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"Non solo oggi" di Fortini [1991]

Recensione di F. Fortini, "Non solo oggi", a cura di P. Jachia, Editori Riuniti 1991

Pietro Cataldi La strana pietà Schede sulla letteratura e la scuola Palumbo © Copyright by G.B. Palumbo & C. Editore S.p.A. - 1999 Proprietà letteraria dell’Editore Stampato in Italia Indice Premessa. Giustificazione di un percorso 9 1 Perché leggere Dante (oggi)? 15 2 Dante per pochi. Vita Nova di Gorni 25 3 A chi appartiene Dante? Per un commento della Commedia 31 4 Il Dante reazionario di Sanguineti 39 5 Percorsi dell’invenzione: Maria Corti e Dante 43 6 Il “mistero” di Guittone e il Canzoniere curato da Lino Leonardi 47 7 Folengo e la fantasia. Un saggio di Segre su «Strumenti critici» 49 8 L’opera in versi e in prosa di Sbarbaro 51 9 L’edizione critica della Cognizione del dolore di Gadda curata da Manzotti 55 10 La «strana pietà» dei montalisti 61 11 Il Diario postumo di Montale 69 12 Pasolini non è il fato 73 13 La natura e la civiltà. L’impianto leopardiano del Pianeta irritabile di Volponi 87 14 La poesia straniante di Leonetti tra Palla di filo e Le scritte sconfinate 91 15 Le scritte sconfinate di Leonetti 95 16 Sulle Lezioni americane di Calvino 99 17 L’olivo e l’olivastro di Consolo 103 18 Il domani di Ciabatti 107 6 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 Indice Niente di personale di Gianfranco Ciabatti Non solo oggi di Fortini Il “metodo” di Timpanaro Elogio della critica (per una ristampa di Luigi Russo) Quarant’anni di critica letteraria in un libro di Leone de Castris Eco e l’estetica della serialità Reagan, Eco e l’“intentio lectoris” La tradizione in Gadamer. Comprendere e persuadere Da Derrida a Saussure. Ritorno al futuro La retorica al servizio della linguistica Contro le riviste di poesia La cultura e la propaganda. Tatò e Bosetti La letteratura a dispense di Siciliano Il Dizionario della letteratura italiana del Novecento di Asor Rosa Complessità e illuminismo. La Storia di Ferroni Le Lettere a Belfagor di del Brica ricevute da Ferroni La «ricreazione» e la riforma della scuola. A proposito di un libro di Ferroni Scuola e mercato. L’insegnamento nel tempo del Postmoderno Elogio del difficile Commento e parafrasi Conversando con Levìfilo 111 115 119 143 147 151 163 169 175 179 183 189 191 199 205 211 215 225 229 233 249 20. Non solo oggi di Fortini «Ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi». Questa conclusione del leopardiano Cantico del gallo silvestre mi tornava alla mente nel leggere quella della voce «Comunismo» tra le pagine di Non solo oggi (Editori Riuniti, Roma 1991), dove Paolo Jachia ha raccolto «cinquantanove voci» di Franco Fortini. Eccola: «Il comunismo è il processo materiale che vuol rendere sensibile e intellettuale la materialità delle cose dette spirituali. Fino al punto di saper leggere e interpretare nel libro del nostro medesimo corpo tutto quel che gli uomini fecero e furono sotto la sovranità del tempo, le tracce del passaggio della specie umana sopra una terra che non lascerà traccia» (p. 43). Respingerei l’accostamento, senza farne parola, non credessi con fermezza che il problema della fine, dell’estinzione, riguarda (deve riguardare) da vicino l’orizzonte del comunismo. L’illusione di poter lacerare attraverso la indefinita perfettibilità dell’uomo il vincolo del suo limite materiale come individuo o come specie o come ente è sublimazione idealistica e rimozione; e anche se questa illusione non è stata estranea alla stessa tradizione marxista (con straordinarie eccezioni, prima fra tutte quella di Engels), la concezione materialistica dell’esistenza trova in Leopardi un memento che non so immaginare più definitivo. Su tutto questo Sebastiano Timpanaro ci ha pure insegnato qualcosa. Non mi sfugge però la novità che una parte almeno della tradizione marxista introduce sul disperato scenario leopardiano, e che nelle parole di Fortini che ho riportato si esprime particolarmente in una replicazione: «… inter- 116 La strana pietà pretare… le tracce del passaggio della specie umana sopra una terra che non lascerà traccia». Il destino della storia umana è compreso nel destino universale ma non si identifica nella sua mancanza di senso. Leopardi usa la stessa implicazione, nell’operetta del Gallo silvestre, in vista di una conclusione opposta: «Tempo verrà che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta. E nel modo che di grandissimi regni ed imperi umani, e loro meravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi né segno né fama alcuna, parimenti del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo…». Il tentativo di fondare un’antropologia marxista si basa sulla possibilità che un significato relativo dell’essere uomo abbia tuttavia senso nella mancanza di un significato assoluto dell’esistenza. In questa accezione essa dà anche una risposta, «sotto la sovranità del tempo», al bisogno religioso dell’uomo. Non solo, secondo le note parole di una lettera di Marx, «il mondo possiede da molto tempo il sogno di una cosa, di cui non ha che da possedere la coscienza, per possederla realmente», ma anche possiede l’incubo di una non-cosa di cui non ha che da prendere coscienza, per accettarla e difendersene. «Comunismo è rifiutare ogni specie di mutanti per preservare la capacità di riconoscerci nei passati e nei venturi»; così ancora Fortini. E non sono certo che questa prospettiva “radiosa” sia assente dalla più alta meditazione leopardiana, se «l’onesto e il retto / conversar cittadino, / e giustizia e pietade» della Ginestra si accompagnano alla restituzione alla luce dell’«estinta Pompei», alla resurrezione «sotto la sovranità del tempo» del suo significato (e il nome di Benjamin è qui quanto mai a proposito, e non estraneo alla meditazione fortiniana, pure originata forse piuttosto dal prospettivismo lukacsiano). Un’antropologia marxista si occupa di rendere sempre meglio dettati da «pietà» e non da «avarizia» quegli “scavi” (per stare ai termini del pertinente dubbio di Leopardi), e sa che quella «pietà» è infine pietà di sé, riconoscimento della specie nell’individuo. Lo dice bene Fortini: «La identificazione con le miriadi scomparse e con quelle non ancora nate è rivolgimento amoroso verso i vicini e i prossimi, allegoria dei lontani». Non ho voluto soffermarmi su questo punto del libro, tra i molti possibili, solo perché credo che il contributo di Fortini a un’antropologia marxista sia assai rilevante e perché d’altra parte si tratta di un libro entro il quale si aggirano poche questioni fondamentali tra loro intrecciate — dove il comunismo e il materialismo sono infallibilmente tra queste. La mia intenzione è stata di sottolineare la scottante inattualità di queste riflessioni, pure contenute in uno dei die- Non solo oggi di Fortini 117 ci lemmi non ripresi da pagine già raccolte in volume, tutti di questi ultimissimi anni (del 1989, nel caso di «comunismo»). Sarebbe facile, certo, dire che il problema della sopravvivenza della specie umana è in verità attualissimo sull’orlo della distruzione ambientale o atomica e non meno quello della identità del soggetto uomo nel colmo di quell’alienazione e reificazione che ne sono il risvolto individuale. Ma è evidente che l’inattualità deriva proprio da questa “coincidenza”, che non viene quotidianamente rimossa ma è la propria rimozione. Ci tengo perciò al senso di inattualità, più forte ancora per gli scritti recenti che per i lontani, più netto per quelli che originano da spunti di cronaca quotidiana che per i generali e teorici: non questo libro solamente, ma le sue implicazioni, che condivido, hanno perciò validità e forza non solo oggi. Questo dislocamento eccentrico non è una novità, per il lettore fortiniano; ma nulla poteva metterlo in evidenza meglio di questa costruzione, con le date e in apparente ordine alfabetico (un salvataggio e un itinerario “allegorico”, insieme), attuata da Jachia. È uno sguardo strabico che si stringe sul presente: fisso, insieme, a un passato dato e incerto, e a un futuro certo e da compiersi. Può non essere facile gettarsi a fare dove questa tenaglia stringe: è il rischio di ogni passione politica astretta a lungo tirocinio nell’etica, come se le due cose non dovessero sempre misurarsi insieme. Il lettore non può che trovarsi scoraggiato, dopo un simile attraversamento, ai «piccoli vizi della viltà, più distruttivi di quelli della ferocia» (Vincenzo Cuoco, cit. a p. 187). Anche se dovremo ricordare che il primo “piccolo” vizio della viltà, proprio, è di sopportare, ora, quelli della ferocia. 1991