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2 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA
DOMENICA 4 SETTEMBRE 2016
corriere.it/lalettura
Il dibattito delle idee
Visual data
Valori Il cucciolo di bisonte morto perché un automobilista voleva proteggerlo
dal freddo, il cocker vicino alla bara del padrone ucciso dal sisma, le crocchette vegane:
rischiamo di trasformare in nostri simili quelli che, nonostante l’affetto, non lo sono
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Tutti gli incantesimi
di Harry Potter
di CECILIA BRESSANELLI
Festival
.
Confini, Europe, ecologia
I vent’anni di Mantova
12
tredici pagine speciali sul Festivaletteratura
Sguardi
.
Il muro giallo di Vermeer
non è più un mistero
Per favore, lasciate
che gli animali
facciano gli animali
Non è detto che la cattività sia meglio del randagismo
Ricordiamo: le bestie non hanno senso morale
Anche immaginare cani e gatti come noi è un abuso
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di CHIARA LALLI
di FRANCO FARINELLI
Maschere
.
Buon compleanno, Freddie
Il pop che cambiò il rock
Cloni
Tim
CURRY
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Elizabeth
Ron
MAEL
(Sparks)
TAYLOR
Aaron
BEHRENS
(Ghostland Observatory)
Danza,
eccessi sessuali
Michail
Marc
MARTEL
(Downwhere)
Adam
LAMBERT
Robby
VALENTINE
(Zinatra)
Insospettabili
BARYSHNIKOV
Justin
HAWKINS
(The Darkness)
Capricci,
divismo
David
BOWIE
Kurt
COBAIN
(Nirvana)
Hard Rock
PRINCE
Danza,
personalità
Dave
GROHL
(Foo Fighters)
Montserrat
Wrestling
CABALLÉ
di ROBERTO DE PONTI
James
HETFIELD
Rob
HALFORD
(Judas Priest)
Travestitismo,
teatralità
Axl
ROSE
(Guns N’Roses)
Percorsi
.
Il rumore della Rete
distrae il narratore
45
di PAOLO GIORDANO
L
a scorsa primavera, un uomo e il figlio se ne
andavano in giro nel parco nazionale di Yellowstone a bordo di un Suv. Il parco è popolato da molti animali ormai rari o a rischio di
estinzione. Uno di questi è il bisonte, di cui
all’inizio del Novecento ne rimanevano meno di 50 esemplari. Un secolo più tardi, la popolazione aveva raggiunto quasi cinquemila capi, per poi
calare e stabilizzarsi intorno ai tremila. I due turisti, aggirandosi nella riserva naturale, hanno incontrato un cucciolo di bisonte. Sicuri che l’animale soffrisse di freddo e
determinati dalle migliori intenzioni, l’hanno caricato
sul Suv per salvarlo.
Questa storia, com’è facile prevedere, non avrà un lieto
fine. I numerosi tentativi dei ranger di riavvicinare il cucciolo alla madre falliranno — l’intervento umano può
avere questo effetto — e il piccolo sarà soppresso poco
più tardi. Il «salvataggio» non ha soltanto causato la morte dell’animale, ma sarebbe potuto costare caro anche ai
suoi salvatori: i bisonti adulti sono molto protettivi nei
confronti dei piccoli e un bisonte può arrivare a pesare
fino a 900 chili (le femmine un po’ meno). I bisonti sono
gli animali più pericolosi per i turisti di Yellowstone e
l’unico modo per ridurre il rischio — per noi e per loro —
è mantenere una distanza di sicurezza. Nella nota pubblicata sulla pagina Facebook del parco si ricorda che anche
avvicinarsi troppo per farsi foto avventurose può avere
esisti fatali: in Argentina, qualche mese prima, una folla
di bagnanti aveva fatto morire un piccolo e raro delfino
dopo esserselo passato di mano in mano, come una rockstar, per scattare un selfie con lui. A luglio, l’aragosta Larry è morta durante il trasporto da un ristorante al luogo in
cui avrebbe dovuto passare felicemente il resto della vita.
Questo è spesso il destino degli animali da stabulario
«liberati» dagli attivisti. Animali nati e cresciuti in un
ambiente asettico che mal si adattano al mondo reale. E
se l’intento di chi li libera è quello di farli stare meglio,
non sempre quel fine è raggiunto. Qualcuno potrebbe
commentare: «Meglio morti che in prigionia e sottoposti
a esperimenti»; dimenticando però che la morte fuori
dal laboratorio raramente è indolore. Come non lo è stata
l’agonia del piccolo bisonte, prima di essere sottoposto a
eutanasia. Una sorte simile è toccata anche ad alcuni animali liberati dai circhi: uno struzzo salvato a Monaco e un
ippopotamo a Macerata sono stati investiti e uccisi.
Il nostro rapporto con gli animali non umani è antico e
spesso caratterizzato da contraddizioni e stranezze. Negli
i
Bibliografia
Amati, odiati, mangiati è il
titolo del saggio di Hal
Herzog sul rapporto tra
l’uomo e gli animali
(traduzione di Giuliana
Olivero, Bollati Boringhieri,
2012). Sulle difficoltà di
comunicazione tra le specie
si soffermano Lisa Vozza e
Giorgio Vallortigara nel libro
Piccoli equivoci tra noi animali
(Zanichelli, 2015). Due testi
di riferimento sui diritti degli
animali: Peter Singer,
Liberazione animale (a cura
di Paola Cavalieri,
traduzione di Enza Ferreri, il
Saggiatore, 2015); Tom
Regan, Gabbie vuote
(traduzione di Massimo
Filippi e Alessandra Galbiati,
Sonda, 2005). Dal romanzo
di Stephen King Pet
Sematary (traduzione di Hilia
Brinis, Sperling & Kupfer,
1985) è stato tratto il film
Cimitero vivente (1989),
diretto da Mary Lambert
ultimi decenni l’attenzione per il loro benessere è aumentata, grazie anche al nostro raggiunto benessere,
sebbene alcuni animali siano oggetto di cura e altri del
nostro disprezzo o della nostra gola, e non sempre, come
vedremo, queste differenze sono giustificabili razionalmente. Usiamo molti animali per i nostri comodi e in base alle nostre credenze — alcune sono migliori di altre e
meno crudeli —, ma il loro benessere è spesso una scusa
per farne ciò che vogliamo con la pretesa soddisfatta di
compiere gesti altruistici. Trasferire automaticamente le
nostre convinzioni agli animali è pericoloso e dannoso,
soprattutto per loro. O alimenta credenze sbagliate, come nel caso del cocker Flash il cui comportamento dopo
il terremoto recente (è stato filmato e fotografato accanto
alla bara del padrone) è stato letto con lenti umane e antropomorfiche.
Sembrerebbe razionale ipotizzare gerarchie in base alle finalità per cui li usiamo e alle modalità con cui li trattiamo. Può davvero essere moralmente equivalente il loro uso per farne pellicce o per la ricerca? La scienza ha
contribuito al benessere degli animali permettendoci di
conoscerli meglio, di sapere quali sono i loro comportamenti e quali sono le condizioni migliori per loro. Ci ha
insegnato che, a seconda del grado evolutivo, possono
provare più o meno dolore, e come evitarlo. Usare gli animali nei circhi è immorale e usarli per farci compagnia
perfettamente ammissibile? Non è così semplice. Ma vale
la pena di cercare qualche risposta, soprattutto perché gli
umani che hanno degli animali da compagnia aumentano sempre, così come le spese e le attenzioni loro dedicate (anche queste, più o meno razionali). Sono sempre di
più i padroni che considerano gli animali domestici come membri della famiglia, il 90% dei proprietari di cani
in Usa, secondo un sondaggio del 2011. Siamo sicuri che
un cane, un gatto o un altro pet viva meglio con noi che
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Animali nati e cresciuti in un ambiente asettico
mal si adattano al mondo reale. E se
l’intento di chi li libera è quello di farli stare
meglio, non sempre quel fine è raggiunto. La
morte fuori dal laboratorio raramente è indolore
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CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 3
DOMENICA 4 SETTEMBRE 2016
Due parole in croce
di Luigi Accattoli
altrove? L’antico dilemma del lupo libero e affamato e del
cane pasciuto, ma con il segno del collare a marchiare la
sua servitù, non può forse essere risolto definitivamente.
Dipende anche dalle specie e dalle condizioni di vita che
siamo in grado di garantire all’animale che abbiamo scelto. Sicuramente amare gli animali e volerne uno o più di
uno in casa non è la stessa cosa. È meglio vivere da randagi o al sicuro e castrati? Pensateci. Molti considerano i
propri pet come figli. Fanno loro regali e festeggiano i
compleanni. Aprono profili Facebook (ci sono anche social dedicati, come BePuppy). A parte il senso del ridicolo
consumato fino a farlo scomparire, foto e social non
sembrano peggiorare la loro vita, dipende però sempre
dalle foto che volete fare.
Ma siamo tornati alla domanda forse più importante: è
davvero benefico per gli animali essere trattati come esseri umani? Quasi mai. Il processo di antropomorfizzazione è una nostra necessità, è una forma di pensiero magico e una tendenza un po’ mitomane a usare i nostri criteri di misura mentre osserviamo l’universo. Un esempio
abbastanza bizzarro è quello dei padroni vegani che intendono rendere vegano anche il proprio cane, facendolo evolvere a uno stadio di moralità più raffinata rispetto
ai cani carnivori. Ci sono almeno due problemi: nel mondo animale non c’è morale (il cane non si domanda se è
giusto o sbagliato mangiare un altro essere vivente e non
c’è modo, per fortuna, di costringerlo a interrogarsi al riguardo) e i cani sono carnivori.
Rispetto a casi simili, la Confederazione sindacale degli allevatori, commercianti e detentori di animali (FederFauna) ha sottolineato la contraddizione tra l’amore
di questi padroni e l’indifferenza verso le caratteristiche
etologiche degli animali di cui si prendono cura. Per l’associazione dare crocchette vegane a un cane è una forma
di maltrattamento che dovrebbe essere evitata e, nel caso, perseguita legalmente.
La difficoltà di trovare risposte è anche determinata da
un’intrinseca impossibilità. Non possiamo chiedere agli
animali che cosa vorrebbero, cosa sarebbe il meglio per
loro, e quindi la risposta sarà sempre quella che possiamo dare noi. Uno dei primi ricordi che ho di umani che
trattano animali come conspecifici è Yuma, un pastore
afghano grigio che la sua padrona considerava una figlia.
Perfino meglio: una figlia con cui non avrebbe mai litiga-
LE ILLUSTRAZIONI
DI QUESTA PAGINA
E DELLA SUCCESSIVA
SONO DI MASSIMO CACCIA
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Sicuri del Paradiso, o anche no
«Oggi sarai con me in Paradiso», dice Gesù al
ladrone e tanti cristiani parlano con quella
sicurezza ma i Papi ci vanno cauti. Si narra che
Wojtyla abbia ascoltato con ammirato silenzio un
giovane morente al quale aveva donato una
to e che non avrebbe mai sbattuto la porta. Aveva la spazzola con il nome, l’asciugamano personale e il collare con
gli strass. «Cena a tavola con noi», raccontava fiera. E poi
l’immancabile «le manca solo la parola», che è più o meno l’argomento più citato dai padroni di animali. Provate
a passare qualche minuto in un’area dedicata ai cani. Le
conversazioni sono spesso difficili da distinguere da
quelle che farebbero genitori fieri dei propri figli e dei loro moccioli. Questo antropomorfismo esasperato conduce perfino a confronti che non andrebbero fatti: «È più
affidabile di tanti umani».
Quante volte si prova più empatia verso i cani che verso
gli umani perché questi ultimi sarebbero meno meritevoli del nostro amore e più portati a tradirci? A poche ore
e miglia di distanza, nell’Idaho, vengono uccisi un labrador e una donna, entrambi da un poliziotto. Era l’estate
del 2014 e l’indignazione per la prima morte è stata incomparabile con l’eco quasi nulla che ha avuto l’omicidio
di Jeanetta Riley, 36 anni, madre di tre bambine, incinta e
con evidenti disturbi psichiatrici. Il padrone di Arfee ha
poi ricevuto 80 mila dollari per il danno subito, la famiglia della donna nemmeno le scuse dal dipartimento di
polizia né una spiegazione di una morte abbastanza incomprensibile.
È il loro bene o il nostro narcisismo a spingerci a trattarli come umani e a trasformarli nei figli che non abbiamo voluto o potuto avere? A considerarli più meritevoli e
a dimenticare che il mondo animale è amorale e per di
più spesso, ai nostri occhi, crudele e spietato, dunque
molto meno arcadico di quanto ci piacerebbe ammettere?
Ci sono altri aspetti contraddittori. Molti animalisti
condannano la sperimentazione animale (importante: la
ricerca ha ricadute anche veterinarie, perciò fermare la
sperimentazione animale finirebbe con il danneggiare
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Il nostro rapporto con le bestie è antico e spesso
caratterizzato da contraddizioni e stranezze.
Trasferire automaticamente su di essi le nostre
convinzioni è pericoloso e dannoso, soprattutto per
loro. Curarsi del benessere dei «pet» è un’altra cosa
medaglietta della Vergine: «Gliela restituirò in
Cielo. Arrivederci in Paradiso». E Bergoglio a una
coetanea che ad Assisi il 4 agosto gli aveva detto
«ci vediamo in Paradiso» avrebbe risposto: «Io
non so se arriverò in Paradiso».
anche gli animali) ma spesso non vedono problemi morali nell’addomesticamento. La gerarchia degli animali
meritevoli di amore è quasi sempre costruita su criteri
soggettivi e contestuali: il cane è sacro, il maiale possiamo mangiarlo. Hal Herzog, autore di Amati, odiati, mangiati. Perché è così difficile agire bene con gli animali
(Bollati Boringhieri, 2012) e del blog Animals and Us (su
«Psychology Today»), ricorda che questa contraddizione
è stata ribattezzata da un filosofo «il paradosso del gatto
in casa e della mucca nel piatto». Sterminiamo i ratti con
veleni, destinandoli a morti orrende, e ci commuoviamo
per le cavie da laboratorio. Condanniamo le nuove tecnologie e spendiamo migliaia di dollari per clonare il cane
di casa morto, nell’illusione di riportarlo in vita (e ricordate come andava a finire con il gatto domestico, investito da un camion e poi tornato in vita dopo essere stato
sepolto in un cimitero indiano, nel Cimitero vivente di
Stephen King? Spoiler: non bene).
Insomma, se la nostra ambizione alla coerenza è destinata a fallire, potremmo provare almeno a illuminare alcune delle più profonde e irrazionali contraddizioni che
caratterizzano il nostro rapporto con gli altri animali per
imparare a trattarli meglio. Anche perché spesso l’impegno e le spese richieste sono sottovalutate o giudicate
meno onerose di quanto non siano nella realtà. Non è infrequente che la fantasia di prendersi cura di un animale
si trasformi in un incubo intollerabile, non solo nel caso
di sempre più esotici animali da compagnia riadattati al
nostro salotto. Gli abbandoni, prima delle vacanze estive
o dopo l’ennesima passeggiata forzata, sono numerosi:
l’ultimo caso noto è quello di Boff, un cagnetto abbandonato nel Milanese che in moltissimi si sono poi offerti di
adottare. L’entusiasmo iniziale deve essere bilanciato con
la possibilità di mantenere un impegno continuo, rispetto a un essere che — al contrario dei figli (almeno sulla
carta) — non sarà mai autonomo. E la conoscenza delle
sue particolarità etologiche può permetterci di mettere a
fuoco le sue necessità, tralasciando le nostre. Non basta
«essere sensibili» o dichiararsi amanti degli animali. E
sarebbe meglio trascurare il loro profilo Twitter per concentrarsi sul loro benessere, che non è detto coincida con
le nostre convinzioni istintive e con il nostro narcisismo
da padroni modello.
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