Diritto e società
La rivista delle operazioni straordinarie n. 10/2016
La fusione nel concordato preventivo
di Amal Abu Awwad - professore associato di diritto commerciale e avvocato
Fabio Giommoni - Dottore commercialista e Revisore legale*
Le operazioni straordinarie possono essere utilizzate nelle soluzioni negoziali della crisi di
impresa e, in particolare, nell’ambito dell’istituto del concordato preventivo, come delineato
dalla riforma del diritto fallimentare (D.L. 35/2005 e successive integrazioni e modificazioni).
Fra le operazioni straordinarie si annovera la fusione, la quale può essere utilizzata come
strumento per addivenire al superamento della crisi, in ragione dei conseguenti effetti
riorganizzativi ed aggregativi del patrimonio delle imprese.
La fusione può essere, peraltro, utilizzata anche con riferimento alla crisi dei gruppi di
imprese, al fine di creare un unico soggetto giuridico e di presentare una sola proposta
concordataria. Tale soluzione costituisce un’alternativa al c.d. concordato di gruppo :
soluzione priva di riscontro normativo, ma accolta da parte della giurisprudenza.
Il presente contributo fornisce una sintesi delle principali problematiche operative che
emergono dal ricorso alla fusione nel contesto della presentazione di una proposta di
concordato preventivo.
Fusione e crisi d’impresa
Lo strumento della fusione, per la sua duttilità , appare particolarmente idoneo ad essere utilizzato
nella prospettiva del superamento della crisi d’impresa, attraverso – per quanto qui interessa – la
procedura di concordato preventivo1. È noto, infatti, che la fusione è suscettibile di realizzare
aggregazioni di imprese in difetto di esborsi finanziari, in quanto i soci della società acquisita tramite
fusione o incorporazione sono remunerati attraverso i concambi azionari2. La società in crisi può quindi
presentare una proposta per essere, poi, oggetto di acquisizione mediante fusione o incorporazione da
parte di una società terza adeguatamente patrimonializzata, con assegnazione di azioni della società
incorporante o risultante dalla fusione, in sede di concambio, ai creditori della società in crisi o
insolvente quale forma di pagamento dei loro crediti in esecuzione della proposta concordataria3. La
* Pur essendo lo scritto frutto di riflessioni comuni, il terzo e quinto paragrafo vanno riferiti essenzialmente a Fabio Giommoni, il secondo e
quarto paragrafo ad Amal Abu Awwad.
1
F. Guerrera, M. Maltoni, Concordati giudiziali e operazioni societarie di riorganizzazione , in Riv. soc., 2008, pagg. 18 ss. (da cui si cita, ma
consultabile anche su http://www.notariato.it, Studio n. 77-2007/I), pag. 76; sulla funzione della fusione nel concordato, si veda M. C. di
Martino, La fusione concordataria delle società di capitali , Campobasso, 2013, pagg. 16 ss.
2
Cfr. F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pagg. 76 ss..
3
Cfr. F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 90: mediante l’assegnazione di azioni o quote od obbligazioni o altri strumenti finanziari, a favore
dei creditori, si può riuscire, per esempio, ad assicurare la presenza nel capitale della società risultante dalla fusione soltanto di quella parte
19
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fusione, nella misura in cui determina l’integrazione dei patrimoni e delle strutture aziendali, può altresì
costituire un fenomeno riorganizzativo del patrimonio di un gruppo di imprese, consentendo per certi
versi di risolvere il problema del difetto di una disciplina speciale sul punto4.
Con particolare riferimento al concordato preventivo, è (ormai) pacifica la possibilità di far ricorso ad
operazioni di fusione5. Detta conclusione – a cui sono sottese le richiamate ragioni sostanziali – trova
piena conferma anche sul piano normativo: anzitutto, all’esito della soppressione (operata dalla riforma
generale del diritto societario del 2005) del divieto originariamente contenuto nell’articolo 2501,
comma 2, cod. civ. di partecipare alla fusione per società assoggettate a procedure concorsuali6. Inoltre,
quanto alla disciplina del concordato, se l’articolo 160, comma 1, lettera a), L.F. prevedeva già
(all’indomani della riforma generale del 2006) che la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei
crediti potesse essere attuata anche mediante il ricorso ad operazioni straordinarie, tale conclusione è
senza dubbio rafforzata dal disposto dell’articolo 186-bis, comma 1, L.F.. La fusione può, infatti,
costituire uno degli strumenti funzionali a conseguire l’obiettivo della continuità aziendale.
Del resto, lo strumento della fusione non risulta in contrasto con i principi generali che caratterizzano
il sistema normativo del concordato preventivo7.
E sembrano ormai superate anche le problematiche relative alla partecipazione alla fusione di società
con patrimonio netto negativo o anche solo in liquidazione, considerata la previsione di cui all’articolo
2501, cod. civ., che consente anche a società in liquidazione di prendere parte all’operazione, purché
non abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo8 e dell’articolo 182-sexies, L.F., in forza del quale, in
caso di presentazione di una proposta di concordato preventivo (anche prenotativo ai sensi del comma
6 dell’articolo 160, L.F.), non si applicano le disposizioni degli articolo 2446, comma 2 e 3, 2447, 2482-
di soci e di creditori che intendono partecipare all’alea del processo di riorganizzazione, accettandone i titoli rappresentativi del capitale di
rischio o di credito e, viceversa, disinteressando tutti gli altri attraverso liquidazioni e/o pagamenti in denaro, anche dilazionati, ma
predeterminati quantitativamente . Sull’abbinamento della fusione con altre vicende traslative, si veda M.C. Di Martino, op. cit., pagg. 21 ss..
4
Per contro, il fenomeno della crisi di gruppo è – come noto – disciplinato espressamente nella legislazione speciale [ad esempio
nell’Amministrazione straordinaria: D.Lgs. 270/1999; D.L. 347/2003, conv. in l. 39/2004. Per alcuni, da tale specialità discende l’impossibilità
di ricavarne principi suscettibili di applicazione analogica (così G. Scognamiglio, Gruppi di imprese e procedure concorsuali , in Giur. comm.,
2008, II, pagg. 1091 ss.; contra F. Lamanna, La crisi nel gruppo di imprese: breve report sull’attuale stato dell’arte , in Il fallimentarista, 31 luglio
2012)]. Sul punto, cfr. l’articolo 3 dello Schema di disegno di legge recante delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi
di impresa e dell’insolvenza , dedicato ai gruppi di imprese.
5
Cfr. F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pagg. 18 e 19.
6
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 74.
7
Cfr. F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pagg. 18 e 19: (i) per la flessibilità, essendo il contenuto della proposta (o dell’accordo) detipizzato ed aperto
a qualsiasi formula atta a conseguire l’obiettivo primario del soddisfacimento dei creditori, conciliandolo con l’esigenza, secondo i casi, di ristabilire
l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario dell’impresa, di conservare in funzione il complesso aziendale e l’avviamento, di valorizzare in
massimo grado i beni e le attività destinate alla liquidazione; (ii) per la negozialità, essendo la modalità di soluzione della crisi e la sua convenienza
fondamentalmente rimesse alla valutazione degli stessi creditori (a maggioranza di capitale) e sottratte all’apprezzamento dell’autorità giudiziaria, se
non in caso di opposizioni o di dissenso di talune classi; (iii) per il coinvolgimento dei creditori e dei terzi nel progetto di recupero, promozione e
riallocazione del valore dell’impresa risultante dalla riorganizzazione economica, patrimoniale, finanziaria e/o proprietaria programmata nell’ambito
del piano .
8
Ai sensi 2505-quater, cod. civ., possono partecipare alla fusione anche società in liquidazione che hanno già iniziato la distribuzione dell’attivo,
ma solo se non si tratta di società per azioni o in accomandita per azioni o società cooperative.
20
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bis, comma 4, 5 e 6, e 2482-ter, cod. civ., non operando quindi la causa di scioglimento per riduzione o
perdita del capitale sociale di cui all’articolo 2484, n. 4, cod. civ.9. Ne consegue che, dalla data di
presentazione della proposta di concordato preventivo, non si applica la disciplina degli articoli 24472483-ter, cod. civ. e dell’articolo 2484, n. 4, cod. civ., che imporrebbe alle società con patrimonio netto
negativo di deliberare la messa in liquidazione. È quindi ammessa la partecipazione di società con
patrimonio netto negativo alle operazioni di fusione qualora la società incorporante o risultante dalla
fusione abbia un patrimonio netto positivo (e un capitale non inferiore al limite minimo previsto per
legge), poiché, in questo caso, il deficit patrimoniale della società incorporata o fusa è interamente
coperto dalle riserve della società incorporante o risultante dalla fusione10.
Si deve inoltre ammettere la partecipazione alla fusione per incorporazione di società con patrimonio
netto negativo anche se la società incorporante abbia un patrimonio netto negativo, purché
quest’ultima sia in liquidazione o abbia presentato una proposta di concordato preventivo 11. In tale
ultimo caso, si ritiene che, in ipotesi di continuità aziendale, il patrimonio netto debba essere ricostituito
entro la data di omologazione del concordato preventivo (anche a seguito della sopravvenienza attiva
derivante dalla falcidia concordataria), in quanto la deroga di cui all’articolo 182-sexies, L.F. opera
soltanto fino all’omologa del concordato.
L’ interferenza fra la disciplina della crisi e la disciplina codicistica
Si pone l’esigenza di verificare se possano esservi peculiarità o deviazioni normative in ragione del
fatto che la fusione si inserisce nel contesto della procedura concordataria12. Il problema deriva dal –
più volte lamentato – difetto di coordinamento fra disciplina codicistica e disciplina del concordato
preventivo (ovvero di adeguamento della prima alle esigenze poste a fondamento della seconda), da
cui discende la necessità di adeguare, in via interpretativa, le norme comuni sulla fusione nell’ipotesi
in cui l’operazione sia attuata in seno alla procedura e, ove tale operazione di adeguamento non sia
9
Sul punto, G.B. Portale, Verso un diritto societario della crisi , in Diritto societario e crisi d’impresa , a cura U. Tombari, Torino, 2014, pagg. 1
ss.; A. Nigro, Riduzione o perdita del capitale della società in crisi , consultabile su www.ilcaso.it; U. Tombari, Principi e problemi di diritto
societario della crisi , in Diritto societario e crisi d’impresa, a cura di U. Tombari, Torino, 2014, in part. pagg. 26 ss.; G. D’Attorre, Speciale Decreto
Sviluppo - I limiti alla disciplina societaria sulla perdita di capitale , in Il fallimentarista, 3 agosto 2012; G. Andreani, A. Tubelli, Il concordato
preventivo sospende la disciplina della riduzione del capitale per perdite, in Corr. trib., 2013, pag. 878.
10
In tal senso, cfr. il Consiglio Nazionale del Notariato nel quesito n. 151-2011/I, che ha evidenziato come, nel caso in cui le perdite della
società partecipante alla fusione siano compensate dalle riserve di altre società coinvolte da tale operazione, la fusione è consentita anche
nelle ipotesi disciplinate dall’articolo 2447, cod. civ.
11
Tale possibilità non sembra invece ammissibile nel caso di fusione propriamente detta, in quanto la società risultante da tale operazione,
di nuova costituzione, non potrebbe presentare un capitale già inciso da perdite, né potrebbe ovviamente costituirsi già in liquidazione o in
concordato preventivo. Sul punto si veda il quesito n. 151-2011/I del Consiglio Nazionale del Notariato.
12
Sull’ulteriore questione del rapporto fra il principio di irreversibilità della fusione e le norme sulla risoluzione del concordato preventivo, F.
Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pagg. 78 ss. Viene in considerazione un problema di coerenza della disciplina con la soluzione concordataria:
cfr. F. Guerrera, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi , in Diritto societario e crisi d’impresa, a
cura di U. Tombari, Torino, 2014, pagg. 90 ss.
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possibile, concludere per la disapplicazione delle medesime: fermo restando che la regola generale è
quella per cui la fusione è regolata dalla disciplina dettata per le società in bonis 13. Appare opportuno
operare una distinzione, precisando che il criterio al quale far ricorso è quello degli interessi coinvolti:
si deve, cioè, avere presente che nella fusione concordataria deve essere attribuito particolare rilievo
agli interessi - più che dei soggetti normalmente coinvolti dall’operazione - dei terzi (in particolare dei
creditori). Si tratta quindi di evitare, con maggiore forza, che possano prodursi alterazioni patrimoniali
della società in stato di crisi in mancanza di informazione/approvazione dei creditori14.
Vi è un primo gruppo di disposizioni che sembra trovare naturale applicazione: la circostanza che si
tratti di fusione concordataria è cioè neutra , non incidendo sull’operatività di tale gruppo di
disposizioni. Com’è noto, si ritiene che lo stato di crisi non dovrebbe incidere sulla struttura
organizzativa della società: dovrebbero permanere le rispettive competenze degli organi societari15. In
particolare – con riferimento al tema qui affrontato – resta ferma la competenza dell’organo
amministrativo in merito alla redazione e al deposito del progetto di fusione, nonché dell’assemblea
per l’adozione della delibera. Posto che gli effetti della fusione si producono, a norma dell’articolo 2504,
cod. civ., con la stipula dell’atto di fusione e con l’iscrizione dell’atto nel Registro Imprese, si ritiene che
l’approvazione e il deposito del progetto di fusione da parte dell’organo amministrativo non necessitino
di alcuna autorizzazione da parte degli organi della procedura16. Infatti, la predisposizione e la
pubblicazione del progetto di fusione ad opera dell’organo amministrativo della società in concordato
preventivo e anche la sua approvazione da parte dell’organo competente (assemblea dei soci o organo
amministrativo, in ragione del modello di fusione progettato e delle scelte statutarie) esauriscono la
loro valenza sul piano endoprocedimentale 17. Non è del pari necessaria alcuna autorizzazione degli
organi della procedura ai fini dell’adozione della deliberazione che approva il progetto di fusione, in cui
13
In tal senso R. Brogi, Il concordato preventivo di gruppo e la fusione, in consultabile su www.osservatorio-oci.org, pag. 12.
Sugli interessi che vengono in considerazione nell’ipotesi di operazioni straordinarie attuate nelle procedure di concordato preventivo, cfr.
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pagg. 18 ss.; M. Arato, Il concordato preventivo con continuazione dell’attività d’impresa , in Crisi di imprese: casi
e materiali, a cura di F. Bonelli, Milano, 2011, pagg. 143 ss.; con particolare riferimento alla fusione, cfr. M.C. Di Martino, op. cit., pag. 21.
15
Anche se tale affermazione meriterebbe forse una revisione (non suscettibile di essere affrontata in questa sede) alla luce della recente
riforma della Legge Fallimentare (D.L. 83/2015) che - a determinate condizioni - ha previsto che i creditori possano presentare una proposta
di concordato concorrente a quella del debitore ed inoltre che, quando il debitore ha la forma di società di capitali, la proposta possa anche
contemplare l’emissione di nuove azioni o quote con limitazione o esclusione del diritto d’opzione, da attuarsi, se necessario, senza l’intervento
degli organi sociali competenti in materia (articolo 163, comma 5, ultimo periodo, e articolo 185, commi 3-6, L.F.). Sebbene, infatti, l’ipotesi
tipica sia quella dell’aumento del capitale con esclusione del diritto di opzione, non può escludersi tout court che la stessa disciplina possa
trovare applicazione anche in caso di inadempimenti (o ritardi) degli amministratori e dei soci nella realizzazione di una fusione esecutiva
della proposta concorrente (approvata e omologata) che la contempla. Resta fermo, tuttavia, che fuori dall’ipotesi dubbia appena tracciata
(inerzia o riluttanza dei soci nel deliberare la fusione a concordato concorrente già omologato), gli organi sociali conservano appieno le proprie
prerogative anche a seguito dell’ammissione alla procedura di concordato. Tanto basta a giustificare l’analisi che segue.
16
Se il procedimento di fusione si perfeziona nel corso della procedura di concordato preventivo (e non successivamente), l’iscrizione dell’atto
di fusione sarà invece subordinata alla previa autorizzazione del giudice delegato (articolo 167, L.F.) o, in caso di domanda con riserva, del
Tribunale fallimentare (articolo 161, comma 7, L.F.), siccome atto eccedente l’ordinaria amministrazione.
17
Così, sempre, Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, massima n. 36/2013, consultabile su
www.consiglionotarilefirenze.it.
14
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l’eseguibilità dell’atto di fusione sia condizionata all’intervenuta omologazione del concordato in cui si
inserisce l’operazione18.
Si ritengono altresì applicabili le disposizioni sulla semplificazione del procedimento di fusione e sulla
riduzione dei termini (articoli 2501-ter, ultimo comma, e 2501-septies, comma 1, cod. civ.), nonché le
disposizioni facoltizzanti il ricorso a procedure semplificate in ragione del controllo totalitario o al 90%
del capitale sociale (articoli 2505, comma 1 e 2505-bis, cod. civ.): l’adozione di tali procedure è
consentita nella misura in cui gli interessi coinvolti si esauriscono in quelli dei soci19. Allo stesso modo
potranno trovare applicazione le semplificazioni previste dall’articolo 2505-quater, cod. civ. per le
fusioni a cui non partecipano società con capitale rappresentato da azioni.
Una diversa valutazione pare dover essere svolta (quanto meno in termini di opportunità) con
riferimento ad un secondo gruppo di norme. Il riferimento è a quelle disposizioni che consentono ai
soci di rinunciare (all’unanimità) alla redazione della situazione patrimoniale di fusione (articolo 2501quater, comma 3, cod. civ.), alla relazione degli amministratori (articolo 2501-quinquies, comma 4, cod.
civ.) e alla relazione degli esperti (articolo 2501-sexies, comma 8, cod. civ.). Ritenere applicabili tali
disposizioni significa non tener conto che l’informazione, in caso di fusione nel concordato, ha quali
destinatari non solo e non tanto i soci, quanto i creditori della società ammessa alla procedura (anche
in funzione dell’opposizione di cui si dirà in seguito: si veda, ultra, § 4). Dette semplificazioni, nella
misura in cui incidono sul contenuto informativo dei documenti a corredo della decisione sulla fusione,
non soddisfano cioè l’esigenza di fornire un quadro informativo coerente, che tenga conto della
strumentalità dell’operazione di fusione rispetto alla procedura di concordato preventivo. Invero, se
l’informazione prevista in tema di fusione è essenzialmente rivolta ai soci, lo stesso non può dirsi nel
caso in cui la fusione si inserisca in un piano di concordato: in tale ultimo caso, l’interesse che deve
essere soddisfatto è quello dei terzi, e in particolare dei creditori, alla conoscenza delle interrelazioni
fra l’operazione straordinaria e la procedura concordataria. Per la medesima ragione, si ravvisa
l’opportunità (per non dire necessità) che i documenti a corredo della fusione e, in particolare, lo stesso
progetto di fusione contengano, oltre alle informazioni obbligatorie previste dalla disciplina codicistica,
esaustive informazioni sulla crisi dell’impresa e sull’operazione di fusione in funzione del superamento
della suddetta crisi20.
18
Cfr. Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, massima n. 36/2013, consultabile su www.consiglionotarilefirenze.it.
Sulla competenza esclusiva dell’organo amministrativo, con il controllo del commissario giudiziale, al compimento degli atti del procedimento
di fusione, che sia esecutiva di un concordato preventivo omologato con liquidazione dell’attivo, anche qualora sia nominato un liquidatore
giudiziale del patrimonio sociale, cfr. Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, massima n. 50/2015, consultabile su
www.consiglionotarilefirenze.it.
19
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 80.
20
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 80.
23
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Anche con riferimento alla fusione (al pari di quanto si verifica in altri casi) si può quindi affermare che
la disciplina della crisi d’impresa (e la necessità di soddisfare gli interessi alla medesima sottesi) incide
sulla disciplina societaria21, per non dire prevale su quest’ultima22.
(Segue) Profili procedimentali
Più problematico si presenta il coordinamento fra la disciplina concorsuale e quella civilistica per
quanto concerne i profili procedimentali dell’operazione, i cui effetti discendono – come sopra ricordato
– dall’iscrizione nel Registro Imprese dell’atto di fusione.
Rinviandosi l’analisi del caso in cui la fusione sia realizzata prima della presentazione della domanda
di ammissione23, nell’ambito di una proposta di concordato preventivo l’operazione viene generalmente
inserita nella fase attuativa del piano, ovvero dopo l’omologazione del concordato. La previsione della
fusione in tali momenti dell’iter della procedura concordataria è, in un certo senso, imposta
dall’opportunità di verificare l’esito del concordato. La circostanza che l’operazione possa incidere
sensibilmente sulla struttura patrimoniale e sui rapporti giuridici dell’impresa in stato di crisi determina
la necessità di rinviare il prodursi degli effetti della fusione ad un momento in cui è certo il voto
favorevole dei creditori rispetto alla proposta e all’omologazione del concordato. Il che non significa –
come sopra rilevato – che non possano essere svolte tutte le altre attività prodromiche a tale
momento24.
Gli interessi da contemperare sono, da un lato, quello della società in crisi di attendere l’esito della
procedura concordataria, e dall’altro, quello dei creditori di poter confidare sul buon fine dell’operazione
societaria.
Una prima soluzione, più semplice sul piano operativo, potrebbe non essere opportuna per l’incertezza
che la caratterizza nell’ottica dei creditori concorsuali e degli organi della procedura25. L’ipotesi è quella
di un rinvio temporale dell’iter della fusione, e quindi dell’adozione delle necessarie delibere
societarie, ad un momento successivo all’omologazione del concordato. Ne deriva che la proposta
concordataria avrebbe un valore meramente programmatico 26. Dopo l’omologazione la procedura di
concordato preventivo si chiude (articolo 181, L.F.) e dunque la fusione, coinvolgendo una società
21
Cfr. G.B. Portale, op. cit., 1 ss..
Come noto, si rinvengono tre orientamenti in merito al rapporto fra regole concorsuali e diritto societario: alla tesi della prevalenza del
diritto societario si contrappone quella della neutralità. Per un esame della ricostruzione delle diverse opinioni, cfr. M.C. Di Martino, op. cit.,
pagg. 61 ss.. Per una ricostruzione in termini di autonomia , U. Tombari, op. cit., pagg. 14 ss..
23
Si veda, ultra, § 5.
24
Cfr., supra, § 2.
25
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pagg. 83 ss..
26
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 82.
22
24
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tornata in bonis, viene attuata secondo le regole procedimentali ordinarie : non si ha necessità di
alcuna autorizzazione preventiva, nemmeno per quanto riguarda la stipula dell’atto di fusione (essendo
tutto previsto nel piano di concordato preventivo), fermo restando il controllo del commissario
giudiziale sull’esecuzione del concordato27. Appaiono, peraltro, chiare le ragioni per cui detta soluzione
soffrirebbe comunque l’incertezza dell’esito del procedimento assembleare28. Il problema è costituito
dal fatto che, a fronte del concordato omologato, la fusione potrebbe non essere attuata per ragioni
societarie. Ne risulterebbe travolta la procedura, con conseguente frustrazione degli obiettivi di
risanamento e di soddisfacimento dei creditori in un contesto di inefficienza generale (in termini di costi
e di tempo).
La seconda soluzione, preferibile, anticipa l’inizio del procedimento di fusione, quindi l’assunzione della
delibera assembleare alla fase anteriore all’omologazione – se non addirittura prima della
presentazione della proposta e del piano di concordato – ma che subordina il prodursi degli effetti
dell’operazione al verificarsi della condizione sospensiva dell’omologazione del concordato29.
In particolare, si hanno le seguenti possibilità: l’atto di fusione può essere stipulato prima
dell’omologazione, ma la sua efficacia viene sospensivamente condizionata all’intervenuta
omologazione del concordato preventivo; la stipula dell’atto di fusione può essere rinviata
successivamente all’omologazione, in quanto la delibera societaria di fusione prevede che l’atto sia
sospensivamente condizionato all’omologazione del concordato preventivo30.
La prima opzione, che si risolve di fatto nella postdatazione degli effetti della fusione alla data
dell’omologazione, pare utilizzabile soltanto nel caso di fusione per incorporazione. Soltanto per tale
ipotesi, in forza dell’articolo 2504-bis, cod. civ., si prevede espressamente la possibilità di stabilire una
data successiva rispetto a quella in cui si perfeziona l’ultimo dei depositi dell’atto di fusione. Detta
soluzione solleva, tuttavia, non poche problematiche per quanto concerne l’iscrizione nel registro delle
27
In tal senso, v. Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, massima 32/2013, consultabile su
www.consiglionotarilefirenze.it. In particolare, il commissario giudiziale sarà preposto al controllo sulla conformità della fusione agli accordi
contenuti nel concordato omologato.
28
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 83. Cfr. la difficoltà a raggiungere la maggioranza qualificata prevista spesso dagli statuti per le
operazioni straordinarie, pur potendosi prevedere un impegno assunto in via preventiva dalla totalità dei soci a deliberare la fusione in
esecuzione del piano di concordato, ma permane il problema della scarsa coercibilità di tale impegno.
29
Per un caso di fusione condizionata all’approvazione del concordato ed all’omologa della proposta si veda Tribunale Monza, 24 aprile 2012,
consultabile su www.ilcaso.it.
30
Questa soluzione è stata adottata nel concordato della società Seat PG Italia Spa e della controllata Seat PG Spa. Le rispettive proposte di
concordato prevedevano infatti l’adozione da parte dei consigli di amministrazione (in quanto consentito da entrambi gli statuti ai sensi
dell’articolo 2505, comma 2, cod. civ.) delle deliberazioni concernenti la fusione delle due società anteriormente all'adunanza dei creditori. La
proposta prevedeva inoltre che le delibere consiliari in questione: (i) fossero pubblicate nel registro delle imprese; (ii) fossero sospensivamente
condizionate all'omologazione, in via definitiva, di entrambe le proposte concordatarie di Seat PG e di Seat PG Italia; (iii) prevedessero che la
stipulazione dell'atto di fusione fosse anch'essa sospensivamente condizionata all’omologazione dei concordati, stante il nesso di
strumentalità esistente tra la fusione e l’attuazione della proposta concordataria della incorporanda Seat PG Italia e di quella della
incorporante Seat PG.
25
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imprese della condizione sospensiva, con i conseguenti profili di incertezza che si possono ingenerare
nei terzi. Inoltre, prevedendo l’efficacia automatica della fusione, essa non consente di introdurre
modifiche all’operazione di fusione: modifiche che potrebbero rendersi necessarie in base agli sviluppi
della procedura concordataria, anche in sede di giudizio di omologazione del concordato31.
La seconda opzione32, nella misura in cui prevede che la stipula dell’atto di fusione avvenga soltanto se
il concordato è definitivamente omologato, e precisamente in sede di esecuzione del piano, consente
di minimizzare i rischi di incertezze e di sopravvenienze nei rapporti fra procedura concorsuale e
operazione straordinaria33. Il mancato perfezionamento della fusione rappresenterebbe causa di
risoluzione del concordato, senza peraltro determinare ripercussioni organizzative di sorta, data la
conservazione dell’assetto societario preesistente.
Opposizione alla fusione e opposizione all’omologazione del concordato
I principali problemi di coordinamento fra la disciplina civilistica sulle fusioni e la disciplina del
concordato preventivo attengono, in particolare, ai profili connessi all’opposizione dei creditori alla
fusione ai sensi dell’articolo 2503, cod. civ..
Com’è noto, ai sensi dell’articolo 177, comma 1, L.F., il concordato preventivo è approvato dai creditori
che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto e, ove siano previste diverse classi di
creditori, è approvato se tale maggioranza è altresì raggiunta nel maggior numero di classi; l’articolo
2503, comma 2, cod. civ. riconosce ai creditori dissenzienti il diritto di opposizione alla fusione.
Il quesito che si pone è se il consenso manifestato dal creditore con riferimento alla proposta
concordataria assorba il rimedio civilistico, nel senso che non sia più possibile per tale creditore della
società ammessa alla procedura di concordato preventivo formulare opposizione all’operazione
straordinaria.
Sul punto, si rinvengono due distinti orientamenti. Per alcuni, stante la mancata previsione di
un’espressa deroga all’articolo 2503, cod. civ., si deve ritenere che rimanga inalterato il diritto del
creditore della società partecipante alla fusione a proporre opposizione, senza che quest’ultima possa
assumersi assorbita dalla possibilità di opporsi all’omologazione del concordato preventivo34. A
31
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 83.
Sulla possibilità – condivisa – di apporre condizioni alle delibere societarie, cfr. il Consiglio Notarile di Milano, massima n. 17/2002, che
ritiene legittime le deliberazioni assembleari di fusione e di scissione la cui attuazione sia subordinata ad eventi futuri (come ad esempio il
possesso della totalità del capitale sociale dell’incorporata, l’omogeneità della ripartizione del capitale sociale fra gli stessi soci o il verificarsi
di un’altra fusione o scissione), l’avveramento dei quali sia da accertarsi in sede di stipulazione dell’atto di fusione o di scissione.
33
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 84.
34
Cfr. R. Brogi, Il concordato preventivo , op. cit., pagg. 12 ss. e D. Galletti, Le fusioni concordatarie ed il matrimonio fra diritto societario e diritto
concorsuale: separati in casa“ , in Il fallimentarista, 15 luglio 2014. In giurisprudenza, si veda Tribunale Prato, 21 luglio 2014, in Riv. dir. impr.,
2015, pagg. 116 ss., con nota di A. Vadalà.
32
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fondamento di tale interpretazione si porrebbe la profonda diversità di ratio sottesa alle 2 disposizioni
dell’articolo 180, L.F. e dell’articolo 2503, cod. civ.: ratio alla quale sarebbe estranea qualsiasi logica di
tipo maggioritario. In particolare, ai fini dell’operatività dello strumento di tutela dell’articolo 2503, cod.
civ. sarebbe sufficiente che, per effetto dell’operazione di fusione, il creditore (in conseguenza della
confusione tra i patrimoni) non riceva la stessa soddisfazione che avrebbe avuto, in mancanza del
concorso con i creditori dell’altra società partecipante alla fusione35.
La possibilità di configurare come esperibile il rimedio dell’opposizione ha, quale conseguenza, che, ove
non siano decorsi i termini di cui all’articolo 2503, cod. civ. (perché, ad esempio, l’operazione di fusione
è meramente prospettata o condizionata all’eventuale omologazione del concordato preventivo), il
piano concordatario deve prevedere le risorse necessarie per far fronte ad eventuali opposizioni. Il che
incide sia ai fini della verifica delle condizioni di fattibilità giuridica, sia ai fini della corretta
informazione dei creditori (nell’ipotesi in cui l’esito positivo dell’opposizione non incida sulla fattibilità
giuridica del piano, ma determini solo una minore percentuale di realizzazione del credito)36.
Per altri, se la fusione è prevista nell’ambito dell’esecuzione di un piano di concordato preventivo ovvero
in attuazione della proposta concordataria omologata, non pare possa riconoscersi ai singoli creditori il
diritto individuale di opposizione ai sensi dell’articolo 2503, cod. civ.37. In altri termini, la fusione che si
inserisce nel contesto di una procedura concordataria (essendo prevista quale contenuto del piano del
concordato omologato) subisce gli effetti della disciplina della crisi d’impresa: i singoli creditori (della
società ammessa a concordato) non possono proporre opposizione alla fusione ai sensi dell’articolo
2503, cod. civ. ma dovrebbero ricorrere al rimedio endoconcorsuale dell’opposizione all’omologazione
del concordato stesso cui all’articolo 180, comma 2, L.F., che
assorbe
ogni altra tutela38.
Un’interpretazione in tal senso sembra trovare indiretta conferma normativa nella disciplina
dell’articolo 2503-bis, cod. civ., che – come noto – non consente ai titolari di obbligazioni di formulare
opposizione se la fusione risulta approvata dall’assemblea39.
In generale, sul rimedio dell’articolo 2503, cod. civ. M.C. di Martino, op. cit., pagg. 174 ss..
In tal senso, R. Brogi, La fusione e la scissione nel concordato preventivo e nel concordato fallimentare , in Operazioni straordinarie societarie
e crisi di impresa, Milano, 2016, pag. 196.
37
F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 88: tale assorbimento della tutela individuale in quella collettiva non potrebbe, naturalmente, operare
con riferimento alla posizione delle altre società – non ammesse alla procedura concordataria – che partecipano alla fusione. M.C. di Martino,
op. cit., pagg. 176 ss.; V. Calandra Buonaura, La gestione societaria dell’impresa in crisi, in Società, banche e crisi d’impresa , Liber Amicorum P.
Abbadessa, 3, Torino, 2014, pagg. 2612 ss.; R. Santagata, Concordato preventivo di gruppo e teoria dei vantaggi compensativi , in Riv. dir.
impr., 2015, pagg. 213 ss.; G. Mucciarone, L’opposizione alla fusione , Milano, 2014, pagg. 191 ss.; A. Vadalà, L’opposizione dei creditori alla
fusione concordataria , in Riv. dir. impr., 2015, in part. pagg. 122 ss., in senso critico rispetto alla già citata pronuncia di Tribunale Prato, 21
luglio 2014.
38
Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, massima n. 32/2013.
39
Per tale argomento, cfr. F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 88.
35
36
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La prima soluzione non appare condivisibile, nella misura in cui sembra affrontare il problema in chiave
formale, non tenendo conto dei diversi interessi che vengono in considerazione nell’ipotesi di fusione
concordataria: interessi a cui deve invece essere accordata tutela40. Se la fusione è parte integrante
del piano di concordato e gli effetti dell’operazione si producono dopo l’omologazione, ai sensi
dell’articolo 184, L.F., il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel
registro delle imprese del ricorso (di cui all’articolo 161, L.F.) e, dunque, gli effetti del concordato non
possono essere soggetti a successivo sindacato in sede di eventuale opposizione alla fusione.
E la circostanza che la disciplina dell’impresa in crisi sia destinata a prevalere sulla disciplina
societaria risulta anche sul piano normativo: il richiamo è alla già citata disapplicazione degli articoli
2446, comma 2 e 3, 2447, 2482-bis, comma 4, 5 e 6, e 2482-ter, cod. civ.41, nonché a quanto previsto
dall’articolo 163, comma 5, L.F. in tema di esclusione del diritto di opzione dei soci in caso di aumento
del capitale sociale42. Si deve quindi ritenere che, nel caso della fusione concordataria, assuma rilevanza
il principio maggioritario (la volontà della maggioranza dei creditori) che trova applicazione in un
contesto procedimentale oggetto di controllo da parte dell’autorità giudiziaria.
Vi è poi un’altra ragione che induce a propendere per la seconda opzione interpretativa. Nello stesso
sistema societario, si incontrano numerose ipotesi in cui la previsione di un rimedio assorbe ogni altra
forma di tutela secondo un criterio di alternatività (recesso, alienazione della partecipazione e obbligo
di acquisto – articoli 2355-bis, comma 2, cod. civ., 2497-quater, comma 1, prima parte, lettera c, cod.
civ.). Vi sono casi in cui si può configurare un’alternatività fra strumenti reali e obbligatori sincronici
(come nel caso di delibere assembleari annullabili: qui tutela obbligatoria e tutela reale sono strumenti
reciprocamente sostitutivi in ragione della partecipazione sociale detenuta, con la conseguenza che i
soci detentori di una soglia partecipativa sufficiente ad impugnare non possono agire per ottenere il
risarcimento del danno). Il che appare espressione di un principio (oltre che di efficienza) di economicità
fra strumenti di protezione. Tali riflessioni inducono quindi ad accogliere una soluzione in cui il diritto
individuale è superato in presenza di interessi la cui la valutazione è rimessa al sindacato della
maggioranza.
Il diritto dei creditori di opporsi alla fusione ai sensi dell’articolo 2503, cod. civ. pare dover essere
paralizzato dal concordato omologato, nel senso che l’opposizione non può essere ritenuta
40
V. F. Guerrera, M. Maltoni, op. cit., pag. 84, i quali sottolineano la «comunanza di interessi [dei creditori], giacché nessuno di loro può aggredire
individualmente il patrimonio sociale .
41
M.C. di Martino, op. cit., pag. 180.
42
Sull’esclusione dell’opzione in forza del disposto dell’articolo 163, comma 5, L.F., si veda G. D’Attorre, Le proposte ostili , in La nuova miniriforma della Legge Fallimentare, a cura di M. Sandulli e G. D’Attorre, Torino, 2016, pagg. 121 ss.; Id., Le proposte di concordato preventivo
concorrenti , in Fall., 2015, pagg. 1168 ss..
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suscettibile di incidere sulle percentuali, sui termini e sulle condizioni del piano di concordato (il
creditore non può chiedere il pagamento del proprio credito secondo importi, tempi e modalità diversi
da quelli previsti dal piano). Ne deriva una conseguenza rilevante sul piano operativo, e cioè che il piano
concordatario non deve prevedere le risorse necessarie innanzi ad eventuali opposizioni alla fusione.
La suddetta ricostruzione ha un limite se l’eventuale opposizione si fonda su circostanze sopravvenute
rispetto al piano concordatario.
Da ultimo, merita un cenno la circostanza che, in questa direzione, sembra muoversi anche lo Schema
di disegno di legge delega recante la Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi
di impresa e dell’insolvenza : all’articolo 6, comma 2, lettera d), L.F. (sub i) si prevede infatti che
l’opposizione dei creditori possa essere proposta solo in sede di controllo giudiziale sulla legittimità della
domanda concordataria . Il rimedio concorsuale prevale quindi sul rimedio societario [è altresì
interessante la successiva disposizione (sub ii), che rende insensibile la vicenda organizzativa della
fusione innanzi all’eventuale risoluzione o annullamento del concordato, rimettendo la protezione dei
soci e dei terzi danneggiati al solo strumento di tutela obbligatorio (in conformità a quanto già previsto
dall’articolo 2504-quater, cod. civ).].
Fusione e concordato di gruppo
L’operazione di fusione può essere realizzata – come sopra anticipato – anche prima della
presentazione della domanda di concordato preventivo. Si fa, in particolare, ricorso a tale soluzione, in
presenza di un gruppo di imprese, in cui si vuole addivenire alla creazione di un unico soggetto giuridico
al fine di presentare un’unica proposta di concordato preventivo.
In presenza di un gruppo di imprese, l’alternativa alla fusione pre-concordato è infatti costituita dalla
formulazione di una c.d. proposta di concordato di gruppo : detta tecnica non è disciplinata nel diritto
concorsuale comune (anche se un indice circa l’ammissibilità viene da alcuni rivenuto nel disposto
dell’articolo 160, comma 1, lettera b), L.F.), ma è ritenuta una soluzione percorribile da parte della
dottrina e della giurisprudenza43. Viene presentato un unico ricorso per l’ammissione alla procedura di
concordato preventivo, che si basa su un piano unitario, anche se l’attivo e il passivo di ogni società
sono comunque tenuti distinti sino all’adunanza dei creditori, con la previsione di distinte votazioni, in
modo da poter ricostruire la volontà dei creditori di ciascuna società autonomamente, evitando che il
peso di un eventuale dissenso di ciascuno dei componenti delle due masse creditorie perda o diminuisca
43
Anche anteriormente alla riforma generale della procedure concorsuali. Dopo la riforma, cfr. Tribunale Roma del 7 marzo 2011. Si veda, sul
punto, M. Vitiello, Il concordato preventivo di gruppo , in Il fallimentarista, 2012, pag. 3.
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la propria rilevanza in conseguenza della fusione44. Il concordato di gruppo presenta, tuttavia, una serie
di criticità, prima fra tutte quella derivante dalla necessità della separazione fra le masse delle società
appartenenti al gruppo e di previsione di votazioni distinte tra i creditori delle società. Inoltre, detta
soluzione pone non pochi problemi se per le diverse procedure sono territorialmente competenti diversi
tribunali: si tratta, infatti, di conseguire un coordinamento fra tali procedure (con ulteriori complicazioni
derivanti dalla possibilità che gli orientamenti giurisprudenziali accolti dai tribunali siano difformi). Al
riguardo, si è risolto tale problema, talvolta ritenendo competente il tribunale in cui si trova la sede
legale della società capogruppo, sulla base del fatto che la sede effettiva delle controllate si trova in
realtà nel comune ove ha sede la società controllante.
Le suddette criticità – che non possono formare oggetto di analisi nel presente lavoro – costituiscono
la ragione per cui la fusione tra società appartenenti al gruppo costituisce un’alternativa al concordato
di gruppo. All’esito della fusione la società incorporante o risultante dalla fusione potrà presentare un
unico ricorso per concordato preventivo. E l’unitarietà che ne deriva è a questo punto perfetta 45. La
fusione, oltre a consentire di presentare un unico piano ed un’unica votazione, comporta l’estinzione,
per confusione, dei crediti e dei debiti infragruppo, e dunque semplifica notevolmente la struttura del
piano e della proposta di concordato, consentendo un più efficiente soddisfacimento di tutti i creditori
di gruppo sul patrimonio aggregato della società facenti parte dello stesso.
Anche tale soluzione non va, peraltro, esente da profili di criticità. Invero, la fusione, determinando
la compenetrazione di patrimoni aziendali, che si sommano algebricamente tra loro, è suscettibile
di modificare in senso peggiorativo il rischio dei creditori della società partecipante alla fusione,
perché destinati a subire il concorso dei creditori delle altre società partecipanti alla medesima
fusione46.
Al riguardo, deve essere in ogni caso valutata la particolare situazione societaria nell’ambito della quale
viene realizzata l’operazione di fusione, che si caratterizza per gli stringenti legami di natura economica,
finanziaria e patrimoniale tra le società del gruppo e la holding, i quali discendono dall’esercizio
dell’attività di direzione e coordinamento esercitata dalla capogruppo.
In un tale contesto, in assenza di una fusione (o comunque di concordato di gruppo), appare peraltro
ovvio che possano essere esercitate da parte degli organi della procedura azioni di responsabilità nei
confronti della controllante ai sensi dell’articolo 2497, cod. civ.. Ne deriverebbe un certo grado di
44
In tal senso, cfr. la già richiamata pronuncia: Tribunale Monza 24 aprile 2012
Sul tema del concordato di gruppo si veda, in particolare, L. Panzani, Il gruppo di imprese nelle soluzioni giudiziali della crisi , in Le Società,
n. 12/2013, pag. 1358.
46
Cfr. massima n. 32/2013 del Notariato Fiorentino, op. cit..
45
30
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concorso tra i creditori della controllante e quelli della controllata in quanto, da una parte, la
procedura a cui è assoggettata la controllante dovrà necessariamente tenere conto delle passività
corrispondenti all’importo dell’eventuale risarcimento alla controllata e dunque i creditori della
controllante si troveranno a concorrere con quelli della controllata; dall’altra, i creditori della
controllata, a fronte dell’esercizio dell’azione di responsabilità, potrebbero essere soddisfatti mediante
i beni della controllante, trovandosi anch’essi a concorrere comunque con i creditori di quest’ultima. Di
conseguenza la fusione in taluni casi rende esplicito un concorso che è comunque latente, se si tiene
conto delle responsabilità per abuso dell’attività di direzione e coordinamento esercitata dalla
capogruppo.
Fusione concordataria e domanda c.d. con riserva
La realizzazione di una fusione prima della formulazione di una proposta di concordato preventivo
presenta in ogni caso profili problematici che possono condurre, qualora la procedura di concordato
preventivo non vada a buon fine, ad azioni revocatorie o a profili di responsabilità patrimoniale da parte
di coloro che l’hanno eseguita ex articolo 2504-quater, cod. civ., senza poter astrattamente escludere
profili di responsabilità penale nell’ambito del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, tenuto
conto di talune pronunce giurisprudenziali (peraltro criticabili) in materia di scissione societaria47.
Per tali ragioni potrebbe essere opportuno che l’operazione di fusione sia realizzata nell’ambito della
stessa procedura di concordato in modo da poter beneficiare delle coperture e delle esenzioni che
detta procedura può assicurare.
Si può ipotizzare una prima soluzione attraverso la quale le società appartenenti allo stesso gruppo
presentano domanda di concordato c.d. prenotativo (o in bianco ), indicando già la volontà di
realizzare un’operazione di fusione, per poi presentare, in alternativa al concordato di gruppo, un’unica
domanda definitiva e un unico piano di concordato, in quanto all’esito della fusione vi sarebbe ormai
unico soggetto giuridico48. E se ricorrono le condizioni per la fusione semplificata, la fusione potrebbe
essere realizzata in tempi relativamente brevi; l’iter della fusione e l’assunzione della decisione
potrebbero essere anticipate rispetto alla presentazione della domanda in bianco, prevedendo nel corso
47
Va ricordato che è controverso se avverso la fusione e la scissione possa essere esperita l’azione revocatoria. La tesi negativa muove dal
rilievo che i rimedi a disposizione dei creditori sono rappresentati dall'opposizione che va proposta entro sessanta giorni dalla pubblicazione
sul Registro Imprese della delibera di fusione o di scissione (articolo 2503, c.c. richiamato in tema di scissione dall’art. 2506-ter c.c.) e dalla
tutela obbligatoria connessa alla responsabilità per danni prevista dagli articoli 2504-quater e 2506-ter, cod. civ.. Sulla questione della
revocabilità di fusioni e scissioni e sulla possibile rilevanza di tali operazioni ai fini del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione
torneremo più diffusamente in un successivo contributo dedicato alla scissione nel concordato preventivo.
48
La presentazione della domanda con riserva può essere naturalmente formulata anche da una società monade , e cioè non inserita in un
gruppo di società.
31
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del periodo di pre-concordato, soltanto la stipula dell’atto di fusione con un’unica votazione da parte
dei creditori.
Per quanto astrattamente configurabile, tale soluzione non appare utilizzabile in modo agevole nella
prassi, attesa la circostanza che, dalla data di presentazione del ricorso con cui si domanda (anche con
riserva ) l’ammissione alla procedura di concordato preventivo e fino al decreto di cui all’articolo 163,
L.F., il compimento di atti di straordinaria amministrazione (quale è la stipula di un atto di fusione 49)
debba essere autorizzato dal tribunale, ai sensi dell’articolo 161, comma 7, L.F.. Appare, infatti,
improbabile che il Tribunale possa essere in grado di autorizzare, sulla base delle esigue informazioni
contenute nella domanda di concordato c.d. in bianco , un atto come quello di fusione che, come detto
in precedenza, può determinare effetti significativi per i creditori delle società partecipanti
all’operazione50.
Potrebbe essere maggiormente opportuno optare per una seconda soluzione: rinviare la stipula dell’atto
di fusione dopo lo scioglimento della riserva e la presentazione del piano concordatario e dei documenti
previsti dall’articolo 161, L.F., ma prima della data fissata per l’adunanza dei creditori. In tale ipotesi le
società del gruppo potrebbero presentare separate domande di concordato ma caratterizzate da un
unico piano il quale verrebbe condizionato all’intervenuta efficacia della fusione prima della (unica)
votazione da parte dei creditori.
La stipula dell’atto di fusione, qualora sia prevista successivamente al decreto di ammissione alla
procedura (ex articolo 163, L.F.), necessita comunque dell’autorizzazione da parte del giudice delegato,
trattandosi – come sopra rilevato – di atto di straordinaria amministrazione (articolo 167, L.F.). In tal
caso, il giudice delegato ha a disposizione tutte le informazioni relative al contenuto del piano (unitario)
presentato dalle società del gruppo che hanno avviato la procedura di fusione e può disporre anche del
parere e degli esiti delle attività di verifica poste in essere dal commissario giudiziale, nel frattempo
nominato (fermo restando che una parte della giurisprudenza provvede alla nomina del commissario
anche per la fase intercorrente fra la domanda con riserva e il deposito del piano e dei documenti).
Anche in questa ipotesi sembra difficile che il giudice delegato possa autorizzare un’operazione di
fusione non condizionata all’omologazione del concordato preventivo, per le conseguenze che si
potrebbero produrre in caso di esito negativo della votazione o comunque di mancata omologazione
49
Sulla qualificazione della stipula di un atto di fusione (per quanto la delibera societaria sia preesistente alla presentazione della domanda
di ammissione alla procedura di concordato preventivo) come atto di straordinaria amministrazione, si veda Tribunale Roma 21 dicembre
2012, in Dir. fall., 2013, II, pagg. 354 ss., con nota di M. Garcea.
50
Sul punto, si veda M. Garcea, L’autorizzazione alla fusione nel concordato con riserva , in Dir. fall., 2013, II, pagg. 361 ss..
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della proposta concordataria51. Pertanto, l’unica opzione che potrebbe essere effettivamente
percorribile nella prassi è quella che prevede la realizzazione della fusione prima della presentazione
della proposta di concordato, pur con tutte le criticità e i rischi alla medesima collegati.
Conclusioni e problemi
Il tema della fusione concordataria presenta numerosi profili di interesse e si pone al centro del
problema sistematico del rapporto fra disciplina della crisi d’impresa e disciplina codicistica, e quindi
della configurabilità di un diritto societario della crisi 52.
Vi sono, inoltre, ulteriori questioni che rimangono aperte (oltre a quelle di cui si è dato atto nel presente
lavoro – il riferimento è, in particolare, alla permanenza del diritto di opposizione dei creditori alla
fusione –, il punto concerne anche la tutela dei soci delle società partecipanti alla fusione53), fra le quali
si annovera senza dubbio quella (a cui si è fatto cenno) in merito alla possibilità che la fusione possa
formare oggetto di proposta concorrente da parte di un creditore ai sensi dell’articolo 163, L.F..
51
Cfr., per un caso in cui la fusione per incorporazione era stata deliberata prima della formulazione della domanda di ammissione alla
procedura di concordato con riserva e in cui si era quindi chiesto all’autorità giudiziaria di dare atto che la sottoscrizione dell’atto di fusione
era una mera attuazione della delibera societaria o, ove si qualificasse detto atto fra quelli di straordinaria amministrazione, di autorizzare il
compimento di quest’ultimo, Tribunale Roma, 21 dicembre 2012, op. cit..
52
Cfr. G.B. Portale, op. cit., pagg. 1 ss..
53
Sul punto, oltre alle considerazioni svolte supra nt. 15, si veda M.C. di Martino, op. cit., pagg. 97 ss.
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