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Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele

2017, Studi Pesaresi

In this paper the life of the painter Giovanni Santi, born at Colbordolo (Pesaro), is described and assessed in a comparison with Dieric Bouts, a painter born in Harleem. Although apparently with little in common, especially given the distance in geographical terms, both artists managed to acquire a precise social status, in Urbino and Leuven, respectively, two artistically and culturally flourishing cities in the fifteenth century. The comparison made here, although unusual, highlights some interesting elements in the documents concerning the two painters, especially wills and notorial acts, which confirm that they were both fully acknowledged in their own lifetime.

Studi pesaresi Rivista della Società pesarese di studi storici 5 2017 il lavoro editoriale © Copyright 2017 by Società pesarese di studi storici il lavoro editoriale casella postale 297 - Ancona Italy www.illavoroeditoriale.com ISBN 9788876638480 ISSN 2280-4293 Indice del volume Saggi Silvia Serini «Il profumo dell’universo». La concezione mazziniana della musica Maria Chiara PePa Francesca da Rimini. Mitograia di un personaggio femminile medievale 7 18 Studi SiMone Biondi Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Monteiore Conca di Rimini nelle produzioni ceramiche pesaresi 35 TaMara doMiniCi Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele 42 FranCeSCo aMBrogiani La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca 56 SiMone Biondi e rino CaSadio I Da Montefeltro nella ceramica dai butti della rocca di Monteiore Conca 67 STeFano lanCioni La contea del Fumo 71 ToMMaSo Borgogelli Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino. Qualche novità e una proposta per la fase giovanile di Giovanni Venanzi 89 eliSaBeTTa Cerigioni Francesco Maria Santinelli. Alcuni documenti inediti tra biograia e scrittura 103 CriSTina ravara MonTeBelli Filatoi, ilande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo 112 davide SanFiliPPo Un tentativo di rivolta a Cagli nel contesto rivoluzionario e controrivoluzionario di ine Settecento 125 3 Studi pesaresi 5.2017 gaBriele FalCiaSeCCa Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro ai tempi del napoleonico Regno d’Italia (1808-1814) 137 MarCo delBianCo La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 150 gianPaolo ornaghi Un lato oscuro del passato. I frenastenici nella provincia di Pesaro e Urbino (1899-1918) 170 Paolo PereTTi Nel cinquantesimo della morte del compositore Piero Giorgi 185 Testi FederiCo MarCuCCi Giacomo III Stuart. Un ‘re’ inglese a Urbino 199 Notizie dal territorio niCole hoFMann Il fondo archivistico di Federico Valerio Ratti presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro. Indagini preliminari e primo censimento 227 roBerTa MarTuFi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro nella trasformazione urbana dell’area centrale della città 231 grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani 240 Riassunti / Summaries 245 Biograia autori 250 4 Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele di Tamara Dominici Italia si ritrovi» 3. Il clima alla corte dei Montefeltro si rivelò dunque ideale per avanzare nuove proposte artistiche 4 e così in questi anni si segnalano presenze illustri quali quelle di Paolo Uccello, di Piero della Francesca e del iammingo Giusto di Gand. A conferma di come la città marchigiana fosse ormai divenuta uno dei più importanti poli artistici e politici della penisola, vi è anche il poemetto epico La vita e le gesta di Federico da Montefeltro Duca d’Urbino composto in “terza rima” da Giovanni Santi (ante 14391494), padre del ben più noto Raffaello 5. Il testo, conosciuto solitamente con il nome di Cronaca rimata e realizzato probabilmente dopo la morte del duca, racconta la lunga carriera di Federico, accrescendo e rielaborando in maniera rafinata la prosa cortigiana dei Commentari di Pierantonio Paltroni, fedele cancelliere del signore di Urbino 6. Di grande interesse sono certamente i passi in cui Santi dimostra la sua piena autorità e competenza nell’affrontare tematiche relative alla letteratura artistica e ai pittori coevi. La Cronaca rispecchia le opinioni e il gusto degli ambienti di corte, contenendo, in particolare nella Disputa de la pictura 7, diversi rimandi igurativi, indice di un’aggiornata e diretta conoscenza del clima culturale contemporaneo. Del resto, non poteva essere altrimenti, dato il mestiere di pittore Urbino conserva ancora alcuni monumenti di que’ tempi in che videsi elevata ad un grado di eminente prosperità. Ad onta del declinare delle età e delle politiche vicende, questi venerati avanzi nel metter sott’occhio dell’osservatore il valore degli artisti che hanno preceduto Bramante e Raffaello ridestano in esso la brama di apprendere come vivessero e da chi furono impiegati 1. Poste a incipit dell’Elogio storico di Giovanni Santi, queste parole rivolte al delegato pontiicio della provincia di Urbino e Pesaro, mons. Ludovico Gazzoli, aiutano senz’altro a comprendere l’importanza della corte di Federico da Montefeltro (1422-1482) 2. Egli, prima conte e poi duca nel 1474, fece di Urbino una delle capitali culturali del Rinascimento. Il prestigio di Federico crebbe notevolmente durante la sua lunga carriera di scaltro e spregiudicato uomo d’armi. Appassionato e colto collezionista, il duca divenne presto anche un grandissimo mecenate delle arti, circondandosi di una selezionata schiera di pittori, architetti, letterati, matematici e poeti. Ampliò e rinnovò l’antica residenza di famiglia, opera simbolo del suo potere, tanto che Baldassarre Castiglione nel Cortegiano ne parlerà come di «una città in forma di palazzo», il palazzo «più bello che in tutta 42 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele Figura 1 – Giusto di Gand, Comunione degli Apostoli, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. svolto dal suo cronachista, che precisa volutamente nel testo: «[p]rincipio de l’opera composta da Giohanni de Santi pictore» 8, e orgoglioso di appartenere a questa categoria scrive: «[…] giungendo alla etade ch’io sarei forsi stato disposto a qualche più utile virtù, da poi molti negotij per guadagnarmi el victo, me dette alla mirabile arte de pictura […] e de la cui clarissima arte non me vergognio essere nominato» 9. Le prime notizie critiche su Giovanni Santi ci vengono fornite da Vasari, che nell’edizione torrentiana del 1550 delle Vite lo deinisce: Pittore non molto eccellente, anzi non pur mediocre in questa arte. Egli era bene uomo di bonissimo ingegno e dotato di spirito e da saper meglio indirizzare i igliuoli per quella buona via, che 43 Studi pesaresi 5.2017 superati molte volte el vero» 16. Ciò che però fa presupporre in questo testo una più ampia conoscenza della pittura d’oltralpe da parte dell’urbinate è il verso in cui, sempre riferendosi ai due iamminghi, aggiunge «cum tanti di excellentia chiar dotati» 17, lasciando intendere di essere informato perino sul lavoro di altri artisti nordici, come per esempio Giusto di Gand, da lui non citato, ma certamente conosciuto. Forse, come è stato da più voci suggerito, la causa di questa omissione è da tributare a una «gelosia facilmente comprensibile» 18 da parte di Giovanni nei confronti del pittore iammingo preferito dal duca Federico agli artisti locali e ingaggiato dalla confraternita del Corpus Domini per dipingere la Comunione degli Apostoli (ig. 1) 19. In ogni caso, è innegabile l’apporto della pittura iamminga sull’attività del padre di Raffaello, basti pensare alla copia della igura del Cristo di Urbino (ig. 2) 20. In verità questa profonda afinità stilistica con Santi, evidenziata ripetutamente da Giovan Battista Cavalcaselle nei fogli 37v e 38r, con itti commenti e diverse annotazioni da cui si ottiene il disegno dell’intera composizione della Comunione 21, non può che far rilettere, tanto che recentemente è stata palesata la possibilità di ritenere validi i suggerimenti del critico veneto, relativi a un intervento di completamento della Comunione degli Apostoli proprio da parte di Giovanni Santi 22. Del resto, non era affatto dificile poter vedere opere iamminghe all’epoca 23: risaputa è l’esteroilia e l’apprezzamento che Federico e la sua corte nutrivano proprio per l’arte nordeuropea. Inoltre, è sempre questa costante presenza di elementi di matrice nordica nell’opera di Giovanni Santi che ha portato a ritenere le sei tavolette, rafiguranti i cosiddetti Apostoli, di mano di per sua mala fortuna non avevano saputo quelli che nella sua gioventù lo dovevano aiutare 10. Il giudizio su Santi, inserito nella vita di Raffaello, si riduce ulteriormente nella seconda edizione del 1568 dove le informazioni sul padre diminuiscono e la precedente valutazione di mediocrità scompare, privando l’urbinate di una propria autonomia artistica e facendolo dipendere e conoscere unicamente grazie alla gloria tributata al iglio. Spesso il solo merito assegnato a Giovanni era quello di aver indirizzato Raffaello alla pittura, favorendo così la nascita di colui che fu «nell’architettura eccellente, e nella pittura divino» 11. Bisognerà aspettare le Notizie dei Professori del Disegno di Filippo Baldinucci, pubblicate a partire dalla ine del XVII secolo, perché Santi possa essere inalmente considerato come pittore a pieno titolo 12. Maggiore, invece, presso i contemporanei e non, è stata la fama di Dieric Bouts (1415 ca.-1475) 13, tanto da giungere sino in Italia: lo stesso Vasari nel 1568 parla di un «Divik da Lovano» 14, artista di pregio e buon maestro. Gli anni della sua formazione, non diversamente da quanto accade per Giovanni Santi, sono però ancor oggi avvolti nel mistero. Karel van Mander, noto al grande pubblico soprattutto come autore dello Schilder-Boeck, pubblicato nel 1604, pari per importanza alle Vite vasariane, riferisce di non essere riuscito «a scoprire chi sia stato il suo maestro» 15, sebbene inizialmente le opere da lui realizzate risentano non poco dell’inluenza di Rogier van der Weyden, citato insieme a Jan van Eyck, persino nella Cronaca rimata di Santi, in cui si riporta: «ne la cui arte et alto magistero / di colorir, son stati sì excellenti, / che han 44 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele Giusto di Gand 24, restituite deinitivamente al pittore urbinate da Cesare Gnudi prima e da Pietro Zampetti poi 25. L’illusionismo e la capacità di indagare la realtà fenomenica nelle sue pieghe più profonde sono i tratti caratterizzanti della pittura iamminga e quelli attraverso i quali è possibile individuare una certa afinità tra questa e altre opere di Giovanni Santi, al punto da parlare di iamminghismo, in particolare per alcune immagini di Cristo dolente 26. Non vanno dimenticate nemmeno certe assonanze gestuali tra il gruppo centrale della Visitazione di Fano realizzata dal marchigiano e l’opera del Prado di soggetto analogo di Bouts 27. Inoltre, il riferimento alla resa mimetica e naturale si ritrova specialmente per i ritratti di Santi 28, tanto che il 20 aprile 1493 la marchesa di Mantova Isabella d’Este scriveva: «havemo mandato per un forestiere, qual ha fama di contrafare bene el naturale» 29. Il forestiero a cui fa riferimento è appunto Giovanni Santi, abile ritrattista, «pictor de la Ill.ma Duchessa de Urbino» 30, raccomandato dalla stessa cognata Elisabetta Gonzaga, moglie di Guidobaldo da Montefeltro, iglio di Federico. Se escludiamo il singolare e sottile rapporto che lega insieme Giovanni Santi e Dieric Bouts, passando per Giusto di Gand, dettato in entrambi i casi da afinità stilistiche 31, più volte riscontrate dalla critica, pare che questi due artisti abbiano ben poco in comune. Entrambi vissero intorno alla metà del XV secolo, l’uno a Urbino e l’altro a Lovanio 32, due cittadine molto lontane geograicamente, ma che videro proprio in quegli anni un riiorire di arte e cultura e che pur non avendo dato i natali a nessuno dei due pittori, seppero apprezzarne il lavoro. In realtà, proprio il profondo inserimento nella società dell’epoca, ossia l’acquisizio- Figura 2 – Giovanni Santi (attr.), Cristo comunica san Pietro, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. ne di uno status sociale all’interno dei due rispettivi contesti è il comune denominatore che lega questi due artisti. Giovanni Santi si integra pienamente nella cultura cortigiana che si va formando sotto l’egida dei Montefeltro: la sua era una famiglia in vista che poteva godere di una certa agiatezza economica. Come riporta Luigi Pungileoni, Giovanni «era iglio di Sante nato di Piero volgarmente detto Peruzzolo. Vide la prima luce nel contado di Urbino in Colbordolo» 33. La cittadina fortiicata si trovava sul conine tra le terre di appartenenza ai Montefeltro e quelle sotto il controllo dei Malatesta, tanto che nel 1446 «dictum castrum Colburdoli fuit saccomannatum et combustum» 34 dalle truppe del signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta, in lotta con Federico da Monte- 45 Studi pesaresi 5.2017 feltro. Fu questo il motivo che spinse Peruzzolo, commerciante di granaglie, a lasciare quello che il nipote diversi anni dopo deinirà «el paternal mio nido […] dove destructa ogni nostra substantia» 35 e a trasferirsi a Urbino. Nonostante l’estrazione contadina e nonostante quanto riportato nell’Elogio storico di Giovanni Santi dove si dice «vissero eglino in bassa fortuna o per dir meglio in povertà, perché astretti a procacciarsi il vitto col sudore della fronte» 36, a causa anche delle continue scorrerie e incursioni, dovute al perenne stato di guerre tra Montefeltro e Malatesta, Peruzzolo aveva certamente raggiunto una discreta agiatezza se il 14 gennaio 1438 acquistava la casa abitata vicino al castello di Colbordolo. Nel documento, il nonno di Santi compra da Gaudenzio e Bartolo di Ciccio di Gaudenzio da Colbordolo una casa vicino alla strada pubblica al prezzo di 40 iorini 37. All’abitazione si aggiungeva poi il possesso di alcuni pezzi di terra coltivata, vigneti e oliveti, fra cui un terreno acquistato per 50 ducati 38. Le alienazioni fatte in questi anni permetteranno a Peruzzolo di investire il denaro in un luogo più sicuro e protetto da mura, la città di Urbino, e di iniziare così un’attività che avrebbe conferito alla famiglia una posizione alquanto rispettabile. Giovanni Santi compare nelle carte per la prima volta nel 1464, come appunto «Iohanne Sanctis Peri Peruzoli» 39, in qualità di testimone: questo dimostra già la sua maggiore età, per cui si deve suppore che all’epoca Santi fosse almeno venticinquenne e cioè un soggetto giuridico a pieno titolo, portando così ad anticipare la sua data di nascita dagli anni 1440-1445, inora proposti, almeno al 1439 40. Egli non mostrò la stessa attitudine del padre Sante per gli affari, ma dovette maturare abbastanza precocemente interes- se verso la pittura, tanto da essere ritenuto in grado dalla confraternita del Corpus Domini, di porsi quale loro intermediario, offrendo ospitalità a Piero della Francesca, chiamato per dipingere la Comunione degli Apostoli, che verrà poi assegnata a Giusto di Gand, e comprando tutto ciò di cui questi avrebbe avuto bisogno 41. Al 1464 risale anche il contratto stipulato tra la confraternita del Corpus Domini di Lovanio 42 e il pittore Dieric Bouts, per adornare l’altare della cappella del Santissimo Sacramento presso la collegiata di San Pietro della stessa città 43. Il Trittico con l’Ultima Cena (ig. 3), realizzato dal maestro nordico, rafigura nel pannello centrale più precisamente l’istituzione dell’Eucaristia, che non era certamente un soggetto nuovo in ambito artistico, benché non fosse così comune. Successivamente al momento della benedizione del pane e del vino, vi è quello della comunione degli apostoli. Quest’ultima, rara in ambito pittorico sia italiano sia iammingo, è invece proprio quella rappresentata da Giusto di Gand, il cui linguaggio artistico rivela, come già sottolineato, una certa familiarità con quello di Bouts. Il Trittico con l’Ultima Cena è anche una delle opere del Quattrocento iammingo meglio documentate e che sappiamo essere stata pagata dalla confraternita 200 gulden renani 44, circa 12.000 plakken 45. Sempre 12.000, questa volta però bolognini 46, dei 250 iorini d’oro erano stati consegnati a Giusto di Gand per la Comunione degli Apostoli il 25 ottobre del 1474 47. Nonostante in quest’ultimo caso sia dificile poter stabilire con certezza la cifra inale consegnata a Giusto, signiicativo, sebbene sicuramente azzardato, è il rapporto tra plakken e bolognini, valute minori, utilizzate rispettivamente a Lovanio e a Urbino per assolve- 46 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele Figura 3 – Dieric Bouts, Trittico con l’Ultima Cena, Lovanio, collegiata di San Pietro. re i pagamenti in gulden renani e in iorini d’oro. Invece, quel che è certo, è che mentre la confraternita della cittadina marchigiana non rimase affatto soddisfatta dell’operato di Giusto 8, quella belga non poté che apprezzare il trittico, dai più ritenuto il capolavoro di Dieric Bouts, che si era trasferito nel centro brabantino dalla città natale di Haarlem, probabilmente sedotto dallo sviluppo economico e dal clima culturale di Lovanio 49. Qui l’intensa attività edilizia aveva portato alla realizzazione dei principali monumenti in stile gotico brabantino, fra cui la collegiata e il nuovo e suggestivo municipio, che naturalmente necessitavano della presenza in loco di un consistente numero di artigiani e artisti. Inoltre, l’università di Lovanio, la più grande e antica della regione, fondata nel 1425 da Giovanni IV di Brabante 50, con il consenso di papa Martino V, fece di questo luogo una delle aree culturali dei Paesi Bassi. Lovanio era dunque in quegli anni in rapida espansione e aspirava a rivaleggiare con i centri più famosi di Bruxelles e Anversa. Disponiamo anche di una breve, ma eficace descrizione di questa città a opera dello storico belga Adriaan van Baarland (1486-1538): Lovanium caput est urbium Brabantiae, coeli et aëris benignitate nulli cedens aliarum. Hic intra muros libera prata, vineae, horti spatiosi, agri, pomaria, campi, dumi, saltus, pascua, parvae sylvulae, parva nemuscula, ut merito hanc sedem ac domicilium optimarum artium delegerint majores nostri 51. In particolare, Lovanio, già residenza dei duchi brabantini, in dal XIV secolo godeva di un alto grado di splendore, grazie 47 Studi pesaresi 5.2017 alle manifatture di lana, drappi e tappeti, che la rendevano prima fra le aree del Brabante proprio per importanza economica 52; inoltre, nonostante lo stato di indigenza degli strati più bassi della popolazione, vide iorire diverse industrie di merci di lusso. Era, in altre parole, «de beste stad van Brabant» 53. Le prime notizie d’archivio riguardanti Dieric Bouts risalgono al 1448, quando si sposò con Catherine van der Brugghen, la cui famiglia era conosciuta con il soprannome di «Metten Ghelde» (lett. “quelli che hanno i soldi”). Il pittore, però, non risulterà residente in città ino al 1457. È dunque possibile che dopo essere stato a bottega da Rogier van der Weyden, Bouts sia ritornato ad Haarlem, rimanendovi per quasi dieci anni prima di trasferirsi deinitivamente a Lovanio. Del resto una situazione simile è riscontrabile anche nel caso di Giovanni Santi, che è possibile documentare a Urbino ino al 1471; egli stesso, infatti, racconta nella Cronaca, di aver partecipato ai festeggiamenti tenutisi per la nascita del iglio di Federico, Guidobaldo, avvenuta appunto il 24 gennaio 1471 54. Da questa data in poi però il padre di Raffaello non compare più nei documenti: la causa è verosimilmente da ricercarsi in un soggiorno piuttosto lungo che lo portò a visitare diverse regioni e a poter godere così di un buon apprendistato artistico. Il nome «Giovanni de Sante» 55 torna in un ordine del 1482 del priore Simone di ser Matteo e del consiglio della confraternita del Corpus Domini 56. Giovanni Santi, infatti, negli anni ’80, dopo essere stato assunto come intermediario per mantenere i rapporti con Piero della Francesca, che lo resero certamente una persona di ormai provata iducia e responsabilità presso la confraternita, continuò a operare per la stessa istituzione dalla quale ricevette diversi pagamenti: «[e] a dì 12 di novembre [1486] ducati doi d’oro a Giohanne de Sante per comper/are l’oro per andorare li angioli a la fraternita» 57, «[e] a dì ditto [1487, aprile 12] lorini septe d’ohro per dipingere e dorare li angioli a / Giohanne de Sante a la fraternita» 58 e ancora «[e] a dì ditto [10 giugno 1487] lorini septe d’oro a Giovanni de Sante per adorare e depenge/re li angioli» 59. L’artista era ormai ben inserito nella società del tempo 60, divenendo persino priore del comune di Urbino dal 1 agosto al 30 settembre 1487. Nonostante fosse meno predisposto del padre agli affari, tanto che si registra un numero inferiore di vendite e acquisti di beni, seppe comunque investire attentamente i propri capitali, aumentati inoltre dai lasciti in terreni. Anche il pittore Dieric Bouts pare avesse ottenuto intorno alla prima metà del XV secolo uno status sociale di gran lunga superiore a quello di un normale artigiano, disponendo di diversi beni immobili sia a Lovanio sia nei dintorni e beneiciando di più rendite 61, per non parlare poi dell’ampia abitazione, a cui si aggiungevano altre tre casette contigue, in Minderbroedersstraat, dove si trovava il convento dei frati minori. A ciò dovevano ovviamente unirsi i numerosi monili e oggetti di valore, citati nel testamento e ottenuti grazie ai due matrimoni. Proprio la profonda stima sociale di cui godeva in città, legata all’eccellenza dei suoi lavori, deve avergli permesso l’unione con famiglie inluenti, facendolo così entrare a far parte della classe agiata. Dopo il matrimonio con Catherine van der Brugghen si risposò, infatti, con Elisabeth van Voshem, la iglia e vedova di due borgomastri di Lovanio 62. Sarà quindi quest’ultima a comparire nel testamento del 17 aprile 1475 63, quan- 48 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele do egli, ormai gravemente malato, decise di dettare le sue volontà in cui spartiva l’eredità fra i familiari, stabilendo anche una serie di lasciti ecclesiastici, come era in uso all’epoca. Le opere terminate o in procinto di esserlo venivano quindi lasciate alla moglie Elisabeth, che riceveva inoltre i beni mobili e immobili che non erano stati inseriti nel testamento, a cui si aggiungevano anche oggetti preziosi quali tazze, gioielli, cucchiai che potevano essere o d’oro o dorati. Tuttavia la stessa Elisabeth, grazie al lascito del marito, avrebbe dovuto saldare le spese della permanenza delle due iglie di Bouts, Catharine e Gertrude, frutto della prima unione, nel convento di Sant’Agnese di Dommelen, esonerando totalmente i igli del testatore da tali obblighi. I due maschi, Dieric il Giovane e Albrecht, avuti sempre durante il primo matrimonio, e beneiciari di tutti i beni mobili e immobili citati nel testamento, avrebbero ereditato anche il materiale di pittura del padre e alcune tavole ancora da completare 64. Nonostante sia ormai certo il loro apprendistato presso la bottega paterna, presa poi dal maggiore, è comunque dificile dire quale sia stato precisamente il peso che un artista del calibro di Bouts poté esercitare sui igli, così come è complicato comprendere, vista la mancanza di documenti in merito, l’organizzazione del suo lavoro. Lo stesso potrebbe dirsi per la bottega di Giovanni Santi e per l’inluenza che l’artista ebbe su Raffaello, avuto dalla prima moglie Magia, iglia del facoltoso mercante Battista Ciarla. In quest’ultimo caso si riscontra persino nelle disposizioni testamentarie una completa assenza di riferimenti alla sua attività pittorica e di conseguenza a quella di bottega, la cui gestione e responsabilità alla sua morte non sappiamo se sia andata al fratello di Santi, don Bartolomeo, quale capo famiglia, vista la minore età di Raffaello o se vi siano state disposizioni a parte emanate nei confronti del valido collaboratore, nonché testimone delle volontà di Santi 65, Evangelista da Piandimeleto 66. Giovanni nominò eredi universali Raffaello e don Bartolomeo, e decise di lasciare alla seconda moglie Bernardina, iglia di un orafo e sposata nel maggio del 1492, l’usufrutto della casa, purché ella conducesse una vita onesta e casta, rimanendo nell’abitazione con i maggiori beneiciari dell’eredità. A Bernardina andavano anche una serie di altri beni, quali vestiti, tovaglie ricamate, cinte, veli, quattro anelli d’oro con e senza pietre. Dal testamento emerge inoltre un dato molto interessante: «libris et codicibus ipsius Iohannis et manu eiusdem» 67. Il fatto che l’artista marchigiano disponesse di testi e codici manoscritti, che venivano lasciati alla moglie, ne sottolinea non solo la ricchezza, ma anche il ruolo di letterato, autore della Cronaca rimata e di rappresentazioni teatrali, scritte per la corte. Egli, forse più di ogni altro, era legato alla cultura dei Montefeltro che magniicamente descrive nei versi del suo poemetto epico. Giovanni Santi è uomo di corte, ben informato sull’aggiornata cultura che gravita in uno dei più rafinati e moderni centri dell’epoca. Pochissime, quasi nulle, sono le indicazioni sulla bottega, ma comunque suficienti per poter affermare una presenza importante in città, che doveva avere un’attività assai iorente 68, visti i numerosi rapporti Santi con personalità illustri dell’epoca e visti i lasciti testamentari. Allo stesso modo anche Bouts seppe inserirsi a pieno nel contesto lovaniense riscuotendo grande successo: l’acquisto di un certo status sociale nel suo caso lo si deve 49 Studi pesaresi 5.2017 in termini geograici. Da una parte vi è la vita di Giovanni Santi, pittore e letterato di corte, dall’altra quella di Dieric Bouts stad schilder. Entrambi hanno abbandonato il loro luogo natale, trasferendosi in un centro culturalmente iorente, in un caso Urbino e nell’altro Lovanio. La loro ascesa sociale, caratterizzata anche dall’unione con famiglie facoltose, permise loro l’acquisizione di terreni e beni. I igli, inine, continuarono la strada intrapresa dai padri, ma se il genio di Raffaello è subito riuscito a mettere in secondo piano l’opera di Giovanni, nella famiglia Bouts fu invece Dieric il vecchio a rimanere il modello insuperato, determinando così una sorta di chiasmo nel rapporto ‘celebrità e generazione’ fra i Santi e i Bouts. in particolare ai dipinti per il municipio, iniziati nell’ottobre 1467 69, e che costituiscono la sola commissione richiesta dalla municipalità di Lovanio. Egli spesso riconosciuto come stad schilder, “pittore della città”, o anche come de Portratuerdere, appellativo, probabilmente usato per indicare proprio la natura eccezionale dell’artista originario di Haarlem, designando un pittore non di decorazioni, quanto di igure e quindi generalmente di pannelli, veniva omaggiato con doni di vino 70 e vestiario, superiori a quelli regolarmente forniti ad altri artigiani e artisti. I documenti, specie i testamenti e gli atti notarili di vendite, di acquisti di case e terreni, di matrimoni sembrano unire due destini quasi paralleli, seppur molto distanti 50 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele partita del Duca da Urbino per andare a Milano, e una disputa de la pictura (lib. XXII, cap. XCI). La Disputa è una cronaca d’arte in cui Giovanni Santi appare aperto al dibattito e al confronto. Questi versi presentano un panorama artistico equilibrato e molto originale, in cui viene prestata attenzione alle diverse generazioni di artisti, così come alle diverse aree geograiche. Per approfondimenti su Giovanni Santi quale fondatore della moderna critica d’arte si veda CreighTon gilBerT, Giovanni Santi, uno dei fondatori della storia dell’arte, in vareSe (a cura), Giovanni Santi cit., pp. 14-18. 8 SanTi, La vita cit., lib. I, cap. I, p. 58. 9 id., Epistola dedicatoria al Duca Guidobaldo, in id., La vita cit., p. 3. 10 giorgio vaSari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, 1550, cur. luCiano BelloSi, aldo roSSi, Einaudi, Torino 1986, p. 618. 11 Bernardino Baldi, Memorie concernenti la città di Urbino dedicate alla sagra real maestà di Giacomo III re della Gran Brettagna &c, Salvioni, Roma 1724, p. 33. 12 Qui, parlando del ben più celebre Raffaello, si riporta: «Il padre suo fu Giovanni de’ Santi urbinese, pur anch’esso pittore, che quantunque non arrivasse nell’arte sua a segno di molta eccellenza, avendo tenuta una maniera alquanto secca, merita contucciò, che di lui si faccia alcuna memoria, giacché per la sua bontà, per l’ottima educazione, che sappiamo aver data al igliuolo, e per la sollecitudine, colla quale procurò, che il bel genio di lui fosse aiutato nell’acquisto di nobili arti, fu non piccola cagione che potesse il mondo possedere uomo sì degno», FiliPPo BaldinuCCi, Notizie dei Professori del Disegno da Cimabue in qua, Batelli, Firenze 1847, vol. 2, p. 21. 13 Su Bouts si veda CaTheline Périer-d’ieTeren, Thierry Bouts: l’œuvre complet, Fonds Mercator, Bruxelles 2005. L’artista è anche conosciuto come Dirk, Dirck o Thierry Boudts o Bout. 14 giorgio vaSari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, et architettori, Giunti, Firenze 1568, vol. 3, p. 858. 15 karel van Mander, Le vite degli illustri pittori iamminghi, olandesi e tedeschi, cur. riCardo de MaMBro SanToS, Apeiron, Sant’Oreste 2000, p. 132. 1 vinCenzo guerrini, Epistola dedicatoria a Monsignor Ludovico Gazzoli, in luigi Pungileoni, Elogio storico di Giovanni Santi, pittore e poeta, padre del gran Raffaello di Urbino, Guerrini, Urbino 1822. 2 Su Federico da Montefeltro cfr. MarCello SiMoneTTa, Federico da Montefeltro: un illustre uomo d’armi fra gli illustri uomini di lettere, in aleSSandro MarChi (a cura), Lo studiolo del Duca. Il ritorno degli Uomini Illustri alla corte di Urbino, cat. mostra (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche 12 marzo-4 luglio 2015), Skira, Milano 2015, pp. 37-44. Si veda anche walTer ToMMaSoli, La vita di Federico da Montefeltro (1422-1482), Argalìa, Urbino 1978. 3 BaldaSSare CaSTiglione, Il libro del Cortegiano, 1528, cur. aMedeo QuondaM, Mondadori, Milano 2002, p. 14. 4 Per maggiori dettagli sul clima artistico urbinate cfr. Claudia Caldari, L’ambiente artistico urbinate nell’ultimo trentennio del Quattrocento, in lorenza MoChi onori (a cura), Raffaello e Urbino: la formazione giovanile e i rapporti con la città natale, cat. mostra (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche 4 aprile-12 luglio 2009), Electa, Milano 2009, pp. 2837. 5 Si veda appunto giovanni SanTi, La vita e le gesta di Federico da Montefeltro duca d’Urbino: poema in terza rima (Codice Vat. Ottob. Lat. 1395), cur. luigi MiChelini ToCCi, Città del Vaticano e Biblioteca apostolica vaticana andrebbero invertite, quindi “cur. Luigi Michelini Tocci, Biblioteca apostolica vaticana, Città del Vaticano 1985”. Per approfondimenti cfr. kiM e. BuTler, La “Cronaca rimata” di Giovanni Santi e Raffaello, in MoChi onori (a cura), Raffaello e Urbino cit., pp. 38-43 e riCCardo SCrivano, La “Cronaca rimata” di Giovanni Santi, in ranieri vareSe (a cura), Giovanni Santi, atti convegno (Urbino, Convento di Santa Chiara, Castelcavallino 17-19 marzo 1995), Electa, Milano 1999, pp. 24-36. 6 Cfr. PieranTonio PalTroni, Commentari della vita et gesti dell’illustrissimo Federico Duca d’Urbino, 1470-1474, cur. walTer ToMaSSoli, Accademia Raffaello, Urbino 1966. 7 Il testo contiene una speciica parte sulla pittura: si tratta della Disputa de la pictura che occupa i vv. 217-426 all’interno del capitolo intitolato De la 51 Studi pesaresi 5.2017 16 SanTi, La vita cit., lib. XXII, cap. XCI, vv. 361-363. 17 Ibid., v. 360. 18 walTer BoMBe, Una ricostruzione dello Studiolo del Duca Federico ad Urbino, in “Rassegna Marchigiana”, VIII, 1929, 3, pp. 73-88, in part. p. 87. Questa spiegazione certamente cozzerebbe con la più probabile intenzione di Santi di riportare nel testo solo i pittori maggiormente conosciuti e importanti anche al di fuori dell’area urbinate, cfr. ranieri vareSe, Giovanni Santi, Cassa di risparmio di Pesaro, Pesaro 1994, pp. 41-42. 19 Cfr. FranCeSCa BoTTaCin, Rilessioni su Giusto di Gand e la sua attività urbinate, in BoniTa Cleri (a cura), Bartolomeo Corradini (Fra’ Carnevale) nella cultura urbinate del XV secolo, atti convegno (Urbino, chiesa di San Cassiano, Castelcavallino 1112 ottobre 2002), Graica vadese, Sant’Angelo in Vado 2004, pp. 69-84 con bibliograia precedente. Una ricostruzione storiograica e critica sul pittore originario di Gand è stata riproposta anche in TaMara doMiniCi, Sul ritorno “a casa” degli Uomini Illustri: analisi e considerazioni su Giusto di Gand e la sua attività urbinate, in “Arte marchigiana”, II, 2015, pp. 9-30. Invece, per quanto riguarda speciicatamente la predella realizzata da Paolo Uccello si veda M. aronBerg lavin, The altar of Corpus Domini in Urbino: Paolo Uccello, Joos van Ghent, Piero della Francesca, in “The Art Bulletin”, XXLIV, 1967, 1, pp. 1-23. 20 Si tratta di Cristo comunica san Pietro, la cui attribuzione a Santi è stata esclusa nella più recente monograia di Ranieri Varese (cfr. vareSe, Giovanni Santi cit., p. 133 e 176) e poi invece rilanciata nel 2006 dalla studiosa Susan Urbach e appoggiata nel 2015 da Alessandro Marchi. A questo proposito si veda MarChi, (a cura), Lo studiolo del Duca cit., p. 126. 21 Nel 1861 Giovan Battista Cavalcaselle e Giovanni Morelli, in occasione del loro viaggio nelle Marche, descrissero brevemente la tavola della Comunione degli Apostoli nel Catalogo delle opere d’arte nelle Marche e nell’Umbria. Cfr. FranCeSCa BoTTaCin, Giusto di Gand e Giovan Battista Cavalcaselle: both “on the road again”, in “Notizie da Palazzo Albani”, XXXIV-XXXV, 2005-2006, pp. 257-269. 22 Cfr. ead., “Non fece el dovere et da noi fu in- teramente pagato”. Giusto di Gand e la “Comunione” del duca d’Urbino: “forse Santi perfezionò?”, in MarChi, (a cura), Lo studiolo del Duca cit., pp. 71-76. 23 BenedeTTa MonTeveCChi, Giusto, Berruguete e i iamminghi a Palazzo, in Paolo dal PoggeTTo (a cura), Piero e Urbino. Piero e le Corti rinascimentali, cat. mostra (Urbino, Palazzo ducale e Oratorio di San Giovanni Battista 24 luglio-31 ottobre 1992), Marsilio, Venezia 1992, pp. 338-348. 24 walTer BoMBe, Intorno alla Comunione degli Apostoli di Giusto di Gand, in “Rassegna Marchigiana”, VII, 1929, 7/8/9, pp. 209-223, in part. 222-223. 25 Per maggiori informazioni sull’argomento cfr. vareSe, Giovanni Santi cit., pp. 248-250. 26 Sul iamminghismo di Santi si veda SuSan urBaCh, Joos van Ghent and Giovanni Santi revisited: a case of study on a “iamminghismo” in Italian painting, in henri PauwelS, andré van den kerkhove, leo wuYTS (a cura), Liber memorialis Erik Duverger, Universa Press, Wetteren 2006, pp. 375-407. 27 Cfr. CaTerina liMenTani virdiS, Alcune note e proposte sul iamminghismo di Giovanni Santi, in vareSe (a cura), Giovanni Santi cit., pp. 115-118, in part. p. 117. 28 Sulla sua attività di ritrattista non può non citarsi lo storico scritto di egidio Calzini, Dei ritratti dipinti da Giovanni Santi, in “Rassegna bibliograica dell’arte italiana”, XV, 1912, 1-3, pp. 11-17. Molto più recente invece il contributo Claudia Cieri via, Giovanni Santi ritrattista, in vareSe (a cura), Giovanni Santi cit., pp. 94-98. 29 Citato in aleSSandro luzio, La Galleria dei Gonzaga venduta all’Inghilterra nel 1627-28, L. F. Cogliati, Milano 1913, p. 189. 30 Ibidem. 31 Cfr. CaTerina liMenTani virdiS, Dirk Bouts: quelques cas de réception ou le charme de la narrativité, in BerT Cardon et alii (a cura), Bouts studies, atti convegno (Leuven, 26-28 novembre 1998), Peeters, Leuven 2001, pp. 345-353. 32 Lovanio (in neerlandese Leuven, in francese Louvain) apparteneva all’antico ducato del Brabante corrispondente all’attuale zona settentrionale del Belgio e a quella meridionale dei Paesi Bassi. 33 Pungileoni, Elogio storico di Giovanni Santi cit., p. 2. Il corsivo è nel testo. Nelle citazioni che 52 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele 40 anna FalCioni, Documenti urbinati sulla famiglia Santi, in MoChi onori (a cura), Raffaello e Urbino cit., pp. 268-284, in part. pp. 271-272. 41 Per approfondimenti sull’attività urbinate di Piero si veda danTe PierMaTTei, Piero e Urbino. La Flagellazione. Metaisica di una morte annunciata, Il lavoro editoriale, Ancona 2008. Si veda anche ranieri vareSe, Giovanni Santi e l’inlusso di Piero, in dal PoggeTTo (a cura), Piero e Urbino cit., pp. 368-371. 42 Nel sud dei Paesi Bassi si svilupparono diverse confraternite dedicate al Santissimo Sacramento. La confraternita del Santissimo Sacramento di Lovanio, una delle più antiche, fu stabilita nel 1432 nella chiesa di San Pietro. Cfr. MauriTS SMeYerS, The living bread. Dirk Bouts and the Last Supper, in id. (a cura), Dirk Bouts (ca. 1410-1475) een Vlaams primitief te Leuven, cat. mostra (Leuven, Sint-Pieterskerk e Predikherenkerk, 19 settembre-6 dicembre 1998), Peeters, Leuven 1998, pp. 35-58, in part. p. 37. Il contratto tra Bouts e la confraternita, stipulato il 15 marzo 1464, è stato trascritto e pubblicato da van Even nel 1898, si veda appunto edward van even, Le contrat pour l’exécution du triptyque de Thierry Bouts de la collégiale Saint-Pierre, à Louvain (1464), in “Bulletins de l’Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique”, LXVIII, 1898, pp. 469-479, in part. pp. 474-476, nota 1. 43 Cfr. MiCheline CoMBlen-SonkeS, The Collegiate Church of Saint Peter Louvain, Centre international d’étude de la peinture médiévale des bassins de l’Escaut et de la Meuse, Bruxelles 1996, pp. 1-84. 44 All’epoca, 1 gulden o iorino renano corrispondeva a 1 lira di 40 grossi iamminghi. In questi anni la varietà delle monete di conto si mostra piuttosto ampia nel territorio borgognone, nonostante siano stati due i sistemi più utilizzati: quello della lira iamminga di grossi e quello della lira sottile di 40 grossi, in generale il più impiegato. Cfr. PeTer SPuFFord, Monetary problems and policies in the Burgundian Netherlands, 1433-1496, Brill, Leiden 1970. 45 Cfr. leo van BuYTen, De sociale situatie van de Leuvense familie Bouts (ca. 1450-ca. 1550), in Dirk Bouts en zijn tijd, cat. mostra (Leuven, SintPieterskerk, 12 settembre-3 novembre 1975), Leuven 1975, pp. 129-176, in part. p. 134, nota 12. Nel 1460-1461, 1 gulden renano era anche l’equivalente seguiranno le parole poste in corsivo saranno sempre riproduzione esatta delle trascrizioni degli originali. 34 Il tragico evento viene ricordato in un rogito del notaio Simone Vanni, cfr. doc., Urbino, 3 ottobre 1562 da Sezione Archivio di Stato di Urbino (d’ora in poi Sasu), Archivio Notarile di Urbino (d’ora in poi Anu), not. Vanni Simone, vol. 7, c. 91v. 35 SanTi, Epistola dedicatoria cit., p. 3. 36 Pungileoni, Elogio storico di Giovanni Santi cit., p. 2. 37 Cfr. doc. Colbordolo, 14 gennaio 1438 da Sasu, Anu, Quadra di Posterula, vol. 30, cc. 8r-v, citato in Anna FalCioni, vinCenzo MoSConi (a cura), Apparato documentario. Regesti e trascrizioni, in MoChi onori (a cura), Raffaello e Urbino cit., pp. 285-333, in part. doc. n. 10. Tutti i documenti riguardanti la famiglia Santi, dalle origini ino alla sua estinzione (XV-XVI), sono oggi facilmente consultabili proprio grazie a questo lavoro di regesto e trascrizione a cura di Anna Falcioni e Vincenzo Mosconi. Inoltre, per comprendere a quanto corrispondesse il pagamento di 40 iorini vanno fatte alcune speciiche sulla monetazione dell’epoca. Nell’ultimo periodo della signoria del conte Antonio (1348-1404) a Urbino una libra si divideva in 20 soldi e ogni soldo valeva 12 denari, mentre il bolognino d’argento si componeva di 14 denari di rame e di argento. Dai documenti emerge che nel 1395 il iorino o ducato a Urbino veniva valutato circa 34 bolognini d’argento e il titolo di cambio andò aumentando negli anni successivi. Per ulteriori informazioni sulla monetazione si veda vinCenzo MoSConi, Le monete urbinati nelle fonti archivistiche (secoli XIV-XVI), in anna FalCioni, anTonello de BerardiniS (a cura), Federico di Montefeltro, Battista Sforza, Elisabetta Gonzaga: mostra documentaria, cat. mostra (Urbino, Palazzo ducale, Sala dei Banchetti 13 agosto-10 ottobre 2010), Ars ducale, Urbino 2010, pp. 33-40. 38 Doc. Colbordolo, 2 febbraio 1436 da Sasu, Anu, Quadra di Posterula, vol. 28, cc. 28v-29r, citato in FalCioni, MoSConi (a cura), Apparato documentario cit., doc. n. 8. 39 Doc. Urbino, 18 giugno 1464 da Sasu, Anu, not. Vanni Simone, vol. 26, c. 62r, citato in FalCioni, MoSConi (a cura), Apparato documentario cit., doc. n. 81. 53 Studi pesaresi 5.2017 di circa 60 plakken (placken o pleeken). Nel 1436, tuttavia, 1 gulden renano corrispondeva precisamente a 54 plakken, cfr. alPhonSe MeuleManS, De Leuvense broederschap van Sint-Lucas, in “Jaarboek van de Geschieden oudheidkundige Kring voor Leuven en omgeving”, XIX, 1979, pp. 3-63, in part. p. 52, nota 263. 46 300 iorini da 40 bolognini. Tra il 1445 e il 1450, sotto il governo di Federico da Montefeltro, 1 iorino corrispondeva a circa 45/50 bolognini, cfr. MoSConi, Le monete urbinati cit., p. 33. 47 Fernando MaríaS, FeliPe Pereda, Petrus Hispanus pittore in Urbino, in FranCeSCo Paolo Fiore (a cura), Francesco di Giorgio alla corte di Federico da Montefeltro, atti convegno (Urbino 11-13 ottobre 2001), Olschky, Firenze 2004, pp. 249-267, in part. vol. 1, p. 254. Nell’ottobre 1474 la confraternita pagava «iorini trecento de bolognini 40 l’uno contati / a mastro Giusto da Guanto depentore per iorini 250 d’oro, / a lui promessi per sua fatigha per dipingiare la ta/vola de la fraternita», doc. Urbino, 25 ottobre 1474 da Archivio della Confraternita del Corpus Domini (d’ora in poi Accd), lib. B, 1, c. 73r, citato in FalCioni, de BerardiniS (a cura), Federico di Montefeltro cit., p. 94. 48 «[N]on fece el dovere, et da noi fo intieramente pagato», doc. Urbino, 25 ottobre 1474 da Accd, lib. B, 1, c. 74v, in FalCioni, de BerardiniS (a cura), Federico di Montefeltro cit., p. 95. 49 In più, la presenza di studiosi e professori provenienti dall’Olanda e in particolare da Haarlem potrebbe aver favorito lo spostamento di Bouts, che nel 1448 pare fosse già presente nella città brabantina. Cfr. MauriTS SMeYerS, Dirk Bouts: peintre du silence, Renaissance du Livre, Tournai 1998, pp. 25-26. A testimonianza del fatto che l’artista non fosse originario di Lovanio vi è per esempio anche un documento in cui si legge: «Theodoricus et Albertus Bouts fratres, ilii quondam magistri Theodorici, quos hahuit a Katherina quondam Metten Gelde, ejus uxore, […] cum consensu ac scitu et interesse domini Mychaelis Absoloens, militis, Brugimagistri oppidi Lovaniensis, ex parte dicti quondam Theodorici, nativi extra patriam, et Judoci Lachman, consanguinei dicti Alberti, ex parte matris», Atto del 12 luglio 1476, citato in wolFgang SChöne Dieric Bouts und seine Schule, Verl. für Kunstwissenschaft, Berlin 1938, p. 234, doc. 22. 50 Quando Filippo III il Buono (1419-1467) divenne duca di Borgogna nel 1419, il Barbante era retto da Giovanni IV (1415-1427), il iglio maggiore di Antonio (1406-1415), noto anche come Antonio del Brabante e fratello di Giovanni Senza Paura (14041419), quindi anch’egli iglio del duca di Borgogna Filippo l’Ardito (1364-1404). Cfr. riChard vaughan, Philip the Good: the apogee of Burgundy, Longmans, London 1970. 51 JohanneS MolanuS, Historia Lovaniensium libri XIV, cur. Pierre FrançoiS Xavier de raM, M. Hayez, Bruxelles 1861, lib. IX, cap. 2, p. 461. 52 Cfr. raYMond van uYTven, Stadsinanciën en stadsekonomie te Leuven van de XIIe tot het einde der XVIe eeuw, Koninklijke academie voor wetenschappen, letteren en schone kunsten van België, Bruxelles 1961. 53 Per approfondimenti si veda id. (a cura), Leuven de beste stad van Brabant, 1. De geschiedenis van het stadsgewest Leuven tot omstreeks 1600, Vrienden stedelijk musea, Leuven 1980, pp. 113-365. 54 SanTi, La vita cit., lib. XII, cap. LII, vv. 145168. 55 Doc. Urbino, 7 aprile 1482 da Accd, b. 1, fascicolo II, c. 27, citato in FalCioni, MoSConi (a cura), Apparato documentario cit., doc. n. 196. 56 Giovanni doveva essere rientrato a Urbino già da un paio di anni, se il cantastorie di Mercatello sul Metauro, Antonio Nuti, in un’ottava a lui inviata nel 1480, afinché la correggesse, riportava: «Librecto mio, se se’ palesato / Lì in Urbino fra quei Merchatanti, / E che si lecto in pian de Merchato / O da le dompne o da giohan de Santi, / Voglo ch’a lui tu si ricomandato, / Che te correghi, ch’è secondo Danti», citato in luigi MiChelini ToCCi, Giovanni Santi e il suo poema, in SanTi, La vita cit., p. XII. 57 Doc. Urbino, 12 novembre 1486 da Accd, lib. B, 1, c. 127r, citato in FalCioni, MoSConi (a cura), Apparato documentario cit., doc. n. 252. 58 Doc. Urbino, 12 aprile 1487 da Accd, lib. B, 1, c. 130r, citato in FalCioni, MoSConi (a cura), Apparato documentario cit., doc. n. 259. 59 Doc. Urbino, 10 giugno 1487 da Accd, lib. B, 1, c. 127v, citato in FalCioni, MoSConi (a cura), Apparato documentario cit., doc. n. 260. 54 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele su Giovanni Santi, in vareSe (a cura), Giovanni Santi cit., pp. 223-226. 66 Su Evangelista da Piandimeleto cfr. BoniTa Cleri, Claudio CreSCenTini (a cura), Evangelista da Piandimeleto: «primo maestro di Raffaello», Erreciemme, Roma 2016. 67 Doc. Urbino, 27 luglio/29 luglio 1494 da Sasu, Anu, Quadra di Santa Croce, vol. 84, cc. 32v/34v, citato in FalCioni, de BerardiniS (a cura), Federico di Montefeltro cit., pp. 309-310, docc. 327-328. 68 A testimonianza della feconda attività è interessante il saggio di Maria Rosaria Valazzi relativo alle migrazioni dei modelli e alle differenti mani presenti nelle opere di Santi, cfr. Maria roSaria valazzi, Rilessioni sulla bottega di Giovanni Santi e la migrazione dei modelli, in MoChi onori (a cura), Raffaello e Urbino cit., pp. 52-59. 69 Per il nuovo e suggestivo municipio, Bouts fu incaricato di eseguire il Giudizio Finale. A seguire furono commissionati a Bouts anche quattro pannelli con esempi storici di giustizia, le cui uniche due tavole a essere completate ed esposte furono quelle de Il giudizio dell’imperatore Ottone. Cfr. JaCoB wiSSe, Distinguishing between Bouts and Stuerbout as oficial city painters, in SMeYerS (a cura), Dirk Bouts (ca. 1410-1475) cit., pp. 19-34. 70 Il vino è un elemento molto utile per comprendere lo status sociale acquisito, essendo un bene di lusso rispetto alla più comune birra. 60 Infatti, lo troviamo presente, in qualità di testimone, in stipule di contratti fra personaggi illustri dell’epoca, a dimostrazione della posizione di tutto rispetto che aveva pienamente acquisito. In questi anni Giovanni lavorò per il patrizio cagliese e alto funzionario di corte Pietro Tiranni, per il vicario Domenico de’ Domenici e le relazioni con la corte, lo portarono anche a dover organizzare la direzione della decorazione del Tempietto delle Muse nel Palazzo ducale di Urbino. Cfr. CeCil h. Clough, Il Tempietto delle Muse e Giovanni Santi, in vareSe (a cura), Giovanni Santi cit., pp. 63-70. 61 Cfr. SMeYerS, Dirk Bouts cit., pp. 28-29. 62 Cfr. edward van even, L’ancienne école de peinture de Louvain, Muquardt, Bruxelles 1870, p. 119. Per maggiori dettagli si veda inoltre van BuYTen, De sociale situatie cit. 63 È possibile trovare una trascrizione del testamento in SChöne, Dieric Bouts und cit., pp. 230-232, doc. 17. 64 «[O]mnia instrumenta ad oficium picture pertinentia, similiter et omnes tabulas et ymagines nondum perfectas neque completas», ibid., p. 231, doc. 17. 65 Il 1 agosto del 1494, di ritorno dal viaggio a Mantova, Santi si spegne, dopo aver dettato il suo testamento in due diverse redazioni a pochissimi giorni di distanza l’una dall’altra. Riguardo alle due redazioni del testamento cfr. ToM henrY, Nuovi documenti 55 Finito di stampare nel mese di Novembre 2017 per conto della casa editrice il lavoro editoriale