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FRATE FRANCESCO rivista di cultura francescana

Il rItratto dI raImondo lullo e I rapportI con Il mondo clerIcale a luI contemporaneo nel liber disputationis petri et raimundi sive phantasticus: un'InterpretazIone storIco-letterarIa

FRATE FRANCESCO rivista di cultura francescana Laura Mastrantuono - Vincenzo LiVia Il rItratto dI raImondo lullo e I rapportI con Il mondo clerIcale a luI contemporaneo nel liber disputationis petri et raimundi sive phantasticus: un’InterpretazIone storIco-letterarIa estratto Anno 79 - Nuova Serie - Novembre 2013 - n. 2 Il rItratto dI raImondo lullo e I rapportI con Il mondo clerIcale a luI contemporaneo nel liber disputationis petri et raimundi sive phantasticus: un’InterpretazIone storIco-letterarIa Laura Mastrantuono - Vincenzo LiVia Contesto storico e datazione Il Liber disputationis Petri et Raimundi sive Phantasticus1, è uno dei dialoghi lulliani più tardi, risalente al 13122. Il Lullo lo compose durante il viaggio che lo avrebbe condotto al Concilio di Vienne, presieduto da papa Clemente V tra il 1311 e il 1312. Il Concilio di Vienne nella biograia di Lullo è una tappa piuttosto importante perché, oltre a essere l’ultimo concreto tentativo di proporre le proprie idee alla gerarchia ecclesiastica romana, segna uno dei rari momenti in cui le proposte di Lullo furono in parte accettate. Già dall’aprile del 1305, in occasione dell’elezione di Clemente V, Raimondo aveva indirizzato al neoeletto papa un Liber de ine3, e in un secondo momento una Petitio4, in cui propugnava instancabilmente la tesi di una nuova crociata. Ma è dopo il 1309 che Raimondo s’impegna concretamente per l’organizzazione, in ambito cattolico, di una crociata che non implicasse la partecipazione dei Templari, accusati nel Liber de acquisitione Terrae Sanctae5 di essere la causa del fallimento delle misL’edizione critica di riferimento è: raiMundi LuLLi Liber disputationis Petri et Raimundi sive Phantasticus, ed. A. Oliver, M. Senellart, F. Domíngues Reboiras [Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis (d’ora in poi CCCM) 78, Raimundi Lulli Opera Latina (d’ora in poi ROL) XVI], Turnhout 1988, 190, 13-30. 2 Nella recensio delle opere lulliane: Raimundus Lullus. An Introduction to his Life, Works and Thought, eds. A. Fidora, J. E. Rubio (CCCM 214, ROL II), Turnhout 2008, 220, il testo indicato con il n. 190 e dal titolo: Disputatio Petri clerici et Raimundi phantastici, è datato al 1311 durante il viaggio di Raimondo Lullo verso Vienne. 3 raiMundi LuLLi De ine, ed. A. Madre (CCCM 35, ROL IX), Turnhout 1981, 233-291. 4 La Petitio in Concilio è inclusa nel Liber de ente, quod simpliciter est per se et propter se existens et agens (CCCM 34, ROL VIII, 188) all’interno del quale costituisce la sesta distinctio: Ordinationes decem, quas Raimundus intendit praesentare in Concilio Generali. 5 e. KaMar, Projet de Raymond Lull De acquisitione Terrae Sanctae, introduction et édition critique du texte, in Studia Orientalia Cristiana 6 (1961) 3-131. 1 359 Laura Mastrantuono - Vincenzo Livia sioni cattoliche in Terra Santa, appoggiando così le pretese francesi su Costantinopoli. Nella bolla Regnans in excelsis del 12 agosto 1308, Clemente V, nell’iniziale convocazione al Concilio, inserisce tra i punti da dibattere la “questione dei Templari”, spinto dalla pressione di Filippo il Bello che ne auspicava fortemente la soppressione6. Lullo, sostenendo totalmente questa tesi, attende con ansia una convocazione al Concilio, che arriva soltanto alla ine del 1311. Raimondo Lullo, mentre viaggia per raggiungere Vienne scrive il Phantasticus, oltre che la Petitio Raymundi in concilio generali ad acquirendam Terram Sanctam, la Vita coaetanea7, il Liber de ente reali et rationis8 e il poemetto in lingua catalana Lo concili9 contemporaneamente10. Lullo aveva inviato a Vienne dieci proposte per il rinnovamento della vita ecclesiale dell’epoca, il Concilio asseconda alcune di esse11: non riesce nell’uniicazione degli Ordini cavallereschi in un unico grande Ordi6 La questione dei Templari si concluderà con la loro soppressione al termine del Concilio di Vienne. Nei decreti postconciliari, si legge infatti: «[...] maiori parti dictorum cardinalium et praedictorum a toto concilio electorum, plus quam quatuor vel quinque partibus eorumdem, visum est decentius et expedientius et utilius pro Dei honore et pro conservatione idei christianae ac subsidio Terrae sanctae multisque aliis rationibus validis sequendam fore potius viam ordinationis et provisionis sedis apostolicae, ordinem saepe fatum tollendo et bona ad usum, ad quem deputata fuerant, applicando, de personis etiam ipsius ordinis, quae vivunt, salubriter providendo, quam defensionis iuris observationes et negotii prorogationes animadvertentes quoque, quod alias etiam sine culpa fratrum ecclesia Romana fecit interdum alios ordines solemnes ex causis incomparabiliter minoribus, quam sint praemissae, cessare, non sine cordis amaritudine et dolore, non per modum difinitivae sententiae sed per modum provisionis seu ordinationis apostolicae praefatum Templi ordinem et eius statum, habitum atque nomen irrefragabili et perpetuo valitura tollimus sanctione ac perpetuae prohibitioni subicimus, sacro concilio approbante, districtius inhibentes, ne quis dictum ordinem de cetero [...]» Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura di G. Alberigo, G. Dossetti, P. P. Joannou, C. Leonardi, P. Prodi, Bologna 1973, 342. 7 Vita coaetanea (CCCM 34, ROL VII, 189). 8 Liber de ente reali et rationis (CCCM 78, ROL XVI, 31-131: 78). 9 raMon LLuLL, Poesies, a cura di J. Romeu i Figueras, Barcellona 1958, 36-37 e 157-192. 10 La contemporaneità dei quattro scritti è sottolineata da J. N. HiLLgartH, Ramon Lull and Lullism in fourteenth-century France, Oxford 1971, 126: «While the two later works (Petitio et Phantasticus) were probably intended for the fathers themselves, the poem and the Vita were apparently directed towards the great secular lords who were attend the Council». 11 Le dieci proposte erano: 1. l’istituzione di scuole di arabo ed ebraico a Parigi, Roma e Tolosa; 2. l’uniicazione degli Ordini militari; 3. un piano per la riconquista di Gerusalemme; 4. una distribuzione più razionale delle prebende ecclesiastiche; 5. una regolamentazione dei vestiti monastici e clericali; 6. la sospensione da maestro di ilosoia per coloro i quali attaccano la teologia; 7. grandi sanzioni per l’usura; 8. un programma di preghiera nelle sinagoghe e nelle moschee; 9. la riforma degli studi elementari; 10. la riforma degli Ordini medici. 360 Il ritratto di Raimondo Lullo e i rapporti con il mondo clericale ne12 ma viene deliberata la costituzione di cattedre di lingua ebraica e araba presso la curia romana, a Parigi, Oxford, Bologna, Salamanca e Pavia13. Il Concilio sollecita, poi, anche una nuova crociata. Questa parziale vittoria Lullo la ottiene ormai sul inire dei suoi giorni, quattro anni dopo morirà, ormai ultraottantenne. Nel Phantasticus incontriamo quindi un Lullo convinto delle proprie idee, delle proprie azioni, completamente rivolto all’evangelizzazione e alla ricerca instancabile di conferme e autorizzazioni della curia pontiicia. Come ben traspare dai numerosi indizi autobiograici presenti nelle sue opere, infatti, Raimondo tenterà per tutta la vita di essere accolto e ascoltato dai vari papi che di volta in volta si succederanno sul soglio pontiicio14, rimanendo spesso deluso e incompreso15. Ancora a ottanta anni, Clemente V abolirà l’Ordine dei Templari con la bolla Vox in excelso. Sulla questione della fusione degli Ordini e la posizione originale del Lullo in questo dibattito cfr. A. J. Forey, The military Orders in the Crusading Proposal of the late-thirteenth and late-fourteenth Centuries, in Traditio 36 (1980) 317-345. 13 Nei decreti del Concilio di Vienne si legge: «Ut igitur peritia linguarum huiusmodi possit habiliter per instructionis eficaciam obtineri, hoc sacro approbante concilio scholas in subscriptarum linguarum generibus, ubicunque Romanam curiam residere contigerit, nec non in Parisiensi et Oxoniensi, Bononiensi et Salamantino studiis providimus erigendas, statuentes ut in quolibet locorum ipsorum teneantur viri catholici, suficientem habentes Hebraicae, Arabicae et Chaldaeae linguarum notitiam, duo videlicet uniuscuiusque linguae periti, qui scholas regant inibi, et libros de linguis ipsis in latinum ideliter transferentes, alios linguas ipsas sollicite doceant earumque peritiam studiosa in illos instructione transfundant, ut instructi et edocti suficienter in linguis huiusmodi fructum speratum possint Deo auctore producere, idem propugnaturi salubriter in ipsos populos inideles. Quibus equidem in Romana curia legentibus per sedem apostolicam, in studiis vero Parisiensi per regem Franciae, in Oxoniensi Angliae, Scotiae, Hiberniae ac Waliae, in Bononiensi per Italiae, in Salamantino per Hispaniae praelatos, monasteria, capitula, conventus, collegia exempta, et non exempta et ecclesiarum rectores in stipendiis competentibus et sumptibus volumus provideri, contributionis onere singulis iuxta facultatum exigentiam imponendo, privilegiis et exemptionibus quibuscunque contrariis nequaquam obstantibus, quibus tamen nolumus quoad alia praeiudicium generari» Conciliorum Oecumenicorum Decreta, 379-380. 14 È Lullo stesso a raccontare i numerosi incontri o tentativi di incontro con i ponteici, in alcuni brani dei suoi scritti, soprattutto della Vita coaetanea. Cercherà di incontrare Onorio IV, che troverà però morto, nel 1287 (CCCM 34, ROL VIII 189, V.C. IV, 18, 221), incontrerà invece Niccolò IV nel 1292, e Celestino V nel 1293 (CCCM 34, ROL VIII, 189, V.C. VIII 31, 484). Dopo aver tentato più volte l’incontro con Bonifacio VIII senza ottenere risultati (CCCM 34, ROL VIII, 189 V.C. VIII 32, 492-494), Lullo incontra a Vienne Clemente V (CCCM 34, ROL VIII 189, V.C. IX, 35, 546-556). 15 In vari testi Lullo racconta i suoi numerosi e spesso fallimentari tentativi di essere ascoltato dalla curia romana; in Sconforto, XIV, 159-163 scriverà: «Car muller n’ay lexada ills possesios et n’ay estat trent’ans en trebayls e langors, et cinch vets a la Cort am meis messios n’ay estat, e encara ab los presicadors a generals capitols tres, e enquer als menors» (ho abbandonato la sposa, i igli, i beni e da trent’anni sono travagliato in angosce, fui cinque volte alla corte romana a mie spese, e ancora assistetti a tre capitoli gene12 361 Laura Mastrantuono - Vincenzo Livia però, non perde l’energia di intraprendere un viaggio, inalmente convocato al Concilio, per sostenere le sue idee e vederle magari vincere. Il dialogo tra il chierico e Raimondo palesa ancor più questa strenua volontà di Lullo di essere capito da un clero troppo diverso da lui, e che, pur accettando un dialogo, non riuscirà mai a condividere il suo pensiero ino in fondo. Una ictio che tanto ha di vero, che tanto ci dice sulla vita di Lullo all’interno della storia ecclesiastica di XIV secolo, un dialogo ittizio con un alto grado di verosimiglianza. Trama del dialogo Il dialogo si apre con i due protagonisti, il chierico Pietro e Raimondo Lullo (laicus) in viaggio verso il Concilio di Vienne. Tra di loro estranei (sebbene il chierico dimostra di conoscere, di fama, molte cose riguardo la vita di Raimondo), i due si presentano e si raccontano decidendo, poi, di confrontarsi in una disputa16. Pietro si sta dirigendo al Concilio per avere un “avanzamento di carriera” e per ottenere nuovi beneici personali, Raimondo per promuovere la conquista della Terra Santa, l’abolizione dell’Ordine dei Templari e l’introduzione nelle scuole dello studio delle lingue orientali che aiuti la coscienza reciproca delle culture. È proprio questa divergenza di scopo che spinrali dei Predicatori e a tre dei Minori); al capitolo VII, 79-84 invece scrive: «D’aqueyls a qui Deus ha donat mays d’ornament, qui no mi volon ausir, ans tenen a nient mi e mes paraules, com hom qui foylament parla e res no fa segons entendiment; per que eu per elles pert tot lo procurament que fas par honorar Deu e d’omens salvament» (per colpa di coloro ai quali Dio ha dato maggiori onori, che non mi vogliono ascoltare e disprezzano me e le mie parole, io perdo tutto ciò che faccio per procurare onore a Dio e salvezza agli uomini). Frasi queste che dimostrano i tanti tentativi di richiesta di ascolto vaniicati dalla curia romana che lo reputava un idealista, senza reale adesione alla realtà. 16 La disputa era il mezzo di comunicazione nell’Europa del XIV secolo, attraverso la quale il sapere (ormai universitario) era diffuso e accresciuto. La disputa in questo caso, però, è inserita in una cornice dialogica che rende la narrazione un “botta e risposta”, il racconto di una passeggiata per via, con un alto coeficiente mimetico. La scelta del dialogo, pertanto, è sicuramente voluta dall’autore per rendere divulgativo e semplice il contenuto da trasmettere. La critica recente ha messo bene in evidenza che la necessità di Lullo di sempliicare il più possibile stile e contenuti in vista di una comprensione quanto più globale, è preoccupazione costante. Il dialogo ilosoico in cui le tesi contrapposte non portano a una conclusione certa, per altro, conosce illustri antecedenti, basti pensare al Dialogo fra un ilosofo un giudeo e un cristiano di Abelardo. Lo stesso Lullo ama questo genere narrativo, il Libro de’ gentile e dei tre savi ne è un fulgido esempio; anche in quel caso l’autore non conclude il racconto con una soluzione ma la lascia intuire. Per un’analisi del genere del dialogo nella produzione lulliana e dei rapporti con i modelli arabi, si veda l’introduzione al Liber gentilis di M. Candellero, Torino 1986, 25-30. 362 Il ritratto di Raimondo Lullo e i rapporti con il mondo clericale ge i due a un confronto, che si gioca principalmente intorno al termine phantasticus. Chi è il phantasticus tra i due? chi è il più insensato, Lullo che crede nella vita evangelica, nella predicazione e nella crociata, o Pietro, chierico, ieramente schierato per il potere, le ricchezze e il successo della propria vita? Il dialogo è incentrato su cinque punti fondamentali, nei quali non solo si contrappongono due ceti sociali distinti, i laici e i chierici, ma anche due diverse concezioni della religiosità cristiana: «il cristianesimo “caldo” e militante di Raimondo e quello “freddo” e istituzionalizzato del clericus: contrapposizione che fotografa il dramma della Chiesa»17 all’inizio del XIV secolo. Il termine phantasticus è relativo, per i due contendenti, al giudizio sintetico sulla realtà politica e ecclesiale del periodo; è più insensata l’idealistica visione evangelica della vita cristiana di Raimondo o la mondana e realista morale di Pietro? Il testo, che continuamente lascia trapelare questo interrogativo, dopo un prologo iniziale, passa in rassegna il tema della fantasia (de phantasia), quello delle quattro cause (de quattuor causis), dell’onore (de honore), del piacere (de delectatione) e dell’ordine (de ordine). Per ciascuno di essi si propone una deinizione iniziale (condivisa) dalla quale si sviluppa una disputa sotto forma di dialogo, in cui gli interlocutori si trovano su posizioni diametralmente opposte18. Nonostante la volontà di dialogo tra i due, dichiarata sin dall’inizio del liber, e nonostante il procedere ordinato delle questioni, che a una deinizione fanno seguire un dibattito piuttosto pari e senza che un interlocutore prenda il sopravvento sull’altro, mai la conclusione arriva a una convergenza di pensiero; anzi sistematicamente le partizioni si concludono con l’affermazione da parte dell’uno e dell’altro, della phantasia del proprio interlocutore. Se analizziamo infatti gli explicit di ciascuna delle parti vediamo che il dialogo inisce con un nulla di fatto; ciascuno dei due interlocutori rimane sulle proprie posizioni: 17 Si veda la nota bio-bibliograica di A. Morganti al Phantasticus. Disputa del chierico Pietro con l’insensato Raimondo, a cura di M. Polia, Rimini 1997, 27-28. 18 Il ruolo delle deinizioni nell’opera lulliana è cruciale: nell’Ars brevis dei sei gruppi su cui si basa l’arte, il terzo è composto proprio dalle “deinizioni”, spesso tautologiche, che non possono essere contraddette se non rendendo fallace il discorso intero. Le deinizioni sono le ragioni necessarie che i dialoganti devono ammettere all’inizio, solo così, sostiene Lullo in più occasioni, si può iniziare un dialogo, che porti alla persuasione. Le deinizioni proposte nell’incipit di ogni capitolo del Phantasticus, risultano essere deinizioni appropriate ad entrambi gli interlocutori; la differenza è nell’interpretazione che ognuno di essi ne sostiene. La dificoltà che sembra essere messa in evidenza pertanto, non è ammettere concordemente un enunciato razionale, ma attualizzare tale enunciato nella propria vita sulla scorta del dettato evangelico. 363 Laura Mastrantuono - Vincenzo Livia 1. 2. 3. 4. de phantasia R: Et quia iudicas, quod ignoras, ideo phantasticus es (I, 172-173) P: Et quia tu dicis intellectum sub habitu idei posse intelligere, falsum dicis et phantasiaris, quod non est possibile (I, 176-178) de quattuor causis P: Phantasticus ergo non sum (II, 278) R: Quanto magis audio te loquentem, tanto magis te cognosco phantasticum (II, 280) de delectatione R: Omnibus modis percipio te magnum esse phantasticum (IV, 470-471) P: (il chierico non risponde in questo caso) de ordine (e ine del dialogo) P: Raimunde, phantasticus es, qui me talibus quaestionibus lacessis; et ideo de cetero tecum amplius conferre nolo (V, 605-606) R: (Raimondo non risponde e i due vanno via). Il dialogo si conclude con una chiara dichiarazione di non comunicabilità, irrisolvibile. Manca nell’elenco proposto, la sezione del dialogo de honore (III, 285-344), che ha un andamento anomalo all’interno del testo. Terzo dei cinque punti da sviluppare, honor s’inserisce esattamente a metà del dialogus. Riguardo tale questione i due convengono di enunciare soltanto delle massime o degli aforismi condivisi sui quali poi eventualmente costruire un ragionamento sillogistico19. Non c’è traccia nel Phantasticus dei sillogismi che ne sarebbero dovuti derivare, e questa sezione di testo si mostra come un’antologia di belle massime sull’onore, improntata agli insegnamenti dei testi sacri e ad aforismi di chiaro sapore popolare. È l’unico caso, questo, in cui i due non sono in contraddizione tra di loro: probabilmente l’inserzione a metà del testo risponde a esigenze letterarie precise; passare da dialogo a lorilegio rende il testo sicuramente meno monotono, e la bellezza indubbia delle frasi inserite riguardo l’onore, faciliterà la diffusione dell’opuscolo. Ma una convergenza totale di due interlocutori, altrimenti completamente incompatibili su questo argomento, può apparire come tentativo di igurare, da parte del Lullo, l’accettazione di una morale condivisa, seppure poi messa in pratica in maniere e per scopi diversi. Sembra quasi che 19 Appare anche in questo caso, come nel caso della funzione delle deinizioni incipitarie, un rilesso del modo di procedere proposto dall’arte lulliana. Il metodo sillogistico è condiviso, e sembra che la dificoltà comunicativa tra i due non sia quella metodologica o dialettica, bensì interpretativa. 364 Il ritratto di Raimondo Lullo e i rapporti con il mondo clericale proprio a metà del suo dialogus Raimondo voglia sottolineare che questa completa divergenza tra le sue posizioni e quelle della maggioranza della Chiesa cattolica non lo renda affatto un estraneo all’istituzione, anzi. La grossa base morale, e quella in cui sono più evidenti i richiami al testo sacro, è pienamente condivisa dai due, rendendo Lullo parte integrante (e ortodossa!) della Chiesa cattolica romana. I ritratti Petrus Meus pater, inquit, homo pauper fuit et rusticus, ego vero in studiis panem mendicans. Postquam scientias didici, pingui praebenda sum donatus, in artibus, in utroque iure sum insignitus, factus presbyter archidiaconus, beneiciis beneicia plurima cumulavi, fratres meos rusticos ditavi. Parum id est: ipsos milites effeci, sorores meas militum iliis connubio sociavi, progeniem meam ex inimo in altum sublimavi. Hi tres adolescentuli studentes, quos pone tergum videre potes equites, mei sunt nepotes. Cuilibet eorum iam pingui praebenda donato, plura adhuc in hoc Concilio beneicia impetrare propono. De me vero quid dicam? Me grandis praelatio in Curiam accelerantem vocat, quam et intendo impetrare et magno cum honore vivere. magnam equorum comitivam habeo, scutiferos, famulos, cocos, summarios, ut tu vides, quamplurimos. in argento comedo, magnas opes habeo, magniicas expensas facio (Phantasticus, Prol. 50-64). raiMundus Sed antequam respondeam, prius de me volo pariformiter pauca verba dicere: homo fui in matrimonio copulatus, prolem habui, competenter dives, lascivus et mundanus. Omnia, ut Deo honorem et bonum publicum possem procurare et sanctam idem exaltare, libenter dimisi. Arabicum didici, pluries ad praedicandum saracenis exivi, propter idem captus fui, incarceratus, verberatus. Quadraginta quinque annis, ut ecclesiam ad bonum publicum et christianos principes movere possem, laboravi. Nunc, senex sum, nunc pauper sum, in eodem proposito sum, in eodem usque ad mortem mansurus, si Dominus ipse dabit (Phantasticus, Prol. 68-78). Dalla sinossi dei brani del Phantasticus in cui i due protagonisti propongono una loro breve descrizione biograica, facendo attenzione alle corrispondenze segnalate (per mezzo di espedienti graici), si nota che lo svolgimento della vita dei due è opposto. Pietro parte da una situazione d’indigenza estrema (tondo), ma grazie allo studio e alla religione cattolica (sottolineato) riscatta se stesso e la sua famiglia, diventando un uomo ricco, con servi e cavalli, che mangia in piatti d’argento e vive da benestante (grassetto). Lullo, al contrario, parte da una situazione iniziale di ricchezza ed estrema mondanità (grassetto), ma grazie all’incontro con Dio inizia a studiare arabo e a dedicarsi alla predicazione (sottolineato) scegliendo deliberatamen365 Laura Mastrantuono - Vincenzo Livia te la povertà, simbolo della sua sequela Christi (tondo). L’esperienza centrale della vita dei due appare quindi l’incontro con la religione e lo studio, ma partendo da situazioni opposte, raggiungono attraverso Dio risultati contrari: qual è il phantasticus tra i due? È possibile che attraverso lo stesso mezzo, si raggiungano risultati così diversi? A tale questione Lullo non fornisce una risposta20. a) Il chierico, Pietro Al paragrafo I, 103-104 leggiamo discretus sum atque fui, qui in pauco tempore nobilitates tibi superius expressas acquisivi. Il chierico fa notare che la sua vita è stata intelligente e per nulla folle, egli, infatti, pur essendo partito da una povertà estrema è riuscito in poco tempo ad acquisire fama e buona posizione sociale. Questo elemento risulta essere il maggior vanto della vita di Pietro, e lo ritroviamo, ben rimarcato, al paragrafo IV, 465-469 in cui esprime tutta la soddisfazione per i suoi risultati21, e al paragrafo V, 515-517 quando al compiacimento aggiunge l’ambizione di far carriera per arrivare quanto più in alto possibile nei gradi della gerarchia ecclesiastica22. Il chierico sembra ben inserito nel mondo, ha studiato arte, legge e dialettica e è diventato maestro: egli sente così d’essere una persona utile alla società del suo tempo23; l’essere chierico (e i doveri che tale scelta impone) per Pietro, appare come un sovrappiù alla sua vita mondana, un compromesso a cui scendere, persuaso com’è che un uomo appagato, ricco e soddisfatto della sua vita, possa essere meglio di chiunque altro a disposizione del prossimo. L’accento cade quindi continuamente sull’io, la felicità del chierico è normalmente originata 20 Bisogna notare che Lullo, pur lasciando completamente al lettore il giudizio, ne dirige l’opinione. Se infatti nel Liber gentilis il dialogo è senza soluzione, in questo caso l’autore, proponendosi egli stesso come protagonista del dialogo, lascia intuire una propensione per la sua tesi. Una mancanza di giudizio esplicito, però, fa sì che il Phantasticus non rispetti i canoni della letteratura polemica o apologetica (tanto diffusa all’epoca) rimanendo così un ibrido dal punto di vista del genere letterario. 21 raiMundi LuLLi Phantasticus IV, 465-469: «Magna profundor laetitia, quando recordor me fuisse pauperem et nunc sentio esse divitem, quando recordor me olim non habuisse honorem et habeo nunc plurimum. Insuper valde delector, quando possibilia recolo, quibus adhuc et ditior et honoratior evadere potero». 22 raiMundi LuLLi Phantasticus V, 515-517: «Raimunde, te libenter audio atque ideo valde gaudeo, quia sum archidiaconus et spero, quod ad gradum altiorem sim ascensurus». 23 raiMundi LuLLi Phantasticus II, 194-197: «Homo est eficiens faciendo phantasias et cum forma abstrahendo species a materia, in quibus in ine quiescit obiective. Per talem modum ego artista et legista et discendo et docendo factus sum, et sic non sum phantasticus». 366 Il ritratto di Raimondo Lullo e i rapporti con il mondo clericale nella sfera dell’individualità; al paragrafo IV, 452-454 infatti scrive delector in volendo, quando aliquid volo et illud consequor, quod desidero. Et ideo plura bona diversa obiecto, ut meam possim multiplicare delectationem: è solo con la soddisfazione di aver conseguito l’oggetto del desiderio che si raggiunge la felicità e il piacere. Nella sezione IV, il tema della disputa si sposta appunto sul piacere, tratto che meglio caratterizza la personalità del chierico. Giustiicando di volta in volta la sua attrazione per la bellezza attraverso la propensione naturale che l’uomo ha verso di essa (propensione naturale che quindi procede ed è legittimata da Dio), Pietro ammette di amare le cose belle, i bei letti, le belle case, gli utensili d’oro e d’argento, i bei cavalli, le belle vesti e le belle famiglie (IV, 353-357); prova piacere nei bei profumi (IV, 378-381), nei buoni cibi (IV, 388-390) e soprattutto nelle cose gradevoli al tatto (IV, 402-430). Le esperienze sensoriali sono quindi la prima grande e naturale fonte di piacere, donata all’uomo da Dio e, per questo, giusta. Il chierico continua descrivendo il piacere nelle belle parole e nei bei discorsi (IV, 413-417) e soprattutto in quell’inesauribile fonte di diletto per l’uomo che è l’immaginazione grazie alla quale si può realizzare astrattamente tutto ciò che si vuole (IV, 426-430); in ultimo il chierico fa cenno all’intelletto e alla volontà che rendono l’uomo in grado di comprendere e di volere quello che vive e sente. Dalla selezione di questi passi, viene fuori un ritratto particolarmente vivido del chierico Pietro in particolare, di un chierico trecentesco (abituale interlocutore di Lullo) più in generale; si tratta di un uomo politico, votato all’interesse personale e con smania di successo. Un uomo che, nonostante la sua promessa evangelica, non rinnega la sfera materiale, ma che anzi dificilmente è disposto a sacriicarsi per il bene comune. Uomo colto, consapevole della sua posizione sociale e dei suoi compiti, che giustiica le sue scelte di vita apparentemente contrarie alla morale cristiana, attraverso ragionamenti ben strutturati (basti pensare alla giustiicazione della propensione del piacere come insita all’uomo e quindi voluta da Dio), Pietro è uomo del suo tempo, facile ai compromessi in vista del benessere e della tranquillità sociale; è un uomo medio per il quale la scelta religiosa è una tra le tante possibili (forse la più facile e sicura), non già una reale vocazione. Prototipo del chierico trecentesco, Pietro non doveva apparire folle a un lettore dell’epoca, né un phantasticus, bensì un ometto che si barcamena tra doveri e piaceri per la ricchezza e la soddisfazione personale. Nessun pregio dunque, una scelta mediocre e normale, ma che non può che entrare in stridente contrasto con la scelta lulliana: scelta eroica ed estremista, pronta a vivere Cristo sino al martirio. 367 Laura Mastrantuono - Vincenzo Livia b) Il laico, Raimondo Ben ricostruibile grazie alle informazioni presenti nel Liber, è anche l’autoritratto di Raimondo Lullo. Ci appare come un uomo ricco che ha lasciato tutti i suoi beni per vivere una vita secondo i dettami del Vangelo (I, 71-72); un uomo che ha elaborato un’Ars capace di porre tutti i principi fondamentali di qualsiasi scienza (I, 141-142), che non si cura di null’altro se non del suo prossimo (I, 105-110) proprio secondo gli insegnamenti di Cristo; un uomo che seppure senza un’istruzione canonica, accetta di avere una disputa teologica con i maestri dell’università di Parigi (I, 152-159) grazie alla dottrina acquisita mediante una rivelazione e supportata dallo studio da autodidatta. Raimondo non è un universitario, il suo sapere non è dovuto alla progressione canonica nel percorso di studi precostituito, bensì frutto di una rivelazione di Dio, di un’illuminazione che l’ha reso portavoce di una dottrina unica e sconosciuta ai più24. Lullo inoltre è persuaso che un uomo di Chiesa debba innanzitutto assolvere a una missione primaria: l’evangelizzazione. Coloro che mettono al primo posto la vita mondana e se stessi anziché il prossimo e il bene comune, sostiene Raimondo, non sono veri cristiani. Convinzioni queste che Lullo pratica nella sua vita, con tenacia incrollabile. Raimondo conviene spesso con il chierico che tutto ciò che è nel mondo non può che essere giusto perché opera di Dio, ma solo se usato secondo il volere di Dio; le ricchezze, ad esempio, se si possiedono per fare del bene al prossimo sono un bene esse stesse, altrimenti sono un male (II, 217-224). Raimondo ritorna nel dialogus anche sul tema degli infedeli, convinto com’è che, per la loro conversione, basta dire cose razionali e in una lingua che permetta loro di comprenderle: questo l’intento della sua vita, ma che Nel mondo universitario trecentesco, fondato sul confronto, la disputa, l’accrescimento progressivo del sapere grazie all’apporto di pensieri di varia origine che collaborano tra loro, l’essere depositari di una scienza rivelata, non condivisa e unica, mette in una posizione problematica, in contrasto con il resto dell’intelligentia dell’epoca e sicuramente dificilmente accettabile. Lullo spesso difenderà la sua Ars dalle accuse di genericità, proponendola come schema logico-matematico applicabile a tutte le arti particolari, caratteristica questa che ne confermerebbe, a parere del Lullo, la superiorità. In I, 137-146 ad un’accusa di tal fatta Lullo risponde: «Ait clericus: Raimunde, te Artem generalem ad omnes quaestiones solvendas, ipsam ad omnes scientias applicando, fecisse intellexi. Et quia hoc dicis, phantasticus es, cum omnis scientia sua propria habeat principia. Ait Raimundus: Ars generalis principia habet generalissima, sub quibus aliae scientiae principia habent subalterna. Et ideo quid mirum, si cum tali Arte possint aliarum scientiarum solvi quaestiones, cum non de particularibus, sed de universalibus sint scientiae omnes? Et quia talem subordinationem ignoras, phantasticus es». 24 368 Il ritratto di Raimondo Lullo e i rapporti con il mondo clericale potrebbe essere anche di tutta la Chiesa cattolica se solo i chierici si impegnassero di più a riguardo (II, 279-284). La sezione de delectatione invece, se nel caso del chierico ci aiutava a delineare un proilo morale ben deinito, nel caso di Raimondo ci offre soltanto dei dati interpretabili e contrario. Raimondo infatti non dice cosa sia per lui il piacere vero (anche se alla luce del resto della sua produzione e della sua biograia lo si può intendere) ma sottolinea, in risposta al chierico, che quelli che per Pietro sono piaceri (ovvero le sensazioni sensoriali), nella vita di un cristiano possono essere reali piaceri solo se votati completamente alla lode di Dio, altrimenti sono solamente ambizione, superbia, peccato (IV, 345-413). La dialettica, la fantasia, l’intelletto e la volontà (IV, 415-469) invece appaiono al laicus Raimundus come armi a doppio taglio a disposizione dell’uomo, che, se da un lato risultano capaci di porgere a Dio lode al massimo grado, dall’altro possono portare al male e alla colpa. Nella disputa Raimondo appare quindi un idealista, un moralizzatore, e tale immagine che Lullo vuole dare di sé, viene rimarcata ancor meglio nel dialogo a proposito del ruolo della Chiesa nel mondo: è il momento più opportuno per il magister catalano per esplicitare i suoi piani di evangelizzazione. Il paragrafo de ordine è forse il più identiicativo delle idee lulliane all’interno del dialogo. La Chiesa per la sua opera di proselitismo ha a disposizione due armi, la scienza e la devozione: si deve quindi essere pronti alla morte e andare a mostrare con razionalità agli infedeli i loro errori e, nel caso in cui non si fosse accolti, bisogna usare anche il braccio secolare (IV, 545-550). Lullo ritiene falsa l’opinione vulgata di un Dio che quando vorrà, convertirà tutto il mondo; è l’uomo cristiano, in prima persona, invece, che si deve esporre, motivo per il quale egli ha scritto libri e predicato per lunghi quarantacinque anni (IV, 550-568). Molti prima di lui sono andati in Terra santa nel tentativo di evangelizzare i musulmani e tutti hanno fallito per cause materiali (il denaro, la mancanza di organizzazione); i predicatori che hanno tentato la strada della persuasione e della parola non sono riusciti nell’intento a causa dell’ignoranza di una lingua attraverso la quale comunicare: Lullo propone al Concilio un rimedio a queste mancanze. L’analisi del “personaggio Raimondo” all’interno del liber mette in evidenza come il ritratto presentato non sia biograico (come quello proposto nella contemporanea Vita coaetanea) ma piuttosto un racconto di ideali e di progetti. Ci appare come un idealista rigorista che tende al bene in tutti i modi possibili, un uomo molto convinto delle sue azioni ma che forse, ormai anziano, non è più disposto a mettersi in discussione. Forte della sua fede e della Rivelazione ricevuta, vive la sua vita come una missione totalizzante, molto al di là dei compro369 Laura Mastrantuono - Vincenzo Livia messi mondani; l’evangelizzazione colta e razionale degli infedeli è la sua strada e la sua grande crociata. Dal paragone tra i due personaggi possiamo trarre una tabella di questo tipo: Petrus raiMundus dalla povertà alla ricchezza dalla ricchezza alla povertà studia arte, legge e dialettica Ars generalissima basata sulla rivelazione e studio autodidatta ambizione e volontà di carriera la felicità è la soddisfazione dei piaceri la soddisfazione è fare il volere di Dio i sensi sono causa principale del piacere ed essendo naturali sono voluti da Dio i sensi sono piacere se usati secondo il volere di Dio l’intelletto è piacere l’intelletto è piacere se studia Dio la fantasia è piacere la dialettica è piacere la libera volontà è piacere la fortuna e la carriera aiutano nell’evangelizzazione la fantasia è piacere solo se usata secondo il volere di Dio la dialettica è piacere se volge alla persuasione di Dio, altrimenti è un male la volontà è piacere se è conforme alla volontà di Dio lo studio e la predicazione tra gli infedeli rendono possibile l’evangelizzazione La radicale scelta e l’idealismo della personalità lulliana nel testo messi in evidenza dall’opera di Lullo stesso, sono la nota di pregio di quest’uomo convinto e coraggioso, ormai vecchio ma ancora impegnatissimo nel tentativo di diffusione delle sue idee all’interno della Chiesa cattolica. Anche a livello lessicale troviamo questa contrapposizione, antinomia, tra i due personaggi. Soprattutto nel paragrafo riguardante il piacere, si può notare un’antitesi netta: ciò che per Pietro è delectatio, per Lullo lo è, solo se compiuto secondo il volere e la parola di Dio. Nel V capitolo del Phantasticus, quindi, proprio per questo adeguarsi o meno ai dettami del Vangelo, l’ordinatus si contrappone all’inordinatus25. Ancora una volta sembra che il Lullo, 25 raiMundi LuLLi Phantasticus V, 518-523: «Licitum est tibi talem spem habere, dumodo sis intentione ordinatus et moribus, ut magis possis Deus servire. Sed si vis 370 Il ritratto di Raimondo Lullo e i rapporti con il mondo clericale come già era accaduto nel capitolo III, voglia aderire, ribadendo, alla dottrina cattolica, così come la conosceva anche il chierico. La differenza è viverla secondo l’ordinatio divina26. Lullo appare membro della Chiesa cattolica e suo convinto sostenitore, ma anche rinnovatore di uno stile di vita ormai un po’ troppo lontano dai dettami evangelici. Il rapporto con la Chiesa di Roma (impersonata dal chierico Pietro), uno dei punti nodali della biograia lulliana, in questo testo è ben rappresentato: la Chiesa, mondana e corrotta, legata indissolubilmente alla temporalità, alle ambizioni personali e al lusso, è una Chiesa che in nessun modo rispecchia l’ideale lulliano. La povertà evangelica, la predicazione, la priorità del prossimo sull’io e la disposizione al martirio sono condizioni, però, che rendono Lullo forse un santo, ma un esempio dificilmente imitabile per la cristianità. È qui la frattura nella storia del magister: il suo è un tentativo instancabile di ricerca di seguaci, di uomini disposti a uno studio faticosissimo e a una vita di povertà in Cristo, senza compromessi. La sua proposta è una rotta obbligata e dura, da intraprendere o alla quale rinunciare, senza mediazioni di sorta. In Lullo, come sembra emergere piuttosto chiaramente dal testo in questione, la meritoria scelta di vita spesso è posta come metro di giudizio per gli altri, rendendolo perciò spesso un personaggio contestato. Lullo accusa la Chiesa cattolica di molti errori, eppure non riesce a fare a meno di essa, non riesce a smettere di chiedere ascolto all’istituzione costituita, non riesce a svincolarsi: la Chiesa cattolica è mal gestita ma è l’unica Chiesa possibile. Questa dicotomia non è sormontabile: l’intransigenza e la mediazione, la povertà e la ricchezza, l’agio e il martirio. La proposta di Lullo sarà accettata a piccole dosi e solo nelle parti politicamente condivise da altre potenze (tra cui il re di Francia), per il resto il dialogo non ci sarà e non avrebbe neppure potuto esserci. Conclusioni d’insieme Da un punto di vista letterario, il dialogo tra Pietro e Raimondo sembra quindi un’esposizione a due voci di tesi interpretative opposte su argomenti condivisi in deinizione: Lullo in questo caso, infatti, non afida all’argomentazione l’enunciazione di precetti e principi, ma tenta di fotografare ironicamente, attraverso l’espediente narrativo ascendere, ut magis apparere et progeniem tuam exaltare, inordinatus es et phantasticus, et poenae infernales te expectant, quarum interminabiles perferes cruciatus». 26 raiMundi LuLLi Phantasticus V, 360-362: «Delectatio, quam praedicas, naturaliter bona est, quia omnis actus naturalis bonus est, cum prodeat ordinatione divina». 371 Laura Mastrantuono - Vincenzo Livia del dialogo, il clero del suo tempo. La scelta del dialogo, si unisce poi, a quella di non trattare ino in fondo gli argomenti ilosoici ma di passarli in rassegna cursoriamente e a quella di ambientare la scena durante il viaggio: il dialogus appare così piuttosto un vivace pamphlet satirico sulla corruzione del clero (che emerge dal confronto con il personaggio di Lullo) che una strutturata trattazione apologetica: il vero folle, come spesso accade, è colui che accusa di follia. Il Phantasticus, composto durante il viaggio verso Vienne e interpretato come satira contro il clero (con probabili e plausibili ini autodifensivi), ben s’inserisce nella massiva produzione lulliana durante il viaggio verso il Concilio; la Vita coaetanea (una autopresentazione), Lo concili (poemetto in cui Lullo dà consigli ai partecipanti al Concilio su come comportarsi in assemblea), Il Liber de ente quod simpliciter et per se et propter se existens et agens (dove oltre alla condanna all’averrosimo, Lullo fa sei proposte concrete per il rinnovamento della Chiesa). Sulla strada verso Vienne, tirando le somme, Lullo sente il bisogno di scrivere in versi come vorrebbe che il Concilio fosse (Lo concili), di presentarsi (Vita coaetanea) ai suoi membri, di proporre un serio rinnovamento per la Chiesa (Liber de ente) e inine di difendersi dalle accuse più comuni nei suoi confronti e che avrebbero potuto screditarlo (Phantastichus). Nell’ultimo caso, non potendo però scrivere un’apologia di sé, Lullo sceglie di proporre un confronto con coloro che lo attaccano, dal quale fare emergere ironicamente gli errori degli altri contrapponendoli al suo esempio. Alla luce di queste considerazioni il Phantasticus potrebbe essere deinito, con un certo margine di plausibilità, un pamphlet satirico, storicamente contestualizzato e letterariamente complesso. 372