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Sistemi iper-metropolitani (INU edizioni 2015)

Sicilia Metropolitana: la sfida dei nuovi sistemi insediativi ecosistemici e reticolari. La metamorfosi strutturale entro cui siamo immersi da più di un lustro ci chiama all'impegno di affrontarla come occasione fertile per una radicale trasformazione verso protocolli di sviluppo meno erosivi, verso modelli insediativi meno consumatori e verso processi produttivi meno dissipativi. In Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, le città sfigurate dal degrado e i territori rurali in declino, l'imprenditoria manifatturiera locale sgretolata dalla crisi economica e le infrastrutture in dismissione funzionale sono state oggetto di azioni propulsive che hanno simulato una parvenza di vitalità, di rigenerazione urbana, di riattivazione del sistema economico. Ma all’esaurimento dell’effetto immediato dell’azione pubblica e al termine dei finanziamenti preassegnati i territori sono spesso tornati a essere desolanti luoghi del declino, rottami deformati di utopie urbanistiche. E nella rimodulazione dello sviluppo, sono proprio le Città Metropolitane – anche se non sempre adeguate nelle nuove configurazioni e statuti in corso di elaborazione a seguito della Legge Del Rio (L. 56 del 7 aprile 2014) – a costituire importanti selettori di risorse, potenti generatori di ricchezza, efficaci attivatori di opportunità di lavoro e di crescita della produttività, ma solo se in grado di agire come propulsori creativi e sostenibili delle rispettive economie nazionali e regionali e come connettori verso le economie globali. Non dobbiamo abbandonare l’ambizione che la riorganizzazione dell’architettura istituzionale dell’armatura metropolitana italiana sia una grande occasione per riarticolare il paese in piattaforme di sviluppo, in territori dell'innovazione e in ambienti di coesione. Le Città Metropolitane devono agire soprattutto come nuovi e più performanti driver attorno ai quali riorganizzare sia i contesti peri-metropolitani e sub-metropolitani che le aree interne, in una rinnovata organizzazione policentrica e reticolare dell’Italia. Va superata la visione delle città metropolitane come sistema funzionale gravitazionale, cioè come un sistema di comunità urbane autonome che quotidianamente scambiano flussi (materiali e immateriali) con un ampio contesto territoriale, agendo come nodo di interscambio di una rete di municipalità. Non possiamo più limitarci a estendere gli effetti della aggregazione e integrazione urbana oltre la dimensione comunale per coinvolgere gli ampi sistemi culturali, sociali ed economici che ne caratterizzano le identità plurime concorrendo al rafforzamento delle relazioni metropolitane, poiché esse hanno spesso raggiunto la loro soglia di efficienza, avviando il declino del sistema.

Sicilia Metropolitana: la sfida dei nuovi sistemi insediativi ecosistemici e reticolari Maurizio Carta Dalla post metropoli alla iper-metropoli La metamorfosi strutturale entro cui siamo immersi da più di un lustro ci chiama all'impegno di affrontarla come occasione fertile per una radicale trasformazione verso protocolli di sviluppo meno erosivi, verso modelli insediativi meno consumatori e verso processi produttivi meno dissipativi. In Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, le città sfigurate dal degrado e i territori rurali in declino, l'imprenditoria manifatturiera locale sgretolata dalla crisi economica e le infrastrutture in dismissione funzionale sono state oggetto di azioni propulsive che hanno simulato una parvenza di vitalità, di rigenerazione urbana, di riattivazione del sistema economico. Ma all’esaurimento dell’effetto immediato dell’azione pubblica e al termine dei finanziamenti preassegnati i territori sono spesso tornati a essere desolanti luoghi del declino, rottami deformati di utopie urbanistiche. E nella rimodulazione dello sviluppo, sono proprio le Città Metropolitane – anche se non sempre adeguate nelle nuove configurazioni e statuti in corso di elaborazione a seguito della Legge Del Rio (L. 56 del 7 aprile 2014) – a costituire importanti selettori di risorse, potenti generatori di ricchezza, efficaci attivatori di opportunità di lavoro e di crescita della produttività, ma solo se in grado di agire come propulsori creativi e sostenibili delle rispettive economie nazionali e regionali e come connettori verso le economie globali. Non dobbiamo abbandonare l’ambizione che la riorganizzazione dell’architettura istituzionale dell’armatura metropolitana italiana sia una grande occasione per riarticolare il paese in piattaforme di sviluppo, in territori dell'innovazione e in ambienti di coesione. Le Città Metropolitane devono agire soprattutto come nuovi e più performanti driver attorno ai quali riorganizzare sia i contesti perimetropolitani e sub-metropolitani che le aree interne, in una rinnovata organizzazione policentrica e reticolare dell’Italia. Va superata la visione delle città metropolitane come sistema funzionale gravitazionale, cioè come un sistema di comunità urbane autonome che quotidianamente scambiano flussi (materiali e immateriali) con un ampio contesto territoriale, agendo come nodo di interscambio di una rete di municipalità. Non possiamo più limitarci a estendere gli effetti della aggregazione e integrazione urbana oltre la dimensione comunale per coinvolgere gli ampi sistemi culturali, sociali ed economici che ne caratterizzano le identità plurime concorrendo al rafforzamento delle relazioni metropolitane, poiché esse hanno spesso raggiunto la loro soglia di efficienza, avviando il declino del sistema. Prima di abbandonarci al canto funebre della post metropolis, accontentandoci di celebrare la morte di un modello inefficiente e congestionato, è indisensabile accettare la sfida di trovare un nuovo paradigma che sorregga le nuove relazioni insediative, produttive e culturali. Abbiamo bisogno di una nuova generazione di città metropolitane più adeguata a cogliere le opportunità della metamorfosi dello sviluppo e maggiormente in grado di riattivare i metabolismi territoriali, soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo. Dobbiamo elaborare nuovi paradigmi non gravitazionali che siano in grado di riconoscere e guidare le nuove relazioni ipermetropolitane che i territori locali – urbani e rurali in rinnovate combinazioni – fanno intravedere. Dobbiamo saper riconoscere il valore aggiunto del super-organismo metropolitano, cioè il nuovo sistema multi-urbano composto da comunità coese e specializzate, non connesse solo da relazioni gravitazionali unidirezionali ma dove tutte le componenti hanno un ruolo chiaro e definito e – come le componenti di un meccanismo perfetto – agiscono all'unisono concorrendo in maniera differenziale e incrementale al perseguimento dello sviluppo dell'organismo. Il super-organismo metropolitano non è quindi la somma delle parti, ma un nuovo sistema urbano policentrico caratterizzato dalla specializzazione reticolare delle funzioni, che valorizza sia i nodi che le reti entro una nuova relazione super-urbana (fig. 1). Figura 1 - La città metropolitana come super-organismo di sviluppo, formato da un nuovo sistema relazionale cooperativo e caratterizzato dalle funzioni di scambio, dall’innovazione e dall’efficienza (© M. Carta, 2014). Non è la l’aggregazione conveniente delle sue componenti, ma è una nuova multicittà dell’innovazione, della creatività e delle opportunità differenziate che privilegia il recupero dell’esistente e che riduce lo spreco di risorse e li rende un’opportunità per la diversificazione delle funzioni. E’ una città metropolitana sensibile al paesaggio e protesa alla riqualificazione delle aree sottoutilizzate come potenziamento di centralità diversificate capaci di riattivare la rigenerazione sociale e la vitalità economica. In Italia, tuttavia, non esistono solo i nuovi organismi super-metropolitani, ma dobbiamo riconoscere l’esistenza – o più spesso facilitare la nascita – degli arcipelaghi metropolitani (fig. 2), nuovi modelli insediativi che, attingendo alla proprie storie locali profonde e alle apparenti marginalizzazioni, sono oggi in grado di offrirsi come sistemi insediativi alternativi all’aggregazione e alla congestione, come cicli di vita più circolari, come importanti hub per la connessione alle necessarie reti globali (attraverso le reti tematiche, per esempio) dei piccoli reticoli urbani e rurali locali, altrimenti esclusi dalla connessione diretta alle reti di maggiori dimensioni. L'arcipelago metropolitano è un sistema di insediamenti urbano/rurali collegati da un'infrastruttura di paesaggio, il cui sistema connettivo è spesso composto dai reticoli ecologici verdi e blu. Possiamo immaginarlo come un sistema di piccole cellule urbane addensate da "metro-parchi", una fascia perimetrale di boschi intorno alle aree urbane con funzioni diverse: parco agricolo/produttivo, corridoio fluviale, aree di rinaturalizzazione, attività sportive, etc. Il metro-parco diventa quindi il tessuto connettivo delle isole urbane e il loro scenario di resilienza. L'arcipelago metropolitano non agisce come un unico organismo come il precedente super-organismo, ma utilizza la forza delle sue relazioni reticolari per condividere identità, ruoli e gerarchie. Da anni, diversi sistemi policentrici del Mediterraneo, come l'Andalusia e la Murcia (Spagna), la Provenza e la Languedoc-Roussillon (Francia), la rete delle città verdi in Murgia e delle Madonie e dei centri storici del Val di Noto (Italia) stanno sperimentando il radicamento locale di infrastrutture di mobilità e di infostrutture digitali, la interconnessione tra reti verdi, armature culturali e cicli di vita lenti, la diffusione di competenze tecnologiche e dell’innovazione all'interno delle amministrazioni locali. Questa capacità di auto-gestione del dominio locale responsabilizza gli attori locali minori a cogliere i vantaggi competitivi offerti dai sistemi reticolari nella nuova sfida per una Europa policentrica. Figura 2 - Arcipelago metropolitano come un sistema di innovazione territoriale tra nodi urbano/rurali e connettori verdi e blu, basato sul policentrismo, sulla resilienza e sull’inclusione (© M. Carta, 2015). L’innovazione metropolitana per un nuovo modello di sviluppo in Sicilia A partire dal 2013 la Sicilia ha tracciato una duplice strada attraverso azioni governative e legislative in materia di Liberi Consorzi Comunali e Città metropolitane che hanno portato a un conflitto tra conservatori e innovatori, tra anestesisti e rianimatori. La prima proposta normativa elaborata da un Tavolo Tecnico istituito dalla Regione Siciliana 1 ha mirato alla riorganizzazione dell’architettura istituzionale regionale, presupponendo che le città metropolitane non siano solo ottimizzatori di funzioni e sistemi amministrativi che tendano esclusivamente a massimizzare l’efficienza delle azioni governative e l’efficacia nell’erogazione dei servizi. Esse, invece, devono essere i nuovi attivatori di una 1 Il Tavolo tecnico istituito dall’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica è stato coordinato dal vice-capo di gabinetto, Giovanni Pizzo, e ha visto la partecipazione di numerosi esperti e studiosi. Nell’agosto del 2013 è stato elaborato un documento di sintesi (redatto da Maurizio Carta, Antonio Saturnino, Giovanni Scala e Luigi Scrofani) relativo alla definizione delle competenze e delle funzioni nonché alla proposta di perpetrazione. Il medesimo gruppo di lavoro ha concorso alla elaborazione del primo DDL governativo approvato dalla Giunta il 12 settembre 2013 (a cui fanno riferimento le riflessioni del presente contributo). metamorfosi delle città verso forme e funzioni sempre più policentriche, reticolari, intelligenti ed ecologiche. In tale ottica le città metropolitane siciliane dovrebbero essere i big players regionali per la definizione degli scenari prospettici a cui riferire la programmazione degli interventi/investimenti regionali nella Programmazione 2014-20. Le tre città metropolitane, come individuate e proposte dal Tavolo Tecnico, devono essere in grado di agire come sistemi integrati “insediativi-produttivi-infrastrutturali” e come nuovi propulsori dello sviluppo, assolvendo al ruolo di: • piattaforme produttive territoriali, costituite da quei territori distrettuali emergenti che hanno saputo riconvertirsi ed accedere ai grandi circuiti internazionali, dando vita a sistemi produttivi che sono in grado di reggere con successo alla competizione, ma che hanno ancora bisogno di essere accompagnati da politiche pubbliche mirate ad accrescere l’accessibilità alle grandi reti e a potenziare la connettività tra locale e globale, a radicare la loro potenza nel territorio di contesto, evitando un insostenibile strappo tra poli di competitività e territori locali; • territori urbani di snodo, costituiti da quei sistemi città-territorio che hanno la capacità di fungere da “commutatori” tra i grandi flussi europei e internazionali e i territori locali, per loro natura predisposti a fungere da “ambienti innovatori” suscettibili di riverberare all’intorno gli impulsi al cambiamento delle strutture produttive e sociali esistenti. Le città quindi vengono interpretate e proposte nel modello di sviluppo come motori della competitività, come trasformatori delle energie che attraversano le reti globali e come diffusori e fertilizzatori del territorio locale, in una necessaria logica dell’equità territoriale come componente essenziale della coesione territoriale. Anche l’Agenda Urbana Nazionale identifica i territori-snodo come la trama portante degli assetti del territorio nazionale, i luoghi dove si gioca la partita della trasformazione verso la nuova economia, verso l’economia dell’innovazione tecnologica, della conoscenza e dell’esperienza, ed è qui che dovranno concentrarsi gli investimenti pubblici a favore della attrattività; • nodi dei fasci infrastrutturali di connessione, considerati come una combinazione efficace delle diverse reti di flusso che dovranno garantire non solo la facilità delle comunicazioni di beni e persone, ma anche una agevole propagazione dei servizi ad alto valore aggiunto e delle conoscenze che rappresentano il vero valore aggiunto dell’economia contemporanea. Dunque non solo collegamenti aerei, marittimi, ferroviari e stradali completati con le relative attrezzature della logistica, ma anche reti digitali a banda larga integrate con i centri di eccellenza della ricerca scientifica e tecnologica. Per garantire tali ruoli è indispensabile che le Città Metropolitane mature – Palermo, Catania e Messina-Reggio Calabria – posseggano ed esercitino alcune macro-funzioni strategiche nel sistema regionale: a) innanzitutto come Gateway City di flussi materiali e immateriali che si connettono alle reti corte regionali e a quelle lunghe nazionali e internazionali; b) poi come acceleratori di innovazione, creatività, formazione e ricerca attraverso l’integrazione dei sistemi universitari e della ricerca con quelli produttivi; c) come incubatori di imprese e di startups attraverso la presenza di servizi di clustering e di distrettualità matura e la dotazione di adeguate infrastrutture materiali e immateriali abilitanti; d) infine come erogatori di servizi di rango metropolitano di livello comparabile alle altre città metropolitane europee di primo e secondo livello. L’espletamento di queste macro-funzioni strategiche è condizionato alla ottimizzazione dell’articolazione di alcune funzioni-cardine già svolte dai sistemi territoriali interconnessi ai tre capoluoghi e che ne rappresentano la concretizzazione insediativa, sociale, economica ed infrastrutturale. La rilevazione della presenza delle funzioni metropolitane, la loro localizzazione, la stima della loro potenza e la valutazione della loro rilevanza, unitamente alla considerazione dei movimenti in arrivo e in uscita dai tre maggiori capoluoghi dell’Isola, ha consentito a chi scrive di pervenire ad una prima rappresentazione sintetica della intensità e rilevanza delle relazioni metropolitane di Palermo, Catania e Messina, consentendo di riconoscere distinte condizioni metropolitane tra “città metropolitana” (entro cui fondere e riformare le competenze degli attuali comuni) e “area metropolitana di gravitazione” (entro cui potranno essere stilati accordi per il perseguimento di specifici obiettivi): Città Metropolitana Capoluogo, Prima Corona e Prima Cintura (Super-organismo Metropolitano); Area Metropolitana di Gravitazione e Sistema metropolitano reticolare (Arcipelago Metropolitano, da definire in coerenza con la formazione del Liberi Consorzi di Comuni). Per trasferire le macro-funzioni metropolitane alle politiche urbane, esse dovranno essere caratterizzate da un sistema insediativo residenziale e produttivo policentrico (areale o reticolare) che superi la categoria della metropolizzazione gerarchica concentrica e aderisca ai processi di post-metropolizzazione più maturi presenti in Europa (il modello del super-organismo). Le città metropolitane di nuova generazione dovranno essere dotate di sistemi governance multilivello e di strumenti di pianificazione di livello metropolitano che permettano di mettere a sistema nodi e reti dello sviluppo in forme distribuite e non erosive delle risorse territoriali più preziose. Saranno città capaci di erogare servizi comprensoriali, soprattutto quelli legati all’innovazione dello sviluppo, alla competitività della produzione, all’attrattività ed ai cicli del metabolismo urbano; ma anche capaci di aggregare le comunità locali attorno a progetti condivisi che pur mantenendone la diversità manifestino un elevato grado di identità collettiva. Infine dovranno concorrere alla realizzazione di un sistema urbano ecologicamente sostenibile attraverso la riduzione del consumo di suolo e la promozione dei principi e delle pratiche di rigenerazione urbana, di riuso e riciclo, nonché al miglioramento dei cicli vitali delle città (energia, acqua, rifiuti). L’Agenda Urbana Metropolitana in Sicilia tra super-organismi e arcipelaghi metropolitani In Sicilia, nell’attuale fase di rielaborazione di un dispositivo legislativo per la formazione delle città metropolitane e dei liberi consorzi di comuni al posto delle provincie, è indispensabile definire prioritariamente quali debbano essere i contenuti di una Agenda Urbana Metropolitana regionale che voglia concorrere attivamente alla ripresa dell’Italia e alla ridefinizione dei fattori di sviluppo. In tal senso, l’Agenda Metropolitana della Sicilia dovrà soddisfare i seguenti requisiti: • puntare sulle 3 Città Metropolitane come “super-organismi” propulsori per rafforzare la competitività della regione attraverso la loro funzione di gateways materiali e immateriali dell’armatura delle città medie e dei clusters urbani; • considerare le città del contesto metropolitano come “territori snodo” e aree funzionali con particolare attenzione alla alimentazione ai sistemi reticolari come riserve di creatività e generatrici di sviluppo sostenibile; • individuare gli “arcipelaghi metropolitani” maturi che possano offrire un sistema insediativo e produttivo reticolare attraverso le nuove prospettive della dimensione rururbana. A partire da queste premesse la costruzione della strategia metropolitana si può declinare attraverso quattro opzioni incrementali: a) ridisegnare e modernizzare i servizi di rango metropolitano per i nuovi users; b) sviluppare pratiche per l’inclusione sociale e per il ridisegno del nuovo welfare metropolitano, soprattutto in riferimento ai quartieri ex-periferici che in prospettiva saranno le nuove aree cerniera di raccordo dei nuovi territori metropolitani, i luoghi di localizzazione delle nuove centralità dei servizi metropolitani; c) rafforzare la capacità delle città metropolitane di potenziare i segmenti più pregiati delle filiere produttive rafforzando il ruolo di commutatore territoriale dei flussi delle reti lunghe in risorse per lo sviluppo locale e regionale; d) infine, ridefinire la governance in termini di interdipendenze selettive e non secondo un mero principio di aggregazione di competenze e interessi. Le città e gli arcipelaghi metropolitani, quindi, diventano attori principali per la definizione della programmazione degli investimenti per il sistema integrato infrastrutture-insediamento-paesaggio nella Programmazione 2014-20. Occorre promuovere partenariati urbani e urbano-rurali come strumento per rafforzare il potenziale di generazione di risorse e il trasferimento dell'innovazione nelle aree metropolitane e nei loro hinterland. In particolare sono proprio le nuove forme aggregative urbano-rurali che possono concorrere alla definizione di nuovi aspetti spaziali rilevanti per lo sviluppo regionale, ridefinendo, alla piccola scala, l’area metropolitana interna di cooperazione tra nucleo metropolitano e le aree periurbane; alla media scala, riconoscendo la regione metropolitana interna di cooperazione tra le aree urbane e le zone rurali; ed alla scala vasta, rafforzando la cooperazione sovraregionale del nucleo metropolitano con l’entroterra rurale. Nella medesima direzione agisce il progetto Interreg IVC URMA (Urban-Rural Partnership in Metropolitan Areas) volto a migliorare la cooperazione urbano-rurale e contribuire alla coesione territoriale. Il progetto mira alla creazione di un’agenda politica regionale, nazionale ed europea per lo sviluppo sostenibile delle aree metropolitane con effetti positivi duraturi ed equilibrati sulla competitività e coesione delle aree metropolitane, entro un sistema europeo. Il beneficio principale della strategia è che le aree urbane e rurali ne trarranno gli stessi vantaggi e che le città non guadagneranno in competitività a spese delle aree rurali e viceversa. Mettendo insieme la propulsione urbana dei super-organismi e la trasmissione rurale degli arcipelaghi, i sistemi iper-metropolitani siciliani possono offrire un contributo operativo capace di affrontare la necessaria selezione delle strategie di intervento per restituire ai territori, alle identità e vocazioni locali quelle qualità di connettori e elementi di coesione che possono promuovere le logiche di clustering o di distrettualizzazione, alimentando costantemente i flussi che percorreranno i fasci infrastrutturali nazionali e transnazionali. Le tre città metropolitane siciliane e gli arcipelaghi metropolitani maturi potranno contribuire alla definizione degli elementi cardinali di una efficace territorializzazione strategica, cioè di una visione dello sviluppo che non considera il territorio come la superficie euclidea su cui proiettare le scelte socio-economiche, ma guarda al territorio come produttore di progetti, come selezionatore di istanze, come capitale territoriale da trasformare in valore. Soprattutto per le tre città metropolitane, pur nelle differenze territoriali, sia strutturali che tendenziali, deve essere condotta una disamina degli indirizzi strategici comuni di programmazione del territorio finalizzata alla individuazione delle propensioni di sviluppo del contesto infrastrutturale, produttivo e socioeconomico delle tre aree, le quali mirano a coinvolgere contemporaneamente le seguenti dimensioni territoriali: • lo sviluppo regionale e l’apertura internazionale con l’obiettivo di incidere sulla condizione di marginalità in cui versa il territorio attraverso il potenziamento dei nodi rivolti ad agganciarsi alle reti lunghe; • lo sviluppo e la coesione regionale, in particolare agendo sulle reti di ambito sub-regionale e sulle relazioni tra il cuore delle aree metropolitane e le loro appendici territoriali; • lo sviluppo urbano e locale con l’intento di migliorare la qualità della vita, attraverso il potenziamento dei servizi pubblici, creare le condizioni idonee per la valorizzazione delle potenzialità culturali, turistiche e attrattive dei centri urbani, ove necessario rafforzare la salvaguardia del paesaggio agrario in quanto aspetto essenziale del quadro paesaggistico complessivo, e dunque componente da valorizzare in un percorso efficace di sviluppo sostenibile del territorio. Agli indirizzi strategici sopra sintetizzati dovranno essere affiancate alcune linee prioritarie di intervento che, approfondite per ognuna delle città metropolitane, concorreranno alla loro delimitazione finale, evitando sia una imposizione dall’alto, sia la vuota retorica dell’aggregazione dal basso. Per una Sicilia che voglia giocare un ruolo nel Mediterraneo le città e gli arcipelaghi metropolitani dovranno puntare al potenziamento dell’accessibilità con l’obiettivo di rafforzare i nodi, le reti infrastrutturali e la componente logistica, intercettando i flussi di merci e persone. La dimensione insediativa – perché non sia un rallentatore del nuovo metabolismo metropolitano – deve essere affrontata attraverso la risoluzione dei problemi di accessibilità ai centri urbani e coesione interna del sistema territoriale, con l’obiettivo di potenziare la mobilità attraverso l’identificazione di nuove direttrici di mobilità e con modalità di trasporto differenti e concorrendo al miglioramento della qualità della vita sia attraverso il potenziamento della mobilità urbana, rilanciando il trasporto pubblico locale con l’obiettivo di combattere i fenomeni di congestionamento urbano nelle aree urbane, sia attraverso l’uso strutturale della innovazione tecnologica per alleggerire il footprint sociale. Infine, la nuova economia della creatività richiede che le città metropolitane concorrano alla riqualificazione delle aree urbane attraverso il riciclo delle aree, dei materiali e delle infrastrutture dismesse, la ricollocazione e valorizzazione di poli di attrazione e la riattivazione del “talento” dei luoghi, diversificando anche il sistema della portualità in una ottica di specializzazione e complementarietà con l’ambito urbano, con l’obiettivo anche di migliorare la qualità paesaggistica delle fasce costiere. Le visioni e le opzioni operative sopra sintetizzate costituiscono per le città e gli arcipelaghi metropolitani del Mezzogiorno la sfida di agire entro un rinnovato “capitalismo di territorio”, in cui la risorsa primaria è costituita dalle eccellenze territoriali, dai palinsesti culturali e paesaggistici, dalla posizione geografica, dalla gestione dei flussi, dalla potenza relazionale e dall’offerta di sostenibilità urbana. Nell’attuale dibattito sulle città metropolitane come progetto di futuro dell’Italia dovrà essere protagonista una visione progettuale capace di declinare le nuove economie arcipelago in cui al conflitto tra la predominanza del locale e l’arroganza del globale si sostituisce la coerenza delle interdipendenze e degli ecosistemi. L’Europa continentale e il Mediterraneo sono oggi attraversati da potenti forze di disgregazione/agglomerazione il cui esito dipenderà anche dalla capacità dei sistemi urbani di agire come fattori per l’addensamento spaziale dei sistemi locali in nuovi organismi iper-metropolitani, capaci di interconnettere i milieux culturali, di riattivare i tessuti manifatturieri dei contesti delle aree urbane e di utilizzarli come amplificatori dei fasci infrastrutturali che attraversano l’area mediterranea, di rammendare attraverso i reticoli paesaggistici le sfrangiature territoriali prodotte da un modello di sviluppo consumatore di suolo. L’obiettivo generale per una Italia che voglia tornare a contare in Europa concorrendo alla ripresa e alla riattivazione dei fattori produttivi di crescita e di quelli sociali di progresso, è quello di agevolare la metamorfosi dall’Europa dei grandi nodi urbani all’Europa policentrica e reticolare formata dall’armatura delle metropoli intermedie, per giungere alla formazione di una Europa delle qualità territoriali, paesaggistiche, culturali, manifatturiere e sociali. Bibliografia Calafati, A. G., a cura di (2015), Città tra sviluppo e declino. Un'agenda urbana per l'Italia, Donzelli, Roma. Carta, M. (2013), Reimagining Urbanism. Città creative, intelligenti ed ecologiche per i tempi che cambiano, List Lab, Trento-Barcelona. D'Amico, R. , Piraino, A., a cura di (2014), Il governo locale in Sicilia. Materiali per la riforma, FrancoAngeli, Milano. Katz, B. e Bradley, J. 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