende collocare «venti o venticinque sculture
monumentali dei Re, mettendone cinque o sei in un medesimo spazio, in atto
di preghiera, con atteggiamenti diversi, appoggiati su una specie di balaustra
come in una rappresentazione teatrale». Similmente che a Roma nella cappella
Cornaro in Santa Maria della Vittoria, su queste balaustre Bernini «avrebbe
collocato un gran tappeto con dei cuscini. Al fine di rendere il tutto maggiormente ornato, sopra le sepolture, dietro le statue, ci sarebbero stati dei quadri
in mosaico; le tombe e le loro decorazioni sarebbero state di marmo nero ed in
DANIELA DEL PESCO
. Giovan Lorenzo Bernini, Cappella Cornaro. Roma, Santa Maria della Vittoria, particolare
(foto autore)
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
oro» (fig. ) 24. Con questa cappella avremmo avuto un ulteriore straordinario
esempio di ‹bel composto› berniniano, un’architettura come evento teatrale,
ricca di effetti cromatici e di contrasti di luce. Per il mausoleo dei Borbone,
Bernini prende in considerazione anche un’alternativa. Infatti, pur avendo accettato di inserire la cappella in asse con la navata, afferma che «per rendere
l’insieme simmetrico si sarebbe potuta realizzare una cappella nell’altro lato
della chiesa, come quella dei Valois, e ha concluso affermando che quest’idea
gli era venuta fin da quando aveva visitato Saint-Denis, ma che l’aveva elaborata la notte precedente: era sua abitudine quando doveva ideare qualche cosa» 25.
Il disegno THC del Nationalmuseum di Stoccolma.
Occorre ricordare che nel Allan Braham ha individuato nel disegno
del Nationalmuseum di Stoccolma 26 una rappresentazione di progetti di Bernini per la cappella Borbone a Saint-Denis (fig. ). Tuttavia, osservandolo, non ci sembra che possa ascriversi a Bernini né l’impianto più semplice a
croce di Sant’Andrea, né il progetto più articolato, assai vicino nell’impostazione alla cappella Valois attribuita al Primaticcio (fig. ). Braham non precisa
le motivazioni della sua ipotesi che, tuttavia, è stata unanimemente accolta in
gran parte degli studi successivi.
Il foglio THC fa parte della collezione di disegni realizzati o acquistati in
Svezia, Francia e Italia da Carl Hårleman (-), figlio dell’architetto-giardiniere del re svedese, Johan Hårleman. Anche Carl è architetto di giardini, e
si reca più volte a Parigi, dove frequenta l’Académie Royale (primo premio nel
). Il disegno THC è su una carta con filigrana francese: Hårleman lo
realizzò o lo acquistò, quindi, durante il suo soggiorno in Francia.
Nei progetti rappresentati nel foglio THC l’accesso avviene tramite delle
scale, collocando la cappella in posizione elevata rispetto al livello del terreno,
così come nelle proposte per Saint-Denis di Mansart (fig. ) e di Bernini, secondo la testimonianza di Chantelou.
Le dimensioni ridotte del foglio THC , × mm, suggeriscono che
si tratta di disegni di studio. L’assenza dell’indicazione di una scala dimensionale fa sì che le piante rappresentate potrebbero riferirsi a edifici di grandezza
più o meno ampia.
Il progetto inserito nella parte bassa del disegno (fig. ), presenta una rotonda sormontata da cupola con sette cappelle radiali e uno spazio per l’ingresso.
Le cappelle disposte sugli assi ortogonali sono diverse da quelle sulle diagonali, ma uguali tra loro. Per il rapporto tra spazi satelliti e spazio centrale, questa
proposta rievoca l’organizzazione del mausoleo dei Valois attribuito a Primaticcio, che conosciamo grazie alle incisioni di Jean Marot e di Alexandre Leblond (fig. ). Parzialmente costruito e demolito nel , aveva sei cappelle
uguali non comunicanti al piano terra, mentre, al secondo livello, una galleria
avrebbe formato un deambulatorio. Nella pianta di Stoccolma, attribuita al
Bernini, un passaggio collega, invece, le otto cappelle a livello del suolo. Potrebbe trattarsi di un esercizio accademico di Hårleman sul tema della planiTHC
DANIELA DEL PESCO
. Carl Hårleman (?), Disegni di studio, già identificati come progetti di Bernini per il mausoleo dei
Borbone a Saint Denis, matita, acquerello grigio su carta, × mm. Stoccolma,
Nationalmuseum, inv. THC (foto Nationalmuseum Stockholm)
. Alexandre Leblond, Claude Lucas, Pianta della basilica di Saint-Denis con la cappella dei Valois,
incisione, × mm da Michel Félibien, Histoire de l’abbaye royale de Saint-Denys en France,
Parigi , collezione privata (foto autore)
metria centrale, eseguito prendendo come esempio un’altra incisione di Marot
che presenta una rotonda con otto spazi radiali (fig. ). Le incisioni del francese avevano ampia circolazione e avrebbero contribuito a suggerire le forme
tracciate sul foglio di Stoccolma destinate a nuovi edifici. Anche il disegno di
Hårleman per una cappella a pianta ovale su due livelli sembra tener conto
della sezione del mausoleo dei Valois pubblicata da Marot (fig. , ) 27.
Abbiamo numerosi disegni di Hårleman che riproducono chiese, parchi,
fontane, dimore aristocratiche e castelli francesi (Marly, Saint-Cloud, Meudon,
ecc.). Questo corpus gli fu utile nell’ideazione delle opere che gli furono affidate come architetto del re di Svezia Federico I dopo la morte di Tessin il Giovane nel , cioè la decorazione dei palazzi di Stoccolma e di Drottningholm e
la sistemazione di giardini ed edifici reali.
Un’analisi attenta mostra che il progetto rappresentato nella parte inferiore
del foglio di Stoccolma è assai lontano dal modo di Bernini di sviluppare una
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
pianta centrale con cappelle radiali. È prevedibile che, quando Colbert gli
chiese un progetto per la cappella dei Borbone a Saint-Denis, Bernini non esitasse ad adattare al tema del mausoleo le sue esperienze sulla pianta centrale
che si erano concretizzate nella chiesa di Sant’Andrea al Quirinale a Roma
(fig. ) e in Santa Maria dell’Assunzione ad Ariccia (fig. ), spazi fortemente
unitari, nonostante la presenza di cappelle.
Possiamo considerare anche il progetto che Bernini elabora per la cappella
del Louvre (fig. ) 28. In quest’occasione il Cavaliere propone un edificio a
pianta ovale con cupola nel quale colonne e pilastri, disposti secondo un ritmo
, , , , sostengono una galleria circolare atta ad accogliere la famiglia reale e i
musici. Ancora una volta Bernini integra diverse funzioni in una forma semplice e unitaria. Anche se si considerano le finalità diverse dei due edifici – chiesa
reale-cappella parrocchiale al Louvre, mausoleo a Saint-Denis –, e la necessità,
in un mausoleo, di costruire una serie di cappelle per accogliere i monumenti
funebri, il piano di Stoccolma è estraneo a Bernini poiché, nei suoi progetti,
non si trova mai un insieme di spazi così nettamente frammentati e complicati
. Rotonda con otto cappelle
radiali, pianta, incisione,
× mm, da Recueil des
Plans, Profils et Elévations
dessignez et gravez par Jean
Marot, «Petit Marot», circa
-, collezione privata
(foto autore)
DANIELA DEL PESCO
. Carl Hårlemann, Progetto
per una cappella a pianta
centrale, sezione, -,
inchiostro nero, acquerello
su carta, × mm.
Stoccolma, Nationalmuseum, inv. THC
(foto Nationalmuseum
Stockholm/Cecilia Heisser)
. Profil du dedans de la
sepulture des Valois à
St. Denis, sezione, , incisione, ×
mm, da Recueil des Plans,
Profils et Elévations
dessignez et gravez par Jean
Marot, «Petit Marot»,
circa -, collezione
privata (foto autore)
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
. Giovan Lorenzo Bernini,
Sant’Andrea al Quirinale, pianta,
penna e acquerello su carta,
× mm, BAV, Chigi P VII ,
foll. v-r, particolare (foto per
concessione della Biblioteca
Apostolica Vaticana, ogni diritto
riservato)
. Giovan Lorenzo Bernini, Santa
Maria della Assunzione ad Ariccia,
pianta, matita su carta, ×
mm, BAV, Chigi a I , fol. v,
particolare (foto per concessione
della Biblioteca Apostolica
Vaticana, ogni diritto riservato)
DANIELA DEL PESCO
a. Padiglione detto
di Anna di Bretagna
nel parco del castello
di Blois, pianta da
Christophe Gratias,
«Le pavillon d’Anne
de Bretagne et les
jardins du château
de Blois», in Flore
et jardins, a cura di
Pierre-Gilles Girault,
Parigi , p.
b. Padiglione detto
di Anna di Bretagna
nel parco del castello
di Blois, alzato e
sezione da
Christophe Gratias,
«Le pavillon d’Anne
de Bretagne et les
jardins du château
de Blois», in Flore et
jardins, a cura di
Pierre-Gilles Girault,
Parigi , p.
. Padiglione detto di
Anna di Bretagna nel
parco del castello di
Blois (foto autore)
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
da un gran numero di nicchie e di colonne addossate alle pareti, quale osserviamo nel disegno svedese. Sembra difficile che in un’occasione così importante come quella di Saint-Denis, Bernini rinunciasse a proporre un lavoro intriso
del suo stile personale, anche qualora avesse avuto l’intenzione di ispirarsi alla
cappella dei Valois attribuita a Primaticcio.
Considerando, ora, il progetto tracciato sulla parte alta del foglio THC (fig
) vediamo uno schema più semplice e di dimensioni leggermente inferiori, uno
spazio centrico con quattro cappelle quadrangolari inserite a croce di Sant’Andrea. Per la sua forma, questo piano non sembra attribuibile a un architetto italiano del XVII secolo ed è estraneo all’elaborazione dei mausolei dell’epoca 29.
Propongo, quindi, che questa pianta rappresenti il padiglione detto di Anna
di Bretagna, costruito dopo il nel parco del castello di Blois 30 (figg. , ).
Vediamo in un’illustrazione di Jacques Androuet du Cerceau il padiglione realizzato durante il regno di Luigi XII Valois (-), marito di Anna 31. È costruito in pietra e mattoni, con una struttura e una decorazione gotica, e presenta uno spazio centrale ottagonale (m , di diametro), con quattro ali quadrangolari disposte a croce di sant’Andrea. Il piccolo edificio si sviluppa su tre
livelli (seminterrato, piano terra, primo piano). Il vano centrale è coperto con
un alto tetto piramidale; i padiglioni quadrati sono sormontati da terrazze con
balaustre con le iniziali di Luigi XII e di Anna di Bretagna. Uno dei corpi angolari contiene le scale, un altro, un oratorio absidato che provoca una variazione nel disegno dell’ala nel quale è incluso e un’alterazione della regolarità
dell’impianto 32.
Il padiglione di Anna di Bretagna è un elemento importante dei giardini di
Blois: sappiamo che Luigi XII ascoltava spesso la messa nella piccola cappella
di questa singolare costruzione, ideata come luogo di meditazione o per riunioni riservate. Il piano superiore della serra per gli agrumi dal castello fungeva da galleria di accesso, circostanza che suggerisce che il padiglione fosse
considerato una continuazione degli appartamenti reali 33. Anna, dopo la morte
nel del suo primo marito, Carlo VIII, l’ gennaio sposa Luigi XII, nuovo re di Francia. Da quella data, la regina vive gran parte del suo tempo nel
castello di Blois e vi muore nel . Il suo cuore è depositato nella chiesa dei
Carmelitani di Nantes, il suo corpo a Saint-Denis. Questa doppia sepoltura,
usuale per i principi dell’epoca, diventa, col passare del tempo, un simbolo di
una vita condivisa tra il ducato di Bretagna e il regno di Francia.
Se Nantes e Blois disegnano la base del triangolo che corrisponde all’esistenza di Anna di Bretagna, la punta si trova a Saint-Denis. L’abbazia è sede
della prima incoronazione della regina nel , della sua seconda incoronazione nel e, dal , del suo monumentale sepolcro.
Non è sorprendente, quindi, che le piante incluse nel foglio di Carl Hårleman THC possano riferirsi a due edifici legati ai re Valois (fig. ): la prima,
a una rielaborazione della cappella di Saint-Denis richiesta da Caterina de’
Medici a Primaticcio nel luglio del , dopo la morte del marito Enrico II; la
seconda, al padiglione di Anna di Bretagna a Blois, legato a una regina della
quale si può ammirare a Saint-Denis lo spettacolare monumento funebre,
DANIELA DEL PESCO
. Abraham
Swanskiöld,
Progetto per
la chiesa di
Karl XI a
Kungsör,
pianta, dopo
il ,
inchiostro
grigio, matita,
carta su tela,
× mm.
Stoccolma,
Nationalmuseum, inv.
THC (foto
Nationalmuseum
Stockholm/
Cecilia Heisser)
. Nicodemus
Tessin il
vecchio,
Progetto per
la cattedrale
di Kalmar (?),
pianta, circa
, matita su
carta,
× mm.
Stoccolma,
Nationalmuseum, inv.
THC (foto
Nationalmuseum
Stockholm/
Cecilia Heisser)
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
commissionato da Francesco I allo scultore Antoine Juste, realizzato tra il
e il .
Il confronto tra disegno THC e il THC , conservato anch’esso a Stoccolma, ci fornisce ulteriori elementi. Il foglio THC presenta la pianta di un
progetto per la chiesa del re svedese Carlo XI (-) a Kungsör (fig. ) 34.
Si tratta di uno spazio ottagonale che include una galleria sostenuta da otto colonne. Quattro spazi quadrangolari si innestano sulle diagonali dell’ottagono
centrale. Una di queste aree quadrangolari ospita l’ingresso della chiesa, raggiungibile tramite una scala con tre gradini come in THC , mentre lo spazio
opposto all’ingresso è destinato all’altare. Abbiamo anche un alzato e una sezione di questa chiesa (THC e ), costruita da Nicodemus Tessin il Giovane (-) sulla base di un precedente progetto parzialmente realizzato.
Borje Magnuson assegna i tre disegni THC , e all’architetto svedese Abraham Swanskiöld (-), ritenendo che le loro caratteristiche grafiche siano estranee a Tessin il Giovane al quale erano stati attribuiti. I documenti ricordano che nel Swanskiöld compra un modello del progetto della chiesa per il re a Kungsör e lo riproduce in disegni, probabilmente THC ,
e 35.
In effetti, lo schema a croce rappresentato in THC è in perfetta sintonia
con la logica della pianta disegnata nella parte superiore del foglio THC .
A mio parere, quest’ ultimo potrebbe essere stato tenuto presente nell’elaborazione di chiese da parte degli architetti svedesi attivi al passaggio tra il XVII e il
XVIII secolo. Si tratta di un tipo di pianta raro nel Rinascimento e nel Seicento
italiano, ma spesso adottato nel Nord Europa protestante dopo il , data
dell’affiliazione ufficiale della Chiesa svedese al potere reale. La religione riformata rifiuta il culto di Maria e dei Santi e la liturgia si concentra sulla lettura
dei testi sacri, sulla preghiera e sulla celebrazione eucaristica. Gli impianti centrici permettono una buona acustica e una soddisfacente visibilità del celebrante.
Nicodemus Tessin il Vecchio aveva già usato questo tipo di pianta per le
chiese Arensburg sull’Ösel, ma anche in un piano per la cattedrale di Kalmar
di forma ottagonale, con l’altare inserito nello spazio centrale ( circa, fig.
) 36. Successivamente Erik Dalhberg impiega una pianta analoga nella chiesa
di Karlsburg () 37, così come Tessin il Giovane nel progetto per la chiesa
della comunità svedese di Karlskrona 38.
La cascata di Saint-Cloud
Il progetto per una cascata a Saint-Cloud è esemplare del modo in cui Bernini si misura con lo spazio naturale di un parco. Nel Filippo, duca
d’Anjou, fratello di Luigi XIV, acquisisce la proprietà che si estende sulle rive
della Senna. Nel Antoine Le Pautre diviene l’architetto ufficiale del duca
e, sotto la sua guida, l’imprenditore Jean Girard costruisce l’estensione del castello. Contemporaneamente, André Le Nôtre progetta il parco, che viene ingrandito e abbellito da nuove fontane.
DANIELA DEL PESCO
. Etienne Allegrain, Veduta del castello di Saint-Cloud, sulla sinistra la Grande Cascade, prima degli
interventi di J. Hardouin-Mansart, in primo piano la vasca del Grand Jet, circa , olio su tela,
particolare. Versailles, Musée du Château (foto Wikimedia Commons)
Un getto d’acqua straordinario, alto piedi, si trovava al centro di un’ampia vasca rettangolare nel giardino a sud-est del castello (fig. ). Bernini, dopo
un sopralluogo, afferma «che si sarebbe potuta realizzare una cascata rustica
nello spazio quadrato dove era il grande getto d’acqua, che sarebbe risultata di
grande bellezza per il contrasto con le forme geometriche del disegno [della
vasca]» 39. Due mesi e mezzo dopo, Chantelou riferisce che: «il Cavaliere ha disegnato una cascata naturale che si sarebbe potuta realizzare di fronte al grande getto d’acqua, nel luogo in cui è la balaustra. Ha impiegato per il disegno
un’ora intera; poi me l’ha fatto vedere, me l’ha illustrato, ed ha aggiunto: ‹Sono sicuro che non piacerà. Qui non si è abituati a cose naturali di questo genere; se ne vogliono di più accomodate e più piccole, come i ricami delle monache›» 40. Chantelou riporta anche che Bernini, dopo aver mostrato il disegno al
duca, avrebbe espresso «il desiderio di far[lo] rappresentare in un dipinto,
perché fosse più chiaro». Nonostante Francesco Maria Bourson 41 realizzi una
suggestiva veduta a colori, il committente rimane perplesso, temendo che il
nuovo intervento possa invadere l’area della fontana esistente. Per rassicurarlo, e per comunicare le sue idee con la massima efficacia, Bernini promette che
«appena arrivato a Roma, avrebbe fatto eseguire un modello in terracotta della
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
cascata, e lo avrebbe fatto riprodurre in legno per poterlo trasportare a Parigi» 42. Ancora una volta il progetto prende corpo attraverso fasi diverse che
prevedono un sopralluogo, un disegno «dal vero» di Bernini, un elaborato di
presentazione ed, eventualmente, un modello in terracotta. Anche in questo
caso il Cavaliere traccia le idee guida, e, successivamente, si serve di altri per i
disegni di presentazione, in questo caso di Bourson.
I suggerimenti del Bernini si riferiscono anche alla Grande Cascade che si
snoda sul pendio del parco di Saint-Cloud verso la Senna 43 (fig. ). Per rendere più spettacolare una cascata già esistente, Le Pautre si era ispirato all’opera
realizzata da Jacques Lemercier (-) nella dimora di Richelieu a Rueil,
ma soprattutto ai modelli italiani di «scalinate d’acqua», come quelle della Villa Lante Bagnaia ( circa) e di Villa Aldobrandini a Frascati di Carlo Maderno e Giovanni Fontana (/). Il ottobre Bernini assiste agli spettacolari giochi d’acqua della Grande Cascade. Chantelou riferisce che il Cavaliere si sposta progressivamente sul pendio verso il fiume in modo da percepire
dal basso l’opera di Le Pautre:
«M. Billon, ha consigliato al Cavaliere di rimanere ai piedi della scalinata, ma lui è
voluto scendere giù. È stata immessa l’acqua che, a poco a poco, ha incominciato a
espandersi dappertutto. Il Cavaliere è sceso ancora più in basso per vedere l’effetto.
Dopo aver esaminato attentamente lo spazio che vi era tra il primo bacino ai piedi delle rampe e il secondo, per arricchire maggiormente la cascata, ha suggerito di inserire
un semicerchio tra i due bacini e ha precisato che questo nuovo canale avrebbe avuto
venti piedi di larghezza. Il resto dello spazio sui due lati avrebbe potuto essere rivestito di prato in dolce pendio. Sarebbe stato sufficiente dare al semicerchio una profondità di cinque palmi, pari a tre piedi e qualche pollice».
La lunetta immaginata da Bernini avrebbe avuto , metri di larghezza e
un metro circa di profondità; i getti d’acqua disposti ad arco avrebbero creato
un suggestivo contrasto con quelli in linea retta disegnati da Le Pautre. In tale
modo Bernini cerca di correggere ciò che gli pare un difetto e di conferire al
movimento delle acque un andamento più naturale, in contrasto con la frammentazione artificiale prodotta dall’architetto francese.
Nella veduta prospettica di Étienne Allegrain ( circa, Musée de Versailles, fig. ), vediamo snodarsi la Grande Cascade costituita da una scala d’acqua
e più in basso, al di là di un sentiero, da un secondo bacino semicircolare con
piccole cascate nella parte centrale. Questo bacino, con la sua superficie piatta, contrasta con la parte superiore costituita da tre serie di cascatelle parallele
che scendono in linea retta su fitte rampe con gradini, rifinite con bugnati.
Viene da domandarsi se – posto che Bernini nel vede già un bacino inferiore – la vasca semicircolare, che osserviamo nelle immagini realizzate intorno
al , sia stata modificata introducendo la forma curva suggerita da Bernini.
La risposta è difficile, perché tra il e il Jules Hardouin-Mansart
interviene sulla cascata di Le Pautre che era in cattive condizioni 44. Al di là
del sentiero che separa i due bacini, Mansart ridisegna la parte inferiore, introducendo un ulteriore livello (fig. ). Scrive Alexandre Gady: «Le bassin
DANIELA DEL PESCO
. La Grande Cascade nel parco di Saint Cloud con le modifiche di Jules Hardouin-Mansart
(foto autore)
principal, repris et mis en cercle, fut relié au rondeau de l’extrémité du parterre coté Seine, par un bassin allongé remplaçant un parterre de gazon» 45. I bacini disegnati da Mansart costituiscono una sequenza di superfici ampie e
tranquille, Le Pautre, invece, aveva proposto delle cadute d’acqua dense e frastagliate secondo un principio di accumulazione 46. Nel Robert Berger ha
scritto: «Bernini’s proposal would seem to be the germ of the idea later realized by Hardouin Mansart» 47. La sensibilità per gli effetti visivi aveva ispirato i
suggerimenti di Bernini per le cascate di Saint-Cloud; l’intervento di Jules
Hardouin-Mansart nella Grande Cascade propone, in modo analogo, una veduta da lontano e linee curve. Mansart condivide questo tipo di scelta con
André Le Nôtre che mette in campo una padronanza perfetta dei procedimenti ottici, combinando l’uso della collimazione e dell’anamorfosi 48. Tuttavia, l’abilità di Bernini nell’utilizzare i meccanismi della percezione appartiene
a un ordine logico intuitivo, mentre i due architetti francesi seguono una metodica ben informata sulle nuove ricerche della scienza ottica nello spirito della clarté francese.
Bernini: i progetti per gli Hôtels d’Aumont e De Lionne
La sequenza – osservazione del sito, disegno, modello – si ripropone anche
per l’Hôtel d’Aumont, dimora di Antoine d’Aumont, governatore di Parigi e
grand maréchal de France. Chantelou ricorda che, il luglio , M.me d’Au-
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
mont chiede a Bernini di dare un parere sullo scalone d’onore della sua abitazione al quale si accedeva in fondo al cortile, sulla destra (fig. ) 49. Il progetto
redatto da Le Vau negli anni ’, è registrato in un’incisione di Marot (fig. ).
Il tracciato corrisponde alla pratica ordinaria dell’architetto: si tratta di una
struttura con rampe rettilinee omogenee che si snodano intorno a un vuoto
centrale quadrangolare. Le prime due tese sono appoggiate ai muri perimetrali, una terza rampa e il pianerottolo sono sostenuti da volte in pietra. Al di sopra del primo piano, la scala era costruita probabilmente in carpenteria di legno; la larghezza dei gradini di questa parte era la metà di quelli inferiori, passando da sei a tre piedi (da , a , m) 50. Il luglio, Chantelou registra che:
«Il Cavaliere ha comunicato a M. d’Aumont di aver fatto un disegno per la sua scala
come l’avrebbe voluta per sé e che, a suo parere, il progetto che gli era stato mostrato
aveva alcuni difetti. Ha aggiunto che non avrebbe mai voluto mettere mano all’opera
di un altro, ma poiché sua moglie aveva espresso questo desiderio, non aveva osato rifiutare; sarebbe stato necessario eseguire un modello per vedere l’effetto del suo progetto; i gradini sarebbero stati più lunghi che nel precedente disegno dove non vi era
alcuna proporzione tra la larghezza e l’altezza e tra la larghezza dei gradini in basso e
. Plan de l’Hostel de Monsieur le
Marechal d’Aumont, incisione,
× mm, da Jean Marot,
Recueil des Plans, Profils et
Elévations dessignez et gravez
par Jean Marot, «Petit Marot»,
circa -, collezione
privata (foto autore)
DANIELA DEL PESCO
. Hôtel d’Aumont, Scalone d’onore da Augustin-Charles d’Aviler, Cours d’architecture, a cura di
Mariette, Paris , t. X, p.
di quelli in alto; inoltre la scala non sarebbe terminata al centro del pianerottolo e ciò
era un grande errore» 51.
Nel D’Aviler descrive la scala d’onore esistente come modello esemplare:
«Le vestibule, qui lui sert d’avenue, est decoré d’un ordre dorique d’une élegante
proportion, et dont l’entablement est distribué avec cette précision que cette habile architecte a mis dans tous ces ouvages. Ce même ordre, qui règne dans un peristyle qui
precede l’escalier, en rend l’abord extrêmement riche, et fait paraître l’escalier plus
grand qu’il n’est en effet. [...] La marche du palier au premier étage est portée de fond
sur un mur qui est ouvert dans le milieu par un grand arc subaissé, et c’est au droit de
ce mur et de cette ouverture que commencent les premières marches de la rampe de
l’escalier, qui continuent à monter sans aucun repos jusqu’au palier du premier étage.
Les marches tournent autour d’un noyau, dont le rampant, qui est extraordinaire, laisse dans son milieu un vide où l’architecte a logé assez ingénieusement la figure d’un
griffon qui tient un ecusson réprésentant les armes de la famille d’Aumont. Il a aussi
pratiqué une niche dans le mur d’échifre, pour lui donner plus de legereté. La balustrade, qui sert d’appui à cet escalier, est de pierre, et formée par des entrelas; la corniche
du plafond est d’un exellent profil, elle couronne une suite de metopes d’une forme
nouvelle, qui sont enrichies d’ornemens de sculpture, et qui font un très bel effet» 52.
Questa descrizione è corredata da quattro immagini che permettono di capire che la scala descritta ha le forme che Bernini aveva disapprovato (fig. ).
D’Aviler rappresenta, infatti, uno scalone con rampa continua, con gradini di
dimensioni che variano, assecondando l’andamento dei muri perimetrali del
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
corpo scala. I documenti citati da Allan Braham nel chiariscono come gli
anni / furono cruciali per lo scalone d’onore dell’Hôtel d’Aumont.
Michel Villedo ebbe l’incarico di demolire le rampe provvisorie esistenti. Il
maggio trovò soluzione una controversia tra Villedo e Antoine d’Aumont:
il giugno il maresciallo siglò un contratto con Libéral Bruant, genero di Villedo, per completare la demolizione e costruire la nuova scala 53. È a questo intervento e alla struttura pubblicata da D’Aviler che sono pertinenti le critiche
del Cavaliere registrate il luglio da Chantelou. La paternità dello scalone realizzato nel non è, dunque, ascrivibile a François Mansart, come affermano D’Aviler e J.-F. Blondel, ma a Libéral Bruant che è documentato
nell’esecuzione dell’opera.
Come previsto, le osservazioni di Bernini per lo scalone dell’Hôtel d’Aumont non ebbero alcun esito pratico.
. Jean Marot, Plan
de l’hostel de
Lionne, incisione
(prima del ),
da L’Architecture
française, ou
Recueil des
plans... des
églises, palais,
hôtels et maisons
particulières de
Paris... par Jean
Marot et Marot
fils. Publié par
P.-J. Mariette,
«Grand Marot»,
Parigi /,
BnF (foto
Bibliothèque
nationale de
France)
DANIELA DEL PESCO
. Hôtel de Lionne-Pontchartrain, rilievo del , pianta del piano terreno, disegno preparatorio,
particolare, penna, inchiostro di China, × mm. Parigi, BnF, Réserve Ha-, Robert de
Cotte, (foto Bibliothèque nationale de France)
Diverso sembra il caso dell’Hôtel de Lionne, demolito nel , che sorgeva
nel nuovo elegante quartiere creato da Richelieu sulla riva destra della Senna.
Il agosto Bernini vi si reca poiché gli si è chiesto di «porre rimedio ai difetti» della dimora progettata da Le Vau nel , ma ancora incompiuta (fig.
) 54. Si trattava di un vasto edificio a due piani, costituito da un padiglione
centrale affiancato da due ali perpendicolari, disposte a formare la corte d’ingresso. Il padiglione centrale comprendeva una doppia serie di camere aperte
sul cortile e sul giardino: si tratta di una nuova disposizione introdotta da Le
Vau intorno al che sostituisce quella con corpo di fabbrica con una sola
serie di ambienti.
L’importanza di de Lionne, abilissimo ministro degli Esteri di Luigi XIV, già
ambasciatore a Roma e buon conoscitore dell’arte italiana, spiega l’impegno
dell’artista. Bernini fornisce rapidamente «un disegno tracciandolo su una tavola che gli è stata portata in cortile» 55.
La sua attenzione si concentra, soprattutto, sul vestibolo e sul percorso cerimoniale di accesso alle camere da ricevimento. Il vestibolo, che in origine
non aveva un posto importante nelle residenze francesi, stava acquistando dimensioni più ampie ed eleganti. In questi stessi anni anche lo scalone d’onore
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
. Jean Marot, Profil du dedans de
la Cour de l’Hostel de Lyonne,
incisione, particolare da
L’Architecture française, ou
Recueil des plans... des églises,
palais, hôtels et maisons
particulières de Paris... par Jean
Marot et Marot fils. Publié par
P.-J. Mariette, «Grand Marot»,
Parigi /, BnF (foto
Bibliothèque nationale de
France)
. Hôtel de Lionne-Pontchartrain,
sezione in pulito con l’ingresso
allo scalone, rilievo del ,
disegno, penna e inchiostro di
China, acquerello, × mm.
Parigi, BnF (foto Bibliothèque
nationale de France)
DANIELA DEL PESCO
veniva assumendo forme sempre più monumentali, secondo i modelli italiani
e spagnoli.
Chantelou ci informa che:
«Riguardo al soffitto del vestibolo che era basso, [Bernini] ha consigliato di dipingerci una balaustra che simulasse un’altezza maggiore. Gli è stato chiesto se si poteva dipingere un cielo al di sopra, ha risposto di no, che non bisognava mai fingere un cielo la dove si vedeva il cielo naturale. Ha aggiunto che, quand’anche fosse stato Raffaello in persona a dipingerlo, non avrebbe mai potuto farlo apparire vero; che bisognava realizzare,
al posto del cielo, dei cassettoni decorati con rosoni e colorare tutto in bianco e nero» 56.
Chantelou riporta anche che «Il Cavaliere aveva disapprovato le finestre che
si trovavano di fronte alle rampe delle scale poiché il loro asse mediano non
corrispondeva al centro di quelle rampe; avrebbe trovato più appropriato
aprire una sola finestra di fronte alla rampa centrale» 57.
Confrontando le incisioni di Marot con i rilievi eseguiti successivamente nel
, quando la proprietà passò ai Pontchartrain 58, si notano modifiche nell’accesso al corpo centrale della dimora e nel vestibolo che vanno nella direzione delle proposte del Cavaliere (figg. -). Chantelou ci informa che, dopo
un secondo sopralluogo, il agosto, «il signor Mattia [lavora] al disegno della
casa di M. de Lionne». Bernini, infatti, aveva
«pensato che bisognava eliminare dalla scala l’architrave, il fregio e la cornice che
erano collocati tra due colonne poiché levavano molta luce al vestibolo. Ha detto a
M.me de Lionne, che insisteva per mettere delle colonne di marmo nero e rivestire le
nicchie con lo stesso, che il nero non gli pareva adatto, ma sarebbe stato bene qualsiasi
altro marmo, bianco, rosso o venato» 59.
Un contratto siglato a Parigi tra Hugues de Lionne e Pierre Caudoux, il
aprile , prevede che quest’ultimo debba fornire due colonne di marmo nero di altezza di dodici piedi e tre pollici e dei pilastri piatti o in squadra dello
stesso marmo per decorare lo scalone 60. Un anno dopo le colonne evidentemente non erano ancora messe in opera e la spesa sostenuta spiega l’insistenza
di M.me de Lionne per utilizzarle.
Quasi due anni dopo questi eventi, nel gennaio , da una lettera di Mattia de Rossi, apprendiamo che «la fabbrica di monsù di Lione si è spedita
conforme il disegno di V.S.», cioè di Bernini 61. Mattia scrive anche che «si sono messe le colonne all’entrata della porta, si è ingrandito l’ingresso, si è fatta
la scala conforme il disegno di V.S. [...]» e che «M. de Lionne è grandemente
soddisfatto di ciò che è stato realizzato». In effetti, nel rilievo del (fig.
) 62 l’accesso dal vestibolo allo scalone appare privo dell’architrave che si
scorge nell’incisione di Marot (fig. ); lo scalone risulta preceduto da una
coppia di colonne poste a una quota più alta rispetto all’ingresso (fig. ).
Durante il suo secondo sopralluogo, il Cavaliere aveva notato con perplessità
«che in Francia non fosse stato introdotto l’uso di salire e scendere dalla carrozza al
coperto e che le case, almeno le più signorili, non avessero questa comodità che, a Ro-
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
. Perspective de la Maison de l’Hostel de Lyonne, bastie a Paris, Du desseing de Monsieur Le Vaux
Architecte du Roy, incisione, particolare da L’Architecture française, ou Recueil des plans... des
églises, palais, hôtels et maisons particulières de Paris... par Jean Marot et Marot fils. Publié par
P.-J. Mariette, «Grand Marot», Parigi /, BnF (foto Bibliothèque nationale de France)
ma, perfino gli artigiani avevano; e che, se si fossero realizzate tre arcate dove attualmente è il vestibolo, ciò avrebbe prodotto quel vantaggio che, oltre a rendere la casa
più allegra, avrebbe permesso una vista più ampia sul giardino».
Nella pianta del (fig. ) 63, l’accesso al vestibolo appare modificato rispetto a quanto si osserva nelle incisioni di Marot: quattro colonne sono addossate alla parte centrale della facciata e l’architrave che le unisce offre una
protezione parziale a chi entra; queste colonne sono collocate a un livello più
elevato di quello del cortile per la presenza di tre gradini 64. Nei disegni dal
DANIELA DEL PESCO
, quindi, abbiamo un nuovo elemento aggettante sul prospetto, ma non
un vero e proprio accesso al coperto, come Bernini aveva auspicato.
La simmetria non è perfetta poiché l’atrio corrisponde a due intercolunni, e
quelle sulla destra a una stanza. Tuttavia, l’ingresso al vestibolo è in asse con
l’accesso alla grande salle e con l’apertura verso il giardino; ciò favorisce il passaggio della luce e la vista sul verde, come suggerito dal Cavaliere. Nella pianta
del , inoltre, una sola porta collega il vestibolo e il salone (fig. ), mentre
in quella di Marot ne vediamo tre (fig. ). In effetti, negli ultimi giorni del
soggiorno di Bernini a Parigi, Chantelou riporta che M.me de Lionne chiede a
Bernini «ancora qualche consiglio per il vestibolo nel quale ha fatto chiudere
un paio di porte» 65.
Bernini fornisce altresì numerosi suggerimenti per dare migliori proporzioni
alle stanze e, in particolare, alla grande sala attigua all’ingresso 66. I consigli di
Bernini sono coerenti con un gusto che mira a creare prospettive in profondità, ad accentuare i contrasti di luce, a conferire agli spazi proporzioni regolari anche attraverso l’uso innovativo e illusivo della decorazione pittorica. Non
è semplice datare le incisioni di Marot: quelle che illustrano l’Hôtel de Lionne
appartengono al gruppo di immagini che furono raccolte in un volume dopo
la morte dell’incisore, nel : potrebbero registrare, quindi, lavori eseguiti
entro questa data 67. In effetti, nel foglio dal titolo «perspective de l’hôtel de
Lionne» (fig. ) sembra di riscontrare quanto consigliato da Bernini dopo
aver rilevato che l’ingresso dalla strada era estremamente piccolo: «Ha suggerito di estendere l’ordine dorico della porta al di sopra delle finestre e di rendere la sua altezza uguale alla loro, ampliandola da una parte e dall’altra di
una lunghezza pari allo stipite» 68.
Da un altro punto di vista, va detto che le visite di Bernini a casa de Lionne
sono anche l’occasione per rilevare difetti tecnici nelle opere di Louis Le Vau 69.
Le testimonianze di Chantelou contribuiscono a screditare l’architetto francese
che era in competizione con Bernini per l’incarico della costruzione del Louvre, e a mettere in evidenza, invece, le capacità tecniche del Cavaliere. Alla corte di Luigi XIV, Bernini è considerato, infatti, un geniale inventore di forme, ma
privo di competenze pratiche che, invece, vengono enfatizzate nel Journal.
Dal Louvre a Versailles
Durante il soggiorno a Parigi, il progetto di Bernini per il Louvre diviene
sempre più ampio 70. Dall’idea iniziale di completare la Cour Carrée con la facciata verso oriente e di ridisegnare la piazza antistante, si passa, nel , a un
progetto complessivo definito su quattro prospetti. I corpi di fabbrica berniniani avrebbero ‹avvolto› le ali già costruite (fig. ) 71. Era un modo geniale di
aggiornare e dare omogeneità alle forme della grande reggia.
Bernini finisce per configurare un ‹grand dessin› che coinvolge un’area molto vasta che include anche uno spettacolare teatro doppio all’antica a cerniera
tra il palazzo del Louvre e quello delle Tuileries. Gli viene chiesto, inoltre, di
rendere monumentale un ponte in pietra che avrebbe collegato la nuova reg-
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
. Giovan Lorenzo Bernini e Mattia de Rossi, Progetto per il Louvre, pianta del primo piano degli
edifici della Cour Carrée; in alto a destra, la cappella ovale, dopo il ottobre , penna e
inchiostro bruno, inchiostro sfumato bruno e giallo su tratti, × mm. Parigi, Museo del
Louvre, Département des Arts Graphiques, inv. CPVA .r (foto RMN-Grand Palais, Musée du
Louvre/L. Chastel)
gia con la riva sinistra della Senna e potenziato il legame visivo, funzionale e
simbolico tra palazzo e città 72. Infine, poco prima della partenza, nell’ottobre
del , Colbert sollecita Bernini perché progetti una cappella annessa al
Louvre, tale da servire anche come chiesa parrocchiale per il quartiere 73.
Chantelou racconta come Bernini esegua i disegni:
«M. Colbert gli ha parlato della piazza davanti al Louvre. Allora il Cavaliere ha afferrato un pezzo di carbone e l’ha disegnata sul pavimento; preso il suo compasso,
marcata una distanza pari ad una volta e mezzo l’altezza della facciata, ha affermato
che quella distanza era sufficiente per vederla perfettamente e che la piazza avrebbe
avuto molte tese in più. Inoltre, poiché la chiesa di Saint-Germain [l’Auxerrois] si tro-
DANIELA DEL PESCO
vava da un lato, ciò dava la possibilità di realizzare una grande strada di dieci o dodici
tese proprio di fronte all’entrata principale del Louvre, dalla quale ci si sarebbe potuti
allontanare a volontà per vedere la facciata. Ha segnato, quindi, due archi di cerchio
per delineare i lati della piazza» 74.
Un mese dopo, ricorda:
«ho trovato il Cavaliere intento a lavorare al busto [...] Il signor Mattia stava lavorando al disegno di un teatro da costruire nel centro dello spazio tra il palazzo delle
Tuileries e il prospetto della corte delle cucine [ad ovest]» 75, due giorni dopo, Sua
Maestà osserva «il disegno dell’anfiteatro che il signor Mattia stava preparando» 76.
Le testimonianze scritte mostrano come il ruolo di Mattia sia costante nei
progetti francesi di Bernini. I suoi elaborati servono a presentarli ma, ancora
prima, a definirne, in modo preciso, le dimensioni e rapporti proporzionali.
Quelli che Brauer definisce nel suo catalogo «disegni di bottega», riferendosi,
per Parigi, ai fogli di Mattia, possono essere considerati a pieno titolo elaborati
berniniani 77. Al paziente lavoro di de Rossi si devono anche le piante di presentazione dei progetti per il Louvre con gli inserti acquarellati per distinguere
le diverse fasi di costruzione 78. Tuttavia, sappiamo che, talvolta, al suo lavoro si
sovrappone qualche ritocco autografo del maestro. Osservando la facciata est
del primo progetto per il Louvre, presentato a Luigi XIV nel – mirabile
per gli scorci in profondità orientati con una straordinaria varietà di angolazioni (fig. ) 79 –, e esaminando il prospetto verso il fiume redatto da Mattia nel
/ (fig. ) 80, i tratti della penna e dell’inchiostro bruni, così come le
campiture appaiono di straordinaria qualità. Chantelou documenta che Bernini non esita a inserire nei disegni di Marot, preparati per le incisioni, ombreggiature 81 al fine di accentuare i contrasti chiaroscurali, elemento essenziale di
un’architettura concepita innanzitutto come immagine.
Inoltre, quando Marot presenta il prospetto orientale del Louvre del
destinato alla stampa, Bernini rimane «contrariato dal fatto che vi avesse inserito i due Ercoli che avrebbe voluto disegnare di sua mano» 82. Anche per il
Louvre il Cavaliere non tradisce il suo piacere più radicato e autentico, quello
di essere scultore. Lo constatiamo per lo straordinario elemento del basamento a scogliera del quale il maestro «ha annunciato che avrebbe sbozzato qualche pezzo [...] per lasciarlo come modello» 83.
Questa divisione di competenze accompagna tutto il lavoro di Bernini: ad
esempio, egli vede l’attività teatrale come esito di almeno tre talenti: quello
dell’inventiva e delle idee, quello di chi è capace di metterle in opera e quello
di chi si intende di macchine 84. E proprio dal campo teatrale abbiamo una testimonianza grafica del Bernini parigino, ripresa probabilmente da un suo
schizzo (fig. ), che illustra le critiche alla salle des Machines di Carlo Vigarani. La sala gli appare avere «una profondità due o tre volte maggiore e una larghezza due volte inferiore al necessario, [e] ne ha dato la dimostrazione» 85. Infatti, nei manoscritti del Journal, un piccolo disegno evidenzia le obiezioni di
Bernini a una visione dello spettacolo da un punto di vista privilegiato centrale
e ad una scena di larghezza ridotta, dotata di profondità eccessiva quale quella
del teatro delle Tuileries. L’area utilizzata al piano terra del palazzo misurava,
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
. Giovan Lorenzo Bernini e Mattia de
Rossi, Prospetto del primo progetto,
, matita e inchiostro marrone su
carta, × mm, particolare.
Parigi, Museo del Louvre,
Département des Arts Graphiques,
Cabinet des dessins, inv. CPVA .r
(foto RMN-Grand Palais, Musée du
Louvre/M. Bellot)
. Giovan Lorenzo Bernini e Mattia de
Rossi, Progetto per il Louvre, ,
variante, prospetto sud verso la
Senna, penna e inchiostro nero,
inchiostro sfumato grigio, su tratti in
mina di piombo, × mm,
particolare. Parigi, Museo del Louvre,
Département des Arts Graphiques,
inv. CPVA .r (foto RMN-Grand
Palais, Musée du Louvre/L. Chastel)
DANIELA DEL PESCO
. Giovan Lorenzo Bernini, La Salle des machines alle Tuileries, schizzi che visualizzano le critiche
di Bernini a Vigarani, disegno, penna su carta, da Paul de Chantelou, Journal, Parigi, Institut
Néerlandais, Fondation Custodia, coll. Frits Lugt , fol. (foto autore)
infatti, × metri. Vigarani aveva riservato al pubblico uno spazio lungo
metri, mentre i restanti erano occupati dalla scena. Queste proporzioni erano accentuate dalle monumentali costruzioni prospettiche dei fondali e delle
quinte. Esse non stupivano gli spettatori francesi abituati ad assistere a rappresentazioni nelle sale dei Jeux de Paume che avevano dimensioni allungate analoghe 86. Bernini ritiene, invece, che
«per la prospettiva delle candele occorresse uno spazio di non più di ventiquattro
piedi di profondità; questo spazio era sufficiente per far vedere scorci all’infinito, se si
utilizzavano bene le luci. Inoltre, bisognava evitare di realizzare rappresentazioni che
richiedono di essere osservate da un solo punto di vista.[...] Ha affermato che era meglio adattarle alle dimensioni che permettessero di ottenere effetti di immediatezza e
di vivacità necessari per farle apparire belle, piuttosto che farle molto più grandi, ma
lente da percepire e fredde» 87.
Le ingegnose e pesanti macchine che rendevano spettacolare il fastoso teatro di Vigarani risultano assolutamente estranee alla suggestione scenica perseguita da Bernini, basata su effetti illusionistici ottenuti con elementi naturali
(luci, suoni, mimica degli attori, ecc.).
Infine, ancora due riflessioni sulle tecniche di comunicazione usate da Ber-
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
nini per i suoi progetti architettonici parigini. Bisogna ribadire la circostanza
che egli affida i disegni per il Louvre, redatti da Mattia, a Jean Marot affinché
li traduca in incisione. Evidentemente considera questa tecnica particolarmente efficace, per la serialità che le è propria, al fine di presentare un progetto
che deve avere risonanza europea. Le incisioni del Louvre di Marot, tuttavia,
non registrano un progetto ‹definitivo›: tra piante e alzati, infatti, sono state rilevate incongruenze che mostrano come l’elaborazione della reggia sia, nel
, un grande lavoro in progress 88.
Alla fine del Mattia de Rossi è costretto a ritornare in Francia e realizza due plastici al fine di visualizzare con la massima evidenza le modifiche che
Bernini aveva apportato ai suoi disegni per il Louvre dopo il rientro a Roma.
I modelli di de Rossi sono perduti, ma ne conosciamo le caratteristiche grazie
a Nicodemus Tessin il Giovane, che vuole conoscere i dettagli della reggia
berniniana poiché si appresta a progettare quella di Stoccolma. A tale scopo
nel - Tessin commissiona alcuni rilievi dei plastici, che sono realizzati
a Parigi da François II Francard, un collaboratore dello scenografo Bérain.
Questi disegni, conservati presso il Nationalmuseum di Stoccolma, rivelano un progetto profondamente modificato rispetto alle incisioni di Marot 89.
Si tratta di cambiamenti che rappresentano uno sforzo estremo per venire incontro alle esigenze della committenza: la realizzazione di due dettagliati modelli, la cui esecuzione è impegnativa e costosa, indica che il progetto è finalmente definito.
In conclusione: le testimonianze dei membri della corte di Luigi XIV, come,
ad esempio, Charles Perrault, sostengono generalmente che gli spettacolari
progetti di Bernini sono ideati nella totale indifferenza alle condizioni dei luoghi, alle esigenze individuate dai colleghi francesi e alle richieste dei committenti. In realtà, mi auguro che da questo scritto emerga quanto Bernini fosse
attento all’ambiente e alle finalità che le sue architetture avrebbero dovuto
soddisfare. Mi sembra che gli elementi che emergono dai documenti evidenzino bene che le proposte elaborate in Francia – per Saint-Denis, Val-de-Grâce,
Saint-Cloud, gli hôtels de Lionne e d’Aumont – siano state concepite tenendo
conto delle opere dei confratelli francesi, talvolta con atteggiamento positivo,
come nei confronti di François Mansart, talvolta tracciando una via del tutto
nuova, ma consapevole delle opere degli altri.
Spero di aver illustrato come a Parigi Bernini abbia utilizzato il disegno con
la versatilità a lui consueta. Tuttavia, in una situazione ostile, come quella animata dai costruttori parigini, la circostanza che la definizione di gran parte dei
progetti si sia limitata agli schizzi preliminari e la mancata realizzazione delle
opere, hanno contribuito alla perdita degli elaborati, salvando solo parte dei
disegni per il Louvre, poiché si tratta di documenti ufficiali.
Una notizia poco nota ci pone ulteriori interrogativi sui contributi di Bernini all’elaborazione di un palazzo reale che potesse divenire un modello esemplare. In una lettera del , Lorenzo Magalotti scrive a Cosimo III de’ Medici
che il castello di Versailles, cioè «la casa dessinata alle comodità delle Persone
Reali, non è ridotta perfettamente al suo essere, si và però tuttavia accrescendo
DANIELA DEL PESCO
. Louis Le Vau, progetto per la facciata del castello di Versailles verso la città, , incisione di
Israel Silvestre, da Alexandre Gady, Versailles, la fabrique d’un chef-d’œuvre, Parigi , p.
per renderla capace di tutta la Reale Famiglia, e del suo seguito, con una maestosa prospettiva di facciata disegnata dal Cavalier Bernini, per rendere più cospicuo questo Regio Edificio quando si compisca sul modello» 90.
Quindi, tra le numerose proposte presentate nel / per ingrandire
Versailles 91 vi sarebbe stata una «maestosa prospettiva di facciata» del cavalier
Bernini. La notizia non è del tutto inverosimile: il Cavaliere conosceva il sito
per esserci stato le settembre e, nel -, continuava a intrattenere
rapporti con la Francia percependo, fino al , una generosa pensione accordatagli per il suo contributo alla fondazione dell’Académie de France a Roma
e per la realizzazione della statua equestre di Luigi XIV.
Nel Anthony Blunt, ha rilevato che questo progetto berniniano per
Versailles non è menzionato da altre fonti e ritiene che il narratore citi erroneamente Versailles in luogo del Louvre 92. Le testimonianze di Magalotti sono in
genere attendibili; le sue notizie, registrate nel , sono adeguate a Versailles
che in quel momento era in piena trasformazione. D’altra parte, quell’anno, il
progetto per il Louvre di Bernini era del tutto fuori discussione, essendo stato
ufficialmente rifiutato nel ed essendo state ignorate le sollecitazioni avanzate a suo favore ancora nel .
Nel , Le Vau aggiunge colonnati di ordine dorico con balaustre e statue
all’italiana ai prospetti dei padiglioni laterali della corte d’ingresso di Versailles
(fig. ) 93. Tuttavia, questa composizione italianizzante ebbe breve vita, poiché
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
le coperture piatte costruite da Le Vau furono sostituite con tetti a spioventi
da Jules-Hardouin Mansart dopo il .
Più in generale, possiamo affermare che le idee innovative che avevano caratterizzato i disegni di Bernini per il Louvre ebbero seguito duraturo nell’elaborazione del tema progettuale della reggia da parte degli architetti francesi.
Lo dimostrano le proporzioni monumentali e la copertura piatta della Colonnade della facciata est del Louvre. Ma, ancora di più, il progetto di Le Vau per
Versailles, compiuto nel , recepisce totalmente l’idea di ‹involucro› che
Bernini aveva escogitato per integrare parti antiche e moderne del Louvre,
composizione che riscontriamo nella sua pianta dell’autunno del (fig. ).
L’involucro con tetti a terrazza, nella versione di Le Vau a Versailles, fornisce una risposta molto soddisfacente all’esigenza di Luigi XIV di conservare il
castello di caccia di suo padre, ma al tempo stesso, di realizzare una reggia
moderna, esemplare sullo scenario europeo. Le integrazioni di Jules Hardouin-Mansart nel prospetto verso il giardino confermano l’impostazione di
Le Vau.
In conclusione, il faticoso viaggio di Bernini a Parigi forse non fu un fallimento totale come spesso abbiamo ritenuto.
NOTE
* Desidero ringraziare Tod A. Marder e Marieke von Bernstorff per la cura assidua e amichevole
dedicata all’edizione di questo lavoro.
1
Rudolf Wittkower, La scultura raccontata da Rudolf Wittkower: dall’antichità al Novecento, Torino
1985, pp. 201-228.
2
Paul de Chantelou, Journal de voyage du Cavalier Bernin en France, 1 luglio 1665. Hans Rose, Tagebuch des Herrn von Chantelou über die Reise des cavaliere Bernini nach Frankreich, deutsche Bearbeitung von Hans Rose, Monaco di Baviera 1919; Bernini in Paris. Das Tagebuch des Paul Fréart de
Chantelou über den Aufenhalt Gianlorenzo Berninis am Hof Ludwigs XIV, a cura di Pablo Schneider
e Philipp Zitzlsperger, Berlino 2006; ed. inglese: Diary of the Cavaliere Bernini’s Visit to France, introduzione ed edizione a cura di Anthony Blunt; note di George C. Bauer; trad. Margery Corbett, Princeton, NJ 1985; la più recente edizione francese: Milovan Stanić, Journal de voyage du cavalier Bernin
en France, Parigi 2001. L’edizione critica in italiano (prima versione integrale dai manoscritti dell’Institut de France e dell’Institut Néerlandais di Parigi, qui utilizzata per le citazioni in italiano) è di Daniela del Pesco, Bernini in Francia: Paul de Chantelou e il Journal de voyage du cavalier Bernin en
France, Napoli 2007.
3
Journal 1665 (nota 2), 6 luglio. Vedi anche Daniela del Pesco, «Gian Lorenzo Bernini et Jean Warin, les portraits de Louis XIV: une compétition au service du pouvoir», in La représentation sculpturale du pouvoir, actes du colloque, Parigi, Bibliothèque polonaise, 17 marzo 2016 (in corso di stampa). È possibile che Chantelou abbia sottoposto le opinioni di Bernini a una manipolazione in una
chiave idealistica coerente con la sua conoscenza delle dottrine classicistiche.
4
Sulle difficoltà di eseguire un ritratto in assenza del soggetto, cfr. Stanislao Fraschetti, Il Bernini:
la sua vita, la sua opera, il suo tempo, Milano 1900, p. 222 e, da ultimo, Irving Lavin, Bernini e l’immagine del principe cristiano ideale, Modena 1998, p. 60.
5
In questo caso il disegno svolge un ruolo nel quale le problematiche connesse alla sua bidimensionalità in rapporto alla tridimensionalità della scultura non hanno importanza: Joris van Gastel,
«‹Senza sostanza di corpo?›. Bernini and the Problem of the Sculptor’s Drawing», Sculpture Journal,
24 (2015), pp. 23-35.
6
Heinrich Brauer e Rudolf Wittkower, Die Zeichnungen des Gianlorenzo Bernini, Berlino 1931
(Römische Forschungen der Bibliotheca Hertziana 9/10), p. 129.
7
Sui progetti architettonici di Bernini a Parigi (disegni per il Louvre esclusi): Daniela del Pesco,
«Projets d’architecture du Bernin à Paris en 1665», Art Italies, 22 (2016), pp. 103-122.
DANIELA DEL PESCO
8
Journal 1665 (nota 2), 28 luglio, 2 e 11 agosto, 26 settembre, 1-2 ottobre. Lorenzo Magalotti in
Diario di Francia dell’anno 1668 (Archivio di Stato di Firenze, carte Magalotti, 226, ed. Palermo 1991,
a cura di Maria Luisa Doglio, Palermo 1991, p. 109; vedi anche: Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in Inghilterra Francia e Svezia, a cura di Walter Moretti, Bari 1968), il 17 maggio, riferisce: «[M.de
Sauval] mi ha condotto al Tempio, che è un gran ricinto pieno d’abitazioni coll’antica chiesa dei Templari, affetta, dopo la soppressione di essi, alla religione degli ospedalieri [dell’ordine di San Giovanni
di Gerusalemme] e incorporata al presente al gran priore di Francia, caduto ultimamente nel commendatore di Souvré» (Jacques de Souvré, 1600-1670). Magalotti descrive la chiesa «di architettura
gotica» e ci informa che : «Il gran priore vi fabbrica adesso un palazzo tutto di pietra per sua abitazione, e successivamente per tutti quelli che saranno gran priori dopo di lui. L’edificio è magnifico e comincia ad esser molto avanzato». Il Priorato fu costruito dal 1667 secondo un progetto di Pierre Delisle-Mansart, che conosciamo da tre incisioni di Jean Marot (vedi Jacques-François Blondel, Architecture françoise, vol. 2, Parigi 1752, p. 184; Kristina Deutsch, Jean Marot: Un Graveur d’architecture à
l’époque de Louis XIV, Berlino 2015, p. 464); sul progetto incompiuto per la morte di de Souvré: Germain Brice, Nouvelle description de la ville de Paris, et de tout ce qu’elle contient de plus remarquable,
4 voll., Parigi 1725, vol. 2, p. 90.
9
Journal 1665 (nota 2). Il 28 luglio e l’11 agosto, Chantelou registra le visite di Bernini alla chiesa
dei Carmelitani, dove si trova la statua della Vergine con il Bambino, che gli era stata commissionata,
ma che fu realizzata da Antonio Raggi. La cappella che la custodisce gli appare troppo piccola.
10
Journal 1665 (nota 2), 16 e 28 luglio. La tela di Reni, attualmente al Louvre, risultava poco visibile perché collocata dietro un tabernacolo; il Cavaliere osserva che: «due cherubini [ne] coprivano i
due terzi [e] ha affermato che le suore commettevano un grande errore, perché facevano apparire i
Francesi molto ignoranti dal momento che coprivano con una cosa brutta una delle più belle cose che
si potessero vedere, la quale da sola valeva la metà di Parigi. A suo parere, poiché le due opere si nuocevano a vicenda, bisognava rimuovere o il quadro, o il tabernacolo che, così come stava, risultava
soffocato. Bisognava rialzarlo fino alla sommità dei piedistalli perchè fosse sistemato con dignità e
riempisse lo spazio del quadro che le suore avrebbero potuto spostare e collocarlo nel loro convento
come un gioiello. Ho suggerito al cappellano che sarebbe stato meglio metterlo alla sinistra dell’altare
di fronte al cancello dove avrebbe potuto essere apprezzato sia dalle suore che dal pubblico». Journal
1665 (nota 2), 16 luglio.
11
Era in costruzione l’altare progettato da Le Muet e Le Duc; anche Pierre Mignard aveva fornito
un disegno, apprezzato da Bernini il 22 luglio. Vedi anche Journal 1665 (nota 2), 25 giugno, 3, 4, 5, 8,
28 luglio.
12
Il disegno che rappresenta la Natività (Berlino, Kupferstichkabinett KdZ, 20999r) potrebbe non
essere uno schizzo per l’altar maggiore di Val-de-Grâce proprio per l’orientamento del gruppo e poiché, sul retro, il foglio reca un testo datato 1667, che tuttavia potrebbe essere stato aggiunto successivamente. Fedja Anzelewsky e Peter Dreyer, Vom späten Mittelalter bis zu Jacques Louis David.
Neuerworbene und neubestimmte Zeichnungen im Berliner Kupferstichkabinett, Berlino 1973, p. 83.
Più adeguato al progetto di Bernini è il disegno della Morgan Library di New York, dept. Drawings
and Prints, it. 173 (Peter Dreyer, «A Drawing by Bernini for M and Mme de Chantelou», in The Burlington Magazine, 136, 1994, pp. 603-609).
13
Journal 1665 (nota 2), 22 luglio.
14
Parigi, BnF, ms. it. 2083, fol. 211 in Léon Mirot, «Le Bernin en France», Mémoires de la Société
de l’Histoire de Paris et de l’Île-de-France, 31 (1904), pp. 162-288, qui p. 227; George C. Bauer, «Bernini’s Altar for Val-de-Grâce», in Light on the Eternal City. Observations and Discoveries in the Art and
Architecture of Rome, a cura di Helmuth Hager e Susan S. Munshower, University Park, 1987, pp.
177-187. La soluzione di altare collocato sotto la cupola, prediletta da Bernini a partire dal suo progetto per il baldacchino di San Pietro, era già stata recepita in Francia nei progetti per Val-de-Grâce
di Jacques Lemercier, architetto succeduto a Mansart nel cantiere, che aveva indicato una posizione
centrale simile, se si fa fede a una pianta della chiesa conservata al Nationalmuseum di Stoccolma.
(Alexandre Gady, Jacques Lemercier, architecte et ingénieur du Roi, Parigi 2005, p. 397). Questa disposizione era approvata anche da François Mansart, come risulta dal Journal 1665 (nota 2); cfr. Alexandre Gady, «Bernin et les églises parisiennes: entre dévotion et critique», Confronto, 10/11 (2007/2008)
[2008], pp. 86-96, in part. pp. 92s.
15
Journal 1665 (nota 2), 22 luglio.
16
Journal 1665 (nota 2), 8, 9, 16 ottobre.
17
Journal 1665 (nota 2), 9 ottobre.
18
Il 19 ottobre Bernini suggerisce come alternativa «de placer le tombeau dans l’aile», cioè nel
transetto, ignorando che esisteva un progetto del 1647 per un altare dedicato alla Madonna, che
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
avrebbe costituito uno sfondo monumentale per chi fosse entrato nella chiesa dall’ingresso nord:
Alexandre Gady, «Le mausolée du cardinal de Richelieu», in La Sorbonne, un musée, ses chefs-d’œuvre, a cura di Geneviève Bresc-Bautier, Parigi 2007, pp. 21-34; Geneviève Bresc-Bautier, Le tombeau
du cardinal de Richelieu, in La Sorbonne, un musée, ses chefs-d’œuvre, 2007 (vedi sopra), pp. 51-71.
Bernini aveva già eseguito un disegno di sepoltura per il cardinale nel 1657, cfr. Madeleine LaurainPortemer, «Mazarin et le Bernin: a propos du ‹Temps, qui découvre la vérité›», Gazette des BeauxArts, 74 (1969), pp. 185-200, qui p. 196, n. 11. Tra vari progetti proposti, dopo il 1675 fu realizzato
quello di François Girardon. Nel suo Diario di Francia dell’anno 1668, alla data del 19 maggio, Lorenzo Magalotti dà una descrizione accurata e precisa del convento della Sorbonne e, a proposito della sepoltura del cardinale, afferma: «Davanti all’altare maggiore v’è in terra il corpo del cardinale Richelieu, non altrimenti notato con altra iscrizione che colla mancanza del pavimento da tutto quello
spazio che va occupato dalla sua sepoltura, di cui non v’è chi si pigli pensiero alcuno»; MAGALOTTI
1991 (nota 8), pp. 125s.
19
L’Architecture française, ou Recueil des plans [...] des églises, palais, hôtels et maisons particulières
de Paris [...] par Jean Marot (1619-1679), et Marot fils, publié par P.-J. Mariette, Parigi, [1727/1751],
foll. 101v, 103r, 104r.
20
Christoph Luitpold Frommel, «La Rotonda dei Valois e le sue radici», in Francesco Primaticcio architetto, a cura di Sabine Frommel e Flaminia Bardati, Milano 2005, pp. 214-227; Sabine Frommel, «La
Rotonda dei Valois a Saint-Denis», in Francesco Primaticcio architetto, 2005 (vedi sopra), pp. 304-317.
21
BnF: Est. Va 438 (fonds De Cotte 64), Est., Va 93, fol., tav. VI, r e v, già Va 206r e v. In Allan
Braham e Peter Smith, François Mansart, Londra 1973, p. 253, questi disegni di Mansart sono datati
1662-1663. Pensiamo che si possano collocare meglio tra l’inizio del 1664, data della nomina di Colbert a Surintendant des Bâtiments, e l’estate 1665, quando lo stesso Colbert comunica a Bernini che
non intende promuovere la realizzazione di una cappella Borbone di dimensioni gigantesche quale
quella ideata da Mansart. Allan Braham, «Bernini’s Design for the Bourbon Chapel», The Burlington
Magazine , 102 (1960), pp. 443-447; Gianluigi Ciotta, «I progetti per la cappella Bourbon nella chiesa
parigina di Saint-Denis: ipotesi interpretative», Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura, N.S.
1/10.1983/87 (1987), pp. 413-418; François Mansart: le génie de l’architecture, a cura di Jean-Pierre
Babelon e Claude Mignot, Parigi 1998, pp. 260s.; Tod A. Marder, Gian Lorenzo Bernini, Milano
1998, pp. 275s.; Claire Mazel, «Ils ont préféré la croix au trône. Les monuments funéraires des premiers Bourbons», in L’image du roi de François Ier à Louis XIV, a cura di Thomas W. Gaehtgens e Nicole Hochner, Parigi 2006, pp. 169-190; Claire Mazel, Les Monuments funeraires à Paris (1610-1715),
Rennes 2009.
22
Federico Bellini, «Organismi cupolati francesi tra Cinquecento e Seicento: originalità e suggestioni italiane», in La Réception de modèles «cinquecenteschi» dans la théorie et les arts français du
XVIIe siècle, a cura di Flaminia Bardati e Sabine Frommel, Parigi 2010, pp. 289-291.
23
Marcello Fagiolo, «Bernini a Parigi: le Colonne d’Ercole, l’Anfiteatro per il Louvre e i progetti
per la Cappella Bourbon», Confronto, 10/11, (2007/2008) [2008], pp. 104-122.
24
Journal 1665 (nota 2), 28 settembre. L’allineamento chiesa-cappella esterna, richiesto esplicitamente dal surintendant, ricorre diffusamente nei progetti di François Mansart: si riscontra, infatti, nel
suo precedente disegno per la chiesa parigina dell’Oratoire e, in seguito, in quello per Saint-Roch.
Mansart propone piante centriche nelle quali alterna quattro cappelle ovali di grandi dimensioni con
vani circolari minori, estrapolando e ingigantendo la parte presbiteriale del suo progetto per la chiesa
di Val-de-Grâce. Mansart si era misurato con l’elaborazione di piante centriche con cappelle radiali
anche in organismi di dimensioni più piccole come la chiesa della Visitation a Parigi (1632-1634) e la
cappella del castello di Fresnes. È stato ipotizzato che abbia tenuto conto dei numerosi studi Leonardo da Vinci sulla pianta centrale (Parigi, Institut de France, ms. B, foll. 17v, 19r, 22r, 25v; Milano, Biblioteca Ambrosiana, codice Atlantico, fol. 362v B; Londra, British Library, cod. Arundel, foll. 263r,
264v), ma sembra più calzante il riferimento al progetto di Michelangelo per San Giovanni dei Fiorentini, conoscibile anche attraverso l’incisione di Jacques Lemercier del 1607, poiché la pianta della
chiesa romana era stata elaborata tenendo conto dell’esigenza di costruire un edificio che includesse
numerose cappelle sepolcrali che, a Roma, sarebbero state destinate alle famiglie della comunità fiorentina e, in Francia, ai re Borbone. Diversamente che nel complesso processo di elaborazione di Michelangelo per la chiesa romana, nei progetti per Saint-Denis, Mansart viene progressivamente separando lo spazio centrale cupolato da quello delle cappelle radiali. D’altra parte, egli mostra di voler
ottenere un’integrazione di spazi e di luce sulla direttrice verticale, innovando il sistema di cupole sovrapposte su un’imposta quasi continua, con cupola inferiore aperta al centro che gli permette di ottenere magnifici effetti di trasparenza.
25
Journal 1665 (nota 2), 28 settembre.
DANIELA DEL PESCO
26
Matita, acquerello grigio su carta, 395 × 266 mm. Stoccolma, Nationalmuseum (NMH), THC
7041. Sul foglio si osserva il timbro di Hårleman. Una prima argomentazione dell’estraneità del disegno di Stoccolma all’opera di Bernini è in DEL PESCO 2016 (nota 7), pp. 115-118. Altri approfondimenti sui disegni architettonici di Bernini a Parigi saranno pubblicati nella nuova edizione del corpus
di Brauer e Wittkower del 1931, a cura di Tod A. Marder.
27
NMH, THC 8408, progetto per una chiesa a pianta ovale (1738-1754), inchiostro nero, matita,
acquerello su carta, 310 × 520 mm. Proveniente nel 1866 dal Konigl. Museum. Le incisioni di Marot
sono incluse in Recueil des Plans, Profils et Elevations dessignez et gravez par Jean Marot, «Petit Marot», Parigi 1654-1660, Parigi, Bibliothèque Historique de la ville de Paris, 102755, fol. 84, pianta del
progetto con otto cappelle; fol. 79, sezione del progetto con sei cappelle.
28
Museo del Louvre, Département des arts graphiques (ML, DAG), CPVA 217.11. Cfr. Jarl Kremeier, «Unexecuted Results of Unexecuted Ideas: Gianlorenzo Bernini’s Louvre-Chapel and its Reception in France and Germany» in Le Bernin et l’Europe, a cura di Chantal Grell e Milovan Stanić,
Parigi 2002, pp. 107-125 (in part. pp. 109-117). Kremeier segnala la ricezione di questo disegno nel
progetto di Nicodemus Tessin il vecchio per la cappella del castello di Drottningholm presso Stoccolma (1666).
29
Tra i rari esempi italiani di questo tipo di pianta prima del XVIII secolo, possiamo citare il palazzo ducale a pianta quadrata con braccia quadrangolari disposte a croce di sant’Andrea realizzato dagli Estensi a Mesola sul delta del Po (1583).
30
Christophe Gratias, «Le Pavillon d’Anne de Bretagne et les jardins du château de Blois», Les
Cahiers du Léopard d’or, 6 (1997), pp. 131-144. Jean Guillaume, «Amboise, Blois, Gaillon: réflexions
sur les jardins ‹italiens› du début de la Renaissance», in Jardins de châteaux à la Renaissance, a cura di
Élisabeth Latrémolière e Pierre-Gilles Girault, Parigi 2014, pp. 28-37. Flaminia Bardati, «Anne de
Bretagne bâtisseuse: identité et mémoire», in Bâtir au féminin?, a cura di Sabine Frommel e Juliette
Dumas con Raphael Tassin, Parigi 2013, pp. 91-102, qui p. 94; Emanuelle Plumet, «Au Coeur des jardins: le pavillon dit d’Anne de Bretagne», in Jardins de châteaux, 2014 (vedi qui sopra), pp. 54-61.
31
Jacques Androuet du Cerceau, Premier [et Second] volume des plus excellents bastiments de France ..., Parigi, 1576-1579, t. II. Il padiglione fu costruito probabilmente dopo il 1499 e terminato nel
1506. Frédéric Lesueur, «Les Jardins du château de Blois», in Mémoires de la Société de sciences et lettres de Loir-et-Cher, t. 18, Blois 1904, p. 251.
32
Potremmo citare, come riferimento italiano, i disegni di Giuliano da Sangallo (BAV, Barb. lat.
4424, fol. 30v) e di Baldassarre Peruzzi (Firenze, Uffizi, 438Ar, e anche 529A) che riproducono l’oratorio di Santa Croce nei pressi di San Giovanni in Laterano a Roma (V secolo, distrutto nel 1586),
che presentano uno spazio centrale ottagonale con quattro cappelle esagonali agli angoli; questa composizione è, tuttavia, iscritta in una pianta quadrata e non a croce di sant’Andrea. Possiamo conoscere
le condizioni del padiglione di Anna di Bretagna, prima e dopo i restauri successivi al suo inserimento
tra gli edifici tutelati, avvenuto nel 1885. In particolare, vale la pena osservare le fotografie del 1888,
conservate presso la Biblioteca di Architettura e del Patrimonio (Charenton-le-Pont) e anche i disegni
di Anatole de Baudot, successore di Félix Duban nel restauro del castello e del padiglione. De Baudot demolì le parti elevate sopra le ali terrazzate e restaurò gli interni.
33
Félibien afferma che «la regina Anna ha costruito l’edificio per essere il suo ritiro, quando ha fatto un voto per avere figli». André Félibien, Mémoires pour servir à l’histoire de maisons royalles...,
1681, Parigi 1874, p. 21. In realtà, Claudia di Francia, figlia di Anna di Bretagna e di Luigi XII, era
nata nel 1499, ma il riferimento di Félibien potrebbe riguardare il desiderio di un figlio maschio, in
grado di garantire la successione.
34
NMH THC 1230, inchiostro grigio, matita, carta su tela, 410 × 430 mm, proveniente dal Konigl.
Museum. Borje Magnuson, «Tessin and Bernini: King Karl Church at Kungsör», Konsthistorisk tidskrif, 64, 2 (1995), pp. 86-98. Nei disegni per Kungsör, Magnuson constata un ductus più vicino ai disegni di Tessin il Vecchio: il progetto sarebbe una rielaborazione del Pantheon, ma anche dell’interpretazione fornitane da Bernini nella chiesa di Ariccia. Tra i riferimenti per Kungsör, Magnuson inserisce
anche il disegno THC 7041 che, accettando l’ipotesi di Allan Braham, ritiene rappresenti le idee di
Bernini per Saint-Denis. Sulla chiesa di Kungsör, cfr. Ragnar Josephson, Tessin, 2 voll., Stoccolma,
1930-1931, vol. 2 (1931), pp. 97s.,136-138; Ingrid Rosell, Kung Karls kyrka i Kungsör, Sveriges kyrkor,
vol. 214, Stoccolma 1992, pp. 9, 29-30; Martin Olin, «Churches and Church Decorations», in Nicodemus Tessin the Younger, Royal Architect and Visionary, a cura di Mårten Snickare, Stoccolma 2002,
pp. 167-187, in part. pp. 175-179.
35
I disegni attribuiti a Abraham Wijnandtz Swanskiöld (1644-1709) per la chiesa del re Carlo XI a
Kungsör sono: 1) pianta, NMH THC 1230; 2) sezione, NMH THC 1231; 3) prospetto, NMH THC
1232. (Martin Olin e Linda Henriksson, Architectural Drawings I, Ecclesiastical and Garden Architec-
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
ture, Stoccolma 2004, pp. 88s.). Swanskiöld eseguì un gran numero di disegni di palazzi e ville di Roma e dintorni, conservati presso il Nationalmuseum di Stoccolma.
36
Stoccolma, Nationalmuseum, NMH THC 1225, disegno a matita su carta, 400 × 300 mm,
O LIN /H ENRIKSSON 2004 (nota 35), p. 67. Olin e Henriksson pubblicano anche un disegno
(OLIN/HENRIKSSON 2004, p. 79), attribuibile a Tessin il Vecchio (1615-1681), per una chiesa a pianta
ottagonale con un presbiterio quadrato che Osvald Sirén nel 1912-1913 (Gamla stockholmhus af Nicodemus Tessin d. ä, och några samtida byggnader, I-II, Stoccolma 1912-1913, p. 26, fig. 16), seguito
da Kristoffer Neville (Nicodemus Tessin the Elder: Architecture in Sweden in the Age of Greatness,
Turnhout 2009, pp. 161s.), ritengono essere un progetto per la chiesa di Järlåsa presso Uppsala. Sulle
chiese a pianta centrale in Svezia, in particolare sulla chiesa di Karlskrona di Tessin il Vecchio, che
presenta una forma a croce con una rotonda al centro, vedi JOSEPHSON 1931 (nota 34), pp. 119s.;
Gerhard Eimer, «Romerska centraliseringsidéer i Sveriges barocka kyrkobyggnadskonst», a cura di
Sten Karling et al. (Konsthistoriska studier tillägnade), Stoccolma 1966, pp. 145-147; Peter G. Hamberg, Temples for Protestants: Studies in the Archtitectural Milieu of the Early Reformed Church and of
the Lutheran Church, (1 ed. 1955), Göteborg 2002.
37
Sullo sviluppo urbanistico delle città svedesi: Gerhard Eimer, Die Stadtplanung im Schwedischen
Ostseereich 1600-1715, Stoccolma, 1961, pp. 360s, 460.
38
OLIN 2002 (nota 34), pp. 168, 179-181. Questo progetto fu abbandonato a favore di un impianto longitudinale.
39
Journal 1665 (nota 2), 26 luglio, 2 agosto. Il 18 agosto 1665 il duca prega Chantelou di chiedere
un progetto a Bernini.
40
Journal 1665 (nota 2), 4 ottobre.
41
Sul modello di Francesco Maria Borzoni detto Bourson (1625-1679), cfr. Journal 1665 (nota 2),
4 e 17 ottobre, data alla quale Bernini afferma con chiarezza che il suo progetto si riferisce al Grand Jet.
42
Journal 1665 (nota 2), 10 ottobre.
43
Una planimetria pubblicata da Hautecoeur dimostra che una cascata esisteva già quando il parco
di Saint-Cloud apparteneva alla famiglia Gondi.
44
Gerold Weber, Brunnen und Wasserkünste in Frankreich im Zeitalter von Louis XIV, Worms
1985, pp. 250-257.
45
Jules Hardouin-Mansart 1646-1708, a cura di Alexandre Gady, Parigi 2010, p. 341. In disegni
conservati presso il Nationalmuseum di Stoccolma, appartenuti a Nicodemus Tessin il Giovane e a
Johan Hårleman, possiamo osservare i bacini introdotti da Jules Hardouin Mansart (vedi, in particolare, la pianta NMH THC 223 realizzata da J-B. Le Blond verso il 1699). Due disegni del ML, DAG,
rappresentano la Grande Cascade prima (inv. 34210) e dopo gli interventi di Mansart (inv. 34245). Antoine-Joseph Dezallier d’Argenville, in Vies des fameux architectes depuis la renaissance des arts avec la
description de leurs ouvrages, 2 voll., Parigi, 1787, vol. 1, pp. 355-370 descrive la cascata nel 1787: «La
partie inférieure de la cascade [...] est élevée en fer a cheval arrondi et se termine par un canal de 270
pieds de long sur 96 dans sa plus grande largeur. En raccordant cette partie avec l’ancienne, Mansart
a si bien ménagé le peu d’espace qui lui restait qu’elles paraissent liées quoique une allée les sépare».
46
Le strutture di Le Pautre sono state ulteriormente appesantite per la collocazione di statue in
conseguenza di cicli di restauri a partire dal 1730-1734 fino al 1972-1975.
47
Robert W. Berger, Antoine Le Pautre: a French architect of the era of Louis XIV, New York 1969,
p. 59.
48
Andre Le Nôtre in Perspective, a cura di Patricia Bouchenot-Déchi e Georges Farhat, New Haven 2013.
49
Journal 1665 (nota 2), 18 e 20 luglio. Catherine Scarron, dal 1629 moglie di Antoine d’Aumont,
marchese de Villequier, maresciallo di Francia (1651), governatore di Parigi (1662), duca e pari
(1665). I lavori di ricostruzione della dimora nell’area sud del Marais (7, rue de Jouy) erano stati commissionati dal padre di Catherine, Michel-Antoine Scarron, che nel 1655 lascia alla figlia risorse economiche che le permetteranno di gestire gli acquisti di terreni e di immobili per ampliare la propria
casa. L’Hôtel d’Aumont, molto trasformato, attualmente è sede del «Tribunal administratif de Paris».
50
Alexandre Cojannot, Louis Le Vau et les nouvelles ambitions de l’architecture française 16121654, Parigi 2012, p. 245.
51
L’Hôtel d’Aumont è rappresentato nelle incisioni di Jean Marot che fanno parte della prima edizione della sua raccolta, databile 1656/1659. Registrano, quindi, un impianto precedente alla visita di
Bernini del 1665. La scritta «hôtel d’Aumont», che vi si legge, indica che risalgono a una data successiva al 1655, morte del proprietario precedente, Scarron. Le illustrazioni di Marot sono riportate anche in BLONDEL 1752-1756 (nota 8) vol. 4, tomo 6, tavv. 4, 5. Egli afferma che «Tous ces desseins répresentent l’Hôtel d’Aumont tel qu’il étoit exécuté avant que François Mansard fut chargé de sa re-
DANIELA DEL PESCO
stauration» e che gli interventi di Mansart «ne consistent effentiellement que dans le grand escalier
qu’il y a fait construire à neuf». Queste affermazioni sono inesatte. Alexandre Cojannot (COJANNOT
2012 [nota 50], pp. 244s.) sulla scorta di Alexandre Gady («Les Hôtels d’Aumont et de Miramion,
oeuvres de François Mansart?», in Mansart et compagnie, a cura di Claude Mignot, Parigi 1999, pp.
100-112), concorda nell’attribuire a François Mansart la prima fase della costruzione avviata da Michel-Antoine Scarron nel 1631, che riguarda la realizzazione dell’ala sinistra, l’inizio del corpo principale fino alla terza campata, il piccolo cabinet sul giardino, l’ala di entrata sulla strada e l’inizio dell’ala destra che si osservano nella pianta di Marot. Nel 1649 l’imprenditore Michel Villedo è pagato da
Scarron 19.412 livres. COJANNOT 2012 (nota 50) chiarisce il contributo di Louis Le Vau, che avrebbe
creato sul fronte verso il giardino una camera di luce larga circa metri 1,90 per illuminare i vani sotterranei delle cantine che furono trasformati in locali di servizio in seguito all’incremento degli abitanti della dimora in occasione del trasferimento della figlia di Michel-Antoine Scarron, Catherine, e
del marito Antoine d’Aumont. Le camere di luce si osservano nell’incisione di Marot del prospetto
sul giardino e nella sezione. Le Vau è pagato 204 livres il 21 gennaio 1650 per disegni «faicts» e «à faire»; probabilmente gli sono attribuibili la sistemazione distributiva e la decorazione dei nuovi appartamenti, dove introduce «alcoves, pièces lambrissées et voussurées de plâtre, plafonds de menuiserie
à renforcement, cheminées encastrées dans les murs» in continuità con i lavori eseguiti all’hôtel de
Villequier. Cfr. COJANNOT 2012 (nota 50), p. 250. Il 1650 è anche il momento nel quale Antoine
d’Aumont affida a Le Brun la decorazione del grande salone al primo piano: le sue proporzioni e la
struttura della volta, attribuibili a Le Vau, sono apprezzate da Bernini il 18 luglio 1665. Dal 1662 al
1671, M. d’Aumont e, in seguito, M.me d’Aumont ampliano la proprietà, circostanza ricordata anche
in BRICE 1725 (nota 8).
52
Augustin-Charles d’Aviler, Cours d’architecture, 1 ed. 1691, 2 voll., Parigi 1738, tav. 63, X,
p. 226.
53
Nel contratto si pattuiscono 5500 livres dalle quali bisognava detrarre 3000 livres per materiali
presenti sul posto, circostanza che confermerebbe l’esistenza di un progetto precedente all’intervento
di Bruant che il 16 novembre 1665 ricevette 2000 livres. Il 12 giugno del 1668 si ha un ulteriore pagamento per opere supplementari, cfr. BRAHAM/SMITH 1973 (nota 21), pp. 267s; Alexandre Gady e
Joëlle Barreau, «La Maison Scarron, puis l’hotel d’Aumont», in François Mansart 1998 (nota 21),
p. 281, riferiscono di un pagamento del 26 giugno del 1665 a Libéral Bruant per lo scalone d’onore
nell’ala destra. L’inventario del 1669 (Inventaire apres le deces d’Antoine d’Aumont, Archives nationales, Minutier central: LXXV, 142, 28 gennaio 1669) documenta i lavori, vedi Alexandre Gady, «Une
relecture monumentale de l’hotel d’Aumont, 7, rue de Jouy», Bulletin de la Société de l’Histoire de Paris et de l’Île-de-France, 1991, pp. 183-214. Prima di questi studi, Braham e Smith sulla scorta di D’Aviler attribuiscono lo scalone a François Mansart, cfr. BRAHAM/SMITH 1973 (nota 21), pp. 266-269;
vedi anche Charles Sellier, L’Hotel d’Aumont, Parigi 1903; Anthony Blunt, Art and Architecture in
France: 1500 to 1700, Londra 1953, ed. francese Parigi 1983, pp. 188s. La sua collocazione nel padiglione a destra, sul cortile, era stata fissata già in precedenza come osserviamo nell’incisione di Marot
pubblicata al piú tardi nel 1659. Cfr. anche: Alexandre Gady, Les Hötels particuliers de Paris du
Moyen Âge à la Belle époque, Parigi 2008, pp. 39, 57, 64-66, 71, 76, 86, 92s., 99, 102-104, 107, 114,
117, 127, 131, 133, 152, 157, 164, 186s., 257, 270, 282, 288.
54
L’Hôtel de Lionne, rue Neuve-des-Petits-Champs, fu costruito dal 1661. Vedi Journal 1665 (nota 2), 17, 20 agosto; 2, 20, 28 settembre. Sugli interventi ideati da Bernini, cfr. Sandrina Bandera Bistoletti «Lettura di testi berniniani: qualche scoperta e nuove osservazioni; dal ‹Journal› di Chantelou
e dai documenti della Bibliothèque Nationale di Parigi», Paragone/Arte, 36 (1985), n. 429, pp. 43-76,
in part. pp. 51-56; GADY 2008 (nota 53), pp. 32, 68, 73, 75, 82, 84, 142, 149, 244, 268. Quattro incisioni del «Grand Marot» illustrano l’hôtel de Lionne (varie edizioni: 1686, 1695/1699, 1727, 1751):
1) Perspective de la maison de l’Hostel de Lyonne, bastie à Paris, du desseing de Monsieur Le Vaux architecte du roy, che illustra l’alzato dell’entrata e delle ali sul cortile principale ; 2) prospetto verso il
giardino; 3) sezione dell’interno del cortile; 4) pianta del piano terra. Un’analisi della documentazione
grafica relativa all’Hôtel de Lionne e alla realizzazione dei suggerimenti di Bernini è nel saggio di Daniela del Pesco sui disegni architettonici da lui realizzati a Parigi, redatto per la nuova versione del
corpus di disegni edito da Brauer e Wittkower nel 1931 (a cura di Tod A. Marder) in preparazione;
vedi anche DEL PESCO 2016 (nota 7), pp. 108-111.
55
Journal 1665 (nota 2), 17 agosto.
56
Journal 1665 (nota 2), 17 agosto.
57
In Marot lo scalone prende luce da tre finestre in asse con le rampe. Questa disposizione non
corrisponde a quanto Bernini vede il 19 agosto 1665. Nei disegni del 1703 (fig. 22), le finestre dello
scalone d’onore sono due e in asse con le rampe laterali.
I DISEGNI DI BERNINI PER PARIGI
58
La BnF (Département des Estampes et de la Photographie, Réserve Ha 18 [27, 28]) conserva
un’ampia raccolta di rilievi dell’Hôtel Pontchartrain, datati 1703: (Différents plans relatifs à l’Hôtel
de Lionne-Pontchartrain, rue des Petits-Champs), Robert de Cotte, 754, 754b, 754c, 755, 756, 757,
758, 760, 761, 762, 2521, 2521b, 2521c (per i dettagli su questi disegni, vedi DEL PESCO 2016 [nota 7], pp. 120s.).
59
Journal 1665 (nota 2), 20 agosto.
60
Arch. nat., Min. centr., CXII, 104, contratto tra Hugues de Lionne e Pierre Caudoux, 26 aprile
1664; cfr. Jerome Cras, Hugues de Lionne, 1611-1671, tesi di diploma, Paris, ENC, [s.l.], [s. n.], 1995,
p. 263, n. 35; Clémence Pau, L’hôtel de Lionne, tesi di dottorato, Parigi-Sorbonne 2017.
61
BnF, ms. it. 2083, fol. 103, lettera di Mattia de Rossi a Bernini, 7 gennaio 1667, cit. in BANDERA
BISTOLETTI 1985 (nota 54), pp. 51s. Mattia informa anche che la balaustra sul tetto verso il cortile
suggerita da Bernini non è stata realizzata perché ritenuta da de Lionne troppo costosa.
62
BnF, Département des Estampes et de la Photographie, Réserve Ha-18 (28), Des 18 Cotte
[Différents plans relatifs à l’Hôtel de Lionne-Pontchartrain, rue des Petits-Champs], Robert De Cotte
760, «mise au net de la coupe transversale du corps de logis, avec esquisse d’une boiserie».
63
BnF, Département des Estampes et de la Photographie, (Différents plans relatifs à l’Hôtel de
Lionne-Pontchartrain, rue des Petits-Champs [come sopra]), Robert de Cotte, 2521, «autre relevé du
rez-de-chaussée».
64
Il portico, che si osserva nel rilievo del 1703 citato nella nota precedente, è descritto in Germain
Brice, Description nouvelle de ce qu’il y a de plus remarquable dans la ville de Paris, Parigi 1698, t. 1,
p. 290: «L’hôtel de Lionne, bâti par Hugues de Lionne, Secrétaire d’État pour les Affaires étrangères,
& l’un des plus habiles hommes de son temps dans les négociations délicates. Il fit élever cette Maison de fond en comble, sur les desseins de Le Vau, qui n’oublia rien pour répondre à l’attente que
l’on avait conçue de lui. Les dedans de la cour sont ornés d’architecture, & le fond particulièrement
est terminé par une espèce de portique, formé par quatre colonnes doriques. Mais on ne trouve pas
que la grande porte réponde à tout le reste; ce que l’on doit imputer au mauvais goût de celui qui
après la mort de le Vau en a donné le dessin, qui n’était pas fort versé dans l’Architecture».
65
Journal 1665 (nota 2), 19 ottobre.
66
Journal 1665 (nota 2), 17 agosto: «Quanto alla sala principale, che aveva un’elevazione eccessiva,
ne ha fatto prendere la larghezza e ha detto che sarebbe stata opportuna la stessa misura per l’altezza.
Quando ha riscontrato che era alta circa tre piedi più della larghezza, ha dichiarato che il pittore
avrebbe potuto porvi rimedio dipingendo le figure un po’ più grandi di quanto avrebbe fatto se la
stanza fosse stata [ben] proporzionata».
67
Queste incisioni furono messe insieme probabilmente verso il 1686; nuove edizioni furono realizzate da Mariette nel 1727 e nel 1738.
68
In Journal 1665 (nota 2), 17 agosto, Bernini giudica anche «molto mal eseguite le due teste di
leone che stavano all’interno dell’ingresso principale. Ha consegnato un piccolo disegno per migliorarne la forma e uno schizzo della balaustra che propone di collocare sopra il cornicione in corrispondenza dei lucernai e ha aggiunto che essa non era necessaria dalla parte del giardino».
69
Journal 1665 (nota 2), 20 agosto. Le critiche riguardano i differenti livelli dei pavimenti delle
stanze e l’eccessiva quantità di legno inclusa nei solai che provoca costi elevati e lesioni nei muri di
appoggio. Il Cavaliere rileva anche che nelle fondazioni dell’appartamento di M. de Lionne non vi è
calce (Journal 1665, nota 2, 20 settembre). Altre critiche sono avanzate da Carlo Vigarani che afferma
che il padiglione verso la scuderia grande, appena costruito, minaccia di crollare (Journal 1665, nota
2, 23 agosto).
70
Per il cantiere del Louvre, vedi i riferimenti e la bibliografia in Histoire du Louvre, a cura di Geneviève Bresc-Bautier, 3 voll., Parigi, 2016, vol. 1: Des Origines à l’heure napoléonienne, a cura di
Geneviève Bresc-Bautier e Guillaume Fonkenell.
71
Musée du Louvre, Département des Arts graphiques, CPVA 217.11.
72
Journal 1665 (nota 2), 7 ottobre.
73
Vedi anche nota 28 e la parte dedicata alla cappella del Louvre nel paragrafo sul disegno THC
7041 in questo stesso articolo.
74
Journal 1665 (nota 2), 15 luglio.
75
Journal 1665 (nota 2), 12 agosto; vedi anche 13, 21 agosto.
76
Journal 1665 (nota 2), 14 agosto. Alexandre Gady, Le Louvre et les Tuileries: la fabrique d’un
chef-d’œuvre, Parigi 2015.
77
BRAUER/WITTKOWER 1931 (nota 6), pp. 10s.; Irving Lavin, in Drawings by Gianlorenzo Bernini
from the Museum der Bildenden Künste Leipzig (catalogo della mostra), a cura di Irving Lavin e Pamela Gordon, Princeton 1981, pp. 20s. e 154, n. 22, afferma, sulla scorta di Chantelou, che Bernini
DANIELA DEL PESCO
potrebbe aver tracciato di persona e ombreggiato con l’acquerello gli elementi scultorei inseriti in disegni di strutture architettoniche eseguiti dalla bottega. In grafici, come il progetto per il monumento
di Filippo IV a Santa Maria Maggiore (BAV, Chigi, P VII 10, fol. 45) o per la navata di Santa Maria
del Popolo (Leipzig 8925), gli elementi scolpiti sono delineati in ogni particolare su disegni architettonici sommari.
78
Musée du Louvre, Département des Arts graphiques, CPVA 217.3r (piante del primo progetto);
CPVA 217.11 (pianta elaborata nell’ottobre 1665).
79
Musée du Louvre, Département des Arts graphiques, CPVA 217.4r.
80
Musée du Louvre, Département des Arts graphiques, CPVA 218.62r.
81
Journal 1665 (nota 2), 1 luglio, Bernini ombreggia il disegno del cortile delle cucine (ovest), preparato da Mattia de Rossi; il 3 ottobre, ombreggia la facciata sul cortile nell’incisione di Marot.
82
Journal 1665 (nota 2), 24 settembre.
83
Journal 1665 (nota 2), 29 settembre.
84
Journal 1665 (nota 2), 8 ottobre, cfr. DEL PESCO 2007 (nota 2), Introduzione, cap. 2.4. Elena
Tamburini, Gian Lorenzo Bernini e il teatro dell’arte, Firenze 2012, pp. 81s.
85
Journal 1665 (nota 2), 26 luglio. Lo schizzo si osserva sul fol. 451 del ms. del Journal conservato
presso la biblioteca dell’Institut de France (ms. 2105) ed è ripetuto anche alla fine del manoscritto. Si
osserva anche nella versione del Journal conservata presso l’Institut Néerlandais, Parigi, Fondation
Custodia, coll. Frits Lugt 9170, fol. 439.
86
Elvira Garbero Zorzi, «Classicismo e barocco nella salle des comédies et ballets aux Tuileries di
Gaspare Vigarani», in Il barocco romano e l’Europa, a cura di Marcello Fagiolo e Maria Luisa Madonna, Roma 1992, pp. 802-814; Jerôme de la Gorce, Carlo Vigarani intendant des plaisirs de Louis XIV,
Versailles 2005; Daniela del Pesco, «Gian Lorenzo Bernini e Carlo Vigarani alla corte di Luigi XIV»,
in Gaspare e Carlo Vigarani, Dalla corte degli Este a quella di Luigi XIV (Atti del convegno Versailles
2005), a cura di Jerôme de la Gorce e Walter Baricchi, Cinisello Balsamo 2009, pp. 205-218.
87
Journal 1665 (nota 2), 26 luglio.
88
Cristina Deutsch, «Gian Lorenzo Bernini, Jean Marot et Paul Fréart de Chantelou: La suite du
Louvre dans le Grand Marot», Confronto, 10/11 (2007/2008) [2008], pp. 123-132.
89
Daniela del Pesco, «Bernini’s Last Project for the Louvre: the Designs in the Nationalmuseum»,
Art Bulletin of Nationalmuseum Stockholm, 17 (2010), pp. 89-96; Daniela del Pesco, «Modelli architettonici nel Seicento: finalità, successi e fallimenti», in: Les Maquettes d’architecture, a cura di Sabine
Frommel e Raphaël Tassin, Parigi 2015, pp. 189-198; Daniela del Pesco, «Les Maquettes du Bernin
pour le Louvre: l’échec d’une difficile séduction», in La Maquette. Un outil au service du projet architectural, a cura di Guy Amsellem, Mireille Grubert, Parigi 2015, pp. 71-79.
90
Corrispondenza del 1669 tra Lorenzo Magalotti e Filippo Corsini (Mediceae Palat., Cod.
CXXIII, Cosmi III, M.E. Principis iter per Europam voluminibus II ...,Codices chartacei MSS. Italici
in folio atlantico, sec. XVII, quorum primus constat foliis 162. Alter foliis 270, copia Firenze, BBCF,
fondo Nazionale II III 430). Il manoscritto attesta le relazioni con la Francia del futuro granduca Cosimo III. Nel 1661, Cosimo aveva sposato Margherita Luisa, figlia maggiore di Gaston, duca
d’Orléans, fratello di Luigi XIII. Le cattive relazioni familiari furono spesso la causa di lunghi viaggi
di Cosimo in Europa. La notizia concernente Versailles si trova in Leonore Pühringer-Zwanowetz,
«Ein Entwurf Berninis für Versailles», Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, 29 (1976), pp. 101-119,
che rileva che questo progetto berniniano per Versailles non è menzionato da altre fonti e ritiene che
il narratore citi erroneamente Versailles in luogo del Louvre.
91
Journal 1665 (nota 2), testo allegato al manoscritto 2105 dell’Institut de France, databile dopo il
23 giugno 1668. Nel 1668, a Versailles, Le Vau inserì l’antico castello di caccia in due nuovi corpi di
fabbrica, a nord e a sud, collegati dal lato del parco da una terrazza che si snodava davanti alla facciata già esistente, modificata poi da Jules Hardouin-Mansart.
92
Antony Blunt , Art et architecture in France, ed. francese, Parigi 1999, p. 293, n. 16.
93
Alexandre Gady, Versailles, la fabique d’un chef-d’oeuvre, Parigi 2011, p. 47 e in part. p. 97; Daniela del Pesco, «Le Palais ‹pour un roi d’aujourd’hui› de Bernin: les toits ‹en terrasse› du Louvre et
de Versailles», in Toits d’Europe, Formes, structures, décors, identités, usages du toit à l’Âge moderne
(actes des VIII Rencontres d’architecture éuropéenne, Parigi, Inha, 2013), a cura di Monique Chatenet e Alexandre Gady, Parigi, 2016, pp. 199-212.