Il caso del Liechtenstein: un nuovo paradigma dell’ordine?
LUIGI PIRRI
INDICE
Introduzione
Breve Storia del Liechtenstein
Il pensiero politico di Hans Von Adam II
La riforma costituzionale del 2003
La legittimazione democratica della monarchia
La costituzionalizzazione del diritto di secessione
Le funzioni dello stato del futuro
Quale paradigma dell’ordine?
Individualismo o olismo?
Universalismo o particolarismo?
Conclusioni
Introduzione
L’odierna crisi degli Stati Sociali occidentali, impossibilitati a mantenere i costi di un generoso welfare ed alle prese con una serissima crisi fiscale e monetaria sovranazionale
Un approfondimento dell’odierna crisi, dell’eurozona, dal punto di vista “austriaco”, si trova in Philipp Bagus, La Tragedia dell’Euro, USEMLAB, 2011 (2010). che ne mina le fondamenta, impone una riflessione approfondita sul ruolo che, nel futuro, lo Stato dovrà occupare nell’economia e, più in generale, nella sfera privata dell’individuo.
A questo proposito, vi è una parte crescente della dottrina giuridica
Per una prima trattazione dell’argomento: Carlo Lottieri, Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul diritto e sul mercato, Liberilibri, Macerata, 2001. ed economica, nonché dell’opinione pubblica
Una prova dell’importanza crescente che sta acquisendo il libertarismo nell’agenda politica attuale è, per esempio, l’articolo pubblicato con il titolo “Libertarians Rising”, nella sezione Saggi della prestigiosa rivista Time, 29 ottobre 2007, p. 112 (Kinsley 2007)., che propone il superamento della stessa concezione moderna della “sovranità”
Intendendo, con tale termine, «quel potere assoluto e perpetuo ch'è proprio dello Stato». Jean Bodin, I sei libri dello Stato, a cura di M. Isnardi Parente, Utet, Torino, 1964, libro I, cap. 8, p. 345 (1576). e quindi un ripensamento dell’intero diritto pubblico, attraverso una trasformazione in senso “privatistico” ed autenticamente federale e concorrenziale dell’odierno Stato nazione.
Vediamo come il principato del Liechtenstein e l’intero pensiero politico-giuridico del Principe Hans Adam II, si prestano, in buona misura, a fungere da paradigma di realizzazione concreta di una simile prospettiva.
Breve Storia del Liechtenstein
Le prime notizie certe sugli abitanti della regione risalgono ad alcuni scrittori romani. A quei tempi, il territorio era occupato dai reti, secondo alcuni di razza etrusca e secondo altri galli cisalpini rifugiatisi nelle vallate interne alpine, in seguito alle invasioni nella pianura padana. In quanto compreso nella provincia retica, in epoca romana il paese era attraversato dalla strada militare che univa Coira nei Grigioni a Bregenz sul lago di Costanza.
Dopo il disfacimento dell’impero romano, la regione rimase a lungo isolata (sebbene i romani ne avessero curato i collegamenti) e, fino all’età moderna, cristallizzata nella chiusa economia feudale.
Il territorio che costituisce lo Stato del Liechtestein fu abitato in origine dai reti e successivamente dagli alamanni. In epoca medievale appartenne alle famiglie Monfort, Brandis, Sulz e Honenems, finchè nel 1342 Hartmann I, appartenente all’antica famiglia austriaca di Liechtenstein (il cui capostipite fu Ugo) divenne signore di Vaduz. La formazione di un principato di signori autonomi in questo piccolo territorio montano, risale all’epoca feudale, allorché un ramo dei conti Werdenberg - Sargans stabilì la propria residenza a Vaduz. Più tardi, nel 1434, la signoria di Vaduz si fuse con quella di Schellenberg e, da allora, le due signorie furono legate alla stessa sorte
L’attuale dinastia, quindi, prende il nome dall’omonimo Castello della Bassa Austria, che la famiglia possedette nel XII secolo e dal 1807 in poi. Essa, però, non riuscì mai ad ottenere un posto nella dieta imperiale, poiché le vaste aree acquistate (prevalentemente in Moravia e Bassa Austria), furono tenute in feudo sotto altri signori, cui i principi del Liechtenstein facevano da consiglieri.
La grande ambizione al seggio del governo imperiale spinse la dinastia ad acquistare, rispettivamente nel 1699 e nel 1712, il minuscolo Herrschaft (“signoria”) di Schellenberg e la contea di Vaduz.
Così, il 23 gennaio 1719, Carlo VI decretò l’unione di Vaduz e Schellenberg, elevando il territorio a Fürstentum (Principato) con il nome di “Liecthenstein”, in onore del suo servitore Anton Florian del Liechtenstein. È in questa data che il Liechtenstein diventa uno stato membro del Sacro Romano Impero.
Nel 1806, gran parte del Sacro Romano Impero venne invaso da Napoleone; l'Imperatore Francesco II abdicò. Come risultato dello scioglimento imperiale, il Liechtenstein cessò di avere ogni obbligazione verso l'Impero e nello specifico verso l'Austria. Dal 25 luglio 1806, quando la Confederazione del Reno venne fondata, il Principe del Liechtenstein ne fu membro, vassallo de facto, come tutti gli altri stati aderenti, dell'Imperatore Napoleone Bonaparte, sino alla dissoluzione della Confederazione il 19 ottobre 1813.
Poco dopo, il Liechtenstein aderì alla Confederazione tedesca (20 giugno 1815 – 24 agosto 1866, che era presieduta dall'Imperatore d'Austria).
Allo scoppio della Guerra Austro Prussiana, nel 1866, vennero realizzate nuove pressioni sul Liechtenstein e quando la pace venne firmata, la Prussia accusò il Liechtenstein di essere stata la causa dello scoppio della guerra con l'Austria. Questo fatto portò il Liechtenstein a rifiutarsi di siglare la pace con la Prussia, rimanendo in “guerra politica” con la stessa. Questo argomento sarà poi richiamato dalla Germania nazista che tentò di invadere lo stato negli anni trenta del Novecento.
Sino al termine della prima guerra mondiale, comunque, il Liechtenstein fu sempre molto legato all'Impero Austriaco prima ed a quello Austro Ungarico poi; ad ogni modo, la devastazione economica subita durante il primo conflitto mondiale, portò il piccolo stato a concludere accordi monetari con la vicina Svizzera. Al crollo dell'Impero Austro-Ungarico, lo stato venne formalmente sciolto da ogni obbligo verso l'Austria .
Gli anni seguenti la prima guerra mondiale furono per il Liechtenstein importanti:
nel 1921 fu varata la nuova Costituzione;
nel 1923 entrò in Unione Doganale con la Svizzera;
nel 1924 introdusse come propria valuta il Franco Svizzero.
Il Liechtenstein, a seguito della crisi della “Sparkasse” (Cassa di Risparmio) del 1928 e dell’inondazione del 1927, fu finanziariamente rovinato e si indebitò pesantemente con la Svizzera. Successivamente, ivi sorsero una miriade di aziende private che, cavalcando il periodo d'euforia del dopoguerra, dettero spazio ad una moltitudine di avventurieri, dando vita ad imprese che qualcuno vide solamente come facile raccolta di fondi. Il Liechtenstein, tra l’altro, assecondò la richiesta della "Globocapital Company Inc."; ad essa fu ceduta la proprietà di un territorio in cui esercitare la propria sovranità internazionale e che doveva servire da base di lancio per una valuta internazionale, il "Globo".
Nell'estate del 1938 il Principe Franz I abdicò in favore del trentunenne cugino Franz Joseph II. Ed anche in Liechtenstein troviamo simpatizzanti del Partito Nazista (Partito d'Unione Nazionale in primis).
Nel corso della seconda guerra mondiale, il Liechtenstein rimase neutrale; I Principi del Liechtenstein vissero a Vienna. Le espropriazioni cui fu soggetta la famiglia, che ancora oggi sono discusse presso la Corte Internazionale di Giustizia, includevano oltre 1.600 chilometri quadrati di terreno agricolo e foreste, oltre a molti castelli di famiglia e palazzi.
Il Liechtenstein divenne uno stato prospero durante i decenni successivi, dal momento che la sua economia venne modernizzata col vantaggio della bassa tassazione, il che incentivò molte imprese a prendere sede nel principato e a godere della relativa tranquillità politica e fiscale fornita dal piccolo Stato europeo.
Il pensiero politico di Hans Von Adam II
Hans Adam II, nato a Zurigo il 14 febbraio 1945, è il primogenito del Principe Franz Josef II del Liechtenstein e della Principessa Giorgina di Wilczek.
Fin da piccolo mostra grande interesse per le materie umanistiche e la fisica, ma viene spinto, a seguito della necessità del Casato di riorganizzare e ricostruire il proprio patrimonio (riorganizzazione che avrà luogo nel 1970), a studiare economia: si forma, quindi, prima a Vienna e poi nella Scuola di Scienze Economiche e Sociali di San Gallo.
L’interesse per le vicende politiche rimane vivissimo. Le trasformazioni politico-statuali europee del XX secolo lo portano ad elaborare una Teoria dello Stato affatto particolare, che segnerà il suo Regno e l’attività politico-imprenditoriale dello stesso Casato; un ruolo importante ebbe l’autodeterminazione democratica e pacifica del cantone del Giura (1979)
La vicenda merita qualche parola in più. A seguito del Congresso di Vienna, il Giura venne assegnato al Canton Berna. Questo atto causò, però, forte dissenso. Il Giura era di lingua francese e cattolico, mentre il Canton Berna era principalmente di lingua tedesca e protestante. La popolazione della regione del Giura richiese l'indipendenza. Dopo una lunga lotta, la costituzione venne accettata nel 1977. Nel 1978 la divisione divenne ufficiale, allorché il popolo svizzero votò in suo favore, e nel 1979 il Giura diventò il ventiseiesimo Cantone della Confederazione Svizzera. Il Giura storico era composto da 7 distretti, tuttavia solo tre accettarono la separazione dal Canton Berna, uno scelse di unirsi al Canton Basilea Campagna, mentre gli altri tre distretti scelsero di rimanere nel Canton Berna, formando così la regione francofona del Giura bernese., a seguito della quale Hans abbraccia il diritto di autodeterminazione locale, pilastro del suo pensiero politico.
La dottrina localistica del giovane Principe è ulteriormente corroborata dagli sconquassi verificatisi nei grandi sistemi socialisti dell’Est Europa, contrapposti ai successi economici di piccoli e ben organizzati stati, quale quello del Liechtenstein: egli si convince, dopo un’accurata analisi storico - comparatistica degli ordinamenti statuali e delle comunità politiche
Hans Adam II, “Lo Stato nel terzo millennio”, Collana Mercato Diritto Libertà, IBL Libri, Torino, 2011. Si veda il cap. I: “Il diritto di autodeterminazione a livello locale: una convinzione personale”., che la Seconda Guerra Mondiale abbia definitivamente portato al rovesciamento della precedente macroconcezione statuale, per la quale “the biggest, the better”, spalancando le porte ad un rovesciamento di prospettiva, secondo cui “small is beautiful”
Cfr.: Leopold Kohr, Il crollo delle nazioni, Edizioni di Comunità, Milano, 1960 (1957)., citando Leopold Kohr, economista e giurista austriaco col quale lo stesso Principe intrattenne un sincero rapporto di amicizia e stima.
Ormai politicamente maturo, diviene, alla morte del padre (1989), Principe Regnante del Liechtenstein (essendo stato nominato successore nel 1984). Appena un anno dopo il Liechtenstein diviene membro delle Nazioni Unite.
Approfittando di una situazione politica in divenire (crollo dell’Unione Sovietica e della Jugoslavia), Hans, nel suo primo discorso all’Assemblea Generale, promuove un coerente sviluppo del diritto di autodeterminazione locale, iniziando un programma di studio e ricerca che culminerà, dieci anni dopo, nella fondazione del Liechtenstein Institute on Self-Determination presso l’università di Princeton
Princeton si prestava bene all’iniziativa, poiché annoverò, tra i suoi Magnifici Rettori, Woodrow Wilson, fervente sostenitore del diritto di autodeterminazione, destinato a diventare il 28° Presidente degli Stati Uniti d’America.. Il tema suscita grande interesse, ma incontra anche parecchi ostacoli: non pochi sono coloro che intravedono, nella completa realizzazione del diritto di autodeterminazione, un serio pericolo all’esistenza stessa degli Stati nazionali.
Le difficoltà incontrate nel contesto internazionale non intacca no peròla sua determinazione, tanto che, nel 2003, il Liechtenstein giunge all’approvazione di un fondamentale processo di revisione costituzionale, attraverso lo strumento del referendum popolare
La revisione della costituzione proposta dal casato trovò grandi resistenze partitiche. La Costituzione del 1921, d’altro canto, prevedeva che per una modifica costituzionale fosse necessaria l’approvazione di una maggioranza parlamentare qualificata (tre quarti) o l’approvazione da parte del popolo in via referendaria. Il referendum ebbe luogo il 16 marzo del 2003, la proposta del Casato ottenne il 64% dei voti, contro il 16 per cento della controproposta degli antimonarchici e il 20% dei favorevoli al mantenimento della vecchia Costituzione del 1921., nel quale la dottrina politica di Hans Adam II viene coerentemente sviluppata.
La riforma costituzionale del 2003
La legittimazione democratica della monarchia
Insieme al pieno riconoscimento del diritto di autodeterminazione locale, rappresenta la novità più importante a seguito della riforma.
L’art. 13 ter del testo costituzionale, infatti, recita:
“A non meno di 1.500 cittadini del Principato spetta il diritto di presentare una mozione di sfiducia motivata nei confronti del Principe Regnante. Su questa mozione la Dieta deve esprimere un parere nella seduta immediatamente successiva e indire un referendum popolare (Art 66, comma 6). Se la mozione di sfiducia viene approvata nel referendum popolare, allora deve essere notificata al Principe Regnante affinché venga presa in considerazione secondo le disposizioni della legge del Casato. La decisione presa in conformità con la legge del Casato è resa nota alla Dieta dal Principe Regnante entro sei mesi.”
Si tratta di una vera e propria “sfiducia popolare”: 1.500 cittadini, cioè poco meno di 1/20 della popolazione locale (il Principato del Liechtenstein ha una popolazione di 35.446 cittadini), hanno il diritto di presentare una mozione di sfiducia nei confronti del Principe Regnante, sfiducia che sarà poi sottoposta all’esame della democrazia diretta.
In caso di esito positivo, la sfiducia è notificata al Principe e al Casato, che decide conformemente alla nuova legge del 1993, la quale prevede una procedura di destituzione a seguito di abuso di potere o perdita di fiducia da parte dei membri della famiglia regnante.
Ma ancora più rivoluzionario è il nuovo testo dell’art. 113:
“ 1) A non meno di 1.500 cittadini del Principato spetta il diritto di presentare un’iniziativa per l’abolizione della Monarchia. In caso di accoglimento dell’iniziativa da parte del popolo, la Dieta è tenuta a elaborare una nuova Costituzione su base repubblicana e a sottoporla, al più presto dopo un anno e al più tardi dopo due anni, a un referendum popolare. Al Principe Regnante spetta il diritto di presentare una nuova Costituzione da sottoporre al medesimo referendum popolare. Il procedimento, così com’è di seguito regolato, sostituisce in questo caso il procedimento di revisione costituzionale di cui all’art. 112 comma 2.
2) Nel caso in cui vi sia un solo progetto, è sufficiente per la sua approvazione la maggioranza assoluta (art. 66 comma 4). Nel caso in cui vi siano due progetti, il cittadino del Principato avente diritto di voto ha la possibilità di scegliere tra la Costituzione vigente e i due progetti. In questo caso il cittadino del Principato avente diritto di voto dispone, nella prima votazione, di due voti. Egli attribuisce questi voti a quelle due varianti della Costituzione che desidera giungano alla seconda votazione. Quelle due varianti della Costituzione, che raccolgono la maggior parte dei primi e dei secondi voti, giungono alla seconda votazione. Nella seconda votazione, che deve effettuarsi 14 giorni dopo la prima votazione, il cittadino del Principato avente diritto di voto dispone di un voto solo. Si considera approvata quella Costituzione che ottiene la maggioranza assoluta (art. 66 comma 4).”
Ci troviamo di fronte ad un istituto giuridico che non ha precedenti nella storia del Costituzionalismo: il diritto di abolizione popolare della monarchia; il Casato sentiva fortemente la necessità di una autentica legittimazione popolare della monarchia, al fine di rispondere positivamente e fattivamente alle critiche antimonarchiche che, anche in un Paese di solide tradizioni costituzional - monarchiche, non mancavano.
Anche qui il procedimento si avvale dell’istituto di democrazia diretta per eccellenza: 1.500 cittadini possono infatti chiedere un referendum per l’abolizione della monarchia. Qualora si crei una maggioranza semplice per l’abolizione, il Parlamento elabora una Costituzione di tipo repubblicano che viene poi sottoposta all’approvazione del popolo.
Il comma secondo prevede una disciplina di dettaglio nel caso in cui vi siano due o più progetti costituzionali.
Ciò che è molto importante sottolineare, dopo questa breve disamina, è che in Liechtenstein, sostanzialmente, la monarchia, per esercitare le sue funzioni politiche, ha sempre bisogno di una vera e propria legittimazione democratica.
La costituzionalizzazione del diritto di secessione
L’articolo 4 della Costituzione recita:
“1) La modificazione dei confini del territorio dello Stato può avvenire soltanto in forza di una legge. Modificazioni dei confini tra Comuni, la creazione di nuovi Comuni e la fusione di Comuni esistenti richiedono inoltre una decisione a maggioranza dei cittadini ivi residenti aventi diritto di voto.
2) Ai singoli Comuni spetta il diritto di recedere dall’Unione statale. Sull’avvio del procedimento di recesso decide la maggioranza dei cittadini ivi residenti aventi diritto di voto. La regolamentazione del recesso avviene per mezzo di una legge o, se è il caso, con un trattato internazionale. Nel caso di una regolamentazione con trattato internazionale, dopo la conclusione dei negoziati riguardanti il trattato si deve indire nel Comune una seconda votazione”.
Il n. 1) non presenta particolari innovazioni, trattandosi di competenza che le moderne Carte Costituzionali degli stati occidentali spesso affidano alla legge ordinaria.
Molto più interessante appare, invece, il n. 2): ai Comuni del Liechtenstein (nel numero di 11, secondo l’articolo 1 della stessa Costituzione) “spetta il diritto di recedere dall’Unione Statale”. Si tratta di un altro elemento del tutto nuovo nella storia costituzionale moderna
Nella costituzione sovietica del 1947 c’era un esplicito diritto di autodeterminazione delle singole Repubbliche della Federazione ma esso, sostanzialmente, non è stato mai utilizzato ed è notorio il fatto che le costituzioni sovietiche rappresentavano, più che altro, strumenti di propaganda politica, essendo molto lontane dalla realtà costituzionale materiale.: il diritto di autodeterminazione a livello comunale, ossia la possibilità di secedere dallo stato di appartenenza attraverso un’iniziativa comunale ed un successivo referendum locale. Una seconda votazione è prevista qualora le modalità di recesso dall’Unione siano state decise attraverso un trattato internazionale.
Usando le parole di Hans Adam II:
“Un modello di Stato che assicuri la pace, lo Stato di diritto, la democrazia e il benessere della popolazione, deve sottrarre allo Stato il monopolio sul territorio. Per sottrarre allo Stato il monopolio del territorio quest’ultimo deve essere diviso in piccole unità, affinché unità di popolazione quanto più possibile piccole abbiano la possibilità di “emigrare”. Questa secessione potenziale rafforza la pressione sullo Stato che funziona male, spingendolo a riformarsi per evitare di dissolversi”
Hans Adam II, Lo Stato nel terzo millennio, p. 123..
Abbiamo, quindi, un’idea di forte concorrenza istituzionale e fiscale: si tratta di moltiplicare i governi per ridurre (minimizzare) le ingiustizie, passando da un ordine monopolizzato ad un ordine pluralistico, abbassando grandemente i costi di uscita da un sistema politico all’altro, “costringendo” gli organi pubblici a tenere in grande considerazione le richieste dei cittadini, pena il dissolvimento stesso dello Stato (o, comunque, la sua riduzione territoriale), valorizzando il rapporto contratto-scambio rispetto all’obbligo politico
Dobbiamo questa distinzione (obbligo-contratto/obbligo politico) a Gianfranco Miglio, principale figura del neofederalismo italiano: “fra gli uomini sono possibili due tipi diversi, contemporanei ma irriducibili, di rapporto: l’obbligazione-contratto interindividuale (in cui si cerca la soddisfazione di singoli, attuali e determinati bisogni, e da cui nasce quindi il’mercato’), e il patto di fedeltà politico (in cui si cerca una garanzia globale per tutti i futuri, non ancora specificati bisogni esistenziali, e da cui nascono quindi appunto le ‘rendite politiche’)”. Gianfranco Miglio, “Le trasformazioni dell’attuale sistema economico” (1976), ora raccolto in Le regolarità della politica, Giuffrè, Milano, 1988..
Le funzioni dello Stato del futuro
Secondo Hans Adam II lo stato del futuro deve:
“diventare un’azienda di servizi di utilità pubblica che affronta una competizione pacifica e smettere di essere un’impresa monopolistica, in condizione di porre i propri clienti dinanzi all’alternativa tra accontentarsi di cattivi servizi ai prezzi più alti o emigrare”.
Hans Adam II, Lo Stato nel terzo millennio, p. 121..
Lo stato è quindi considerato alla stregua di un’impresa operante in regime concorrenziale, non entità immutabile e sovraordinata rispetto ai singoli individui, ma semplice organizzazione di mezzi e di uomini, al servizio dei cittadini, non viceversa
L’art. 1 della Costituzione, riformato anch’esso nel 2003, recita: “Il Principato del Liechtenstein deve essere al servizio delle persone che vivono all’interno dei suoi confini, affinché possano condurre una vita associata in pace e libertà”. .
A tal fine le funzioni necessarie dello Stato, secondo Hans Adam, sono due:
il mantenimento del rule of law: si tratta, sostanzialmente, delle funzioni statuali che attengono al mantenimento dell’ordine, alla produzione normativa e alla risoluzione dei conflitti tra consociati
Sono le funzioni tradizionalmente attribuite allo Stato da parte del liberalismo classico: tutela dei diritti di proprietà, funzione giurisdizionale, difesa, ordine pubblico [cfr. John Locke, Due Trattati sul Governo, Plus, 2007 (1690)].;
la politica estera.
Un nuovo paradigma dell’ordine?
Il pensiero politico del principe Adam offre notevoli spunti alla luce della teoria classica dell’ordine statale e sovrastatale. Vediamo di analizzarli.
Individualismo o olismo?
La concezione dello stato in Hans Adam è di stampo prettamente individualistica: la collettività politica non è un’entità precostituita e totalizzante, all’interno del quale l’individuo è inserito naturalmente, senza partecipazione consapevole (come nelle concezioni olistiche) bensì risultato di scelte individuali, di natura contrattualistica.
Pur collocandosi nel filone aperto, col suo De Cive del 1642, da Thomas Hobbes, la concezione del contratto sociale del sovrano del Liechtenstein risulta, però, particolarmente innovatrice:
La dicotomia, all’origine del patto, finzione razionale (opzione sposata, tra gli altri, da Immanuel Kant) – fatto storico, viene superata: il patto sociale rappresenta una vera e propria opzione concreta a disposizione degli individui, i quali possono, seguendo le procedure dettate dalla costituzione, scioglierlo, al fine di dare vita ad altra forma di organizzazione dell’ordine politico e statuale;
Per ciò che concerne i contenuti del patto, l’opzione preferita dal principe, desunta dai compiti affidati allo stato del futuro, è quella lockeana
Cfr. John Locke, Secondo trattato sul governo. Saggio concernente la vera origine, l'estensione e il fine del governo civile, BUR, Milano, 2001 (1689).: gli individui, sostanzialmente, rinunciano soltanto alla giustizia privata, affidando i compiti di salvaguardia della vita pacifica dei cittadini al potere civile, che rimane, quindi, confinato in una sfera piuttosto delimitata (salvo una tutela minima, almeno iniziale, per i soggetti meno fortunati); in linea di principio, però, resta aperta agli individui (che, ricordiamo, possono secedere dall’autorità politica, dando vita, o meno, ad un nuovo contratto) l’opzione rousseauiana, ossia la costituzione di uno stato maggiormente attento a criteri di eguaglianza ed ai diritti sociali che, secondo lo stesso filosofo francese, meglio si presta ad essere implementato (attraverso gli istituti propri della democrazia diretta) in un territorio piuttosto limitato
“In primo luogo uno stato assai piccolo dove sia facile riunire il popolo e dove ciascun cittadino possa facilmente conoscere tutti gli altri; in secondo luogo una grande semplicità di costumi, che prevenga la sovrabbondanza di problemi e le discussioni spinose” J.J. Rousseau, Il Contratto Sociale, Libro III, Capitolo IV – La democrazia, Feltrinelli, Milano, 2003 (1762)..
Universalismo o particolarismo?
Più problematica pare la questione dell’estensione dell’ordine; ad una prima analisi, il modello di stato-impresa in questione parrebbe difficilmente inquadrabile nella prospettiva universalista, e sembrerebbe riecheggiare, per alcuni tratti, il modello olistico – particolaristico dell’antichità, analizzato per primo da Tucidide e poi ripreso, nelle tre varianti, dal pensiero politico contemporaneo
Cfr. Sergio Dellavalle, Dalla comunità particolare all’ordine universale. I paradigmi contemporanei, Parte III, Sezione I, Capitolo I: Gli sviluppi del particolarismo olistico nell’era della crisi dello stato nazionale e della crescente integrazione transnazionale, ESI, Napoli, 2011.: microstati non comunicanti o, al massimo, comunicanti marginalmente, come storicamente accaduto con le alleanze tra città greche o, per ciò che concerne gli stranieri, attraverso gli istituti dello jus fetiale e dello jus gentium romani. Ma, scendendo nel dettaglio, possiamo notare la presenza di un vero e proprio universalismo nel pensiero politico del sovrano: il suo stato è, infatti, un fiero membro delle Nazioni Unite ed il principe è un sostenitore dei diritti umani e dell’intervento militare in caso di gravi violazioni degli stessi (ne “Lo Stato nel terzo millennio” elabora una vera e propria proposta di standardizzazione e formalizzazione dell’intervento umanitario, attraverso una serie di steps graduali, comprendenti concertazioni tra gli attori mondiali più influenti ed organizzazioni sovranazionali ed infrastatuali, nonché operazioni propriamente militari e di ricostruzione politico-economica miranti a ripristinare il rule of law negli stati violatori
Hans Adam II, Lo Stato nel terzo millennio, capitolo 12: Le strategie con le quali potrebbe essere realizzato lo stato del futuro.): una sorta di federalismo universalista (seppur molto limitato) che rimanda, in parte, al pensiero di Johannes Althusius, il quale, però, lo elaborò nel contesto paradigmatico olistico ed alla Völkerbund kantiana, second best del filosofo di Königsberg, mentre è molto lontano, evidentemente, dal giusinternazionalismo prioritario kelseniano.
Possiamo, quindi, rispondendo alla domanda iniziale, inserire la concezione dell’ordine di Hans Adam II all’interno del paradigma individualistico – universalistico.
Conclusioni
Il nuovo modello di comunità politica e la sua realizzazione, a seguito della riforma costituzionale Liechtesteniana del 2003, meritano sicuramente grande attenzione.
Il tentativo che, lodevolmente, secondo l’avviso di chi scrive, il pensiero politico di Hans Adam II vuole raggiungere è la desacralizzazione
Per un’introduzione al tema della metafisica politica moderna si veda: Carlo Lottieri, Credere nello Stato? Teologia Politica e Dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2011. e smitizzazione dello stato moderno, attraverso il superamento di una concezione “statica” dell’ordine politico, troppo legata ad una nozione di “sovranità” che mostra, oramai, i segni del tempo.
La scienza giuridico - politica, nei prossimi anni, dovrà tenere in grande considerazione gli sviluppi della riforma costituzionale del Principato.
L’attuale crisi fiscale e monetaria degli stati occidentali, inoltre, rappresenta un’occasione unica per la promozione di forme di organizzazione politica che non dispongano autoritativamente degli individui, ma siano, finalmente e giustamente, al loro servizio.
Ricordando, sempre, che “Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”
Con ciò intendendo che “ogni legge è sempre in funzione dell’uomo, è un modo per cui si manifesta l’amore di Dio per l’uomo”. Rinaldo Bertolino, Lezioni di Diritto Canonico, Giappichelli Editore, Torino, 2007. (Vangelo secondo Marco 2, 27).
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ID., Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul diritto e sul mercato, Liberilibri, Macerata, 2001.
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Il caso del Liechtenstein: un nuovo paradigma dell’ordine?