Mario Siragusa
LA VALLATA ALESINA E LA VALLATA GANGITANA
(Engina ed Erbitense) : un legame che risale alla notte dei tempi.
Archeoclub d’Italia sede di Gangi
Il contesto storico, idrografico e topografico
Tra le vallate siciliane di interesse storico, ambientale ed economico si collocano quelle legate ai fiumi Tusa (Aleso nell’antichità), Pollina (in origine chiamato Monale) e Salso. Si tratta di territori collegati da una evidente continuità territoriale e ubicati nella Sicilia centro-settentrionale. Territori abitati sin dalla Preistoria. Oggi fanno parte dei territori provinciali di Palermo (vallata del Pollina) e Messina (bacino dell’Aleso o Tusa). Una di queste valli fa capo al Comune di Tusa che sorge a poca distanza dalla antica città di Alesa (sorta per gli storici antichi intorno al V –IV secolo e ,pare, scomparsa nel corso dell’Alto Medioevo in concomitanza all’invasione araba). Essa, ai nostri giorni, abbraccia altri Comuni di importanza storica come Castel di Lucio e Pettineo. Non lungi da questi sorgono ad est Caronia (per alcuni l’antica Calacte fondata da Erbita ) e Mistretta. Altro borgo, quest’ultimo, pare identificabile con Amestrato, una polis citata da Cicerone e da altri antichi autori. Sulle Madonie, al confine tra Nebrodi e Erei, sorge la medievale Gangi (rifondata nel Trecento in un nuovo sito). Le sue origini sono molto più antiche. Infatti il paese sorgeva a pochi Km dall’attuale borgo (in località Gangivecchio). Un sito abitato in età romana (ma pare anche in età greca secondo l’archeologo americano Glenn Storey) fino a gran parte del Medioevo ed identificato per secoli con l’antica Engio citata da Cicerone, Plutarco e Diodoro e da altri scrittori dell’Antichità [F. Ardizzone]. Engio, si narra, fondata dai Cretesi (o da genti egee o frutto più verosimilmente di un incontro tra queste, insediatesi Sicilia, ed indigeni) presso una sorgente ( carattere idrografico in effetti riscontrabile a Gangivecchio) e sede di un antico e famoso tempio dedicato alle Dee della fertilità dette “Meeteres”. Un ‘area sacra, santuariale è stata di recente identificata ad Alburchia (R.M. Cucco) e, pare, anche a Gangivecchio (un’ipotesi allo studio del team dell’Università dell’Iowa guidato da Glenn Storey: in particolare nella particella di scavo n.19, in cui si pensa che sorgesse un tempo una villa). Di recente , nel dibattito su una tale identificazione, attestata dalla storiografia tradizionale e contemporanea (non senza qualche parere contrario) è intervenuta l’archeologia e la Soprintendenza al ramo secondo la quale Engio andrebbe posta proprio dalle parti di Gangi : a Gangivecchio oppure ad Alburchia ( di tale ultima opinione è Francesca Spatafora ), un sito nei pressi del Salso e vicino a Gangivecchio (dove le fonti d’archivio di età moderna e contemporanea e numerosi studiosi, non ultima l’Università dell’Iowa, propendono per una collocazione o una connessione del sito con l’antica città “cretese”) [Cluverio, V. Amico, F. Spatafora; Angelini, Naselli, M. Siragusa, A. Franco ecc.] . Nei pressi di Gangivecchio si dipartono tre importanti vie fluviali dal punto di vista storico ed economico:ad Est il Salso- Simeto, a Sud il Salso (Imera meridionale), a Nord invece ha origine il Pollina (l’antico Monale , la cui foce è a pochi km dall’antica Alesa). Il territorio gangitano e Gangi sin dall’antichità si sono posti come un rilevante crocevia dei flussi economici, politici, religiosi, militari nella Sicilia centro-settentrionale. Specie di quei flussi ed interessi che risalivano e gravitavano lungo il Salso dalla costa fino alle sue sorgenti poste sulle Madonie. Per ciò attirò interessi espansionistici di invasori stranieri e potenze isolane sin dai tempi più antichi (a partire dalle città siceliote di Agrigento e Siracusa)[S. Vassallo; M. Siragusa; S. Naselli]. Si collocava geograficamente lungo una <<storica via del grano>>. La vallata del Pollina vide sorgere nel corso dei secoli (in particolare nel Medievo) vari casali e borghi fortificati (Geraci, Castelbuono, nel Basso Medioevo epicentro del potere economico e feudale dei conti Ventimiglia, e San Mauro Castelverde). Ci si soffermi ora proprio sugli aspetti storico-economici dell’area ricadente specie a Nord di Gangi, dove si origina uno degli affluenti del Pollina. Si consideri in tale contesto anche il medesimo bacino fluviale che si trova tra i contrafforti montuosi delle Madonie e collocato topograficamente nelle adiacenze del bacino fluviale di Tusa e dei Nebrodi (posti più a Nord, Nord-Est). Ivi numerose sono le tracce storiche, materiali, archeologiche di piccoli e meno piccoli insediamenti scomparsi attivi lungo antichi itinerari (fluviali e terrestri) che mettevano in contatto le popolazioni di tale bacino con quelle limitrofe della vallata Alesina (poi tusana accessibile o lungo il Pollina o attraverso vie montane alternative che, quantomeno dal Medioevo, se non da prima, portavano da Gangi a Castel di Lucio, Pettineo e, dunque, a Tusa) .
Si consideri a proposito di una corretta identificazione del sito dell’antica Engio anche il dato toponomastico. Come attesta oggi Caracausi (altri sono sulla stessa linea interpretativa) il nome di Gangi deriva senza dubbio da quello di Engio. Questo dato, sommato ad altri dati archeologici che man mano si stanno raccogliendo, contribuiscono a chiarire, sia pur faticosamente e non senza criticità, l’enigma storico della storica ubicazione topografica della città del tempio delle Méeteres.
L’economia della vallata nell’Antichità : le poleis di Alburchia ed Alesa
Riguardo l’economia e le risorse delle due vallate (quella del Monale e dell’antico Aleso) possiamo fare qualche notazione. Lo studio di quel sistema economico locale si può basare sulle indicazioni forniteci dai reperti archeologici, integrate da ciò che dicono le fonti su città che molto probabilmente si trovavano in quell’area. Anzi, una di quelle città poteva forse dare il nome alla comunità di Albura o Alburchia (per alcuni identificabile con Erbita, per altri, con Engio). E comunque sia, il termometro delle condizioni economiche di quell’area (che partiva da Gangivecchio ed Alburchia e si snodava a Nord lungo sorgenti ed affluenti del Monale) era Alesa (nei pressi dell’odierna Tusa) uno dei suoi più naturali sbocchi storico-territoriali e storico-economici. Una via fluviale e le vie terrestri per secoli legheranno strettamente alla costa settentrionale le campagne dell’odierna Gangi (che in antico erano dominate dalla polis che sorgeva presso Alburchia probabile baricentro di una serie di insediamenti che si svilupparono lungo il Salso, in direzione di Enna, città per eccellenza dedicata a Demetra e Kore, e posti su delle alture a presidio della stessa via fluviale: Casalgiordano-Castellaccio, Serra del Vento, Polizzello) all’antica Alesa dove esisteva un porto, naturale sbocco dei prodotti dell’entroterra (si pensi alle vicende emblematiche e paradigmatiche sottostanti al cinquecentesco caso di Diolapisi Sinatra di cui parleremo a breve) [S. Tusa; S. Vassallo, M. Siragusa]. Infatti, nei pressi di Castel di Tusa sono state individuate chiare tracce archeologiche di un << quartiere>> antico a ridosso del porto commerciale di Alesa (e poi di Tusa). Scrive Arcangelo Franco: << Alesa è situata sulla foce di una importante fiumara che, penetrando nella Sicilia interna verso Capition, Erbite, Enna, Agira e Assoro, convoglia la produzione frumentaria di una vasta porzione delle zone interne >>.
Uno dei prodotti più ricercati dai mercanti nell’entroterra era il grano (insieme al legname e al sale) . Alburchia e la vallata gangitana (Engina e/o Erbitense) costituivano uno snodo economico importante. Il frumento (insieme agli altri cereali e leguminacee) era vitale per il sostentamento delle truppe mercenarie utili allo svolgimento dei numerosi conflitti antichi , ma anche o soprattutto per l’approviggionamento alimentare delle ricche e potenti poleis costiere. Lo stesso dicasi per le necessità di rifornimento annonario di Roma. lLe élites locali, che controllavano la produzione agricola ed i più intraprendenti abitanti di Albura (Alburchia, che nel ‘700 veniva popolarmente chiamata anche Arbuta, toponimo che potrebbe essere stata una variante dialettale a posteriori di Erbita; vedi Manoscritto Bongiorno su Alburchia, a.1761 ), lo vendevano ad Alesa (ma anche sulle coste della Sicilia orientale e meridionale come attesta la numismatica di Alburchia). Città “giovane” in età greca che presto avrebbe conosciuto un interessante sviluppo economico e sociale. Un fatto questo che provocò anche delle tensioni politiche al suo interno. Infatti, in età ellenistico-romana ad Alesa emerse, in seno alla società locale, uno strato di ricchi mercanti pronti a sfidare le gerarchie sociali e politiche tradizionali (Arcangelo Franco). Su queste basi si innestarono nuovi processi di ascesa e nobilitazione sociale. Di tali personaggi oggi rimangono delle statue e delle epigrafi ( conservate presso l’ Antiquarium di Alesa). Esponenti di autorevoli e ricche gens (gentes) romane confluirono ad Alesa (tracce di ciò anche ad Alburchia: Erbita o Engio). Quest’ultima era un terminale o un punto di smistamento commerciale della produzione agricola dell’interno (madonita ed ereo) dove si trovava in posizione egemone la città di Alburchia e altri insediamenti umani(come quello di Gangivecchio).
Un prodotto dei campi albukioi doveva essere l’orzo. A lungo coltivato anche dopo l’evo antico in quella zona (come ci dimostrano i grossi vasi e le anfore rinvenute in loco)
Museo Civico di Gangi. Cicerone nelle sue famose Verrine ci parla di tali coltivazioni agricole lungo l’Imera meridionale, ma queste dovevano rimontare alle epoche precedenti a quella in cui lui visse. Tali tipologie agricole le ritroviamo in un’area in cui ricadeva il territorio di Petra, Erbita, Imacara (per vari studiosi collocabile a Nord di Sperlinga: c.da Vaccara ) [D. Patti] . Per il Pontorno (non trascurabili le sue valutazioni su Erbita , Engio ed Alburchia) ed altri studiosi era questo un fertile territorio in cui ricadeva quello della comunità alburese (sparsa una volta nel territorio coincidente ai nostri giorni con quelli dell’odierna Gangi e dei Comuni limitrofi)
Scrive Stanislao Pontorno: <<Erbita così potrebbe ubicarsi nell’area limitrofa alla congiungente Enna Mistretta, cioè nell’attuale territorio di Gangi e probabilmente nei pressi di Monte Alburchia e Campo Rotondo, sito dell’antica ignota città distrutta[…]da Federico II d’Aragona, località creduta dagli storici passati come il sito di Engyon, dove appunto continui e numerosi sono oggi i ritrovamenti di antiche tombe con preziose suppellettili, monete e monili ,che purtroppo vanno disperse>>. S.Pontorno, Il sito di Erbita rilevato coi dati della COSMOGRAPHIA e delle VERRINE, Nicosia, 1966. Dello stesso parere Manganaro, ed altri studiosi. Per Francesco Collura Erbita si trovava con sicurezza nel territorio di Gangi (Alburchia). E’ possibile sulla base dei dati archeologici e toponomastici che Erbita fosse a Monte Alburchia e Engio a Gangivecchio. La questione di Imacara e Macara e Maqarah araba va sottoposta a qualche altra riflessione da fare in altra sede..
Olle e pelike ritrovate ad Albura e dintorni avevano la funzione di raccogliere dei liquidi, in modo particolare l’olio
Pontorno, Il sito di Erbita…cit.; Cicerone, Verrine,. L’ulivo poteva essere coltivato in loco e nelle campagne più a Nord (in un territorio che viene ritenuto parte integrante di Erbita). L’olio in questione doveva venire da qualche parte. Probabilmente proveniva dal suolo oggi facente parte del territorio di San Mauro Castelverde (un olio piuttosto rinomato anche ai nostri giorni).Un’antica epigrafe, la Tabula Alesina, ci informa che anche i contadini di Alesa erano dediti all’olivicoltura, per cui si veniva a costituire un territorio olivicolo che si estendeva dalla costa fino alle campagne più lontane da quel centro. Queste dovevano, dunque, toccare il contado della futura San Mauro, e allora risultavano ricadenti e divise o contese tra l’importante polis di Alburchia (non esclusa Gangivecchio quasi certamente da riconnettere con Engio o, nella peggiore delle ipotesi a un suo santuario) e della stessa città che un tempo fu pure di Arconide di Erbita (Diodoro Siculo; Glenn Storey). Comunque, un altro insediamento, intermedio tra l’interno (Madonie) e la costa settentrionale siciliana, esisteva in età greca: quello di Timpa del Grillo (San Mauro), non sappiamo quanto vasto e demograficamente denso e quanto autonomo dalle potenti città prima citate . Probabilmente doveva avere in origine il ruolo di centro-satellite, specie delle poleis citate (sorgenti a Gangivecchio ed ad Alburchia) [ ne dà notizia S. Vassallo, riconoscendo che per questo come per altri siti di altura indigeni o siculo-greci si hanno oggi scarne notizie e dati archeologici]. Pare che questo fosse abitato in particolare in età arcaica (e in particolare intorno al VI-V secolo a. C., cioè prima o agli albori di Alesa) . La posizione in altura (1300 m.c.a) fa pensare che in origine fosse militarmente e politicamente autonomo .Poi il sito di Timpa del Grillo, forse, fu assorbito nell’ambito dello Stato territoriale alburese ( o di quello alesino) . Non è noto se continuasse ad esistere o se scomparve in età ellenistica e romana. Ma è probabile che continuasse ad esistere , sia pur ridimensionato, o rifondato nelle sue vicinanze in età romana e bizantina. . Ciò poteva essere vero specie se questa sorta di Stato ante litteram fosse stato quello di Erbita che sappiamo aver esteso la proprio influenza fino alla costa dove vi fondò sul declinare del V sec. a. C. delle città (Diodoro Siculo). Quella sin qui descritta , comprendente le sorgenti del Salso e quelle del Pollina sono fortemente indiziate dal punto di vista storico e archeologico come scenario territoriale di quanto descritto da Diodoro, da Plutarco e Cicerone: ubicazione della potente città di Erbita, di quella sacrale di Engio (ma comunque in alcune fasi storiche capace di avere una rilevante ed espansiva forza politico-militare) e della fondazione di nuove colonie indigene, sicule come Calacte (che alcuni collocano a Caronia, fatto possibile ma non si trascurino altre ipotesi) e Alesa. Se valida e fondata questa interpretazione, poleis come Erbita e/o Engio ne dovevano controllare in origine le risorse produttive ed agrarie, come l’olivicoltura (o in luogo di esse i centri sorgenti a Gangivecchio ed ad Alburchia). All’archeologia i necessari responsi ed approfondimenti in merito.
Nell’antichità erano praticati dei banchetti introdotti dai Greci anche nel territorio qui studiato. Almeno ciò sulla base delle risultanze archeologiche. Crateri, il Kantaros (coppa per bere il prezioso liquido di Bacco e Dioniso), l’oinochoe e l’olpe usata per versare il vino (alcune di queste tipologie di reperti riportati alla luce nel territorio in questione) richiamano un’altra tipologia agricola che accomunava i ceti popolari, medi ed alti di Alburchia e dintorni in età greca e poi romana: la viticoltura. Il vino era una bevanda molto richiesta non solo localmente ma anche piuttosto ricercata nei mercati delle città mediterranee e tirreniche. Le anfore rodiote ritrovate nei pressi del Monte in questione, oltre a ricordarci l’influenza politica ed economica siceliota in zona, ci ricordano che il vino era un prodotto, insieme al frumento, richiesto e commercializzato in loco.Ipotizziamo che inizialmente, quantomeno quello più pregiato destinato alle locali èlites alburesi e gangitane (engine), potesse essere ivi importato: le siffatte anfore ne potrebbero costituire una testimonianza. Nelle vicinanze di Albura e nelle campagne circostanti dovevano esserci diverse vigne. Quantomeno iniziarono ad attecchire alcuni secoli prima della nascita di Cristo. Una possibile traccia di ciò la ritroviamo nella toponomastica e nella documentazione di molto posteriore. Sappiamo che nel XVI e nel XVII secolo d.C. in territorio gangitano la non lontana località denominata Soprano (a pochissimi Km dall’ “Inesplorato”) era coltivata a vigneti come anche le vicine contrade Nocito e Montededero . Quest’ultima nelle fonti notarili viene appellata “Muntis/ Mons Eddari”, cioè “Monte dell’Edera”, una pianta tradizionalmente consacrata al dio del vino. Un nome conferito a quella campagna che non appare essere casuale ma chiaramente emblematico . Le contrade Nocito e Montededero e Trebbraccia ( documentate dalle fonti scrittte sin dal Cinquecento) erano ubicate a pochi Km a Nord di Gangivecchio e lungo il braccio fluviale e la vallata del Monale. Non a caso ci sono ancor oggi nei loro pressi evidenti tracce insediative e rupestri di palmenti di età medievale e moderna (ma forse alcuni di questi sono più antichi). A conferma che la viticoltura non fosse sconosciuta o ininfluente per gli abitanti di Alburchia e di Gangivecchio, ci sono delle prove o indizi ancora più risalenti ed oggi tangibili. Infatti, alcuni artisti locali, non casualmente richiamarono nei dipinti impressi sui loro vasi proprio un tralcio di vite (lekane del IV-III sec. A.C. ritrovata nel Novecento e conservata presso il museo civico di Gangi)
AA.VV., Museo Civico di Gangi, cit., p.82.
Altra risorsa locale era l’allevamento dei bovini testimoniato dalla coroplastica greca o indigena locale. Pollame, porcellini e cinghiali integravano l’alimentazione delle popolazioni locali. Animali che venivano reinterpretati anche in chiave sacrale. Ad esempio, il porre nelle tombe dei galletti bronzei significava richiamarsi al viaggio ultraterreno del defunto e al culto di Demetra, dea ricollegabile all’Ade (ed al suo omonimo Signore) per la nota e mitica vicenda della figlia Kore costretta a passare parte dell’anno nel regno degli Inferi. Anche nell’Antica Alesa e nel suo vasto contado, popolato in modo diffuso e sparso da alesini di ogni condizione sociale, riscontriamo analoghe forme di allevamento che vivificavano l’economia locale. Un territorio, quello alesino, imperniato su una miriade di fattorie e su alcune ville attorno alle quali talora venivano scavati dei gruppi di tombe. Oleifici e luoghi usati per conciare le pelli caratterizzavano la chora (territorio, contado) alesina che faceva da retroterra all’emporion posto sulla costa e lungo l’importante via consolare costiera chiamata Valeria (G. Manganaro). Un interscambio di prodotti zootecnici, di legname ( nell’Antichità, poleis o città come Engio, Erbita, Alesa dovevano fornire allo Stato Romano delle navi), olio (forse maggiormente prodotto ad Alesa e dintorni – anche nel territorio dell’odierna San Mauro- così come sarebbe stato per i secoli e i millenni successivi ), di cereali avveniva tra gli antichi insediamenti di Gangivecchio (Engio), Alburchia ( per alcuni Erbita) e Alesa. Monete ritrovate fra Settecento e Novecento ad Alburchia comprovano tali solidi legami tra l’Alesino e l’Engino e/o l’Erbitense (il Gangitano). Una partnership economica che fu anche politica (specie se è storicamente fondata l’identificazione Erbita-Alburchia). E’ noto che, secondo alcuni storici greci e romani come Diodoro Siculo, proprio dal territorio dell’odierna Gangi circa 2400-2500 anni fa sarebbe partito l’input della fondazione di Alesa ad opera di Arconida I di Erbita. Fondazione disconosciuta secoli dopo dagli stessi Alesini, aspiranti ad una nobiltà civica che sembrava a loro modo essere offuscata dai progenitori montanari dell’Hinterland [Diodoro]. Magari si trascurava e si dimenticava allora che Erbita era stata alcuni secoli prima al centro di un potente stato politico-militare-territoriale indigeno tra Nebrodi e Madonie alleato del leader siculo Ducezio (V sec. A. C.) nella lotta contro gli invasori Greci o meglio Sicelioti. Certo il fascino della più evoluta ed egemone cultura greca e romana giocava un ruolo importante in merito… Comuni furono i culti tra l’Alesino e il territorio engino ed erbitense (gangitano): Apollo e Demetra-Cerere (così come ancora oggi attestano alcuni reperti monetali e la coroplastica, le sculture). Un fatto testimoniato dai reperti museali di Gangi e Alesa.(Tusa).
I legami economici e religiosi tra Erbita e Alesa si trasformarono in legami politico-militari. Questo avvenne in età timoleontea (IV sec. a. C.) in chiave anticartaginese. Tra il III e il I sec. a. C. Canino Nigro era posto a capo di una flotta per il controllo della costa settentrionale foraggiata e sotto l’egida delle città di Erbita, Alesa, Calacte e Amestrato (epigrafe alesina conservata oggi presso il locale Antiquarium). Secondo recenti interpretazioni , suffragate da altri elementi indiziari e toponomastici, potrebbe essere stato il Salso o il Pollina (entrambi originantisi da Gangivecchio) l’area di confine tra la provincia cartaginese e quella greca, non il Platani. Il Lykos e l’Alycos sono indicati dalle fonti antiche come il discrimine idrografico e territoriale fra le due sfere politico-territoriali in questione. Si consideri anche il nome di una località su cui scorre il Gangi (affluente del Salso) denominata dialettalmente Lico (Leco nelle fonti notarili settecentesche ed oggi c.da Equila).Siamo tra Gangivecchio, Alburchia e Balate (tutti siti di interesse storico). Ha proposto Stefano Vassallo della Soprintendenza ai beni culturali ed archeologici:<<[…] si potrebbe supporre l’identificazione rispettivamente del Lykos con il Platani e dell’Alykos con il Salso-Imera Meridionale>> (o viceversa). Inoltre un’epigrafe ritrovata nel Settecento dai baroni Bongiorno fa riferimento a una porta o territorio cartaginese [Gandolfo Felice Bongiorno, Manoscritto Bongiorno, a. 1761; sul tema anche M. Siragusa, La città scomparsa della montagna incantata…in R. Franco , Alburchia. La montagna incantata, Bagheria, 2011]. Nel IV secolo la non lontana Cefalù entrò a fasi alterne sotto l’egida Punica(ad es. nel 396 a. C.). A una quindicina di Km ad Est di quella polis fortificata sfociava proprio il Monale. La storia delle Valli in questione , specie dal IV secolo a. C. si gioca anche sul tavolo delle grandi potenze regionali e mediterranee : quella greca e quella punica e poi quella romana. Non dimenticando in questo contesto il ruolo culturale e politico-militare di città e mercenari campani al servizio dell’una o dell’altra potenza. Talora i Campani giocarono un ruolo abilmente autonomo. Si ricordi l’alleanza politica dai connotati religiosi tra Erbita ed Entella. Gangivecchio ed Alburchia continuarono ad essere vive , popolate e più o meno fiorenti in età romana così come Alesa, tanto da essere menzionate da Cicerone e da altri scrittori. Tra l’Alto Salso , il braccio fluviale del Pollina e nel bacino dell’Aleso genti di etnia e /o cultura bizantina continuarono a vivere dopo la caduta dell’Impero romano. L’arrivo degli Arabi ebbe un impatto forte e dirompente. Una loro presenza militare forte è attestata nell’IX secolo. Cefalù viene presa alla metà di quel secolo. Il bacino fluviale del Pollina e del Tusa risentì di quella presenza. Si pensa che Alesa venisse spopolata e le sue genti si rifugiassero in un luogo più alto e fortificato (nascerebbe così l’odierna Tusa).
Dall’età medievale e moderna a quella contemporanea
Il rapporto tra le due aree continuò ad essere vivo e pulsante in età medievale. Insediamenti rurali di età romana e bizantina e forse di età araba (ciò almeno in base ad alcuni toponimi: Karsa, ad es.) e normanna punteggiavano il bacino che dipartendosi da Gangivecchio portava a mare, nei pressi delle odierne Finale e Castel di Tusa (dove c’erano dei micro-insediamenti rurali riferibili alla chora di Alesa). Erano meta o attraversati da truppe militari, mercanti, lavoratori ecc. Vie fluviali e di montagna collegavano l’interno alla costa. L’alimentazione e l’economia dovettero basarsi anche in età medievale su quella dell’evo antico. In età bizantina Gangivecchio , secondo gli archeologi, era non solo una importante via di transito commerciale ma rivestiva anche una posizione strategica e militare davvero rilevante (Fabiola Ardizzone). Si trovava nel cuore del Valdemone , tra Enna e la costa settentrionale. Lì si attestarono i Bizantini a difesa del territorio contro gli invasori islamici. Da Gangivecchio , ed in particolare dalla sua rocca (luogo fortificato, di cui oggi abbiamo alcune tracce materiali e documentarie) i Bizantini (come dovettero fare i dominatori stranieri delle età successive) controllavano anche il bacino fluviale che portava a mare (Siragusa). E pare ancor oggi aversi qualche testimonianza materiale di ciò. Alesa doveva allora essere una roccaforte che doveva controllare la costa e rappresentava l’estrema propaggine di quel sistema territoriale e difensivo. La furia distruttiva degli Arabi, per alcuni avrebbe portato alla fondazione di un sito militare nelle sue vicinanze (l’antica polis pare distrutta o spopolata in quei secoli). Toponimi arabi cominciarono a diffondersi tra Gangi e la <<nuova Alesa>> o meglio Tusa: così a Gangivecchio , e nell’odierno territorio maurino. La vallata alesina e quella che lega Gangi e la costa nord della Sicilia dovettero fungere da polmone economico dei centri arroccati di Tusa e Gangivecchio e delle loro popolazioni sparse sul territorio. Altri centri o piccoli insediamenti poi ingranditisi tra età araba e normanna, si sarebbero formati ed originati lungo le vie fluviali, in particolare sulle alture: Geraci, Ypsigro (Castelbuono), San Mauro [Santagati, Chicchi). Con l’emergere ed il rafforzarsi del sistema feudale (introdotto dai Normanni) , tali centri, comprese Tusa e Gangi, sarebbero entrati a far parte del nuovo “stato feudale” interno al Regnum Siciliae frutto del potere politico-militare dei conti Ventimiglia (XIII-XIV secolo). Gangi e Tusa erano tra i fornitori di vettovaglie degli eserciti e delle finanze degli Stati angioino e (poi) aragonese. Ma i rapporti tra i due borghi fortificati non erano solo militari. L’antico circuito di scambi continuò ad operare anche nei cosiddetti “secoli bui” (quelli medievali che però a detta di alcuni storici contemporanei non erano poi così “bui” come una risalente storiografia asseriva…) . Si trattava di scambi commerciali e migrazioni di mercanti e uomini facoltosi, di maestranze artistiche e artigianali, ma anche di contadini e braccianti . Ecco alcuni esempi collocabili tra Medioevo e Età moderna. Un Di La Picciulilla era un nobile tusano che abitava in quel di Gangi sul declinare del Medioevo. Aveva diverse proprietà immobiliari, alcune delle quali furono da lui cedute, in segno di devozione, all’ordine benedettino che aveva fondato nel 1363 un monastero sulle rovine della vecchia Gangi distrutta o comunque spopolata ed abbandonata in seguito all’assedio militare subito nel 1299 (un sito romano ma dalle tracce archeologiche antecedenti: greche e preistoriche) da parte delle milizie di re Federico III (il nuovo paese sorse nel Trecento sul sito attuale, dove per motivi storiografici, toponomastici, archeologici non è provata la recente tesi di sue presunte e del tutto ipotetiche origini normanne, non a caso significativamente taciute dalla più risalente ed affidabile storiografia: Fazello, Villabianca, Amico, Marra, Surita ecc.) [G.Storey; S. Naselli, M. Siragusa] . Nel Trecento, precisamente nel 1322, Gangi confermava la sua antica vocazione cerealicola [ vedi le carte del Tabulario Belmonte pubblicate da Mazzarese Fardella]. Questa era superiore a quella di Tusa. Inoltre, erano attive nel centro madonita delle fornaci che sfornavano tegole in misura tale da essere menzionate nei bilanci aziendali dei conti Ventimiglia. Mentre a Tusa è attestato un significativo allevamento di maiali (Mazzarese Fardella). Ora l’influenza ed importanza economica e politico-sociale in equilibrio nell’antichità (ad una maggiore rilevanza fino al VI/V-IV secolo dell’area madonita in questione si passò nei secoli successivi all’ emergere di Alesa, vivace economicamente e culturalmente), mentre sul declinare del Medioevo, Gangi appariva nuovamente porsi in evidenza dal punto di vista della produzione agricola rispetto a Tusa (che però manteneva la sua vocazione commerciale) . Ciò nell’ambito dei rapporti di forza in seno alla valle del Pollina (le cui sorgenti più remote si trovavano a Gangi).Le relazioni tra Gangi e Tusa continuarono ad essere vive e forti anche in età moderna. Tusa, era sede di un “caricatore” (costituito da magazzini e area portuale) in cui si smerciavano derrate agricole e merci provenienti dal suo retroterra (O. Cancila). Mercanti e uomini d’affari andavano a Gangi a far incetta di queste per poi commercializzarle sulla costa. Infatti, nel Cinquecento un abitante di Tusa , personaggio facoltoso e dalle spiccate attitudini mercantili, tal Diolapisi Sinatra aveva cospicui interessi economici a Gangi, e precisamente ad Alburchia (sede probabile, per alcuni, dell’antica Erbita, per altri di Engio e area di produzione granaria sin dall’età romana) [M. Siragusa]. Soleva acquistarvi ingenti partite di grano. Il monte Alburchia oramai era ridotto ad una terra feudale spopolata. Cioè non era più sede di un’antica città, che per alcuni scomparve dopo il IV o il V secolo , mentre per altri dovette essere abitata anche in età araba (ma non dopo di allora). Domenico Ferraro attesta l’esistenza di tombe arabe sui fianchi della montagna. I rapporti tra la vallata alesina e quella gangitana si alimentò anche di una rinomata produzione lattiero-casearia. I gustosi formaggi (pecorino in primis) delle vallate tusana e gangitana in età moderna ed in quella contemporanea venivano commercializzati anche fuori dall’Isola (tracce documentarie in tal senso a Gangi da cui partivano svariate quintali di cacio e pecorino per il Regno di Napoli) [M. Siragusa]. Tra Medioevo e l’Evo successivo, come è stato notato, si formarono o consolidarono modelli comuni di architettura religiosa nell’area nebrode-madonita. Si ebbe << una fioritura di torri campanarie impostate su una comune radice tipologica che si riassume nella sovrapposizione di tre ordini conclusi da una guglia apicale in mattoni policromi stagnati […] e semplicisticamente qualificati dalla storiografia locale come “torri civiche”>>[ A.Pettineo-P. Ragonese, p.19]. In tale ambito dagli studiosi sono state inserite le torri campanarie delle Matrici di Tusa e di Gangi (già appartenuta ai cavalieri di Malta e nel 1708, è documentato, risultava di proprietà della Chiesa di San Nicolò, ed oggi erroneamente identificata come originaria sede comunale e del suo consiglio civico medievale e moderno e come porta del borgo) [M. Siragusa; Valenti; Pettineo-Ragonese]. Sempre nel secolo di Carlo V, delle maestranze di Tusa parteciparono alla riedificazione dell’antica chiesa di S. Caterina di Gangi, nuovamente intitolata allo Spirito Santo (1576-80) . Un capomastro, tal De Aczaro, partecipò con i suoi operaI ai relativi lavori. Nel Seicento maestri pittori abbellivano le chiese tusane e gangitane. Giuseppe Salerno detto lo Zoppo di Gangi (nomignolo condiviso col Vazzano) fu chiamato a dipingere un quadro per la confraternita delle Anime del Purgatorio proprio a Tusa. Quella tela ritraeva la Santissima Trinità, la Madonna ed altri Santi e doveva essere collocata nel Duomo del borgo alesino [Pettineo-Ragonese]. Il contributo di maestranze e lo scambio di esperienze artistiche ed architettoniche tra le due vallate in esame continuò nei secoli successivi. Ad es. nella seconda metà del Settecento un magister tusano, tal Pirrone, ed uno di Pettineo contribuirono alla ricostruzione o riparazione della cupola della Chiesa Madre di Gangi (intitolata a S. Nicolò di Bari). A proposito di Pettineo, il centro si trovava nei pressi del bacino fluviale dell’Aleso o Tusa, ai confini con l’area che portava nell’altro bacino fluviale sorgente nei pressi di Gangi. Infatti, un’altra via, sfruttata in età medievale e in quelle moderna e contemporanea, che portava a Tusa ed alla sua vallata era quella che passava per Casteldilucio , piccolo borgo medievale con cui Gangi ebbe diversi rapporti economici attestati dalle fonti di età moderna. Rapporti che continuarono nei secoli successivi sino ad oggi. Ad es., un suo abitante, con famiglia al seguito, nel Settecento si trasferì a vivere a Gangi dove si radicò socialmente, economicamente. Si trattava di un facoltoso “burgisi” la cui famiglia riuscì a nobilitarsi. Era un certo Miceli la cui stirpe acquisì poi il titolo baronale e che fece costruire un palazzo (ancor oggi esistente) sotto la chiesa benedettina “della Batìa” o “dell’Abbazia” ( lo storico Oratorio di San Pietro). I rapporti economici tra l’area di Tusa e quella gangitana sono continuati per tutto l’Evo Contemporaneo, caratterizzandosi dal punto di vista agro-commerciale e dei legami matrimoniali da parte dei borghigiani di Gangi, San Mauro, Tusa, Castel di Lucio. Riguardo quest’ultimo punto , ricordiamo tra gli altri, i benestanti e nobili Ferrara di Castelluccio che si unirono in matrimonio con i pari rango De Salvo di Gangi: D. Tommaso De Salvo era marito di D.na Isabella Ferrara (Vedi ad es. : Arch. Storico Comune di Gangi, notar Giuseppe De Salvo, atto del 9-1-1730; ed anche: M. Siragusa, ricerca genealogica sui De Salvo inedita). Riguardo invece i rapporti commerciali ricordiamo che formaggio, olio, arnesi da lavoro agricoli dei medesimi centri (includendovi anche San Mauro) sono stati pure oggetto di compravendita . Ciò avveniva principalmente nelle fiere che si svolgevano nei citati paesi. Nel corso di queste venivano pure commercializzati bovini, ovini e equini ( a Gangi, Tusa, San Mauro), sulla scia di un’antico e medievale costume economico. Per secoli quelle ora descritte fino ai nostri giorni sono state delle tipiche e rilevante modalità di interrelazione tra i territori e le vallate in esame. Già nel Cinquecento o nel Seicento una importante fiera si svolgeva ( tra le tante che si possono citare e coinvolgenti i paesi in questione) ai piedi della nuova Gangi lungo o nei pressi di una trazzera regia (c.da Piano Ospedale). Genti di varia natura ( allevatori, contadini, artigiani provenienti da Tusa, Castel di Lucio, Geraci) solevano parteciparvi . Per secoli grazie ad un fitto reticolo di sentieri e trazzere stagionalmente venivano trasferiti greggi e armenti dalla montagna alla marina. Negli anni Novanta del Novecento i rapporti tra le due aree hanno subito una incentivazione grazie alla costruzione di un nuovo sistema stradale che in parte ricalca tracciati preesistenti e più risalenti. Agli antichi interessi e legami commerciali unificanti le due aree se ne sono aggiunti dei nuovi: turistici, sportivi, sanitari ecc. Oggi a conclusione di questo breve viaggio sui legami storici tra vallata alesina e engina e/o erbitense, possiamo ricordare che varie testimonianze archeologiche e storiche abbracciano e legano le medesime: antichi e medievali palmenti, casali (ad es. Casalvecchio attestato nelle fonti cinquecentesche e secentesche), tombe rupestri, grotte molti secoli fa abitate, antiche e moderne fattorie e ville di campagna, torri medievali (ad es. quella di Migaido), ponti antichi e/o medievali (come quello nei pressi di San Mauro) ecc. . Un legame di lungo periodo che oggi può essere valorizzato e perpetuato in ambito agro-turistico , culturale e storico-archeologico.
Legami religiosi intorno l’asse fluviale Gangi-Tusa
Ma i legami economici e culturali di lunga data tra le due aree (tusana e gangitana, comprensiva anche della presenza di altre comunità rilevanti come San Mauro, Gratteri, Pollina, Geraci ecc.) si sostanziavano anche di rapporti e contaminazioni cultuali, spirituali sin dall’antichità. Diodoro Siculo in età romana notava e scriveva che: <<sussistono ai nostri giorni parecchi rapporti di parentela fra le due città [Erbita ed Alesa] e [ gli Alesini e gli Erbitesi] compiono i sacrifici nel tempio di Apollo osservando gli stessi riti>>. Un tempio di Apollo , citato dalle antiche fonti, è stato localizzato ad Alesa. Al di là della più o meno possibile e plausibile identificazione di Erbita con Alburchia (o altro sito del territorio gangitano), un fatto è certo e documentato archeologicamente. Infatti , ad Alesa ed Alburchia (ma anche a Gangivecchio dove è stata ritrovata una serie considerevole di ossi forati ritenuta di più che probabili interesse e significato religiosi) sono stati rinvenuti reperti monetali e scultorei riferibili agli Dei Apollo e Demetra –Cerere[Glenn Storey, Museo Civico di Gangi). Infatti, una bella ed artistica statua che rappresenta questa divinità ctonia è conservata presso il museo di Alesa, mentre delle statuine che la richiamano insieme alla figlia Kore sono custodite nel museo di Gangi. Furono scoperte in contrada Alburchia-Comune negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento. E’ noto come nell’antichità stretto e in gran parte coincidente fosse il rapporto tra le sfere religiosa, economica e politica. Ma questi culti comuni tra i territori in esame si perpetuarono nel tempo, nei secoli successivi. Il Ciaceri e altri studiosi hanno sottolineato la derivazione dei culti mariani e cristiani dalla mitologia greco-romana . Si è dunque fatto più di un accostamento tra il culto della Madonna e quello delle dee della fertilità (Cerere in primis). A Gangivecchio nel Medioevo, sede di un possibile culto demetriaco (certo invece a Alburchia) si venerò successivamente la Madonna (Glenn Storey). Persistenze cultuali e rituali antiche, pagane sono state rilevate nel culto mariano dell’area madonita, erea (ad Enna, ad es.), nebroidea (C. Paterna). A Gangi chiese e statue sono state dedicate dal Medioevo ai nostri giorni alla Madonna nelle sue diverse declinazioni sacrali (Assunta, delle Grazie, del Rosario ecc.). Analoga devozione riscontriamo a Tusa. A Gangi e Tusa tradizionalmente, oltre ad avere un ruolo centrale nell’ambito delle feste principali cioè quella di<< mezagusto> , il culto dell’Assunta ha rivestito un ruolo principale. Nel Seicento questa divenne patrona di Tusa, mentre sino al Settecento è documentato dall’Amico (e da altre fonti) il medesimo ruolo ed importanza rivestito dalla stessa a Gangi. Anche a Gangi come a Tusa si svolgeva e si svolge il rito dell’acchianata della Madonna nell’ambito della festa del 15 agosto (documentato a Tusa sin dal Seicento come attestano Pettineo e Ragonese). Rito dai peculiari contenuti dommatici e teologici ma che sembra presentare delle assonanze con le antiche feste demetriache. Si pensi ad es. al ritorno periodico (ascesa) di Kore sulla terra dall’Ade, alla ricerca disperata della Madre Demetra della figlia scomparsa, alla analoga calendarizzazione di una celebrazione demetriaca ricadente e corrispondente al nostro mese di agosto, al ritorno di Demetra sull’Olimpo, la quale: << onorando la promessa fatta a suo tempo a Celeo, insegnò agli Eleusini i misteri del proprio culto prima di rientrare con Persefone sull'Olimpo>> (S. Calabresi). Ma soprattutto si pensi allo stretto legame di ogni tempo di tali feste (demetriaca e mariana) con il raccolto e la fertilità dei campi. Era un’usanza molto risalente nel tempo quella dei pagamenti agrari (e non) saldati a ferragosto. Questo fino al Novecento era vero a Gangi e dintorni. Ciò avveniva per ragioni pratiche legate alla natura economica di quei centri ma anche, probabilmente, come eredità di un lontano passato. E pure santi in comune c’erano fra i due paesi: San Rocco, Sant’Antonio , San Giuliano (un quartiere era così denominato a Gangi), S. Anna (che pare , in base a documenti d’Archivio, aver rivestito sia pur per breve tempo, il titolo patronale in quel di Gangi), San Biagio, Sant’Antonio Abate,San Giovanni Battista (legato a Gangi alla presenza medievale e moderna dei Cavalieri di Malta), San Michele Arcangelo [Pettineo- Ragonese; S. Naselli]. I legami ed i rapporti storici in seno alle vallate fluviali del Pollina e del Tusa , come si vede, erano comuni e stretti e poggianti su una robusta gamma ed intreccio di legami sociali ed economici e culturali di lunga data. Affondavano le loro radici nella notte dei tempi.-
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Antica cartina topografica riportata da Arcangelo Franco. Si vede il Monalos (Pollina) dividere Engyum (fatta coincidere da molti autori e cartografi nel corso dei secoli con Gangivecchio) da Alesa. In mezzo la catena montuosa su cui sarebbe sorta in età medievale San Mauro (che da alcuni autori di età moderna veniva vista come l’antica Calacte).Nella cartina è posta nei pressi di Caronia (così oggi per alcuni studiosi). A destra del Monale, il fiume Aleso. Nella cartina sono riportati anche centri storicamente connessi con Engio, Erbita (qui non evidenziata e posta sotto o più a Sud di Engium): Apollonia, Calacte, Alesa. In chiaro, nella cartina (di età moderna), le valli in questione. Le zone più ombreggiate rappresentano le zone montuose (madonite e nebroidee)
Il presente testo è pubblicato in : www.archeoclubitalia.org; in www.comitatoenginomadonita.altervista.org/CREM/ ; www.academia.edu.mariosiragusa