n
CIVILE . IN EVIDENZA
Contratti derivati,
e dichiarazione
del rappresentante legale
civile
Contratti in genere
TRIBUNALE DI VICENZA, sez. I, 17 agosto 2007 - Pres. Colasanto - Rel. Zancan - O.F. s.n.c.
U.B.I. s.p.a.
Una s.n.c. che, attraverso il suo rappresentante legale, ha sottoscritto più volte contratti
derivati autocertificandosi operatore qualificato deve essere effettivamente considerata
come tale.
(Omissis).
Diviene allora rilevante risolvere la questione relativa all’efficacia della sottoscrizione da parte del legale rappresentante della società attrice della dichiarazione autoreferenziale di essere ‘‘operatore qualificato’’ riportata nel contratto quadro stipulato il 23 febbraio 2001 prodotto dalla convenuta sub doc. 11 e 12, richiamata nei successivi tre contratti del 2002 e 2003 ed espressamente riformulata e sottoscritta in occasione dell’ultimo contratto stipulato il 9
novembre 2004.
L’attore infatti ha affermato di non essere un operatore
qualificato e di non aver mai compreso la natura dei contratti swap; egli ha inoltre sostenuto che l’intermediario
che predispone la dichiarazione attestante la natura di operatore qualificato dovrebbe non solo ottenere la autodichiarazione da parte del firmatario, ma altresı̀ accertare che
il sottoscrittore sia effettivamente in possesso dell’esperienza in strumenti finanziari richiesta dalla legge.
Ritiene il Collegio che la dichiarazione sottoscritta nel
2001 e richiamata alla stipulazione dei successivi contratti
possieda tutti i requisiti indicati dall’art. 31 reg. n. 11522/
1998 atteso che è contenuta in un documento scritto e
proviene dal legale rappresentante di una società.
Nel caso di specie poi si può presumere che il firmatario
della dichiarazione, quanto meno dopo la prima rinegoziazione dei contratti swap, fosse ‘‘in possesso di una specifica
competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari’’ cosı̀ come richiede l’art. 31 reg. n.
11522/1998 quantomeno per aver sottoscritto una pluralità
di contratti aventi la stessa natura e aver verificato l’operatività dei precedenti swap e i risultati economici ottenuti.
In ogni caso, ad avviso del Collegio, l’art. 31 reg. n.
11522/1998 non onera la banca di accertare la veridicità
della dichiarazione resa dall’affermato operatore qualificato
perché non si vede come la banca potrebbe sconfessare la
dichiarazione di un legale rappresentante di società che
per la carica ricoperta si presume sia consapevole degli effetti delle dichiarazioni rese e dei rischi legati ad operazioni
finanziarie.
(Omissis).
Il commento
di Valerio Sangiovanni
La sentenza del Tribunale di Vicenza in commento afferma che la s.n.c. che ha stipulato più volte contratti di swap con un intermediario finanziario può essere considerata ‘‘operatore qualificato’’. Conseguentemente la società non godrebbe di quella particolare tutela garantita dall’ordinamento agli
operatori non qualificati. L’autore critica il provvedimento in commento sulla base della considerazione che non può essere attribuita efficacia costitutiva all’autocertificazione rilasciata dal rappresentante legale della società.
L’ordinanza del Tribunale di Vicenza in commento si occupa di un problema di grande rilevanza pratica. Negli ultimi anni numerose società
ed enti locali hanno concluso contratti derivati
con intermediari finanziari (1). La rilevanza pratica
Nota:
(1) Sulla normativa che regola l’utilizzo di contratti derivati da
parte degli enti locali cfr. Marotta, Aspetti giurisdizionali e responsabilità nell’utilizzo di strumenti finanziari derivati negli enti
(segue)
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
41
civile
CIVILE . IN EVIDENZA
della materia è fuori di dubbio se si prendono in
considerazione alcuni dati statistici. Secondo le informazioni della Centrale Rischi della Banca d’Italia, l’esposizione in derivati dei soli enti locali ammontava, nell’agosto 2007, a 674 milioni di euro
per i comuni, 99 milioni di euro per le province e
278 milioni di euro per le regioni (2). La cifra totale
supera il miliardo di euro. La Centrale Rischi non
tiene però conto dei derivati venduti da intermediari esteri, a cui si rivolgono soprattutto gli enti di
maggiori dimensioni. Le cifre menzionate sono
dunque inferiori alla realtà delle cose. E, oltre agli
enti locali, numerose imprese private hanno fatto
largo ricorso a strumenti finanziari.
Quando i contratti derivati producono perdite,
le società coinvolte cercano di correre ai ripari.
Normalmente, in una prima fase, i contratti vengono rinegoziati con l’assistenza dello stesso intermediario che li ha venduti. Talvolta però la conclusione di nuovi contratti non fa venire meno le perdite.
Ecco allora che scatta un meccanismo simile a
quello che è frequente riscontrare nei casi Argentina, Cirio e Parmalat: le società coinvolte si rivolgono all’autorità giudiziaria (3). L’obiettivo è quello di
prospettare una qualche manchevolezza da parte dell’intermediario finanziario, al fine di far valere
uno dei rimedi riconosciuti dall’ordinamento e, cosı̀, azzerare o quantomeno ridurre le perdite. Le società cercano insomma di scaricare sulla banca
le conseguenze negative dell’investimento effettuato.
In sede introduttiva può essere utile illustrare ciò
che tende a succedere con una certa frequenza
nella prassi. Gli intermediari finanziari non hanno interesse ad avere come controparti operatori non
qualificati. In questo caso, difatti, le banche sono
assoggettate ai dettagliati obblighi informativi previsti nel reg. Consob n. 11522/1998. L’intermediario
Note:
(segue nota 1)
locali, in La finanza locale, 2006, 11, 13 ss. V. inoltre Marotta, Indagine sull’uso degli strumenti derivati: i referti della Corte dei
Conti, in La finanza locale, 2006, 3, 96 ss.
(2) Questi dati sono riportati da Bocciarelli, Derivati, nuove verifiche, in Il Sole-24 Ore, 7 novembre 2007, 5.
(3) Fra i numerosi contributi in materia di responsabilità di banche e intermediari in relazione alla prestazione di servizi d’investimento cfr., senza alcuna pretesa di completezza, Alpa, La legge sul risparmio e la tutela contrattuale degli investitori, in I Contratti, 2006, 927 ss.; Barenghi, Disciplina dell’intermediazione finanziaria e nullità degli ordini di acquisto (in mancanza del contratto-quadro): una ratio decidendi e troppi obiter dicta, in Giur.
merito, 2007, 59 ss.; Bombelli-Iato, Obbligazioni Argentina e Cirio:
responsabilità dell’istituto bancario intermediario, ivi, 2006, 277
ss.; Caggiano, I doveri d’informazione dell’intermediario finanziario nella formazione ed esecuzione del contratto. Violazioni e rimedi, in Dir. e giur., 2006, 453 ss.; Carbone, La responsabilità degli intermediari, in Danno e resp., 2002, 106 ss.; Cottino, Una giurisprudenza in bilico: i casi Cirio, Parmalat, i bonds argentini, in
Giur. it., 2006, 537 ss.; De Nova, La responsabilità dell’operatore
42
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
n
finanziario per esercizio di attività pericolosa, in I Contratti, 2005,
709 ss.; Emiliozzi, Vendita alla clientela retail di titoli prima dell’emissione ed omessa acquisizione da parte dell’intermediario
dell’offering circular, in Giur. it., 2007, 1673 ss.; Emiliozzi, La responsabilità della banca per omessa informazione del deterioramento del rating di obbligazioni acquistate da un cliente, in Riv.
dir. comm., 2006, II, 118 ss.; Galgano, I contratti di investimento e
gli ordini dell’investitore all’intermediario, in Contratto e impresa,
2005, 889 ss.; Houben, La circolazione dei prodotti finanziari ex
art. 100-bis T.U.F., Tesi di Laurea, Facoltà di Giurisprudenza, Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano, Anno accademico
2006-2007; Mancini, La tutela del risparmiatore nel mercato finanziario tra culpa in contrahendo e vizi del consenso, in Rass.
dir. civ., 2007, 51 ss.; Mariconda, Regole di comportamento nella
trattativa e nullità dei contratti: la criticabile ordinanza di rimessione della questione alle sezioni unite, in Corr. giur., 2007, 635
ss.; Mariconda, Intermediario finanziario non autorizzato e nullità
del contratto di swap, ivi, 2001, 1062 ss.; Meruzzi, La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e regola di condotta, in
Contratto e impresa, 2006, 944 ss.; Panzini, Violazione dei doveri
d’informazione da parte degli intermediari finanziari tra culpa in
contrahendo e responsabilità professionale, in Contratto e impresa, 2007, 983 ss.; Roppo, La tutela del risparmiatore fra nullità
e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno
e resp., 2005, 604 ss.; Roppo-Afferni, Dai contratti finanziari al
contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, ivi, 2006, 25 ss.; Salodini, Obblighi informativi degli intermediari finanziari e risarcimento del
danno. La Cassazione e l’interpretazione evolutiva della responsabilità precontrattuale, in Giur. comm., 2006, II, 632 ss.; Sangiovanni, Contratto di swap e nozione di operatore qualificato, in I
Contratti, 2007, 1093 ss.; Sangiovanni, Contratto di negoziazione,
forma convenzionale e nullità per inosservanza di forma, ivi,
2007, 778 ss.; Sangiovanni, Emissioni di obbligazioni e scandali finanziari fra diritto internazionale privato e diritto comunitario, in
Le Società, 2007, 547 ss.; Sangiovanni, Finanzskandale (Argentinien, Cirio und Parmalat) und die Haftung der Anlagevermittler
in der neuesten italienischen Rechtsprechung, in Zeitschrift für
Bank- und Kapitalmarktrecht (BKR), 2006, 476 ss.; Sangiovanni, La
violazione delle regole di condotta dell’intermediario finanziario
fra responsabilità precontrattuale e contrattuale, in I Contratti,
2006, 1133 ss.; Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario
finanziario nel diritto austriaco sullo sfondo del diritto comunitario
e un suggerimento al legislatore italiano, in Danno e resp., 2006,
1182 ss.; Sangiovanni, Inadeguatezza della operazione finanziaria, risoluzione del contratto per inadempimento e risarcimento
del danno, in Corr. giur., 2006, 1569 ss.; Sangiovanni, Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilità degli investitori professionali: il nuovo art. 100 bis TUF, in Le Società, 2006, 1355 ss.; Sangiovanni, La nullità del contratto di gestione di portafogli di investimento per difetto di forma, in I Contratti, 2006, 966 ss.; Sangiovanni, Sollecitazione all’investimento, nullità del contratto e frode alla legge, in Giur. merito, 2006, 1389 ss.; Sangiovanni, La responsabilità precontrattuale dell’intermediario finanziario nel diritto inglese, in Le Società, 2006, 1173 ss.; Sangiovanni, Scandali
finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario, in Danno e
resp., 2006, 874 ss.; Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio, in I Contratti, 2006, 686 ss.; Sangiovanni, La nullità del contratto per inosservanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in questa Rivista, 2006, 737 ss.; Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima
legge per la tutela del risparmio, in Le Società, 2006, 605 ss.; Sartori, Il mercato delle regole. La questione dei bonds argentini, in
Giur. it., 2005, 58 ss.; Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004 (la monografia di Sartori è stata da
me recensita in Rass. dir. civ., 2007, 299 ss.); Ticozzi, Violazione di
obblighi informativi e sanzioni: un problema non solo degli intermediari finanziari, in I Contratti, 2007, 363 ss., Vignolo, Le regole
di condotta degli intermediari finanziari al vaglio della giurisprudenza ligure e nazionale, in Nuova giurisprudenza ligure, 2007,
42 ss.
n
La normativa di riferimento
L’analisi del caso in commento deve prendere
le mosse dall’esame della disciplina comunitaria.
Non va difatti dimenticato che il d.lgs. n. 58/1998
attua la direttiva europea n. 22/1993 (ci si sta riferendo alla regolamentazione vigente prima delle
recenti riforme, poiché è tale regolamentazione
quella rilevante nel caso deciso dal Tribunale di Vicenza) (7). Il considerando 32 di questa direttiva
prevede che uno degli obiettivi della direttiva consiste nel garantire la tutela degli investitori; ‘‘a tal fine è opportuno tener conto delle varie esigenze di
tutela delle diverse categorie d’investitori e del loro
livello di esperienza professionale’’. È dunque già il
legislatore comunitario a chiarire che gli investitori
non possono essere trattati tutti allo stesso modo.
La legge italiana ha recepito la normativa comunitaria. L’art. 6 comma 2 d.lgs. n. 58/1998 prevede che ‘‘la Consob, sentita la Banca d’Italia, tenuto
conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l’esperienza professio-
nale dei medesimi, disciplina con regolamento’’,
fra le altre cose, il comportamento da osservare nei
rapporti con gli investitori nonché gli obblighi informativi nella prestazione dei servizi. Da questa disposizione di rango primario si evince il principio che
civile
dunque, senza fornire troppe spiegazioni, suggerisce alla società o persona giuridica di sottoscrivere
una dichiarazione in cui autocertifica di essere ‘‘in
possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari’’ (art. 31 comma 2 reg. n. 11522/1998). Il testo di
tale autocertificazione viene di norma predisposto
dalla stessa banca. Gli amministratori delle società
che si vedono proposto il contratto derivato normalmente non verificano con attenzione il contenuto dell’autocertificazione che sottoscrivono. Alle
imprese interessa la finalità essenziale del testo
contrattuale (che dovrebbe essere la riduzione di
certi rischi) e, di regola, i loro rappresentanti legali
non si concentrano sul significato esatto di tutte le
dichiarazioni che firmano. L’autocertificazione viene quindi non raramente sottoscritta senza sapere
con esattezza quali siano i suoi effetti giuridici.
Quando poi il contratto comincia a causare delle
perdite alla società o persona giuridica, le imprese
contestano agli intermediari finanziari di non essere
state adeguatamente informate. A quel punto le
banche, dal canto loro, eccepiscono che non
erano obbligate a informare poiché avevano a
che fare con operatori qualificati.
Sempre in via d’introduzione conviene accennare al fatto che la materia esaminata in questa
nota è stata modificata, recentemente, dal diritto
comunitario (4). Sulla legislazione europea sono
già apparsi alcuni contributi, cui si rinvia per i necessari approfondimenti (5). Ancora più recentemente la materia è stata riformata con la normativa italiana di attuazione del diritto comunitario (6).
Sulla nuova disciplina non ci si può però soffermare
in questa sede. Considerato che il Tribunale di Vicenza applica il diritto previgente, è solo su di esso
che ci si concentrerà in questa nota.
CIVILE . IN EVIDENZA
Gli investitori non possono essere posti tutti sullo stesso piano dal punto di
vista della tutela che l’ordinamento
deve loro offrire (8)
Vi sono difatti ‘‘differenti esigenze di tutela’’
che dipendono dalla qualità e dall’esperienza
professionale dei risparmiatori.
Note:
(4) Ci si riferisce essenzialmente a due direttive: 1) Direttiva 2006/
73/CE della Commissione del 10 agosto 2006 recante modalità
di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le definizioni di alcuni termini ai fini di tale direttiva,
in GUCE n. L 241 del 2 settembre 2006, 26 ss.; 2) Direttiva 2004/
39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile
2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica
le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva
2000/12/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio e che
abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, in GUCE n. L 145 del
30 aprile 2004, 1 ss.
(5) Fra i primi commenti alle recenti normative comunitarie sui
servizi d’investimento v. Bruno-Rozzi, Il destino dell’operatore
qualificato alla luce della MiFID, in I Contratti, 2007, 277 ss.; Enriques, L’intermediario in conflitto d’interessi nella nuova disciplina
comunitaria dei servizi d’investimento, in Giur. comm., 2005, I,
844 ss.; Enriques, Dum Romae consulitur... verso una nuova disciplina comunitaria del conflitto d’interessi nei servizi d’investimento, in Banca impresa società, 2004, 447 ss.; Frumento, La valutazione di adeguatezza e di appropriatezza delle operazioni di investimento nella Direttiva Mifid, in I Contratti, 2007, 583 ss.; Recine, La direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MIFID): nuove regole sulla cooperazione tra le autorità di vigilanza,
in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2006, I, 303 ss.;
Sangiovanni, Gli obblighi informativi delle imprese di investimento nella più recente normativa comunitaria, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2007, 363 ss.; Sangiovanni, Operazione inadeguata dell’intermediario finanziario fra nullità del
contratto e risarcimento del danno alla luce della direttiva MIFID, in I Contratti, 2007, 243 ss.; Scotti Camuzzi, I conflitti di interessi fra intermediari finanziari e clienti nella direttiva MIFID, in Banca
borsa tit. cred., 2007, I, 121 ss.
(6) Il d.lgs. n. 58/1998 è stato modificato dal d.lgs. n. 164/2007,
Attuazione della direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli
strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE, 93/6/
CEE e 2000/12/CE e abroga la direttiva 93/22/CEE.
(7) Direttiva 93/22/CEE del Consiglio del 10 maggio 1993 relativa
ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, in GUCE
n. L 141 dell’11 giugno 1993, 27 ss.
(8) In materia di tutela dell’investitore cfr., fra i tanti contributi
apparsi in dottrina, Alpa, La direttiva sui mercati finanziari e la tutela del risparmiatore, in I Contratti, 2004, 742 ss.; Alpa, Qualche
rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela
del risparmiatore, in Banca borsa tit. cred., 1998, I, 372 ss.; Alpa,
Nuovi aspetti della tutela del risparmiatore, in Vita not., 1998,
655 ss.; Chiné, La tutela del risparmiatore nel diritto vivente, in
questa Rivista, 2005, 873 ss.
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
43
n
civile
CIVILE . IN EVIDENZA
Le conseguenze della suddivisione degli investitori in categorie vengono specificate nell’art. 31
comma 1 reg. n. 11522/1998 (9) L’art. 31 comma 2
reg. 11522/1998 fornisce poi la nozione di operatore qualificato (10). La tecnica normativa utilizzata
dalla Consob nel regolamento è la seguente. Vengono anzitutto elencate alcune categorie di soggetti da considerarsi automaticamente operatori
qualificati: si pensi alle società di gestione del risparmio. Quando una società di gestione del risparmio contratta con un intermediario, non vi è
bisogno di particolare protezione normativa in favore dell’una oppure dell’altro, poiché entrambi
sono in grado di tutelarsi da soli. Alla fine dell’elencazione nominativa delle categorie di operatori
qualificati vi è, però, nel regolamento una clausola
di chiusura. Per operatore qualificato si intende anche ‘‘ogni società o persona giuridica in possesso
di una specifica competenza ed esperienza in
materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante’’. Vi sono, in altre parole, due categorie
di operatori qualificati: gli operatori qualificati che
potremmo chiamare ‘‘tipici’’ (o ‘‘nominati’’) e gli
operatori qualificati che potremmo definire ‘‘atipici’’ (o ‘‘innominati’’).
Gli elementi costitutivi della nozione
di operatore qualificato atipico
Gli elementi costitutivi della nozione di operatore qualificato ‘‘atipico’’ (o ‘‘innominato’’) sono
due: 1) si deve trattare di una società o di una persona giuridica (elemento soggettivo); e 2) si deve
trattare di soggetti in possesso di una specifica
competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari (elemento oggettivo).
Per quanto riguarda il
Presupposto soggettivo
di applicazione della disposizione
in esame, il regolamento permette che si riconosca come operatore qualificato solo una società oppure una persona giuridica. Se Tizio è una
persona fisica e non è dunque né una società né
una persona giuridica, egli non può essere considerato operatore qualificato, nemmeno laddove
sia in possesso di conoscenze ed esperienze in materia di operazioni in strumenti finanziari. Le nozioni
di ‘‘società’’ e ‘‘persona giuridica’’ sono peraltro
molto ampie. Esse sono atte a comprendere imprese che svolgono attività estremamente varie e
di dimensioni del tutto disomogenee: dalla piccola
società di persone con pochi dipendenti alla grande società di capitali con migliaia di dipendenti.
Le società e gli enti emittenti strumenti finanziari
negoziati in mercati regolamentati sono considerati automaticamente operatori qualificati, ai sensi
44
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
dell’art. 31 comma 2 reg. n. 11522/1998. Ma, per il
resto, sono escluse dalla definizione di operatore
qualificato tipico anche società che possono essere di notevoli dimensioni.
Per quanto riguarda il
Presupposto oggettivo
di applicazione della disposizione
bisogna distinguere fra ‘‘competenza’’ ed
‘‘esperienza’’.
‘‘Competenza’’ significa una conoscenza teorica della materia.
‘‘Esperienza’’ in materia di operazioni in strumenti finanziari indica invece qualcosa di diverso
dalla conoscenza: l’espressione si riferisce al fatto
di avere già compiuto operazioni in strumenti finanziari. La competenza non basta per essere ritenuto operatore qualificato; occorre anche l’esperienza, secondo il regolamento Consob.
Da un lato, la necessità di un’esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari è stata criticata in dottrina (11). Si è difatti osservato come,
in alcuni casi, appaia eccessivo richiedere - oltre
che competenze - esperienze. Il caso a cui si allude è quello delle società industriali o commerciali
di grandi dimensioni, all’interno delle quali è lecito
supporre operino - fra le tante - persone compeNote:
(9) L’art. 31 comma 1 reg. 11522/1998 prevede che ‘‘nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1,
fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32,
commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d),
38, 39, 40, 41, 42 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e
62’’. Il reg. n. 11522/1998 è stato modificato molto recentemente in modo radicale dalla delibera Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007, Adozione del regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari. Atteso tuttavia che la sentenza in commento ha dato applicazione alla normativa regolamentare previgente, è solo a questa che si fa riferimento nel corso di questa nota.
(10) Ai sensi dell’art. 31 comma 2 reg. n. 11522/1998 ‘‘per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società
di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della
normativa in vigore nel proprio Stato d’origine le attività svolte
dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti
finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte
negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 18 settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità
stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di
amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società
o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed
esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante’’.
(11) Ruggeri, L’operatore qualificato con particolare riguardo ai
contratti swap, in Nuova giur. civ. comm., 2006, II, 414.
n
ti’’) non hanno bisogno della stessa tutela di cui
necessitano invece gli operatori incompetenti e
inesperti. L’operatore qualificato conosce i rischi
che gli investimenti in strumenti finanziari comportano. Non occorre dunque una particolare ‘‘investor education’’ da parte dell’intermediario. Un’attività informativa da parte delle banche comporta
dei costi. Se fornire informazioni è inutile, pare logico - per ragioni di economia - non obbligarvi gli intermediari.
civile
tenti nel settore finanziario. Anche nell’ipotesi tali
società non avessero compiuto operazioni in strumenti finanziari, è difficile porle sullo stesso piano di
un investitore sprovveduto. Bisogna tuttavia rilevare che un caso del genere è probabilmente di
scarsa rilevanza pratica, in quanto è ragionevole
assumere che sia raro che una società di grandi
dimensioni non abbia mai operato in strumenti finanziari.
In senso opposto si è rilevato come il fatto di
avere compiuto poche operazioni in strumenti finanziari non possa essere ritenuto indicativo di una
vera e propria esperienza in materia (12). Si pensi
al caso estremo di una società che ha investito
una volta sola poca liquidità in quote di fondi comuni. Sarebbe pertanto opportuno, sotto questo
profilo, distinguere fra un’esperienza occasionale
(che non attribuisce la qualità di operatore qualificato) e un’esperienza ragionevolmente continuata e profonda (che attribuisce lo status di operatore qualificato). Bisogna tuttavia tenere presente
che il regolamento richiede una competenza e
un’esperienza ‘‘specifiche’’. E questo requisito si
potrebbe interpretare come necessità che l’esperienza mostri un certo livello di continuità nel tempo e, dunque, di profondità. La legge - del resto richiede non un’esperienza qualsiasi, bensı̀ un’esperienza ‘‘professionale’’ (art. 6 comma 2 d.lgs. n.
58/1998). In questo contesto è utile rilevare che il
Tribunale di Novara, in una recentissima sentenza,
ha ritenuto che conoscenza ed esperienza debbano avere una certa consistenza, debbano cioè
essere tali per cui la società o persona giuridica sia
assimilabile agli operatori qualificati indicati nominativamente nell’art. 31 comma 2 reg. n. 11522/
1998 (13).
È difficile prescindere dal dato letterale dell’art.
31 comma 2 reg. n. 11522/1998, il quale richiede la
sussistenza di entrambi i requisiti: 1) conoscenza
ed 2) esperienza. Quando anche una sola di queste due circostanze non è riscontrabile, non vi è
operatore qualificato e - dunque - si applicano le
norme di comportamento previste nel regolamento Consob. Per comprendere l’esatto significato
dell’art. 31 comma 1 reg. n. 11522/1998 (che elenca le regole di condotta che non si applicano agli
operatori qualificati) bisognerebbe andare a vedere analiticamente quali sono le norme la cui applicazione è esclusa in presenza di un soggetto catalogabile come operatore qualificato. Non è possibile analizzare dettagliatamente in questa sede
tutte le disposizioni regolamentari escluse, ma ci si
limita a evidenziare che non si applicano, fra gli altri, l’art. 27 reg. 11522/1998 (sui conflitti d’interessi),
l’art. 28 di tale regolamento (sulle informazioni fra
gli intermediari e gli investitori) nonché l’art. 29 (sulle operazioni non adeguate).
Ciò che è utile ribadire è che, in sostanza, il legislatore primario e il regolatore secondario ritengono che certi operatori (i c.d. ‘‘operatori qualifica-
CIVILE . IN EVIDENZA
L’autocertificazione del rappresentante legale
La sentenza in commento affronta il problema
della valenza giuridica da attribuire all’autocertificazione del rappresentante legale di una società
o persona giuridica. Il nucleo della questione è il
seguente
Un operatore qualificato ‘‘è’’ tale
in quanto è in possesso di una
specifica competenza ed esperienza
in materia di strumenti finanziari
oppure ‘‘diventa’’ tale per il semplice fatto di
sottoscrivere una dichiarazione? Laddove si ritenesse che l’autocertificazione è in grado in sé (vale a dire indipendentemente dal reale possesso di
conoscenze ed esperienze) di elevare una società
o una persona giuridica a operatore qualificato, in
conseguenza di essa non troverebbe applicazione
buona parte delle disposizioni di carattere regolamentare sulle norme di comportamento degli intermediari finanziari. Si ridurrebbero cosı̀ le possibilità per le imprese di effettuare contestazioni nei
confronti delle banche.
Per rispondere a questa domanda centrale bisogna partire dal dato letterale dell’art. 31 comma
2 reg. n. 11522/1998. Qui si afferma che è operatore qualificato ogni società o persona giuridica ‘‘in
possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari’’. Sulla base del tenore di questa disposizione si
deve ritenere che sia operatore qualificato esclusivamente il soggetto in reale possesso di competenza ed esperienza. Chi è privo di competenza
ed esperienza non è operatore qualificato, firmi o
non firmi una qualsivoglia dichiarazione in merito (14). L’espressa dichiarazione per iscritto del legale rappresentante non è idonea ad attribuire lo
status di operatore qualificato.
Note:
(12) Chionna, L’accertamento della natura di ‘‘operatore qualificato’’ del mercato finanziario rispetto ad una società, in Giur.
comm., 2005, II, 45 ss.
(13) Trib. Novara, 18 gennaio 2007, n. 23, in www.novaraius.it.
(14) In senso contrario Bruno-Rozzi, op. cit., 283 ss.
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
45
n
civile
CIVILE . IN EVIDENZA
La soluzione che qui si prospetta si ricava, oltre
che dal dato letterale, dalla ratio della disposizione in esame. Il legislatore (v. l’art. 6 comma 2 d.lgs.
n. 58/1998) persegue l’obiettivo di tutelare l’investitore privo di conoscenza ed esperienza. Questo risultato viene conseguito imponendo all’intermediario finanziario di fornire al cliente tutte le informazioni necessarie per effettuare un investimento
consapevole e adeguato. Se Tizio non è esperto
conoscitore dei mercati finanziari, non può effettuare investimenti ragionevoli. Il fatto che firmi una
dichiarazione in cui autocertifica competenze ed
esperienze inesistenti non fa venir meno la tutela di
cui deve godere. Non può essere l’investitore che
‘‘auto’’-determina il proprio statuto e il livello di
protezione di cui ha bisogno, ma è l’ordinamento
che garantisce agli investitori che - oggettivamente - hanno scarsa conoscenza ed esperienza un livello di tutela più elevato (15). Una soluzione diversa finirebbe per svuotare di contenuti l’intera regolamentazione della d’intermediazione finanziaria,
che è finalizzata a una riduzione delle asimmetrie
informative fra i soggetti che operano sul mercato.
Non si può dunque condividere l’opinione di un
precedente del Tribunale di Milano del luglio 2006
il quale ha affermato che l’art. 31 comma 2 reg. n.
11522/1998 consente al legale rappresentante di
una società di capitali di rilasciare una dichiarazione che ha effetto liberatorio per l’intermediario in
relazione agli obblighi normalmente su di esso incombenti allorché il cliente non vanti specifiche
conoscenze in materia (16). Per le ragioni esposte
in questa nota non si condivide questo approccio.
Esso, difatti, produce la conseguenza di far diventare facoltative importanti norme poste a tutela
dell’investitore. L’autocertificazione del rappresentante legale della società o persona giuridica, ad
avviso di chi scrive, non può avere efficacia costitutiva. Ciò che conta per il legislatore primario e
per il regolatore secondario è la tutela dell’investitore privo di competenza ed esperienza in materia
di operazioni in strumenti finanziari. Questo risparmiatore va tutelato in ogni caso, indipendentemente da ciò che dichiara.
Ne consegue che il giudice investito della controversia è chiamato a condurre, di volta in volta,
un’indagine di fatto sulla reale competenza ed
esperienza della società o persona giuridica che
contratta con l’intermediario finanziario. Se risulta
che tale soggetto possiede effettivamente una
specifica competenza ed esperienza, ci si trova di
fronte a un operatore qualificato. Laddove, invece, risulta l’assenza di competenza ed esperienza,
il soggetto non è operatore qualificato, qualunque
contenuto abbiano le dichiarazioni che rilascia.
Gli elementi costitutivi della fattispecie
autocertificativa
Gli elementi costitutivi della fattispecie ‘‘auto-
46
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
certificativa’’ disciplinata dall’art. 31 comma 2
reg. n. 11522/1998 sono i seguenti: una dichiarazione espressa; la forma scritta; la provenienza della
dichiarazione dal rappresentante legale della società o persona giuridica.
La dichiarazione espressa
Relativamente alla nozione di ‘‘dichiarazione’’,
deve ritenersi che si tratti di una dichiarazione ‘‘di
scienza’’ e non di una dichiarazione ‘‘di volontà’’.
La dichiarazione di volontà è, nel caso di specie,
qualcosa di diverso: è l’espressione dell’intenzione
di concludere il contratto - nel suo complesso con un determinato contenuto.
La dichiarazione di possesso
di conoscenze ed esperienze
è preliminare rispetto
alla conclusione del contratto
Anzi, essa deve addirittura precedere le negoziazioni. La sua funzione è quella di determinare, in
via preliminare, il quantum del flusso informativo
dall’intermediario al cliente in relazione alle maggiori o minori conoscenze ed esperienze dell’investitore.
L’oggetto della dichiarazione consiste nel fatto
che il rappresentante legale attesta che la società
o persona giuridica è ‘‘in possesso di una specifica
competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari’’. Questa formulazione non
è particolarmente felice e contiene un certo livello
di ambiguità. Ci si deve difatti chiedere se debba
essere la società o persona giuridica in sé a disporre di competenza ed esperienza oppure debbano
esserlo le persone fisiche che lavorano per la stessa società o persona giuridica. L’esperienza può forse - essere imputata alla stessa società, quando
è direttamente la società ad avere posto in essere
operazioni in strumenti finanziari. Lo stesso non può
dirsi del requisito della conoscenza. È difficile affermare che una società conosce la materia degli
strumenti finanziari, poiché la conoscenza tende a
essere un qualcosa di legato alla persona fisica
che la possiede. Bisognerebbe allora stabilire quali
persone debbano essere ritenute conoscitrici ed
esperte del settore: per esempio, solo i dipendenti
oppure anche i consulenti esterni? Inoltre competenza ed esperienza tendono a essere parametri
variabili nel tempo, in quanto legati alla presenza
nella società delle rilevanti persone fisiche (17).
Note:
(15) Cfr. Trib. Novara, 18 gennaio 2007, n. 23, in www.novaraius.it.
(16) Trib. Milano, 20 luglio 2006, in Nuova giur. civ. comm., 2007,
I, 809 ss., con nota di Tommasini.
(17) Chionna, op. cit., 49.
n
Le nozioni di ‘‘conoscenza’’
ed ‘‘esperienza’’ sono relative
Si immagini che la società Alfa disponga di una
direzione finanziaria composta di numerose persone, fra cui soggetti che hanno precedentemente
lavorato per diversi anni presso banche d’affari e
sono specialisti in contratti derivati. Qui è ben difficile negare competenza ed esperienza in materia.
Completamente diversa è la situazione della piccola società Beta, nella cui ‘‘direzione finanziaria’’
si supponga lavori solo un giovane non laureato alle prime armi.
Il vero problema è che mancano, nell’art. 31
comma 2 reg. n. 11522/1998, i parametri oggettivi
cui commisurare le conoscenze ed esperienze
della società o persona giuridica (18). Quando si
può dire che una persona conosce le ed è esperto nelle operazioni in strumenti finanziari? Qual è il
livello minimo di conoscenze ed esperienze richiesto per far assurgere un determinato soggetto a
operatore qualificato? Per dare maggiore certezza del diritto sarebbe stato opportuno indicare,
nella disposizione del regolamento in esame, quali
sono gli elementi - oggettivamente riscontrabili che fanno affermare che la società o persona giuridica è in possesso di specifiche conoscenze ed
esperienze. Alla luce del tenore letterale dell’art.
31 comma 2 reg. n. 11522/1998 bisogna però prendere atto che, attesa l’assenza di precisi parametri
di riferimento, il possesso di conoscenze ed esperienze rischia di cessare di essere un ‘‘fatto’’ (accertabile e provabile) per scadere a una semplice
‘‘opinione’’ (19).
Si potrebbe sostenere che lo status di operatore
qualificato scatta quando la società o persona
giuridica ha conoscenze ed esperienze sostanzialmente equivalenti a quelle degli operatori qualifi-
cati nominativamente indicati nell’art. 31 comma
2 reg. n. 11522/1998. Questa prospettiva è abbastanza convincente, anche perché tiene conto
della ratio della disciplina. Se una società o una
persona giuridica ha - grosso modo - lo stesso livello di conoscenze e di esperienze di un operatore
considerato automaticamente come ‘‘qualificato’’ dal regolamento, allora lo si può equiparare
agli operatori qualificati, in quanto non bisognoso
di tutela. Tuttavia questo argomento non ha
un’applicazione pratica realistica, poiché è pressoché impossibile equiparare società e persone
giuridiche alle categorie considerate nominativamente dal regolamento Consob come operatori
qualificati. Come può difatti una società industriale disporre di conoscenze ed esperienze in materia
di strumenti finanziari uguali a quelle - per esempio
- di una società di gestione del risparmio? Fatto
salvo qualche raro caso (di imprese veramente
grandi con direzioni finanziarie particolarmente
strutturate), il giudizio di equivalenza sarebbe - per
il resto - sempre negativo.
La soluzione mi pare debba essere un’altra. Una
società o persona giuridica può essere considerata operatore qualificato, ai fini del regolamento
Consob, quando dispone - di fatto - di conoscenze ed esperienze tali per cui è in grado di valutare
autonomamente il significato e i rischi dell’operazione in strumenti finanziari. È a queste condizioni
che l’apparato regolamentare di tutela del contraente debole cessa di essere necessario. Che,
poi, il rappresentante legale della società o persona giuridica abbia (o meno) sottoscritto una dichiarazione in merito è circostanza sostanzialmente irrilevante. Sotto questo profilo non pare condivisibile la conclusione cui è giunto un precedente
del Tribunale di Milano dell’aprile 2004 (20). Correttamente l’autorità giudiziaria milanese rileva il limite di una disposizione normativa che affida a una
dichiarazione autoreferenziale l’individuazione di
un operatore qualificato. Il giudice conclude però
nel senso che non appare ragionevole ipotizzare
che l’accertamento in concreto del requisito di
competenza ed esperienza debba essere rimesso
alla banca. Questa decisione è criticabile in quanto il Tribunale di Milano sembra ritenere che l’inve-
civile
In generale si deve osservare che una dichiarazione di scienza può corrispondere o meno al vero.
Se Tizio afferma di essere laureato in economia, vi
sono solo due possibilità: l’affermazione è vera oppure essa è falsa. Nel caso dell’art. 31 comma 2
reg. n. 11522/1998, la dichiarazione corrisponde al
vero quando la società o persona giuridica (o meglio: una qualche persona fisica in seno alla società o persona giuridica) dispone di conoscenze ed
esperienze in materia di strumenti finanziari. Al contrario, la dichiarazione non corrisponde al vero
quando la società o persona giuridica non dispone di tali conoscenze ed esperienze.
Sennonché vi è da chiedersi se la dichiarazione
di possesso di conoscenze ed esperienze in strumenti finanziari sia realmente da qualificarsi come
una dichiarazione di scienza. Cosa vuole difatti dire ‘‘conoscere ed avere esperienza in materia di
strumenti finanziari’’?
CIVILE . IN EVIDENZA
Note:
(18) Chionna, op. cit., 41.
(19) In questo senso Trib. Novara, 18 gennaio 2007, n. 23, in
www.novaraius.it. Sulla nozione di ‘‘fatto’’ e sulla distinzione fra
‘‘fatto’’ e ‘‘opinione’’ nel diritto finanziario sia consentito il rinvio
al mio lavoro monografico in lingua tedesca: Sangiovanni, Die
Ad-hoc-Publizität im deutschen und italienischen Recht, Frankfurt am Main, 2003, 47 ss. In lingua italiana cfr., se vuoi, Sangiovanni, L’informazione c.d. continua o permanente nel diritto tedesco del mercato dei capitali, in Banca borsa tit. cred., 1998, I,
593 ss.
(20) Trib Milano, 3 aprile 2004, (ord.), in Giur. comm., 2005, II, 36
ss., con nota di Chionna.
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
47
n
civile
CIVILE . IN EVIDENZA
stitore sappia valutare meglio dell’intermediario le
conoscenze ed esperienze in materia di strumenti
finanziari.
Ammettendo che sia possibile accertare oggettivamente il possesso di particolari conoscenze ed
esperienze, una dichiarazione in merito può essere
vera (se tali conoscenze ed esperienze sussistono
effettivamente) oppure non vera (nel caso contrario). Il Tribunale di Novara, nella menzionata sentenza del gennaio 2007, ha affermato che una dichiarazione di scienza non assume rilievo di per sé,
ma in quanto presuppone una preesistente situazione giuridicamente rilevante (21). Quando tale
collegamento manca, la dichiarazione non dispiega alcun effetto. E in effetti non si capisce per
quale ragione un intermediario finanziario possa
omettere di fornire informazioni per il solo fatto che
la controparte contrattuale si autodichiara conoscitrice ed esperta della materia, quando magari
altre circostanze inducono a pensare che tale
autodichiarazione non corrisponde a verità.
Sulla base delle considerazioni svolte non pare
corretto l’approccio che rigetta le azioni in giudizio
delle società o persone giuridiche per il solo fatto
che le imprese si sono autodichiarate operatori
qualificati.
Infine si osservi che ulteriore circostanza che, ai
sensi del regolamento, deve caratterizzare l’autocertificazione è che
La dichiarazione di possesso
di conoscenze ed esperienze
deve essere ‘‘espressa’’
Con una formulazione espressa si vuol far sı̀ che
la dichiarazione di possesso di conoscenze ed
esperienze venga resa dalla società o persona
giuridica nella piena consapevolezza di ciò che
afferma. Essa non può desumersi con difficoltà fra
le righe di un lungo (e magari fumoso) testo, ma
deve risultare da una frase o da poche frasi il cui
significato è ragionevolmente incontrovertibile.
La forma scritta
Il secondo elemento costitutivo della fattispecie
autocertificativa di cui all’art. 31 comma 2 reg. n.
11522/1998 è la forma scritta.
Una delle funzioni della forma scritta è quella
d’indurre il dichiarante a riflettere bene sul significato della dichiarazione che rilascia. Ci vuole più
tempo, almeno teoricamente, a predisporre un testo scritto piuttosto che a rilasciare una dichiarazione orale. Anche se, nella prassi, ciò non è sempre
vero: nei casi in cui il modello di dichiarazione è
predisposto dall’intermediario, all’investitore bastano pochi secondi per firmare la sottoscrizione. La
‘‘dichiarazione’’ si risolve dunque in una ‘‘sottoscrizione’’. Non è detto che chi sottoscrive abbia letto
48
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
attentamente il testo sovrastante e, nel caso in cui
lo ha letto, non è detto che lo abbia compreso.
La forma scritta può inoltre servire a fini probatori. Al fine di accertare ex post la sussistenza di conoscenze e di esperienze può essere di aiuto la
presenza di una dichiarazione scritta. Tuttavia, ad
avviso di chi scrive, deve ritenersi sempre ammissibile la prova contraria. Innanzitutto vi possono essere dei casi-limite di una dichiarazione: 1) estorta
con violenza, 2) resa dal legale rappresentante
per effetto di dolo dell’intermediario finanziario oppure 3) resa a seguito di errore. In ipotesi del genere potrebbe operare il meccanismo dell’annullamento del contratto (nella misura in cui è stata alterata in modo sostanziale la volontà del contraente rispetto alla conclusione dell’intero contratto). Ma a parte tali casi-limite, deve comunque
essere sempre possibile rendere la prova contraria
in tutti le situazioni in cui la società o persona giuridica non è effettivamente in possesso di particolari
conoscenze ed esperienze in materia di strumenti
finanziari. Si sono già illustrare le ragioni per cui l’aspetto formale non può prevalere sulla sostanza
delle cose.
La provenienza della dichiarazione dal legale
rappresentante
Infine, il terzo elemento costitutivo della fattispecie autocertificativa è la provenienza della dichiarazione dal legale rappresentante della società o
persona giuridica.
La ratio della disposizione è quella di garantire
l’imputabilità della dichiarazione. Con questo requisito la Consob vuole assicurare che la dichiarazione sia munita di rilevanza giuridica in quanto
ascrivibile alla società o persona giuridica parte
del contratto. La sottoscrizione apposta da chi
non è rappresentante legale (per esempio da un
semplice dipendente della società) non può ritenersi valida. Se la dichiarazione è stata sottoscritta
da un soggetto che non è rappresentante legale,
tale circostanza potrebbe essere eccepita dall’impresa interessata. Gli intermediari finanziari farebbero dunque bene a chiedere a chi sottoscrive la
dimostrazione dei poteri di agire in nome e per
conto della società o persona giuridica.
La sentenza del Tribunale di Vicenza
si espone a qualche critica
Due sono le circostanze che inducono il Tribunale di Vicenza ad affermare che l’impresa è in
possesso di conoscenze ed esperienze. La prima è
l’autocertificazione del rappresentante legale della s.n.c. La seconda è il fatto che tale società aveNota:
(21) Trib. Novara, 18 gennaio 2007, n. 23, in www.novaraius.it.
n
La volontà del contraente
può manifestarsi correttamente
solo laddove esso sia stato
preventivamente informato in modo
appropriato
Anche il fatto di avere stipulato più volte contratti di swap non può essere ritenuto sufficiente a
tal fine. Vi è difatti da chiedersi come avrebbe deciso la s.n.c. qualora avesse saputo con esattezza
quali erano le conseguenze e i rischi della sottoscrizione dell’autocertificazione e del contratto. Se
non vi è informazione sul significato e sulle conseguenze dell’autocertificazione, la società rischia di
non ricevere informazioni sull’operazione e - di
conseguenza - di assumersi in modo inconsapevole i rischi che ne derivano. Anche se viene firmato
un secondo contratto, la prospettazione non cambia, poiché alla società continuano a mancare le
necessarie conoscenze ed esperienze. Ritenere
che la s.n.c. sia diventata esperta della materia
per avere già sottoscritto un contratto di swap è
un argomento debole. La situazione muta solo
quando qualcuno spiega alla società il senso
complessivo delle operazioni che vengono poste
in essere. Questo qualcuno può essere lo stesso intermediario oppure un soggetto esterno al rapporto contrattuale, come un avvocato o un consulente finanziario (22). Quando però la società si rivolge a un esterno, il danno - di norma - è già stato
prodotto.
Il dovere d’informare sul significato
dell’autocertificazione
Il punto centrale è però che, anche quando
opera l’art. 31 comma 2 reg. n. 11522/1998, non
viene per ciò meno l’applicazione delle disposizioni
di legge in materia d’informativa del cliente. Anche
se tale disposizione regolamentare esclude l’applicazione di alcune norme del regolamento, essa
non fa venir meno gli obblighi degli intermediari finanziari che risultano direttamente dalla legge.
Un regolamento non può essere contrario alla
legge.
Inoltre è lo stesso regolamento a statuire che gli
intermediari autorizzati operano in modo coerente
con i principi e le regole generali del d.lgs. n. 58/
1998 (art. 26 lett. a reg. n. 11522/1998) (23). A ben
riflettere, questa disposizione del regolamento è
nella sostanza inutile, poiché è ovvio che l’intermediario deve rispettare la legge. E tuttavia tale norma ha una finalità di ulteriore chiarificazione, una
funzione per cosı̀ dire ‘‘pedagogica’’.
Dunque, il fatto che una società o persona giuridica sia oggettivamente ‘‘operatore qualificato’’
non esclude l’applicazione - per esempio - dell’art.
21 comma 1 d.lgs. n. 58/1998 (24). Questa disposizione stabilisce, fra le altre cose, che - nella prestazione dei servizi d’investimento - i soggetti abilitati
devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza
e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati. Anche quindi a voler ritenere, per qualsiasi ragione (ad esempio per il ricorrere dello status di operatore qualificato in capo al cliente), che non sia applicabile
una parte del reg. n. 11522/1998, l’intermediario finanziario è assoggettato ex lege a obblighi informativi nei confronti dei clienti.
Gli obblighi informativi risultanti dalla legge investono: 1) sia il significato e le conseguenze della
nozione di operatore qualificato; 2) sia le caratteristiche (in particolare i rischi) degli strumenti finanziari che vengono venduti. Ci soffermeremo, qui di
seguito, solo sul primo aspetto.
Ad avviso di chi scrive (25).
civile
va sottoscritto altri contratti di swap con la medesima banca nel contesto della stessa vicenda.
Questa linea argomentativa del Tribunale di Vicenza non convince.
CIVILE . IN EVIDENZA
L’obbligo informativo ex lege
concerne, anzitutto, la stessa nozione
di operatore qualificato
In altre parole, l’intermediario che propone al
cliente di firmare una dichiarazione sulla capacità
e sull’esperienza della società o persona giuridica
in materia di strumenti finanziari deve informare su
quali sono le conseguenze di tale dichiarazione. A
questa conclusione conduce la necessità di dare
applicazione almeno alle seguenti basi normative:
a) il dovere di comportarsi con diligenza (art. 21
comma 1 lett. a d.lgs. n. 58/1998); b) il dovere di
comportarsi con correttezza (art. 21 comma 1 lett.
a d.lgs. n. 58/1998; c) il dovere di comportarsi con
trasparenza (art. 21 comma 1 lett a d.lgs. n. 58/
1998); d) il dovere di comportarsi nell’interesse dei
Note:
(22) I contratti derivati sono talvolta talmente complessi, dal
punto di vista della tecnica finanziaria, che neanche gli avvocati sono in grado di comprenderne appieno tutti gli aspetti. Il livello di complessità è tale che solo mediante l’utilizzo di determinati software particolarmente sofisticati e costosi si riesce a
valutare la reale portata dei rischi e dei costi. In diversi casi bisogna rivolgersi a consulenti finanziari esperti della materia e dotati dei necessari strumenti tecnologici.
(23) Tommasini, La dichiarazione ‘‘autoreferenziale’’ di essere
un operatore qualificato e l’onere di verifica in capo all’intermediario destinatario, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, 814.
(24) Anche Ruggeri, op. cit., 403 e 414, afferma che resta ferma
l’applicabilità dei principi generali in materia statuiti dall’art. 21
d.lgs. n. 58/1998.
(25) Cosı̀ anche Tommasini, op. cit., 814 s.
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
49
n
civile
CIVILE . IN EVIDENZA
clienti (art. 21 comma 1 lett. a d.lgs. n. 58/1998); e)
il dovere di operare in modo che gli investitori siano sempre adeguatamente informati (art. 21 comma 1 lett. b d.lgs. n. 58/1998).
L’obbligo dell’intermediario finanziario di esaminare insieme con il cliente il contenuto, la portata
e le conseguenze dell’autocertificazione deriva
addirittura da disposizioni di carattere ancora più
generale rispetto a quelle del d.lgs. n. 58/1998.
Bisogna anzitutto menzionare l’art. 1175 c.c., secondo cui ‘‘il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza’’. Si
può definire corretto il comportamento di un intermediario finanziario il quale omette di segnalare al
cliente che la sottoscrizione dell’autocertificazione
esenta la stessa banca dal fornire una serie d’importanti informazioni? La risposta deve essere negativa.
È necessario poi richiamare l’art. 1176 comma 2
c.c., secondo cui
Nell’adempimento delle obbligazioni
inerenti all’esercizio di un’attività
professionale, la diligenza deve
valutarsi con riguardo alla natura
dell’attività esercitata
È indubbio che questa disposizione si applichi
anche all’intermediario finanziario. Vi è allora da
chiedersi se si possa qualificare come diligente il
comportamento di una banca che, senza spiegazione alcuna, fa sottoscrivere al rappresentante legale di una società o persona giuridica una dichiarazione atta a farla assurgere - in difformità
dalla realtà delle cose - a operatore qualificato.
La risposta a questo quesito deve essere negativa.
L’obbligo dell’intermediario d’informare sul significato della autocertificazione può desumersi
dall’art. 1337 c.c., secondo cui ‘‘le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto, devono comportarsi secondo buona fede’’. In sede di trattative e di formazione del contratto di swap la buona fede impone d’informare
in modo veritiero sugli effetti della autocertificazione.
Anche l’art. 1375 c.c. è una possibile base normativa dell’obbligo dell’intermediario finanziario
d’informare adeguatamente sul significato dell’autocertificazione. Tale disposizione statuisce che ‘‘il
contratto deve essere eseguito secondo buona
fede’’. Qui bisogna peraltro chiarire quale sia il
contratto cui si fa riferimento. Il contratto di swap
non è ancora venuto a esistenza. Dunque l’art.
1375 c.c. può essere invocato solo se esiste un precedente contratto fra le parti da cui possa ricavarsi un obbligo di esecuzione secondo buona fede.
Tale contratto può essere il contratto-quadro.
Il combinato disposto delle numerose disposizio-
50
IL CORRIERE DEL MERITO N. 1/2008
ni che si sono elencate, contenute in parte nel
d.lgs. n. 58/1998 e in parte nel codice civile, impone all’intermediario finanziario quantomeno di accertare - in via preliminare - se il cliente sia o meno
in possesso di competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari. Si noti, fra
l’altro, che in alcuni casi l’assenza di tali conoscenze ed esperienze non può non essere nota alla
banca: si tratta dell’ipotesi in cui la società o persona giuridica ha rapporti di lunga durata con l’intermediario (26). Il caso tipico è quello della piccola impresa che si affida da anni alla filiale locale di
una banca per la gestione di tutte (o quasi) le pratiche di natura finanziaria. Il funzionario che conosce bene la situazione in cui versa la società nonché le competenze e le esperienze di chi vi lavora
non può ignorare tali circostanze e far sottoscrivere un’autocertificazione di cui conosce la non corrispondenza a verità. Se lo fa, viola diverse disposizioni di legge.
È altresı̀ ragionevole ritenere che l’intermediario
finanziario debba dare conto in modo appropriato
dell’attività d’indagine che svolge in merito al possesso in capo all’investitore di effettive conoscenze
ed esperienze in materia di operazioni in strumenti
finanziari. La dichiarazione che viene fatta firmare
al rappresentante legale della società o persona
giuridica deve indicare quali sono le persone che,
in seno all’impresa, dispongono di competenze ed
esperienze nonché quali sono tali competenze ed
esperienze.
Sulla base dei ragionamenti svolti, si deve - in
definitiva - ritenere che sull’intermediario finanziario incombano i seguenti obblighi: 1) indagare le
reali conoscenze ed esperienze in materia di operazioni in strumenti finanziari della controparte; 2)
nella misura in cui la banca constati l’assenza di
tali conoscenze ed esperienze, fornire tutte le informazioni richieste dalla normativa primaria e secondaria; 3) nel caso in cui, al contrario, rilevi l’effettiva presenza di conoscenze ed esperienze, comunicare in modo chiaro ed espresso all’impresa che
essa è un operatore qualificato e, conseguentemente, gode di una minore tutela informativa; 4)
in questo caso inoltre, anche a propria garanzia,
documentare per iscritto in modo analitico sia le
conoscenze sia le esperienze di cui la società o
persona giuridica è in possesso e far sottoscrivere
al rappresentante legale una corrispondente dichiarazione dettagliata.
Nota:
(26) Cfr. Tommasini, op. cit., 814.