MARIO GULLÌ
Analizzando le opere di Jung emerge che più della metà della sua vita è stata
spesa approfondendo l'Alchimia ed il suo rapporto con la psicologia ed il processo
di crescita denominato, da Jung, processo di individuazione.
Per cogliere il senso dei suoi studi, e di quelli dei suoi allievi come Marie Louise von Franz, bisogna considerare l'Alchimia sia da un punto di vista collettivo che
individuale; un presupposto è il considerarla un fenomeno religioso, come una manifestazione del pensiero gnostico emerso in contrapposizione ed a compensazione del pensiero dominante nei secoli XIII-XIV, centrato sul dovere accettare in
modo assoluto e dogmatico la verità rivelata, annullando quasi completamente la ricerca e la scoperta personali. Oggi possiamo considerare l’Alchimia l’anello di collegamento tra gnosticismo e psicologia del profondo; per questo motivo Jung definisce gli alchimisti “esploratori empirici dell’inconscio”.
Per utilizzare un termine a me caro l'alchimista è un libero pensatore, un
Selbstdenker, qualcuno che pensa in base al Sé, che non si fa influenzare nella ricerca della verità e della conoscenza da dettami esterni e verità preconfezionate; la
ricerca inizia senza sapere cosa si troverà e, inoltre, nemmeno l’inizio dell’Opus è
codificato: Jung cita 106 esempi di Prima Materia, il processo può quindi avere inizio da qualsiasi elemento.
Per sgombrare il campo da malintesi e fraintendimenti, non mi occuperò degli
aspetti fisici o chimici del processo alchemico, aderente alla massima alchemica
aurum nostrum non est aurum vulgi, con ciò significando che la trasformazione ricercata è quella di noi stessi, non quella del metallo piombo in oro!
Del resto, il dovere utilizzare acqua che non bagna o fuoco che
non scalda dovrebbe fugare ogni
dubbio che si opera sul piano spirituale. È forse utile sottolineare
che l'Alchimia si differenza dalla
magia perché il suo obiettivo primario non è modificare la materia
fisica o interferire su un piano reale; entrambe possono essere teurgiche, auspicando l'intervento di un essere superiore, il deus concedente da cui dipendeva la buona riuscita del processo, ma con obiettivi diversi: infatti, per la buona riuscita dell’Opus alchemico non basta la cottura, ma serve anche la preghiera.
Uno dei presupposti ermetici dell’Alchimia è che il
lavoro sul mondo esterno provoca un effetto anche dentro di noi, nella nostra Essenza. Mente e materia sono
connesse indissolubilmente, quindi l’Opus fatto sulla
materia spiega i suoi effetti anche sulla psiche; ciò è ad
esempio rappresentato nella tavola tratta dal Meier (Tripus Aureus 1677) dove si vedono unite una biblioteca e
un’officina alchemica.
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PSICOLOGIA
Quando ci si dimenticò che esiste l’Anima Mundi, che vi è un Unus Mundus
che trascende spirito e materia e li include, il chimico si separò dal filosofo ermetico
e furono artificiosamente separati i campi di fisica e mistica, sorse l’Illuminismo che
separava interno ed esterno. La Natura fu svuotata e oggettualizzata ed eliminate
le proiezioni psichiche, il mondo mentale diventò così astratto, ma la costruzione
della realtà, come la intendono i Moderni in contrapposizione ai Tradizionali, lascia
fuori tante cose, troppe.
Ha rilevato Jung che “Con la Hybris dell'intelletto non si va proprio da nessuna
parte. Si deve quindi accettare quel che l'inconscio produce, e sta a voi capire il suo
linguaggio. È il linguaggio della natura. Non è il vostro linguaggio, è la logica della
natura, l'intelligenza della natura, è la moralità della natura che deve essere tradotta in forme umane. La forma è il compito e questo, vedete, è il motivo della dignità
dell'uomo. Egli da un senso alla creazione, poiché in essa non vi è riflessione. È
l'uomo che possiede la riflessione. Questo è il suo compito e se lo adempie può vivere. Può vivere nel modo giusto e non è sterile. Se invece si pone al di sopra di
esso è sterile, stupido. È incommensurabile con la scienza”. (C. G. Jung)
Va comunque detto che la divisione tra l'esterno e l'interno è artificiale, viene
creata dalla coscienza per motivi difensivi pratici e di adattamento. La coscienza è
strutturata per dividere e ciò è funzionale alla sopravvivenza, al non essere invasi
dai contenuti archetipici, ma la realizzazione del Sé prevede una Opus Contra Naturam, la sintesi e il superamento degli opposti, meta anche del processo alchemico. In entrambi i casi si ricerca l’Unus Mundus, che si oppone alla logica dell’Io,
l’Esse in Anima che supera tanto l’Esse in Res quanto l’Esse in Intellectu; più si riduce la distanza tra l'esterno e l'interno, più aumenta la consapevolezza dell’Unus
Mundus, e quando sarà abolita la distanza tra l'esterno e l'interno vivremo nel tempo e nell’eternità: la coniunctio si è finalmente compiuta.
Il concetto di Unus Mundus è alla base dell’alchimia. Con esso si intende la
consapevolezza che esista un livello originario dove gli opposti coincidono. Nel suo
Physica Trismegisti Dorneus ne offre la spiegazione filosofica: all’inizio Dio creò un
mondo (Unus Mundus). Lo suddivise quindi in due, cielo e terra. In questa diade si
cela un terzo elemento mediano, ossia l’unità originaria che partecipa di entrambi
gli estremi. Oltre a essere l’origine del mondo l’Unus Mundus è il fine della nostra
vita rappresentato dalla coniunctio e dai mandala, le figure sacre orientali che secondo Jung rappresentano il Sé e la totalità.
In quest’area non è più possibile comprendere se le trasformazioni sono più
materiali o spirituali, siamo nella zona psichica intermedia tra questi due regni dove
avvengono gli avvenimenti sincronicistici, dimostrazione empirica dell’Alchimia,
dove il piombo può realmente divenire oro. Ciò che conta quindi è quello spazio in
mezzo, tra dentro e fuori, tra soggetto e oggetto ed è il simbolo che li unisce. Il sim-
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MARIO GULLÌ
bolico non va considerato come il contrario del reale ma semmai del concretistico1,
del letterale e dell’unilaterale.
La Sincronicità è una teoria junghiana nata per spiegare nessi acausali, che
superano la rigida logica aristotelica di spazio e tempo, avvenimenti o oggetti lontani nello spazio e nel tempo possono essere invece legati indissolubilmente, fenomeni spirituali e fisici possono interagire tra di loro, come interno ed esterno, pensi
intensamente ad una persona che non vedi e senti da tempo e ti telefona, trovi in
una bancarella un libro fondamentale per uno scritto che stai completando, un tuo
paziente sogna un’immagine che è innegabilmente legata a te, etc. Questi avvenimenti avvengono nell’Unus Mundus, dove esistono connessioni inspiegabili ma legate all’unità originaria del mondo fisico e spirituale.
Come dice la Von Franz l’Unus Mundus non è una promessa,
è un ricordo, legato all’area psicoide, quella zona dove conscio
e inconscio sono indifferenziati, come nell’Ourobouros.
Ed è qui che presumibilmente hanno origine le malattie
psicosomatiche e le guarigioni miracolose, il lapis − la pietra filosofale, che contiene la sapienza divina imprigionata − è anche la prima materia oltre che la fine del processo, il deus absconditus da liberare.
L’Alchimia era e può essere una strada per sviluppare la consapevolezza, attraverso la tecnica della imaginatio, vera e non fantastica, che è una forma diversa
di percezione, non attraverso l’Io ma attraverso il Sé. Si opera una sintesi e attraverso essa, attraverso il contatto con l’Unus Mundus si modifica la coscienza egoica; permette di trovare una rappresentazione simbolica dei contenuti in una zona
intermedia; la coscienza “lavorata” alchemicamente diventa permeabile all’inconscio, aperta al solve et coagula, all’immanenza e alla trascendenza, al contagio psichico tra interno ed esterno e tra analizzando e analista.
Più che una tecnica di guarigione, l’analisi è una via di trasformazione della
coscienza e del suo rapporto con l’inconscio, è una disciplina spirituale, il processo
analitico si risolve in arte, nella cambiamento risiede la stabilità.
Il simbolismo alchemico è vasto e complesso, dovrò quindi limitarmi a fornire
solo pochi accenni per fornire un quadro più ampio del rapporto tra psicologia e alchimia, senza stravolgere eccessivamente il lascito Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius. Inoltre, come avrete notato, vi sono delle immagini dietro di me
che scorrono, l’Alchimia e la trasformazione profonda sono infatti veicolati dalle immagini, non dalle parole; gli insegnamenti non sono trasmettibili e un testo fonda1 CONCRETISMO. - Particolarità determinata del pensiero e del sentimento opposta all'astrazione. Letteralmente, concreto significa: unito nella crescita, "con-crescere". Un concetto concreto è tale in quanto è
rappresentato come fuso, unito con altri; non è né astratto, né distinto, né esistente in sé; Si deve rapportare a qualcosa con cui si compenetra, non ancora differenziato, è come invischiato nella massa del materiale trasmesso dai sensi. Il pensiero concretista si pone al centro di concetti ed intuizioni concrete, rapportandosi sempre alla sensorialità. Allo stesso modo, al sentimento concretista non manca mai la partecipazione sensoriale. (Il sistema di Carl Gustav Jung http://www.nilalienum.it/Sezioni/Bibliografia/Psicoanalisi/JungDef.html)
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PSICOLOGIA
mentale è il Liber Mutus, contenente solo immagini su cui meditare. Concentrarsi
sulle indicazioni spesso ridicole del processo in sé mi ricorda quei “porci” – citando
liberamente Nietzsche – che hanno il Libro Rosso di Jung e si concentrano sul filo
di nylon – il testo, che sia italiano, inglese, tedesco – e non sulle perle, le immagini.
La psicologia e l’epistemologia di Jung sono profondamente simboliche e non letterali o etimologiche!
Come accennato il presupposto degli studi junghiani sull'Alchimia è che l'adepto proietta i propri contenuti psichici nella materia per poterli poi trasformare e riassimilare. Il deus absconditus da liberare è quello che Jung chiama Sé, il centro e la
totalità della psiche, la meta del già citato processo di individuazione che si può
riassumere come la propria realizzazione, riassunta col motto “diventa ciò che sei”.
La trasformazione da uomo di rame a uomo di argento e poi a uomo d’oro in tutte le
fasi legate all’opera al nero, il contatto col drago e altre prove che, attraverso il processo del solve et coagula ripetuto innumerevoli volte, permettono una trasformazione senza fine fatta di nascita e morte, dissoluzione e creazione.
Naturalmente perché questo possa verificarsi è necessario che chi si trova davanti alle immagini dell’inconscio abbia
verso di esse la necessaria apertura, che senta e viva l’inconscio non come un’ipotesi o come l’oggetto di un’indagine
che si può portare avanti in modo distaccato, ma come un
dato di fatto senza dimenticare che chi indaga è allo stesso
tempo indagato dall’inconscio. “Se scruti a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà in te.”2
Appare chiaro che i testi degli alchimisti possono essere considerati un’esemplificazione della proiezione come la intende Jung sin dai seminari sullo Zarathustra, quindi non un modo di separare e scindere, ma un modo di unire, la proiezione come immedesimazione, come partecipazione empatica, compassione, direbbero i buddisti tibetani.
Accennerò brevemente ad alcuni elementi del processo alchemico legandoli
alla psiche, chiarificando che sarò schematico pur consapevole che molte caratteristiche sono interscambiabili tra i vari elementi. Mi concentrerò su Sale, Zolfo e Mercurio:
Il Sale rappresenta l’umidità che trattiene, è il femminile creativo, simboleggia
la sapienza eterna che accoglie il principio dinamico, maschile dello Zolfo; permette
l’accesso alla modalità trasformatrice che si oppone alla pietrificazione della coscienza; il Sale alchemico risolve la tensione, purifica e stabilizza, permette la trasformazione del corpo in luce, l’accesso all’Albedo. Trasforma l’impeto in esperienza psichica. Se non fecondato però rappresenta la fissità, come la moglie di Lot trasformata in statua di sale per avere guardato indietro, è questo l’aspetto mortifero
del Sale.
2 Friederich Nietzche, Al di là del bene e del male, aforisma N° 146
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Come ogni simbolo anche il sale è paradossale, rappresenta l’Amaritudo e la
Sapientia, ma gli opposti sono mediati, acido e base.
Lo Zolfo è invece il principio maschile, aspro e tagliente; è solare, viene rappresentato dal Fuoco, è quello che avvia i processi mentali e ne permette lo sviluppo, è dinamico, è il fixum da estrarre dal profondo e lavorare, dà corpo e solidità al
movimento psichico, permette la coagulatio ma può anche bloccare il pensiero,
come il divino che si può impossessare della psiche, inflazionandola, portando anche ad un’identificazione archetipica. Finita la spinta sulfurea serve la fissità, come
ad esempio nell’amore.
È legato all’urgenza e alla passionalità è ciò che
brucia nelle Nozze Chimiche di Rosenkranz separando gli innamorati; lo Zolfo come principio attivo dell’Alchimia feconda o uccide il Mercurio inerte producendo
i metalli: trasmutando il Mercurio produce invece il cinabro, ricco di simbolismi esoterici.
Lo Zolfo lascia in balia di emozioni calde ma rischia di bruciare l’incontro umano mentre il Sale raffina le emozioni affinché si trasformino in sentimenti tollerabili, è fondamentale ad
esempio per fronteggiare la delusione. Senza Zolfo vi è assenza di movimento psichico, senza Sale gli eventi non possono essere vissuti intimamente: la soggettività
risiede nel Sale, le passioni nello Zolfo.
Sale e Zolfo si abbracciano e in questo abbraccio,
che può essere mortifero o foriero di rinascita, si svolge il
processo alchemico formato da infiniti solve et coagula,
antitetici ma uniti in un abbraccio dinamico che si scioglie
per ricostituirsi, rappresentano la formazione di un simbolo
attraverso la funzione trascendente. L’unione di Sale e Zolfo, di due realtà drammaticamente diverse, di un sapere lunare, introspettivo e paradossale, e di una comprensione
solare, logica e lineare, permette un’alternanza al servizio
della trasformazione della personalità.
Il Mercurio è invece spesso considerato il figlio di Zolfo e
Sale, che sono simbolicamente fratello e sorella, ha una funzione catalitica, attiva e favorisce il processo psichico, attraverso la via misterica porta alla transustanziazione, al cambiamento di stato, come l’iniziazione, alza e abbassa il fuoco, media tra introversione e estroversione, tra materia e spirito, permette la coniunctio facendo da solvente e catalizzatore, è la
funzione simbolica e trascendente.
Si pone in uno stato intermedio, ha le chiavi di accesso all’Unus Mundus, è per definizione lo psicopompo per eccellenza; permette la creazione della Quintessenza.
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PSICOLOGIA
Concludo accennando alle fasi alchemiche. Nigredo: è la
prima fase del processo sia alchemico che, metaforicamente e
simbolicamente, di individuazione e crescita psichica; descrive
le difficoltà del dovere fare i conti con le proprie parti oscure,
schematicamente quello che Jung chiama Ombra. È una sorta
di nekyia, di discesa agli inferi, ben rappresentata dall'acronimo V.I.T.R.I.O.L., visita interiora terræ rectificando invenies
occultum lapidem. Aggiungendo le parole veram medicinam
l’acronimo diventa vitriolum). I termini utilizzati sono esplicativi di ciò che avviene:
putrefactio, dissolutio, mortificatio etc…
La nekyia è ricorrente in Gilgamesh, Kore e altri eroi mitici, ma anche per ogni
persona in cammino lungo il percorso dell’evoluzione. Sembra, infatti, essere una
delle esperienze cruciali della vita poiché non tutti fanno ritorno dall’inferno; Enea
ed Eracle vi riescono, Piritoo resta per sempre imprigionato nel regno delle ombre,
in parte come Colapesce, anche se questo ultimo, comunque, svolge un compito
fondamentale.
Esplorare le regioni dell’ignoto e dell’inconscio non è tuttavia di grande giovamento se l’Io non fa ritorno alla dimensione concreta, portando con sé l’essenza
dell’esperienza compiuta.
È necessario sprofondare nel baratro oscuro, prima di giungere alla luminosità
dell’altezza, identificando lo spirito con l’alto, separandolo dall’oscurità del mondo
sotterraneo: rifiutare le tenebre significa chiudere le ali dell’anima che diviene e
muta solo nel rischio.3 Questa necessità è rappresentata da Jung con lo stato d’introversione, ”la libido sprofonda nei propri abissi” e trova nell’oscurità un surrogato
del mondo in superficie che essa ha abbandonato, e cioè il mondo dei ricordi, [lo]
stato paradisiaco della prima infanzia.4
Prosegue Jung “Tuttavia “il pericolo è grande”, come dice Mefistofele (scena delle madri) l’abisso seduce. Quando la libido abbandona il luminoso mondo superiore – sia in virtù di una libera scelta, o perché scemata la forza vitale, o perché
così vuole il destino dell’uomo, - ricade nelle sue proprie profondità, alla sorgente
dalla quale era scaturita in origine e fa ritorno al punto di rottura […] questo punto di
rottura ha nome Madre […] quando vi è da compiere qualche grande opera, dinanzi alla quale l’uomo indietreggia disperando delle sue forze, la sua libido rifluisce al
punto di origine della sorgente e questo è il momento pericoloso nel quale occorre
decidere tra l’annientamento e una nuova vita. Se la libido si attarda e rimane impigliata nel regno meraviglioso del mondo interiore, per il mondo superiore l’uomo
non è più che un’ombra; e come se fosse morto o gravemente ammalato. Ma se la
libido riesce a liberarsi e a farsi strada verso l’alto si verifica il miracolo: la discesa
nel mondo sotterraneo sarà stata un tuffo nella fonte di giovinezza e un nuovo impulso fecondatore risulterà dalla morte apparente.”
3 C. G. Jung (1934-54) Gli archetipi dell’inconscio collettivo, op. compl. vol. IX tomo 1 Boringhieri, pag.18
4 Jung (12-52) op. cit pag.288
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E, più avanti, “il peggior nemico alberga dentro di lui: l’anelito pericoloso di inabissarsi in sé stesso, di annegare nella propria sorgente, d’esser tratto giù nel regno delle madri”.5
È però implicito che, superata questa fase, vi è un grande beneficio: in stercore invenitur. La rinascita necessita di una morte, rappresentata, tra l’altro, dal caput corvi; l’inizio di cambiamento è invece simboleggiato dall’oculus piscis fino a
giungere alla cauda pavonis, la fine del processo. Dalla clinica sappiamo che spesso nei sogni o nell’immaginazione attiva si può cogliere questo passaggio, un ambiente o un’immagine mortifera che contiene un frammento di Luce, di speranza e
cambiamento.
Può essere uno stato iniziale o il prodotto della decomposizione, dopo l’unione degli opposti che muoiono può ricominciare
il processo, infinite volte solve et coagula, la materia viene purificata, sciolta e addensata. Lo stesso vale per il processo psichico, non si superano certi aspetti una volta per tutti, non si raggiunge la perfezione, si elimina solo una scoria ma poi bisogna
eliminare le altre, accettando di ricominciare il processo.
La seconda fase è l’Albedo vista come qualcosa di lunare e femminile, rappresentata dall’Argento, vi è insita la rugiada che purifica, la Regina,
la Sposa, in termini junghiani l’Anima, la parte contro-sessuale della personalità dell’Uomo (non dimentichiamo che la
maggior parte degli Alchimisti erano uomini e che quindi le figure che
si costellavano nel loro inconscio emergendo erano tipiche del loro
sesso), ma presente anche nella psiche delle donne, e che è legata
oltre al femminile anche al materno, simbolicamente è la Sapienza,
la Sophia.
La terza fase, caduta in disuso è la Citrinitas, l’opera al giallo, mentre l’ultima è
la Rubedo, l’opera al Rosso, solare e maschile, rappresentata anche dal Re. In
questa fase si raggiunge l’oro dei filosofi, la perfezione, il Sole della coscienza che
è in grado di gestire l’inconscio, rappresentato dal matrimonio sacro.
L’Alchimia utilizzava innumerevoli figure per rappresentare quanto detto. Oltre ai già citati Re e Regina, Sole e Luna, una figura che rappresenta bene il
processo è l’Ermafrodito (due elementi giustapposti)
che dopo il processo diventa Androgino (due elementi integrati), l’essere perfetto.
Concludo con una citazione di Jung “L’incontro
tra due persone è come l’incontro di due sostanze
chimiche che si trasformano vicendevolmente.”
5 Ibidem pag 347
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