La Fucina di Vulcano
Studi sull’arte per Sergio Rossi
a cura di
Stefano Valeri
Lithos
Ha collaborato alla curatela Simona Grillo
Graica e impaginazione: Paolo Tellina
© 2016 Lithos Editrice
Via Vigevano 2 – 00161 Roma
Tel./Fax 0644237720
www.lithoslibri.it
[email protected]
ISBN 978-88-99581-19-0
INDICE
Introduzione
Una fabbrica ecclesiastica riemersa nella Tuscia romana.
La collegiata romanica di San Pietro a Cencelle
7
13
Pio Francesco Pistilli
La igura di Giuseppe nell’iconograia e nella tradizione
letteraria medievale (con particolare riguardo al «Roman
de la Rose»)
25
Luciano Rossi
he surviving iconography of Marie Becket
37
Carla Rossi
Apollo citaredo: note di iconograia musicale
45
Stefania Macioce
Ottaviano Ubaldini della Carda e l’inluenza dell’alchimia
sugli artisti del suo tempo
61
Alessandra Bertuzzi
“L’impresa Andrea Bregno” nella Roma del secondo
Quattrocento
69
Claudio Crescentini
Bastiano Mainardi. Breve racconto di un pittore toscano di
ine Quattrocento
79
Virginia Pisani
Un disegno di Filippo Bellini e una tela di Martino Bonini
Alessandro Zuccari
95
Jacopino del Conte: una “Lucrezia” e alcune identiicazioni
di ritratti
109
Antonio Vannugli
Autoridad real e identidad nacional: la construcción de
los antiguos palacios virreinales de Nápoles y Barcelona
129
Carme Narváez
Don Juan Fernández de Velasco e un dono prezioso di
Clemente VIII. Precisazioni e nuove proposte attributive
per un reliquiario d’argento
141
Lucia Ajello
De Roma a Mallorca, una versión inédita de la Santa
Caterina Tomàs que salva una nave del naufragio, de
Benedetto Luti
151
Mariano Carbonell
I Bonazza. Genio e sentimento a servizio della scultura
161
Federica Costa
Alienazioni e reintegri in collezione Rospigliosi alla ine del
Settecento. Il ruolo del principe Giuseppe
171
Maria Celeste Cola
La recepción española del IV Centenario del nacimiento de
Michelangelo Buonarroti
181
Eva March
Alfredo Ricci (1864-1889): un carteggio con Napoleone Parisani
195
Federico De Mattia
Il ruolo dei primi contatti epistolari tra Bernard Berenson e
Lionello Venturi nella riscoperta critica di Antonello da Messina
Elena Damiani
207
Lionello Venturi: da Venezia a Firenze
219
Massimo Fiorot
Osvald Sirén, Lionello Venturi, Riccardo Gualino: un
contributo al Formalismo e al collezionismo in Italia
227
Antonella Perna
Il Nudo Rosso (Nu Couché) di Modigliani. Da Parigi a Pechino
237
Cristina De Santis
Materiali di archivio su Georges Rouault
247
Michela Bassu
Il catalogo George Rouault di Lionello Venturi
(edizioni 1940-1948-1959)
255
Alessandra Montagnoli
“Il Viaggio” di Alberto Burri. Tra contenitore e contenuto
267
Cristiano Rosati
Lionello Venturi e le polemiche sull’arte astratta in Italia
alla metà del XX secolo
277
Stefano Valeri
Proilo bio-bibliograico di Sergio Rossi
289
Alfredo Ricci (1864-1889): un carteggio con
Napoleone Parisani
Federico De Mattia
Nel recensire l’esposizione del 1890 della società indipendente In Arte
Libertas, Ugo Fleres dedica gran parte dell’articolo al pittore romano
Alfredo Ricci. L’improvvisa e prematura morte dell’artista nel settembre
dell’anno precedente, a venticinque anni non ancora compiuti, rende
impellente l’esigenza di impedire che il prodigioso talento sia cancellato
dalla memoria, in tempi in cui «l’oblio s’addensa prestissimo sulle manifestazioni dell’arte»1.
Se la società dedica una parte della seconda sala interamente alle opere del Ricci, creando con un tramezzo una sorta di «santa sanctorum»,
Fleres dal canto suo esorta le voci della critica più autorevole a studiarne
e issarne i caratteri, avvertendo profeticamente come una tale raccolta sia
destinata a smembrarsi nell’arco di poche settimane2.
Si tratta, però, di un invito a rilettere per ribadire con rinnovata consapevolezza qualità pittoriche e poetiche ben deinite palesatesi già anni
prima allo stesso Fleres e non solo.
Artista fondamentalmente autodidatta, iglio di un sarto, Alfredo
Ricci esordisce nell’esposizione romana del 1883, con un olio dal titolo
Ozio3, per poi presentarsi l’anno dopo a Torino con il dipinto Desiderii4,
medesimo anno in cui espone presso la Società degli Acquarellisti
Romani l’acquarello Contemplatio Mystica5. Desiderii, afermava Uriel
1
U. Fleres, Alfredo Ricci, in “Archivio Storico dell’Arte”, 1890, fasc. III-IV, pp. 127-135
(p. 127).
2
Ibid.
3
N. 13 del catalogo Esposizione di Belle Arti in Roma 1883. Catalogo uiciale.
4
N. 1547 del catalogo L’Esposizione Generale Italiana in Torino nel 1884. Catalogo uiciale.
5
«[…] uno studioso del quattrocento, un sognatore, poeta o alchimista, seduto fra i
libri del suo studio, avvolto in un’ampia zimarra, con gli occhi perduti nell’ombra, ap-
recensendo l’esposizione torinese, è «pittura che pare tratta dal succo
delle corolle tenere», ma non stucchevole, bensì elegante e placidamente penetrante attraverso la sua vacua, sofusa leggiadria6. Proprio questo infatti il primo elemento individuato dalla critica del tempo come
costituente l’arte di Alfredo Ricci: non la ricerca d’efetto, ma la naturale predisposizione, il bisogno innato di contemplare e rappresentare
solo quel che fosse «gentile»7, così come lo era il suo animo, e con
cui potesse instaurare un’identità emotiva. Tale premessa permetteva,
dunque, di infondere un valore intimo, rifuggendo la banalità della
facile tematica, ad un «capriccio elegante»8, come il pastello Pastorale,
esposto alla mostra del 1890 della In Arte Libertas, o alla dolcezza
amorosa dell’acquarello Per vie indirette, esposto nel 1886 alla Società
degli Acquarellisti.
Abile colorista quanto disegnatore, versatile nella pittura ad olio, nel
pastello e nell’acquerello, spaziando dalla ritrattistica alla pittura di paesaggio, Ricci concilia la naturale agilità esecutiva con una coscienziosa
rilessione, tanto tecnica quanto poetica, atta a penetrare quanto più possibile il sentimento dell’ispirazione.
In virtù di ciò, l’accortezza tecnica non coincide necessariamente
con il concetto di compiutezza formale, poiché unicamente dipendente
dall’esigenza emotiva della visione. Se per Ricci l’esecuzione rappresenta
presso a non so quale misteriosa fantasticheria». Doctor Mysticus (Angelo Conti), L’Arte
a Roma. Novissimum Agmen, in “La Tribuna”, 4 ottobre 1885.
6
Uriel (Ugo Fleres), L’arte all’Esposizione. Armenise, Di Giovanni, Mancini, Gastaldi,
Ricci, in “Capitan Fracassa”, 19 luglio 1884.
7
«Egli aveva […] un carattere mite ed equilibrato; aveva l’aspirazione costante al bello,
senza quegli scatti nervosi, quelle irrequietezze sgambate, frequenti nei cultori dell’arte».
L. Grande, La morte di una speranza. Alfredo Ricci, in “La Gazzetta letteraria”, 26 ottobre
1889, pp. 338-339 (p. 338). «Alfredo Ricci fu uno spirito eminentemente aristocratico,
rifuggente da ogni volgarità, contrario da ogni atteggiamento che non fosse veramente
gentile». D. Angeli, Le Cronache del Cafè Greco, Milano 1930, p. 161. «Dovunque e sempre la pittura del Ricci ebbe un carattere di gentilezza. […] qualcosa che si lasci scorgere
nelle opere meno fra loro rassomigliantisi, e indipendentemente dalle qualità di esse». U.
Fleres, cit., p. 131.
8
Ivi, p. 135.
196
«quasi un lavoro di miniatura»9, ciò non implica che un’«interminabile»10
opera, quale l’acquerello Musica Sacra11 “(Fig. 1), non possa trovare il
proprio compimento in un efetto evanescente, indeinito, così come il
dipinto raigurante «una fanciulla malata»12, esposto con il precedente
alla prima mostra della In Arte Libertas nel 1886.
Le atmosfere evocate dal Ricci consentono alla critica di scorgere
nelle sue opere una perfetta corrispondenza e compenetrazione tra musica e poesia, dalla cui fusione in immagine prende forma una nuova
realtà, quella del sogno13. L’attività artistica del giovane pittore ben
incarna le nuove istanze artistico-ideologiche che si andavano difondendo nella capitale nell’ultimo quarto del XIX secolo. Il desiderio
di una iguratività simbolica, in grado di estrinsecare l’assonanza interiore tra artista e soggetto rappresentato, evocando così suggestioni
9
L. Grande, cit., p. 338.
Lettera di Alfredo Ricci a Napoleone Parisani riportata alla ine del saggio.
11
«[…] una nobile igura di religioso che canta accompagnandosi sull’organo». U. Fleres, cit., p. 132. L’opera è attualmente conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte
moderna e contemporanea di Roma e inventariata con il titolo Musica mistica.
12
Luigi Grande racconta di aver assistito al principio della creazione e come chiedendo
di cosa si trattasse Ricci avesse risposto: «È una testa di fanciulla malata». L. Grande, cit.,
p. 339. Diego Angeli parla di «una pallida igura di donna bionda a cui Angelo Conti
aveva trovato il titolo di – Donna Clara – e un emistichio tennysoniano che la illustrava:
“a che quell’aspetto languente simile al giglio morente?”». D. Angeli, cit., p. 167. Ugo
Fleres cita l’opera come «Mezza igura di Donna, da una poesia del Tennyson». U. Fleres,
cit., p. 131.
13
In riferimento alla fanciulla d’ispirazione tennysoniana: «Non capisco se sulle spalle e
sulle braccia della fanciulla ci sia un velo, o se quella tinta bianchiccia esprima un fumo
d’aromi che rappresenti materialmente le lusinghe le quali consolano l’ultima ora di
quell’essere fragile. Ma non mi dispiace restare nel dubbio. Sifatto quadro dev’essere
così: mezza realtà, mezzo sogno». G. Cantalamessa, Esposizione privata di pitture in via S.
Nicolò da Tolentino 72, in “L’Italia Artistica Illustrata”, 1886, pp. 6-7 (p. 7). «Quella ingenua testa femminile poteva assomigliarsi a una lirica, e dalla poesia avea uno dei pregi
più spirituali: l’indeinito». L. Grande, cit., p. 339. A proposito dell’acquerello Musica
Sacra: «[…] e mi piace vederla circondata da quel fondo nebbioso, pieno d’indeterminatezza solenne, come la musica stessa, che anima quell’austero tipo di monaco antico». G.
Cantalamessa, cit., p. 7.
10
197
Fig. 1 - Alfredo Ricci, Musica mistica, 1886-1889 – Roma, Galleria Nazionale
d’Arte Moderna e Contemporanea (su concessione del Ministero per i Beni
culturali e Ambientali e del Turismo)
198
musicali e poetiche, trova nella igura del Conti e del D’Annunzio due
dei principali promotori e nella realizzazione dell’editio picta dell’Isaotta Guttadauro una delle più signiicative e celebri espressioni. Il
Conti evidenzia l’analogia stilistico-poetica tra l’arte del giovane e la
«maniera dannunziana»14, mentre Diego Angeli racconta come Ricci,
amante dei «bei libri» e delle «belle letture», nella «memorabile ‘Ora
del Tiziano’» fosse solito invitare nel proprio studio amici «perché gli
leggessero i loro versi e discutessero con lui di problemi letterari»15.
Fu così, dunque, che il Ricci realizzò un disegno per la traduzione
del De Bosis del poemetto shelleyano La Sensitiva e due illustrazioni
per l’Isaotta, ovvero Dolce grappolo e Donna Clara16. Quest’ultima, rappresentante il medesimo soggetto con lievi diversità nell’espressione
del volto, è da porsi in stretta relazione con il dipinto della «fanciulla
malata» esposto presso lo studio Giorgi nel medesimo anno di pubblicazione della raccolta17.
Il nome di Alfredo Ricci, infatti, appare parallelamente e indissolubilmente legato alla società In Arte Libertas, di cui, assieme all’amico Morani,
fu uno dei principali promotori18. Questo gruppo di «dissidenti»19, che
annoverava tra i componenti gli stessi illustratori dell’Isaotta, trovò la propria guida nel pittore-critico Giovanni Costa, altro principale difusore
14
«Questo prodigioso fanciullo fa in pittura ciò che Gabriele D’Annunzio fa nella sua
ultima maniera poetica. Non parlo del Canto Novo, nel quale la poesia di D’Annunzio
somiglia tanto alla pittura di Michetti: parlo della nuova maniera dannunziana, elegante,
soave alla Teoilo Gautier». Doctor Mysticus (Angelo Conti), cit.
15
D. Angeli, cit., p. 160.
16
Cfr. A.M. Damigella, La pittura simbolista in Italia. 1885-1900, Torino 1981,
pp. 57-58.
17
Cfr. G. Pieri, he Inluence of Pre-Raphaelitism on ‘Fin de siecle’ Italy. Art, Beauty and
Culture, London 2007, p. 130.
18
«Non potevo riiutarmi dall’esporre nella sala Giorgi avendomi invitato i miei accaniti
nemici, per mezzo di due giovani che amo e stimo Morani e Ricci». Lettera di Giovanni
Costa a Napoleone Parisani del 13 febbraio 1886 (Archivio Lionello Venturi, CXCIII, I,
fasc. “Lettere di Giovanni Costa al conte Napoleone Parisani”).
19
Doctor Mysticus (Angelo Conti), L’Arte a Roma. L’Esposizione dei dissidenti, in “La
Tribuna”, 28 marzo 1887.
199
delle nuove istanze artistiche che animarono la Roma di quegli anni e
ostinato avversario tanto della tradizione accademica, dogmaticamente
intesa, quanto della pittura d’efetto del Fortuny e del Morelli. Ricci, che
secondo l’aneddoto di Luigi Grande, sosteneva come per dipingere fosse
necessario innanzitutto «er core»20, ben si poneva sulla scia del Costa che
da più di un trentennio sosteneva come il «vero nulla dice se non si è visto
col sentimento del pensiero»21, così come, del resto, una profonda rilessione critico-tecnica, al ine di penetrare e issare adeguatamente l’istintività della visione e del primo abbozzo, fu una delle peculiarità dell’attività
artistica costiana.
Al ine di perseguire un’arte di «sentimento, libera da ogni sorta di
ingerenza», l’apertura al confronto europeo, soprattutto con il contesto
inglese, e l’attento studio dei maestri antichi appaiono a Costa, dunque
alla In Arte Libertas, elementi imprescindibili. L’innegabile inluenza
del pittore trasteverino su Alfredo Ricci, è pertanto indubbiamente da
riscontrarsi nell’attenzione posta, da un lato, su l’arte prerafaellita22 e,
dall’altro, su l’insegnamento dei primitivi italiani.
Al di là delle numerose note di biasimo che il Costa ricevette, relative
ad una mera e statica adesione ai modelli di riferimento, il messaggio
teorico che egli si proponeva di difondere, ovvero imparare a vedere e
sentire con la purezza degli antichi, è secondo la critica del tempo magistralmente incarnato dalle opere del Ricci.
Dopo aver esposto nel 1888 a Londra23, nel 1889 Ricci prende parte
alla sua ultima esposizione con la In Arte Libertas, presentando tre studi
di paesaggio, uno studio da Masaccio e due dalla Primavera del Botticelli.
20
L. Grande, cit., p. 339.
G. Costa, Quel che vidi e quel che intesi, nuova edizione con introduzione di M. F.
Apolloni, ricerca iconograica di P. Nicholls, Milano 1983, p. 160.
22
A proposito dell’inluenza prerafaellita su la poetica del Ricci, cfr. G. Pieri, cit.,
pp. 130-132.
23
Ricci vi partecipa con l’acquerello In Chiesa (già esposto l’anno precedente con la In
Arte Libertas), n. 590 del Catalogo della sezione Belle Arti, in L’Esposizione Italiana di Londra, 1888. La prima esclusivamente Italiana tenuta oltre i conini della Penisola. Relazione.
21
200
Studiando il Quattrocento con «ardore ininito»24, il giovane non copia
ma ne diviene acuto interprete, cosicché Angelo Conti, analogamente a
quanto detto dal Martelli a proposito del Costa25, aferma come la rosea
igura tratta dal «gruppo delle Grazie» giunga dal XV secolo «passando a
traverso un chiaro cristallo. Poiché limpida e sicura era la visione dell’artista moderno»26.
Lo studio dei primitivi, così come quello della natura, si carica per
la cerchia costiana di accenti religiosi, ben individuabili già negli stessi
propositi della stessa Scuola Etrusca. Fondamentale nella poetica della
Scuola fu l’avvicinamento del Costa alla spiritualità francescana, volto
a far propria la spontanea intensità religiosa del frate nei confronti del
mondo naturale, ovvero a creare opere che, derivate dalla contemplazione
della natura e degli antichi, avessero lo stesso alato mistico di preghiere27. In tal senso, ben si comprende come Ricci, il cui misticismo il Conti
connette fortemente anche alla sfera musicale28, deinisca Botticelli un
«essere divino»29 e rimanga profondamente suggestionato dal viaggio assisiate.
24
«Dal quattrocento prese davvero le mosse il Ricci e lo studiò con ardore ininito. Ma
più avveduto dei prerafaeliti, e anche più libero di spirito, invece di trincerarsi nel sentimento di quelle forme, e di riprodurre con quelle forme i tipi dell’antica poesia italica o
della Bibbia o della storia religiosa, entrò nel sentimento della vita moderna e vi rimase, e
dal ritratto al paesaggio, tutto illuminò della interior luce delle persone […]». V. Morello,
In Arte Libertas. Alfredo Ricci, in “La Tribuna illustrata”, 23 febbraio 1890.
25
«Talvolta [Giovanni Costa] par che si metta gli occhiali del quattrocento per il grande
amore che porta a quell’epoca onesta». D. Martelli, Nino Costa, in “La Commedia Umana”, 19 luglio 1885.
26
Doctor Mysticus (Angelo Conti), L’Arte a Roma. In Arte Libertas, in “La Tribuna”, 5
marzo 1889.
27
Cfr. S. Berresford e P. Nicholls (a cura di), Nino Costa e i suoi amici Inglesi, catalogo
della mostra (Milano, Circolo della stampa), Milano 1882.
28
«E comprò anche un harmonium; poiché una tale inluenza mistica lo dominava, ch’egli non poteva né lavorare né vivere senza sentire continuamente nelle orecchie e nell’anima un suono che somigliasse in qualche modo alla voce sacra e misteriosa dell’organo,
che sembra il linguaggio dell’ininito». Doctor Mysticus (Angelo Conti), cit., 4 ottobre
1885.
29
Lettera di Alfredo Ricci a Napoleone Parisani riportata alla ine del saggio.
201
Le lettere inedite qui di seguito riportate30, scritte da Alfredo Ricci al
pittore Napoleone Parisani31, ci permettono di trovare direttamente nelle
parole del pittore una piccola e preziosa conferma di quanto afermato in
qui, così da restituirci, come direbbe il Fleres, alcuni «istanti dell’anima
pittorica»32.
Parisani car.mo,
Firenze 18 Luglio
È quasi un mese che sono a Firenze, e mi ci trovo assai bene33; è inutile che
io cerchi di invaghirti facendoti sciocche e male eicaci descrizioni delle
mie impressioni, poiché per me, benché già conoscessi Firenze, è stata
cosa nuova tanto è piena di cose belle: e tu lo sai.
Perciò raccogli tutto ciò che puoi ricordare e pensa se non sarebbe bello
per te, e per me, se tu venissi. Mi parlasti di voler andare a Siena, io ci sono
stato ora, ma io trovo più utile venire a Firenze.
La non ‘ai quel complesso di cose che ‘ai qui, e benché tra le pitture
che esistono a Siena vi siano cose bellissime: pure è necessario che la30
Delle quattro lettere rinvenute (Archivio privato) si è scelto di riportare integralmente, per importanza contenutistica, la seconda e la quarta in ordine di tempo.
31
Il pittore camerte Napoleone Parisani (1854-1932) è iglio del conte Giuseppe Parisani e della principessa Emilia Gabrielli, discendente di Napoleone I Bonaparte. Iscrittosi
all’Istituto di Belle Arti di Roma, conosce, nella prima metà degli anni ’80, Giovanni
Costa e, in seguito, Ernest Hebért. I due esercitano una profonda inluenza su la poetica dell’artista indirizzandolo, rispettivamente, allo studio del paesaggio e a quello della
igura. Membro della Scuola Etrusca (1883-1885) e della In Arte Libertas (a partire dal
1891), è nel 1904 tra i fondatori dei XXV della Campagna Romana. Cfr.: A. M. Napolioni, Ricordi di Napoleone Parisani e del suo ambiente, in G. Piantoni (a cura di) La poesia
del vero. La pittura di paesaggio a Roma fra Ottocento e Novecento da Costa a Parisani,
catalogo della mostra (Macerata, Palazzo Ricci e Camerino, Convento di S. Domenico),
Roma 2001, pp. 81-83; E. Mori, Napoleone Parisani: un inedito percorso artistico, in ivi,
pp. 84-92.
32
«[Alfredo Ricci] non dipinge per dipingere: ma per issare un istante della visione, un
istante dell’anima pittorica». Ugo Fleres, cit., p. 132.
33
L’anno si ricava dalla terza lettera, datata «Firenze 88», in cui Alfredo Ricci gioisce
dell’arrivo a Firenze di Napoleone Parisani e si impegna ad accoglierlo alla stazione.
202
scino il passo a Masaccio, Fra Filippo, Ghirlandajo, Filippino, Botticelli
quest’essere divino di cui io sto frescamente laidamente vituperando la
Primavera34. E di disegni, ve ne è una raccolta stupenda. Vieni dunque
staremo benissimo insieme, io non desidero di meglio. Non ti parlo poi di
Donatello, Verrocchio, Cellini, Michelangelo ecc…
Credi a me se devi andare a Siena, vieni a Firenze, tu stesso troverai più
ragionevole studio qui che là, è che dappertutto si studia ma a me è così
simpatica Firenze, che non desidero di vedere Venezia. Ti basti questo35.
Rispondimi tostamente
Piazza Indipendenza 13, p. terreno
Un abbraccio dal tuo af.mo
Alfredo Ricci
Et buon lavoro
Pizzoli Prov. Aquila
Carissimo Napoleone,
Prima di venire qui a Pizzoli sono stato, come ti dissi, a Assisi e ne ho
ricevuto una grande impressione: il paesaggio prima, San Francesco poi,
mi hanno addirittura sbalordito. La linea delle montagne che si ammira
dal Subasio è così grandiosa così bella e gentile che credo S. Francesco
non poteva trovare un ambiente più bello, e che ispira il raccoglimento e
amore per la natura, come Assisi.
E che bell’ulivi che ci sono. Io ci tornerò sicuramente, è lì, nella chiesa inferiore, che voglio inire quel mio interminabile acquarello Musica Sacra36.
34
Tale afermazione sarebbe ragionevolmente da porsi in relazione con i due studi esposti alla mostra della In Arte Libertas del 1889.
35
L’intenzione di recarsi, in vista dell’estate, a Firenze e Venezia è dichiarata da Alfredo
Ricci nella prima lettera (Fig. 2) a Napoleone Parisani: «Ora vorrei andare a Firenze e di
lì a Venezia per fermarmici qualche tempo. Botticelli e Carpaccio mi attirano».
36
È doveroso precisare che il Conti descrive con il medesimo titolo un’opera diferente,
rappresentante una processione (cfr. A. Conti, cit., 4 ottobre 1885), rispetto a quella di
cui si è parlato sinora. Tuttavia, l’acquerello cui fa riferimento Ricci in tal sede è proba-
203
Fig. 2 - Lettera di Alfredo Ricci a Napoleone Parisani
L’ambiente con quelle luci così varie e misteriose, con quelle igure dai
fondi d’oro tutti cesellati, così ricche di colore, mi ha fatto un’impressione
grandissima, e lì si comprende che cosa potesse essere la fede in quei tempi
che in quell’ambiente io invidio.
Non ti parlo della chiesa superiore, io credo non vi sia in Italia e fuori un
monumento più completo e mano mano vengono scoperti nel soitto
nuovi tesori: se lo sa Cacaselle [sic]37. Dio ce ne liberi.
(Vidi il quadro di Ghirlandajo, non vale un c… accanto a S. Trinita)
bilmente da identiicarsi proprio con quello esposto nella prima mostra della In Arte
Libertas, poiché al momento dell’esposizione «L’artista ha voluto avvertirci che non è
inito» (G. Cantalamessa, cit.).
37
Si riferisce a Giovan Battista Cavalcaselle, che nel 1871 diviene l’unico sovraintendente dei lavori di restauro del complesso assisiate. Cfr. G. M. Elia, Restauri e ripristini
204
E quelli afreschi di Giotto? Che ne dici? Insomma sono veramente contento di esserci stato.
Qui il paesaggio non è brutto ma non mi entusiasma, verso Aquila la valle
si allarga molto, ed è più bello ma proprio qui le montagne son troppo
vicine, e poi l’albero che abbonda è il pioppo e per me non mi piace: giù
nella valle c’è un iumicello, l’Aterno, tutto iancheggiato di pioggi e in
qualunque punto è bello ma… io aveva imaginato altra cosa e poi mancano gli ulivi.
Tolto tutto questo che è per me il principale elemento, poiché tu sai bene
che quando si lavora con piacere si sta meglio, sto benissimo, siamo in un
villino in mezzo a una villetta veramente graziosa, c’è un laghetto con relativa
barchetta, un boschetto di giovani pioppi, dove io farò qualche cosa, e poi
degli alberi belli, un gruppo di noci molto grande, pioppi grandissimi vicino
al lago ma coperti da altri alberi piccoli e perciò impossibile a dipingere.
Ho a mia disposizione anche uno studio, ridotto a quest’uso da Giorgi38,
prima era un ienile; ma è molto comodo ed è buonissimo per la luce.
E tu cosa fai come va Benozzo Gozzoli? Hai terminato quello studio di
teste? E il Sig’ Gnoli?39 Il suo acquarello ora starà a buon punto non è
vero? 40 Quanto desidererei di rivenire lassù almeno lì accanto al vero c’è il
confronto con gli antichi41.
nella basilica di Assisi nella seconda metà dell’Ottocento: il problema delle superfetazioni, in
“Studi di Memofonte”, n.7, 2011, pp. 91-102.
38
Pietro Giorgi, presso lo studio del quale, in via S. Nicola da Tolentino 72, si tenne la
prima mostra della In Arte Libertas.
39
Conte Giuseppe Gnoli, futuro marito di Francesca Parisani, sorella di Napoleone.
40
Tali quesiti lasciano supporre che Parisani e Gnoli si trovassero a San Gimignano.
In una lettera di Costa a Parisani del 27 novembre 1888 si legge: «Ho parlato molto del
nostro amico [Giuseppe Gnoli] con Giorgio Howard, con Sir William Gregory ed anche
col direttore del Kensington Sig. Amstrong. […] Non può immaginare quanto questi
signori sieno contenti del uomo e del suo lavoro; amano immensamente ciò che ha fatto
a S. Gimignano». Archivio di Lionello Venturi, CXCIII, I, fasc. “Lettere di Giovanni
Costa al conte Napoleone Parisani”.
41
Se ne deduce una pregressa visita di Ricci al medesimo luogo, cosicché la stessa precedente critica al «quadro del Ghirlandajo» potrebbe forse riferirsi agli afreschi di quest’ultimo nella cappella di Santa Fina presso la Collegiata di San Gimignano.
205
Scrivimi presto e salutami tanto il Sig’ Gnoli, buon lavoro e buone cose,
ci rivedremo a Roma.
Tuo af.mo
Alfredo
Mercoledì 19 Settembre 88
206