III – Relazione agli articoli e agli allegati
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INDICE
PREMESSA
LIBRO I
DEI PRINCIPI, DELLA DIGITALIZZAZIONE, DELLA
PROGRAMMAZIONE E DELLA PROGETTAZIONE
PARTE I
DEI PRINCIPI
Titolo I – I principi generali
Titolo II – L’ambito di applicazione, il responsabile unico e le fasi dell’affidamento
PARTE II
DELLA DIGITALIZZAZIONE DEL CICLO DI VITA DEI CONTRATTI
PARTE III
DELLA PROGRAMMAZIONE
PARTE IV
DELLA PROGETTAZIONE
LIBRO II
DELL’APPALTO
PARTE I
DEI CONTRATTI DI IMPORTO INFERIORE ALLE SOGLIE EUROPEE
PARTE II
DEGLI ISTITUTI E DELLE CLAUSOLE COMUNI
PARTE III
DEI SOGGETTI
Titolo I – Le stazioni appaltanti
Titolo II – Gli operatori economici
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PARTE IV
DELLE PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE
PARTE V
DELLO SVOLGIMENTO DELLE PROCEDURE
Titolo II – I bandi, gli avvisi e gli inviti
Titolo III – La documentazione dell’offerente e i termini per la presentazione delle domande e
delle offerte
Titolo IV – I requisiti di partecipazione e la selezione dei partecipanti
Capo I – La commissione giudicatrice
Capo II – I requisiti di ordine generale
Capo III – Gli altri requisiti di partecipazione alla gara
Titolo V – La selezione delle offerte
PARTE VI
DELL’ESECUZIONE
PARTE VII
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER ALCUNI CONTRATTI DEI SETTORI ORDINARI
Titolo I – I servizi sociali e i servizi assimilati
Titolo II – Gli appalti di servizi sociali e di altri servizi nei settori ordinari
Titolo III – I contratti nel settore dei beni culturali
Titolo IV – I servizi di ricerca e sviluppo
Titolo V – I contratti nel settore della difesa e sicurezza; i contratti secretati
Titolo VI – Le procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile
LIBRO III
DELL’APPALTO NEI SETTORI SPECIALI
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PARTE I
DISPOSIZIONI APPLICABILI E AMBITO SOGGETTIVO
PARTE II
DELLE PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE
PARTE III
DEI BANDI, DEGLI AVVISI E DEGLI INVITI
PARTE IV
DELLA SELEZIONE DEI PARTECIPANTI E DELLE OFFERTE
LIBRO IV
DEL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO E DELLE CONCESSIONI
PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI
PARTE II
DEI CONTRATTI DI CONCESSIONE
Titolo I – L’ambito di applicazione, i principi generali e le definizioni
Titolo II – L’aggiudicazione delle concessioni: principi generali e garanzie procedurali
Titolo III – L’esecuzione delle concessioni
Titolo IV – La finanza di progetto
PARTE III
DELLA LOCAZIONE FINANZIARIA
PARTE IV
DEL CONTRATTO DI DISPONIBILITÀ
PARTE V
ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO
PARTE VI
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DEI SERVIZI GLOBALI
LIBRO V
DEL CONTENZIOSO E DELL’AUTORITÀ NAZIONALE
ANTICORRUIZIONE. DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
PARTE I
DEL CONTENZIOSO
Titolo I - I ricorsi giurisdizionali
Titolo II - I rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale
PARTE II
DELLA GOVERNANCE
PARTE III
DISPOSIZIONI TRANSITORIE, DI COORDINAMENTO E ABROGAZIONI
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RELAZIONE ILLUSTRATIVA
PREMESSA
In data 30 giugno 2022 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha comunicato al Presidente del Consiglio di
Stato di voler affidare la formulazione del progetto di codice dei contratti pubblici al Consiglio di Stato, ai
sensi del comma 4 dell’art. 1 della legge n. 78 del 21 giugno 2022. Ha ricordato che l’approvazione di questa
riforma costituisce un importante obiettivo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ne
dettaglia il contenuto.
Il successivo 4 luglio il Presidente Frattini ha istituito una Commissione speciale, da lui presieduta e col
supporto di un board composto dal Presidente aggiunto e da altri due vice, presidenti titolari di sezione del
Consiglio di Stato, di cui uno con compiti di coordinatore.
In particolare, della Commissione speciale del Consiglio di Stato hanno fatto parte:
Franco Frattini - Presidente del Consiglio di Stato, Presidente.
Luigi Maruotti - Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, Vice Presidente.
Luigi Carbone - Presidente di sezione del Consiglio di Stato, Vice Presidente e Coordinatore.
Rosanna De Nictolis - Presidente di sezione del Consiglio di Stato, Vice Presidente.
Presidenti di Sezione del Consiglio di Stato: Carlo Saltelli, Giancarlo Montedoro, Michele Corradino, Gabriele
Carlotti, Roberto Giovagnoli, Claudio Contessa, Fabio Taormina, Hadrian Simonetti.
Consiglieri di Stato: Fabio Franconiero, Paolo Carpentieri, Dario Simeoli, Federico Di Matteo, Giovanni
Pescatore, ItaloVolpe, Giulia Ferrari, Stefano Fantini, Giovanni Grasso, Stefano Toschei, Silvia Martino,
Davide Ponte, Roberto Caponigro, Daniele Ravenna, Francesco Frigida, Giuseppina Luciana Barreca,
Francesco De Luca, Sara Raffaella Molinaro, Michele Conforti, Elena Quadri, Carmelina Addesso, Claudio
Tucciarelli, Giovanni Tulumello, Maria Stella Boscarino, Giorgio Manca, Pietro De Berardinis, Thomas
Mathà, Marina Perrelli, Gianluca Rovelli, Brunella Bruno, Ofelia Fratamico, Giovanni Ardizzone.
Consiglieri di Tribunale amministrativo regionale: Michelangelo Francavilla, Riccardo Giani, Ida Raiola,
Alessandro Cacciari, Paola Malanetto, Anna Corrado, Giuseppe La Greca, Raffaele Tuccillo, Flavia Risso,
Rocco Vampa.
Avvocati dello Stato: Vincenzo Nunziata, Marco Stigliano Messuti.
Consiglieri della Corte di Cassazione: Umberto Scotti, Giulia Iofrida.
Consigliere della Corte dei Conti: Giuseppe Maria Mezzapesa.
Professori e Avvocati: Prof. Vincenzo Cerulli Irelli, Prof. Fabio Cintioli, Prof. Marcello Clarich, Avv. Filippo
Lubrano, Prof. Marcello Maggiolo, Avv. Gianluigi Pellegrino, Prof. Raffaele Picaro, Prof. Aristide Police,
Prof. Maria Alessandra Sandulli, Avv. Mario Sanino, Prof. Salvatore Sica, Avv. Valerio Zicaro.
Esperti tecnici: Prof. Federigo Bambi, Ing. Filippo Cavuoto, Dott. Paolo De Rosa, Prof. Francesco Decarolis,
Ing. Massimo Sessa, Dott. Ciro Vacca.
Alcuni componenti della Commissione (ad esempio, l’avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata, il prof.
Francesco Decarolis dell’Università Bocconi e il dott. Ciro Vacca della Banca d’Italia) hanno messo a
disposizione non soltanto il loro sostegno personale, ma anche quello dei loro collaboratori e delle loro
Istituzioni di appartenenza.
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L’attività di segreteria dei gruppi di lavoro, coordinata dal cons. Gianluca Rovelli, e del gruppo di drafting,
coordinato dal cons. Daniele Ravenna, è stata svolta dal personale interno del Consiglio di Stato e dai
tirocinanti volontari, con la massima disponibilità e dedizione.
Nella seconda fase di lavoro si è aggiunto al gruppo dei coordinatori il presidente di Sezione Raffaele Greco,
che ha svolto un lavoro prezioso di accurata revisione, armonizzazione e integrazione di tutti gli allegati
predisposti dai vari gruppi.
Ha altresì fornito un qualificato contributo ai lavori della Commissione anche il Consigliere di Tribunale
amministrativo regionale, Angelo Fanizza.
Come si ricava dalla composizione della Commissione speciale, nel compito di redazione dello schema di
codice i consiglieri di Stato sono stati affiancati non solo da magistrati dei T.a.r., della Cassazione, della Corte
dei conti, nonché da Avvocati dello Stato, ma anche da esperti esterni quali professori, avvocati, economisti,
ingegneri, esperti di drafting, un informatico e un accademico della Crusca.
Tale variegata composizione ha consentito alla Commissione, arricchita del fondamentale apporto di saperi
non giuridici, di seguire un metodo di redazione normativa rigorosamente multidisciplinare, sottoponendo le
disposizioni man mano formulate a una verifica di “fattibilità tecnico/economica”, ossia a una realistica
simulazione applicativa da parte di esperti di altre discipline e non soltanto da giuristi.
La Commissione si è articolata, al suo interno, in sei gruppi di lavoro, ciascuno guidato da uno o due presidenti
di sezione del Consiglio di Stato (Gabriele Carlotti e Roberto Giovagnoli - gruppo I; Gabriele Carlotti e Fabio
Taormina - gruppo II; Carlo Saltelli e Hadrian Simonetti - gruppo III; Carlo Saltelli e Claudio Contessa gruppo IV; Giancarlo Montedoro - gruppo V; Michele Corradino - gruppo VI), con il coordinamento generale
del presidente della Sezione del Consiglio di Stato per gli atti normativi, Luigi Carbone, supportato dal cons.
Gianluca Rovelli.
I gruppi hanno elaborato – lavorando in parallelo – gli schemi di articolato dei singoli Libri del codice (il
lavoro dei gruppi II e III è poi confluito prevalentemente nell’unico Libro II).
Un compito così delicato e difficile, stante la mole e la rilevanza dei formanti giuridici dei quali tener conto,
ha richiesto uno sforzo enorme al sistema della Giustizia amministrativa e agli esperti esterni; tutti si sono
dedicati all’opera senza alcun compenso e senza alcuno sgravio di lavoro.
In considerazione dei tempi molto ristretti, i vari gruppi e i rispettivi coordinatori si sono riuniti con assidua
frequenza e i singoli componenti hanno lavorato individualmente su specifici adempimenti praticamente ogni
giorno, anche nel periodo estivo e nei giorni festivi.
I lavori della Commissione si sono articolati in riunioni plenarie di gruppo, in sottogruppi che riferivano
periodicamente sull’attività svolta in occasione delle plenarie di gruppo, nonché in riunioni tra i coordinatori
di gruppo, sovrintese dal coordinatore generale, per un totale di oltre 170 riunioni. Le riunioni si sono svolte
quasi tutte online e si è deciso su ogni questione sulla base delle posizioni prevalentemente espresse dai
componenti della Commissione con il filtro, per ciascun gruppo, dei rispettivi coordinatori.
Su richiesta degli uffici del Governo, si è tenuto un incontro con i tecnici della Commissione europea
responsabili per il PNRR italiano.
Sono state acquisite per iscritto, via mail, le istanze delle parti sociali, sollecitate con una consultazione
pubblica pubblicata sul sito della Giustizia amministrativa, e sono state effettuate alcune audizioni in presenza.
L’Ufficio studi della Giustizia Amministrativa, con il coordinamento del presidente Vincenzo Neri, ha svolto
in tempi molto rapidi un’analisi comparata dei principali sistemi europei in materia di contratti pubblici.
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Il 20 ottobre, nel pieno rispetto del termine che il Governo aveva assegnato, è stato consegnato uno “Schema
preliminare di codice dei contratti”.
Dopo l’insediamento del nuovo Governo, sulla base di una nuova interlocuzione avvenuta con nota del 14
novembre del Presidente del Consiglio dei Ministri, la Commissione ha continuato a lavorare, in composizione
più ristretta, con l’apporto soprattutto dei coordinatori, per affinare gli ultimi miglioramenti tecnici, curare il
drafting, sciogliere alcune questioni giuridiche di particolare impatto, redigere un’accurata relazione
illustrativa per ogni singolo articolo (che intende fornire anche le linee guida per l’applicazione delle nuove
norme) e predisporre gli allegati che garantiranno l’autoesecutività del nuovo codice.
Lo “Schema definitivo di codice” che si sottopone al Governo ha un numero di articoli analogo a quelli del
codice vigente, ma ne riduce di molto i commi, riduce di quasi un terzo le parole e i caratteri utilizzati e, con i
suoi allegati, abbatte in modo rilevante il numero di norme e linee guida di attuazione.
Eventuali refusi – sempre possibili, visti i tempi ristrettissimi di lavorazione – verranno, se del caso, segnalati
tramite errata corrige.
Gli allegati sono 36, molti consistono di poche pagine. Si tratta di un numero comunque contenuto, specie se
si considera che solo le tre direttive da attuare hanno, in totale, 47 annessi e che nel nuovo codice gli allegati
sostituiranno ogni altra fonte attuativa: oltre ai 25 allegati al codice attuale, essi assorbiranno 17 linee guida
ANAC e 15 regolamenti ancora vigenti, alcuni dei quali di dimensioni molto ampie (tra cui il d.P.R. n. 207 del
2010, risalente addirittura all'attuazione del codice del 2006, nonché quello sui contratti del Ministero della
difesa, ridotto da oltre 100 articoli a poco più di 10).
Ciò è stato possibile anche rinviando, in vari casi, direttamente agli allegati delle direttive, assicurando sia uno
sfoltimento della legislazione interna sia il suo adeguamento immediato e automatico alle future modifiche
delle norme europee.
In non pochi casi si è scelto di conservare – verificandone preventivamente il positivo impatto – le norme del
codice vigente che, in sede applicativa, hanno dato buona prova di sé.
Un testo a fronte le indica con chiarezza, per facilitarne la lettura e la riconoscibilità da parte di chi dovrà
rispettarle.
Ma anche le novità sono molteplici, tutte analiticamente illustrate nella relazione di accompagnamento, un
“materiale della legge” (Gesetzmaterial) che si propone come un vero e proprio manuale operativo per l’uso
del nuovo codice, assorbendo anche la funzione di indirizzo attuativo sinora rivestita dalle “linee guida non
vincolanti”.
Si è scelto di redigere un codice che non rinvii a ulteriori provvedimenti attuativi e sia immediatamente
“autoesecutivo”, consentendo da subito una piena conoscenza dell’intera disciplina da attuare. Ciò è stato
possibile grazie a un innovativo meccanismo di delegificazione che opera sugli allegati al codice (legislativi
in prima applicazione, regolamentari a regime).
Si è cercato di scrivere un codice “che racconti la storia” delle procedure di gara, accompagnando
amministrazioni e operatori economici, passo dopo passo, dalla fase iniziale della programmazione e
progettazione sino all’aggiudicazione e all’esecuzione del contratto.
L’indice del codice sintetizza questa storia: si inizia con i principi, si prosegue con il libro dedicato all’appalto
in tutte le sue singole fasi, si finisce con i rimedi e con l’autoesecutività e, in mezzo, si dedicano due libri
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“autoconclusivi” a settori speciali e concessioni (dove si valorizza il partenariato pubblico privato, rendendo i
contratti più solidi e aumentando la bancabilità), libri che erano oggetto di direttive autonome che sono state
recepite più puntualmente, superando un rinvio incerto alle norme sugli appalti.
Si è inteso dare un senso effettivo ad alcune parole chiave, spesso utilizzate in tema di contratti pubblici:
- la semplificazione, ottenuta aumentando la discrezionalità delle amministrazioni e rimuovendo il goldplating
ovunque possibile. Il rischio di fenomeni corruttivi è prevenuto da un più ampio ricorso a digitalizzazione,
trasparenza e qualificazione;
- l’accelerazione, intesa come massima velocizzazione delle procedure, ma non solo “sulla carta”, perché il
termine ridotto è stato individuato avendo sempre presente la sua effettiva “fattibilità”: assieme alla rapidità
occorre garantire anche certezza nei tempi di affidamento, esecuzione e pagamenti alle imprese;
- la digitalizzazione, completa, delle procedure e la interoperabilità delle piattaforme, secondo il principio
dell’once only, ossia dell’unicità dell’invio di dati, documenti e informazioni alle stazioni appaltanti;
- la tutela, dando piena attuazione alla delega a protezione dei lavoratori (tramite clausole sociali,
valorizzazione dei CCNL e lotta ai “contratti pirata”) e delle imprese (per esempio, in tema di rinegoziazione
e revisione prezzi, o di suddivisione in lotti).
Appare utile ricordare, come spesso fa la recente giurisprudenza consultiva del Consiglio di Stato, che la legge,
anche se riordinata e semplificata grazie a un codice, è un elemento necessario ma non sufficiente per una
riforma di successo, giacché tutte le riforme iniziano “dopo” la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e
si realizzano soltanto se le norme sono effettivamente attuate “in concreto”.
Emblematico in questa prospettiva è il caso dei contratti pubblici, per la cui reale riforma occorre avverare,
attraverso una intensa attività operativa, almeno tre condizioni essenziali “non legislative”, che costituiscono
peraltro l’oggetto di impegni in sede di PNRR: i) una adeguata formazione dei funzionari pubblici che saranno
chiamati ad applicare il nuovo codice; ii) una selettiva riqualificazione delle stazioni appaltanti; iii) l’effettiva
attuazione della digitalizzazione, consentendo, pur nel rispetto di tutte le regole di sicurezza, una piena
interoperabilità delle banche dati pubbliche.
Nel testo si innova, non a caso, anche sotto questo profilo, ponendo le basi normative sia per la digitalizzazione
che per la riqualificazione (in coerenza con il tavolo istituito dalla Presidenza del Consiglio e l’ANAC, secondo
gli obiettivi PNRR) e prevedendo, da un lato, la possibilità di procedure sperimentali e, dall’altro,
l’integrazione della Cabina di regia (già prevista dal codice vigente) con un help desk che accompagni le
amministrazioni durante il primo anno di vita del codice. Queste misure possono rivelarsi decisive per
l’effettivo funzionamento della riforma.
La Commissione speciale auspica dunque di aver posto le premesse giuridiche più chiare e stabili possibile
perché anche queste tre condizioni si realizzino e perché questa fondamentale riforma possa prendere avvio,
nel rispetto degli impegni del PNRR e a beneficio del sistema non solo giuridico ma soprattutto economico e
sociale del Paese.
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LIBRO I
DEI PRINCIPI, DELLA DIGITALIZZAZIONE, DELLA PROGRAMMAZIONE E DELLA
PROGETTAZIONE
PARTE I
DEI PRINCIPI
Titolo I – I principi generali
Il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 non contiene una parte iniziale dedicata ai principi generali.
Il suo Titolo I, intitolato “Principi generali”, si limita, in realtà, a delineare l’ambito di applicazione del codice
(art.1), le competenze legislative tra Stato e regioni (art. 2) e a introdurre un corposo elenco di definizioni (art.
3).
Segue, al Titolo II, la disciplina dei contratti esclusi in tutto o in parte dal campo di applicazione del codice (e
solo con riferimento a questi l’art. 4 fissa alcuni generalissimi principi, destinati, però, ad operare nei casi in
cui il codice non trova applicazione) e al Titolo III la disciplina della pianificazione, programmazione e
progettazione delle opere pubbliche. Il Titolo IV, pur letteralmente intitolato “Modalità di affidamento –
principi comuni”, contiene in realtà una normativa già dettagliata e operativa, che non ha la valenza generale
e orientativa che dovrebbe richiedersi ad un principio della materia, e questo vale anche per l’art. 29, dedicato
al “principio di trasparenza”.
Il ruolo dei principi nel codice dei contratti subisce, così, una compressione rilevante da parte delle norme
puntuali, che finiscono per erodere ambiti di discrezionalità alle amministrazioni pubbliche, indotte a
considerare tali principi come valori astratti a cui deve rispondere, in via solo tendenziale, la loro azione.
Il progetto di nuovo codice ha inteso, invece, dedicare una parte generale (la Parte I del Libro I) alla
codificazione dei principi che riguardano l’intera materia dei contratti pubblici.
Come è noto, infatti, rispetto alle altre fonti primarie la caratteristica di un codice è la sua tendenza a costituire
un “sistema” normativo (ciò vale anche per la nuova codificazione cd. “di settore”; espressione approfondita
dal parere dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato n. 2 del 2004). Nell’ambito di tale sistema, i principi
rendono intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso al codice rispetto alla frammentarietà
delle sue parti, e consentono al tempo stesso una migliore comprensione di queste, connettendole al tutto (cfr.
Cons. Stato, Ad. plen. 7 maggio 2013, n. 13).
I principi generali di un settore esprimono, infatti, valori e criteri di valutazione immanenti all'ordine giuridico,
che hanno una “memoria del tutto” che le singole e specifiche disposizioni non possono avere, pur essendo ad
esso riconducibili. I principi sono, inoltre, caratterizzati da una prevalenza di contenuto deontologico in
confronto con le singole norme, anche ricostruite nel loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di
valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione
genetica (“nomogenetica”) rispetto alle singole norme.
Il ricorso ai principi assolve, inoltre, a una funzione di completezza dell’ordinamento giuridico e di garanzia
della tutela di interessi che altrimenti non troverebbero adeguata sistemazione nelle singole disposizioni. Così,
ad esempio, il principio del risultato (art. 1) è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento
con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto, sia, insieme con quello della fiducia
nell’azione amministrativa (art. 2), come criterio interpretativo delle singole disposizioni. I principi di
solidarietà e sussidiarietà orizzontale (art. 6) perimetrano il campo di applicazione del codice consentendo, alle
condizioni stabilite, l’affidamento diretto di servizi sociali agli enti del terzo settore.
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È vero che, di recente, si è diffusa una certa insofferenza per l’uso inappropriato e ripetitivo dei principi
generali/generici, o di formule a cui si attribuisce la qualificazione di principi generali, paventandosi il rischio
che un eventuale “abuso dei principi” porti a un eccessivo potere interpretativo del giudice, che condurrebbe
a un basso livello di certezza del diritto e di prevedibilità delle soluzioni giudiziali dei conflitti. Si è riportata,
così, l’attenzione sulla distinzione tra principi generali e altri strumenti interpretativi con cui i principi generali
condividono il ruolo di “attrezzi del mestiere” del giurista-interprete.
Il progetto di nuovo codice, nella consapevolezza dei rischi che sono talvolta correlati a un uso inappropriato
dei principi generali (e in particolare alla frequente commistione tra principi e regole), ha inteso affidare alla
Parte I del Libro I il compito di codificare solo principi con funzione ordinante e nomofilattica.
In questa direzione, si è voluto dare un contenuto concreto e operativo a clausole generali altrimenti
eccessivamente elastiche (si veda ad esempio la specificazione del concetto di buona fede, anche ai fini delle
reciproche responsabilità della stazione appaltante e dell’aggiudicatario illegittimo), oppure utilizzare la
norma-principio per risolvere incertezze interpretative (ad esempio, i principi che delimitano il campo di
applicazione del codice, enucleando i rapporti tra appalti e contratti gratuiti da un lato e affidamenti di servizi
sociali agli enti del terzo settore dall’altro) o per recepire indirizzi giurisprudenziali ormai divenuti “diritto
vivente” (come ad esempio nel caso della norma sulla tassatività delle cause di esclusione e sul correlato regime
delle clausole escludenti atipiche).
Più in generale, attraverso la codificazione dei principi, il nuovo progetto mira a favorire una più ampia libertà
di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità
(amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato
incertezze, ritardi, inefficienze. Ciò in quanto la legge – soprattutto un codice – non può inseguire la disciplina
specifica di ogni aspetto della realtà, perché si troverà sempre in ritardo, ma deve invece fornire gli strumenti
e le regole generali e astratte per regolarla.
L’idea, quindi, è stata quella non tanto di richiamare i principi “generalissimi” dell’azione amministrativa (già
desumibili dalla Costituzione e dalla legge n. 241/1990), ma di fornire una più puntuale base normativa anche
a una serie di principi “precettivi”, dotati di immediata valenza operativa, che vanno in parte a soppiantare la
struttura normativa rigida, dettagliata, a volte contraddittoria, attraverso la quale detti principi hanno finora
trovato spazio angusto, nel tessuto normativo.
La codificazione dei principi mira a realizzare, fra gli altri, i seguenti obiettivi:
a) ribadire che la concorrenza è uno strumento il cui fine è realizzare al meglio l’obiettivo di un appalto
aggiudicato ed eseguito in funzione del preminente interesse della committenza (e della collettività) (cfr. art.
1, comma 2);
b) accentuare e incoraggiare lo spazio valutativo e i poteri di iniziativa delle stazioni appaltanti, per contrastare,
in un quadro di rinnovata fiducia verso l’azione dell’amministrazione, il fenomeno della cd. “burocrazia
difensiva”, che può generare ritardi o inefficienze nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti (cfr. art. 2,
comma 2).
Fondamentale, in questo rinnovato quadro normativo, è l’innovativa introduzione dei principi del risultato,
della fiducia e dell’accesso al mercato (la cui pregnanza è corroborata dalla stessa scelta sistematica di
collocarli all’inizio dell’articolato) i quali, oltre a cercare un cambio di passo rispetto al passato, vengono
espressamente richiamati come criteri di interpretazione delle altre norme del codice e sono ulteriormente
declinati in specifiche disposizioni di dettaglio (ad esempio, in tema di assicurazioni).
Più nel dettaglio, la codificazione dei principi si articola in due titoli distinti: il Titolo I, dedicato ai principi
generali veri e propri (risultato, fiducia, accesso al mercato, buona fede e tutela dell’affidamento, solidarietà e
sussidiarietà orizzontale, auto-organizzazione amministrativa, autonomia negoziale, conservazione
dell’equilibrio contrattuale, tassatività delle cause di esclusione, applicazione dei contratti collettivi di lavoro),
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e il Titolo II, che invece codifica principi comuni a tutti i Libri del codice in materia di campo di applicazione,
di responsabile unico dell’intervento e di fasi della procedura di affidamento.
Art. 1
Il comma 1 codifica il principio del risultato ed enuncia quindi l’interesse pubblico primario del codice, come
finalità principale che stazioni appaltanti ed enti concedenti devono sempre assumere nell’esercizio delle loro
attività: l’affidamento del contratto e la sua esecuzione con la massima tempestività e il miglior rapporto
possibile tra qualità e prezzo, sempre nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, che
vengono espressamente richiamati.
Il comma 2 enuncia il valore funzionale della concorrenza e della trasparenza, che sono tutelate non come
mero fine, ma, più correttamente, come mezzo in vista del raggiungimento del risultato.
La concorrenza, in particolare, è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire
i contratti. Si collega così il risultato, inteso come fine, alla concorrenza, intesa come metodo (sulla scorta di
quanto avviene per l’art. 97 Cost., in cui il buon andamento è legato all’imparzialità, al punto da essere stati
considerati per lungo tempo una vera e propria endiadi). Il nesso tra “risultato” e “concorrenza”, la seconda in
funzione del primo, è già rafforzato dalla dizione del comma 1, dove si specifica che non si persegue “un
risultato purché sia”, ma un risultato “virtuoso”, che accresca la qualità, diminuisca i costi, aumenti la
produttività, etc. Una diversa impostazione (secondo cui la P.A. non cura più l’interesse pubblico, perché il
suo obiettivo diventa la gara) sarebbe, oltre che irragionevole, ancor più difficile da sostenere in un contesto
economico-sociale che, nel quadro di un drammatico conflitto bellico, oggi richiede una nuova leva economica,
da realizzare anche (e soprattutto) nel settore delle commesse pubbliche.
La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del
codice e ne assicura la piena verificabilità. Il riferimento espresso alla “verificabilità” evoca il concetto di
accountability, inteso come responsabilità per i risultati conseguiti. In quest’ottica, la logica del risultato,
attraverso la definizione degli obiettivi e il controllo trasparente sull’attività amministrativa, costituisce un
mezzo per assicurare l’accountability, in un’ottica di crescente efficienza e responsabilizzazione delle
amministrazioni pubbliche.
La disciplina introdotta è in linea con il diritto U.E. e con la Costituzione.
La CGUE, sempre attenta agli aspetti sostanziali del singolo caso, non ha mai dato seguito ad approcci
meramente formalistici, ispirati al solo rispetto della legalità o a una tutela fideistica della concorrenza. Basti
pensare al ripetuto rifiuto di ogni automatismo e alla continua valorizzazione dei poteri discrezionali della
stazione appaltante, specie in merito all’affidabilità degli operatori economici.
Si pensi, ancora, al rapporto tra in house e mercato, rispetto al quale la Corte di giustizia ha tante volte ribadito
(pur salvando la disciplina italiana sui limiti all’in house) che il diritto UE non impone il mercato, ma solo il
rispetto della concorrenza se si sceglie di andare sul mercato. Il che significa che se un “risultato” può essere
realizzato meglio in "autoproduzione”, la P.A. lo può (e forse lo deve) fare, perché il suo compito è curare gli
interessi della collettività, che non necessariamente coincide con la sollecitazione proconcorrenziale degli
interessi economici delle imprese a competere per avere un contratto.
Significativa è anche la posizione assunta dalla nostra Corte costituzionale nella sentenza n. 131/2020, sui
rapporti tra tutela della concorrenza, da un lato, e solidarietà/sussidiarietà orizzontale dall’altro, dove si afferma
che la concorrenza non è un fine, ma uno strumento, che può essere “sacrificato” se ci sono interessi superiori
da realizzare. La “demitizzazione” della concorrenza come fine da perseguire ad ogni costo è alla base, inoltre,
anche della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 177 del vigente codice appalti (sentenza n. 218/2021,
che pure chiarisce che il perseguimento della tutela della concorrenza incontra pur sempre il limite della
ragionevolezza e della necessaria considerazione di tutti gli interessi coinvolti).
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L’idea che l’Amministrazione in materia di appalti debba perseguire solo la concorrenza rischia, allora, di
contrastare con il più generale principio di buon andamento, di cui il “principio del risultato” rappresenta una
derivazione “evoluta”, sulle orme di studi di autorevolissima dottrina, che ormai da decenni auspica e teorizza
“l’amministrazione del risultato”. Il risultato si inquadra nel contesto della legalità e della concorrenza: ma
tramite la sua codificazione si vuole ribadire che legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo
rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività. Questa
“propensione” verso il risultato è caratteristica di ogni azione amministrativa, perché ogni potere
amministrativo presuppone un interesse pubblico da realizzare.
Il comma 3, recependo gli approdi di numerosi studi sulla c.d. amministrazione del risultato, chiarisce che il
principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento
e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità ed è perseguito nell’interesse della comunità e
per il raggiungimento degli obiettivi dell’U.E.
Il comma 4 prevede che il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere
discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto. Si tratta, quindi, di un principio-guida nella
ricerca della soluzione del caso concreto, al fine di sciogliere la complessità, spesso inevitabile, che deriva
dall’intreccio di principi, norme di diritto dell’Unione europea, norme di legge ordinaria, atti di regolazione e
indirizzi della giurisprudenza.
La previsione finale del comma 4, alla lettera a) in coerenza con il principio della fiducia declinato nell’art.
2, valorizza il raggiungimento del risultato come elemento da valutare, in sede di responsabilità
(amministrativa e disciplinare), a favore del personale impiegato nei delicati compiti che vengono in rilievo
nella “vita” del contratto pubblico, dalla programmazione fino alla sua completa esecuzione. Lo scopo è quello
di contrastare, anche attraverso tale previsione, ogni forma di burocrazia difensiva: in quest’ottica si “premia”
il funzionario che raggiunge il risultato attenuando il peso di eventuali errori potenzialmente forieri di
responsabilità.
La lettera b) del comma 4 specifica, nella stessa ottica, che il risultato rappresenta anche criterio per
l’attribuzione e la ripartizione degli incentivi economici, rimandano alla naturale sede della contrattazione
collettiva per la concreta individuazione delle modalità operative.
Art. 2
L’art. 2 codifica l’innovativo principio della fiducia nell’azione legittima trasparente e corretta delle pubbliche
amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici. Si tratta di una segno di svolta rispetto alla
logica fondata sulla sfiducia (se non sul “sospetto”) per l’azione dei pubblici funzionari, che si è sviluppata
negli ultimi anni, anche attraverso la stratificazione di interventi normativi non sempre coordinati tra loro, e
che si è caratterizzata da un lato per una normazione di estremo dettaglio, che mortificava l’esercizio della
discrezionalità, dall’altro per il crescente rischio di avvio automatico di procedure di accertamento di
responsabilità amministrative, civili, contabili e penali che potevano alla fine rivelarsi prive di effettivo
fondamento.
Ciò ha generato una forma di “burocrazia difensiva”, spesso descritta evocando l’efficace immagine del
dipendente che ha “paura di firmare”, a causa della quale i funzionari, frenati dal timore delle possibili
conseguenze del loro agire, preferiscono astenersi dal farlo, con inevitabile pregiudizio dell’efficienza e, più
in generale, del buon andamento dell’azione amministrativa, scaricando sul legislatore o sul giudice la
soluzione di problemi che spetterebbe invece alla p.a. affrontare e risolvere (si è parlato efficacemente anche
di tendenza ad “amministrare per legge” e “amministrare per sentenza”). Come ha ben evidenziato anche la
Corte costituzionale con la sentenza n. 8 del 2022, “paura della firma” e “burocrazia difensiva”, rappresentano
fonte di inefficienza e immobilismo e, quindi, un ostacolo al rilancio economico, che richiede, al contrario,
una pubblica amministrazione dinamica ed efficiente.
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In questa prospettiva, il nuovo codice vuole dare, sin dalle sue disposizioni di principio, il segnale di un
cambiamento profondo, che – fermo restando ovviamente il perseguimento convinto di ogni forma di
irregolarità – miri a valorizzare lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici,
introducendo una “rete di protezione” rispetto all’alto rischio che accompagna il loro operato.
Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. Da un lato, invero, la disposizione precisa
che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare. Molti
istituti del codice, anche di derivazione europea (dal soccorso istruttorio al c.d. self-cleaning) presuppongono,
d’altronde, la fiducia dell’ordinamento giuridico anche verso i soggetti privati che si relazionano con la
pubblica amministrazione. Dall’altro lato, la fiducia è legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza,
rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione legittimità dell’azione
amministrativa.
Non si tratta, allora, di “regalare la fiducia” a funzionari che non la meritano, né tanto meno di incidere
sull’intensità del sindacato giurisdizionale. Si tratta, al contrario, di dettare una regola chiara: ogni stazione
appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo
sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture)
nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Il raggiungimento di questo risultato implica il
superamento di ogni forma di inerzia e l’esercizio effettivo della discrezionalità di cui la P.A. dispone. Ciò
presuppone la fiducia dell’ordinamento giuridico sulle scelte compiute dalla P.A., alla quale, in assenza di
detta fiducia, non si attribuirebbe il potere. Ogni conferimento di potere (specie se di natura discrezionale)
presuppone, infatti, la fiducia dell’ordinamento giuridico verso l’organo destinatario dell’attribuzione:
esplicitare a livello normativo questo presupposto culturale e giuridico promuove il senso di appartenenza
dell’Amministrazione allo Stato-comunità, scongiura l’inerzia, valorizza le capacità e orienta verso il rispetto
della legalità sostanziale.
Il comma 2, nell’enunciare il principio, lo collega al principio del risultato: la fiducia che viene riconosciuta
ai pubblici funzionari non è incondizionata, ma costituisce una sorta di contropartita di ciò che l’ordinamento
si aspetta dall’azione amministrativa, ossia la realizzazione del risultato declinato dall’art. 1. La norma
chiarisce che il principio della fiducia implica un ampliamento dei poteri valutativi e della discrezionalità della
P.A.
La valorizzazione dei poteri discrezionali del funzionario pubblico è, inoltre, in linea, nell’ottica del
superamento della c.d. “paura della firma”, con la nuova formulazione dell’art. 323 c.p. (ad opera del d.l. n. 76
del 2020), che ai fini dell’integrazione del reato di abuso d’ufficio richiede che l’atto sia adottato “in violazione
di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali
non residuano margini di discrezionalità”. La norma ora introdotta, alla luce del nuovo testo dell’art. 323 c.p.,
segna, quindi, il definitivo superamento di quell’orientamento giurisprudenziale che, attraverso la
valorizzazione dei principi generali di buon andamento e imparzialità, aveva in passato ricondotto nel campo
di applicazione dell’abuso d’ufficio anche l’eccesso di potere, con conseguente sindacato da parte del giudice
penale delle scelte discrezionali del pubblico ufficiale.
Il comma 3 contiene una perimetrazione del concetto di colpa grave rilevante ai fini della responsabilità
amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti. La norma risulta necessaria in
quanto in passato il labile confine tra colpa grave e colpa lieve ha generato incertezze interpretative,
contribuendo a quella forma di burocrazia difensiva che il principio della fiducia si propone di superare. Per
questo, in coerenza con l’obiettivo, sotteso al principio della fiducia di valorizzare la discrezionalità del
dipendente pubblico, la norma in esame ricollega la colpa grave esclusivamente alla violazione delle norme
di diritto, degli auto-vincoli, nonché alla palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza, con la
precisazione, tuttavia, che non costituisce mai colpa grave la violazione o l’omissione che sia stata determinata
dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti. Si evidenzia che la
disposizione in esame codifica il diritto vivente formatosi nell’ambito delle sezioni giurisdizionali della Corte
dei conti.
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Il comma 4, al fine di promuovere la fiducia nell’azione legittimità, trasparente e corretta
dell’amministrazione, prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura
assicurativa dei rischi per il personale, nonché per qualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare
valore alle capacità professionali dei dipendenti.
Art. 3
L’art. 3 introduce il principio dell’accesso al mercato che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono
garantire agli operatori economici, secondo le modalità indicate dal codice e attraverso il rispetto dei principi
generali dell'azione amministrativa, che deve essere improntata alla correttezza, all’imparzialità e alla non
discriminazione, alla pubblicità e alla trasparenza, nonché alla proporzionalità.
Il principio in questione risponde all’esigenza di garantire la conservazione e l'implementazione di un mercato
concorrenziale, idoneo ad assicurare agli operatori economici pari opportunità di partecipazione e, quindi, di
accesso alle procedure ad evidenza pubblica destinate all’affidamento di contratti pubblici.
Il principio dell’accesso al mercato rappresenta a sua volta un risultato che le stazioni appaltanti e gli enti
concedenti devono perseguire attraverso la funzionalizzazione dei principi più generali richiamati.
Più in particolare, la correttezza si ricollega al principio di tutela dell’affidamento che viene poi esplicitato dal
successivo articolo 5 e si sostanzia nell’esigenza che le stazioni appaltanti, gli enti coincidenti e gli operatori
economici si comportino in maniera reciprocamente leale nell’ambito della procedura di evidenza pubblica.
L’imparzialità e la non discriminazione, che per la loro stretta complementarità sono richiamate “in coppia”,
quasi come si trattasse di un’endiadi, hanno un diretto fondamento nell’art. 97 Cost. e nei principi europei in
materia di tutela della concorrenza e libera circolazione e rappresentano principi che, calati nella fase di
affidamento dei contratti pubblici, impongono alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di assicurare la
parità di trattamento fra gli operatori economici, contribuendo anch’essi al conseguimento del miglior risultato
possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti pubblici.
La pubblicità e la trasparenza, a loro volta richiamati “in coppia” per segnalarne la complementarietà,
impongono alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di rendere quanto più visibile e controllabile
dall'esterno il proprio operato con lo scopo sia di permettere una valutazione sulla legalità dell'azione
amministrativa sia di incentivare la partecipazione degli operatori economici alle procedure di evidenza
pubblica.
La proporzionalità, in generale, richiede alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di adottare, nell’esercizio
del loro potere discrezionale, la soluzione più congrua che comporti il minor sacrificio possibile di tutti gli
interessi, pubblici e privati, coinvolti.
In particolare, il principio di proporzionalità nella fase di accesso al mercato obbliga le stazioni appaltanti e gli
enti concedenti a predisporre la documentazione di gara in modo tale da permettere la maggiore partecipazione
possibile tra gli operatori economici, soprattutto di piccole e media dimensione (v. considerando 3 direttiva n.
24/2014/UE).
Art. 4
L’articolo si collega ai primi tre principi e stabilisce un chiaro criterio interpretativo e applicativo, in forza del
quale al quale, appunto, le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi della fiducia,
del risultato e dell’accesso al mercato.
La disposizione in esame evidenzia la natura fondante dei primi tre principi, che devono essere utilizzati per
sciogliere le questioni interpretative che le singole disposizioni del codice possono sollevare. Nel dubbio,
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quindi, la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato
amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori
economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici.
Art. 5
Il comma 1, in linea con la giurisprudenza sia dell’Adunanza Plenaria che delle Sezioni Unite, e con il modello
generale stabilito dalla legge n. 241 del 1990 (art. 1, comma 2-bis), introduce una norma specifica sull’obbligo
reciproco di correttezza (per p.a. e operatore economico) che a maggior ragione si giustifica nell’ambito delle
procedure di evidenza pubblica, le quali hanno una chiara valenza pre-contrattuale.
Il comma 2 recepisce i principi sulla tutela dell’affidamento incolpevole (anche con riferimento al danno da
provvedimento favorevole poi annullato) enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le
sentenze n. 5 del 2018 e nn. 19 e 20 del 2021. In linea con tale giurisprudenza, il senso della norma è quello di
evidenziare che l’affidamento rappresenta un limite al potere amministrativo che può venire in considerazione
sia in materia di diritti soggettivi che di interessi legittimi ed inerire, pertanto, anche ai rapporti connotati da
un collegamento con l’esercizio del potere.
Pur non intervenendo sul riparto della giurisdizione (che non rientra nell’oggetto della legge-delega), la norma
si basa, comunque, sul presupposto secondo cui la lesione dell’affidamento che viene in rilievo nell’ambito
del procedimento di gara, anche quando realizzato attraverso comportamenti, presenta un collegamento forte
con l’esercizio del potere e, pertanto, anche quando il privato lamenta la lesione della propria libertà di
autodeterminazione negoziale, la relativa controversia risarcitoria non può che rientrare nella giurisdizione
amministrativa, specie in considerazione del fatto che, nella materia degli appalti pubblici, il giudice
amministrativo gode di giurisdizione esclusiva (art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a.), che si estende, oltre
che ai comportamenti amministrativi (in base alla previsione generale contenuta nell’art. 7 c.p.a.), anche alle
“controversie risarcitorie”. Sotto tale profilo, l’espressa menzione delle “controversie risarcitorie” nel testo
dell’art. 133, c. 1, lett. e) n. 1 – in un contesto ordinamentale in cui la tutela risarcitoria dell’interesse legittimo
non richiede previsioni di giurisdizione esclusiva (cfr. Corte cost. n. 204 del 2004) – non può che leggersi
come volontà del legislatore di includere nella giurisdizione esclusiva in materia di appalti proprio le
controversie di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, a cui fa riferimento la norma in
commento. Sarebbe, tuttavia, opportuno che le incertezze in punto di giurisdizione (come chiaramente
emergente dal conflitto interpretativo delineatosi fra Sezioni Unite della Corte di Cassazione e Adunanza
plenaria del Consiglio di Stato) vengano risolte con una norma ad hoc, che espliciti che, almeno in materia di
procedure di evidenza pubblica e in tutti gli altri casi di giurisdizione esclusiva, quest’ultima include anche il
danno da lesione dell’affidamento, laddove esso matura in un contesto procedimentale e il comportamento
“scorretto” imputato all’amministrazione presenta collegamenti, anche indiretti o mediati con l’esercizio del
potere.
Il comma 3 disciplina le “condizioni” di risarcibilità del danno da provvedimento favorevole poi annullato. La
norma, nell’escludere il carattere incolpevole dell’affidamento in caso di illegittimità agevolmente rilevabile
in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti, recepisce nella sostanza i principi espressi
dall’Adunanza plenaria n. 20 del 2021, in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 1, della leggedelega, che prevede l’adeguamento della disciplina vigente “ai principi espressi dalla giurisprudenza … delle
giurisdizioni superiori, interne ed internazionali”.
Si precisa, infine, che il danno risarcibile è quello correlato alle conseguenze negative che la scorrettezza della
p.a. ha avuto sulle scelte contrattuali dell’operatore economico. Sul piano del quantum, il riferimento è quindi
al c.d. interesse negativo, ossia secondo gli insegnamenti tradizionali che si ricavano dalla giurisprudenza in
materia di responsabilità precontrattuale, ai costi inutilmente sostenuti per partecipare alla gara e alla c.d.
chance contrattuale alternativa. Tali danni devono essere effettivi e provati.
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Il comma 4, riprendendo alcuni spunti già delineati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la
sentenza n. 2 del 2017 (in materia di ottemperanza per equivalente in caso di impossibilità di ottenere in forma
specifica l’aggiudicazione di un appalto), dà un fondamento normativo all’azione di rivalsa da parte
dell’amministrazione (condannata al risarcimento del danno a favore del terzo illegittimamente pretermesso
nella procedura di gara) nei confronti dell’operatore economico che sia risultato aggiudicatario sulla base di
una (sua) condotta illecita. La norma, oltre a coordinarsi con la coeva modifica dell’art. 124 c.p.a. (dove
appunto si disciplina sotto il profilo processuale l’azione di rivalsa dell’amministrazione contro
l’aggiudicatario originario), trova giustificazione anche in criteri di giustizia sostanziale, specie se si considera
che in materia di appalti la responsabilità della p.a. è oggettiva e, talvolta, prescinde anche dall’originaria
adozione di un provvedimento illegittimo: si veda il caso esaminato dalla citata sentenza dell’Ad. plen. 2 del
2017, in cui l’aggiudicazione poi rivelatasi illegittima era stata disposta in esecuzione di una sentenza di primo
grado poi riformata in appello, in accoglimento del ricorso dell’originario (legittimo) aggiudicatario. Da qui la
necessità – specie in un contesto ordinamentale che vede ridurre i casi di tutela specifica mediante subentro a
favore della tutela per equivalente – di esplicitare un rimedio (l’azione di rivalsa appunto) che consenta di
ritrasferire almeno in parte il danno risarcito dall’amministrazione sull’aggiudicatario illegittimo che, del resto,
in assenza di meccanismo di rivalsa, beneficerebbe di un arricchimento ingiusto.
Art. 6
L’articolo recepisce la sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale, che ha sancito la coesistenza di due
modelli organizzativi alternativi per l’affidamento dei servizi sociali, l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro
sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale. Il secondo tipo di affidamenti (diretti) riguarda in particolare
i servizi sociali di interesse generale erogati dagli enti del Terzo settore (ETS) e non rappresenta una deroga,
da interpretare restrittivamente, al modello generale basato sulla concorrenza, bensì uno schema a sua volta
generale da coordinare con il primo.
Il fondamento costituzionale di un tale modello si rinviene nell’art. 118, comma 4 Cost., in quanto esso
costituisce attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale coinvolgendo la società civile nello svolgimento
di funzioni amministrative, e nell’art. 2 Cost., configurando altresì uno strumento di attuazione dei doveri di
solidarietà sociale necessari a realizzare il principio personalista su cui si fonda la nostra Costituzione. Occorre
pertanto consentire un bilanciamento tra concorrenza e sussidiarietà orizzontale, superando la tendenza ad
assicurare la prevalenza assoluta della prima sugli altri valori parimenti protetti dalla Costituzione (cfr. Corte
cost. n. 218/2021, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’obbligo di esternalizzazione degli affidamenti
gravante sui concessionari).
Il modello proposto intende apportare benefici alla collettività in termini di efficacia, efficienza e qualità dei
servizi, promuovendo la capacità di intervento dei privati, spesso più rapida di quella delle amministrazioni.
A tal fine si prevede che gli enti affidatari dei servizi debbano essere scelti nel rispetto dei principi di non
discriminazione, trasparenza ed effettività (e sempre in base al principio del risultato). In tal modo, si
attribuisce portata generale a quanto già previsto dagli artt. 55 e 57 del codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117
del 2017), chiarendo il rapporto di non conflittualità tra le norme considerate e il Codice dei contratti pubblici.
Si supera così il parere n. 2052 del 20 agosto 2018 con cui il Consiglio di Stato aveva dubitato della
compatibilità con il diritto eurounitario delle modalità di affidamento dei servizi sociali previste dal codice del
Terzo settore, affermando che “in considerazione della primazia del diritto euro unitario la disciplina recata
dal Codice dei contratti pubblici prevale in ogni caso sulle differenti previsioni del codice del terzo settore,
ove queste non possano in alcun modo essere interpretate in conformità al diritto euro – unitario: troverà, in
tali casi, applicazione il meccanismo della disapplicazione normativa, costituente un dovere sia per il Giudice
sia per le Amministrazioni”. Il superamento del rapporto di conflittualità tra il codice del Terzo settore e il
codice dei contratti pubblici è già stato messo in evidenza dal parere n. 802 del 3 maggio 2022 del Consiglio
di Stato, secondo cui “La Sezione osserva che sia in sede legislativa che in sede di interpretazione
giurisprudenziale emerge chiaramente una linea evolutiva della disciplina degli affidamenti dei servizi sociali
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che, rispetto a una fase iniziale di forte attrazione nel sistema della concorrenza e del mercato, sembra ormai
chiaramente orientata nella direzione del riconoscimento di ampi spazi di sottrazione a quell’ambito di
disciplina”.
La norma recepisce anche la normativa comunitaria (Considerando 28, 117 e 118 della direttiva 2014/24; art.
10, lettera h), della stessa direttiva, intitolato «Esclusioni specifiche per gli appalti di servizi»; art. 77 della
direttiva citata, intitolato «Appalti riservati per determinati servizi»), e la recente giurisprudenza europea,
secondo cui:
-
“L’articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato
nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che servizi di trasporto sanitario
di urgenza ed emergenza possano essere attribuiti mediante convenzione, in via prioritaria, soltanto
a organizzazioni di volontariato e non a cooperative sociali che possono distribuire ai soci ristorni
correlati alle loro attività” (Corte di giustizia dell’Unione Europea, sezione VIII, sentenza 7 luglio
2022, cause riunite C 213/21 e C 214/21, Italy Emergenza Cooperativa Sociale contro Azienda
Sanitaria Locale Barletta-Andria-Trani);
-
“L’articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato
nel senso che rientrano nella deroga da esso prevista all’applicazione delle norme di aggiudicazione
degli appalti pubblici l’assistenza prestata a pazienti in situazione di emergenza in un veicolo di
soccorso da parte di un paramedico/soccorritore sanitario, di cui al codice CPV [Common
Procurement Vocabulary (vocabolario comune per gli appalti pubblici)] 75252000-7 (servizi di
salvataggio), nonché il trasporto in ambulanza qualificato, comprendente, oltre al servizio di
trasporto, l’assistenza prestata a pazienti in un’ambulanza da parte di un soccorritore sanitario
coadiuvato da un aiuto soccorritore, di cui al codice CPV 85143000-3 (servizi di ambulanza), a
condizione, con riferimento a detto trasporto in ambulanza qualificato, che esso sia effettivamente
assicurato da personale debitamente formato in materia di pronto soccorso e che riguardi un paziente
per il quale esiste un rischio di peggioramento dello stato di salute durante tale trasporto” (Corte di
giust. U.E., sez. III, sent. 21 marzo 2019, C-465/17. Pres. Vilaras, Est. Šváby, Avv. gen. Campos
Sánchez-Bordona – Falck Rettungsdienste GmbH, Falck A/S c. Stadt Solingen);
-
“1) Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una
normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che consente alle autorità locali
di attribuire la fornitura di servizi di trasporto sanitario mediante affidamento diretto, in assenza di
qualsiasi forma di pubblicità, ad associazioni di volontariato, purché il contesto normativo e
convenzionale in cui si svolge l’attività delle associazioni in parola contribuisca effettivamente a una
finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio. 2) Qualora
uno Stato membro consenta alle autorità pubbliche di ricorrere direttamente ad associazioni di
volontariato per lo svolgimento di determinati compiti, un’autorità pubblica che intenda stipulare
convenzioni con associazioni siffatte non è tenuta, ai sensi del diritto dell’Unione, a una previa
comparazione delle proposte di varie associazioni. 3) Qualora uno Stato membro, che consente alle
autorità pubbliche di ricorrere direttamente ad associazioni di volontariato per lo svolgimento di
determinati compiti, autorizzi dette associazioni a esercitare determinate attività commerciali, spetta
a tale Stato membro fissare i limiti entro i quali le suddette attività possono essere svolte. Detti limiti
devono tuttavia garantire che le menzionate attività commerciali siano marginali rispetto all’insieme
delle attività di tali associazioni, e siano di sostegno al perseguimento dell’attività di volontariato di
queste ultime” (Corte di giustizia dell’Unione europea, quinta sezione, sentenza 28 gennaio 2016, in
causa C-50/14, Consorzio Artigiano Servizio Taxi e Autonoleggio (CASTA) e altri contro Azienda
sanitaria locale di Ciriè, Chivasso e Ivrea (ASL TO4), Regione Piemonte).
Già l’art. 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, intitolato “Esclusioni specifiche per contratti di
appalto e concessione di servizi”, al comma 1 stabilisce: “Le disposizioni del presente codice non si applicano
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agli appalti e alle concessioni di servizi: (...) h) concernenti servizi di difesa civile, di protezione civile e di
prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i
codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110-4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8,
98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza…”.
In merito alla nozione di enti del Terzo settore, l’art. 4 del d. lgs. n. 117 del 2017 definisce questi ultimi come
“le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese
sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni,
riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti
per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo
svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione
volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni
o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.
Anche la Corte di Giustizia (Corte di giustizia dell’Unione Europea, sezione VIII, sentenza 7 luglio 2022,
cause riunite C 213/21 e C 214/21, Italy Emergenza Cooperativa Sociale contro Azienda Sanitaria Locale
Barletta-Andria-Trani) ha precisato che la nozione di organizzazioni o di associazioni “senza scopo di lucro”
che possono beneficiare di affidamenti diretti, ai sensi dell’art. 10, lettera h), della direttiva 2014/24, deve
essere strettamente circoscritta alle organizzazioni e alle associazioni che non perseguono alcun fine di lucro
e che non possono procurare alcun utile, neppure indiretto, ai loro membri, non rientrando pertanto in siffatta
nozione le cooperative sociali che, distribuendo utili ai soci, non possono definirsi “senza scopo di lucro”.
Deve in particolare trattarsi di organizzazioni o associazioni che abbiano l’obiettivo di svolgere funzioni
sociali, che non abbiano finalità commerciali e che reinvestano eventuali utili al fine di raggiungere i loro
obiettivi (Corte di giustizia dell’Unione Europea, sentenza 21 marzo 2019, C-465/17, punto 59).
Il modello in questione è coerente, infine, con il modello del partenariato pubblico – pubblico di cui al vigente
art. 5, comma 6 del Codice dei contratti pubblici, che sarà sostituito dal proposto art. 6 del Codice, fondato
sulla collaborazione tra amministrazioni per la realizzazione di attività di interesse comune in mancanza di un
rapporto sinallagmatico che preveda uno scambio di prestazioni. La co-amministrazione pubblico-privato
proposta non si basa infatti sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata,
ma sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e
la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e
protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico (secondo
le indicazioni della Corte costituzionale, sent. 131/2020).
Art. 7
L’articolo 7 recepisce il principio di auto-organizzazione amministrativa, sancito anche nell’art. 2 direttiva
2014/23/UE, in base al quale le pubbliche amministrazioni scelgono autonomamente di organizzare
l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso il ricorso a tre modelli fra loro alternativi: a)
auto-produzione, b) esternalizzazione; c) cooperazione con altre pubbliche amministrazioni.
La codificazione del principio in esame determina un maggiore allineamento del diritto nazionale
all’ordinamento dell’Unione, che pone l’autoproduzione e l’esternalizzazione su un piano di tendenziale parità,
così superando l’opzione fortemente restrittiva del d.lgs. n.50/2016, sulla quale si erano appuntati i dubbi di
compatibilità comunitaria di cui all’ordinanza n. 138 del 7 gennaio 2019 della Quinta Sezione del Consiglio
di Stato, poi risolti, in senso negativo, da Corte di Giustizia ord. 6 febbraio 2020, in cause riunite da C‑89/19
a C‑91/19, Rieco S.p.a.
La disposizione è in linea con quanto previsto in altri Stati membri dell’U.E. Ad esempio, nell’ordinamento
francese, l’art. 1 del Code della commande publique sancisce: “Les acheteurs et les autorités concédantes
choisissent librement, pour répondre à leurs besoins, d'utiliser leurs propres moyens ou d'avoir recours à un
contrat de la commande publique”.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
La disposizione si ricollega ai principi della fiducia e del risultato, che orienta la scelta dell’Amministrazione
anche nella scelta tra mercato e autoproduzione, così recuperando, in coerenza anche con alcune indicazioni
che provengono dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenza n. 131/2020) l’ “amministrazione del fare”,
per troppo tempo sacrificata in base a visioni nazionali prive di fondamento unionale, a favore di
un’amministrazione che si limita, con l’obbligo di esternalizzazione, a “far fare agli altri”.
Va evidenziato che in base alla normativa introdotta, la parità tra ricorso al mercato e auto-produzione è solo
tendenziale in quanto la scelta per l’affidamento in house deve essere sempre motivata (a differenza di quanto
accade per il ricorso al mercato, che non richiede specifica motivazione). In coerenza con il principio della
fiducia di cui all’art. 2, si è però semplificata la motivazione attraverso la previsione secondo cui, in caso di
prestazioni strumentali, l’affidamento in house si intende sufficientemente motivato qualora l’amministrazione
dia conto dei vantaggi in termini di economicità, celerità e perseguimento degli interessi strategici. In via
generale, viene escluso l’obbligo di dimostrare la situazione di “fallimento del mercato” e di esporre le ragioni
che giustificano il ricorso all’istituto, mentre rimane la valutazione della congruità economica dell’offerta.
Nell’ottica del superamento dell’atteggiamento fortemente restrittivo nei confronti dell’in house, si spiega
anche la scelta di non riproporre il particolare procedimento di iscrizione nel registro ANAC, previsto dall’art.
192 del d. lgs. n. 50/2016.
Ed invero, sebbene l’iscrizione nel registro ANAC abbia formalmente una funzione dichiarativa, non vi è
dubbio che, come chiarito dal Consiglio di Stato con il parere n. 282 del 2017, il procedimento nel suo
complesso abbia comunque una natura “ibrida”, presentando diversi ed evidenti profili di autoritatività. Ciò in
quanto, il diniego di iscrizione eventualmente adottato dall’ANAC ha effetti costitutivi (nel citato parere viene
espressamente qualificato come provvedimento amministrativo impugnabile innanzi al giudice
amministrativo), il che, alla fine, equipara il meccanismo in esame ad una procedura di segnalazione, nel quale
la domanda di iscrizione svolge funzioni analoga alla presentazione di una s.c.i.a.
L’idea sottesa all’art. 192 d. lgs. n. 50/2016 è, quindi, quella che l’in house abbia comunque bisogno di un
titolo abilitativo, la cui formazione è “controllata” dall’ANAC, e questo appare sproporzionato rispetto alle
funzioni di vigilanza e alle esigenze di trasparenza degli affidamenti (queste ultime già assicurate dagli obblighi
di pubblicazione).
Il comma 1 perimetra il campo di applicazione del principio di auto-organizzazione e fa riferimento non solo
ai lavori e ai servizi ma anche ai beni, in modo da coprire l’intero panorama dei contratti pubblici e superare
alcuni dubbi interpretativi suscitati dalla limitazione ai soli servizi della formulazione dell’art. 192 comma 2
del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il comma 2 disciplina la motivazione per il ricorso all’in house, chiarendo, al primo periodo, che il ricorso a
tale modello gestionale è accomunato all’affidamento mediante il ricorso al mercato dall’applicazione dei
medesimi principi indicati agli artt. 1, 2 e 3 (principio del risultato, principio della fiducia, principio
dell’accesso al mercato).
Il secondo e terzo periodo del comma 2 rispettivamente prevedono:
- una semplificazione della motivazione rispetto all’art. 192 comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, tenuto conto che
il principio di libera amministrazione determina il superamento dell’onere di motivazione rafforzata, fondato
sulla natura eccezionale e derogatoria dell’in house;
- una motivazione ancorata più a ragioni economiche e sociali (le ricadute positive sul piano sociale rientrano
tra le esternalità da valutare ai fini della scelta del modello gestionale) che a ragioni giuridico-formali.
Più nel dettaglio, sono previsti due livelli di complessità della motivazione, a seconda dell’oggetto del
contratto:
i) per i servizi all’utenza è necessario che vengano evidenziati i vantaggi per la collettività sotto il profilo della
qualità e universalità del servizio, oltre che del risparmio di tempo e del razionale impiego (in un’ottica non
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solo di minore spesa ma di spesa efficiente) delle risorse. Si tratta di obiettivi che devono comunque essere
perseguiti qualunque sia la forma di gestione prescelta (art. 2 direttiva 2014/23). Analogo modello è previsto
anche tra i criteri di delega della legge sulla concorrenza 5 agosto 2022 n. 118 (art. 8, comma 2, lett g) );
ii) per i servizi strumentali alla pubblica amministrazione è sufficiente una motivazione più snella con
riferimento alla riduzione di tempi e costi sulla base di parametri predeterminati e oggettivi di raffronto, sul
modello dell’art. 10 d.l. 31 maggio 2021 n. 77 relativo alle convenzioni aventi ad oggetto il supporto tecnico
operativo delle società in house. Ai fini della legittimità dell’affidamento in house occorrerà, quindi, una
motivazione incentrata prevalentemente su ragioni di convenienza economica, anche con riferimento a
parametri oggettivi e predeterminati di rapporto qualità/prezzo. Più nello specifico, in linea con quanto previsto
dal d.l. n. 77 del 2021, si è fatto riferimento agli standard della società Consip S.p.a.. Si ricorda, a tal proposito,
che Consip è una società per azioni, partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che
opera – secondo gli indirizzi strategici definiti dall’azionista – al servizio esclusivo della pubblica
amministrazione, intervenendo con strumenti e metodologie per la digitalizzazione degli acquisti pubblici.
Essa trova il suo fondamento normativo, anche nella funzione di benchmark svolta dalle convenzioni quadro
dalla stessa stipulate, nell’art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
Accanto agli standard Consip sono indicati altri parametri a cui è possibile fare riferimento tenuto conto della
tipologia di prestazione e, in mancanza, agli standard di mercato: si tratta di parametri accomunati dalla
predeterminazione e dell’oggettività.
Il comma 3 contiene un coordinamento con il decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 8 della
legge 5 agosto 2022, n. 118, cui è demandata la disciplina dell’affidamento in house dei servizi di interesse
economico generale di livello locale.
Il comma 4 disciplina gli accordi tra pubbliche amministrazioni per lo svolgimento in comune di compiti di
interesse pubblico. La disposizione contiene una riformulazione semplificata della previsione attualmente
contenuta dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. 50 del 2016, rispetto al quale tiene conto dell’elaborazione
giurisprudenziale nazionale e sovranazionale, che ha subordinato la cooperazione tra amministrazioni tramite
accordi (che possono essere conclusi senza gara) alle condizioni indicate nel nuovo articolato. In particolare,
la giurisprudenza ha chiarito che le amministrazioni che partecipano all’accordo possono avere competenze
diverse e perseguire finalità pubbliche diverse, purché la reciproca collaborazione consenta a ciascuna di
realizzare il proprio obiettivo. Elemento determinante è l’assenza di una logica di scambio, che in questi
accordi deve mancare a favore dello svolgimento in comune di attività dirette a soddisfare interessi pubblici,
anche non coincidenti ma rientranti nella missione istituzionale di ciascuna amministrazione partecipante
all’accordo.
Art. 8
Il comma 1 sancisce il principio di autonomia contrattuale, recependo una costante giurisprudenza (cfr. Cass.
Sez. Un. 12 maggio 2008, n. 11656), che riconosce alla pubblica amministrazione una generale capacità
negoziale, salvo i divieti previsti dalla legge. È ormai pacifico, infatti, che il principio di tipicità dei
provvedimenti amministrativi non si estende ai contratti, per i quali vige l’opposto principio di atipicità (art.
1322 c.c.).
Si ribadisce, in tal modo, il principio di tassatività della limitazione della capacità negoziale, richiedendosi una
esplicita previsione di legge (come ad es. quella contenuta, per la conclusione del contratto di società, nell’art.
4, c. 1, d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, che fa divieto di “costituire società aventi per oggetto attività di
produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità
istituzionali” o in materia di contratti derivati stipulati da Regioni ed enti locali ai sensi dell’art. 62 d.l. 25
giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, così come modificato dall’art. 1, comma
572, l. 27 dicembre 2013, n. 147).
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Il comma 2 dà attuazione al criterio direttivo della lettera l) “divieto di prestazione gratuita dell’attività
professionale, salvo che in casi eccezionali e previa motivazione”. Il divieto è stato inteso in senso letterale e,
quindi riferito solo alle “prestazioni d’opera intellettuale” di cui agli articoli 2229 e seguenti del codice civile,
per le quali deve operare la regola dell’equo compenso ai sensi dell’art. 2233 c.c. Per il resto si ribadisce,
invece, la generale ammissibilità dei contratti gratuiti con la p.a. che non abbiano ad oggetto prestazioni
intellettuali. Una generalizzata esclusione del contratto gratuito, specie se economicamente interessato,
sarebbe, del resto, di dubbia compatibilità costituzionale e di dichiarata incompatibilità con il diritto
dell’Unione (vedi sentenza Corte di Giustizia UE 10 settembre 2020, n. 367, che ha affermato che sono
contratti a titolo oneroso ai sensi della disciplina degli appalti europei, anche quelli privi di corrispettivo di
carattere puramente finanziario).
Si evidenzia, sul tema, che con riferimento agli avvocati già esiste una disposizione che garantisce l’equo
compenso. Si tratta dell’art. 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dall’art. 19-quaterdecies
d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, che così dispone: “3. La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di
trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in
relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto”.
La norma era stata interpretata in maniera restrittiva da una parte della giurisprudenza amministrativa (cfr., in
particolare Cons. Stato, IV, n. 7442/2021, secondo cui “la normativa sull’equo compenso sta a significare
soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può
ricavarsi dalla disposizione l’ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto
(a meno di non sostenere, anche in questo caso, che non vi possa essere alcuno spazio per la prestazione di
attività gratuite o liberali da parte dei liberi professionisti) […]. La disposizione non esclude il (e nemmeno
implica la rinuncia al) potere di disposizione dell’interessato, che resta libero di rinunciare al compenso –
qualunque esso sia, anche indipendentemente dalla equità dello stesso – allo scopo di perseguire od ottenere
vantaggi indiretti (come nel caso che ci occupa) o addirittura senza vantaggio alcuno, nemmeno indiretto,
come tipicamente accade nelle prestazioni liberali (donazioni o liberalità indirette).”
La legge-delega ora impone il superamento di questo orientamento, perché prevede che il compenso deve
esserci (e, in base alla citata disposizione del 2017 e, più in generale, dell’art. 2223 c.c. dovrà essere equo). Da
qui la disposizione contenuta nel comma 2 del presente articolo.
Il comma 3 introduce, in maniera innovativa, una disciplina relativa alle donazioni, cioè i contratti animati da
spirito di liberalità e privi di interesse economico, anche indiretto, da parte del donante. Vengono, in tal modo,
regolamentati gli atti di mecenatismo che incrementano il patrimonio del soggetto pubblico, spesso sotto il
profilo storico, culturale e artistico (ad es. la donazione di un bene di valore artistico da parte di una persona
fisica o giuridica). L’assenza di qualunque interesse economico determina una netta demarcazione rispetto ai
contratti a titolo gratuito (es. sponsorizzazioni) disciplinati all’articolo 13, commi 2 e 5, del codice (il quale
rinvia, per le definizioni, all’Allegato I.1) e giustifica l’esenzione dall’obbligo di gara per la selezione del
contraente, che sarebbe, del resto, incompatibile con la natura liberale dell’atto.
In armonia con il principio di autonomia contrattuale di cui al comma 1, la disposizione chiarisce che
l’amministrazione, come tutti i soggetti del diritto (salvo incapacità giuridiche speciali) ha la capacità giuridica
di ricevere per atto di liberalità. L’unica condizione aggiuntiva, rispetto agli altri soggetti del diritto, per
l’accettazione è la previa valutazione che l’acquisizione del bene o della prestazione sia conforme all’interesse
pubblico perseguito o, comunque, all’interesse della collettività. La precisazione è volta a richiamare
l’attenzione del donatario/ricevente sugli effetti negoziali dell’atto che deve tradursi in un effettivo
arricchimento della sfera patrimoniale o non patrimoniale (artistica, culturale ecc.) di quest’ultimo ed è volta
ad escludere donazioni o atti di liberalità posti in essere dal donante/disponente al solo scopo di liberarsi da
oneri di manutenzione di beni immobili privi di qualunque utilità o valore, traslandoli sul donatario. Si
chiarisce altresì che nel caso di donazioni non è richiesta alcuna procedura di selezione del contraente, attesa
l’assenza di qualunque interesse economico. L’ultimo periodo del comma 3 precisa che la natura pubblica del
donatario non sottrae gli atti in questione alla disciplina del codice civile in materia di donazione, ivi compresa
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la revocazione (l’unica ipotesi di revocazione compatibile con la natura del donatario è quella per
sopravvenienza di figli di cui all’art 803 c.c) e l’azione di riduzione dei legittimari.
Art. 9
La disposizione in esame introduce una significativa innovazione che trova ancoraggio nelle finalità sottese a
vari principi e criteri della legge delega (il riferimento è, in particolare, all’art. 1, comma 2, lettere a), g), m),
ll)) ed attraverso la quale si è inteso codificare una disciplina generale da applicare per la gestione delle
sopravvenienze straordinarie e imprevedibili considerate dalla disposizione, tali da determinare una sostanziale
alternazione nell’equilibrio contrattuale, con effetti resi di recente drammaticamente evidenti dalla congiuntura
economica e sociale segnata dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina.
La norma regola il fenomeno identificato nella prassi internazionale con il termine hardship e riconosciuto da
diversi sistemi giuridici (frustration of purpose, Wegfall der Geschäftsgrundlage, imprévision, eccessiva
onerosità sopravvenuta), da tempo oggetto di considerazione nella regolazione dei rapporti privati
internazionali.
Nell’elaborazione della disposizione l’analisi delle scelte maturate in ambito internazionale o unionale (il
riferimento è, precipuamente, alla disciplina contenuta nei Principi Unidroit e nel Codice europeo dei
contratti), come pure di quelle emergenti da progetti avviati anche in ambito nazionale che non hanno, tuttavia,
trovato concretizzazione (disegno di legge delega n. 1151 del 2019), ha costituito una base per approfondimenti
e riflessioni necessariamente calibrati sulla differente natura dei rapporti interessati e dei sottesi interessi incisi.
A venire in rilievo, infatti, sono contratti pubblici connotati dalla conformazione in ragione delle finalità di
pubblico interesse perseguite che restano immanenti al contratto e al rapporto che ne scaturisce, con
conseguente esclusione della possibilità di accedere a una integrale trasposizione delle regole civilistiche e
necessità di favorire il raggiungimento di un giusto punto di equilibrio idoneo a preservare tali interessi
assicurando al tempo stesso adeguata ed effettiva tutela agli operatori economici, nella consapevolezza anche
della convergenza di tale tutela con altri interessi generali di primario rilievo (stabilità economica, sociale,
occupazionale, ecc.) suscettibili di essere pregiudicati in situazioni di hardship.
L’articolo, dunque, mira a disciplinare le sopravvenienze che possono verificarsi nel corso dell’esecuzione del
contratto, alterandone l’equilibrio originario o facendo venir meno, in parte o temporaneamente, interesse del
creditore alla prestazione. Viene, in tal modo, introdotto un rimedio manutentivo del contratto, maggiormente
conforme all’interesse dei contraenti – e dell’amministrazione in particolare – in considerazione
dell’inadeguatezza della tutela meramente demolitoria apprestata dall’art. 1467 c.c. .
Il comma 1 della disposizione, nell’introdurre un generale rimedio di natura legale per la gestione delle
sopravvenienze perturbative dell’equilibrio originario delle prestazioni contrattuali, ha un duplice contenuto:
definisce le sopravvenienze rilevanti ai fini dell’applicazione della norma e sancisce il diritto alla
rinegoziazione della parte svantaggiata al quale, dunque, corrisponde un obbligo della controparte.
Per quanto attiene al primo aspetto, coerentemente con la portata generale della previsione, la disposizione
reca riferimento ad eventi che integrano determinati requisiti:
-
deve trattarsi di eventi straordinari e imprevedibili;
-
i rischi concretizzati da tali eventi non devono essere stati volontariamente assunti dalla parte
pregiudicata dagli stessi;
-
tali eventi devono determinare una alterazione rilevante dell’originario equilibrio del contratto e non
devono essere riconducibili alla normale alea, alla ordinaria fluttuazione economica e al rischio di
mercato.
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La disposizione specifica, quindi, quali sono le sopravvenienze da cui sorge il diritto alla rinegoziazione,
precisando che, oltre che sopravvenute e imprevedibili, devono essere estranee anche al normale ciclo
economico, integrando uno shock esogeno eccezionale e imprevedibile.
La disposizione deve, pertanto, essere interpretata restrittivamente e richiede un rilevante squilibrio tra le
prestazioni, da valutarsi alla luce delle concrete circostanze e dello specifico contenuto negoziale.
È necessario, poi, che tali rischi non siano stati volontariamente assunti dalla parte, sebbene non sia necessaria
una assunzione espressa.
Solo ove risultino integrati tutti i requisiti indicati nel primo comma della disposizione viene riconosciuto alla
parte svantaggiata, sulla quale grava, conformemente alle regole generali, l’onere di fornire i relativi elementi
a comprova, il diritto alla rinegoziazione.
Nel richiedere la rinegoziazione la parte svantaggiata deve conformarsi al generale principio di buona fede,
con un contegno che dovrà essere riguardato anche nella considerazione della particolare qualificazione dei
soggetti interessati, sia che si tratti degli operatori economici sia che si tratti della parte pubblica.
Il secondo e ultimo capoverso del comma 1 considera la copertura finanziaria degli oneri discendenti
dall’obbligo di rinegoziazione: la norma chiarisce che la rinegoziazione non altera il finanziamento
complessivo dell’opera, perché è ammessa nei limiti dello stanziamento di bilancio originario. L’articolo in
esame è, dunque, in linea con la clausola di invarianza finanziaria contenuta nella legge delega, in quanto il
reperimento delle risorse avviene nell’ambito del quadro economico e, dunque, nei limiti degli stanziamenti
previsti dalla legislazione vigente. L’aspetto più delicato è quello del ricorso anche alle “economie da ribasso
d’asta”: a tal proposito si precisa che, in realtà, tali economie non si possono considerare definitivamente
acquisite fino al collaudo dell’intervento o al certificato di regolare esecuzione; a vederla diversamente, il
rischio di sopravvenienza di “circostanze straordinarie e imprevedibili” comporterebbe rischi ancora peggiori
per il bilancio pubblico: la mancata esecuzione del contratto e la perdita dei fondi già spesi.
Il comma 2 della disposizione specifica, per le ragioni sopra esposte, che la rinegoziazione ha l’esclusiva
finalità di ripristinare l’originario equilibrio del contratto, avuto riguardo al complesso degli atti alla base della
costituzione del rapporto e con considerazione, quindi, anche del bando e del provvedimento di aggiudicazione.
La finalità è, dunque, quella di circoscrivere la libertà dei contraenti: l’accordo di rinegoziazione non solo deve
avere ad oggetto il mero ripristino dell’equilibrio contrattuale originario, ma deve essere precipuamente volto
a non alterarne la sostanza economica, in modo da evitare un’elusione delle regole della procedura ad evidenza
pubblica
Il comma 3 disciplina la specifica ipotesi in cui le sopravvenienze di cui al comma 1 incidano non sul generale
equilibrio del contratto, ma sull’utilità o utilizzabilità della prestazione per la parte creditrice, come accaduto
nella fase pandemica che ha determinato l’inutilizzabilità per un lungo periodo dei locali commerciali oggetto
di locazione, rendendo sostanzialmente inutile la prestazione resa dal locatore.
In tal caso la sopravvenienza rende la prestazione inidonea a soddisfare l’interesse del creditore ex art. 1174
c.c. e legittima una proporzionale riduzione del prezzo secondo le regole dell’impossibilità sopravvenuta
parziale del contratto ai sensi dell’art. 1464 c.c. Anche in tale ipotesi viene privilegiato il rimedio manutentivo
su quello demolitorio.
Il comma 4 della disposizione incentiva la gestione negoziale delle sopravvenienze attraverso la previsione
delle clausole di rinegoziazione, soprattutto laddove la durata del contratto o altre circostanze, quali il contesto
economico, lo rendano opportuno.
Art. 10
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La norma afferisce ai principi di delega di cui all’art. 1, comma 2, lett. a) e n) e, in conformità alle finalità
perseguite, fissa principi di valenza generale che recepiscono gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza.
Per quanto attiene alla sua struttura logica, la norma si pone in linea con altre codificazioni europee.
Quanto alle cause di esclusione, di cui all’art. 57 della Direttiva n 24, il riferimento è, in particolare, al Code
de la commande publique, da ultimo aggiornato nel maggio scorso, che prevede nella “Partie législative - Titre
Préliminaire” una previsione sostanzialmente equivalente al comma 1, per poi distinguere le cause di
esclusione in due categorie: le “Exclusions de plein droit” e le “Exclusions à l'appréciation de l'acheteur”).
A venire in rilievo è una distinzione emergente anche dal codice vigente, che la norma in esame mira ad
evidenziare con maggiore chiarezza ed immediatezza.
Il comma 2 cristallizza il principio della tassatività delle cause di esclusione, con un duplice risvolto.
Da un lato, indica la preferenza per riordinare e codificare, allo stato, in questo testo legislativo tutti motivi di
esclusione, in coerenza con i principi di qualità della regolazione e coerenza sistematica. Vi è la piena
consapevolezza della assenza, nel nostro ordinamento, della figura della loi organique francese, per cui non si
può vietare che il legislatore in futuro possa giustapporre in ogni momento norme speciali e asistematiche alla
disciplina codicistica, ma trattandosi di un principio fondamentale del codice si è voluto comunque invitare a
questo sforzo sistematico in via programmatica.
Dall’altro lato, il comma comporta – stavolta con valenza precettiva e non programmatica – il divieto di
introdurre cause di esclusione con fonte regolamentare o con la lex specialis del bando di gara.
In tale comma si è ritenuto altresì di inserire, accanto al principio di tassatività, quello di eterointegrazione dei
bandi e delle lettere di invito, alla luce delle riflessioni emerse nell’elaborazione giurisprudenziale. Detto
principio è correlato a quello di tassatività; ove venga in rilievo, infatti, un precetto previsto da una norma
imperativa che impone un determinato onere ai partecipanti alla gara, la sua violazione non può che
determinare l’esclusione, anche laddove il bando di gara abbia omesso di menzionare la necessità di produrre
dichiarazioni o allegazioni “a pena di esclusione”. È necessario, infatti, che i requisiti indicati e previsti dalle
norme imperative siano osservati dal concorrente a prescindere da una espressa previsione contenuta nel bando
di gara, poiché essi hanno la funzione fondamentale di soddisfare l’interesse pubblico a che le prestazioni siano
rese da soggetti adeguatamente qualificati.
Completano il comma in esame le previsioni a presidio del principio della tassatività delle cause di esclusione,
imponendosi la nullità delle “clausole ulteriori” di esclusione che si pongano in contrasto con le cause previste
dalla legge e con il connesso divieto per le stazioni appaltanti di introdurre cause di esclusioni ulteriori. Al
riguardo, recependo l’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria (cfr. n. 22 del 2020), viene specificato
che le clausole nulle “si considerano non apposte”, in tal modo chiarendo che trattasi di una nullità parziale
limitata alla clausola e che non si estende all’intero atto.
Il comma 3, invece, sistematizza i criteri di selezione di cui all’art. 58 della Direttiva 24, che determinano
l’esclusione dalla gara per mancanza di capacità. Si considerano, in questo caso, i criteri di selezione che le
stazioni appaltati sono legittimate ad introdurre, limitatamente ai requisiti speciali di carattere economicofinanziario e tecnico-professionale, alle condizioni indicate.
La previsione ricalca quanto attualmente previsto dall’art. 83, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016, distinguendo
tra i requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, laddove necessari, e i requisiti speciali di
carattere economico-finanziario e tecnico-professionale. Si introduce altresì, su suggerimento degli esperti
economisti, un favor per l’accesso al mercato e per la possibilità di crescita delle PMI, compatibilmente con
l’oggetto del contratto e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa
pubblica.
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Art. 11
In termini generali, si può osservare che la norma proposta intende dare attuazione e valorizzare la previsione
posta dall’art. 1, comma 2, lettera h), n. 2, della legge delega («garantire l’applicazione dei contratti collettivi
nazionale e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da
eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori
di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché garantire le stesse tutele
economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro
irregolare»), che anche sul piano letterale [attraverso l’uso del verbo “garantire” in luogo di “promuovere” (al
n. 3 della medesima lettera h) o in luogo del sostantivo “promozione” (nella lettera i)] sembra aver abbandonato
l’idea di una funzione meramente promozionale e incentivante, nei confronti degli operatori economici, delle
norme sulle clausole sociali nella disciplina dei contratti pubblici, mirando a conseguire un effettivo risultato
applicativo con norme maggiormente pregnanti e vincolanti.
La disciplina vigente del d. lgs. n. 50/2016 considera il tema nella fase iniziale della progettazione e della
emanazione del bando (art. 23, comma 16), nella successiva fase di valutazione delle offerte [art. 95, comma
10, e 97, comma 5, lettera d)] in cui è assunta la decisione di esclusione o di aggiudicazione, e infine nella fase
esecutiva dell’appalto (art. 30, comma 4, secondo cui «Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture
oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore
per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui
ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta
dall’impresa anche in maniera prevalente»). La norma dell’art. 30, comma 4, ha cambiato il punto di
riferimento per la scelta del CCNL applicabile: non più l’attività prevalente esercitata dall’impresa (come si è
sempre sostenuto sulla base dell’art. 2070 del cod. civ.), ma le prestazioni oggetto dell’appalto da eseguire.
Inoltre, ha espressamente previsto il criterio di selezione del CCNL da scegliere tra quelli stipulati dalle
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (i
c.d. contratti leader).
Rimane tuttavia aperta la questione, altrettanto centrale, della possibile sovrapposizione tra settori di attività e
quindi della possibile applicabilità di più contratti collettivi conformi, con ambiti di applicazione compatibili
con l’attività oggetto dell’appalto.
La norma proposta – di cui ai commi 1 e 2 – intende compiere un ulteriore passo in questa direzione,
restringendo anche le ipotesi in cui, per la frammentazione dei contratti collettivi nell’ambito del medesimo
settore, l’operatore economico finisca con l’optare per un CCNL che non garantisce al lavoratore le migliori
tutele sotto il profilo normativo ed economico.
La previsione non pare in contrasto con l’art. 39 Cost. in quanto non è diretta a estendere ex lege ed erga omnes
l’efficacia del contratto collettivo, ma si limita a indicare le condizioni contrattuali che l’aggiudicatario deve
applicare al personale impiegato, qualora, sulla base di una propria e autonoma scelta imprenditoriale, intenda
conseguire l’appalto pubblico, restando libero di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento
dell’attività imprenditoriale diversa; e restando libero di accettare o non la clausola dell’appalto pubblico
oggetto dell’aggiudicazione (accettando, quindi, anche l’esclusione dalla procedura).
I medesimi argomenti possono essere utilizzati per affermare la compatibilità anche rispetto all’art. 41 Cost.,
tenuto conto altresì che la libera iniziativa economica “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale”. Il
consentire alla p.a. la scelta di indicare il CCNL applicabile alle prestazioni oggetto di gara sembra trovare
giustificazione proprio sotto questo profilo (Art. 41, secondo comma, Cost.).
Più nel dettaglio il comma 1 prevede come previsione generale l’obbligo di applicare il contratto collettivo
nazionale di lavoro in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni oggetto del
contratto.
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Il comma 2, per esigenze di certezza, prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano già nel
bando o nell’invito alla gara il contratto collettivo applicabile, in conformità a quanto previsto nel comma 1.
Il comma 3, ispirato alla tutela della libertà di iniziativa economica, consente comunque agli operatori
economici di indicare nella propria offerta il differente contratto che essi applicano, purché però assicuri le
stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.
Il comma 4 impone all’operatore economico di presentare prima dell’aggiudicazione o dell’affidamento
un’ulteriore dichiarazione con la quale si impegna ad applicare il contratto collettivo indicato per tutta la durata
del contratto ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele.
Il comma 5 stabilisce che le medesime tutele normative ed economiche siano assicurate anche ai lavoratori in
subappalto.
Il comma 6 disciplina l’intervento sostitutivo della stazione appaltante nel caso di inadempienze contributive
o retributive dell’impresa affidataria o del subappaltatore, attualmente previsto dai commi 5 e 6 dell’articolo
30 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Art. 12
L’art. 12 contiene un duplice rinvio esterno che opera in assenza di una diversa espressa previsione contenuta
nel codice: da un lato, il rinvio è alla legge n. 241 del 1990 per quanto riguarda la disciplina della procedura
di affidamento e di tutte le altre attività amministrative in materia di appalti; dall’altro lato, si rinvia al codice
civile, per quanto riguarda la stipula e l’esecuzione del contratto.
Titolo II – L’ambito di applicazione, il responsabile unico e le fasi dell’affidamento
Art. 13
Il comma 1 fissa l’ambito di applicazione del codice, affermando che le sue disposizioni si applicano ai
contratti di appalto e di concessione.
Il comma 2 individua i contratti cui le norme del codice non devono applicarsi: contratti esclusi a norma delle
direttive comunitarie; contratti attivi e contratti a titolo gratuito anche se offrono opportunità di guadagno,
sottolineando così la corrispettività delle prestazioni quale connotato essenziale dei contratti pubblici.
Il comma 3 esclude dall’ambito di applicazione del codice i contratti di società e le operazioni straordinarie
che non comportino nuovi affidamenti di lavori, servizi e forniture. Chiarisce che la disposizione non ha effetto
abrogante sulle norme del d. lgs. 19 agosto 2016, n. 175, che disciplinano la scelta del socio privato prevedendo
l’utilizzo di procedure ad evidenza pubblica (art. 17, c. 1, d.lgs. n. 175/2016) e di cessione di quote o di azioni
per le quali è previsto il rispetto dei princìpi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione e solo in casi
eccezionali, ove l’offerta sia particolarmente conveniente, la negoziazione diretta con un singolo acquirente
(art. 10, c. 2, d.lgs. n. 175/2016).
Il comma 4 rinvia a un regolamento del Ministro degli affari esteri, sentita l'ANAC, per la disciplina delle
procedure di scelta del contraente e l'esecuzione del contratto da svolgersi all’estero, mantenendo ferma
l'applicazione del codice alle procedure di affidamento svolte in Italia.
Il comma 5 prevede una disciplina di specie per quei contratti a titolo gratuito che offrono opportunità di
guadagno anche indiretto, il cui affidamento deve avvenire tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1
(principio del risultato), 2 (principio della fiducia) e 3 (principio dell’accesso al mercato declinato nei principi
di concorrenza, di imparzialità e non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità).
Il comma 6 rinvia all’allegato I.1 per le definizioni dei termini utilizzati nel codice.
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Il comma 7 stabilisce che le disposizioni del codice si applicano, altresì all'aggiudicazione dei lavori pubblici
da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che
assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo
previsto per il rilascio del permesso, ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione. L’allegato
I.12 individua le modalità di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di
costruzione.
Allegato I.1
Gli artt. 1, 2 e 3 dell’allegato (che per la loro stretta connessione vengono illustrati congiuntamente) recano le
definizioni cui si basa l’impianto del nuovo codice.
Le norme proposte introducono una significativa semplificazione dei contenuti definitori rispetto all’art. 3 del
d. lgs. n. 50 del 2016 e, in un quadro di classificazione sistematica, suddividono le definizioni (prima racchiuse
in un’unica disposizione) in tre macro-categorie:
a) i soggetti cui il codice si applica (art. 1);
b) i contratti che il codice disciplina (art. 2);
c) le procedure e gli strumenti di cui possono avvalersi le stazioni appaltanti e gli enti concedenti (art. 3).
Nell’ottica della semplificazione dei contenuti, si è, in particolare, scelto di espungere dal testo normativo:
i) la pedissequa riproduzione di nozioni e istituti che trovano una compiuta definizione nelle direttive UE 23,
24 e 25 del 2014 e rispetto ai quali non sussistono esigenze di chiarimento o specificazione (come ad esempio
accade per “lavori”, “servizi”, “forniture”, “diritto esclusivo”, “diritto speciale”);
ii) le definizioni che fanno riferimento a istituti oggetto di disciplina specifica (e autosufficiente) in altre parti
del codice (come, ad esempio, accade per partenariato pubblico-privato e per i contratti attraverso i quali esso
si attua);
iii) le nozioni che sono, comunque, oramai entrate nell’uso corrente (come ad esempio “scritto o per iscritto”,
“documento di gara”, “documento di concessione”) e non richiedono, pertanto, ulteriori specificazioni
normative.
L’attenzione, sul piano dei soggetti (articolo 1), si è concentrata su alcune macro-nozioni, il cui utilizzo ha
consentito di aggregare nell’ambito di una categoria unitaria e univoca una serie di espressioni prima utilizzate
in maniera, a volte, ridondante e ripetitiva. Ad esempio, il vigente art. 3 dedica alle nozioni di amministrazioni
aggiudicatrici o enti aggiudicatori sette alinea (indicati con le lettere da a) a g)), alcuni dei quali ulteriormente
articolati in sottopunti.
Nel nuovo art. 1 dell’Allegato, l’introduzione delle nozioni omnicomprensive di “stazione appaltante” ed “ente
concedente” ha consentito, da un lato, di evitare la moltiplicazione e la frammentazione delle definizioni
soggettive e, dall’altro, di introdurre un riferimento nominalistico unitario che, anche coerentemente con la
disciplina dettata dal d. lgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo, art. 133, lett. e), n. 1) valorizza
l’obbligo di seguire la procedura di evidenza pubblica per l’affidamento del contratto, a prescindere dalla forma
giuridica e dalla natura dell’ente che di volta in volta viene in considerazione.
Sul piano della definizione dei soggetti, si segnala ancora l’adattamento di alcune nozioni di derivazione eurounitaria all’elaborazione giurisprudenziale nel frattempo divenuta diritto vivente: in quest’ottica si spiega, ad
esempio, nella definizione del requisito teleologico dell’organismo di diritto pubblico (art. 3, lett. c) ), la scelta
di riferire il carattere non commerciale o industriale all’attività svolta e non più al bisogno soddisfatto o il
riferimento nella definizione di “operatore economico” all’irrilevanza della forma rivestita o della natura
giuridica pubblica o privata (art. 3, lett. e)).
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Sul piano della definizione dei contratti, la norma introdotta (articolo 2) chiarisce anzitutto, che i “contratti
pubblici” sono “contratti” a tutti gli effetti, espressione dell’autonomia negoziale della pubblica
amministrazione, sottoposti nella fase esecutiva al diritto privato, salvo le deroghe espressamente previste dal
Codice (come indirettamente confermato, peraltro, dall’articolo 11 del Codice). Si vuole, in tal modo,
sottolineare che i “contratti pubblici” (cui fa più volte riferimento anche la legge delega) sono i “contratti”
stipulati da soggetti che rivestono la qualità di stazioni appaltanti ed enti concedenti, così tenendoli distinti
dalla categoria “pubblicistica” dei c.d. contratti ad oggetto pubblico. La circostanza che la conclusione dei
“contratti pubblici” sia preceduta da una fase di evidenza pubblica (attraverso la quale si forma la volontà
dell’amministrazione e si individua il contraente) non ne fa venire meno, infatti, la natura negoziale.
L’art. 2 dell’allegato ribadisce, inoltre, la distinzione, ben nota alla letteratura civilistica, tra onerosità, gratuità
economicamente interessata e liberalità, rilevante ai fini delle diverse conseguenze che ne derivano in punto
di applicazione della procedura di gara, sia sul piano nell’an (non si applica alle donazioni: cfr. art. 3, comma
3, del progetto di codice), sia sul piano del livello di dettaglio della disciplina che regola la procedura
applicabile (i contratti gratuiti economicamente interessati soggiacciono ai c.d. principi generali e non all’intera
disciplina del codice: cfr. art. 16).
Si segnala, altresì, la modifica, rispetto a quella vigente, della nozione di “lavori complessi”: la nuova
definizione non pone limiti di importo e ha ad oggetto solo le caratteristiche intrinseche dei lavori. aggiungendo
le ulteriori esigenze, di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, che il nuovo testo della norma tende
a tutelare.
Si interviene sulla definizione del contratto di disponibilità, eliminando e sostituendo espressioni atecniche e
sovrabbondanti, quali “messa a disposizione”, “fruibilità”, “parametri di funzionalità”, “perfetta
manutenzione”, adoperando categorie già codificate per tipi contrattuali quali appalto e locazione; si chiarisce,
inoltre, già nella norma definitoria –trattandosi di elemento causalmente connotante il negozio- la possibilità
che al “godimento” dell’immobile si affianchi e si aggiunga la successiva traslazione del diritto dominicale,
dietro versamento di un corrispettivo “ulteriore” (ulteriore, rispetto al “canone di disponibilità” che è legato
sinallagmaticamente alla prestazione volta a garantire il “miglior godimento” dell’opera).
Si è modificata la definizione della parte “privata” del contratto, utilizzando invece della espressione
“affidatario” la dictio “operatore economico”, utilizzata giustappunto per le figure di partenariato pubblicoprivato di cui il contratto è espressione. Peraltro, la nozione di “affidatario” sembra evocare procedure di
evidenza pubblica che per i negozi di PPP “altri” dalle concessioni –e oggetto di “tipizzazione” domestica,
anche in attuazione della delega di cui alla lett. aa)- potrebbe non essere necessaria.
Sul piano della definizione delle procedure e degli strumenti (articolo 3), si segnala l’innovativa definizione
dedicata all’affidamento diretto, che chiarisce che non si tratta di una procedura di gara, neanche nel caso di
previo interpello di più operatori economici, il che, nell’ottica di scongiurare il rischio della “burocrazia
difensiva”, segna anche il definitivo superamento dell’indirizzo giurisprudenziale che, in caso di affidamento
diretto “comparativo”, ha ritenuto applicabile l’art. 353-bis c.p.
Con una norma da inserire nel “glossario generale” del codice, si definisce l’oggetto di tali specifiche figure
contrattuali, ovvero le prestazioni in esse deducibili.
Di qui la nuova nozione di servizi globali, con tale espressione facendosi riferimento a tutte quelle prestazioni,
complesse ed eterogenee, funzionali al perseguimento di un complessivo “risultato”, in termini di efficienza e
qualità, affidate ad un operatore economico particolarmente qualificato.
Ciò che viene in rilievo, indi, è, in conformità peraltro di uno dei principi su cui fonda il nuovo impianto
codicistico (cfr., art. 1), l’obiettivo ovvero il risultato di interesse pubblico -siccome disvelato e foggiato dalla
Amministrazione- al cui perseguimento o raggiungimento la actio del privato è funzionalmente e
teleologicamente preordinata.
Allegato I.12
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L’allegato individua le modalità di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo previste dall’articolo
13, comma 7, stabilendo, in particolare: che per tali opere non trovano applicazione gli articoli 37, 45 e 81 e
che in relazione alla fase di esecuzione del contratto si applicano esclusivamente le norme che disciplinano il
collaudo di cui all’articolo 116 (art. 1); che l'amministrazione che rilascia il permesso di costruire o altro titolo
abilitativo può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l'avente diritto a
richiedere il titolo presenti all'amministrazione stessa, in sede di richiesta del suddetto titolo, un progetto di
fattibilità tecnica ed economica delle opere da eseguire, con l'indicazione del tempo massimo in cui devono
essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto (art. 2); che l’amministrazione, sulla
base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, indice una gara con le modalità previste dagli articoli 71
e 72, stabilisce che il contratto ha per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori (art. 3); che
per l'affidamento dei lavori pubblici relativi alle opere di urbanizzazione a scomputo per gli importi inferiori
a quelli di cui all'articolo 14, si applicano le previsioni di cui all’articolo 50, comma 1 (art. 4); che nel caso di
opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a),
calcolato secondo le disposizioni di cui all’articolo 14, comma 9, funzionali all'intervento di trasformazione
urbanistica del territorio, si applica l'articolo 16, comma 2-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 (art. 5).
Art. 14
Il comma 1 individua le soglie di rilevanza europea nei settori ordinari per l’applicazione delle norme del
codice.
Il comma 2 individua le soglie di rilevanza europea nei settori speciali per l’applicazione delle norme del
codice.
Il comma 3 prevede che i valori delle soglie vengano periodicamente rideterminate con provvedimento della
Commissione europea, che è applicabile subito dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione
europea.
Il comma 4 indica i criteri per calcolare il valore stimato degli appalti. Il calcolo deve basarsi sull’importo
totale pagabile al netto dell'IVA comprendendo qualsiasi forma di opzioni o rinnovi del contratto ed anche
eventuali premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti.
Il comma 5 indica i criteri per calcolare il valore stimato degli appalti con riferimento a stazioni appaltanti o
enti concedenti composti da unità operative distinte.
Il comma 6 pone il principio del divieto di frazionamento artificioso: un appalto non può essere frazionato per
evitare l'applicazione delle norme del codice e solo ragioni oggettive possono giustificare l’operazione di
suddivisione. Nello stesso senso la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o
concessione non può essere fatta per evitare l’applicazione delle disposizioni del codice relative alle soglie
europee.
Il comma 7 prevede che la stima del valore dell’appalto debba essere effettuata al momento dell'invio
dell'avviso di indizione di gara o del bando di gara, o al momento di avvio della procedura di affidamento se
non sia prevista un'indizione di gara.
I commi da 8 a 11 pongono i criteri per calcolare il valore dell’appalto distintamente per i contratti di lavori,
servizi e forniture.
Il comma 12 stabilisce i criteri per calcolare il valore di appalti pubblici di forniture o di servizi che presentano
caratteri di regolarità o sono destinati ad essere rinnovati entro un determinato periodo.
Il comma 13 indica i criteri per calcolare il valore di appalti pubblici di forniture aventi per oggetto la locazione
finanziaria, la locazione o l'acquisto a riscatto.
Il comma 14 prevede i criteri per calcolare il valore degli appalti di particolari tipologie di servizi.
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Il comma 15 stabilisce che in caso di appalto misto di servizi e forniture, il calcolo del valore stimato debba
effettuarsi sul valore totale degli uni e delle altre prescindendo dalle rispettive quote e comprendendo il valore
delle operazioni di posa e di installazione.
I commi 16 e 17 dettano i criteri per calcolare il valore degli accordi quadro, per i sistemi dinamici di
acquisizione e per i partenariati per l'innovazione.
I commi da 18 a 29 individuano la disciplina applicabile in caso di contratti misti, (anche nei settori speciali:
cfr. commi da 24 a 27), prevedendo come regola l’applicazione della disciplina del tipo di appalto il cui oggetto
è prevalente, da determinarsi, a sua volta, in base al valore stimato più elevato tra quelli delle prestazioni
oggetto dell’appalto. Viene fatta salva la facoltà delle stazioni appaltanti di aggiudicare appalti distinti, con la
previsione che tale decisione non può mai essere adottato allo scopo di eludere l’applicazione del codice
(comma 24).
Art. 15
Il comma 1 – conservandone la centralità e la trasversalità del ruolo – ridisegna la portata e la figura del RUP,
che è un responsabile “di progetto” (o di “intervento”) e non di “procedimento” (definizione forse viziata dal
riferimento alla legge n. 241 del 1990, che non appare pienamente conferente): infatti, si tratta del responsabile
di una serie di “fasi” preordinate alla realizzazione di un “progetto”, o un “intervento pubblico” (fasi per il cui
espletamento si potrà prevedere, come si dirà, la nomina di un “responsabile di fase”, a sostegno dell’attività
del RUP).
La norma è costruita in modo da non incidere sulle parti dell’articolato concernenti la qualificazione delle
stazioni appaltanti per le fasi della procedura che vengono svolte ricorrendo a centrali di committenza, ad
aggregazioni di stazioni appaltanti o ad altre stazioni appaltanti qualificate. Tale salvezza implicita, che vale
per i casi in cui vi è un riparto di competenze, comunque non deroga al principio generale secondo cui ogni
s.a. individua un responsabile unico del progetto.
Si è tenuto, inoltre, conto dell’eventualità che emergano esigenze non considerate nella programmazione,
prevedendosi, in tal caso, che alla nomina del RUP si provveda nel primo atto relativo all’intervento.
Il comma 2 è riferito alla nomina del RUP, con concentrazione in un unico comma delle previsioni
(rispettivamente riferite alle stazioni appaltanti che sono pubbliche amministrazioni o enti pubblici e quelle
che, invece, non hanno tale qualificazione) inserite nei commi 1 e 10 dell’articolo 31 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Si conferma che il RUP è nominato dal responsabile dell’unità organizzativa titolare del potere di spesa, con
la soppressione, tuttavia, dell’inciso “che deve essere di livello apicale” in quanto tautologico. È stata altresì
soppressa, in quanto causa di controversie sui riparti di competenze interne alle amministrazioni, la previsione
contenuta nel codice attuale secondo cui “laddove sia accertata la carenza nell'organico della suddetta unità
organizzativa, il RUP è nominato tra gli altri dipendenti in servizio”.
Sempre il comma 2 contempla un “meccanismo di chiusura” che assicura sempre l’individuazione del RUP,
attraverso la previsione secondo cui, in caso di mancata nomina del RUP nell’atto di avvio dell’intervento
pubblico, l’incarico è svolto dal medesimo responsabile dell’unità organizzativa titolare del potere di spesa.
Resta ferma la previsione secondo la quale l’ufficio di RUP è obbligatorio e non può essere rifiutato.
Anche il comma 3 riproduce, con alcune semplificazioni, la previsione contenuta nel comma 2 dell’articolo
31 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il comma 4 prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di nominare un responsabile per le fasi di
programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile per la fase di affidamento. Tale opzione
presenta il vantaggio di evitare un'eccessiva concentrazione in capo al RUP di compiti e responsabilità
direttamente operative, spesso di difficile gestione nella pratica. In caso di nomina dei responsabili di fase,
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infatti, rimangono in capo al RUP gli obblighi – e le connesse responsabilità – di supervisione, coordinamento,
indirizzo e controllo, mentre sono ripartiti in capo ai primi i compiti e le responsabilità delle singole fasi a cui
sono preposti. Si introduce, quindi, un principio di “responsabilità per fasi”.
Nell’elaborazione di tale previsione, utili spunti sono stato tratti dalla pronuncia della Corte Costituzionale n.
166 del 2019, nella quale è stata vagliata la legittimità delle previsioni dell’art. 34 della legge della Regione
Sardegna 13 marzo 2018, n. 8 (Nuove norme in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture),
proprio con riferimento alla prevista facoltà di nomina di un responsabile per le fasi di programmazione,
progettazione ed esecuzione e un altro responsabile per la fase di affidamento. La Corte, nel richiamare un
proprio precedente (sentenza n. 43 del 2011), ha escluso la configurabilità di un contrasto con il principio di
responsabilità unica, posto dall’art. 31, c. 1 del d. lgs. n. 50 del 2016.
Il comma 5 riformula le funzioni del RUP quale figura cruciale per assicurare il risultato finale nei termini
stabiliti, in funzione del quale gli vengono attribuiti compiti e facoltà anche “innominate”. Conformemente
alle linee preliminari tracciate, è stata valorizzata la differenza fra i poteri istruttori del RUP ai sensi della legge
n. 241 del 1990 e i poteri istruttori del RUP nell’affidamento dei contratti pubblici che trovano un limite nel
soccorso istruttorio, come disciplinato dal nuovo codice.
La specificazione (non tassativa) delle competenze del RUP (provvedimentali, nonché di iniziativa, istruttorie,
di coordinamento, di controllo, di certificazione etc...) è demandata a un allegato al codice di natura
regolamentare, assorbendo le linee guida n. 3 dell’ANAC. L’allegato I.2, in particolare, contiene la disciplina
di dettaglio su:
- i compiti del RUP in rapporto alla esigenza di conseguire gli obiettivi connessi alla realizzazione
dell’intervento pubblico nel rispetto dei tempi e dei costi programmati, della qualità richiesta, della sicurezza
e della salute dei lavoratori, e quelli specifici del Direttore dei lavori e del Direttore dell’esecuzione
nell’attuazione delle prestazioni contrattuali;
- gli ulteriori requisiti di professionalità imposti dalla complessità e dalla natura dei contratti da affidare;
- le ipotesi di incompatibilità tra le funzioni del RUP e le ulteriori funzioni tecniche e, in particolare, l’importo
massimo e la tipologia dei lavori, servizi e forniture per i quali il RUP può coincidere con il progettista o con
il direttore dell’esecuzione del contratto;
- le coperture assicurative da prevedere con oneri a carico dell’amministrazione;
- gli obblighi formativi delle amministrazioni nei confronti del RUP;
- le ipotesi e le modalità di affidamento degli incarichi di supporto al RUP e della possibilità per quest’ultimo
di affidarli direttamente, sotto la propria responsabilità di risultato.
Allegato I.2
Il codice, così come il suo allegato, si sono mossi partendo da un punto fermo: la peculiarità della disciplina
dei contratti di appalto in cui è parte un soggetto pubblico, rispetto a quella generale sul procedimento
amministrativo. La figura disciplinata dall’art. 15 del codice non è un doppione (con qualche limitata
particolarità) del responsabile del procedimento disciplinato in via generale dagli artt. 4, 5 e 6 della legge n.
241 del 1990.
L’aspetto su cui focalizzare l’attenzione è la diversa portata del principio di “unicità del responsabile”.
Infatti, nella legge n. 241 del 1990, il principio della unicità viene riferito al singolo procedimento, nel senso
che per ciascun procedimento è previsto l’obbligo dell’amministrazione di individuare un unico responsabile,
da intendersi sia come unità organizzativa, sia come funzionario-persona fisica, al quale, all’interno
dell’ufficio, sono poi concretamente attribuite le funzioni proprie del responsabile.
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Nonostante si sia comunemente parlato di responsabile unico del procedimento, a rigore, viene in rilievo un
soggetto responsabile non di un singolo procedimento, ma di una pluralità di procedimenti: tutti quelli relativi,
appunto, alle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione degli interventi da realizzarsi
mediante contratti pubblici.
La complessa attività amministrativa attraverso cui si svolgono le fasi di programmazione, progettazione,
affidamento ed esecuzione degli interventi pubblici implica, come è evidente, lo svolgimento non di un solo
procedimento, ma di una pluralità di procedimenti, e l’emanazione di altrettanti provvedimenti amministrativi
e, talvolta, di comportamenti materiali e atti di diritto privato.
Il codice ha quindi voluto superare l’equivoco concettuale, dovuto alla scelta del nome e poi dell’acronimo
R.U.P. mantenendo inalterato l’acronimo (per una pura coincidenza) ma mutando il nome al fine di sottolineare
che il ruolo ricoperto è quello di responsabile non di uno o più procedimenti ma di tutto l’intervento pubblico.
Non si tratta di un procedimento unitario articolato in più sub-procedimenti, eventualmente di competenza di
diversi uffici. Nel caso dei contratti disciplinati dal codice, si tratta di procedimenti diversi, ciascuno dei quali
destinato a sfociare nell’adozione di un provvedimento o atto autonomo.
Il codice dei contratti fa riferimento al responsabile unico del progetto come persona fisica e non come un
ufficio.
Quindi, ulteriore elemento di differenziazione sta nel fatto che mentre la L. n. 241 del 1990 disciplina il
responsabile del procedimento nella duplice accezione di unità organizzativa (disciplinata dall’art. 4) e di
persona fisica che nell’ambito dell’unità organizzativa è poi individuato come responsabile del procedimento
(art. 5), il codice disciplina il responsabile del progetto inteso come persona fisica e non come ufficio.
Di qui la previsione nell’allegato:
a) dei requisiti di professionalità e competenza richiesti al funzionario affinché possa essere nominato
responsabile unico del progetto;
b) di una esemplificazione dei delicati compiti di coordinamento e di impulso svolti da una persona fisica
dotata di adeguati titoli di studio e competenze professionali;
c) dei poteri decisionali del RUP nelle diverse fasi della realizzazione dell’intervento pubblico.
Si sono poi chiariti, in particolare, aspetti quali:
a) i rapporti tra i poteri del RUP e quelli della commissione giudicatrice;
b) i rapporti tra i poteri del RUP e le competenze valutative della commissione giudicatrice;
c) i poteri del RUP nel procedimento di valutazione di anomalia delle offerte;
d) i poteri del RUP in sede di approvazione degli atti di gara e della competenza alla adozione dei
provvedimenti di esclusione.
L’individuazione dei compiti del RUP è effettuata con il metodo delle elencazioni esemplificative. Ogni
disposizione contiene una norma di chiusura poiché va tenuto in debito conto che il RUP svolge tutti i compiti
relativi alla realizzazione dell’intervento pubblico che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o
soggetti.
È questa la ragione primaria, data la delicatezza dei compiti e delle pesanti responsabilità connesse, per cui è
stata concessa la facoltà di nominare responsabili di fase, che possono essere di grande ausilio nella gestione
dei molteplici e delicati compiti connessi alla realizzazione dell’intervento pubblico.
Art. 16
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Il comma 1 recepisce la nozione eurounitaria di conflitto di interessi che viene, tuttavia, riformulata e
semplificata, anche al fine di evitare inutili ridondanze.
Va premesso che la norma non riduce il presidio anticorruzione (che anzi resta invariato e viene anche esteso
con più chiarezza alla fase della esecuzione e ai soggetti non dipendenti della p.a.); si limita a eliminare norme
presenti in altra parte dell’ordinamento (ad esempio, nel piano anticorruzione, o nel codice di comportamento
dei dipendenti pubblici – d.P.R. n. 62 del 2013) evitando confusioni e sovrapposizioni.
In quest’ottica, la norma in esame specifica che il conflitto di interessi può riguardare qualsiasi soggetto, anche
non formalmente lavoratore dipendente della stazione appaltante o dell’ente concedente, che interviene nella
procedura di aggiudicazione e di esecuzione con compiti funzionali (che implichino esercizio della funzione
amministrativa, con esclusioni di mansioni meramente materiale o d’ordine) e che, pertanto, sia in grado di
influenzarne il risultato.
Il comma 2 ha l’obiettivo di perimetrare e rendere tassativa la nozione comunitaria, recependo gli
insegnamenti della giurisprudenza nazionale in materia.
Va a tal proposito evidenziato che le situazioni di conflitto di interessi assumono una notevole rilevanza nei
confronti del soggetto pubblico per le gravi conseguenze giuridiche derivanti dalla omissione della loro
dichiarazione. Dunque, non se ne può accettare una definizione generica e indeterminata che non renda
possibile inquadrare precisamente l’oggetto della omissione, considerando le ricadute disciplinari ma
soprattutto penali ai sensi dell’art. 323 c.p., atteso che la violazione dell’obbligo di astensione, ove prescritto
(anche dalla norma in esame, quindi), è intesa per giurisprudenza costante della Suprema Corte come un dovere
di astensione introdotto nell’ordinamento in via generale e diretta dall’art. 323 c.p. (ex multis Cass. Pen. Sez.
6, 15 marzo 2013, n.14457, 19 ottobre 2004, n. 7992), considerata una sorta di norma penale in bianco
completata dal richiamo alle varie ipotesi di astensione contemplate dalle leggi speciali, e indipendentemente
dall’avverarsi del fatto dannoso. Per questo, riprendendo alcuni spunti contenuti nel parere del Consiglio di
Stato n. 667 del 5 marzo 2019 (reso sulle Linee guida ANAC in materia di conflitto di interessi), il comma 2
precisa che un conflitto di interessi si determina le volte in cui a un soggetto sia affidata la funzione di cura di
un interesse altrui (così detto interesse funzionalizzato) ed egli si trovi, al contempo, ad essere titolare (de iure
vel de facto) di un diverso interesse la cui soddisfazione avviene aumentando i costi o diminuendo i benefici
dell’interesse funzionalizzato. Il conflitto di interessi non consiste quindi in comportamenti dannosi per
l’interesse funzionalizzato, ma in una condizione giuridica o di fatto dalla quale scaturisce un rischio di siffatti
comportamenti, un rischio di danno. L’essere in conflitto e abusare effettivamente della propria posizione sono
due aspetti distinti.
In coerenza con il principio della fiducia e al fine di preservare la funzionalità dell’azione amministrativa, la
norma precisa che la minaccia all’imparzialità e all’indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto
sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi ad interessi effettivi, la cui soddisfazione sia
conseguibile solo subordinando un interesse all’altro.
Il comma 3 si limita a prevedere i doveri del soggetto che versa in conflitto di interessi, ossia darne
comunicazione alla stazione appaltante o all’ente concedente e astenersi dal partecipare alla procedura di
aggiudicazione e dalla fase di esecuzione.
Art. 17
Il comma 1 onera sia le stazioni appaltanti che gli enti concedenti, prima dell’avvio delle procedure di
affidamento dei contratti pubblici, ad adottare un provvedimento in cui venga esternata la volontà di contrarre
e siano indicati gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle
offerte.
Il comma 2 prevede che in caso di affidamento diretto detto provvedimento sia direttamente costitutivo
dell’affidamento e ne indica il contenuto minimo. L’esistenza di una norma specifica per l’affidamento diretto,
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contrapposta a quella di cui al comma 1 che riguarda le procedure, evidenzia che il primo non costituisce
“procedura”.
Il comma 3 dispone che le procedure di gara devono concludersi entro precisi termini la cui fissazione in
concreto è contenuta nell’allegato I.3, che ha natura regolamentare e quindi può essere modificato o integrato
con questa fonte normativa, più duttile di quella legislativa. La norma è applicabile sia alle stazioni appaltanti
che agli enti concedenti. La fissazione di un termine generale di conclusione delle procedure di gara potrebbe
far sorgere dubbi di costituzionalità con riguardo alla sfera di autonomia delle Regioni, che possono essere
superati ove si consideri che tale previsione attiene alla materia della tutela della concorrenza: la certezza dei
tempi di svolgimento delle procedure di appalto favorisce infatti la maggiore partecipazione. Conseguenza del
superamento del termine è la formazione di un silenzio inadempimento da parte della stazione appaltante, che
legittima gli operatori economici a incardinare in sede giudiziaria la relativa azione; viene inoltre stabilito che
tale comportamento della stazione appaltante costituisce violazione del dovere di buona fede, con le relative
conseguenze in tema di responsabilità per lesione dell’affidamento.
Il comma 4 stabilisce che ogni concorrente può presentare una sola offerta che è vincolante per 180 giorni
dalla scadenza del termine per la sua presentazione, salvo diverso termine previsto dalla lex specialis di gara.
La stazione appaltante e l’ente concedente possono chiedere agli offerenti il differimento del termine, dando
conto nel relativo atto delle ragioni della richiesta.
Il comma 5 prevede la formulazione di una proposta di aggiudicazione alla stazione appaltante o ente
concedente parte del soggetto preposto alla valutazione delle offerte, a favore del concorrente che ha presentato
la migliore offerta non anomala. L’aggiudicazione viene disposta dall’organo competente della stazione
appaltante o ente concedente dopo effettuato positivamente il controllo dei requisiti in capo all’aggiudicatario,
successivamente al quale il contratto potrà essere stipulato o ne potrà essere iniziata l’esecuzione in via di
urgenza.
Il comma 6 prevede che l’aggiudicazione non equivalga ad accettazione dell’offerta, e che quest’ultima sia
irrevocabile fino al termine stabilito per la stipulazione del contratto.
Il comma 7 rimanda al successivo articolo 18 l’indicazione di tempi e modalità per la stipulazione del
contratto.
Il comma 8 prevede che l'esecuzione del contratto non ancora stipulato possa essere egualmente iniziata con
determina motivata della stazione appaltante e dell’ente concedente.
Il comma 9 indica la fattispecie in cui l’esecuzione del contratto prima della sua stipulazione è obbligatoria:
si tratta di situazioni in cui a seguito di eventi oggettivamente imprevedibili, è necessario ovviare a situazioni
di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio storico,
artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara
determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di
finanziamenti dell’Unione europea.
Il comma 10, per ribadire la finalità acceleratoria della disciplina, chiarisce che la pendenza di un contenzioso
sulla procedura non giustifica in alcun modo la sospensione della medesima o dell’aggiudicazione nel
frattempo intervenuta, salvi i poteri cautelari del giudice amministrativo e salvi i poteri di autotutela della
stazione appaltante, da esercitarsi da parte del dirigente competente.
Allegato I.3
I termini sono stati calcolati assumendo a paradigma la procedura aperta, che necessita mediamente di nove
mesi. Per la procedura ristretta l’incremento di un mese corrisponde alla necessità di selezionare le domande
di partecipazione e inviare le lettere invito. I termini per le altre procedure sono quantificati proporzionalmente.
Nel calcolo dei tempi massimi di conclusione delle procedure si è considerato che l’utilizzo dei criteri basati
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sul miglior rapporto tra qualità e prezzo o sul costo del ciclo di vita richiede ulteriori adempimenti, anche
complessi, rispetto alle fattispecie in cui il contratto venga affidato utilizzando il criterio del minor prezzo.
Il concetto di “gara”, cui applicare i termini indicati nell’allegato, comprende tutti gli adempimenti compresi
tra la pubblicazione del bando o l’invio dell’invito ad offrire e l’individuazione della migliore offerta; i tempi
necessari all’espletamento dell’eventuale verifica di anomalia e all’effettuazione della (necessaria) verifica sul
possesso dei requisiti dichiarati dal concorrente aggiudicatario per partecipare alla procedura si aggiungono a
quelli previsti per lo svolgimento delle gare.
Art. 18
La riscrittura degli artt. 32 e 33 del d.lgs. n. 18 aprile 2016, n. 50, persegue lo scopo della semplificazione
razionalizzando i testi vigenti. Le norme riguardanti il contratto pubblico vengono quindi scorporate dall’art.
32 del d. lgs. n. 50 del 2016 per confluire nell’art. 18, dedicato in specifico al contratto e alla sua stipulazione.
Il comma 1 prevede le forme della stipulazione del contratto pubblico e indica capitolati e computo metrico
estimativo richiamati nel bando o nell'invito che ne costituiscono parte integrante.
Il comma 2 prevede il termine massimo di 60 giorni per stipulare il contratto pubblico, con le relative
eccezioni. La eventuale pendenza di contenzioso non sospende il decorso del termine.
Il comma 3 disciplina l’istituto dello “stand and still” sostanziale riprendendo le previsioni comunitarie in
materia.
Il comma 4 disciplina l’istituto dello “stand and still” processuale che perdura fino alla pronuncia, cautelare o
decisoria della causa (con sentenza in forma semplificata) da parte del giudice.
Il comma 5 disciplina le conseguenze in caso di mancata stipulazione del contratto per fatto della stazione
appaltante o dell’ente concedente: l’aggiudicatario alternativamente può fare constatare il silenzio
inadempimento o notificare atto unilaterale di scioglimento ad ogni vincolo contrattuale; in quest’ultimo caso
non gli spetta alcun indennizzo ma solo il rimborso delle spese contrattuali.
Il comma 6, nella speculare ipotesi di mancata stipulazione del contratto per fatto dell’aggiudicatario, prevede
che l’aggiudicazione possa essere revocata. Il mancato rispetto del termine di stipulazione per fatto
dell’aggiudicatario costituisce quindi sopravvenuto motivo di pubblico interesse a tal scopo. Poiché però
l’esercizio dell’autotutela, in particolare della revoca, non è obbligatorio, le parti potranno comunque
addivenire ad una stipulazione tardiva se corrisponde all’interesse pubblico.
Secondo il comma 7 la mancata o tardiva stipula del contratto al di fuori delle ipotesi di cui ai precedenti
commi costituisce violazione del dovere di buona fede, anche in pendenza di contenzioso.
Il comma 8, laddove l’ordinamento della stazione appaltante o dell’ente concedente prevedano l’approvazione
del contratto, trasformano quest’ultima da sospensiva in risolutiva, a fini acceleratori.
Il comma 9 facoltizza stazioni appaltanti e enti concedenti a stipulare contratti di assicurazione per la
responsabilità civile derivante dalla conclusione e dall’esecuzione del contratto.
Il comma 10 rimanda all’allegato I.4 del codice per la determinazione dell’imposta di bollo a carico
dell’appaltatore, stabilendo che venga corrisposta in unica soluzione al momento della stipula del contratto e
in proporzione al suo valore. Prevede che, in sede di prima applicazione del codice, l’allegato è abrogato a
decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Allegato I.4
Le disposizioni contenute nel presente allegato semplificano le modalità di calcolo dell’imposta di bollo su atti
e documenti formati in esito a una delle procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici. Inoltre, viene
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chiarito che il pagamento dell’imposta come determinata sulla base della Tabella contenuta nel presente
allegato, cui l’appaltatore ai sensi dell’articolo 18, comma 10, del codice deve provvedere al momento della
stipula del contratto, tiene luogo dell’imposta di bollo dovuta per tutti gli atti e documenti riguardanti la
procedura di selezione e l’esecuzione dell’appalto, fatta eccezione per le fatture, note e simili di cui all’articolo
13, punto 1, della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.
PARTE II
DELLA DIGITALIZZAZIONE DEL CICLO DI VITA DEI CONTRATTI
La digitalizzazione della pubblica amministrazione rappresenta la vera grande sfida dei prossimi anni per
realizzare, in chiave moderna, la riforma del sistema economico-sociale e per essere, quindi, pronti a creare e
a utilizzare la nuova fonte di ricchezza e di conoscenza rappresentata dai “dati”.
Nell’ambito di tale tema la digitalizzazione dei contratti pubblici risulta fondamentale, non solo per realizzare
una vera transizione digitale, ma anche per il rilancio del Paese. Non a caso tra gli obiettivi più rilevanti del
Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza c’è proprio quello di «definire le modalità per digitalizzare le
procedure per tutti gli appalti pubblici e concessioni e definire i requisiti di interoperabilità e interconnettività»
(M1C1-70). Il PNRR, inoltre, delinea l’obiettivo di realizzare un Sistema Nazionale di e-Procurement, entro
il 31 dicembre 2023, volto a raccogliere le spinte di efficienza che giungono dallo sviluppo tecnologico e che
rinnovino i rapporti tra amministrazioni pubbliche e operatori; soprattutto, il sistema di e-procurement, in
stretta aderenza alle direttive europee deve concorrere a realizzare «la digitalizzazione completa delle
procedure di acquisto fino all'esecuzione del contratto (Smart Procurement), (che) deve essere interoperabile
con i sistemi gestionali delle pubbliche amministrazioni e prevedere l'abilitazione digitale degli OE, sessioni
d'asta digitali, machine learning per l'osservazione e l'analisi delle tendenze, CRM evoluto con funzioni di
chatbot, digital engagement e status chain» (M1C1-75).
La strada della digitalizzazione dei contratti pubblici individuata dal PNRR conduce alla disponibilità, da parte
di ogni stazione appaltante, di una e-platform come requisito di base per partecipare alla valutazione nazionale
della procurement capacity; alla semplificazione e alla digitalizzazione delle procedure delle centrali di
committenza; alla definizione delle modalità per digitalizzare le procedure per tutti gli appalti pubblici e
concessioni e dei requisiti di interoperabilità e interconnettività (M1C1 -70).
Va, infine, considerato che la digitalizzazione costituisce anche una efficace misura di prevenzione della
corruzione in quanto consente trasparenza, tracciabilità, partecipazione, controllo di tutte le attività, in modo
da assicurare il rispetto della legalità. Il settore delle commesse pubbliche rappresenta, infatti, un’attività
fortemente esposta a condotte corruttive, in ragione del potenziale economico che esprime e, quindi, occorrono
presidi efficaci e qualificati per fare in modo che le risorse stanziate non vengano distolte dal perseguimento
degli interessi pubblici. La digitalizzazione potrebbe, quindi, in definitiva assicurare efficacia, efficienza e
rispetto delle regole.
In aderenza agli obiettivi del PNRR la legge delega 21 giugno 2022, n. 78 ha delineato i principi che innervano
le disposizioni in tema di digitalizzazione:
- «gli obiettivi di riduzione e di certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti e
all'esecuzione degli appalti, dovranno essere raggiunti anche utilizzando la digitalizzazione e
l'informatizzazione delle procedure, la piena attuazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici e del
fascicolo virtuale dell'operatore economico» (lett. m);
- «le stazioni appaltanti potranno ricorrere anche ad automatismi nella valutazione delle offerte» (lett. t).
Il processo di digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, inteso come l’insieme di tutte le attività
che si susseguono dalla programmazione alla definizione del fabbisogno e fino alla completa esecuzione del
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contratto, costituisce una delle attività più onerose per le amministrazioni, le quali impiegano molto tempo ed
ingenti risorse nello svolgimento delle procedure, ancora gestite in larga parte in modalità tradizionale.
La trasformazione digitale dell’attività amministrativa e, in particolare, del procedimento, nato cartaceo e
stratificatosi nel tempo in relazione ai diversi ed ulteriori adempimenti via via richiesti dalla normativa vigente,
richiede necessariamente un ripensamento complessivo e una ideazione di procedure e adempimenti in ottica
nativa digitale.
La digitalizzazione end-to-end del processo di acquisto delle amministrazioni, mediante la semplificazione
delle procedure dei contratti pubblici e la realizzazione di un ecosistema integrato di piattaforme digitali,
consente di ridurre notevolmente i tempi e i costi di queste attività, oltre a favorire, di riflesso, la partecipazione
di eventuali nuovi operatori economici alle procedure di appalto.
Attualmente molte delle criticità dell’e-procurement in ambito pubblico sono dovute ad un approccio
disfunzionale che si è limitato a digitalizzare singole fasi ovvero ad adottare documenti digitalizzati (in formato
*.pdf, firmati digitalmente) senza modificare processi e procedure amministrative preesistenti, rese
particolarmente complesse dall’ipertrofia normativa che nel nostro ordinamento caratterizza la gestione degli
appalti pubblici.
In una prospettiva di ripensamento complessivo del sistema di e-procurement, funzionale ad una compiuta
digitalizzazione delle procedure di gara, sono state, quindi, condotte attività di analisi volte a comprendere lo
stato dell’arte e la qualità dell’attuale esperienza della pubblica amministrazione di procurement. All’esito di
tali analisi sono state individuate una serie di criticità, riconducibili:
- all’attuale gestione infrastrutturale del processo di procurement;
- all’attuale configurazione della “esperienza utente” degli attori principali coinvolti nel processo (pubbliche
amministrazioni e operatori economici);
- alla struttura e alle caratteristiche di alcune piattaforme di e-procurement che si utilizzano.
Le disposizioni della Parte II del Libro I del Codice, in linea con il PNRR e con le indicazioni rivenienti dalla
legge delega, mirano all’obiettivo di fondo di digitalizzare l’intera procedura dei contratti pubblici, fondandola
sulla acquisizione di dati e sulla creazione di documenti nativi digitali, da realizzarsi tramite piattaforme
digitali in modo da rendere possibile la interazione con le banche dati esistenti e consentendo,
contemporaneamente, un arricchimento delle stesse con i nuovi dati prodotti dalle singole procedure.
Rispetto alle disposizioni del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che pur prevede la “Digitalizzazione delle procedure”
(art. 44) e le “Procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione” (art. 58), in disparte il
ritardo con cui è giunto il relativo decreto attuativo (d.P.C.M. n. 148/2021) che non ha consentito nei tempi
assegnati dal Codice di attuare le norme menzionate, si impone ora l’estensione della digitalizzazione a tutto
il ciclo vita dei contratti pubblici, che inizia con la programmazione (CUP) e l’assegnazione del CIG fino a
ricomprendere le attività riferite alla conclusione e poi all’esecuzione contratto. Inoltre, si prevede che l’attività
venga svolta senza l’inserimento di documenti in formato *.pdf, ma con l’acquisizione diretta dei dati dalle
banche dati esistenti (machine to machine).
Centrale diventa, quindi, realizzare la interconnessione e la interoperabilità tra i sistemi telematici attraverso
le interfacce applicative (API), che consentono un risparmio di tempo per effettuare attività conoscitive (ad es.
verifica dei requisiti di partecipazione in capo agli operatori economici), per la effettiva realizzazione del
principio dello once only, onde conseguire la conoscenza di una serie di dati e informazioni che riguardano il
singolo contratto e che ne consentono tracciabilità e trasparenza.
Tutte le attività dovranno, insomma, svolgersi su piattaforme telematiche “certificate” che assicurino
l’interoperabilità dei servizi svolti e la confluenza delle informazioni su un’unica banca dati (la Banca dati
nazionale dei contratti pubblici di ANAC) che diventa, così, il collettore nazionale per gli appalti, anche ai fini
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dello svolgimento di una serie di adempimenti e servizi nevralgici per la legittimità delle procedure di gara,
quale ad esempio la pubblicità legale.
I principi che dovranno caratterizzare le piattaforme di e-procurement sono stati indicati dalla Commissione
europea:
1. “digital by default": le pubbliche amministrazioni dovrebbero fornire i servizi in formato digitale, comprese
le informazioni leggibili dalle macchine, come opzione predefinita;
2. "interoperability by default": i servizi pubblici dovrebbero essere progettati per funzionare senza problemi
in tutto il mercato unico e tra i silos organizzativi;
3. "once only principle": le pubbliche amministrazioni dovrebbero garantire che cittadini e imprese forniscano
le stesse informazioni una sola volta ad una pubblica amministrazione;
4. "cross-border by default": le pubbliche amministrazioni dovrebbero rendere disponibili i servizi pubblici
digitali pertinenti a livello transfrontaliero e prevenire un'ulteriore frammentazione, facilitando così la mobilità
all'interno del mercato unico;
5. "re-usability": le pubbliche amministrazioni, di fronte a un problema specifico, dovrebbero cercare di trarre
vantaggio dal lavoro di altri esaminando ciò che è disponibile, valutandone l'utilità o la rilevanza per il
problema in questione e, se del caso, adottando soluzioni che hanno dimostrato la loro valore altrove;
6. "user centricity": i bisogni e i requisiti degli utenti dovrebbero guidare la progettazione e lo sviluppo dei
servizi pubblici, in conformità con le seguenti aspettative: un approccio multicanale nell’erogazione dei
servizi; un unico punto di contatto per nascondere la complessità amministrativa interna; il feedback degli
utenti dovrebbe essere sistematicamente raccolto, valutato e utilizzato per progettare nuovi servizi pubblici e
migliorare quelli esistenti;
7. "inclusiveness and accessibility": le pubbliche amministrazioni dovrebbero progettare servizi pubblici
digitali che siano inclusivi per impostazione predefinita e soddisfino esigenze diverse;
8. "openness & transparency": le pubbliche amministrazioni dovrebbero condividere informazioni e dati tra
loro e consentire a cittadini e imprese di accedere al controllo e correggere i propri dati, nonché consentire agli
utenti di monitorare i processi amministrativi che li coinvolgono;
9. "trustworthiness & security": tutte le iniziative dovrebbero andare oltre il semplice rispetto del quadro
giuridico in materia di protezione dei dati personali e privacy e sicurezza informatica, integrando tali elementi
nella fase di progettazione.
Conclusivamente, va considerato che l’introduzione della digitalizzazione per ogni tipologia di contratto
pubblico indica un traguardo ambizioso che potrà realizzarsi compiutamente man mano che le stazioni
appaltanti si doteranno degli strumenti tecnologici necessari e crescerà la dimestichezza e la padronanza con i
nuovi servizi informatici. L'introduzione di nuovi strumenti e servizi digitali richiederà non solo una revisione
dei processi interni e dei procedimenti amministrativi adottati, con ricadute innovative a livello organizzativo
ma anche l’attenuazione dell’approccio emotivo che spesso si registra rispetto all’utilizzo di strumentazioni
informatiche nella pubblica amministrazione, soprattutto dall’interno delle stesse e che, invero, l’esperienza
della pandemia da Covid-19 ha in parte aiutato a superare. Lo sforzo che potrà essere richiesto alle
amministrazioni in generale, alle stazioni appaltanti e agli operatori economici, soprattutto nella fase iniziale
di attuazione delle norme sulla digitalizzazione dei contratti pubblici, dovrà necessariamente tenere conto del
differente livello di adeguatezza degli uffici, del grado di formazione dei soggetti coinvolti e della necessità
per le stazioni appaltanti, in particolare, per quelle non qualificate, di riorganizzare le strutture coinvolte, in
termini di dotazione tecnologica, di formazione del personale e di reingegnerizzazione dei processi.
La Parte II del Libro I contiene la disciplina fondamentale che permette di giungere fin da subito alla
digitalizzazione delle procedure di affidamento con l’auspicio che si possa arrivare in breve tempo a una
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completa digitalizzazione delle varie fasi al fine di consentire una migliore rintracciabilità e conoscenza delle
stesse e per consentire migliori policies riferite ai contratti pubblici.
Art. 19
Il comma 1 richiama i principi fondamentali che vengono in rilievo con l’attività di digitalizzazione; in
particolare, si tratta dei principi di neutralità tecnologica, trasparenza, sicurezza informatica, protezione dei
dati personali. Principi che consentiranno di dare attuazione in primis al diritto di cittadinanza digitale. Un
codice dei contratti pubblici al passo con i tempi non può trascurare, per il settore che va a regolare, una norma
generale avente ad oggetto i principi e i diritti digitali, in tal modo evocando la saldatura con le iniziative
unionali relative al processo di transizione digitale europeo in atto (si pensi, tra le altre, alla proposta della
Commissione del 26 gennaio 2022, rivolta al Parlamento europeo ed al Consiglio, di sottoscrizione di una
“Dichiarazione sui diritti ed i principi digitali”, che muove nella direzione di un rafforzamento di questi diritti,
avvertito come necessario, tanto che la dichiarazione dovrebbe assumere una funzione integrativa della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione). Sono richiamati al comma 1 anche i principi della neutralità tecnologica
e di trasparenza, in quanto assumono una particolare centralità nel settore in esame, per l’esigenza di preservare
le scelte consapevoli degli operatori economici che si coniugano con le garanzie di certezza e per assicurare
una piena conoscibilità dei processi decisionali, indispensabile nell’ottica della finalità di una rinnovata fiducia
verso l’azione amministrativa. Il filo conduttore che lega la trama dei principi testé richiamati è rappresentato
dalla considerazione che l’utilizzo della tecnologia assume sempre un ruolo servente, con il fine di accrescere
l’efficacia e l’efficienza dei processi decisionali, ma non può mai implicare un arretramento delle garanzie o
dei diritti degli operatori economici né dei doveri gravanti sulle pubbliche amministrazioni.
Il comma 2 chiarisce che operare in chiave digitale implica anche una piena applicazione del principio once
only, per cui i dati sono forniti una sola volta a un solo sistema informativo, non possono essere richiesti da
altri sistemi o banche dati, ma sono resi disponibili dal sistema informativo ricevente; stabilisce che tale
principio si applica ai dati relativi a programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché a tutte le
procedure di affidamento e di realizzazione di contratti pubblici soggette al presente codice, a quelle da esso
escluse, in tutto o in parte, ogni qualvolta siano imposti obblighi di comunicazione a una banca dati o a un
sistema informativo.
Il comma 3 sottolinea l’importanza che tutte le attività e i procedimenti amministrativi connessi al ciclo di vita
dei contratti pubblici siano svolti digitalmente al fine di realizzare dati che potranno essere fruiti secondo le
previsioni di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (CAD). Ciò implica che le attività e i procedimenti amministrativi
connessi all’intero ciclo di vita dei contratti pubblici saranno svolti digitalmente mediante le piattaforme e i
servizi digitali infrastrutturali delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti.
Il comma 4 ribadisce l’importanza, per l’effettiva realizzazione della digitalizzazione delle procedure di gara
che i soggetti titolari di banche dati consentano automaticamente l'accesso digitale alle informazioni disponibili
presso le banche dati di cui sono titolari, mediante le tecnologie di interoperabilità dei sistemi informativi
secondo le previsioni e le modalità di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Al fine di realizzare tale
accesso diretto i detti soggetti dovranno adottare le necessarie misure organizzative e di revisione dei processi
e dei regolamenti interni. Il rispetto dei principi elencati in questo articolo impone anche che le stazioni
appaltanti e, in generale, tutti i soggetti coinvolti adottino idonee misure organizzative, e di revisione dei
processi e dei regolamenti interni, al fine di consentire la completa gestione digitale dei procedimenti e di
abilitare l'accesso digitale alle informazioni disponibili presso le banche dati di cui sono titolari, mediante le
tecnologie di interoperabilità dei sistemi informativi previste dal CAD. Essenziale saranno, quindi, la
interconnessione e la interoperabilità tra i sistemi telematici attraverso le interfacce applicative (API), in modo
da consentire un risparmio di tempo nell’acquisire i dati e le informazioni pertinenti a ogni contratto e che ne
consentano la tracciabilità e la trasparenza.
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Il comma 5 prevede che le stazioni appaltanti, gli enti concedenti, nonché gli operatori economici adottano
misure tecniche e organizzative a presidio della sicurezza informatica e della protezione dei dati personali. In
attesa che le iniziative di regolazione dell’utilizzazione di strumenti e tecnologie digitali, anche per quanto
concerne i profili di sicurezza, vengano portate a compimento e, soprattutto, concretamente attuate (a titolo
esemplificativo, il riferimento è all’attuazione del sistema delle certificazioni di sicurezza informatica, alla
realizzazione del Polo strategico nazionale, alla proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale) le
previsioni contenute nella norma in esame sono funzionali anche a favorire la diffusione di misure, da parte
delle amministrazioni, utili alla qualificazione e alla sicurezza, stimolando anche per tale via una uniformità
di standard e una crescita complessiva della cultura della sicurezza informatica nella pubblica amministrazione
e tra gli operatori economici. Si è tenuto conto, inoltre, della circostanza che sicurezza informatica e tutela dei
dati non sono coincidenti, pur potendosi registrare sovrapposizioni, come avviene quando un incidente nella
sicurezza informatica determina anche una violazione di dati personali.
Inoltre è previsto che le stazioni appaltanti assicurano la formazione del personale addetto, garantendone il
costante aggiornamento La sfida della digitalizzazione richiede, infatti, non solo l’acquisto di dispositivi e di
software, ma sarà indispensabile anche la formazione e l’aggiornamento del personale addetto che dovrà
gestire le nuove procedure digitali. Partendo dalla constatazione che la digitalizzazione non è una opzione ma
una necessità, la qualificazione tecnica del personale costituisce una precondizione perché possa essere attuata
e, peraltro, corrisponde ad un preciso criterio di delega previsto dall’art. 1, c. 2, lett. c) della legge delega. Da
ciò scaturisce l’esigenza che a tale qualificazione si provveda non attraverso sporadiche iniziative, bensì
garantendo un’azione mirata, soprattutto attraverso attività di formazione e di costante aggiornamento,
adeguate alla rapidità dell’evoluzione digitale: azioni che divengono, quindi, espressione di principi generali
che l’amministrazione deve considerare anche in sede di contrattazione.
I commi 6 e 7 in linea con l’art. 1, lett. t), della legge delega, fanno riferimento alla possibilità, per le stazioni
appaltanti, di ricorrere, ove possibile, e in base al tipo di procedura di affidamento da realizzare, a procedure
automatizzate nella valutazione delle offerte. Proprio considerando questa possibilità è stato inserito, nella
Parte II anche una norma (art.30) riferita all’uso di soluzioni tecnologiche particolarmente innovative, ivi
inclusa l’intelligenza artificiale. Inoltre le piattaforme utilizzate saranno accessibili nei limiti delle garanzie dei
diritti di privativa.
Il comma 8 introduce la previsione per cui si impone alle regioni e alle province autonome, non solo il rispetto
delle disposizioni ivi contenute, ma anche di assicurare il supporto necessario alle stazioni appaltanti di
interesse locale che operano sui territori di rispettiva competenza.
Il comma 9, infine, chiarisce che le disposizioni in materia di digitalizzazione rientrano nell’ambito delle
materie di competenza esclusiva dello Stato, in quanto costituiscono esercizio della funzione di coordinamento
informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'articolo
117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.
Art. 20
L’articolo 20 è dedicato al principio della trasparenza e in particolare all’indicazione degli strumenti previsti
nell’ordinamento al fine di assicurare la concreta attuazione del principio di trasparenza. La trasparenza è,
nell’ambito della moderna visione dell’amministrazione, un valore portante e necessario dell’ordinamento, che
assume un fondamentale rilievo anche come strumento di riavvicinamento del cittadino alla pubblica
amministrazione. Per trasparenza amministrativa deve intendersi la comprensibilità e la conoscibilità
dall’esterno dell’attività finalizzate a realizzare imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa e a
rendere maggiormente chiare e credibili le scelte rivolte alla cura dell’interesse generale.
E’ sufficiente richiamare quanto dispone il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 sul principio di trasparenza per rendersi
conto della centralità di detto principio quale regola dell’organizzazione e dell’attività amministrativa e per la
realizzazione di una moderna democrazia: «La trasparenza ... concorre ad attuare il principio democratico e i
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principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza
nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle
libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona
amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino»
Nella materia dei contratti pubblici la trasparenza è tra i principi cardine dell’agere amministrativo,
consentendo attraverso norme e adempimenti proprio la conoscibilità delle procedure e assicurando
partecipazione, concorrenza, efficienza.
La trasparenza però non deve trasformarsi in un principio solo “proclamato”, ma deve essere nei fatti garantito
e concretamente attuato consentendo l’attivazione di quella serie di strumenti che permettono ai cittadini di
conoscere il modus operandi delle stazioni appaltanti e degli altri soggetti che operano. Vanno quindi attuati
in concreto gli strumenti di trasparenza previsti dal decreto legislativo 33/2013. In primo luogo va tenuto conto
che la trasparenza nel settore dei contratti pubblici è attuata a mezzo di specifici obblighi di pubblicazione a
carico delle pubbliche amministrazioni per come individuati ora dall’articolo 28 del Codice e dall’articolo 37
del d. lgs. 33/2013 con riguardo alle procedure bandite, e pubblicati secondo le modalità previste dal
menzionato decreto trasparenza nell’ambito della sotto sezione “Bandi di gara e contratti” presente nella
sezione Amministrazione trasparente sui siti istituzionali. In caso di mancata pubblicazione dei dati indicati i
cittadini possono attivare lo strumento dell’accesso civico al fine di ottenere la pubblicazione dei dati mancati
e per i quali sussiste l’obbligo di pubblicazione.
Inoltre va anche considerato l’altro importante strumento di trasparenza quale il diritto di accesso civico “c.d.
generalizzato”, che consente a tutti i cittadini di avere contezza di atti amministrativi senza che sia richiesta
alcuna legittimazione, accesso da assicurarsi nel rispetto degli interessi pubblici e privati previsti per legge che
tuttavia ne segnano i limiti.
Il comma 1 in linea quindi con la disciplina generale sulla trasparenza amministrativa evidenzia che la strada
per assicurare la c.d. trasparenza “proattiva” è assicurata attraverso l’individuazione dei dati, delle
informazioni e degli atti che devono essere pubblicati sul sito istituzionale. Questi dati che allo stato sono
individuati all’articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190 – norma che con il presente Codice
se ne dispone l’abrogazione, si rinvengono all’articolo 28. La pubblicazione di questi dati risponde solo a
finalità di trasparenza e non di pubblicità legale; infatti gli obblighi di pubblicazione che attualmente
caratterizzano l’area dei contratti pubblici è di due tipi (come tra l’altro premette anche l’incipit del comma
1): la pubblicità degli atti di gara rivolta a produrre effetti legali, che si realizza con la pubblicazione degli atti
nella sezione dei siti istituzionali con funzione di albo pretorio o di albo on line e la pubblicità che, invece,
viene assicurata nell’ambito della sezione “Amministrazione trasparente” dei siti istituzionali delle
amministrazioni, con lo scopo di informare i cittadini relativamente alle procedure di gara bandite, la tipologia
di opere servizi e forniture oggetto delle procedure di gara e i costi degli affidamenti medesimi al fine, per
come prescrive la norma richiamata, di favorire quel controllo diffuso che è alla base del principio della
trasparenza amministrativa.
Il comma 2 enuncia il principio secondo cui le comunicazioni e l’interscambio di dati per le finalità di
conoscenza e di trasparenza avvengono nel rispetto del principio di unicità del luogo di pubblicazione e
dell’invio delle informazioni. Ciò anche al fine di assicurare una semplificazione degli adempimenti in capo
alle amministrazioni le quali molto spesso si trovano a dover comunicare i dati per popolare le banche dati
detenute da altri soggetti pubblici e a pubblicare poi le stesse informazioni sul proprio sito istituzionale per
altre finalità. Sarebbe opportuno quindi che queste attività si concentrassero e che l’invio di informazioni e
dati soddisfacessero contemporaneamente a più finalità.
Il comma 3 prevede, infine, espressamente che le regioni e le province autonome devono assicurare la
trasparenza nel settore dei contratti pubblici.
Art. 21
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Il comma 1 indica le fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici, da intendersi come le attività riguardanti le
procedure di gara fino a includere quelle conclusive del contratto. L’idea di fondo è che tutte le attività devono
essere conoscibili e riconducibili a un numero identificativo iniziale assegnato alla singola procedura, avviata
con il Codice Unico di Progetto (CUP) e il Codice Identificativo di gara (CIG). Il ciclo di vita digitale riferito
al singolo contratto si articola nelle fasi previste dalla disposizione, cioè la programmazione, con il riferimento
all’ambito in cui si inserisce la procedura da indire, la progettazione, che rappresenta l’ideazione della
documentazione di gara, la pubblicazione, che comporta la conoscibilità, per la generalità, dell’avvio della
procedura e che permette ai potenziali interessati di partecipare, l’affidamento che, in disparte la tipologia di
procedura utilizzata, culmina con l’individuazione del soggetto con cui sarà stipulato il contratto e, infine, la
fase di esecuzione del contratto.
I commi 2 e 3 precisano che tutte le attività svolte e riguardanti l’intero ciclo di vita dei contratti devono essere
espletate mediante utilizzo di piattaforme e servizi interoperabili, nel rispetto delle previsioni del CAD, perché
solo così si consente la produzione di dati e lo scambio degli stessi tra banche dati. Inoltre introducono la
regola generale per cui sia le stazioni appaltanti sia gli operatori economici devono operare digitalmente
attraverso i sistemi digitali, individuati dalle disposizioni della Parte II, del Libro I. Ai fini della tracciabilità
dei flussi finanziari, all’atto dell’avvio della procedura di gara deve essere acquisito il codice identificativo di
gara (CIG) secondo quanto previsto dall’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136.
Art. 22
I commi 1 e 2 definiscono l’ecosistema nazionale di e-procurement, cioè l’insieme delle piattaforme e dei
servizi digitali che interessano l’intero ciclo dei contratti pubblici. Vengono quindi individuate le attività che
saranno realizzate digitalmente attraverso le piattaforme (redazione di documenti nativamente digitali, accesso
elettronico alla documentazione, presentazione delle offerte) e prescritta l’interoperabilità con le banche dati
che contengono i dati utili per le procedure di gara e con il fascicolo virtuale dell’operatore economico, per ciò
che attiene alle verifiche relative al possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara. Inoltre attraverso le
piattaforme si prevede anche la realizzazione del controllo tecnico, contabile e amministrativo dei contratti
anche in fase di esecuzione e la gestione delle garanzie presentate.
Il comma 3 chiarisce che nell’ambito dell’ecosistema nazionale di e-procurement, per l’interscambio delle
informazioni e dei dati di rispettiva competenza, sono necessariamente incluse le banche dati più rilevanti per
realizzare il principio dell’once only, quali le basi dati di interesse nazionale di cui all’articolo 60 del CAD.
Art. 23
I commi 1 e 2 sono dedicati alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita presso l’ANAC e alle
sezioni in essa contenute, che diventa l’infrastruttura tecnologica portante dell’ecosistema nazionale di eprocurement.
La Banca dati nazionale dei contratti pubblici, di cui è titolare in via esclusiva l’ANAC, è prevista dall’art. 213
del d. lgs. n. 50/2016 e dall’articolo 62 bis del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82, per assicurare «l'efficacia, la
trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa per l'allocazione della spesa pubblica in
lavori, servizi e forniture, anche al fine del rispetto della legalità e del corretto agire della pubblica
amministrazione e prevenire fenomeni di corruzione».
L’obiettivo è di realizzare un “Portale Unico per gli appalti”, valorizzando il patrimonio infrastrutturale e di
dati già in possesso dell’Autorità. Centrale per l’alimentazione della banca dati diventa la Piattaforma degli
appalti pubblici che è una sezione della Banca dati Nazionale dei contratti pubblici che interopera con le
piattaforme digitali di e-procurement utilizzate dalle stazioni appaltanti per la digitalizzazione di tutte le fasi
della gara pubblica. Le sezioni in cui si articola la banca dati nazionale dei contratti pubblici ed i servizi
collegati sono determinate dall’Autorità con propri provvedimenti.
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Il comma 3 specifica che la banca dati nazionale dei contratti pubblici ha accesso, tramite interoperabilità, a
tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire
accessibilità unificata, trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa
prodromiche e successive. La Banca dati nazionale dei contratti pubblici, infatti, interagisce – tramite
interoperabilità - con la piattaforma digitale nazionale dati di cui all’articolo 50-ter del CAD, nonché con tutte
le banche dati dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, del CAD (pubbliche amministrazioni, concessionari
di pubblici servizi e società a controllo pubblico), che detengono dati necessari al ciclo di vita digitale dei
contratti, oltre che con le piattaforme di approvvigionamento digitale utilizzate dalle stazioni appaltanti e con
il portale dei soggetti aggregatori di cui al decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66. Fondamentale sarà quindi
l’attività di acquisizione dei dati: oltre a quelli che vi giungono per competenza, tramite i sistemi informatizzati
di ANAC, sarà importante che possano essere accessibili tramite la banca dati tutte le informazioni contenute
nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire accessibilità unificata, trasparenza,
pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa prodromiche e successive. Al fine di
consentire il ciclo di vita digitale di tutte le fasi dei contratti pubblici è specificamente previsto che tuti i
soggetti coinvolti nell’attività relativa al ciclo di vita dei contratti, ove non già accreditati alla piattaforma di
cui all’articolo 50-ter del predetto decreto legislativo n. 82 del 2005, sono tenuti ad accreditarsi alla predetta
piattaforma di cui all’articolo 50-ter del decreto legislativo n. 82 del 2005 nonché alla Banca dati nazionale
dei contratti pubblici, a sviluppare le interfacce applicative e a rendere disponibili le proprie basi dati, nel
rispetto delle Linee Guida AgID in materia di interoperabilità.
Il comma 4 ribadisce che la banca dati nazionale dei contratti pubblici interopera con le piattaforme digitali di
e-procurement utilizzate dalle stazioni appaltanti per la digitalizzazione di tutte le fasi del ciclo di vita dei
contratti pubblici, anche mediante l’attuazione delle disposizioni contenute nel regolamento di esecuzione
(UE) 2019/1780. Non solo: la banca dati nazionale dei contratti pubblici rende disponibili, mediante
interoperabilità, i servizi e le informazioni necessari allo svolgimento delle fasi dell’intero ciclo dei contratti
pubblici, anche per ottemperare agli obblighi di pubblicazione a fini di trasparenza previsti dal decreto
legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Presso l’ANAC è istituita, infatti, la Piattaforma unica della trasparenza, già
prevista dal PNRR, e che trova ora fondamento legislativo nella legge sulla concorrenza di recente approvata
e, in particolare, nell’ambito delle delega al Governo in materia di servizi pubblici locali di cui all’art. 8,
comma 2, lett. u), della legge 5 agosto 2022, n. 118. Viene assicurato anche che l’ANAC rende disponibili ai
sistemi informativi regionali competenti per territorio le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti
istituzionali, sulla base di appositi accordi con le regioni.
Il comma 5 prevede che l’ANAC individui con proprio provvedimento le informazioni e i dati che le stazioni
appaltanti dovranno rendere disponibili sulla banca dati saranno altresì individuati i tempi entro i quali i titolari
delle piattaforme e delle banche dati dovranno garantire l’integrazione con i servizi infrastrutturali abilitanti
l'ecosistema di e-procurement. Tale integrazione è realizzata attraverso i servizi digitali resi disponibili da
ANAC sulla Piattaforma digitale nazionale dati, di cui all’articolo 50-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005,
n. 82, nel rispetto delle relative regole tecniche.
Il comma 6 prevede che l’ANAC rende disponibili per i sistemi informativi regionali competenti per territorio
le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali.
I commi 7 e 8 prevedono disposizioni tese a scongiurare che non vengano comunicate all’ANAC le
informazioni necessarie ovvero che in ragione di rifiuto od omissioni si metta a rischio l’interoperabilità delle
banche dati. Affinché la Banca dati nazionale dei contratti pubblici svolga il suo ruolo di collettore nazionale
dei dati e delle informazioni sul ciclo di vita dei contratti pubblici è necessario che sia costante e tempestiva
l’attività di popolamento dei dati nella banca dati. Per questa ragione viene prevista la possibilità di irrogare
una sanzione a carico dei soggetti che omettano di trasmettere dati ovvero trasmettano informazioni non
veritiere. In particolare, è previsto che tali casi rappresentano violazioni degli obblighi di transizione digitale
punibili ai sensi dell’art. 18-bis del CAD e, a tal fine, ANAC provvede alla immediata segnalazione ad AGID
per la contestazione della violazione e l’irrogazione della sanzione. La sanzione prevista sostanzia un presidio
essenziale al fine di garantire il popolamento della BDNCP la cui assenza rischierebbe di compromettere lo
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stesso processo di digitalizzazione e le funzioni riconducibili in tale ambito alla banca dati. La sanzione è
infatti proprio collegata alla trasmissione dei dati relativi alle procedure di gara che dovranno essere forniti
secondo le indicazioni della stessa ANAC.
Il comma 9 prevede che, al fine di ridurre gli oneri amministrativi dei soggetti attuatori, i dati possono essere
utilizzati nell’ambito delle procedure concernenti i finanziamenti degli investimenti pubblici come strumento
di verifica dell’effettivo utilizzo delle risorse e di avanzamento procedurale nei tempi previsti dalle leggi di
spesa.
Art. 24
I commi 1 e 2 trattano del Fascicolo virtuale dell’operatore economico, istituito presso la banca dati nazionale
dei contratti pubblici di ANAC; tramite esso sono consultabili per ciascun operatore economico, i dati e le
informazioni per la verifica dei requisiti generali e speciali, occorrenti per partecipare alla gara, da parte delle
stazioni appaltanti. Naturalmente, per il miglior funzionamento del fascicolo virtuale e per la ottimizzazione
dei servizi e la semplificazione dei controlli che potranno offrirsi, sarà fondamentale la collaborazione delle
amministrazioni competenti al rilascio delle certificazioni riferite al possesso dei requisiti, le quali dovranno
consentire, in tempo reale, la disponibilità delle certificazioni in formato digitale, mediante accesso alle proprie
banche dati, con modalità automatizzate, mediante interoperabilità secondo le prescrizioni delle linee guida
già adottate da AgID (“Linee guida sull'interoperabilità tecnica delle Pubbliche Amministrazioni”
(Determinazione AgID n. 547/2021), “Linee guida Tecnologie e standard per la sicurezza dell’interoperabilità
tramite API dei sistemi informatici” e “Linee Guida sull'infrastruttura tecnologica della Piattaforma digitale
nazionale dati per l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati” (Determinazione AgID n.
627/2021) nonché di quelle che saranno adottate ai sensi dell’art. 26 del Codice.
Il comma 3 prevede che le amministrazioni competenti al rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 94,
riferite ai requisiti di partecipazione generale che possono comportare esclusione automatica dalla gara
garantiscono alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, attraverso la Piattaforma di cui all’articolo 50-ter
del decreto legislativo n. 82 del 2005 e l’accesso per interoperabilità alle proprie banche dati, ai sensi
dell’articolo 23, comma 3, del codice la disponibilità in tempo reale delle informazioni e delle certificazioni
digitali necessarie ad assicurare l’intero ciclo di vita digitale di contratti pubblici.
Infine, la norma prevede che in ragione dell’attività e dei servizi realizzati attraverso il fascicolo, l’ANAC
predispone anche l’elenco aggiornato di operatori economici già accertati e le modalità per l'utilizzo degli
accertamenti già effettuati per gare diverse; tanto al fine di consentire, in prospettiva, la possibilità di
partecipare a più gare entro un determinato arco temporale di validità dei dati e delle informazioni acquisite.
Il comma 4 prevede che per la funzionalità del fascicolo virtuale dell’operatore economico, l’indicazione dei
dati e il loro aggiornamento, i termini e le regole tecniche per l’acquisizione è prevista l’adozione di un
provvedimento da parte dell’ANAC, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'AgID
al fine di individuare le tipologie di dati da inserire nel fascicolo virtuale dell’operatore economico, concernenti
la partecipazione alle procedure di gare e il loro esito, in relazione ai quali è obbligatoria la verifica attraverso
la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
Art. 25
I commi 1 e 2 disciplinano le piattaforme digitali di e-procurement che costituiscono l’insieme dei servizi e
dei sistemi informatici, interconnessi e interoperanti, utilizzati dalle stazioni appaltanti per svolgere una o più
fasi delle procedure di gara e per assicurare la piena digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti
pubblici. Le piattaforme digitali di e-procurement dovranno interoperare con i servizi della Piattaforma
nazionale degli appalti e, attraverso questa, con la banca dati nazionale dei contratti pubblici. Le piattaforme
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di e-procurement dovranno assicurare la parità di accesso degli operatori e la partecipazione alla gara degli
stessi, anche in caso di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme.
Il comma 3 introduce la previsione secondo cui la stazione appaltante, non dotata di una propria piattaforma
digitale di e-procurement, dovrà necessariamente avvalersi delle piattaforme messe a disposizione da altre
stazioni appaltanti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni e province autonome.
Il comma 4 ribadisce il principio già previsto all’art. 41, c. 2-bis, del d. lgs. n. 50 del 2016, per cui non possono
essere posti a carico dei concorrenti, ovvero dell'aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle
piattaforme.
Art. 26
Il comma 1 disciplina la competenza dell’AgID di stabilire, di intesa con ANAC e la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale, i requisiti tecnici delle piattaforme digitali di eprocurement e la conformità di dette piattaforme.
I commi 2 e 3 prevedono che con lo stesso provvedimento di cui al comma 1 sono fissate le modalità per la
certificazione delle piattaforme digitali di e-procurement erogate da soggetti privati al fine della loro
compatibilità con l’ecosistema nazionale di e-procurement e che quindi tutte le attività connesse alla procedura
di gara devono essere svolte su piattaforme telematiche “certificate”. La certificazione è curata dall’AgID e
consente l’integrazione con i servizi della Banca dati nazionale dei contratti pubblici. L’ANAC cura e gestisce
il registro delle piattaforme certificate.
Art. 27
La novità introdotta dall’articolo 27 si sostanzia nella individuazione della banca dati nazionale dei contratti
pubblici come unico collettore nazionale (eSender) che convoglia verso il sistema SIMAP/TED la pubblicità
dei bandi e degli avvisi relativi a procedure sopra soglia per realizzare la pubblicità legale in ambito europeo.
In questo modo si attua anche il principio dell’invio unico delle informazioni dei dati visto che gli stessi dati
inviati per la pubblicità a livello europeo devono confluire nella banca dati per procedere con la pubblicità dei
bandi e degli avvisi a livello nazionale.
La nuova disciplina è in linea con il Reg. UE 1780/2018 .
L'Ufficio delle pubblicazioni dell'UE è responsabile della pubblicazione degli avvisi di appalti pubblici dell'UE
nella GUCE e nel TED (Tender Electronic Daily). Per pubblicare sul TED, le amministrazioni pubbliche
aggiudicatrici europee possono inviare i dati richiesti riguardanti i bandi e gli avvisi inserendoli in appositi
moduli online oppure utilizzando i servizi digitali messi a disposizione da soggetti qualificati denominati
"eSender".
Il comma 1 disciplina le modalità per realizzare la pubblicità legale attraverso la banca dati nazionale dei
contratti pubblici, compresa la trasmissione dei dati all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, e per
gli adempimenti di pubblicità sul territorio nazionale aventi effetti di legge per come previsti dal Codice.
L’idea di fondo è quella di semplificare gli adempimenti in capo alle stazioni appaltanti e fare in modo che, a
fronte di un unico invio dei dati decorrano gli effetti giuridici dalla data di pubblicazione nella banca dati
nazionale dei contratti pubblici, attraverso l’interoperabilità di quest’ultima con le altre banche dati della
pubblica amministrazione sarà garantita la disponibilità tempestiva di tutti i dati acquisiti.
L’attuazione della regola dell’“unico invio” dovrà assolvere a tutti gli obblighi di pubblicazione.
Al momento, si rinvengono, infatti, le seguenti attività di invio dati:
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1) richiesta CIG e invio dei dati dei contratti alla banca dati nazionale dei contratti pubblici,
attraverso il sistema SIMOG;
2) pubblicazione atti nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (TED), art. 72 del d.lgs. n. 50
del 2016 (redazione e modalità di pubblicazione dei bandi e degli avvisi);
3) pubblicazione atti nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, art. 73 del d.lgs. n. 50
del 2016 (pubblicazione a livello nazionale);
4) pubblicazione dei documenti di gara sul profilo del committente (d.m. 2 dicembre 2016
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
5) pubblicazione sul profilo del committente nella sezione "Amministrazione trasparente", ai
sensi dell’attuale art. 29, c. 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il comma 2 prevede che la documentazione di gara è resa costantemente disponibile attraverso le piattaforme
digitali e i siti istituzionali delle stazioni appaltanti, nonché costantemente accessibile attraverso il
collegamento con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici. Gli operatori economici potranno avere
contezza dei bandi di gara o accedendo al portale dei dati aperti dell’ANAC oppure accedendo dal sito della
stazione appaltante, che metterà a disposizione dell’utente la documentazione di gara e ne consentirà la
partecipazione.
Il comma 3 prevede una disposizione molto importante ai fini della produzione degli effetti giuridici degli atti
oggetto di pubblicazione i quali decorreranno dalla data di pubblicazione sulla Banca dati nazionale dei
contratti pubblici.
Il comma 4 prevede che i tempi e le modalità di attuazione del regime di pubblicità legale saranno stabiliti
dall’ANAC con un proprio provvedimento da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del codice,
d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che fino alla data di entrata in vigore di tale
provvedimento la pubblicità legale in ambito nazionale è garantita con le modalità di cui all’articolo 225,
comma 2.
Il comma 5 prevede una clausola di invarianza finanziaria in base alla quale l’attività di cui sopra dovrà essere
svolta con le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
Art. 28
I commi 1 e 2 disciplinano gli obblighi di pubblicazione per adempiere alle prescrizioni in materia di
trasparenza di cui al d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33. La norma prevista ha come obiettivo quello di uniformare
gli adempimenti in modo da evitare appesantimenti e duplicazioni per le stazioni appaltanti relativamente
all’attività di pubblicazione dei dati.
Si prevede l’invio unico dei dati da parte delle stazioni appaltanti all’ANAC, sempre tramite piattaforma
digitale, per ottemperare agli obblighi di trasparenza sulla sezione “Amministrazione trasparente” nella
sottosezione “Bandi di gara e contratti” e per popolare i dati della banca dati dei contratti pubblici. In attuazione
dell’art. 9-bis del d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in tema di “Pubblicazione delle banche dati” e utilizzando la
Piattaforma Unica della trasparenza presso l’ANAC, la disposizione intende semplificare gli adempimenti
riferiti alla trasparenza, i quali si intenderanno assolti con la trasmissione dei dati alla banca dati di ANAC.
All’esito dell’invio dei dati potrà essere pubblicato, nella sezione "Amministrazione trasparente", il
collegamento ipertestuale alla banca dati.
Oltre alle informazioni e ai dati relativi alle procedure di gara, come individuati dalla disciplina sulla
trasparenza, in linea con le previsioni del codice vigente, sono pubblicati nella sezione “Amministrazione
trasparente” la composizione della commissione giudicatrice e i curricula dei suoi componenti, nonché i
resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione.
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Il comma 3 individua in particolare i dati oggetto di pubblicazione e che, nel dettaglio, sono individuati
dall’articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190, norma che in ragione del trasferimento
nell’articolo 28 degli obblighi di pubblicazione in materia di contratti pubblici sarà abrogata con l’entrata in
vigore del codice. I dati oggetto di obbligo di pubblicazione sono: la struttura proponente; l’oggetto del bando;
l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di
completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate. Questi stessi dati saranno
comunicati alla banca dati all’ANAC e saranno utilizzati per popolarla.
Il comma 4 prevede che l'ANAC individui con proprio provvedimento le informazioni e i dati e le relative
modalità di trasmissione per l’attuazione del presente articolo.
Art. 29
Il comma 1 stabilisce che le comunicazioni e gli scambi di informazioni previste dal codice avvengono
mediante l’utilizzo del domicilio digitale, secondo le previsioni del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (CAD) e in
attuazione dell’articolo 22 della Direttiva 2014/24/UE e che le comunicazioni tra le pubbliche amministrazioni
avvengono mediante l'utilizzo della posta elettronica o in cooperazione applicativa secondo le previsioni del
medesimo decreto legislativo.
Art. 30
I commi da 1 a 3 rivestono particolare rilievo in quanto si tratta di una disciplina di grande novità per
l’ordinamento italiano perché, per la prima volta, sebbene nel solo settore dei contratti pubblici, sono
individuati a livello normativo i principi da rispettare in caso di utilizzo di procedure automatizzate.
L’introduzione della disposizione si è resa necessaria in ragione del criterio di delega di cui alla lettera t) che
ammette, per le stazioni appaltanti, la possibilità di ricorrere anche ad automatismi nella valutazione delle
offerte.
Si tratta di una disposizione volta a disciplinare il futuro (prossimo), in quanto, allo stato, nell’ambito delle
procedure di gara sono utilizzati per lo più algoritmi non di apprendimento, utilizzati per il confronto
automatico di alcuni parametri caratterizzanti le offerte e conoscibili. Tuttavia, non si può escludere che, a
breve, la disponibilità di grandi quantità di dati possa consentire l’addestramento di algoritmi di apprendimento
da applicare alle procedure di gara più complesse; da qui l’utilità dell’inserimento di una disciplina che
richiami i principi destinati a governare tale utilizzo, anche alla luce dei principi affermati sia in ambito europeo
che dalla giurisprudenza amministrativa.
Inoltre, deve considerarsi che dopo la modifica dell’art. 3-bis, nell’ambito della legge 7 agosto 1990, n. 241,
che ha previsto la regola generale dell’utilizzo di strumenti informatici e telematici da parte delle pubbliche
amministrazioni, per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, nei rapporti interni, tra le diverse
amministrazioni e tra queste e i privati, la disposizione introdotta con l’articolo 30 rappresenta un tassello
importante che si aggiunge al tema dell’utilizzo degli algoritmi e dei sistemi di intelligenza artificiale
nell’ambito di tutta l’attività amministrativa.
Sono recepiti non soltanto i principi, che si sono da tempo affermati in ambito europeo sul tema dell’utilizzo
di soluzioni di intelligenza artificiale ma anche – come accennato poco sopra - quelli enunciati dai giudici
amministrativi, secondo cui le stazioni appaltanti, in sede di acquisto o sviluppo delle soluzioni tecnologiche,
si assicurano la disponibilità del codice sorgente e di ogni altro elemento utile a comprenderne le logiche di
funzionamento; che la decisione assunta all’esito di un processo automatizzato deve considerarsi imputabile
alla stazione appaltante. Sono altresì recepiti i principi per cui il processo decisionale non deve essere lasciato
interamente alla macchina, dovendo assicurarsi il contributo umano per controllare, validare ovvero smentire
la decisione automatica e per cui la decisione algoritmica non comporti discriminazioni di sorta.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Il comma 4 prevede che le pubbliche amministrazioni adottino ogni misura tecnica e organizzativa idonea a
garantire che siano rettificati i fattori che comportano inesattezze dei dati e sia minimizzato il rischio di errori,
nonché a impedire effetti discriminatori nei confronti di persone fisiche sulla base della nazionalità o
dell'origine etnica, delle opinioni politiche, della religione o delle convinzioni personali, dell'appartenenza
sindacale, dei caratteri somatici o dello status genetico, dello stato di salute, del genere o dell'orientamento
sessuale.
Il comma 5, infine, prevede un adempimento per dare trasparenza e consentire ai cittadini e agli operatori di
sapere se nelle attività riferite agli appalti pubblici si utilizzano o meno soluzioni tecnologiche avanzate come
individuate al comma 1 della norma, imponendo alle pubbliche amministrazioni di darne contezza sul sito
istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”.
Art. 31
Il comma 1 disciplina una anagrafe di nuova istituzione, grazie ai dati e alle informazioni acquisite tramite la
banca dati nazionale dei contratti pubblici e ai servizi erogati mediante il fascicolo virtuale dell’operatore
economico. La nuova disposizione, in parte, conserva le utilità delle attuali White list e, in parte, è funzionale
alla certificazione di cui al comma 2.
Il comma 2 chiarisce che l’Anagrafe degli operatori economici presso l’ANAC censirà gli operatori economici
a qualunque titolo coinvolti nei contratti pubblici nonché i soggetti, le persone fisiche e i titolari di cariche ad
essi riferibili.
I commi 3 e 4 prevedono che i dati dell’anagrafe saranno resi disponibili a tutti i soggetti cooperanti
nell’ambito dell’ecosistema nazionale di e-procurement, attraverso le piattaforme digitali e per i trattamenti e
le finalità legate alla gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici. L’Anagrafe si avvale delle informazioni
presenti nel Registro delle imprese in quanto fonte del sistema delle imprese; censisce altresì gli operatori
economici partecipanti alle gare non tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese (e.g.: imprese straniere,
raggruppamenti temporanei di imprese, ecc.). Infine, di rilievo la disposizione per cui per le persone fisiche
inserite nell’Anagrafe con riferimento ai vari operatori economici assumono valore certificativo i ruoli e le
cariche rivestiti non risultanti dal registro delle imprese.
Art. 32
La disposizione rappresenta la trasposizione fedele dell’art. 34 della direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 24, per
cui se ne conserva il testo previsto dall’ art. 55 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50. L’unica novità è rappresentata
dall’inserimento del nuovo comma 15 in ragione della possibilità di applicare gli accordi quadro anche al
Sistema dinamico di acquisizione, in linea con una modifica normativa del 2019.
L’art. 1, comma 586, della legge n. 160 del 2019 prevede, infatti, la possibilità che gli accordi quadro, nonché
le convenzioni-quadro di cui all’ art. 26 della legge n. 488 del 1999 (che si caratterizzano per essere degli
accordi quadro con condizioni tutte fissate stipulati da Consip S.p.a. e dai soggetti aggregatori, quali strumenti
di acquisto per le amministrazioni di riferimento) siano aggiudicati mediante procedura svolta nell’ambito del
sistema dinamico di acquisizione.
Tale modalità coniuga i vantaggi delle convenzioni-quadro e degli accordi quadro (aggregazione della
domanda, maggiori volumi negoziati, riduzione dei prezzi unitari) con le opportunità fornite dai sistemi
dinamici di acquisizione che, oltre a consentire un’informatizzazione completa della procedura, garantiscono
maggiore trasparenza e concorrenzialità grazie alla possibilità di ingresso di nuovi fornitori durante tutto il
periodo di validità del bando, nonché una maggiore flessibilità nel soddisfare esigenze specifiche delle stazioni
appaltanti mediante l’opportunità di personalizzare, attraverso gli appalti specifici, le caratteristiche dei beni o
dei servizi.
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Al contempo, al fine di garantire adeguata tutela giurisdizionale agli operatori economici partecipanti, la
medesima disposizione ha espressamente sancito l’obbligo di rispettare, nell’ambito della procedura in parola,
il termine sospensivo di 35 giorni tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto (c.d. stand still period), come
previsto dalla direttiva 2007/66/CE attualmente recepito nell’ordinamento interno nell’ art. 32, comma 9, del
d.lgs. n. 50 del 2016.
Ciò premesso, alla luce della rilevanza che la misura in esame assume nel garantire tempestività e continuità
dell’offerta di strumenti per le stazioni appaltanti, si propone di inserire nel nuovo codice dei contratti pubblici
la previsione di cui al citato art. 1, comma 586, della legge n. 160 del 2019. Più precisamente, si propone di
integrare il testo dell’art. 55 del d. lgs. n. 50/ 2016, dedicato ai “Sistemi dinamici di acquisizione”, prevedendo
che gli accordi quadro e le convenzioni-quadro possano essere stipulati in sede di aggiudicazione di un appalto
specifico sul sistema dinamico di acquisizione, con l’espressa precisazione che in questa ipotesi trova
applicazione il termine di stand-still.
Il comma in discorso si sostanzia, dunque, in un intervento di sistematizzazione, volto a creare un testo
normativo coordinato e tendenzialmente comprensivo di ogni profilo rilevante, in linea con gli obiettivi di
semplificazione e complessivo riassetto della normativa riguardante i contratti pubblici cui tende il progetto
legislativo del nuovo Codice.
Art. 33
La disposizione è la trasposizione fedele dell’art. 35 della direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 24, per cui se ne
conserva il testo previsto dall’art. 56 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50. L’unica modifica sostanziale introdotta,
riguarda il comma 4 che prevede direttamente gli elementi che deve contenere la documentazione di gara
riferita alle aste elettroniche relative agli appalti nei settori ordinari e speciali, assorbendo nell’ambito
dell’articolato, il contenuto dell’allegato XII del d. lg. 50/2016.
Art. 34
La disposizione è la trasposizione fedele dell’art. 36 della direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 24 per cui se ne
conserva il testo previsto dall’art. 57 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, fatta eccezione per qualche piccola
modifica, dovuta all’abrogazione dell’art. 52 del medesimo decreto legislativo.
Art. 35
Il comma 1 introduce le modifiche alla disciplina sull’accesso e riservatezza in tema di contratti pubblici resesi
necessarie al fine di allineare lo svolgimento della procedura di accesso all’utilizzo delle piattaforme di eprocurement; si precisa, infatti, che le stazioni appaltanti assicurano l’accesso alle procedure di affidamento e
di esecuzione dei contratti pubblici in modalità digitale, mediante acquisizione diretta dei dati e delle
informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi dell’articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.
241 e degli articoli 5 e 5 bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
L’altra novità rilevante, quindi, riguarda il riconoscimento per tutti i cittadini della possibilità di richiedere,
attraverso l’istituto dell’accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e
disciplinati dall’art. 5-bis del d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Va, infatti ricordato sul punto che il Consiglio di stato con l’Adunanza plenaria n. 10/2020 ha affermato che
detto strumento si applica a tutte le fase dei contratti pubblici, chiarendo che il principio di trasparenza, che si
esprime nella conoscibilità dei documenti amministrativi, rappresenta il fondamento della democrazia
amministrativa in uno stato di diritto, assicurando anche il buon funzionamento della pubblica amministrazione
attraverso l’intellegibilità dei processi decisionali e l’assenza di corruzione. Partendo da queste premesse,
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l’Adunanza plenaria è giunta a chiarire che l’accesso civico generalizzato sostanzia un diritto fondamentale
che contribuisce al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l’ordinamento giuridico
riconosce alla persona. La natura fondamentale del diritto di accesso generalizzato secondo il Consiglio di
Stato si rinviene oltre che nella Carta costituzionale (artt. 1, 2, 97 e 117) e nella Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea (art. 42) anche nell’art. 10 della CEDU in quanto la libertà di espressione include la
libertà di ricevere informazioni e le eventuali limitazioni, per tutelare altri interessi pubblici e privati in
conflitto, sono solo quelle previste dal legislatore, risultando la disciplina delle eccezioni coperta da riserva di
legge.
Con l’accesso civico generalizzato il legislatore ha voluto introdurre il diritto della persona a ricercare
informazioni, quale diritto che consente la partecipazione al dibattito pubblico e di conoscere i dati e le
decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo “democratico” che l’istituto intendere
perseguire.
La conoscenza dei documenti, dei dati e delle informazioni amministrative consente, in conclusione, la
partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di
responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese.
Il comma 2 è modificato prevedendo più in dettaglio e in che tempi si può ottenere la documentazione di
gara di interesse, quale ad esempio le domande di partecipazione e gli atti, dati e informazioni relativi ai
requisiti di partecipazione e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, i verbali relativi
alla valutazione delle offerte e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, e infine i verbali riferiti alla
fase di verifica dell’anomalia dell’offerta. Tutti questi documenti non si potranno conoscere fino
all’aggiudicazione.
Il comma 3 ricorda che fino alla conclusione delle fasi o alla scadenza dei termini di cui al comma 2 gli atti, i
dati e le informazioni non possono essere resi accessibili o conoscibili pena la violazione dell'articolo 326 del
codice penale.
I commi 4 e 5 prevedono le ipotesi di esclusione dall’accesso. Queste ipotesi si riferiscono, in particolare, alle
informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo
motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali, e alle piattaforme digitali e
alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti
di privativa intellettuale. Dette limitazioni potranno essere superate e quindi giungere all’ostensione della
documentazione in questione se all’esito del bilanciamento tra interessi contrapposti l’ostensione risulta
indispensabile ai fini della difesa in giudizio degli interessi giuridici rappresentati del richiedente in relazione
alla procedura di gara.
Art. 36
Nell’ambito delle procedure di affidamento grande rilievo assume la fase della conoscenza e della trasparenza
della procedura attraverso la possibilità, da parte dei partecipanti, di chiedere alla stazione appaltante di avere
contezza non solo di quanto dichiarato dai partecipanti in sede di presentazione delle offerte, ma anche di come
la stessa stazione appaltante abbia fatto la sua scelta, anche al fine di comprendere se siano stati rispettati i
principi basilari della “evidenza pubblica” e cioè la par condicio dei partecipanti e la concorrenza.
L’istituto dell’accesso ai documenti nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici,
attualmente disciplinato dall’art. 53 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è sempre risultato quindi norma centrale
per consentire ai partecipanti di avere conoscenza e di tutelare i propri interessi giuridici nelle opportune sedi.
È una fase conoscitiva degli atti che si verifica quasi sempre a valle della procedura di scelta dell’aggiudicatario
e che rispetto all’attuale svolgimento può essere velocizzata tenuto conto delle possibilità di maggiore
efficienza che offre la procedura di gara digitalizzata.
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La circostanza che la gara sia svolta su piattaforma di e-procurement alla quale gli operatori che hanno
presentato offerte possono accedere direttamente (in ragione di credenziali ricevute o altre modalità di accesso
quali lo SPID) consente agli stessi operatori di avere accesso ai dati, alle informazioni o in alcuni casi ai
documenti presenti sulla piattaforma, immediatamente una volta che le esigenze di differimento di cui all’art.
35, comma 2 siano venute meno. Al termine della procedura di gara i candidati e gli offerenti non
definitivamente esclusi potranno accedere ai verbali creati digitalmente e alla documentazione di gara entro i
termini previsti, che danno conto delle valutazioni effettuate dalla stazione appaltante. Ciò consente di
comprendere se ci siano state illegittimità o scorrettezze da contestare.
Il comma 1 in via innovativa dispone la diretta “messa a disposizione” in piattaforma dell’offerta
dell’aggiudicataria, per cui l’offerta dell’operatore economico aggiudicatario, insieme a tutti i verbali di gara
e agli atti, dati e informazioni presupposti all’aggiudicazione, sono resi disponibili, attraverso la piattaforma
digitale di e-procurement utilizzata dalla stazione appaltante, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente
esclusi al momento della comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90.
La scelta di mettere a disposizione di tutti i partecipanti alla gara non definitivamente esclusi, l’offerta
dell’aggiudicataria nasce da una duplice considerazione: in primo luogo l’articolo 55, co. 2, lett. c) della
direttiva 2014/24/UE prevede che l’amministrazione aggiudicatrice comunica quanto prima e, comunque,
entro 15 giorni dalla richiesta «ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammissibile le caratteristiche
e i vantaggi relativi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle
parti dell’accordo quadro». Quindi a richiesta tutti gli offerenti possono conoscere l’offerta selezionata.
In secondo luogo va considerato quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa in tema di accesso
civico generalizzato ai sensi dell’art. 5, del d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33, applicato ai contratti pubblici, il cui
dibattito sul punto ha trovato componimento nella decisione del Consiglio di Stato resa in Adunanza Plenaria,
del 2 aprile 2020, n. 10. Detta sentenza ha definitivamente riconosciuto la possibilità di conoscere, da parte del
“quisque de populo”, gli atti della procedura di gara, compresi gli atti della fase esecutiva, nei limiti della tutela
degli interessi pubblici e privati coinvolti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis del d. lgs. 14 marzo 2013,
n.33.
Ciò porta a ritenere che l’offerta selezionata all’esito di una procedura di gara, una volta individuata dalla
stazione appaltante, diventa di “interesse pubblico” in quanto, rispetto alla collettività, è l’offerta che
l’amministrazione si impegna a realizzare e a pagare con soldi pubblici con la possibilità di essere conosciuta
da tutti i cittadini e, quindi, a maggior ragione, dai partecipanti alla procedura di gara che sono legittimati a
conoscere gli atti della medesima e a sapere come l’amministrazione ha fatto la sua scelta, anche per tutelare i
propri interessi in sede processuale.
Mettere a disposizione dei partecipanti tutti gli atti della procedura e l’offerta selezionata all’esito
dell’aggiudicazione consente all’amministrazione di evitare una eventuale fase amministrativa relativa alle
istanze di accesso e ai partecipanti di conoscere immediatamente la scelta fatta dall’amministrazione e
orientarsi sulla opportunità o meno di procedere in sede processuale.
Il comma 2 prevede un’altra importante novità del Codice e ciò al fine di ridurre i tempi dell’eventuale
contenzioso che può venirsi a creare rispetto alla procedura di gara. La novità riguarda la messa a disposizione,
reciprocamente per i successivi 4 soggetti collocatisi in graduatoria dopo l’aggiudicatario e anche in favore di
quest’ultimo, delle offerte e dei documenti, dei verbali di gara, degli atti dei dati e delle informazioni riferite
alle singole offerte al fine di orientarsi immediatamente se impugnare gli atti di gara oppure no.
Non si ritiene in linea con il portato della direttiva rendere disponibili per tutti e al contrario di ciò che è
previsto per la sola offerta dell’aggiudicataria, le offerte dei 4 partecipanti collocatisi in graduatoria nelle
posizioni successive al primo, in quanto tali soggetti, a fronte di alcun beneficio derivante per loro dalla gara
medesima, sarebbero chiamati comunque a sacrificare la loro legittima aspettativa di non vedere diffusa la loro
offerta, senza che ci sia un motivato interesse a conoscerla. Ciò inoltre potrebbe anche comportare
partecipazioni alle procedure di gara “pretestuose” con allungamento dei tempi in quanto un ampliamento
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eccessivo della regola della conoscibilità diretta delle offerte potrebbe indurre molti operatori economici a
partecipare alle gare a mero titolo esplorativo.
Il comma 3 disciplina l’altra novità importante ai fini dell’accesso su piattaforma e che conduce a una
velocizzazione delle procedure di gara. Infatti le stazioni appaltanti, al momento della pubblicazione sulla
piattaforma dell’offerta dell’aggiudicataria daranno anche indicazione in merito alle eventuali richieste di
oscuramento delle offerte per cui queste si intenderanno valutate anche per le eventuali parti segrete presenti,
per come indicate dall’operatore economico in sede di presentazione dell’offerta ai sensi dell’art. 35, comma
4, lett. a).
La stazione appaltante già nella fase procedimentale della valutazione delle offerte ha, infatti, modo di
considerare la sussistenza e la rilevanza delle ragioni di segretezza dichiarate dai partecipanti per la presenza
di segreti tecnici o commerciali; proprio per ottimizzare i tempi, quindi, già in quella fase si valuterà se
l’offerta, nel caso in cui dovesse risultare selezionata, potrà essere ostesa a tutti i partecipanti, nella sua
interezza oppure andranno mantenute coperte, perché ritenute segrete, le parti indicate. In caso di messa a
disposizione sulla piattaforma dell’offerta selezionata, con indicazione delle parti oscurate, il procedimento di
accesso nella sua fase amministrativa si intende concluso per cui coloro che hanno interesse a conoscere le
parti riservate dovranno adire direttamente il giudice amministrativo.
Il comma 4 prevede tempi più ristretti per proporre ricorso avverso le parti considerate segrete anche dalla
stessa amministrativa all’esito della fase amministrativa. Il ricorso proposto secondo il rito dell’accesso di cui
all’art. 116 c.p.a. deve essere notificato entro 10 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione ai sensi
dell’articolo 90.
Il comma 5 prevede, al fine di tutelare anche le ragioni del partecipante alla gara, il quale ha formulato espressa
richiesta di oscuramento a norma dell’art. 35, comma 4, lett. a), che nel caso in cui l’amministrazione ritenga
di non condividere le ragioni di segretezza rappresentate dall’offerente selezionato o anche dagli altri 4
collocatisi in graduatoria dopo il primo, al fine di dare tutela anche alle ragioni di riservatezza rappresentate
dagli stessi, le parti oscurate saranno rese disponibili solo dopo che siano decorsi i termini per adire il giudice
amministrativo.
Il comma 6 interviene per scongiurare la pratica abbastanza diffusa tra gli operatori economici di indicare
come segrete parti delle offerte senza che sussistano reali ragioni; nel caso in cui, infatti, l’amministrazione
ritenga insussistenti le ragioni di segretezza è previsto che la stazione appaltante o l’ente concedente può
inoltrare segnalazione all’ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita
dall’articolo 222, comma 9, ridotta alla metà nel caso di pagamento entro 30 giorni dalla contestazione, qualora
vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento.
Il comma 7 reca disposizioni processuali accelerate riferite al ricorso proposto per conoscere o impedire
l’ostensione di parti dell’offerta ritenute riservate. In disparte i termini di fissazione dell’udienza camerale più
veloci la norma prevede che la sentenza venga redatta in forma semplificata e pubblicata entro cinque giorni
dall’udienza di discussione, la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni
contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie.
Il comma 8 chiarisce che il rito e i termini di cui sopra si applicano anche nei giudizi di impugnazione.
Il comma 9 reca, infine, indicazioni per la individuazione del termine di impugnazione dell’aggiudicazione e
dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella dell’aggiudicataria, il quale decorre comunque
dalla comunicazione di cui all’articolo 90.
PARTE III
DELLA PROGRAMMAZIONE
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Art. 37
Al comma 1 si introduce una programmazione triennale anche per gli acquisti di beni e servizi (nel vigente
codice dei contratti aveva durata biennale) in modo da allineare l’orizzonte temporale della programmazione
degli acquisiti a quella dei lavori nonché degli atti di programmazione economico-finanziaria (DUP e bilancio
di previsione). Viene, inoltre, inserito un riferimento ai principi contabili di cui al d.lgs. n. 118/2011, tenuto
conto dello stretto collegamento tra programmazione gestionale (acquisti, lavori) e programmazione
finanziaria alla luce della necessità di stanziamento delle risorse a bilancio (che ha natura autorizzatoria della
spesa). L’allegato 4/1 al d.lgs. n. 118/2011, che disciplina il principio contabile applicato concernente la
programmazione di bilancio, individua nel rispetto delle compatibilità economico-finanziarie e nella verifica
della possibile evoluzione della gestione dell'ente due fondamentali presupposti per assicurare che la
programmazione dei lavori e degli acquisti sia funzionale al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
definiti in ambito nazionale. Sotto tale profilo, si registra piena coerenza con il principio, già postulato nel
vigente codice dei contratti, che prescrive di identificare, quale condizione per l’approvazione, i mezzi
finanziari destinati alla copertura dei lavori inseriti nell’elenco annuale.
Il comma 2 è ispirato ad una finalità di semplificazione e prevede l’obbligo di inserimento nel programma
triennale solo per gli interventi di importo pari o superiore alla soglia di 150.000 euro. È previsto l’inserimento
nel piano triennale anche dei lavori di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea di cui all’articolo
14, comma 1, lettera a) previa approvazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali e
nell’elenco annuale previa approvazione del documento di indirizzo della progettazione. L’obbligo di
redazione di siffatto documento viene escluso per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, di
qualunque importo, per i quali la redazione è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione.
Il comma 3 introduce, analogamente al comma 2, anche per la programmazione degli acquisti di beni e servizi,
una soglia minima ai fini dell’obbligo di inserimento nella programmazione triennale (140.000 euro).
Il comma 4 prevede l’obbligo di pubblicazione degli atti di programmazione sul profilo del committente e
nella banca dati nazionale dei contratti pubblici.
Il comma 5 esclude dall’ambito di applicazione la pianificazione dei soggetti aggregatori e delle centrali di
committenza.
Il comma 6 rinvia all’allegato I.5 al codice per la disciplina di dettaglio degli schemi tipo, degli ordini di
priorità degli interventi e della specificazione delle fonti di finanziamento. Tale allegato riprende il contenuto
del vigente d.m. 14/2018, senza variazioni particolarmente rilevanti salvi gli adattamenti alle nuove
terminologie e ai nuovi istituti introdotti dal nuovo codice (p.es. programmazione triennale anziché biennale)
e quelli imposti dalla “riscrittura” in modo più organico e razionale dell’articolo 37 del nuovo codice rispetto
al vigente art. 21 del d.lgs. n. 50/2016.
Il comma 7 specifica che in sede di prima applicazione del codice, l’allegato I.5 è abrogato a decorrere dalla
data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere del Comitato Interministeriale per la Programmazione
Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS), d'intesa con la Conferenza unificata, che lo sostituisce
integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Allegato I.5
Questo allegato riprende il contenuto del vigente d.m. 16 gennaio 2018, n. 14, senza variazioni particolarmente
rilevanti salvi gli adattamenti alle nuove terminologie e ai nuovi istituti introdotti dal nuovo codice (p.es.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
programmazione triennale anziché biennale) e quelli imposti dalla “riscrittura” in modo più organico e
razionale dell’articolo 37 del nuovo codice rispetto al vigente articolo 21 del d.lgs. n. 50/2016.
Art. 38
La disposizione introduce per la prima volta nel codice dei contratti pubblici un procedimento dedicato alla
localizzazione delle opere di interesse statale, uniformando, coordinando e semplificando le previsioni
contenute nel d.P.R. n. 383 del 1994, nell’art. 13 d.l. n. 76 del 2021 e nell’art. 44 d.l. 77 del 2021, in conformità
con i criteri e gli indirizzi della legge delega (art. 2 lett. o).
La formulazione della disposizione in esame si è ispirata al testo dell’art. 44, comma 4, del decreto-legge n.
77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, pur nella considerazione degli elementi
di peculiarità che caratterizzano le opere oggetto della sopra indicata disposizione, ritenendosi le scelte operate
funzionali ad assicurare gli obiettivi perseguiti con la legge delega.
Il comma 1 risponde allo scopo di chiarire le disposizioni extra codice che trovano applicazione per
l’approvazione dei progetti, definendo, inoltre, l’ambito di applicazione della procedura introdotta con la
disposizione in esame, per il quale si è riconnessa centralità alla natura dell’opera di interesse pubblico da
realizzare.
Il comma 2 specifica i casi di esclusione dell’applicazione della disposizione, circoscritti alle opere
espressamente indicate per le quali la conformità del progetto di fattibilità tecnica ed economica alla disciplina
urbanistica ed edilizia sia stata già accertata, rendendosi, dunque, ultronei e non giustificati aggravamenti
procedurali e duplicazioni.
Il comma 3 delinea l’avvio del procedimento, stabilendo che la stazione appaltante o l’ente concedente devono
provvedere alla convocazione di una conferenza di servizi che si svolge secondo la modalità semplificata di
cui all’art. 14 bis della legge n. 241 del 1990 (già richiamato al comma 1), volta all’approvazione del progetto
di fattibilità tecnica ed economica.
Il perimetro dei partecipanti alla suddetta conferenza di servizi è stato definito con il riferimento alle
amministrazioni interessate, ivi comprese le regioni, le province autonome, i comuni incisi dall’opera e le
amministrazioni preposte alla tutela ambientale, del patrimonio culturale, del paesaggio e della salute, tenendo,
dunque, conto di tutte le interferenze che l’opera può determinare.
Il comma 4 considera specificamente il caso in cui l’opera pubblica rivesta interesse statale, in tal caso
stabilendosi che il progetto di fattibilità tecnica ed economica, il quale non può prescindere dal contemplare
l’alternativa di progetto a consumo zero del suolo ai fini della rigenerazione urbana, deve essere trasmesso,
per l’acquisizione del relativo parere, al Consiglio superiore dei lavori pubblici o al competente Provveditorato
interregionale per le opere pubbliche. A venire in rilievo, dunque, in tale caso è un parere obbligatorio che
dovrà vagliare anche la praticabilità di soluzioni progettuali suscettibili di stimolare la rigenerazione urbana,
in linea con le scelte di fondo perseguite con crescente incisività dal legislatore nazione ed a livello unionale.
Il comma 5 ulteriormente dettaglia lo sviluppo procedimentale con riguardo alle opere pubbliche di interesse
statale, contingentando i termini per provvedere al fine di scongiurare arresti che rischierebbero di pregiudicare
le attività già espletate e la stessa utilità degli elementi acquisiti.
Si stabilisce, infatti, che, nell’eventualità in cui il Consiglio superiore dei lavori pubblici o il Provveditorato
interregionale ravvisino carenze ostative al rilascio del parere, provvedono alla restituzione del progetto nel
termine di quindici giorni, specificando le modifiche o le integrazioni necessarie. Dalla ricezione di tali atti
decorre il termine, avente espressa natura perentoria, di quindici giorni entro il quale la stazione appaltante o
l’ente concedente deve procedere alle modifiche ed alle integrazioni richieste.
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In coerenza con la caratterizzazione acceleratoria di tutta la procedura, è stato introdotto il silenzio assenso nel
caso in cui il parere non venga reso nei termini. Sia il termine massimo per il parere (45 giorni) sia il silenzio
assenso sono volti a garantire la completezza istruttoria e documentale in seno alla conferenza di servizi.
Il comma 6 è ispirato alla medesima finalità acceleratoria, laddove prevede che il progetto (originario o
modificato) trasmesso al Consiglio superiore o al Provveditorato venga tempestivamente trasmesso anche
all’autorità competente per la VIA: la trasmissione al Consiglio superiore e quella all’autorità competente per
la VIA sono, sul piano delle tempistiche, pressoché sincronizzati, in modo da “riversare” entrambi il più
celermente possibile nella conferenza di servizi. Nella medesima conferenza confluisce anche la
documentazione del dibattito pubblico, ove svolta (che esclude e assorbe qualunque altra forma di
consultazione pubblica).
Il comma 7 stabilisce analoghe modalità acceleratorie anche relativamente all’approvazione delle opere per
cui non è richiesto il parere del Consiglio superiore o del Provveditorato interregionale (opere pubbliche di
interesse locale o di interesse statale per le quali non è richiesto il parere). In tal caso il progetto è trasmesso
per la valutazione di impatto ambientale contestualmente alla convocazione della conferenza di servizi in modo
da consentire alle amministrazioni che partecipano alla conferenza di conoscere tempestivamente l’esito della
VIA.
Il comma 8 indica i pareri, le verifiche e i documenti che sono oggetto dell’esame in conferenza (parere del
Consiglio superiore, esiti del dibattito pubblico, verifica preventiva dell’interesse archeologico e VIA) e
specifica che l’esame di tali atti deve avvenire “tenuto conto delle preminenti esigenze di appaltabilità
dell’opera e di certezza dei tempi di realizzazione” (indicazione mutuata testualmente dall’art. 44 del d.l. n. 77
del 2021): si fornisce in tal modo una linea di indirizzo dell’attività istruttoria e decisoria della conferenza, in
linea con il principio del risultato.
Il comma 9 indica il termine massimo di conclusione della conferenza di servizi, prorogabile per un temine
non superiore a dieci giorni unicamente su istanza (debitamente motivata) delle amministrazioni preposte alla
tutela di interessi sensibili (paesaggistico, culturale, ambientale, salute, ecc.). Il termine massimo della
conferenza, quindi, non può essere superiore a 70 giorni. Si ribadisce, inoltre, in conformità alla disciplina
generale, che nel caso in cui le amministrazioni non si siano espresse entro il termine di conclusione della
conferenza, come pure nell’ipotesi di assenza delle medesime o di formulazione di un dissenso immotivato o
riferito a questioni estranee all’oggetto della conferenza, l’assenso si considera comunque acquisito.
Il comma 10 precisa l’esatta portata della determinazione conclusiva, indicandone analiticamente gli effetti,
in quanto provvedimento a contenuto multiplo e complesso, sul piano autorizzatorio, urbanistico, ambientale,
paesaggistico, localizzativo. Si chiarisce che la determinazione conclusiva ha effetto di variante agli strumenti
urbanistici vigenti, comprende il provvedimento di VIA, i titoli abilitativi necessari e la dichiarazione di
pubblica utilità ed indifferibilità delle opere nonché il vincolo preordinato all’esproprio.
Il comma 11 pone specifici oneri a pena di decadenza alle amministrazioni partecipanti alla conferenza,
imponendo l’espressione di un dissenso qualificato e costruttivo attraverso prescrizioni adeguate ai fini del suo
superamento e proporzionate all’intervento da realizzare, indicando le misure che rendano compatibile l’opera
e possibile l’assenso.
Il comma 12 reca una disposizione intertemporale, sancendo – con chiara finalità acceleratoria delle procedure
già in corso – che il comma precedente si applica anche ai procedimenti non ancora conclusi alla data di entrata
in vigore del codice.
Il comma 13 prevede, in chiave di semplificazione e di accelerazione, la permanente validità di progetti,
autorizzazioni e intese posti alla base di appalti in precedenza annullati, ritirati o revocati (per vizi non afferenti
alle intese, autorizzazioni e progetti). Tali atti possono essere posti alla base di nuovi appalti, in assenza di
variazioni nel progetto e nella regolamentazione ambientale, paesaggistica e urbanistica. Rispetto alla
disciplina previgente (art 27, comma 1 bis, d. lgs 50/2016 che prevedeva una validità per un periodo non
superiore a 5 anni) non è previsto un termine massimo di validità degli atti, ma è richiesto che il RUP attesti
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in maniera specifica che non sono intervenute variazioni sostanziali né nel progetto né nella cornice normativa
sulla base dei quali gli atti erano stati emanati: la validità è, pertanto, condizionata non dal dato temporale ma
dall’assenza di variazioni sostanziali (che, peraltro, sono fisiologiche con il trascorrere del tempo).
Il comma 14 fa salve disposizioni vigenti previste per determinate tipologie di opere pubbliche di interesse
nazionale, quali quelle previste, a titolo esemplificativo, nei seguenti ambiti: infrastrutture autostradali e viarie
(art. 20 l. n. 340/2000); opere concernenti reti ferroviarie (art. 9 l. n. 340/2000); impianti di produzione di
energia elettrica (l. n. 880/1973), alimentati anche da fonti rinnovabili (d.lgs. 387/2003, d.lgs. 28/2011);
infrastrutture lineari energetiche (gasdotti, elettrodotti, oleodotti e reti di trasporto di fluidi termici: artt. 52quater e quinquies d.p.r. n. 327/2001); centrali termoelettriche ed elettronucleari e gli impianti di gestione del
combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (l. n. 393/1975, d.lgs. n. 45/2014); opere destinate alla
difesa nazionale (d.lgs. 66/2010); infrastrutture e insediamenti produttivi di carattere strategico e di preminente
interesse nazionale (l. n. 443/2001). Del pari, restano ferme le disposizioni speciali relative al PNRR di cui
all’art 44 del decreto-legge n. 77 del 2021.
Art. 39
L’articolo in esame disciplina la programmazione e la progettazione delle infrastrutture strategiche e di
preminente interesse nazionale.
Sono introdotti, rispetto al passato, significativi momenti di semplificazione e accelerazione delle procedure,
all’iter ordinario di cui all’articolo 38, grazie anche all’introduzione di ulteriori modificazioni innovative
mutuate dall’articolo 44 del decreto-legge n. 77 del 2021.
In particolare, il comma 1 stabilisce l’ambito di applicazione della presente disposizione, prevedendo che le
disposizioni di carattere speciale e derogatorie alla procedura ordinaria di cui all’articolo 38, si applichino solo
alle opere prioritarie in ragione della loro urgenza, anche in considerazione di un interesse pubblico valutato
preminente.
Il comma 2, riprendendo i contenuti essenziali della legge n. 443 del 2001 (c.d. “legge obiettivo”), stabilisce
che la decisione di qualificare una infrastruttura come strategica e di preminente interesse nazionale è adottata
dal Consiglio dei Ministri, la cui la proposta può essere rivolta o dai Ministeri competenti, sentite le Regioni
interessate oppure dalle Regioni sentiti i Ministri competenti. La decisione del Consiglio dei Ministri viene
adottata tenendo conto del rendimento infrastrutturale, dei costi, degli obiettivi e dei tempi di realizzazione
dell’opera.
Il comma 3 prevede che le infrastrutture individuate come strategiche e di preminente interesse nazionale siano
direttamente inserite nel Documento di Economia e Finanza (DEF) con l’indicazione dei criteri di rendimento
attesi, gli esiti della valutazione delle alternative progettuali, dei costi stimati con i relativi stanziamenti, e il
cronoprogramma di realizzazione.
Il comma 4 stabilisce che gli interventi in questione sono automaticamente inseriti nelle intese istituzionali di
programma e negli accordi di programma quadro ai fini dell’individuazione delle priorità e ai fini
dell'armonizzazione con le iniziative già incluse nelle intese e negli accordi stessi.
Il comma 5, in relazione agli interventi qualificati come prioritari, stabilisce, in deroga all’articolo 38, termini
ridotti per l’approvazione dei progetti secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza per l’espressione del
parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e la deliberazione della Conferenza dei servizi decisoria.
Il comma 6 stabilisce che il Consiglio superiore dei lavori pubblici, senza nuovi o maggiori oneri, istituisce
un comitato speciale per l’esame dei progetti relativi agli interventi di cui al presente articolo.
Il comma 7, in attuazione del principio di parallelizzazione delle attività procedimentali, in ottica acceleratoria,
disciplina, per le sole opere prioritarie, una nuova procedura per l’acquisizione della valutazione preventiva
dell’interesse archeologico, disponendo che il progetto di fattibilità tecnico ed economico relativo agli
interventi del presente articolo sia trasmesso dalla stazione appaltante alla competente soprintendenza per
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l’acquisizione della suddetta valutazione decorsi quindici giorni dalla trasmissione al Consiglio superiore dei
lavori pubblici del progetto di fattibilità tecnico- economico medesimo. Le risultanze della valutazione di
assoggettabilità preventiva dell’interesse archeologico sono acquisite nel corso della conferenza dei servizi.
Il comma 8 prevede, in maniera innovativa e con finalità di accelerazione delle procedure, che in presenza di
dissensi qualificati ai sensi dell'articolo 14-quinquies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, la procedura
di cui ai commi 4, 5 e 6 del medesimo articolo può essere sostituita dall’adozione di un decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e trasporti, previa deliberazione del
CIPESS, integrato dai presidenti delle regioni o delle province autonome interessate, sentita la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il predetto decreto approva il
progetto di fattibilità tecnico-economica delle infrastrutture di cui al presente articolo e produce i medesimi
effetti di cui all’articolo 38, comma 10, del codice, ossia: approva il progetto e perfeziona l’intesa tra gli enti
territoriali interessati anche ai fini della localizzazione dell'opera, della conformità urbanistica e paesaggistica
dell'intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensatrici; ha effetto
di variante agli strumenti urbanistici vigenti, comprende il provvedimento di VIA, i titoli abilitativi necessari
e la dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilità delle opere nonché il vincolo preordinato all’esproprio e
consente la realizzazione di tutte le opere e attività previste nel progetto approvato.
Il comma 9 stabilisce che il monitoraggio delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per la prevenzione
e la repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa è attuato da un Comitato di coordinamento istituito presso
il Ministero dell’interno.
Art. 40
L’articolo disciplina l’istituto del dibattito pubblico.
In chiave ricostruttiva occorre osservare che tale istituto non trova una diretta previsione nelle Direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, né, tantomeno, nella normativa nazionale previgente alla legge delega
al codice dei contratti pubblici n. 11/2016, sebbene in essa si previde, all’art. 1, lett. qqq), “l’introduzione di
forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti
infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull'ambiente, la città o sull'assetto del
territorio, prevedendo la pubblicazione on line dei progetti e degli esiti della consultazione pubblica; le
osservazioni elaborate in sede di consultazione pubblica entrano nella valutazione in sede di predisposizione
del progetto definitivo”.
Nondimeno, l’interesse generale correlabile al dibattito pubblico sembra ricavabile dal considerando 122 della
direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui “i cittadini, i soggetti interessati organizzati o meno, e altre persone o
organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso di cui alla direttiva 89/655/CEE hanno comunque
un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedure di appalto”.
L’istituto, comunque, ha una tradizione consolidata nell’ordinamento francese, risalendo all’art. 2 della legge
95 – 101 del 2 febbraio 1995 (legge Barnier), relativa al rafforzamento della protezione dell’ambiente, ed è
stato introdotto per la prima volta in Italia dall’art. 8 della L.R. Toscana n. 39/2013 e, successivamente
all’entrata in vigore del vigente codice dei contratti pubblici, dall’art. 7 della L.R. Puglia n. 84/2017, i cui
commi 2 e 5 sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla sentenza della Corte costituzionale n. 235
del 9 ottobre 2018, e ciò nella parte in cui è previsto che il dibattito pubblico regionale si svolga anche sulle
opere nazionali.
Ad ogni modo, in attuazione della legge delega sopra indicata, il legislatore statale ha introdotto l’art. 22 del
d.lgs. n. 50/2016, rubricato “trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico”,
che ha demandato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, tra l’altro, la fissazione dei criteri per
l’individuazione delle opere oggetto di dibattito pubblico.
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Conformemente a tale previsione, è stato emanato il d.p.c.m. 76/2018, regolamento recante modalità di
svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico, che, appunto ai sensi
dell’art. 22, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, ha istituito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti la
Commissione nazionale per il dibattito pubblico, alla quale è stato affidato “il compito di raccogliere e
pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi e di proporre
raccomandazioni per lo svolgimento del dibattito pubblico sulla base dell'esperienza maturata”.
In linea di continuità, ma anche nella prospettiva di conferire – su rinnovate basi – una legittimazione di diritto
positivo all’istituto in questione, la legge delega al nuovo codice ha previsto, tra i principi ed i criteri direttivi,
la “revisione e semplificazione della normativa primaria in materia di programmazione, localizzazione delle
opere pubbliche e dibattito pubblico, al fine di rendere le relative scelte maggiormente rispondenti ai
fabbisogni della comunità, nonché di rendere più celeri e meno conflittuali le procedure finalizzate al
raggiungimento dell’intesa fra i diversi livelli territoriali coinvolti nelle scelte stesse” (art. 1, comma 2, lett.
o) della legge 78/2022).
Nel presente codice la disciplina del dibattito pubblico è delineata nell’allegato I.6, che riprende i contenuti
del vigente d.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, ma, nel contempo, sopprime la Commissione nazionale per il
dibattito pubblico. L’allegato individua le opere soggette a dibattito pubblico obbligatorio, le esclusioni, il
procedimento di indizione, i compiti e le funzioni sia del responsabile del dibattito che della stazione
appaltante, nonché lo svolgimento di tale procedura fino alla sua conclusione.
Il comma 1 attribuisce alla stazione appaltante o all’ente concedente il potere di indire il dibattito pubblico
oltre i casi di procedura obbligatoria, e ciò nell’ipotesi in cui se ne ravvisi l’opportunità in ragione della
particolare rilevanza sociale dell’intervento e del suo impatto sull’ambiente e sul territorio, assicurando in ogni
caso la realizzazione dell’opera entro i tempi previsti e comunque compatibili con la natura e le finalità
dell’infrastruttura.
Il comma 2 specifica l’atto e la procedura attraverso cui l’allegato può essere modificato.
Il comma 3 disciplina l’indizione del dibattito pubblico, prescrivendo – con evidente finalità di pubblicità
notizia – che sia pubblicato sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell’ente concedente una relazione
contenente il progetto dell’opera e l’analisi di fattibilità delle eventuali alternative progettuali.
Il comma 4 definisce il novero dei soggetti legittimati a partecipare al dibattito pubblico, prevedendo che tale
partecipazione sia estesa, ed attuata mediante la possibilità di presentare osservazioni e proposte entro 60 giorni
dalla pubblicazione della relazione ai sensi del comma 3, ai soggetti, portatori di interessi diffusi, che siano
interessati dall’intervento, ma sotto la condizione che siano costituiti in associazioni o comitati, il che implica
la verifica della legittimazione di questi ultimi secondo le relative previsioni statutarie.
Il comma 5 detta, nel solco della semplificazione procedimentale, le modalità ed i tempi di conclusione del
procedimento, individuando i compiti del responsabile del dibattito pubblico, da dettagliare nel regolamento.
Il comma 6 stabilisce che l’ente competente a valutare gli esiti del dibattito pubblico è la stazione appaltante
o l’ente concedente, ai fini dell’elaborazione dei successivi livelli di progettazione.
Il comma 7 dispone la salvaguardia delle norme speciali relative agli interventi finanziati dal PNRR o dal
PNC.
Il comma 8 richiama il contenuto dell’allegato I.6, relativo alla disciplina dei casi in cui il dibattito pubblico è
obbligatorio, delle modalità di partecipazione e di svolgimento del dibattito pubblico, delle modalità di
individuazione e dei compiti del responsabile del dibattito pubblico, nonché degli eventuali contenuti ulteriori
della relazione iniziale e di quella conclusiva del procedimento di dibattito pubblico.
Allegato I.6
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Questo allegato riprende i contenuti del vigente d.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, adottato in attuazione
dell’articolo 22 del d.lgs. n. 50/2016. Oltre ad alcune scelte di semplificazione anche terminologica (ad
esempio, il “coordinatore del dibattito pubblico” diventa il “responsabile” dello stesso), la principale novità è
costituita dalla soppressione della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, già istituita dall’articolo 4
del citato d.P.C.M. n. 76/2018 con compiti di monitoraggio, regolazione e pubblicità dei dibattiti pubblici
attivati dalle varie stazioni appaltanti.
PARTE IV
DELLA PROGETTAZIONE
Art. 41
L’articolo attua una significativa revisione della disciplina vigente con lo scopo di semplificare i contenuti
della disciplina contenuta nel codice, rinviando ad allegati per aspetti di carattere più prettamente tecnico e
operativo.
Il comma 1 introduce una riduzione degli attuali tre livelli di progettazione a due soli livelli costituiti dal
progetto di fattibilità tecnica ed economica e dal progetto esecutivo, specificando gli scopi della progettazione.
Tale soluzione costituisce attuazione del criterio direttivo previsto dalla legge delega, finalizzato alla
“semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche,
anche attraverso la ridefinizione dei livelli di progettazione ai fini di una loro riduzione, lo snellimento delle
procedure di verifica e validazione dei progetti e la razionalizzazione della composizione e dell’attività del
Consiglio superiore dei lavori pubblici” (art. 1, comma 2, lett. q).
Il comma 2 prevede che in apposito allegato al codice (allegato I.7), avente natura regolamentare, venga
definito il contenuto minimo del quadro delle necessità e del documento di indirizzo della progettazione che
le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono predisporre.
Il comma 3 specifica ulteriormente i contenuti dell’allegato I.7, nel quale, coerentemente con il principio del
risultato, sono definiti i requisiti delle prestazioni che devono essere previsti nel progetto di fattibilità tecnico
– economica. Si precisa, altresì, che qualora vengano impiegati metodi e strumenti di gestione informativa
digitale delle costruzioni, il documento di indirizzo della progettazione debba, altresì, contenere il capitolato
informativo.
Con il comma 4 viene introdotta nel codice la disciplina relativa alla archeologia preventiva, attualmente recata
nell’art. 25 del d.lgs. n. 50/2017, richiesta dalla Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico,
elaborata in seno al Consiglio d’Europa, fatta alla Valletta il 16 gennaio 1992, ratificata dall’Italia con la l. n.
57 del 2015. Si è ritenuto, in linea con l’impostazione del nuovo codice, di richiamare nella norma primaria
l’istituto attraverso un rinvio alla disciplina di dettaglio contenuta nell’allegato I.8., nella quale vengono
dettagliati i profili procedurali, i contenuti della verifica e gli ulteriori elementi che attualmente figurano nel
sopra indicato art. 25 e nelle relative disposizioni di attuazione.
Il comma 5 traduce in concreto la disposta riduzione dei livelli di progettazione, stabilendo che la stazione
appaltante o l’ente concedente, in funzione della specifica tipologia e dimensione dell’intervento, indica le
caratteristiche, i requisiti e gli elaborati progettuali necessari per la definizione di ogni fase della relativa
progettazione. Si specifica, inoltre, in ottica semplificatoria, che per gli interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria possa omettersi la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica a condizione che il
progetto esecutivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso.
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Il comma 6 dettaglia le finalità ed il contenuto del progetto di fattibilità tecnico – economica, fornendo i criteri
da osservare per la relativa redazione e stabilendo che l’approvazione di tale progetto legittima, con valore
sostanziale di vincolo, l’avvio della procedura espropriativa.
Il comma 7 risponde a scopi di semplificazione, specificando che per le opere in variante urbanistica di cui
all’art. 19 del d.P.R. n. 327/2001 il progetto di fattibilità tecnico-economica sostituisce il progetto preliminare
e quello definitivo.
Il comma 8 contiene l’indicazione del contenuto del progetto esecutivo e dei necessari documenti a corredo,
specificando che alla redazione provvede, di regola, lo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di
fattibilità tecnico-economica, per evidenti ragioni connesse alle garanzie di coerenza e speditezza.
L’affidamento disgiunto non è precluso, imponendosi, però, l’esplicitazione delle ragioni per le quali si rende
necessario, nonché l’accettazione da parte del nuovo progettista, senza riserve, dell’attività progettuale svolta
in precedenza.
Il comma 9 contiene una specificazione per il caso in cui entrambi i livelli di progettazione costituiscano
oggetto di affidamento esterno, stabilendosi, in tale ipotesi, che l’avvio della progettazione esecutiva è
condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti sul progetto di fattibilità
tecnico-economica; inoltre, anche in tal caso, ai fini della verifica di coerenza tra le varie fasi (rispondenza del
progetto alle esigenze espresse nel documento d’indirizzo; conformità alla normativa vigente), trovano
applicazione le previsioni dell’art. 42, comma 1 concernenti la progettazione dei lavori.
Il comma 10 stabilisce, in continuità con le analoghe previsioni contenute nel codice vigente e con lo scopo
di garantire equilibrio ed efficienza nella gestione, che gli oneri correlati a tutte le attività specificamente
indicate gravano sulle disponibilità finanziarie della stazione appaltante o dell’ente concedente.
Il comma 11, invece, replicando quanto già ribadito nel comma 11-ter dell’art. 23 del codice vigente, alloca
sulle risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze,
trasferite all’Agenzia del demanio, le spese strumentali, incluse quelle per sopralluoghi, afferenti alle attività
di predisposizione del piano degli interventi del sistema accentrato delle manutenzioni, di cui all’art. 12 del
d.l. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 111/2011.
Con il comma 12 viene confermata la precedente articolazione della progettazione nel caso di servizi e
forniture in unico livello i cui contenuti vengono disciplinati in allegato.
Con il comma 13 viene mantenuta la disciplina vigente di cui all’art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016
relativa alla determinazione del costo della manodopera sulla base delle Tabelle del Ministero del lavoro
elaborate prendendo a riferimento i contratti collettivi di settore più rappresentativi vigenti. In mancanza di
contratto collettivo di settore si fa riferimento a quello del settore più affine. Nel caso di contratti di lavori,
viene precisato che il costo di prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni può essere determinato adottando:
-
i prezzari correnti regionali;
-
i prezzari predisposti o individuati dalla stazione appaltante e dall’ente concedente.
I prezzari devono essere aggiornati rappresentando la situazione dei costi presenti nel mercato ed evitando la
formazione di basi d’asta che non consentano la formulazione di un’offerta a ribasso. Quale clausola di
chiusura, si è previsto che in caso di mancata disponibilità di un prezzario aggiornato è previsto il ricorso a
listini ufficiali o ai listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura oppure, in
difetto, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi.
Il comma 14 prevede che nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la
stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo
quanto previsto dal comma 13 e che i costi della manodopera e della sicurezza devono essere scorporati
dall’importo assoggettato al ribasso, precisando che resta ferma la possibilità per l’operatore economico di
dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.
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Allegato I.7
Questo allegato contiene la disciplina dei contenuti della progettazione nei suoi due diversi livelli, nonché della
verifica della progettazione medesima, dando attuazione agli articoli da 41 a 44 del codice.
Si tratta di un allegato fortemente innovativo rispetto alla disciplina previgente, nella cui predisposizione si è
tenuto conto delle norme del previgente d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, costituenti ancora la disciplina attuativa
vigente su questi aspetti, ma anche di provvedimenti elaborati e mai entrati in vigore, quali lo schema di decreto
ministeriale recante “Definizione dei contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali” e lo schema di
regolamento unico predisposto in attuazione dell’articolo 216, comma 27-octies, del d.lgs. n. 50/2016, nonché
del d.m. 1 dicembre 2017, n. 560, con il quale, ai sensi dell’articolo 23, comma 13, del codice vigente, sono
stati definiti i tempi e le modalità della progressiva, obbligatoria introduzione, da parte delle stazioni appaltanti,
delle amministrazioni concedenti e degli operatori economici, nelle fasi di progettazione, costruzione e
gestione delle opere e relative verifiche, dei metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di
modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (c.d. “appalti BIM”).
Tra i principali aspetti innovativi introdotti dal nuovo codice, in relazione ai contenuti e alle modalità di
elaborazione del progetto, ai quali l’allegato si conforma, vanno richiamati in particolare:
a) la semplificazione dei livelli di progettazione, con la riduzione degli stessi a due, il progetto
di fattibilità tecnico-economica (PFTE) e il progetto esecutivo (articolo 41 del codice);
b) la crescente valorizzazione dell’uso di tecnologie digitali per l’attività di progettazione
(articolo 43 del codice).
Per quanto riguarda la verifica e la validazione del progetto, le norme dell’allegato recepiscono le ulteriori
novità introdotte dal nuovo codice, con la tendenziale devoluzione di tali attività alla stessa stazione appaltante,
per tramite del RUP o delle proprie strutture tecniche e amministrative, e la perimetrazione a casi tipizzati della
esternalizzazione di tali prestazioni tecniche.
Allegato I.8
Sulla base della delegificazione operata dall’articolo 41, comma 4, questo allegato riprende in larga parte i
contenuti del vigente articolo 25, d.lgs. n. 50/2016, con alcune significative modifiche, e in particolare:
a) sono eliminati i passaggi procedurali e gli istituti contemplati nei commi da 4 a 7 del suindicato articolo
25, rendendo la procedura più rapida e snella;
b) il termine di conclusione della verifica archeologica, dapprima rimesso alla determinazione della
competente Soprintendenza, oggi è direttamente stabilito dalla norma;
c) scompare la previsione speciale di cui al comma 15 dell’attuale articolo 22 a proposito degli interventi
in aree di particolare interesse produttivo.
Art. 42
L’articolo in esame specifica le modalità di espletamento e individua i profili oggetto della verifica della
progettazione.
Il comma 1 prevede che ogni progetto sia sottoposto a una verifica correlata ai contenuti del documento
d’indirizzo progettuale ed alle norme applicabili; tale verifica è demandata ad un unico organo, ha luogo
durante lo sviluppo della progettazione in ciascuno dei suoi livelli e termina con la verifica del progetto
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esecutivo prima dell’inizio dei lavori. La verifica in corso di progettazione, già prevista dall’abrogato DPR
207/2010, risulta, quindi, maggiormente valorizzata mediante la previsione contenuta nella fonte primaria. Si
chiarisce l’oggetto della verifica nel caso di appalto integrato, disponendo che la stessa avvenga su entrambi i
livelli di progettazione: sia il PFTE (eventualmente redatto dalla stazione appaltante o da un progettista esterno
affidatario di specifico incarico professionale), sia il progetto esecutivo, la cui esecuzione è affidata
all’operatore economico nell’ambito della procedura di appalto relativa anche all’esecuzione dei lavori. In
questo caso, si ritiene opportuno che la verifica di entrambi i livelli del progetto sia condotta, anche a distanza
di tempo, dal medesimo soggetto, al fine di sfruttarne la pregressa conoscenza acquisita durante lo sviluppo
del primo livello di progettazione.
Il comma 2 disciplina la dimensione soggettiva della verifica, chiarendo che il RUP, se non effettua
personalmente la verifica, ne segue lo sviluppo parallelamente alla progettazione, garantendo il contraddittorio
tra il soggetto che esegue la verifica e il progettista, il tutto a comprova della centralità della sua funzione di
controllo procedimentale e sostanziale. Per la medesima finalità, è prevista l’incompatibilità dell’attività di
verifica con lo svolgimento delle funzioni tecniche nell’ambito della procedura (attività di progettazione, di
coordinamento della relativa sicurezza, di direzione dei lavori e di collaudo).
Nel comma 3 è stato ripreso il tema della semplificazione amministrativa in relazione ai rapporti tra le attività
di verifica del progetto e l’ottenimento delle diverse autorizzazioni amministrative. Un’importante novità, che
trae spunto dalla disciplina di cui all’art. 44 del d.l. n. 77/2021, è che l’attività di verifica comprende anche
l’ottemperanza alle prescrizioni impartite dagli enti competenti nel corso della conferenza di servizi prima
dell’avvio della fase di affidamento, a garanzia della effettiva possibilità di dar corso all’esecuzione dei lavori
senza la necessità di ulteriori approvazioni o autorizzazioni. Le attività di controllo previste dal processo di
verifica dei progetti presentano, inoltre, ampie aree di sovrapposizione con le autorizzazioni di diversi enti,
specialmente per quanto attiene alle materie disciplinate dal DPR n. 380/2001 (titoli edilizi, strutture in
cemento armato e acciaio, costruzioni in zona sismica). A tal fine, il comma prevede che la conformità alle
norme tecniche, accertata in sede di verifica del progetto, assolve anche gli obblighi di deposito e
autorizzazione per le costruzioni in zona sismica ed integra denuncia dei lavori all’ufficio del genio civile. I
progetti, corredati dalla verifica, sono soggetti a deposito con modalità telematica presso l’Archivio
informatico nazionale delle opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
Il comma 4 disciplina l’atto di validazione, specificando che si tratta dell’atto formale sottoscritto dal
responsabile del relativo procedimento e indicato nel bando o nella lettera di invito. La norma, inoltre, definisce
puntualmente il contenuto dell’atto di validazione, stabilendo che debbano essere indicati gli esiti della
verifica, il riferimento al rapporto conclusivo del soggetto preposto alla verifica e le eventuali controdeduzioni
del progettista.
Il comma 5 rinvia all’allegato I I.7. la disciplina dei contenuti e delle modalità di verifica nonché dei soggetti
che vi provvedono, chiarendo, sul piano contabile-finanziario, che gli oneri conseguenti all’accertamento della
rispondenza agli elaborati progettuali sono ricompresi nelle risorse stanziate per la realizzazione delle opere.
Art. 43
L’articolo in esame si prefigge di attuare i principi e criteri di cui all’art. 1, comma 2, lettere m) e q) della legge
delega e, in coerenza con l’introduzione del principio del risultato di cui all’art. 1 del nuovo codice, mira a
favorire, attraverso l’uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (c.d. BIM) il
miglior esito dell’investimento pubblico. La metodologia di gestione in esame, infatti, assicura la riduzione
della complessità dei procedimenti, oltre al contenimento delle tempistiche, in tal modo implementando il
livello di efficienza e di efficacia nella realizzazione e gestione delle opere e dei servizi connessi.
La principale ragione del crescente interesse registratosi nell’ultimo decennio per la metodologia in argomento,
a livello internazionale e continentale, risiede, invero, nella necessità di ridurre il rischio di insuccesso negli
investimenti pubblici in capitale sociale fisso, sia immobiliare sia infrastrutturale, mediante una migliore
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gestione della complessità organizzativa, gestionale e tecnica, con sensibili vantaggi per tutti i soggetti
interessati.
L’uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni non costituisce, infatti, una
novità, essendo già previsto dall’art. 23, comma 13, del d. lgs. n. 50/2016, in attuazione del quale è stato
emanato il d.m. n. 560/2017, recante la specifica disciplina, successivamente integrato e modificato con il d.m.
n. 312/2021, conseguente all’entrata in vigore dell’art. 48, comma 6, del d.l. n. 77/2021.
Il nuovo codice segna un passo in avanti sotto il profilo dell’ampliamento applicativo della metodologia di
gestione in esame, alla luce dei risconti determinatasi nell’esperienza delle amministrazioni e di un forte
impulso al raggiungimento di un’adeguata maturità digitale delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti,
con precipuo riferimento al rafforzamento delle capacità di gestione del singolo investimento pubblico e del
relativo procedimento tecnico – amministrativo, considerato all’interno della logica complessiva di
funzionalizzazione dell’organizzazione, nonché dell’eventuale ruolo di gestione patrimoniale dei cespiti nel
corso del ciclo di vita degli stessi.
L’intervento in argomento assume, peraltro, una particolare pregnanza, tenuto conto della circostanza che la
riduzione e la qualificazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti determinerà un più intenso ricorso
alla delega, con sottoscrizione di accordi e convenzioni con le amministrazioni pubbliche meno qualificate e
strutturate.
Sotto il profilo terminologico, si evidenzia che la locuzione utilizzata corrisponde, sia pure in senso non
strettamente letterale, alla definizione generalmente utilizzata a livello internazionale per indicare il Building
Information Modelling (BIM) entro il contesto più ampio dell’Information Management: gestione informativa
mediante il Building Information Modelling.
Le previsioni contenute nel presente articolo, aventi carattere generale, sono integrate dall’apposito allegato
I.9, alla cui relazione si rinvia. Nella predisposizione della disciplina di dettaglio, peraltro, potrà essere valutata
anche una integrazione, ritenuta opportuna, del sistema di gestione in esame con altri preesistenti, quali, a titolo
esemplificativo, il sistema di controllo di gestione, il sistema di gestione per la qualità, per la salute e sicurezza,
per l’ambiente, per la responsabilità sociale, per la sicurezza dei dati.
Il comma 1 attiene all’individuazione dei casi in cui l’uso dei metodi e strumenti di gestione informativa
digitale è obbligatorio, fissando la data di entrata in vigore di detto obbligo.
Sul punto si rendono necessarie le seguenti considerazioni.
Tra le varie opzioni vagliate è stata ritenuta preferibile quella di individuazione di un termine unico e generale,
stabilito, secondo ragionevolezza, nella data del 1° gennaio 2025.
La previsione, dunque, sostituirà le tempistiche attualmente stabilite dall’art. 6 del d.m. n. 312/2021, il quale
reca il riferimento, secondo una logica di gradualità, alla data del 1° gennaio 2023 (per le opere di nuova
costruzione e interventi su costruzioni esistenti, fatta eccezione per le opere di ordinaria e straordinaria
manutenzione di importo a base di gara pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 35 del codice dei contratti
pubblici vigente) ed alla data del 1° gennaio 2025 (per le opere di nuova costruzione, e interventi su costruzioni
esistenti, fatta eccezione per le opere di ordinaria e straordinaria manutenzione di importo a base di gara pari
o superiore a 1 milione di euro).
L’opzione seguita risponde a una duplice esigenza: per un verso, si è inteso stabilire nella fonte normativa
primaria il termine di entrata in vigore dell’obbligo con lo scopo di rafforzarne certezza ed effettività; sotto
altro profilo, si è ritenuto che, nell’impianto di disciplina complessivo nel quale la norma si inserisce,
l’individuazione di una tempistica congrua ma generalizzata risulti maggiormente rispondente alle finalità
perseguite, stante anche la già evidenziata esperienza maturata nel ricorso a tali metodologie ed in contestuale
processo di qualificazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti. A tale ultimo riguardo, inoltre, non
si è ritenuto di ribadire la valenza dell’uso delle metodologie di modellazione informativa quale parametro di
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valutazione dei requisiti premiali per la qualificazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, al fine
di evitare ultronee duplicazioni con la disposizione specificamente dedicata a tale aspetto.
La formulazione della disposizione esclude la necessità dell’adozione di una norma transitoria, continuando a
trovare applicazione, nelle more, la disciplina attualmente vigente.
Al fine di assicurare un contemperamento delle sopra esposte esigenze, si è ritenuto, comunque, di mantenere
ferma l’esclusione dell’operatività dell’obbligo relativamente alle opere di ordinaria e straordinaria
manutenzione salvo che non siano state realizzate con l’utilizzazione dei metodi e strumenti in esame;
nell’ipotesi da ultimo indicata, infatti, si è ritenuta prevalente l’esigenza di evitare “asimmetrie” suscettibili di
dar luogo a problematiche applicative e difficoltà nella gestione.
Il comma 2 attiene, invece, alla possibilità per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di prevedere
l'assegnazione di un punteggio premiale per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici
specifici di cui al comma precedente. La previsione ricalca, con ampliamento della relativa applicazione,
quanto previsto dall’art. 48, comma 6 del decreto-legge n. 77/2021, con lo scopo di incentivare il ricorso alla
metodologia in argomento.
Al riguardo, potranno essere valorizzati, a titolo esemplificativo, con punteggi premiali:
a) proposte metodologiche per integrare gli aspetti di gestione del progetto con la gestione della modellazione
informativa;
b) proposte metodologiche per l’implementazione dell’offerta di gestione informativa e del piano di gestione
informativa in relazione alle esigenze di cantierizzazione, anche con strumenti innovativi di realtà aumentata
e di interconnessione tra le entità presenti in cantiere;
c) proposte metodologiche volte a consentire un’analisi efficace dello studio, tra l’altro, di varianti migliorative
e di mitigazione del rischio;
d) proposte che consentano alla stazione appaltante e all’ente concedente di disporre di dati e informazioni
utili per l’esercizio delle proprie funzioni ovvero per il mantenimento delle caratteristiche di interoperabilità
dei modelli informativi;
e) previsione di modalità digitali per la tracciabilità dei materiali e delle forniture e per la tracciabilità dei
processi di produzione e montaggio, anche ai fini del controllo dei costi del ciclo di vita dell’opera;
f) proposte volte ad utilizzare i metodi e gli strumenti elettronici per raggiungere obiettivi di sostenibilità
ambientali anche attraverso i principi del green public procurement;
g) previsione di strumenti digitali per aumentare il presidio di controllo sulla sicurezza dei lavori e del
personale coinvolto nell’esecuzione;
h) previsione di modelli digitali che consentano di verificare l’andamento della progettazione e dei lavori e/o
che consentano di mantenere sotto controllo costante le prestazioni del bene, compresi i sistemi di
monitoraggio e sensoristica;
i) impiego di metodi e strumenti digitali che consentano alla stazione appaltante e all’ente concedente di
monitorare, in tempo reale, l’avanzamento del cronoprogramma e dei costi dell’opera.
L’utilizzazione, in via facoltativa, di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni resta,
comunque, subordinata all’adozione delle misure prescritte nell’allegato previsto al comma 4 della
disposizione, stante la necessaria competenza tecnica richiesta.
Si è ritenuto, altresì, opportuno richiamare la norma generale di cui all’art. 19 del nuovo codice soprattutto per
rimarcare la necessità dell’adozione di misure tecniche ed organizzative a presidio della sicurezza informatica,
restando salva la possibilità di una valorizzazione delle proposte più evolute e performanti in relazione a tale
profilo e in conformità alla disciplina generale.
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Il comma 3 disciplina l’interoperabilità delle piattaforme, costituente un paradigma cruciale nel processo di
digitalizzazione, ponendosi un vincolo a livello di fonte primaria di utilizzazione di formati aperti non
proprietari al precipuo scopo di escludere una incidenza pregiudizievole sulla concorrenza, favorendo anche
la possibilità di condivisione dei dati tra le pubbliche amministrazioni e gli operatori economici partecipanti
alla procedura aggiudicatari o incaricati dell’esecuzione del contratto (appaltatori, subappaltatori,
collaudatori).
Il comma 4 indica il contenuto dell’allegato I.9, relativo ai metodi e strumenti di gestione informativa digitale
delle costruzioni, nel quale sono disciplinati tutti i profili specificamente indicati dal comma.
Il comma 5 specifica l’atto e la procedura attraverso cui l’allegato può essere modificato.
Allegato I.9
In questo allegato è compendiata la disciplina attuativa di quanto previsto dall’articolo 43 del codice in tema
di progettazione digitale, e quindi non soltanto i requisiti tecnici delle piattaforme informatiche utilizzabili e
della loro interoperabilità, ma anche le misure organizzative e di formazione del personale che le stazioni
appaltanti dovranno adottare al fine di rendere effettiva la possibilità di operare sulla base di un progetto
interamente digitalizzato.
Le disposizioni contenute nell’allegato riprendono, aggiornandole e superandole, quelle già contenute nel d.m.
1° dicembre 2017, n. 560, emanato a suo tempo in attuazione dell’articolo 23, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016.
Art. 44
In linea generale l’appalto integrato è vietato in ragione della disciplina contenuta nell’art. 59, comma 1, del
d.lgs. 50/2016. Dal divieto sono esclusi gli affidamenti a contraente generale, con finanza di progetto, in
concessione, in partenariato pubblico privato, con contratto di disponibilità o locazione finanziaria e in caso di
realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo. L’art. 1 bis della predetta disposizione (inserito dall'art.
38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 56/2017), consente tuttavia l’espletamento di questa tipologia di appalto se
l'elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto di affidamento è “nettamente prevalente rispetto
all'importo complessivo”.
Il divieto di affidare lavori con appalto integrato è stato, tuttavia, oggetto di sospensione fino al 30 giugno
2023 per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. b) della l. n. 55/2019, come modificata dall'art. 8, comma 7 del d.l.
n. 76/2020, convertito nella l. 120/2020, ed ancora, per effetto del differimento previsto dall’art. 52, comma 1,
lett. a) della l. n. 108/2021; va, peraltro, considerato che per gli appalti nell'ambito del PNRR/PNC
l’affidamento di progettazione ed esecuzione è ammesso sulla base di quanto previsto dall’art. 48, comma 5
del d.l. n. 77/2021, convertito nella l. n. 108/2021.
La legge delega ha affidato al legislatore delegato il compito di individuare le “ipotesi in cui le stazioni
appaltanti possono ricorrere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, fermi
restando il possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti nonché l'obbligo di indicare
nei documenti di gara o negli inviti le modalità per la corresponsione diretta al progettista, da parte delle
medesime stazioni appaltanti, della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati
espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta” (art. 1, comma 2, lett.
ee) della l. n. 78/2022).
Il comma 1 consente l’appalto integrato per i lavori, rimettendo alla stazione appaltante o all’ente concedente,
se qualificato, all’atto della decisione di contrarre, di poter stabilire che il contratto abbia per oggetto la
progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica
previamente approvato; una facoltà, di converso, non esercitabile per appalti che abbiano ad oggetto opere di
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manutenzione ordinaria. In sostanza, si prevede di liberalizzare ulteriormente lo strumento dell’appalto
integrato, stabilendo come uniche eccezioni all’utilizzo di tale procedura gli appalti aventi ad oggetto opere di
manutenzione ordinaria sprovvisti di progetto esecutivo.
Il comma 2 prevede che l’opzione per l’appalto integrato debba essere motivata con riferimento alle esigenze
tecniche e tenendo sempre conto del rischio di eventuali scostamenti di costo nella fase esecutiva rispetto a
quanto contrattualmente previsto. Ciò comporta che, nella determinazione a contrarre, la stazione appaltante è
tenuta ad esplicitare che sussistono le condizioni legittimanti, ovvero che l’affidamento in corso di svolgimento
non rientra nelle categorie per le quali è escluso l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione e che
abbia ad oggetto lavori complessi.
Il comma 3 pone un principio di particolare specializzazione professionale nei confronti degli operatori da
ammettere alle procedure di affidamento di appalti integrati, stabilendosi che debbano possedere i requisiti
prescritti per i progettisti o, in mancanza, debbano avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta
(e, quindi, da individuare preventivamente nella compagine che partecipa alla gara), ovvero, in alternativa,
partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione. Quale profilo innovativo, si
prevede che la qualificazione per la progettazione comprende anche l’uso di metodi e strumenti digitali per la
gestione informativa mediante modellazione.
Il comma 4 stabilisce che le offerte relative ad appalti integrati siano valutate mediante il solo criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, e che
si indichi distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori. Tale
previsione non è da ritenere derogabile mediante il ricorso alle procedure negoziate senza bando, che ai sensi
dell’art. 1, comma 3 del d.l. n. 76/2020 consentono, a determinate condizioni, di avvalersi del criterio del
prezzo più basso.
Il comma 5 prevede che l’esecuzione dei lavori può iniziare solo dopo l'approvazione, da parte della stazione
appaltante, del progetto esecutivo al fine di evitare che la verifica della progettazione determini rallentamenti
o blocchi della procedura.
Il comma 6 introduce una forma di garanzia in favore dei progettisti, prevedendo la possibilità di pagamento
diretto da parte della stazione appaltante, la quale ne specifica le modalità per la corresponsione nei documenti
di gara. In particolare, si stabilisce che nei casi in cui l’operatore economico si avvalga di uno o più soggetti
qualificati alla redazione del progetto, la stazione appaltante indica, fin dai documenti di gara, le modalità per
la corresponsione diretta al progettista degli oneri relativi alla progettazione esecutiva indicati in sede di
offerta, al netto del ribasso d’asta, previa approvazione del progetto e previa presentazione dei documenti
fiscali del progettista.
Art. 45
L’articolo disciplina gli incentivi per funzioni tecniche, rinviando all’allegato I.10 per l’elenco delle attività da
incentivare.
La previsione, sebbene semplificata rispetto alla versione precedente contenuta nell’art. 113 del d.lgs. 50/2016,
reca una disciplina non limitata alle linee generali, ma estesa a profili di dettaglio, e ciò allo scopo di prevenire
le difficoltà e le incertezze in cui incorrono le amministrazioni nella fase applicativa, anche per i timori di
responsabilità amministrativa connessa all’erogazione di incentivi non dovuti.
La finalità è quella di stimolare, attraverso la corretta erogazione degli incentivi, l’incremento delle
professionalità interne all’amministrazione e il risparmio di spesa per mancato ricorso a professionisti esterni.
Il comma 1 stabilisce che le risorse per remunerare le attività tecniche gravano sugli stanziamenti relativi alle
procedure di affidamento, estendendo la previsione alle attività tecniche relative a tutte le procedure e non solo
all’appalto. Si superano, in tal modo, le difficoltà discendenti dalla vigente formulazione che, a parità di
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funzioni tecniche svolte, consentiva l’erogazione dell’incentivo ai dipendenti solo in caso di appalti ed
escludeva tutte le altre procedure e gli affidamenti diretti. La disposizione rinvia a un allegato al codice per
l’elencazione – tassativa – delle attività tecniche da remunerare. Si prevede che, in sede di prima applicazione
del codice, l’allegato I.10 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente
regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce
integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Il comma 2 individua un limite percentuale (il due per cento) delle risorse che, a valere sugli stanziamenti
delle procedure di affidamento, possono essere destinate alle remunerazioni delle funzioni tecniche e alle
ulteriori finalità contemplate dalla disposizione. Il limite massimo percentuale è volto ad evitare l’espansione
incontrollata della spesa in questione (sul punto cfr. Corte dei conti, sezione delle autonomie, delibera n.
6/SEZAUT/2018/QMIG). Si specifica che la disciplina si applica anche agli appalti relativi a servizi o forniture
nel caso in cui sia nominato il direttore dell’esecuzione. È, in ogni caso, fatta salva la possibilità per le stazioni
appaltanti e gli enti concedenti di prevedere una modalità diversa di remunerazione delle funzioni tecniche del
proprio personale. In tal caso, l’incentivo non si applica, escludendo qualunque sovraincentivazione.
Il comma 3 stabilisce che gli incentivi per funzioni tecniche (pari all’80 per cento delle risorse di cui al comma
2) sono erogati direttamente al personale dipendente, senza la confluenza nel fondo per l’incentivazione come
previsto dal vigente articolo 113 del d.lgs. 50/2016, attuando una notevole semplificazione sul piano
finanziario, burocratico e contabile. Si specifica che: i) l’incentivo è ripartito tra il RUP e i soggetti che
svolgono le funzioni tecniche indicate nell’allegato nonché tra i loro collaboratori; ii) gli importi sono
comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione. Si rinvia al
regolamento della singola amministrazione per la determinazione dei criteri del riparto delle somme, ivi
compresa (con una previsione in chiave di incentivo al rispetto di tempi e costi) la riduzione delle risorse a
fronte di eventuali incrementi di tempi o costi rispetto a quanto previsto dal progetto esecutivo.
Il comma 4 subordina l’erogazione dell’incentivo di cui al comma precedente all’accertamento e attestazione,
ad opera del responsabile del servizio della struttura competente o da altro dirigente incaricato, dell’effettivo
svolgimento, da parte del dipendente, delle specifiche funzioni tecniche. È previsto un tetto massimo
individuale: gli importi complessivamente maturati (secondo il criterio della competenza, a prescindere dalla
data di pagamento) nel corso dell’anno di competenza, anche per attività svolte per conto di altre
amministrazioni, non possono superare il trattamento economico complessivo annuo lordo percepito dal
dipendente, l’ammontare eccedente incrementa la quota di incentivo alle finalità di cui al comma 5. Alle
medesime finalità sono destinale le quote di incentivo non erogato per prestazioni non svolte o prive
dell’attestazione del dirigente.
Il comma 5 prevede che la residua percentuale delle risorse indicate al comma 2 (20 per cento), con esclusione
delle somme a destinazione vincolata, sia destinata a una serie di finalità, specificate ai successivi commi 6 e
7. Come già chiarito le somme in questione sono incrementate dai seguenti importi: i) importi relativi a
prestazioni non svolte o prive dell’attestazione del dirigente; ii) importi eccedenti il limite massimo annuo
previsto al comma 4 per ciascun dipendente.
I successivi commi 6 e 7 indicano le destinazioni delle risorse dei commi precedenti. Tra queste, in particolare,
si segnalano l’obbligo di destinazione alla formazione per l’incremento delle competenze digitali, alla
specializzazione del personale che svolge funzioni tecniche, all’assicurazione obbligatoria del personale.
Il comma 8 prevede che una quota degli incentivi previsti dal comma 2, non superiore al 25 per cento possono
essere destinate alle funzioni tecniche svolte dal personale delle centrali di committenza.
Allegato I.10
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Questo allegato riproduce, in modo più analitico e preciso il contenuto del comma 1 dell’attuale articolo 113,
d.lgs. n. 50/2016, nella parte in cui indicava in modo più generico le “funzioni tecniche” a cui favore devono
essere stanziati gli incentivi disciplinati dallo stesso articolo.
Art. 46
L’articolo disciplina i concorsi di progettazione.
Il comma 1 rinvia alla disciplina contenuta nelle direttive comunitarie sugli appalti pubblici e sui settori
speciali. Il carattere dettagliato dei capi delle direttive relativi ai concorsi di progettazione ne rende superflua
la riproduzione nell’ordinamento interno, dovendosi tenere conto del criterio direttivo della legge delega,
finalizzato al “perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee, mediante l’introduzione o
il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, ferma
rimanendo l’inderogabilità delle misure a tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare,
della legalità e della trasparenza, al fine di assicurare l’apertura alla concorrenza e al confronto competitivo
fra gli operatori dei mercati dei lavori, dei servizi e delle forniture, con particolare riferimento alle micro,
piccole e medie imprese, tenendo conto delle specificità dei contratti nei settori speciali e nel settore dei beni
culturali, anche con riferimento alla fase esecutiva, nonché di assicurare la riduzione e la razionalizzazione
delle norme in materia di contratti pubblici, con ridefinizione del regime della disciplina secondaria, in
relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, ove necessario” (art. 1, comma 2 della l. n. 78/2022). I
commi successivi contengono una disciplina aggiuntiva rispetto a quella delle direttive.
Il comma 2 prevede che il concorso di progettazione può svolgersi in una o due fasi. Nel primo caso, che
costituisce la regola, il concorso è direttamente finalizzato all’acquisizione di un progetto con un livello di
approfondimento corrispondente a quello del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Nel secondo caso,
che costituisce una soluzione opzionabile da parte della stazione appaltante o dell’ente concedente mediante
adeguata motivazione, la prima fase è diretta a selezionare le migliori proposte ideative, mentre la seconda
fase (che si svolge tra i concorrenti selezionati nella prima) è finalizzata all’acquisizione del progetto di
fattibilità tecnica ed economica. In caso di concessione, la proposta deve comprendere uno studio economico
finanziario per la realizzazione e gestione dell’opera.
Il comma 3 prevede che, nei casi di concorsi di progettazione che prevedono premi di partecipazione o
versamenti a favore dei partecipanti, il pagamento del premio determina il trasferimento della proprietà del
progetto dal vincitore alla stazione appaltante o all’ente concedente. Si chiarisce che è ammesso l’affidamento
al vincitore del concorso dei successivi livelli di progettazione, mediante procedura negoziata senza previa
pubblicazione del bando o, nei settori speciali, senza indizione di gara, purché tale facoltà sia stata prevista,
con effetto di autovincolo amministrativo, nel bando del concorso; vengono, altresì, specificate le modalità di
calcolo della soglia di rilevanza comunitaria.
Il comma 4 stabilisce, infine, l’applicazione delle disposizioni in esame anche ai concorsi di idee, definendo
la platea dei soggetti ammessi a parteciparvi ed ulteriori profili specificamente riferiti a tali procedure. In
particolare, possono partecipare, oltre ai soggetti ammessi ai concorsi di progettazione, anche i lavoratori
subordinati abilitati all'esercizio della professione e iscritti all’ordine professionale secondo l'ordinamento
nazionale di appartenenza, con esclusione dei dipendenti della stazione appaltante o dell’ente concedente che
bandisce il concorso. L'idea o le idee premiate sono acquisite in proprietà dalla stazione appaltante o dall’ente
concedente, previa eventuale definizione degli assetti tecnici, e possono essere poste a base di un concorso di
progettazione o di un appalto di servizi di progettazione, a cui possono partecipare i premiati qualora in
possesso dei relativi requisiti soggettivi.
Art. 47
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La disposizione si caratterizza per una radicale semplificazione e riduzione della parte normativa da inserire
nel codice con il contestuale sfruttamento della potenzialità massima offerta dalla tecnica di un allegato che
riporta le norme sull’organizzazione, il funzionamento del Consiglio superiore dei lavori pubblici, nonché le
ulteriori di necessario corredo. In una visione di insieme, il Consiglio – che allo stato, a seguito dei regolamenti
di cui al DPCM 11.2.2014, n. 72, e al DPR 204/2006, viene giudicato ingiustificatamente e significativamente
ridimensionato nel suo ruolo, a scapito delle potenzialità operative che potrebbe invece esprimere – con il
riordino (di organizzazione, composizione e competenze) potrebbe acquisire una sensibile rivitalizzazione nei
casi delle opere CIPESS e di quelle strategiche e prioritarie (opere PNRR), grazie anche all’esperienza
acquisita con l’iter procedimentale sperimentato con il Comitato Speciale per le opere dell’allegato 4 del
PNRR, con sensibile riduzione dei tempi procedimentali e una semplificazione delle procedure in materia di
appalti. Ulteriori dettagli della disciplina del Consiglio sono demandati ad apposito allegato I.11, sul quale
vedi la relazione di seguito. Si segnala altresì che l’art. 226, comma 5, del codice reca una disposizione
transitoria sulla composizione e il funzionamento del Consiglio e che al medesimo articolo, comma 3, lettera
a), si provvede alla formale abrogazione del d.P.R., 27 aprile 2006, n. 204, recante il regolamento di riordino
del Consiglio superiore dei lavori pubblici, in quanto superato dalla nuova disciplina qui introdotta.
Allegato I.11
Il presente allegato, in attuazione dell’articolo 47, comma 4, del codice, ridisciplina il Consiglio superiore dei
lavori pubblici, riordinandone non solo le attribuzioni ulteriori oltre a quelle previste dalle norme del codice,
ma anche l’organizzazione e le regole di funzionamento. In ciò, riprende la disciplina già contenuta nel decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 2006, n. 204, semplificandola e aggiornandola anche in relazione
alle nuove attribuzioni e competenze medio tempore intervenute: in particolare, vengono inserite
organicamente nell’allegato le previsioni relative all’organizzazione, alle competenze e al funzionamento della
Sezione speciale del Consiglio superiore istituita, per gli interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse
del PNRR e del PNC, dall’articolo 45 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 luglio 2021, n. 108.
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LIBRO II
DELL’APPALTO
PARTE I
DEI CONTRATTI DI IMPORTO INFERIORE ALLE SOGLIE EUROPEE
Introduzione
La Parte I del Libro II contiene, raccolte unitariamente, l’insieme delle norme riferite ai contratti sottosoglia,
riguardanti i punti qualificanti della procedura di affidamento, dai principi applicabili, alle modalità di
individuazione dell’affidatario, agli snodi dei meccanismi di gara che sono stati disciplinati in termini difformi
dal soprasoglia (oltre alle modalità di individuazione del contraente, le offerte anomale, le garanzie delle
offerte, ecc.).
Si tratta di una significativa innovazione rispetto al decreto legislativo n. 50 del 2016, nel quale le previsioni
proprie del sottosoglia erano sparse nell’intera disciplina codicistica, che consente una più agevole
individuazione della normativa applicabile ai contratti di importo inferiore alle soglie europee e un più diretto
apprezzamento del complessivo regime giuridico differenziale che connota questo settore della
contrattualistica, settore che, a conferma della sua rilevante importanza anche pratica, dai dati Eurostat
disponibili vale da solo all’incirca l’80 per cento della spesa complessiva per appalti e concessioni.
La disciplina è stata elaborata in attuazione dei principi di cui alla legge delega 21 giugno 2022, n. 78, in
particolare di quelli contenuti nell’art. 1, comma 2, lett. e), che indica l’obiettivo di semplificazione nonché i
principi cui deve ispirarsi la regolazione dei contratti di importi inferiori alle soglie europee, e lett. t), sui
meccanismi di determinazione ed esclusione delle offerte anomale.
Nel fissare la disciplina comune si è tenuta in particolare considerazione la regolamentazione introdotta, con
riferimento al sottosoglia, dal decreto-legge n. 76 del 2020, come successivamente modificata dal decretolegge n. 77 del 2021, connotata da misure di ampia semplificazione con connesse previsioni di maggiore
trasparenza (come nella previsione ripresa nel comma 9 dell’art. 50). In considerazione del riscontrato buon
esito conseguito dalla suddetta disciplina, si è infatti prevista l’estensione a regime di gran parte delle previsioni
che i decreti legge richiamati dettavano con esclusivo riferimento alla fase emergenziale (limitatamente cioè
all’ipotesi in cui la “determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro
il 30 giugno 2023”, secondo la previsione dell’art. 1, comma 1, decreto-legge n. 76 del 2020).
La disciplina dei contratti sottosoglia si completa poi con le norme di portata generale, applicabili a tutti gli
affidamenti posti in essere dalle stazioni appaltanti (pensiamo ai principi applicabili agli affidamenti di ogni
importo) e con quelle contenute negli Allegati, cui le norme del codice fanno rinvio, come in materia di elenchi
e indagini di mercato e di metodi per la determinazione della soglia di anomalia delle offerte.
Titolo I – I principi generali
Art. 48
L’art. 48 detta la disciplina comune applicabile ai contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza
europea, in attuazione della lettera e) del comma 2 dell’art. 1 della legge delega n. 78 del 2022, in particolare
stabilendo i principi generali cui i relativi affidamenti devono ispirarsi. Lo stesso articolo richiama poi la
categoria elaborata dalla giurisprudenza europea dei contratti di interesse transfrontaliero certo, che sono
sottoposti al regime proprio delle procedure ordinarie.
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Il comma 1 stabilisce i principi cui devono ispirarsi l’affidamento e l’esecuzione dei contratti sottosoglia,
richiamando i principi di cui al Libro I, Parti I e II, del codice, i quali, per la loro portata generale, informano
tutti gli affidamenti delle stazioni appaltanti, a prescindere dal loro importo.
Il comma 2 è del tutto nuovo e prevede il regime giuridico differenziale che la stazione appaltante deve
applicare agli affidamenti di importo inferiore alle soglie europee quando accerti la sussistenza di un interesse
transfrontaliero. La previsione in esame tiene conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione
europea, secondo la quale gli appalti di valore inferiore alle soglie UE, pur non soggetti alle norme specifiche
delle direttive sugli appalti pubblici, devono essere aggiudicati in modo trasparente e competitivo se presentano
un interesse transfrontaliero certo.
La previsione tiene altresì conto di quanto stabilito nella lettera della Commissione europea del 6 aprile 2022,
di messa in mora dell’Italia, la quale, al punto 2.3., occupandosi della disciplina introdotta dai decreti-legge n.
76 del 2020 e n. 77 del 2021, che prevedono affidamenti diretti e procedure negoziate per l’aggiudicazione di
contratti pubblici di importi inferiori alle soglie europee, ha ritenuto la suddetta disciplina violativa dei principi
europei di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione, laddove non obbliga la stazione appaltante
a valutare se l’appalto presenti un interesse transfrontaliero certo.
Nel decreto legislativo n. 50 del 2016 una previsione specifica sull’interesse transfrontaliero era contenuta
nell’art. 97, comma 8, secondo cui l’esclusione automatica delle offerte anomale si applica ai contratti
sottosoglia, che vengano aggiudicati al prezzo più basso, a condizione che non presentino interesse
transfrontaliero. Ma già le Linee Guida ANAC n. 4 (aventi ad oggetto “Procedure per l’affidamento dei
contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione
e gestione degli elenchi di operatori economici”) avevano optato per una previsione di portata più generale,
statuendo che «per l’affidamento di appalti e concessioni di interesse transfrontaliero certo le stazioni
appaltanti adottano le procedure di aggiudicazione adeguate e utilizzano mezzi di pubblicità atti a garantire
in maniera effettiva ed efficace l’apertura del mercato alle imprese estere».
Con il comma 2 in esame si è stabilito di sottoporre l’affidamento dei contratti sottosoglia, allorquando
presentino interesse transfrontaliero certo alla luce della giurisprudenza europea, alle procedure ordinarie
proprie del soprasoglia, ciò al fine di non onerare le stazioni appaltanti del complesso compito di individuare
quale possa essere la disciplina adeguata a tale categoria di contratti.
Con i commi 3 e 4, per i quali la relazione può essere svolta congiuntamente, si è per un verso ribadito come
anche i contratti sottosoglia siano soggetti alle disposizioni concernenti il contenimento della spesa, il che
dovrà orientare le stazioni appaltanti verso scelte più semplici ma non meno attente al risparmio e più in
generale al buon uso del denaro pubblico; e per altro verso si chiarisce come, ove non derogate dalle
disposizioni della parte I, si applicano a questi contratti le altre disposizioni del codice.
Art. 49
L’art. 49 disciplina le modalità operative del principio di rotazione, che costituisce principio generale degli
affidamenti dei contratti sottosoglia, in attuazione dell’art. 1, comma 2, lett. e), della legge delega 21 giugno
2022, n. 78.
Tale principio, come noto, era già contemplato dalla pregressa disciplina codicistica, in particolare dall’art. 36,
comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016 che impone il «rispetto del principio di rotazione degli inviti
e degli affidamenti».
La pregressa disciplina ha avuto attuazione attraverso una normativa di dettaglio dettata dalle Linee Guida
ANAC n. 4, in particolare ai punti 3.6 e 3.7.
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L’art. 49 riprende, in parte, le previsioni di cui alle citate Linee Guida, innovando tuttavia su taluni profili
significativi, in relazione ai quali si è ritenuto di calibrare diversamente l’operatività del principio,
precisandone la portata con riferimento ad ambiti rivelatisi critici.
In continuità con la disciplina pregressa e con le previsioni delle Linee Guida ANAC n. 4 si impone il rispetto
del principio di rotazione già nella fase degli inviti, con lo scopo di evitare che il gestore uscente, forte della
conoscenza della commessa da realizzare acquisita nella precedente gestione, possa agevolmente prevalere
sugli altri operatori economici (Consiglio di Stato, sez. V., 12 giugno 2019, n. 3943), e stabilisce che:
- il principio di rotazione si applica con riferimento all’affidamento immediatamente precedente nei casi in cui
i due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico,
ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi (comma 2);
- ai fini della rotazione, la stazione appaltante, con proprio provvedimento, può ripartire gli affidamenti in
fasce in base al valore economico e la rotazione si applica con riferimento a ciascuna fascia (comma 3);
- il principio di rotazione non si applica quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al
numero di operatori economici, in possesso dei requisiti richiesti, da invitare alla successiva procedura
negoziata (comma 5). Una tale opzione ermeneutica, avallata dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V,
24 maggio 2021, n. 3999), si giustifica in quanto in detta ipotesi non ricorre la ratio che caratterizza il principio
di rotazione degli inviti e degli affidamenti, il quale, in attuazione del principio di concorrenza, ha la finalità
di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, esigenza che non viene in rilievo
allorché la stazione appaltante decida di non introdurre alcun sbarramento al numero degli operatori da invitare
alla procedura negoziata all’esito dell’indagine di mercato.
In termini innovativi la norma in commento stabilisce, invece, quanto segue:
- in caso di procedura negoziata il principio di rotazione comporta il divieto di invito a procedure dirette
all’assegnazione di un appalto nei confronti del contraente uscente (comma 2). La rotazione si ha, quindi, solo
a carico del soggetto che abbia conseguito la precedente aggiudicazione, escludendo, invece, dal divieto coloro
che erano stati soltanto invitati alla precedente procedura negoziata, senza conseguire poi l’aggiudicazione (al
contrario, le Linee Guida ANAC cit. stabilivano che «il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto
di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e
dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento»). Si è ritenuto di escludere la
rotazione a carico del mero invitato, poiché in tale ipotesi la contrazione del principio concorrenziale non
risulta in alcun modo giustificata dalla necessità di contenere asimmetrie informative a carico del precedente
aggiudicatario;
- in casi debitamente motivati con riferimento alla particolare struttura del mercato e alla riscontrata effettiva
assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto l’esecutore uscente può essere
reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto (comma 4). La disposizione, rispetto alla disciplina
delle Linee Guida ANAC n. 4, risulta innovativa nella parte in cui, a determinate condizioni, consente di
reinvitare l’uscente alla successiva procedura negoziata mentre, in riferimento agli affidamenti diretti,
riproduce sostanzialmente la disciplina di cui al punto 3.7 delle Linee Guida. Analogamente a quanto previsto
dal citato punto 3.7, è da ritenere che, ai fini della deroga al principio di rotazione, i requisiti previsti dal comma
4 dell’art. 49 debbano essere concorrenti e non alternativi tra loro;
- le Linee Guida ANAC prevedevano che «negli affidamenti di importo inferiore a 1.000 euro, è consentito
derogare all’applicazione del presente paragrafo, con scelta, sinteticamente motivata, contenuta nella
determinazione a contrarre od in atto equivalente». Si è ritenuto di confermare e, anzi, estendere, tale
previsione, che favorisce la semplificazione e velocizzazione degli affidamenti di importo minimo, stabilendo
che “è comunque consentito derogare alla rotazione per gli affidamenti di importo inferiore a 5.000 euro”
(comma 6). In tal modo tale limite viene allineato a quello previsto dall’art. 1, comma 450, della l. n. 296 del
2006 per il ricorso obbligatorio al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero al sistema
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telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle procedure di
acquisto sottosoglia di beni e servizi.
Art. 50
L’art. 50 disciplina le procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo
inferiore alle soglie di rilevanza europea riprendendo nella sostanza, con alcune modifiche lessicali e alcune
puntualizzazioni contenutistiche innovative, il testo dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2020.
Non si sono ripetute le previsioni disciplinari relative agli affidamenti diretti nelle aree del cratere sismico, che
potranno trovare collocazione in allegati al codice, né quelle relative all’applicazione dei principi, profilo già
normato all’art. 48. In particolare, al comma 1 sono confermati i seguenti profili della disciplina dei contratti
sottosoglia, già propri della pregressa disciplina:
a) salvezza della normativa in materia di aggregazioni e centralizzazione delle committenze e di qualificazione
delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza;
b) per quanto concerne gli appalti di lavori:
1) affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro, anche senza consultazione di più operatori
economici;
2) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, per i lavori
di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a un milione di euro;
3) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori per lavori di importo pari
o superiore a un milione di euro e fino alle soglie europee.
c) per quanto concerne gli appalti di servizi e forniture:
1) affidamento diretto di servizi e forniture, compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di
progettazione, di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici;
2) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici per
l'affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di progettazione,
di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di cui all’art. 14.
Con riferimento all’affidamento diretto (comma 1, lett. a) e b)) si è riproposta la previsione del decreto-legge
n. 76 del 2020 secondo cui, nonostante la mancanza di necessario confronto competitivo, deve essere assicurato
che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse, anche individuati tra coloro che
risultano iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante. Il testo del decreto-legge n. 76 del 2020 si
riferisce a «esperienze analoghe a quelle oggetto di riferimento» mentre il testo della disposizione in esame fa
riferimento a «esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali oggetto di
affidamento». La preferenza per il richiamo a “esperienze idonee” piuttosto che a “esperienze analoghe”
attiene alla scelta di ampliare il margine valutativo della stazione appaltante, che può apprezzare attività
precedenti dell’operatore economico in ambiti anche non strettamente analoghi all’oggetto della gara ma
tuttavia idonei a garantite la buona riuscita dell’affidamento.
Nel testo della norma in esame il riferimento alle procedure negoziate senza bando (comma 1, lettere c), d) ed
e)) non è stato accompagnato, come invece avveniva nell’art. 1, comma 2 del decreto-legge n. 76 del 2020, dal
richiamo all’art. 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016; né si è rinviato alla norma che nel nuovo codice
disciplinerà la procedura negoziata nel soprasoglia. Tale richiamo risulterebbe infatti inutile e anche foriero di
incertezze, poiché la procedura negoziata sottosoglia è normata dalla disposizione in esame sia con riferimento
ai presupposti che alle modalità di svolgimento, così che il richiamo stesso potrebbe ingenerare il dubbio, privo
di fondamento, che siano altresì necessarie le ulteriori condizioni legittimanti proprie del soprasoglia.
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Il comma 1, lett. d) prevede che, in ipotesi di lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle
soglie europee, la stazione appaltante, in luogo del ricorso alla procedura negoziata senza bando, possa
utilizzare le procedure ordinarie, «previa adeguata motivazione». La disciplina del sottosoglia di cui al decretolegge n. 76 del 2020 (art. 1, comma 2) non contemplava il possibile ricorso alle procedure ordinarie, ciò al fine
di imporre l’utilizzo delle procedure semplificate, da cui talvolta le stazioni appaltanti tendono a sfuggire,
temendo i maggiori margini di discrezionalità da esse offerti. Al contrario, l’art. 36, comma 2 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, prevedeva l’utilizzo delle procedure ordinarie come facoltà sempre percorribile dalla
stazione appaltante («salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie»). Nel comma 1, lett. d), in
esame si è percorsa una via mediana, costituita dalla possibilità per le stazioni appaltanti, per gli appalti di
lavori sottosoglia di importo più significativo, di impiegare le procedure ordinarie, ma «previa adeguata
motivazione». Si tratta cioè non di libera opzione, ma della possibilità di accedere alle più complesse procedure
ordinarie in esito a una specifica motivazione delle ragioni tecniche che, nel singolo caso, rendono preferibile
– effettuato il dovuto bilanciamento degli interessi pubblici in gioco – l’utilizzo del più garantistico, ma più
complesso, procedimento ordinario di gara.
Il comma 2 rinvia all’allegato II.1 per l’individuazione delle modalità di gestione degli elenchi e delle indagini
di mercato; si è ritenuto di prevedere espressamente nel codice il divieto del sorteggio, costituente uno dei
criteri della legge delega.
Il comma 3 stabilisce che l’allegato di cui al comma precedente è abrogato a decorrere dalla data di entrata in
vigore di un corrispondente regolamento ai sensi dell’art. 17, comma 3, della l. n. 400 del 1988, attuandosi
quindi una forma di delegificazione.
Il comma 4 norma i criteri di selezione utilizzabili per l’aggiudicazione nell’ambito delle procedure negoziate
sottosoglia, stabilendo il principio di libera scelta da parte delle stazioni appaltanti circa l’utilizzo del criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa ovvero del prezzo più basso. Tale libertà di scelta appare
funzionale alla conformazione delle regole di gara alle peculiarità di ciascun oggetto contrattuale, in modo tale
da garantire il risultato migliore nell’ottica del soddisfacimento dell’interesse del committente. Si tratta,
peraltro, di opzione normativa già seguita dal legislatore del decreto legislativo n. 50 del 2016 (all’art. 36,
comma 9-bis, introdotto dal decreto-legge n. 32 del 2019) e anche dalla normativa del periodo emergenziale
(art. 1, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge n. 76 del 2020).
Con riferimento ai contratti ad alta intensità di manodopera (per i quali «il costo della manodopera è pari o
superiore al 50 per cento dell’importo complessivo dei corrispettivi», secondo la definizione dell’art. 2 lett. e
Allegato I.1 del nuovo codice), il comma 4 impone invece alle stazioni appaltati l’utilizzo dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, onde evitare i costi sociali che potrebbero derivare da una concorrenza
basata solamente sul prezzo. È da segnalare che, anche in questo caso, si tratta di conferma di previsione già
contenuta sia nella disciplina codicistica che in quella emergenziale, poiché sia l’art. 36, comma 9-bis, cit. che
l’art. 1, comma 3, cit. prevedono il necessario utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa nei casi
di cui all’art. 95, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016, nei quali rientra anche l’ipotesi dei contratti
ad alta intensità di manodopera.
Nell’ipotesi, invece, contemplata dalla suddetta lett. d), di utilizzo facoltativo da parte della stazione appaltante
delle procedure ordinarie, valgono evidentemente le regole del soprasoglia anche con riferimento ai criteri di
aggiudicazione.
Il comma 5, stabilisce che le imprese pubbliche che operano nell'ambito definito dagli articoli da 146 a 152
applichino ai contratti sottosoglia la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale, se i contratti
presentano un interesse transfrontaliero certo, deve essere conforme ai principi del Trattato UE a tutela della
concorrenza. I soggetti che operano negli stessi settori in virtù di diritti speciali o esclusivi applicano la
disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti la quale deve sempre essere conforme ai predetti principi del
Trattato UE.
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Il comma in parte ripropone la norma contenuta nell’art. 36, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016,
con la quale è disciplinato l’affidamento a terzi, da parte di imprese pubbliche o di privati titolari di diritti
speciali ed esclusivi, degli appalti sottosoglia riferibili ai settori (c.d. speciali) rientranti nell’ambito definito
dagli artt. da 115 a 121 del medesimo decreto legislativo (corrispondenti, nel nuovo codice, agli articoli da 146
a 152 del Libro III, Parte I). Per i contratti sottosoglia, la norma vigente detta una disciplina unitaria per le
imprese pubbliche e per i soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi, rinviando all’applicazione delle norme
interne dei singoli enti o società, purché siano conformi ai principi del Trattato posti a tutela della concorrenza.
La norma, quindi, non sembra consentire alle imprese pubbliche che esercitano in uno dei settori speciali (che
costituisce l’unico presupposto applicativo per essere assoggettate alla relativa normativa prevista dagli artt.
153 ss. del presente codice, anche quando il servizio o l’attività siano state acquisite mediante una procedura
di evidenza pubblica), che intendano affidare a terzi appalti strumentali allo svolgimento di una delle predette
attività, di utilizzare strumenti di acquisizione più flessibili e semplificati come quelli previsti nei commi da 1
a 3 dell’articolo in commento (si pensi alla previsione dell’affidamento diretto per lavori fino a 150.000 euro,
procedura che si sottrae ai principi proconcorrenziali del Trattato e quindi non sarebbe utilizzabile, stando al
vigente art. 36, comma 8, cit., dalle imprese pubbliche, né dai privati titolari di diritti speciali ed esclusivi).
La regola della conformità ai principi del Trattato è ribadita, per i contratti sottosoglia affidati da soggetti
titolari di diritti speciali ed esclusivi (ossia «concessi dallo Stato o dagli enti locali ovvero da altre
amministrazioni pubbliche attraverso atti di carattere legislativo, regolamentare o amministrativo,
adeguatamente pubblicati […]» (secondo la definizione di cui all’art. 1, Allegato I.1 al codice) anche quando
si tratti di contratti che non presentano interesse transfrontaliero.
Il comma 6, nell’ottica della liberalizzazione e semplificazione, estende senza limiti l’esecuzione anticipata
del contratto senza condizionarla all’esistenza dei requisiti di urgenza, come, invece, accade attualmente.
Il comma 7 inerisce alla fase esecutiva, prevedendo, in un’ottica di semplificazione, la possibilità per la
stazione appaltante di sostituire il certificato di collaudo o il certificato di verifica di conformità con il
certificato di regolare esecuzione, che è emesso dal direttore dei lavori, dal RUP o dal direttore dell’esecuzione
non oltre tre mesi dalla data di ultimazione delle prestazioni oggetto del contratto.
Il comma 8 prevede che i bandi e gli avvisi di preinformazione relativi ai contratti sottosoglia siano pubblicati
a livello nazionale con le modalità di cui all’art. 85, con esclusione della trasmissione del bando di gara
all’Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, con significativa semplificazione rispetto alle procedure
ordinarie.
Al comma 9 si sono previste, con riferimento alla conclusione delle procedure di affidamento dei contratti
sottosoglia, misure di pubblicità aggiuntive rispetto a quelle già imposte dalla disciplina ordinaria, com’è nel
caso della determina a contrattare o della composizione della commissione giudicatrice, dovendo infatti essere
pubblicato, con le modalità di cui al comma 8, anche l’avviso dei risultati. La prevista forma di pubblicità trae
ispirazione dall’art. 1, comma 2, lett. b) del decreto-legge n. 76 del 2020 (come modificato dal successivo
decreto-legge n. 77 del 2021), anche se qui non è stato riprodotto l’inciso che escludeva l’obbligatorietà della
pubblicazione di detto avviso per gli affidamenti diretti di importo inferiore ad euro 40.000. Con questa
disposizione, per bilanciare la maggiore semplificazione, si è inteso rendere più estesa la trasparenza e
conoscibilità dell’operato della stazione appaltante; infatti l’obbligo di pubblicazione dell’avviso dei risultati
delle procedure di affidamento sottosoglia viene necessariamente a coinvolgere anche gli affidamenti diretti.
Allegato II.1
Art. 1
Il comma 1 dell’articolo, recante le “Disposizioni generali”, intende dare attuazione all’art. 50 del codice il
quale stabilisce che gli operatori economici da invitare alle procedure per l’affidamento degli appalti
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sottosoglia sono individuati attraverso il ricorso ad indagini di mercato od elenchi gestiti con le modalità
previste nel presente Allegato.
La disciplina in esame si applica alle procedure negoziate per l’affidamento di contratti di lavori di importo
pari o superiore a 150.000 e per l’affidamento di contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a
140.000,00 euro e inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria.
La gestione degli elenchi e delle indagini di mercato deve avvenire nel rispetto del principio di rotazione
previsto dall’art. 49 del codice il quale impone la rotazione negli affidamenti consecutivi consentendo la deroga
negli affidamenti di importo inferiore a 5.000 euro e, solo nelle ipotesi riconducibili alla particolare struttura
del mercato e alla effettiva assenza di alternative, anche di importo superiore.
Il principio di rotazione non si applica quando l’indagine di mercato non pone limiti al numero di operatori
economici da invitare alla procedura negoziata; tale impostazione, già presente nelle Linee Guida n. 4
dell’Anac, risponde alla stessa ratio del principio individuabile nell’esigenza di limitare la discrezionalità delle
stazioni appaltanti allorché esse, in ossequio a quanto previsto dalle attuali procedure per gli affidamenti
sottosoglia, ricorrono alla facoltà di limitare il numero degli operatori da invitare alla procedura negoziata.
Quando questa esigenza non ricorre, come nelle ipotesi in cui l’indagine di mercato ab origine non preveda
alcuno sbarramento in ordine al numero degli operatori da invitare alla procedura negoziata, il principio di
rotazione non si applica (in questo senso anche la giurisprudenza tra cui Consiglio di Stato, sez. V, 24 maggio
2021, n. 3999).
Il comma 2 stabilisce che l’indagine di mercato prende avvio con la determina a contrarre (ovvero con atto
equivalente secondo l’ordinamento della singola stazione appaltante) che contiene una serie di elementi ivi
specificamente indicati.
Nel contenuto della determina a contrarre figura l’indicazione dei criteri per l’individuazione degli operatori
da invitare alla procedura negoziata allorché la stazione appaltante intende operare uno sbarramento in ordine
al numero degli stessi; tale previsione risponde al principio generale di predeterminazione dei criteri lato sensu
selettivi nelle procedure comparative.
L’inserimento di tale previsione già nella determina a contrarre (potendosi, in alternativa, ipotizzare la loro
indicazione nel solo atto di invito a presentare le manifestazioni di interesse) è coerente con la peculiare
rilevanza che tali criteri assumono ai fini dell’individuazione degli operatori economici da invitare alla
procedura negoziata dopo che l’art. 1, comma 2, lettera f), della legge 21 giugno 2022, n. 78 ha vietato, a tal
fine, il ricorso al sorteggio o ad altri criteri casuali.
Il comma 3 riconosce alle stazioni appaltanti il potere di dettare, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti,
una disciplina più specifica in ordine alle modalità di conduzione delle indagini di mercato e di gestione degli
elenchi degli operatori economici.
Nel rispetto del principio di gerarchia delle fonti tale disciplina deve, ovviamente, essere coerente con quanto
in materia previsto dalle norme di rango primario e dal presente Allegato.
Art. 2
Il comma 1 stabilisce che le indagini di mercato devono svolgersi secondo le modalità ritenute più idonee dalla
stazione appaltante, secondo i principi di adeguatezza e proporzionalità tenendo, in particolare, conto
dell’esigenza di rispettare il termine massimo, previsto dal codice, per l’affidamento degli appalti sottosoglia
tramite procedura negoziata.
I risultati delle indagini di mercato devono essere formalizzati dalla stazione appaltante con apposito
provvedimento ferma restando l’esclusione della divulgazione delle informazioni che potrebbero
compromettere la posizione degli operatori economici e, comunque, dei segreti tecnici e commerciali e fatto
salvo quanto previsto dall’art. 35 del codice in riferimento alla tempistica prevista per la conoscibilità di alcuni
dati e atti di gara.
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Il comma 2 disciplina la pubblicità dell’avviso per la presentazione delle manifestazioni d’interesse che deve
essere effettuata tramite avviso sul sito istituzionale dell’ente e sulla Banca dati nazionale dei contratti pubblici
dell’ANAC. La durata minima ordinaria di tale pubblicazione è fissata in quindici giorni, termine riducibile a
cinque giorni nei casi di urgenza motivata in riferimento a ragioni indicate nell’avviso.
Il comma 3 ha ad oggetto il contenuto dell’avviso di avvio dell’indagine di mercato che deve indicare il valore
dell’affidamento, gli elementi essenziali del contratto, i requisiti di idoneità professionale, i requisiti minimi
di capacità economica/finanziaria e le capacità tecniche e professionali richieste ai fini della partecipazione, il
numero minimo ed eventualmente massimo di operatori che saranno invitati alla procedura, i criteri di
selezione degli operatori economici, le modalità per comunicare con la stazione appaltante.
Nel caso in cui sia previsto un numero massimo di operatori da invitare, l’avviso deve indicare anche i criteri
utilizzati per la scelta degli operatori; tali criteri devono essere oggettivi, coerenti con l’oggetto e la finalità
dell’affidamento e con i principi di concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza, fermo
restando il divieto di sorteggio o di altri metodi di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di
situazioni particolari e specificamente motivate, come espressamente previsto dall’art. 1 comma 2 lettera f)
della legge n. 78 del 2022.
Ai fini dell’utilizzazione di tali criteri va considerato che dal novero degli operatori da considerare, tra quelli
che hanno presentato manifestazioni d’interesse, devono essere esclusi quelli che non hanno dichiarato il
possesso dei requisiti richiesti dalla stazione appaltante e, in applicazione del principio di rotazione,
l’affidatario uscente.
Art. 3
Il comma 1 concerne gli elenchi quale modalità, alternativa alle indagini di mercato, di selezione degli
operatori da invitare alla procedura negoziata.
Tali elenchi sono costituiti a seguito di avviso pubblico pubblicato sul sito istituzionale dell’ente e sulla Banca
dati nazionale dei contratti pubblici dell’ANAC.
L’avviso indica i requisiti di carattere generale che gli operatori economici devono possedere, la modalità di
selezione degli operatori economici da invitare, le categorie e fasce di importo in cui l’amministrazione intende
suddividere l’elenco e gli eventuali requisiti minimi richiesti per l’iscrizione, parametrati in ragione di ciascuna
categoria o fascia di importo.
Gli elenchi sono aperti ed aggiornati; ne consegue che l’iscrizione degli operatori provvisti dei requisiti
richiesti è consentita senza limitazioni temporali (comma 2).
Per esigenze pratiche, è stato previsto un meccanismo di silenzio assenso allorché la stazione appaltante, nel
termine prescritto, non emette un diniego motivato della domanda di iscrizione; un siffatto modus procedendi
consente di snellire le procedure d’iscrizione nell’ipotesi di pluralità di operatori.
Gli elenchi sono oggetto, altresì, di revisione periodica (comma 3) secondo le modalità indicate nell’Allegato.
Ai fini dell’individuazione degli operatori iscritti nell’elenco da invitare alla procedura negoziata è stato
previsto un rinvio ai criteri che il paragrafo 6 indica per le indagini di mercato ferma restando l’esigenza che
tali criteri, a garanzia della trasparenza della procedura, siano predeterminati già nella determina a contrarre.
Il comma 4 prevede che la scelta degli operatori da invitare alla procedura negoziata deve essere effettuata
secondo criteri oggettivi, coerenti con l’oggetto e la finalità dell’affidamento e con i principi di concorrenza,
non discriminazione, proporzionalità e trasparenza. Il sorteggio o altri metodi di estrazione casuale dei
nominativi sono consentiti solo in casi eccezionali in cui il ricorso ai criteri di cui al periodo che precede è
impossibile o comporta per la stazione appaltante oneri assolutamente incompatibili con il celere svolgimento
della procedura. I criteri di selezione degli operatori da invitare alla procedura negoziata sono indicati nella
determina a contrarre o in altro atto equivalente.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Art. 51
Il nuovo art. 93, inserito nel Titolo IV del Libro II, stabilisce, al comma 3, che «la commissione è presieduta
da un dipendente della stazione appaltante ed è composta da suoi funzionari, in possesso del necessario
inquadramento giuridico e di adeguate competenze professionali. Della commissione giudicatrice può far
parte il RUP».
La norma non prevede esplicitamente che il RUP possa anche presiedere la commissione.
L’art. 51, muovendo dal presupposto che il nuovo art. 93 già contempla la possibilità che il RUP possa far
parte della commissione giudicatrice, si limita a consentire che il RUP possa anche presiederla.
Si intende in tal modo introdurre una forte semplificazione nelle procedure sottosoglia, prevedendo, in via
generale, la legittimità della partecipazione del RUP alla commissione e la possibilità che lo stesso assuma
anche il ruolo di presidente.
L’incompatibilità assoluta tra i ruoli di RUP e di componente della commissione giudicatrice era stata già
superata dal decreto legislativo n. 56 del 2017, che aveva introdotto un secondo periodo al comma 4 dell’art.
77 del decreto legislativo n. 50 del 2016, secondo cui «la nomina del RUP a membro delle commissioni di
gara è valutata con riferimento alla singola procedura», norma, tuttavia, di non univoca interpretazione.
La norma in esame, per il sottosoglia, risolve in radice il problema concernente la possibilità del RUP di essere
sia componente sia presidente della commissione.
Nelle disposizioni finali e, precisamente, nell’art. 226, comma 5, è contenuta la norma volta a coordinare
l’innovazione introdotta con la disciplina dell’art. 107, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000 che
prevede, in via generale, l’attribuzione ai dirigenti della «presidenza delle commissioni di gara».
L’art. 226, comma 5, aggiunge al comma 3 dell’art. 107 del decreto legislativo n. 267 del 2000 un ulteriore
comma secondo cui «la commissione giudicatrice, nel caso di aggiudicazione dei contratti di importo inferiore
alle soglie europee con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, può essere presieduta dal
responsabile unico del procedimento».
Tale ultima previsione, emanata in coerenza con quanto disposto dall’art. 1, comma 4 del decreto legislativo
n. 267 del 2000 il quale prevede che «ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica
non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue
disposizioni», risolve il problema del coordinamento tra le disposizioni del codice degli appalti e il decreto
legislativo n. 267 del 2000 prevedendo, in particolare, che negli enti locali il responsabile unico del
procedimento possa presiedere le commissioni di gara anche se privo di qualifica dirigenziale.
Art. 52
L’art. 52 prevede una modalità di semplificazione per la verifica dei requisiti in riferimento agli affidamenti
diretti di importo inferiore ai 40.000 euro.
La disciplina nasce dall’esigenza di ovviare alle difficoltà correlate ad una verifica sistematica del possesso
dei requisiti di partecipazione nelle ipotesi di microaffidamenti.
Per tali procedure la stazione appaltante è esonerata dall’obbligo di verifica puntuale dei requisiti
dell’affidatario il quale deve attestare, con dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la sussistenza dei
requisiti di ordine generale e speciale richiesti per l'affidamento.
Ferma restando la facoltà di verificare il possesso dei requisiti da parte del singolo affidatario, il comma 1
prevede che la stazione appaltante, in luogo di un controllo a carico di tutti gli affidatari, è obbligata solo a
verificare le dichiarazioni tramite sorteggio di un campione individuato con modalità predeterminate ogni
anno.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Al fine di responsabilizzare l’affidatario allorché rende l’attestazione concernente il possesso dei requisiti, la
disposizione, al comma 2, stabilisce che, nell’ipotesi in cui, in esito al controllo a campione, risulti il mancato
possesso dei requisiti dichiarati, le stazioni appaltanti procedono obbligatoriamente alla risoluzione del
contratto, all'escussione dell’eventuale cauzione definitiva, alla comunicazione all’ANAC e alla sospensione
dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure di affidamento di cui alla presente Parte, indette
dalle medesime stazioni appaltanti, per un periodo da uno a 12 mesi decorrenti dall’adozione del
provvedimento.
Art. 53
L’art. 53 ha ad oggetto le garanzie a corredo delle offerte e riprende nella sostanza, con alcune modifiche, la
disciplina già contenuta nell’art. 1, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020.
Al comma 1 si stabilisce che, di norma, nelle procedure di cui all’art. 50, comma 1, la stazione appaltante non
richiede le garanzie provvisorie previste per l’affidamento dei contratti soprasoglia dall’art. 106; può
richiederle, con riferimento alle sole procedure negoziate di cui all’art. 50, comma 1, lett. c), d) ed e), «in
considerazione della tipologia e specificità della singola procedura» quando «ricorrano particolari esigenze
che ne giustifichino la richiesta», che la stazione appaltante indica nella determina a contrarre o nell'avviso di
indizione della procedura o in altro atto equivalente. Rispetto al testo del decreto-legge n. 76 del 2020 si è
inserita la limitazione della possibilità di richiedere le garanzie alle sole procedure negoziate.
Al comma 2 viene stabilito che, se la garanzia provvisoria è dovuta, «il relativo ammontare non può superare
l’uno per cento dell’importo previsto nell’avviso o nell’invito per il contratto oggetto di affidamento».
Il comma 3 prevede quindi che la garanzia provvisoria può essere costituita sotto forma di cauzione ovvero di
fideiussione e rinvia per le modalità attuative alla disciplina di cui all’art. 106.
Il comma 4 si occupa invece della garanzia definitiva e prevede la facoltà della stazione appaltante di non
richiederla per l’esecuzione dei contratti sottosoglia (nonché per i contratti di pari importo stipulati a valere su
un accordo quadro) in casi debitamente motivati, con intento di semplificazione dell’esecuzione dei contratti
di importi inferiore alle soglie europee. In ogni caso, quando richiesta, la garanzia definitiva è pari al 5 per
cento dell’importo contrattuale.
Art. 54
Il comma 1 stabilisce che, ove i contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea relativi ad appalti
di lavori o servizi siano aggiudicati con il criterio del prezzo più basso e non presentino un interesse
transfrontaliero certo, le stazioni appaltanti, in deroga all’art. 110, prevedono negli atti di gara l'esclusione
automatica delle offerte che risultino anomale, «qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore
a cinque».
La ratio della previsione poggia sulla circostanza che la concorrenza tra offerte competitive a basso prezzo,
sebbene consenta talvolta risparmi economici significativi per le stazioni appaltanti, nondimeno può risultare
non conveniente nei casi in cui al basso prezzo corrisponda o una troppo ottimistica valutazione dei costi di
esecuzione del contratto o il comportamento spregiudicato di alcuni operatori economici i quali, nonostante i
molti presidi a tutela della serietà delle offerte, fondino il basso prezzo su uno scarso rapporto qualità-prezzo.
È in questo tipo di contesto che si pone il concetto di “anomalia” o, meglio, di “offerte anormalmente basse”.
La direttiva europea 2014/24/EU fornisce indicazioni chiare sulla gestione del rischio di anomalia delle offerte
imponendo alle stazioni appaltanti di valutare questo rischio e fornendo agli operatori economici la possibilità
di presentare i loro giustificativi. La direttiva, sulla scia di pronunciamenti della Corte di Giustizia dell’Unione
europea, vieta l’applicazione di qualsiasi forma di automatismo per l’automatica esclusione delle offerte che
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sulla base, ad esempio, di un algoritmo matematico, siano classificate come anomale. Nell’ambito dei contratti
di importo inferiore alle soglie europee, tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Giustizia (v. la sentenza
CJEU n. C-147/06, SECAP vs. Santorso) ammette che possa essere accettabile ricorrere a sistemi di esclusione
automatica, ma soltanto per appalti non di interesse transfrontaliero, al ricorrere di un numero indebitamente
elevato di offerte e in presenza di elevati costi e significativi ritardi che la valutazione in contraddittorio di un
numero tanto elevato di offerte potrebbe causare.
Ai fini di velocizzare e semplificare il processo di gestione del rischio di anomalia, si è pertanto mantenuto un
sistema di esclusione automatica, ma limitatamente a quelle situazioni con un numero di offerte
sufficientemente elevato (almeno cinque) e per cui il processo di valutazione dell’anomalia sia più lungo e
costoso per le stazioni appaltanti in ragione della maggior complessità intrinseca dei contratti (quindi, per
appalti di lavori e servizi, ma non di forniture).
L’articolo rispecchia, quindi, la disciplina già contenuta nell’art. 1, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge
n. 76/2020, che diviene, con la disposizione in esame, disciplina a regime e non più transitoria, anche con
riferimento all’estensione della portata applicativa a tutte le ipotesi in cui le offerte ammesse siano, come sopra
ricordato, almeno cinque. L’art. 1, comma 3, cit. affermava, tuttavia che, al ricorrere dei requisiti previsti, «le
stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica»; nella norma in esame si stabilisce, invece, che, al
ricorrere dei requisiti di legge, «le stazioni appaltanti, in deroga all’articolo 110, prevedono negli atti di gara
l'esclusione automatica»; in base alla riferita formulazione della disposizione è, pertanto, necessario, al fine
dell’operatività del meccanismo di esclusione automatica, che esso sia espressamente previsto negli atti di
indizione della procedura selettiva (analogamente a quanto stabiliva l’art. 97, comma 8, del decreto legislativo
n. 50 del 2016). La disposizione reca, all’evidenza, una deroga all’art. 110, che contiene la disciplina delle
offerte anormalmente basse nell’ambito dell’affidamento dei contratti di importo superiore alle soglie di
rilevanza europea.
La disciplina dell’art. 54, per la sua portata generale, è applicabile alle ipotesi di procedura negoziata, ma anche
al caso in cui si ricorra alla procedura ordinaria, nel caso previsto dall’art. 50, comma 1, lett. d). Si esclude
invece esplicitamente, per fugare ogni dubbio, l’affidamento diretto con richiesta di più preventivi (comma 1,
secondo periodo). L’art. 54, invece, non troverà applicazione nel caso in cui sussista un interesse
transfrontaliero certo, dal momento che, al ricorrere di tale ipotesi, l’art. 48, comma 2, prevede che si seguano
le procedure ordinarie.
Nell’ultimo periodo del comma 1 si recupera la norma contenuta nell’art. 97, comma 6, del decreto legislativo
n. 50 del 2016 in tema di “verifica facoltativa” della congruità dell’offerta. Si ricorda, a questo proposito, che
la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto che le stazioni appaltanti dispongono di una discrezionalità
ampia con riguardo alla scelta di procedere, o no, alla verifica facoltativa, con la conseguenza che il ricorso
all’istituto (come pure la mancata applicazione di esso) non necessita di una particolare motivazione né può
essere sindacato se non nelle ipotesi, remote, di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto
(Consiglio di Stato, sez. V, 29 gennaio 2018, n. 604).
Il comma 2 contiene la parte più innovativa della disposizione, rappresentata dalla introduzione dell’obbligo
per le stazioni appaltanti di prevedere negli atti di indizione della procedura da aggiudicare con il criterio del
prezzo più basso, oltre alla citata opzione per l’esclusione automatica delle offerte, anche il metodo matematico
di determinazione della soglia di anomalia, individuato – a scelta delle medesime stazioni appaltanti – tra uno
dei tre indicati nell’allegato II.2 (sul quale si veda più oltre).
In questo caso la ratio della previsione poggia su una duplice considerazione. In primo luogo, l’adeguato
bilanciamento del rischio di offerte anormalmente basse e di una sana dinamica competitiva tra operatori
economici non può essere soddisfatto da un unico meccanismo in quanto l’equilibrio ricercato dalla stazione
appaltante dipenderà dalle caratteristiche specifiche del contratto e anche del tessuto produttivo degli operatori
economici a cui la stazione appaltante si rivolge. In secondo luogo, il sistema, in ultimo delineato nel decreto
legislativo n. 50/2016, si prestava, nel tempo, a una possibilità di predeterminazione, da parte degli offerenti,
dei parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia; tale fenomeno dipendeva dal fatto che
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l’algoritmo per il calcolo della soglia (e anche i precedenti in passato applicati) risultava ancorato a una
funzione della distribuzione degli sconti offerti o, in altri termini, era un valore determinato, in via endogena,
sulla base del valore di quegli sconti. Talune delle imprese offerenti, quindi, avrebbero potuto essere indotte a
tentare di manipolare la soglia, coordinandosi nella fase di presentazione delle offerte; altre imprese
partecipanti avrebbero potuto provare a “scommettere” sulla determinazione della soglia di anomalia. In
entrambi i casi, si sarebbe potuto determinare l’esito svantaggioso per la stazione appaltante (e per la
collettività dei contribuenti) della presentazione di offerte potenzialmente svincolate dai costi sottostanti.
Onde ridurre in misura significativa i sopra ricordati rischi di manipolazione della soglia di anomalia, e, al
contempo, assicurare il fondamentale bilanciamento tra il contenimento dei costi e l’ottenimento di una qualità
dell’esecuzione del contratto adeguata alle esigenze della stazione appaltante, la disposizione consente, per
l’appunto, alle stazioni appaltanti di scegliere, in via alternativa e senza necessità di motivazione, uno dei tre
metodi di calcolo della soglia descritti nell’allegato II.2, con l’unica condizione di indicare negli atti indittivi
il metodo prescelto.
Il comma 3 prevede che l’allegato II.2, avente natura regolamentare è abrogato a decorrere dalla data di entrata
in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della l. n. 400 del 1988,
previo parere dell’ANAC. Si ritiene che, per i fini di un migliore fine tuning dei metodi in discorso, la loro
periodica revisione sia effettuata con una frequenza ravvicinata (preferibilmente annuale), anche in
considerazione della necessità di un costante aggiornamento dei dati statistici di riferimento che sono nella
disponibilità dell’ANAC e ciò con particolare riguardo alla Tabella A.
Allegato II.2
Si illustrano, di seguito, le logiche sottostanti i tre metodi descritti nell’allegato.
Il Metodo A). Questo metodo replica esattamente il metodo introdotto, all’art. 97, commi 2 e 2-bis, del decreto
legislativo n. 50 del 2016, dalla lett. u), n. 1), dell’art. 1, comma 20, del decreto-legge n. 32 del 2019, convertito,
con modificazioni, dalla l. n. 55 del 2019. La scelta di mantenere la possibilità di ricorrere a questo metodo è
duplice. In primo luogo, esso permette alle stazioni appaltanti di ricorrere ad un metodo da loro già ampiamente
utilizzato e, quindi, riduce le complessità di adeguarsi nell’immediato a sistemi potenzialmente più efficaci,
ma anche più complessi quali quelli dei due metodi presentati di seguito come Metodo B e Metodo C. In
secondo luogo, elemento innovativo del metodo come formulato nella l. n. 55 del 2019, era stato quello di
introdurre una componente randomica (ovvero casuale) nella soglia di determinazione dell’anomalia che
rendesse la stessa meno prevedibile e manipolabile dalle imprese, ma senza le elevate problematiche che erano
state introdotte dal meccanismo originariamente previsto dal legislatore nel 2016 che, all’art. 97 del decreto
legislativo n. 55 del 2016, aveva previsto l’estrazione casuale dopo il ricevimento delle offerte del meccanismo
di calcolo della soglia di anomalia. Come chiarito nella Relazione illustrativa della l. n. 55 del 2019: «18)
All'articolo 97, vengono apportate modificazioni ai commi 2, 3, 3-bis e 8. In particolare la modifica è tesa a
risolvere le problematiche segnalate da vari stakeholders concernenti il calcolo della soglia di anomalia.
Infatti il meccanismo della determinazione della soglia di anomalia, basato sul sorteggio tra cinque metodi
alternativi, è risultato nella prassi alquanto farraginoso. Peraltro la proposta è volta a prevenire il
contenzioso laddove un'offerta di operatore economico, a seconda della scelta casuale di uno degli attuali
cinque metodi, potrebbe risultare vincitrice o addirittura anomala. Pertanto, nell'ottica di continuare a
garantire l'imprevedibilità della soglia di anomalia in chiave “antiturbativa”, consentendo, al contempo, un
maggior livello di snellezza procedurale ed un maggior contenimento dei ribassi, la proposta “riduce” i
sistemi di calcolo della soglia ad uno solo, nell'ambito del quale si introducono alcune variabili individuate
dopo l'apertura di tutte le offerte. Infine, al fine di non rendere nel tempo predeterminabili dagli offerenti i
parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, si prevede la possibilità di emanare, da parte
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un decreto per la rideterminazione delle modalità di calcolo
per l'individuazione della soglia di anomalia. Le modifiche al comma 3, in analogia a quanto previsto
relativamente all'aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, introducono, nell'ottica della
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semplificazione, in caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, una
deroga in merito all'effettuazione del calcolo della soglia di anomalia, in presenza di massimo due offerte,
ferma restando la facoltà, in capo alle stazioni appaltanti, di valutare la congruità di ogni offerta che, in base
ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa. Inoltre si provvede a modificare il comma 3-bis per
coordinarlo con le modifiche apportate all'articolo. Infine si prevede, attraverso una modifica del comma 8,
una deroga all'esclusione automatica per gli appalti sotto soglia aventi carattere transfrontaliero: essa è tesa
a risolvere la procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia a seguito della lettera di costituzione in mora n.
2018/2273. Inoltre, sempre al comma 8, la modifica interviene sulla materia riguardante le offerte anomale
basse e stabilisce che la stazione appaltante prevede nel bando, non più come facoltà, l'esclusione automatica
dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia».
Il Metodo B). Questo metodo deriva dai più recenti studi accademici in materia, integrando queste conoscenze
con le specificità del contesto di riferimento. Il metodo si fonda su due elementi: una soglia di anomalia e
l’applicazione di una regola del c.d. “secondo prezzo”. Per quanto riguarda la soglia di anomalia, idealmente
il metodo presupporrebbe la capacità della stazione appaltante di determinare, non soltanto la base d’asta, ma
anche il prezzo minimo accettabile, al di sotto del quale non accettare offerte. Al fine di semplificare il
problema delle stazioni appaltanti, si è, tuttavia, ritenuto di mantenere una determinazione della soglia di
anomalia quasi identica a quella proposta nel Metodo A sopra illustrato, con l’unica, fondamentale differenza
che l’algoritmo applicato non necessariamente esclude lo sconto maggiore presentato in gara. Questa,
potenziale, maggiore spinta concorrenziale è tuttavia bilanciata dal secondo elemento, la regola del “secondo
prezzo”, secondo cui risulta aggiudicataria del contratto l’impresa che abbia offerto il prezzo più basso tra
quelli non anomali, ma il prezzo di aggiudicazione non è il prezzo più basso (offerto dalla impresa
aggiudicataria), ma il secondo prezzo più basso, ovvero il prezzo offerto dalla seconda classificata. In caso di
pareggio tra imprese con il prezzo più basso, viene sorteggiata quella vincitrice.
La logica sottesa è che, sotto condizioni realistiche, il meccanismo al “secondo prezzo” rende ottimale per le
imprese fare offerte uguali al loro reale costo di produzione. La spiegazione intuitiva del perché sia così è
legata al fatto che in un sistema di questo tipo è ottimale per ogni azienda offrire un valore esattamente uguale
al proprio costo, giacché: (a) questa strategia consente all’azienda di vincere l’asta se, e solo se, può fare
profitto positivo; e (b) offrire un valore diverso non può aumentare i profitti fatti dall’impresa vincitrice,
giacché il prezzo vincente non dipende dall’offerta del vincitore. (Incidentalmente, si osserva che meccanismi
analoghi al Metodo B sono ampiamente impiegati in varie tipologie di aste, ad esempio, in quelle per la
fissazione del prezzo dell’elettricità, c.d. “aste del giorno prima”). Il beneficio per le stazioni appaltanti (e per
la collettività), derivante dall’applicazione del Metodo B, è che se le offerte rispecchiano i costi, allora le
stazioni appaltanti beneficiano della maggiore efficienza produttiva dell’impresa vincente rispetto alle rivali.
Il Metodo C). Questo metodo deriva dall’esperienza internazionale con metodi simili, integrando queste
conoscenze con le specificità del contesto di riferimento. La stazione appaltante che applichi tale metodo deve
indicare nel bando di gara lo “sconto di riferimento.” Tale sconto è espresso come percentuale della base d’asta
rispetto a cui le imprese formulano i loro sconti e rappresenta l’indicazione che la stazione appaltante offre
alle imprese della soglia di anomalia, al netto di una componente randomica determinata successivamente in
base alle offerte ricevute. Al fine di coadiuvare le stazioni appaltanti nella scelta di questo valore, è stata
predisposta nell’allegato II.2 la Tabella A che contiene una serie di parametri di riferimento (alcuni percentili
della distribuzione dei ribassi di aggiudicazione) basati sullo storico di gare associate a conduzione dei lavori
non patologiche, segnatamente, con aumenti dei costi di esecuzione non eccedenti il 25% e dei i tempi di
esecuzione non eccedenti il 200%. Alla stazione appaltante viene in ogni caso lasciata la possibilità di
discostarsi dai valori di riferimento della Tabella A motivando la scelta in base all’esigenza di selezionare
un’offerta con caratteristiche di prezzo-qualità congrue rispetto ai bisogni della stazione appaltante stessa. In
questo caso, la stazione appaltante applica criteri verificabili per determinare lo sconto di riferimento
confrontando i benefici di sconti maggiori con i costi di selezionare un’offerta vincitrice con qualità
potenzialmente inferiore.
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Dopo aver ricevuto le offerte, la stazione appaltante applica una componente randomica allo sconto di
riferimento per definire la soglia di anomalia. Lo sconto maggiore tra quelli non superiori a tale soglia vince.
Questa componente randomica implica che nel Metodo C tutte le offerte possano essere indicate come
anomale; in questo caso si deve ricorrere alla valutazione in contraddittorio e non al nuovo espletamento della
gara.
I numeri indicati nella Tabella A sono ottenuti a partire dai dati Open ANAC basati sulle comunicazioni delle
stazioni appaltanti all’Autorità. La popolazione di riferimento è costituita dai contratti pubblici avviati tra il
2012 e il 2021 e aggiudicati entro giugno 2022. L’analisi è svolta a livello di CIG: in caso di suddivisione in
lotti, ciascun lotto costituisce un’unità statistica distinta. Sono esclusi dall’analisi gli appalti sopra la soglia di
rilevanza europea (in quanto ad essi non si applica la disciplina dell’esclusione automatica); gli appalti
integrati; i contratti affidati tramite procedure diversa da quelle competitive o negoziate; i lavori eseguiti
nell’ambito di concessioni o affidamenti in house.
Nella Tabella A sono riportati i seguenti percentili della distribuzione degli sconti di aggiudicazione: 50° pct,
60° pct, 70° pct, 80° pct, 90° pct, 95° pct e 99° pct. Con sconto di aggiudicazione si intende il ribasso di
aggiudicazione come disponibile nei dati Open ANAC. Sono incluse per il calcolo esclusivamente i casi di
contratti la cui esecuzione soddisfi entrambi i seguenti criteri:
•
scostamenti di costo non superiori a un quarto della base d’asta (detto altrimenti: soglia di
incremento del 25% del prezzo contrattuale);
•
scostamenti di tempo non superiori a due volte il tempo contrattuale definito al momento
dell’affidamento del contratto (detto altrimenti: soglia di incremento del 200% sul tempo
contrattuale).
Lo scostamento di tempo è definito come la differenza percentuale fra la durata effettiva dei lavori (tempo
trascorso tra la data di aggiudicazione e l’ultima data indicativa del termine della fase esecutiva) e la durata
preventivata in sede contrattuale. Lo scostamento di costo è dato dalla differenza percentuale tra l’importo
complessivo finale, al netto di eventuali costi di progettazione, e l’importo di aggiudicazione, in termini
percentuali rispetto all’importo a base d’asta.
Le righe della tabella che presentano il simbolo (*) sono state stimate ripetendo i valori relativi alla classe di
importo immediatamente più piccola in quanto il numero di osservazioni disponibili per effettuare il calcolo
dei percentili è inferiore a 100 osservazioni.
Le categorie OG/OS mancanti in tabella sono state accorpate nella categoria finale “Altro” in quanto non
contenevano il numero minimo di 100 osservazioni in nessuna delle tre classi di importo considerate.
A titolo illustrativo, si propone, di seguito, un esempio che descrive l’esclusione delle offerte anomale, la
selezione dell’impresa aggiudicatrice e la determinazione dello sconto di aggiudicazione della gara nei tre
metodi sopra citati. Nella tavola, denominata “Esito della gara secondo i diversi metodi”, la distribuzione dei
costi e degli sconti offerti da 15 aziende è mostrata nelle colonne seconda e terza, mentre per ogni algoritmo
di aggiudicazione è presente una colonna indicante l’impresa vincitrice e le eventuali imprese escluse, e una
seconda colonna che riporta lo sconto di aggiudicazione della gara.
Per quanto concerne il Metodo A, date le 15 offerte ammesse alla gara, vengono accantonate le 2 offerte di
minor ribasso e le 2 offerte di maggiore ribasso (ovvero le offerte delle imprese A, B, O, P) per calcolare la
somma e la media, rispettivamente pari a 110,00% e 10%. Dalle cinque offerte non accantonate con ribasso
superiore alla media, viene calcolato lo scarto aritmetico medio, pari a 3%. Siccome il numero di offerte
ammesse alla gara è pari a 15, si individua la soglia di anomalia aggiungendo alla media lo scarto aritmetico
medio decrementato dello 0%, dove tale valore percentuale è ottenuto moltiplicando fra loro la prima e la
seconda cifra decimale della somma delle offerte non accantonate (ovvero 0x0 = 0). Si ottiene dunque una
soglia di anomalia pari a 13%, dalla quale risulta vincitrice l’impresa K con un ribasso di aggiudicazione pari
84
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a 12%. Vengono escluse le imprese con offerte pari o superiori alla soglia di anomalia, cioè le imprese L, M,
N, O, P.
Per quanto concerne il Metodo B, dato il medesimo calcolo rispetto al Metodo A della somma e della media
delle offerte non accantonate, si ha che la somma delle cifre della somma delle offerte non accantonate è un
numero pari (ovvero 1+1+0+0+0 = 2), perciò la soglia di anomalia si individua sommando la media e lo scarto
aritmetico medio decrementato di un valore percentuale uguale a 0%, il prodotto fra la prima e la seconda cifra
decimale della somma delle offerte non accantonate. La soglia di anomalia è uguale a 13,00% (ovvero: 10,00%
+ 3,00 x (1-0,00)%). Risulta dunque vincitrice l’impresa L con uno sconto uguale alla soglia di anomalia e il
prezzo di aggiudicazione è 12%, ovvero il miglior prezzo tra quelli non-anomali, esclusa l’offerta di L stessa
(metodo del “secondo prezzo”).
Per quanto riguarda il Metodo C, si ipotizza uno scenario in cui la stazione appaltante seleziona come sconto
di riferimento 16.172%, prendendo tale sconto dalla Tabella A dell’allegato II.2. La somma delle offerte non
accantonate è 110,00%, sicché la somma delle cifre è pari (ovvero 1+1+0+0+0 = 2) ed il prodotto delle due
cifre decimali è 0% (ovvero 0x0 = 0). Dunque, la soglia di anomalia è identificata dallo sconto di riferimento
scelto dalla stazione appaltante e pubblicato sul bando di gara (in quanto 116,172% - 0,00% x 3,00% =
116,172%). Risulta vincitrice l’impresa O che offre lo sconto più alto fra quelli minori alla soglia di anomalia,
cioè il 16,172%, ed il ribasso di aggiudicazione è pari allo sconto di tale impresa. Si evidenzia che, nonostante
l’impresa O fosse stata accantonata per il computo della somma, della media e dello scarto aritmetico medio
delle offerte, essa è tenuta in considerazione al momento dell’aggiudicazione della gara.
Tavola “Esito della gara secondo i diversi metodi”
Identificativo
impresa
costo
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
€
A
B
C
D
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
940,000.00
930,000.00
920,000.00
910,000.00
900,000.00
890,000.00
880,000.00
870,000.00
860,000.00
850,000.00
840,000.00
830,000.00
820,000.00
810,000.00
800,000.00
Metodo A
Metodo B
Metodo C
Sconto di
Sconto di
Sconto di
sconto offerto Risultato gara aggiudicazione Risultato gara aggiudicazione Risultato gara
aggiudicazione
della gara
della gara
della gara
3.0%
4.0%
5.0%
6.0%
7.0%
8.0%
9.0%
10.0%
11.0%
12.0% Vincitrice
12.0%
13.0% Esclusa
Vincitrice
12.0%
14.0% Esclusa
Esclusa
15.0% Esclusa
Esclusa
16.0% Esclusa
Esclusa
Vincitrice
16.0%
17.0% Esclusa
Esclusa
Esclusa
Art. 55
Il comma 1 prevede il termine di trenta giorni per la stipula del contratto, specificando altresì che tale termine
decorre dall’aggiudicazione (a prescindere dal controllo dei requisiti).
Il comma 2 stabilisce che i termini dilatori previsti dall’art. 18, commi 3 e 4, non si applicano agli affidamenti
sottosoglia. La disposizione, muovendo dall’art. 32, comma 10 del decreto legislativo n. 50 del 2016, propone
una norma di carattere fortemente innovativo, escludendo l’applicazione, in tutti gli affidamenti di contratti
sotto soglia, dei termini dilatori sia di natura procedimentale che processuale, che si ricollega alla norma sui
termini per la stipula del contratto e alla norma in tema di ordinaria esecuzione anticipata del contratto,
nell’intento di disegnare un micro-sistema normativo finalizzato alla riduzione dei tempi di definizione degli
affidamenti e di avvio dell’esecuzione.
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In questa prospettiva, la norma (insieme alle altre richiamate) costituisce attuazione del principio direttivo
contenuto nell’art. 1, comma 2, lett. m), della legge delega, volto alla «riduzione e certezza dei tempi relativi
alle procedure di gara, alla stipula dei contratti […]». Non sembrano profilarsi problemi di compatibilità con
il diritto europeo, posto che la direttiva 2007/66/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 dicembre
2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, all’art. 2-bis, prevede che il termine dilatorio con
effetto sospensivo si applica agli appalti sopra soglia.
Nemmeno sembrano porsi questioni di legittimità costituzionale, sia perché nel processo amministrativo
italiano il principio è tradizionalmente quello per cui la proposizione del ricorso non sospende
automaticamente l’atto impugnato (e comunque rimangono immutati i poteri cautelari del Giudice
amministrativo, anche monocratici), sia perché la differente disciplina prevista, sul punto, per i contratti sopra
soglia si giustifica anche in ragione della loro rilevanza sotto il profilo economico.
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PARTE II
DEGLI ISTITUTI E DELLE CLAUSOLE COMUNI
La parte II del libro II contiene disposizioni “trasversali”, tra esse eterogenee e comuni all’appalto. La scelta
di raggrupparle e di collocarle all’inizio del Libro II, immediatamente dopo la unitaria disciplina del c.d.
“sottosoglia”, è ascrivibile alle plurime considerazioni - tra di esse intersecantisi che di seguito si espongono e che si individuano in un duplice “comune denominatore”.
Anzitutto, all’ evidenza, trattasi di disposizioni di rilevante importanza e di notevole impatto – anche e
soprattutto economico- sulla disciplina del contratto pubblico. In secondo luogo – e la constatazione si collega
inevitabilmente a quanto appena prima rilevato- numerose di esse, per tal ragione, ma anche per ulteriori profili
legati alla attuale congiuntura politica ed economica mondiale hanno trovato esplicita menzione nei principi e
criteri della legge-delega.
Invero, a tale proposito, si rammenta che alla lett. h) il Legislatore delegante ha inserito le clausole sociali (art.
57) quale oggetto di specifico intervento, declinandone le finalità, e che alla medesima lettera della delega
hanno trovato riferimento le esigenze solidaristiche di integrazione sociale e professionale delle persone con
disabilità o svantaggiate che hanno trovato menzione nell’art. 61; del pari, alla lett. d) sono state indicate dal
Legislatore delegante le direttrici di intervento con riguardo alla disposizione (ma forse sarebbe più corretto
riferirsi all’”istituto”) della suddivisione in lotti (art. 58): quest’ultima appare strettamente connessa con quella
degli accordi quadro (art. 59) la cui importanza è andata via via aumentando esponenzialmente negli ultimi
anni ed alla quale non sembra imprudente preconizzare un ulteriore, crescente applicazione, anche in virtù del
sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza e la progressiva riduzione del
numero delle medesime.
La lettera g) della legge-delega ha poi indicato “il regime obbligatorio della revisione prezzi” quale punto
qualificante della riforma, e sembra financo superfluo evidenziare la centralità della previsione (art. 60) alla
luce degli eventi di portata mondiale (pandemia, crisi energetica) occorsi nei recenti mesi.
Art. 56
Il comma 1, articolato in diverse lettere, racchiude al suo interno le ipotesi di appalti nei settori ordinari esclusi
dall’applicazione del codice. Nel disegno originario del decreto legislativo 50 del 2016, i numeri degli articoli
corrispondenti erano 9, 15, 16, 17 e 17 bis. Al di là della differente tecnica legislativa utilizzata, si tratta pur
sempre delle esclusioni ricavate dalla direttiva n. 24 del 2014, in particolare dagli artt. 8 (comunicazioni
elettroniche), 9 (appalti aggiudicati in base a norme internazionali), 10 (appalti di servizi riferiti a determinati
oggetti, quali ad esempio lavoro, servizi legali, arbitrati e conciliazioni, servizi finanziari, servizi di media,
ecc.), 11 (appalti di servizi aggiudicati in base a un diritto esclusivo). Alle quali si aggiungono gli appalti aventi
ad oggetto l’acquisto di prodotti agricoli per importi ridotti, in continuità la ricordata previsione di cui all’art.
17 bis del decreto legislativo 50.
Il comma 2 prevede che le disposizioni del codice relative ai settori ordinari non si applicano anche al caso in
cui un’amministrazione pubblica stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si
impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni,
di un’opera pubblica o di un suo lotto funzionale o di parte dell’opera prevista nell’ambito di strumenti o
programmi urbanistici.
Da segnalare, per completezza, come le esclusioni riferite agli appalti nei settori speciali e alle concessioni
trovino ora la loro previsione nelle pertinenti parti del codice (artt. 142 ss.; art. 181).
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Art. 57
L’articolo viene proposto in conformità ai principi e criteri di cui alla lett. h) della legge delega nella parte
relativa alle “clausole sociali”.
L’art. 57, comma 1, rappresenta l’approdo di plurimi interventi normativi e dubbi interpretativi sorti in sede
applicativa del vigente art. 50 del decreto legislativo n. 50/2016, esplicati, prima nel parere del Consiglio di
Stato n. 2703 del 21 novembre 2018, reso all’Adunanza della Commissione speciale del 26 ottobre 2018,
richiesto dall’ANAC, e poi, nelle stesse Linee Guida dell’ANAC n. 13, recanti «La disciplina delle clausole
sociali», approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 114 del 13 febbraio 2019.
L’ANAC ha inteso sottolineare come le citate Linee Guida «contengono indicazioni circa e modalità di
applicazione e di funzionamento dell’istituto della clausola sociale, da considerare non vincolanti».
Il vigente art. 50 del decreto legislativo 50 del 2016 veniva interpretato dalla giurisprudenza nel senso che
l’obbligo di prevedere nella documentazione di gara specifiche clausole sociali investiva solo gli affidamenti
di appalti e concessioni di lavori e di servizi «ad alta intensità di manodopera».
Veniva escluso, invece, che alcuna “clausola sociale” potesse essere prevista per appalti e concessioni di lavori
e servizi di natura intellettuale. Negli altri casi l’inserimento della clausola rimaneva una facoltà della stazione
appaltante.
Con la l. n. 120 del 2020, di conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 16 n. 76 del 2020,
recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, è stato previsto (art. 8, comma 1, lett.
0a-bis) che «all'articolo 36, comma 1, le parole: “Le stazioni appaltanti possono, altresì, applicare le
disposizioni di cui all'articolo 50” sono sostituite dalle seguenti: “Le stazioni appaltanti applicano le
disposizioni di cui all'articolo 50”».
Prima di tale modifica l’inserimento della “clausola sociale” risultava obbligatoria per i contratti sopra soglia,
mentre per i contratti al di sotto delle soglie comunitarie era prevista come una mera facoltà.
Si osserva altresì, che il decreto legislativo 50 del 2016, all’art. 3, comma 1, lett. qqq), definiva, in termini
generali, le “clausole sociali” come «disposizioni che impongono a un datore di lavoro il rispetto di determinati
standard di protezione sociale e del lavoro come condizione per svolgere attività economiche in appalto o in
concessione o per accedere a benefici di legge o agevolazioni finanziarie».
Il comma 1 in conformità alla direttiva della delega, quindi, prevede “l’obbligo” per le stazioni appaltanti di
inserire nei bandi di gara, avvisi e inviti, specifiche “clausole sociali” con le quali sono richieste, come requisiti
necessari dell’offerta, misure orientate a garantire la stabilità del personale impiegato.
Nel testo proposto, strutturato in due commi, viene evidenziato, conformemente ai principi contenuti nella
delega, che, per gli affidamenti dei contratti di appalto e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale,
l’obbligo della previsione delle clausole sociali deve tenere conto «della tipologia di intervento in particolare
ove riguardi il settore dei beni culturali e del paesaggio, e nel rispetto dei principi dell’Unione europea […]».
L’applicazione delle clausole sociali resta esclusa solo per i servizi di natura intellettuale.
L’articolo, coerentemente con il criterio della delega, fa riferimento espresso ai contratti collettivi nazionali e
territoriali di settore ed elimina il riferimento legislativo all’art. 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015.
Specifica che le clausole sociali debbano garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in
subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare.
Art. 58
I punti fermi tenuti presenti in sede di redazione dell’articolo - soprattutto tenuto conto della lett. d) della legge
delega - sono stati i seguenti:
88
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a) il favor per la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese dichiarato al comma 1, declinato
sul piano strutturale in due direzioni:
a.1.) previsione di criteri premiali per l’aggregazione d’impresa (argomento connesso a quello della
qualificazione degli operatori economici);
a.2.) possibilità di procedere alla suddivisione in lotti, sulla base di criteri qualitativi e quantitativi; a
tale scopo è previsto ai commi 2 e 3:
a.2.1.) l’obbligo di motivazione della mancata suddivisione in lotti;
a.2.2.) il divieto di accorpamento artificioso dei lotti.
La disposizione mira, sul piano funzionale:
i)
a porre la nuova disciplina in relazione di “coerenza con i princìpi” della Comunicazione 25
giugno 2008 [“Una corsia preferenziale per la piccola impresa” Alla ricerca di un nuovo quadro
fondamentale per la Piccola Impresa (un “Small Business Act” per l’Europa): secondo la quale
“gli Stati membri dovranno cercare di: (….) incoraggiare le loro autorità contraenti a
suddividere, ove possibile, i contratti in lotti e rendere più visibili le possibilità di subappalto”];
ii)
a valorizzare le imprese di prossimità.
I) Armonicamente ai punti suindicati, si è anzitutto ritenuto che la suddivisione in lotti, concernendo le
condizioni di legittimità di una (rilevante) scelta discrezionale della P.A., dovesse essere inserita nel codice e
non in un eventuale regolamento (il che risulta peraltro coerente con la considerazione-conservazione nel
nuovo codice dell’impianto del vigente art. 51).
Durante i lavori della Commissione si era considerata l’eventualità di limitare tale disciplina ai soli settori
di mercato in cui il ruolo delle MPMI sia attivo o comunque rilevante. Tuttavia è emersa la difficoltà di
tracciare con esattezza i contorni di una simile nozione, per cui si è ritenuto preferibile non indicarla a monte,
ma semmai di tradurne la rilevanza nella enucleazione dei criteri che orientano le scelte discrezionali
dell’amministrazione di suddividere o meno (e di come suddividere).
La nozione di mercato a fini antitrust si collega infatti alla combinazione di caratteristiche del prodotto e
area geografica (elementi sostanzialmente coincidenti con quelli ai quali la giurisprudenza parametra la
legittimità della scelta relativa alla suddivisione in lotti), e soprattutto si basa sulle istruttorie (che sarebbe
complesso ipotizzare prima della predisposizione del singolo bando). È sembrato sufficiente a tale scopo che
la norma si apra con l’indicazione dei tratti funzionali della disciplina (“Per garantire la effettiva
partecipazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese…) dal che sembra trasparire con sufficiente
chiarezza che la suddivisione in lotti ha la finalità di assicurare la partecipazione delle MPMI.
II) Va poi rammentato che la legge delega non indica il parametro al quale deve essere conforme l’esercizio
del potere discrezionale di scelta fra suddivisione o accorpamento (essa stabilisce soltanto che tale ultima scelta
vada motivata): o meglio, non indica espressamente il valore o interesse antagonista rispetto al favor per le
MPMI che induce alla suddivisione.
Questo però - conformemente al pacifico indirizzo della giurisprudenza (che opera in argomento un
sindacato anche molto penetrante: Consiglio di Stato, sez. III, 1857/2019) - si evince dal sistema: ed è dato sia
dalle esigenze connesse alla funzionalità organizzativa (e, in genere, alla funzionalità della prestazione
contrattuale rispetto all’interesse pubblico ad essa sotteso), sia dalla convenienza economica per la stazione
appaltante, normalmente favorita dalla soluzione “aggregante” (sia pure non considerata in assoluto).
La giurisprudenza solitamente afferma che nella vigenza della disciplina attuale la decisione di non
suddividere in lotti, o di suddividere in macro-lotti, può essere giustificata da “valutazioni di carattere tecnico89
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economico” (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5224/2017, che espressamente richiama lo Small Business Act;
Id., sez. V, n. 5119/2022).
La declinazione di tale canone non è stata sempre pacifica e coerente.
Alcune decisioni hanno ritenuto inidonee generiche esigenze di coordinamento (T.A.R. Milano, II,
2682/2019) o di semplificazione della procedura di gara anche allo scopo di evitare il proliferare dei
contenziosi (Consiglio di Stato, III, 861/2019).
Altre decisioni valorizzano invece l'esigenza di "miglior coordinamento delle prestazioni e di
semplificazione e riduzione dei costi di transazione” (Consiglio di Stato, sez. III, n. 1138/2018; nello stesso
senso n. 5224/2017).
Pertanto, si sono indicate al comma 2 – come parametri legali dell’esercizio del potere discrezionale di
accorpamento – le esigenze di funzionalità, anche di natura organizzativa, connesse al contratto, precisandosi
che, nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva
possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese.
III) Ove invece l’amministrazione decidesse di suddividere in lotti, si pone il problema dell’esercizio del
relativo potere discrezionale relativo al quomodo della suddivisione, sotto un duplice profilo.
3.1. Un primo problema concerne la divisione in lotti funzionali, ovvero prestazionali.
Questa scelta discrezionale deve essere evidentemente orientata alle peculiari esigenze dello specifico
lavoro (o servizio, o fornitura).
Si è posta in evidenza l’esigenza che le attuali definizioni normative di lotto funzionale (art. 3, comma 1,
lett. qq), e lotto prestazionale (art. 3, comma 1, lett. ggggg) - contenute nella parte sui princìpi- rimanessero
invariate nella consapevolezza che la disciplina predisposta può funzionare purché a monte rimanga una
definizione chiara.
3.2. Un secondo problema concerne invece il quomodo della suddivisione in lotti.
L’esercizio di tale potere è altrettanto vitale nell’economia della disciplina in esame, come è stato osservato
in dottrina: “La suddivisione in lotti di un appalto pubblico — ossia del suo oggetto — è considerata
tradizionalmente una misura di favore per gli operatori economici di minori dimensioni. Occorre però subito
avvertire come questa misura rappresenti solo una delle condizioni per il perseguimento dell'obiettivo
indicato. È infatti nel modo in cui l'appalto viene (eventualmente) suddiviso in lotti che può essere valutata
l'effettività della misura medesima”.
Sul punto, la legge delega si è limitata a prevedere che tale valutazione debba essere operata “sulla base di
criteri qualitativi o quantitativi”.
L’art. 51 del d.lgs n. 50 del 2016, pur non prevedendo un espresso obbligo di motivazione, individuava
invece quale parametro un dato funzionale di tipo quantitativo: il “valore” economico (“il relativo valore deve
essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese,
piccole e medie imprese”).
La giurisprudenza ha tuttavia articolato il sindacato giurisdizionale su tale scelta discrezionale con
un’indagine sulla complessiva razionalità e logicità della divisione, enucleando la necessità di una motivazione
rafforzata sui criteri di individuazione dei lotti (territorialità, ecc.): proprio perché si pone la medesima esigenza
della valutazione discrezionale di cui al punto 2): mancata suddivisione e cattiva suddivisione producono infatti
il medesimo effetto escludente per le PMI.
Se, infatti, l’amministrazione dividesse l’appalto in macro lotti tali da escludere le PMI, si sarebbe in
presenza di una fattispecie che sul piano degli effetti è sostanzialmente identica a quella della mancata
suddivisione.
90
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Da un punto di vista economico si è osservato, nello stesso senso, che molto spesso il problema non è
dicotomico: un lotto o più lotti.
Tipicamente, nelle gare di grandi dimensioni, i lotti sono sempre multipli, ma la questione che si pone è
perché farne un certo numero N e non un altro numero M, oppure perché questi N hanno dimensioni tra loro
omogenee o eterogenee.
Pertanto, stante l’identità sostanziale della problematica in punto di limiti della scelta discrezionale, è parso
più snello inserire nel terzo comma, oltre al richiamo alla natura quantitativa e qualitativa dei criteri (come
previsto dalla delega), un richiamo ai possibili interessi antagonisti alla suddivisione, come disciplinati nel
secondo comma: con la formula di chiusura del divieto (anch’esso espressamente previsto dalla delega) di
artificiosi accorpamenti.
Anche in questo caso l’interesse all’efficiente svolgimento della prestazione contrattuale è un parametro
da considerare (Consiglio di Stato, sez, III, n. 5224/2017).
3.3. Sulla scorta dei lavori della Commissione si è deciso di aggiungere ai lotti funzionali e a quelli
prestazionali anche quelli quantitativi. In proposito l’indicazione degli economisti è stata nel senso che tale
specificazione non fosse strettamente indispensabile, ma che l’aggiunta non comportasse problematiche
particolari dal punto di vista economico.
Conseguentemente è stata enucleata una nozione di “lotti quantitativi” inserita nell’art. 3 dell’Allegato I.1.
4. La valutazione discrezionale della stazione appaltante, oltre a prestarsi all’ipotesi di un uso distorto del
relativo potere consistente nell’ “artificioso accorpamento dei lotti”, si presta anche all’opposta ipotesi di
artificiosa frammentazione dell’oggetto del contratto.
Entrambe queste forme di abuso del potere discrezionale relativo alla suddivisione dell’oggetto del
contratto erano espressamente indicate nel testo dell’art. 51 del decreto legislativo n. 50 del 1016.
La legge delega contempla invece solo la prima.
Si è ritenuto preferibile espungere dall’art. 58 il divieto di artificiosa frammentazione (in quanto elusivo
della disciplina delle soglie) che è stato mantenuto in tale specifico ambito disciplinare e che si rinviene al
comma 6 dell’art. 14 (che “riproduce” il testo dell’art. 35, comma 6, del d.lgs n. 50 del 2016, secondo cui: “Un
appalto non può essere frazionato per evitare l'applicazione delle norme del codice, tranne nel caso in cui
ragioni oggettive lo giustifichino”).
5. Il favor per le imprese di prossimità, pure contenuto nella lett. d) della delega, è stato espresso al comma
1 dell’articolo in commento e va inteso - anche per evitare problemi di compatibilità con il diritto dell’U.E. come tendenza “di sistema”, da valorizzare e declinato in special modo nella disciplina degli appalti
sottosoglia.
6. Le PMI, onde evitare i problemi causati dalla suddivisione (diseconomie di scala, minore coerenza
prestazionale, moltiplicazione delle procedure e del contenzioso), possono essere peraltro valorizzate (non per
suddividere, ma) in sede di subappalto.
7. È emerso che, in una prospettiva economica, i vincoli di partecipazione possono avere un costo più
alto in termini di (1) maggior facilità di coordinamento tra imprese (quindi un maggior rischio di turbativa
d’asta) e (2) minor numero atteso di concorrenti su ciascun lotto.
Nella pratica degli appalti il vincolo di partecipazione è diventato un sostituto quasi perfetto di quello
di aggiudicazione semplicemente perché quest’ultimo è manipolabile: un ricorso strumentale su un solo lotto
può bloccare l’intera procedura dal momento che l’allocazione di un lotto dipende in generale da quella degli
altri.
Questi vincoli andrebbero pertanto utilizzati solo se ci si aspetta un numero di partecipanti elevato.
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Pur mantenendo l’istituto, previsto dalla direttiva, si è anzitutto estesa al comma 4 al vincolo di
partecipazione la dicotomia funzionale che, in recepimento della giurisprudenza più recente, ha distinto
l’ambito soggettivo di rilevanza del vincolo in ragione della finalità dello stesso (“Al ricorrere delle medesime
condizioni e …”).
Inoltre, sempre al comma 4, si è perimetrato con maggior rigore il relativo ambito applicativo: oltre
alle richiamate condizioni previste per l’apposizione del vincolo di aggiudicazione, (su cui, si veda di recente
Consiglio di Stato, sez. III, n. 9003 del 21.10.2022) è necessario un ulteriore presupposto, quello dell’elevato
numero di operatori sul mercato e dunque di un elevato numero di concorrenti attesi: “ove necessario in
ragione dell’elevato numero atteso di concorrenti”).
Si può in proposito osservare che:
7.1. l’opportuno inserimento nella disposizione dell’aggettivo “atteso” frustra le aspirazioni di un
contenzioso strumentale perché, salvo valutazioni manifestamente illogiche della stazione appaltante, sarà
sufficiente dimostrare l’esistenza di un elevato numero di operatori di settore per giustificare la previsione di
un elevato numero possibile di concorrenti (e dunque a prescindere dal mero dato del numero effettivo degli
offerenti, costituente un post factum);
7.2. nell’eventualità di un accoglimento del ricorso, l’errore di valutazione della stazione appaltante
può trovare rimedio nella riedizione della procedura, emendata dal vincolo;
7.3. in ogni caso elidere il requisito in parola sarebbe stata la soluzione maggiormente dannosa, perché
avrebbe dato spazio alle pratiche patologiche segnalate dagli economisti.
8. Nel caso di utilizzo di limiti di aggiudicazione, questi sono meno problematici di quelli di
partecipazione e possono aiutare in un’ottica di medio/lungo periodo a mantenere un mercato aperto e
concorrenziale.
Si è ritenuto necessario prestare attenzione al disegno di gara, anche in rapporto al contesto di mercato,
in particolare rispetto al criterio di priorità utilizzato per definire a quali imprese vadano quali lotti, tenendo
presente che il criterio simultaneo è il criterio tipicamente ottimale ma di più difficile gestione rispetto al
criterio sequenziale, consigliabile soprattutto se il numero di lotti è elevato o se i lotti sono asimmetrici; nella
consapevolezza della difficoltà di codificare una regola astratta sul punto, la formula normativa sul punto
mantiene l’unico richiamo al carattere non discriminatorio del criterio di selezione.
9. Sull’estensione del vincolo dalla singola impresa all’unitario centro decisionale cui essa
eventualmente sia riconducibile, la giurisprudenza più recente (CDS, V, n. 4726/2022; III, n. 4625/2022;
6481/2021) opta per una soluzione diversa a seconda della finalità del vincolo (a seconda che tale vincolo
persegua una finalità legata alla prestazione contrattuale ovvero una finalità di tipo antitrust: con il problema,
in questo caso, di individuare il mercato di riferimento).
La formulazione originaria della norma emersa durante una prima fase dei lavori della Commissione
nel recepire tale impianto giurisprudenziale in modo da evitare regressioni all’incertezza giurisprudenziale
antecedente (favorita dal testo, meno specifico sul punto, dell’art. 51 del decreto legislativo n.50 del 2016):
coerentemente all’esigenza in tal senso segnalata anche dagli economisti (i quali indicavano il pericolo che
potessero essere utilizzate imprese collegate per aggirare i vincoli di aggiudicazione/partecipazione) così
prevedeva “ovvero, per ragioni relative al relativo mercato, anche all’unitario centro decisionale.”.
Tuttavia, sono emerse in argomento due distinte posizioni:
a) la prima, tendente ad individuare, attraverso una clausola generale, una nozione oggettiva (“unico centro
decisionale”) di collegamento fra imprese legittimante la limitazione, in modo da disciplinare il fenomeno
(delimitazione per finalità concorrenziali) senza avere riguardo ad una specifica figura soggettiva (o a più
figure soggettive), anche per il rischio che una indicazione in tal senso possa comunque consentire di
lasciare fuori, nella pratica, ipotesi di collegamento fra imprese non riconducibili a quelle tipizzate; e, per
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disinnescare pericoli di sovrapposizione con la disposizione di cui all’art 80, comma 5, lett. m) del d.lgs
n. 50 del 2016, (oggi: art. 95 comma 1 lett. d-);
b) la seconda, risultata maggioritaria, che invece reputava la nozione di unico centro decisionale congrua
rispetto alla disciplina delle esclusioni (attuale art. 80, comma 5, lett. m)), nella quale si pone un problema
lato sensu sanzionatorio nei confronti delle imprese che propongano offerte formalmente plurime ma
sostanzialmente unitarie, ma non rispetto alla disciplina del vincolo di aggiudicazione, in cui la finalità
sarebbe quella, oggettiva, di delimitazione delle quote di mercato, che richiederebbe di individuare la
nozione soggettiva di riferimento (nel testo si è fatto rinvio, in questa prospettiva, al collegamento fra
imprese ex art. 2359 c.c.);
b-bis) durante i lavori del gruppo, in considerazione della circostanza che i sostenitori della proposta b)
prospettavano anche il rischio che il testo “originario” proposto (“ovvero, per ragioni relative al relativo
mercato, anche all’unitario centro decisionale.”) potesse ingenerare confusione e sovrapposizioni con la
disposizione di cui al vigente art. 80, (mantenuta nel testo art. 95, comma 1, lett. d) si era prospettata la
possibilità di utilizzare un sinonimo (ad es: unico centro imprenditoriale) ma anche tale linea di mediazione
non è stata approvata
c) pertanto, il testo del quarto comma è stato modificato nei termini seguenti: “oppure, per ragioni inerenti
al relativo mercato, anche a più concorrenti che versino in situazioni di controllo o collegamento ai sensi
dell’art. 2359 del codice civile.”
In ogni caso se l’Amministrazione non indica la finalità del vincolo, la conseguenza non può essere quella
di ritenerlo non apposto, perché ciò falserebbe la gara: infatti le imprese hanno formulato l’offerta sulla base
del bando come connotato dal vincolo.
Laddove un’impresa presentasse invece un’offerta tendente all’aggiudicazione di un numero maggiore di
lotti rispetto a quelli consentiti, fidando sull’illegittimità-inesistenza del vincolo in quanto immotivato (nella
sua finalità), si troverebbe in una posizione di ingiustificato vantaggio rispetto alle altre concorrenti, che invece
hanno formulato l’offerta sul presupposto dell’esistenza ed efficacia del vincolo medesimo.
10. Si è ritenuto infine che, in ipotesi di vincolo di partecipazione o di aggiudicazione, laddove venga
impugnata l’aggiudicazione relativa ad un lotto, allo scopo di evitare la possibile paralisi delle gare relative
agli altri lotti, fosse utile formulare una disposizione analoga a quella dell’art. 95, comma 15, del decreto
legislativo n. 50 del 2016.
Tale soluzione, che sposta la tutela delle imprese dal piano delle regole di validità a quello delle regole di
responsabilità inserita in quella sede disciplinare, relativa ai criteri di aggiudicazione e si rinviene adesso al
comma 12 dell’art. 108.
Art. 59
La formulazione dell’articolo tiene conto della giurisprudenza europea (Corte di Giustizia sez. VIII 19/12/2018, in causa C-216/17 - rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato, sez. VI, ord., 11 aprile 2017, n.
1690: “1- Un'amministrazione aggiudicatrice può agire per sé stessa e per altre amministrazioni
aggiudicatrici, chiaramente individuate, che non siano direttamente parti di un accordo quadro, purché i
requisiti di pubblicità e di certezza del diritto e, pertanto, di trasparenza siano rispettati. 2- È escluso che le
amministrazioni aggiudicatrici che non siano firmatarie di tale accordo quadro non determinino la quantità
delle prestazioni che potranno essere richieste all'atto della conclusione da parte loro degli accordi che gli
danno esecuzione o che la determinino mediante riferimento al loro ordinario fabbisogno, pena violare i
principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici interessati alla conclusione di tale
accordo quadro.” Corte di Giustizia, sez. IV - 17/06/2021, causa C-23/20).
In assenza di specifiche indicazioni nella legge delega, le modifiche apportate all’istituto (la cui definizione è
contenuta all’art. 2, lett. n, dell’Allegato I.1 ed è rimasta immutata rispetto a quella di cui all’ art. 3, comma 1,
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lett. iii) del decreto legislativo n. 50 del 2016 in quanto riproduttiva della definizione contenuta nell’art. 33
della direttiva 2014/24/UE) constano:
a) di una semplificazione lessicale della prima parte del comma 1;
b) della disciplina della durata massima (uniformata a quella, più rigorosa, della direttiva);
c) dello spostamento dal sesto al primo comma della clausola anti-abuso;
d) dell’inserimento nel primo comma dell’obbligo di determinare l’ammontare stimato dell’intera operazione
economica, così da consentire un’effettiva partecipazione (o non partecipazione) concorrenziale delle
imprese, sulla base della consapevolezza della stima del valore (come sembrerebbe ricavarsi dai princìpi
enunciati dalla Corte di Giustizia;
e) della soppressione del sesto comma, relativo ai settori speciali, costituente l’unica parte della
disposizione vigente aggiunta rispetto al testo dell’art. 33 della direttiva
Con più specifico riferimento alla formulazione della clausola anti-abuso (argomento, quest’ultimo, sul quale
maggiormente si è concentrato il dibattito in Commissione), i componenti tecnici hanno fatto presente che
nella pratica (soprattutto per i lavori) era invalsa la prassi di ricorrere all’applicazione dell’accordo quadro
anche per attività affatto standardizzabili e prive di qualsivoglia progettualità, e hanno rappresentato
l’opportunità di chiarire i limiti dell’istituto ribadendo la necessità che le prestazioni da svolgersi oggetto
dell’accordo fossero identificate con compiutezza (si era da essi suggerito di utilizzare il termine “ripetitive”)
in modo da assicurare l’identità di prestazioni tra accordo quadro e contratto attuativo.
I componenti tecnici avevano anche sollecitato la possibilità di fare riferimento all’art. 3 del d.P.R. n. 380 del
2021, per introdurre un precetto che consentisse l’accordo quadro soltanto nelle ipotesi di manutenzione
ordinaria. Tale ultimo suggerimento non è stato accolto, in quanto è sembrato eccessivamente perimetrativo,
a fronte del tenore dei considerando 60 e 61 della direttiva.
È stato pertanto inserito alla fine del comma 1 il seguente inciso: “In particolare, e salvo quanto previsto dai
commi 4, lett. b), e 5 ai fini dell’ottenimento di offerte migliorative, il ricorso all’accordo quadro non è
ammissibile ove l’appalto consequenziale comporti modifiche sostanziali alla tipologia delle prestazioni
previste nell'accordo.”
Il comma 2 prevede che l’aggiudicazione dei contratti valle avvenga secondo quanto previsto dai commi
successivi, e che comunque in tali contratti non si possono apportare modifiche sostanziali alle condizioni
fissate nell’accoro quadro.
I commi successivi (commi 3 e 4) stabiliscono diverse modalità di esecuzione negoziale degli accordi quadro,
a seconda del fatto che essi siano stati conclusi con un solo operatore economico, ovvero con più operatori:
stabilendo solo nel secondo caso (e solo in via eventuale: qualora l'accordo quadro non contenga tutti i termini
che disciplinano la prestazione dei lavori, dei servizi e delle forniture) diverse modalità di riapertura, totale o
parziale, del confronto competitivo.
Infine, il comma 5 disciplina la procedura di riapertura del confronto competitivo, laddove ammesso.
Art. 60
Vale richiamare il criterio di delega di cui alla lett. g): previsione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di
inserire nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, un regime
obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili
al momento della formulazione dell’offerta, compresa la variazione del costo derivante dal rinnovo dei contratti
collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabili in relazione all’oggetto dell’appalto e
delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal
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suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli
interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione appaltante da utilizzare nel rispetto delle
procedure contabili di spesa.
In esecuzione di tale criterio di delega è stato reso obbligatorio, con il comma 1, l’inserimento nei documenti
di gara della clausola di revisione prezzi.
Tra i possibili meccanismi di funzionamento della revisione (sostanzialmente riassumibili sotto le due
categorie dei sistemi di compensazione e di quelli di indicizzazione) si è scelto, al comma 2, un modello di
indicizzazione, per alcuni profili ispirato a quello esistente nell’ordinamento francese, allo scopo di facilitare
e rendere più rapida e “sicura” l’applicazione della revisione.
Allo stesso tempo, però, sempre in esecuzione dei criteri di delega, è stato previsto, sempre al comma 2, che
all’origine delle variazioni dei prezzi che renderanno in concreto attivabile il meccanismo della revisione siano
“particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta”.
Particolarmente delicato e complesso è stato, dunque, conciliare l’opzione di indicizzazione con la
caratteristica dell’imprevedibilità delle variazioni: per garantire la coerenza del nuovo sistema si è così
concentrata l’attenzione sia sul profilo temporale della valutazione dell’imprevedibilità (“imprevedibili al
momento della formulazione dell’offerta”) sia sul dato quantitativo di essa (variazioni imprevedibili nel
quantum).
Con l’introduzione del nuovo meccanismo sono stati definiti i valori della soglia di attivazione e di
individuazione della componente fissa della revisione. Segnatamente, il meccanismo di revisione dei prezzi
trova applicazione nelle ipotesi di una variazione in aumento o in diminuzione superiore al 5 per cento
dell’importo complessivo dell’appalto originariamente previsto e opera nella misura dell’80 per cento in
relazione alla quota dell’importo variato (in aumento o in diminuzione).
Per rendere la nuova disciplina della revisione prezzi autoesecutiva ed il meccanismo previsto immediatamente
operativo, si è ritenuto di far riferimento, nel comma 3, agli indici sintetici delle variazioni dei prezzi relativi
ai contratti di lavori, servizi e forniture, approvati dall’ISTAT con proprio provvedimento entro il 30 settembre
di ciascun anno, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Con il medesimo provvedimento
si definirà e si aggiornerà la metodologia di rilevazione e si indica l’ambito temporale di rilevazione delle
variazioni.
Si tratta di un sistema elaborato congiuntamente all’ISTAT, sulla base del fatto che sul suo sito vengono già
pubblicati mensilmente (ma la pubblicazione potrebbe diventare trimestrale) degli indici di costo di
costruzione riferiti a edilizia residenziale, capannoni industriali, tronchi stradali con tratti in galleria … e della
circostanza per la quale l’Istituto ha già avviato un percorso per allargare il set di indici, comprendendo più
opere stradali, opere ferroviarie, opere idriche, opere marittime … cosicché ogni lavoro possa trovare un indice
più aderente e vicino alla sua specifica dinamica dei prezzi.
Ultimo cruciale profilo per l’effettività del sistema è quello del finanziamento dei maggiori oneri derivanti
dalla revisione che dovrà avvenire nel rispetto delle procedure contabili di spesa. Rappresentando un espresso
punto di esecuzione della delega, la questione del finanziamento, anche se di carattere tecnico, è stata inserita
nell’articolo dedicato alla revisione prezzi, al comma 4, piuttosto che nell’allegato.
Art. 61
In conformità al criterio di delega di cui alla lett. h) nella parte riguardante i principi e i criteri in materia di
“appalti riservati” è prevista, per le stazioni appaltanti, la “facoltà” di riservare il diritto di partecipazione alle
procedure di appalto o di riservarne l’esecuzione a operatori economici il cui scopo principale sia l’integrazione
sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate.
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La proposta risulta coerente con la direttiva 24/2014/UE, che, fin dal considerando n. 2, chiarisce come gli
appalti pubblici siano il mezzo per una «crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» che debba tendere anche
al «conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale». In quest’ottica «lavoro e occupazione
contribuiscono all’integrazione nella società e sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti»
(Considerando n. 36).
L’articolo proposto, quindi, mantiene l’ampliamento dei soggetti a cui riservare le procedure di gara: da un
lato, le imprese sociali, le cooperative e i loro consorzi, dall’altro qualsiasi altra impresa che impieghi nello
svolgimento delle prestazioni oggetto dell’appalto almeno il 30% composto da lavoratori disabili o
svantaggiati.
Nello specifico il comma 1, in larga parte, ripropone il contenuto dell’art. 20 della citata direttiva 2014/24/UE,
peraltro già trasposto nell’antevigente comma 1 dell’art. 112 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 2 introduce la possibilità per le stazioni appaltanti di prevedere «meccanismi e strumenti di
premialità per realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone
con disabilità o svantaggiate».
Lo scopo della riserva è sempre l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o
svantaggiate attraverso lo strumento dell’appalto pubblico, con la possibilità, quindi, di attivare appalti “a
causa mista”, la cui finalità non sia solo l’acquisizione della prestazione del bene, servizio o lavoro, ma anche
la possibilità di favorire l’inserimento socio-lavorativo di soggetti meritevoli di particolare tutela.
Il comma 3 ripropone, immutato, il terzo comma dell’art. 112 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 4 individua la platea dei soggetti beneficiari della disposizione e rinvia all’allegato II.3, nel quale
sono state trasfuse numerose disposizioni contenute nell’art. 47 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77,
quanto alla previsione di meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di
genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili.
Al comma 5 si prevede che, in sede di prima applicazione del codice, l’allegato II.3 è abrogato a decorrere
dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell’Autorità
delegata per le pari opportunità e per le disabilità, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al
codice.
Allegato II.3
Questo allegato, in attuazione dell’art. 61 del nuovo codice, riproduce delegificandoli, all’arti. 1, il comma 2
dell’art. 112 del vigente decreto legislativo n. 50/2016 (in tema di appalti riservati per gli operatori economici
che favoriscono l’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati), e nei commi successivi le
disposizioni già contenute nell’art. 47 del d.l. n. 77/2021 in relazione agli interventi finanziati con le risorse
del PNRR e del PNC, che vengono stabilizzate ed estese a regime a tutti i contratti pubblici, in attuazione di
apposito criterio di delega.
Il comma 8, per quanto riguarda la definizione in concreto di criteri e modalità di definizione delle misure
premiali previste dall’art. 61 per gli operatori economici in questione, nonché per l’approvazione di clausoletipo da inserire nei bandi di gara, rinvia a un provvedimento attuativo del Presidente del Consiglio dei Ministri
ovvero del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro delle infrastrutture, il Ministro del
lavoro e il Ministro delle disabilità.
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PARTE III
DEI SOGGETTI
TITOLO I
LE STAZIONI APPALTANTI
Relazione introduttiva sulla qualificazione delle stazioni appaltanti
Gli artt. 62 e 63, “sostitutivi” degli articoli 37, 38 e 39 del decreto legislativo n. 50 del 2016 come da tabella
di corrispondenza, disegnano il composito sistema soggettivo dei contratti pubblici, dal lato delle stazioni
appaltanti, con l’indicazione delle attività che simili soggetti possono porre in essere (“passaggio”, questo, di
rilevante importanza specie per i soggetti non qualificati) e del ruolo che rivestono le centrali di committenza
e le stazioni appaltanti qualificate in relazione alla finalità di aggregazione e qualificazione della domanda
pubblica.
Il disegno di qualificazione (e di riduzione nel numero) delle stazioni appaltanti, sul quale si fondava già il
decreto legislativo n. 50 del 2016, non aveva ricevuto attuazione, non essendo mai stato adottato il d.P.C.M.
previsto all’art. 38, comma 2.
La legge delega n. 78 del 2022 prevede tra i criteri quelli di “ridefinizione e rafforzamento della disciplina in
materia di qualificazione delle stazioni appaltanti, afferenti ai settori ordinari e ai settori speciali, al fine di
conseguire la loro riduzione numerica, nonché l'accorpamento e la riorganizzazione delle stesse, anche
mediante l'introduzione di incentivi all'utilizzo delle centrali di committenza e delle stazioni appaltanti
ausiliarie per l'espletamento delle gare pubbliche; definizione delle modalità di monitoraggio
dell'accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti; potenziamento della qualificazione e della
specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici
percorsi di formazione, con particolare riferimento alle stazioni uniche appaltanti e alle centrali di committenza
che operano a servizio degli enti locali” (art. 1, comma 2, lett. c).
Il testo proposto in attuazione della delega tiene conto del tavolo di lavoro istituito dalla PCM e coordinato
dall’ANAC e delle Linee Guida approvate da ANAC con deliberazione 28 settembre 2022, n. 441.
Il sistema complessivo delineato – in coerenza con il criterio direttivo c) della legge delega - ha natura “aperta”
(e non “a numero chiuso”): tutti i soggetti che siano muniti dei requisiti necessari ottengono la qualificazione.
La configurazione dei poteri delle stazioni appaltanti non qualificate è disegnata con l’obiettivo di garantire
uno “zoccolo duro” di competenze adeguato a fronteggiare una gran parte dei compiti rimessi a queste
amministrazioni, anche in previsione della perdita della qualificazione per commesse di più elevato valore. In
tal modo si persegue anche l’obiettivo di evitare il sovraccarico di compiti per le centrali di committenza,
assicurando la complessiva sostenibilità del sistema fin dal suo avvio. E ciò, anche consentendo alle stazioni
appaltanti qualificate di effettuare appalti congiunti e di svolgere attività di committenza ausiliaria, nell’ambito
della quale è compresa la gestione di procedure di appalto in nome e per conto delle stazioni appaltanti non
qualificate.
È prevista una specifica disciplina della qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza.
La qualificazione per progettazione e affidamento è disegnata facendo riferimento a tre livelli di qualificazione.
I requisiti di qualificazione sono declinati specificamente dalle Linee Guida approvate da ANAC, recepite
nell’art. 1 dell’allegato II.4 al codice, in modo da garantire l’entrata in vigore della disciplina della
qualificazione nei tempi previsti. Si prevede al contempo la possibilità di modifica successiva con atto del
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Governo, sentita l’ANAC (che da tempo si sta occupando della materia), in modo da consentire il superamento
in itinere degli aspetti più problematici.
I requisiti della qualificazione per l’esecuzione sono disciplinati in modo distinto rispetto alla qualificazione
per progettazione e affidamento nella deliberazione 28 settembre 2022 n. 441 (Linee Guida approvate da
ANAC) recepita nell’allegato II.4 al codice.
Nel medesimo allegato è stata altresì disegnata una disciplina transitoria specifica per tale fase, che distingue:
- le stazioni appaltanti e le centrali di committenza qualificate per la progettazione e per l’affidamento di lavori,
di servizi e forniture o di entrambe le tipologie contrattuali che sono qualificate, in una prima fase sperimentale,
anche per l’esecuzione rispettivamente di lavori, di servizi e forniture o di entrambe le tipologie contrattuali;
- le stazioni appaltanti non qualificate per la progettazione e l’affidamento di lavori, di servizi e forniture o di
entrambe le tipologie contrattuali che possono, in una prima fase sperimentale, eseguire i contratti se sono
iscritte ad AUSA e in possesso di una figura tecnica in grado di svolgere le funzioni di RUP
L’art. 39 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (attività di committenza ausiliarie) è stato soppresso; le
disposizioni finora ivi contenute sono confluite nel comma 11 dell’art. 62.
L’art. 64 riproduce il vigente art. 43 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (appalti che coinvolgono
amministrazioni aggiudicatrici e enti aggiudicatori di Stati membri diversi), semplificato nel testo e con una
formulazione più aderente alle disposizioni della direttiva 24/2014/UE e in particolare all’art. 39, par. 5.
Art. 62
L’art. 62 individua innanzitutto la soglia degli affidamenti diretti per servizi e forniture nonché quella (di
cinquecentomila euro) per i lavori, quale limite oltre il quale si applica il regime di qualificazione: le procedure
di affidamento di importo inferiore possono invece essere gestite da tutte le stazioni appaltanti (comma 1).
Per effettuare le procedure di importo superiore alle soglie indicate dal comma 1, le stazioni appaltanti devono
essere qualificate (comma 2).
I requisiti di qualificazione sono indicati nell’allegato II.4, nei termini specificati nell’art. 63 (comma 3). Si è
poi previsto che, in sede di prima applicazione del codice, l’allegato è abrogato a decorrere dalla data di entrata
in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l’ANAC, previa intesa in sede di
Conferenza unificata, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
L’allegato, inoltre, può essere integrato con la disciplina di ulteriori misure organizzative per la efficace
attuazione degli articoli 62 e 63, nonché del relativo regime sanzionatorio e per il coordinamento, in capo
all’ANAC, dei soggetti aggregatori.
Al comma 5 sono indicate le attività che possono essere compiute dalle stazioni appaltanti qualificate, che in
funzione del loro livello di qualificazione possono effettuare gare di importo superiore alla soglia, acquisire
lavori. Servizi e forniture avvalendosi degli strumenti messi a disposizione dalle centrali di committenza, oltre
che svolgere attività di committenza ausiliaria e appalti congiunti (disciplinati al comma 14), utilizzare
strumenti telematici di negoziazione, effettuare ordini su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle
centrali di committenza.
Al comma 6 le stazioni appaltanti non qualificate ricorrono a una centrale di committenza qualificata e, per le
attività di committenza ausiliaria, anche a stazioni appaltanti qualificate. Il perimetro delle attività che le stesse
possono svolgere è ampio consentendo di:
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- procedere ad affidamenti per servizi e forniture di valore inferiore alla soglia europea, nonché ad affidamenti
di lavori di manutenzione ordinaria d’importo inferiore a un milione di euro mediante utilizzo autonomo degli
strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza;
- effettuare ordini su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza.
Le stazioni appaltanti non qualificate per l’esecuzione ricorrono, laddove non abbiano comunque facoltà
esecutive nei casi espressamente previsti a una centrale di committenza, potendo nominare un supporto al RUP
della centrale di committenza affidante (comma 6).
Sono specificate le attività di progettazione e affidamento, nonché di implementazione di convenzioni e accordi
quadro, sistemi dinamici di acquisizione e mercati elettronici di negoziazione, che possono essere svolte dalle
centrali di committenza, a favore di stazioni appaltanti qualificate e non qualificate (comma 7).
Il funzionamento e gli ambiti di riferimento delle centrali di committenza possono essere disciplinati
integrando l’allegato II.4 (comma 8).
Al comma 9 sono specificate le modalità di regolamentazione del rapporto che intercorre fra stazione
appaltante e centrale di committenza; quest’ultima è scelta sulla base del principio di buon andamento
dell'azione amministrativa (comma 15) e può essere ubicata anche in altro Stato membro dell'Unione europea
(comma 16).
Al comma 10 è delineato il sistema che garantisce alla stazione appaltante non qualificata di poter fare
affidamento su una centrale di committenza che assicuri lo svolgimento della gara. Ciò avviene prevedendo la
formazione del silenzio assenso sulla domanda di svolgere la procedura di gara, rivolta dalla stazione
appaltante non qualificata alla centrale di committenza, e un meccanismo di assegnazione d’ufficio di una
centrale di committenza nell’eventualità che tre centrali di committenza qualificate abbiano respinto la
richiesta avanzata da una stazione appaltante non qualificata.
È disciplinata al comma 11 l’attività di committenza ausiliaria che può essere svolta dalle centrali di
committenza qualificate e dalle stazioni appaltanti qualificate per i livelli intermedio e avanzato.
È disciplinata la ripartizione di responsabilità fra i vari soggetti coinvolti nelle attività di committenza ausiliaria
(comma 12) e nelle altre attività di committenza (comma 13).
Sono escluse dal sistema di qualificazione le imprese pubbliche e i soggetti privati titolari di diritti speciali o
esclusivi quando svolgono una delle attività previste dalla disciplina dei settori speciali, pur prevedendo la
possibilità di integrazione dell’allegato II.4, al fine di disciplinare i relativi criteri di qualificazione, oltre che
le regole di funzionamento e gli ambiti di riferimento delle relative centrali di committenza (comma 17).
Per la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione dei contratti di PPP è necessaria una qualificazione almeno
di livello intermedio (comma 18).
Allegato II.4
Questo allegato, in attuazione degli artt. 62 e 63 del codice, mette a regime il nuovo sistema di qualificazione
delle stazioni appaltanti inaugurato dal Protocollo di intesa tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e
l’ANAC del 17 dicembre 2021, cui ha fatto seguito la deliberazione dell’ANAC n. 441 del 28 settembre 2022,
che ha introdotto la disciplina dei requisiti di qualificazione e dell’iscrizione delle stazioni appaltanti
nell’apposito elenco gestito dall’Autorità.
L’allegato in esame fa integrale rinvio alla predetta deliberazione (art. 1), e successivamente introduce la
disciplina transitoria di prima applicazione del sistema di qualificazione rispettivamente per i contratti di lavori
(art. 2) e per i contratti di servizi e forniture (art. 3). Infine, viene dettata la disciplina transitoria dell’iscrizione
con riserva per i casi in cui questa è prevista (art. 4).
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Art. 63
L’art. 63 disciplina il sistema di qualificazione, istituendo un apposito elenco delle stazioni appaltanti
qualificate di cui fanno parte, in una specifica sezione, anche le centrali di committenza, ivi compresi i soggetti
aggregatori, che sono definiti quali “soggetti di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 iscritti
di diritto nell’elenco Anac” nell’art. 1 dell’allegato I (comma 1 e comma 4).
L’elenco è aperto in quanto soggetto a periodici aggiornamenti, e in esso vengono iscritti di diritto i soggetti
indicati al comma 4.
L’elenco è gestito dall’ANAC, che ne stabilisce altresì le modalità attuative (comma 13).
I requisiti di qualificazione per la progettazione e l’affidamento sono disciplinati dall’allegato II.4 nel rispetto
di quanto previsto al comma 5 e al comma 10 (comma 7).
L’allegato II.4 recepisce le Linee Guida approvate da ANAC con deliberazione 28 settembre 2022 n. 441,
che sono state redatte nel rispetto dei criteri di qualificazione indicati dal Codice. Detto allegato, come sopra
già specificato con riferimento al comma 4 dell’art. 62, può essere sostituito, integrato e modificato con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l’ANAC, previa intesa in sede di Conferenza
unificata”.
Sono previsti tre livelli di qualificazione per progettazione e affidamento (commi 2 e 3) e la possibilità che la
qualificazione sia conseguita anche solo per l’acquisizione di lavori oppure di servizi e forniture (comma 6).
Le centrali di centrali di committenza e i soggetti aggregatori per svolgere attività di progettazione e
affidamento devono essere qualificati almeno nella seconda fascia (comma 6).
I requisiti di qualificazione per l’esecuzione sono indicati separatamente nell’allegato II.4, che dispone altresì
una disciplina transitoria specifica relativa a tale fase; si prevede, inoltre, che con modifiche e integrazioni
all’allegato II.4. possono essere disciplinati dall’ANAC specifici requisiti di qualificazione per i contratti di
partenariato pubblico-privato (comma 8).
Il comma 11 contiene una disposizione antielusiva rispetto all’attività di attestazione del possesso dei requisiti
di qualificazione e un sistema sanzionatorio volto a compulsare il corretto adeguamento al sistema di
qualificazione prevedendo l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria e, nei casi più gravi, la
sospensione dalla qualificazione (specificando in tal caso che le procedure avviate debbono essere portate a
compimento, così il comma 12).
Art. 64
L’art. 64 riproduce le disposizioni già contenute nell’ art. 43 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (appalti che
coinvolgono amministrazioni aggiudicatrici e enti aggiudicatori di Stati membri diversi), semplificato nel testo
e con una formulazione più aderente alle disposizioni della direttiva 24/2014/UE e in particolare all’art. 39,
par. 5.
“In particolare:
- al comma 1 è indicata la facoltà, per le stazioni appaltanti, di rivolgersi a centrali di committenza ubicate in
un altro Stato membro dell’Unione europea;
- al comma 2 sono disciplinate le modalità con le quali amministrazioni ed enti di diversi Stati membri
possono congiuntamente aggiudicare un appalto pubblico, concludere un accordo quadro o gestire un sistema
dinamico di acquisizione;
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- al comma 3 è indicata la possibilità, nel caso in cui più amministrazioni di diversi Stati membri istituiscano
un soggetto congiunto comprendendo i gruppi europei di cooperazione territoriale di cui al regolamento (CE)
n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006 o altri soggetti istituiti in base al diritto
dell’Unione, di scegliere se applicare le disposizioni nazionali dello Stato membro nel quale il soggetto
congiunto ha la sua sede sociale o le disposizioni nazionali dello Stato membro in cui il soggetto congiunto
esercita le sue attività;
- al comma 4 è disciplinato il profilo temporale degli accordi di cui al presente articolo”.
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TITOLO II
GLI OPERATORI ECONOMICI
Relazione introduttiva
Gli artt. 65, 66, 67, 68 e 69, disegnano il complesso dei soggetti, dal lato degli operatori economici, che aspirano
a stipulare i contratti di affidamento di lavori, servizi e forniture. Tale corpus omogeneo di disposizioni, oltre a
fare riferimento alla nozione generale di operatori economici contenuta nell’art. 1, lett. l), dell’allegato I.1:
- ha mantenuto, all’art. 66, sostanzialmente immutato l’art. 46 del decreto legislativo n. 50 del 2016, salva la
modifica introdotta al comma 2, nel quale si fa riferimento a un decreto del Ministero delle infrastrutture e della
mobilità sostenibili, che stabilirà i requisiti minimi ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento dei
soggetti ivi indicati;
- all’art. 67 ha formulato il rinvio al regolamento di cui all’art. 100, comma 4 per la disciplina dei requisiti di
idoneità tecnica e finanziaria necessari che devono possedere i consorzi per imprese artigiane e i consorzi stabili,
nonché i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria per partecipare alle gare, oltre a
disciplinare il regime transitorio, ed è dettata una specifica disciplina per i requisiti dei consorzi fra società
cooperative;
- all’art. 68, in ragione della sentenza della Corte di giustizia, sez. IV, 28 aprile 2022, in causa C-642/20 (punti
38, 39 e 40: nonostante gli artt. 19 e 63 direttiva, non è ammissibile che uno Stato membro predetermini le modalità
esecutive all’interno del raggruppamento, lo può fare in certi casi l’Amministrazione), si è configurato l’istituto
del raggruppamento senza ricorrere agli istituti del raggruppamento orizzontale e del raggruppamento verticale,
consentendo la presentazione di un’offerta sulla base del solo mandato collettivo, senza richiedere ulteriori
requisiti e comportando la responsabilità solidale dei partecipanti;
- all’art. 69 è stato mantenuto immutato l’art. 49 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Art. 65
Per meglio chiarire l’iter logico del testo proposto, si muoverà, almeno in parte, dal testo vigente.
Il comma 1 contiene un richiamo alla definizione di operatore economico contenuta nell’art. 1, lett. l),
dell’allegato I.1, dove viene sancito il principio di neutralità delle forme giuridiche, oltre che agli operatori
economici stabiliti in altri Stati membri.
Il comma 2 ripropone, con minime modifiche, l’elenco di cui al comma 2 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50
del 2016 (alle lettere e) ed f) si è specificato il riferimento ai soggetti costituendi per esigenze di chiarezza, così
“doppiandosi” la previsione di cui al primo comma dell’art. 68).
Il comma 3 ripropone il quarto comma dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016, arricchito con riferimento
all’ art. 63 par. II della direttiva.
Il comma 3 e il comma 5 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016 sono stati soppressi in quanto le
disposizioni, che riguardano i r.t.i., sono state rispettivamente dislocate, più pertinentemente, nell’art. 48, comma
4 e nell’art. 48 comma 10, in quanto riferite espressamente ai raggruppamenti dall’art. 19, par. 2 direttiva.
Art. 66
L’ art. 46 del decreto legislativo n. 50 del 2016 è stato conservato nella sostanza immutato.
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Il legislatore con la lett. d-bis) del comma 1, inserita dall'art. 10, comma 1, lett. b), n. 1) della l. n. 238 del 2021,
ha adeguato l’articolato alla sentenza della Corte di giustizia 11 giugno 2020, in causa C-219/19 (T.a.r. per il
Lazio, sede di Roma, 18 gennaio 2021 n. 654 paragrafi 26.2.-28).
L’unica modifica è stata introdotta al comma 2, nel quale si fa riferimento a un decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, che stabilirà i requisiti minimi ai fini della partecipazione alle procedure di
affidamento dei soggetti ivi indicati.
È stato espunto il riferimento “all'adozione del decreto di cui all'articolo 216, comma 27-octies”, essendo
sostituito dal riferimento al suddetto decreto. Nelle more dell’adozione di detto decreto continua ad applicarsi il
d.m. 2 dicembre 2016, n. 263 (“Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori
economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la
presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a
incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell'articolo 24, commi 2 e 5 del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50”).
Art. 67
La rubrica è stata modificata in modo da renderla coerente con le rubriche degli articoli riguardanti gli operatori
economici, al fine di evidenziare la serie ordinata di disposizioni relative alle varie tipologie di soggetti a identità
plurisoggettiva.
Al comma 1 è formulato il rinvio al regolamento di cui all’art. 100, comma 4 per la disciplina dei requisiti di
idoneità tecnica e finanziaria necessari che devono possedere i consorzi per imprese artigiane e i consorzi stabili,
nonché i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria per partecipare alle gare.
L’assimilazione dei consorzi fra imprese artigiane ai consorzi stabili si basa sulla giurisprudenza (Consiglio di
Stato n. 7155 del 2021, punti 1.4.2.1. e 1.4.2.3, dove viene richiamata la pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 5
del 2021), oltre che sul parere ANAC n. 192 del 2008.
Al comma 2 è disciplinato, con riferimento agli stessi soggetti, il regime transitorio e il regime degli affidamenti
cui non si applica l’allegato II.12 stabilendo:
- per gli appalti di servizi e forniture che i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono computati
cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate;
- per gli appalti di lavori, prevedendo la continuità con il sistema vigente riguardante l’attestazione SOA del
consorzio, che consente la sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole consorziate.
La formulazione tiene conto del fatto che il sistema sin qui in atto si basava su una disposizione transitoria del
decreto legislativo n. 50 del 2016, (l’art. 216, comma 27-octies), che rinviava all’art. 36, comma 11 del decreto
legislativo n. 163 del 2006 (e fonti delegate), consentendo che i consorzi stabili attestino, per i lavori, i requisiti
di qualificazione attraverso l’attestazione SOA del consorzio, nella quale si sommano i requisiti posseduti dalle
singole consorziate.
In particolare, quanto al regime transitorio per i lavori, il decreto legislativo n. 50 del 2016 ha confermato la
previgente disciplina in materia, posto che ai sensi dell'art. 83, comma 2, si è previsto che sarebbe stato il
Regolamento di cui all'art. 216, comma 27-octies, a disciplinare (tra l'altro) il sistema di qualificazione dei
consorzi stabili, prevedendo altresì (con rinvio alle disposizioni dell'art. 216, comma 14) che, fino all'adozione
del predetto regolamento, continuavano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla Parte II,
Titolo III (artt. da 60 a 96: sistema di qualificazione delle imprese), nonché gli allegati e le parti di allegati ivi
richiamate, del d.P.R. n. 207 del 2010. A sua volta l'art. 81 del d.P.R. n. 207 del 2010 (“I requisiti per la
qualificazione dei consorzi stabili sono quelli previsti dall'art. 36, comma 7, del codice”), rinvia per la
qualificazione dei consorzi stabili all'art. 36, comma 7 del decreto legislativo n. 163 del 2006, il quale dispone che
“il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate. Per i
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lavori la qualificazione è acquisita con riferimento ad una determinata categoria di opere generali o specialistiche
per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle imprese consorziate. Ne consegue pertanto
che le disposizioni dell'art. 83, comma 2 e dell'art. 47 del decreto legislativo n. 50 del 2016, in virtù dei rinvii
operati alla previgente disciplina, secondo quanto previsto dall'art. 216 del codice, hanno confermato il principio
del c.d. cumulo per i consorzi stabili, sulla base del quale i consorzi stabili possono scegliere di provare il possesso
dei requisiti di ordine speciale richiesti per la partecipazione alle gare con attribuzioni proprie e dirette oppure con
quelle dei consorziati.
Si applica inoltre il Manuale dell’ANAC sull’attività di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di
importo superiore a 150.000 euro, del 16 ottobre 2014 e ss.mm. (in G.U.R.I. 28 ottobre 2014).
Sempre con riferimento al regime transitorio, al fine di assicurare continuità con il regime vigente, non è stato
previsto un vincolo di corrispondenza fra qualificazioni possedute ed esecuzione del contratto in relazione alla
partecipazione dei consorzi stabili alle gare per lavori, nonostante la pronuncia dell’Ad. plen. n. 6 del 2019, resa
però con riferimento ai raggruppamenti.
Infatti, dalla pronuncia dell’Ad. plen. n. 5 del 2021, resa con riferimento a un caso di appalti di lavori, si evince
che i requisiti possono essere “prestati” anche da una consorziata non esecutrice.
Non è stata invece la clausola di salvezza rispetto ai requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei
mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo, in modo da assicurare una maggiore semplicità al sistema.
Il comma 3 precisa quanto già affermato dalla giurisprudenza in ordine alla necessità che i consorziati, oltre che
i consorzi sopra specificati, siano in possesso dei requisiti generali.
La previsione riguarda le consorziate esecutrici e le consorziate che “prestano” i requisiti.
In quest’ultimo caso l’applicazione dell’istituto si rende necessaria in quanto le consorziate che prestano i requisiti
sono assimilate agli ausiliari: il rapporto che si instaura è “molto simile a quello dell’avvalimento” (Ad. plen. 18
marzo 2021 n. 5), e quindi soggiace al regime di quest’ultimo, per il quale è la stessa Corte di giustizia ad avere
applicato l’istituto della sostituzione (3 giugno 2021, in causa C-210/20).
Si è altresì estesa la previsione alle consorziate designate all’esecuzione da parte del consorzio stabile, così come
richiesto dalla giurisprudenza (Ad. plen. n. 5 del 2021).
È stato ritenuto di introdurre la disposizione che impone il possesso all’esecutore dei requisiti di idoneità
professionale di cui all’art. 100, comma 3 al fine di assicurare l’adeguata competenza dell’esecutore, anche in
ragione del fatto che detti requisiti non sono compresi nell’ambito applicativo dell’art. 63 della direttiva.
Il comma 4, nella prima parte, riproduce il contenuto del comma 2 dell’art. 47 del decreto legislativo n. 50 del
2016, che onera i consorzi stabili ad indicare se eseguono le prestazioni con la propria struttura o tramite i
consorziati e che si è ritenuto di mantenere.
La previsione non è stata estesa ai consorzi di cooperative in quanto non si ritiene che questi ultimi possano
indicare sé stessi come esecutori stante lo scopo mutualistico (si dà per scontato in dottrina e nella sentenza del
Consiglio di Stato, sez. V, 2 settembre 2019, n. 6024 che detti consorzi indichino una consorziata esecutrice).
Sotto tale profilo i consorzi fra imprese artigiane sono invece assimilabili ai consorzi fra cooperative (Consiglio
di Stato n. 7155 del 2021 e parere ANAC n. 192 del 2008).
È rimasto il riferimento alla previsione che l’esecuzione delle prestazioni da parte dei consorziati non costituisce
subappalto.
La seconda parte del comma 4 (ultima proposizione), che supera quanto previsto nell’ art. 48, comma 7, del d.lgs
n. 50 del 2016, è stata inserita considerando la giurisprudenza della Corte di giustizia e la procedura di infrazione
2018/2273, che inducono a superare il divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara da parte
del consorziato designato, contenuto nel citato comma 7 dell’art. 48 ma riferito (anche) ai soggetti di cui all’art.
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47 del d.lgs. n. 50 del 2016 e la conseguenza automaticamente espulsiva prevista in caso di violazione del
medesimo.
La procedura d’infrazione 2018/2273 ha avuto ad oggetto il comma 7 dell’art. 89 del decreto legislativo n. 50 del
2016, che dispone che non è consentito, a pena di esclusione, che della stessa impresa ausiliaria si avvalga più di
un concorrente, ovvero che partecipino alla medesima gara sia l’impresa ausiliaria che quella che si avvale dei
requisiti, oltre altre disposizioni che impediscono la partecipazione plurima.
Nella lettera di infrazione si afferma che la disposizione è incompatibile con il principio di proporzionalità in
quanto non consente all’operatore economico di dimostrare che la circostanza non ha influito sul loro
comportamento nell’ambito di tale procedura di gara né incide sulla loro capacità di rispettare gli obblighi
contrattuali.
Si rileva che la partecipazione plurima:
- non può incidere sull’esecuzione degli obblighi contrattuali in quanto risulta aggiudicataria solo una delle offerte
presentate;
- potrebbe incidere sul collegamento fra offerte quale causa di esclusione facoltativa ai sensi dell’art. 80, comma
5, lett. m), del decreto legislativo n. 50 del 2016, (che è stata “conservata”, seppur con formulazione modificata,
sub art. 95, comma 1, lett. d) integrando una causa di esclusione facoltativa, in conformità all’art. 57 della
direttiva) oltre che sulla segretezza delle offerte.
La Corte di giustizia ha affermato che “i raggruppamenti di imprese possono presentare forme e obiettivi
variabili, e non escludono necessariamente che le imprese controllate godano di una certa autonomia nella
gestione della loro politica commerciale e delle loro attività economiche, in particolare nel settore della
partecipazione a pubblici incanti” (Corte di giustizia, sez. IV, 19 maggio 2009, in causa C-538/07, oltre che, con
riferimento specifico ai consorzi stabili, 23 dicembre 2009, in causa C-376/08).
Si è proposto pertanto, anche in ragione della disciplina del self cleaning e della sostituzione, di inserire, in luogo
del suddetto divieto, la disposizione in forza della quale la partecipazione alla gara in qualsiasi altra forma da
parte del consorziato designato dal consorzio offerente determina l’esclusione del medesimo se sono integrati i
presupposti della causa escludente dell’unico centro decisionale, sempre che l’operatore economico non dimostri
che la circostanza non ha influito sulla gara né è idonea a incidere sulla capacità di rispettare gli obblighi
contrattuali.
Il portato della giurisprudenza della Corte di giustizia, e le considerazioni circa il fatto che i partecipanti ai
raggruppamenti possono godere di spazi di autonomia che si articolano diversamente nella prassi, tali da essere
compatibili con il divieto di concordare le offerte e la regola della segretezza (“atte a garantire tanto
l’indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte”, così Corte di giustizia, sez. IV, 19 maggio
2009, in causa C-538/07) hanno indotto a preferire il testo proposto piuttosto che il testo suggerito in via
alternativa durante i lavori della Commissione, in base al quale “la partecipazione alla gara in qualsiasi altra
forma da parte del consorziato designato dal consorzio offerente integra i presupposti della causa escludente di
cui all’art. 95 comman1 lett. d- (corrispondente e art. 80 comma 5 lett. m), sempre che l’operatore economico
non dimostri che la circostanza non ha influito sulla gara né è idonea a incidere sulla capacità di rispettare gli
obblighi contrattuali e solo dopo e comunque fatta salva la facoltà di cui ai commi 5 e 6 dell’art. xy (vigente art.
45)”.
Nel comma 5 è disciplinata la partecipazione alla gara da parte del consorzio di cooperative.
Quest’ultimo ha personalità giuridica che rende improponibile l’enucleazione di una posizione distinta delle
cooperative rispetto al consorzio, che deve essere in possesso dei requisiti generali e dei requisiti di qualificazione,
potendo mutuare i mezzi anche dalle consorziate, così come affermato dalla giurisprudenza (Ad. plen. 14 del 2013
e Cons. St., sez. V, 2 settembre 2019 n. 6024).
Nel comma 6 è rimasto immutato il rinvio ad altra fonte per la determinazione dell'imputazione delle prestazioni
eseguite al consorzio o ai singoli consorziati.
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Il comma 7 specifica che possono essere oggetto di avvalimento solo i requisiti maturati dallo stesso consorzio.
Art. 68
I commi 1, 2, 6 e 7-bis dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, sono superati da Corte di giustizia, sez.
IV, 28 aprile 2022 in causa C-642/20 (punti 38, 39 e 40: nonostante gli artt. 19 e 63 direttiva, non è ammissibile
che uno Stato membro predetermini le modalità esecutive all’interno del raggruppamento). In base a detta
pronuncia, l’art. 83, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016, imponendo all’impresa mandataria del
raggruppamento di operatori economici di eseguire le prestazioni “in misura maggioritaria” rispetto a tutti i
membri del raggruppamento, fissa una condizione più rigorosa di quella prevista dalla direttiva 2014/24.
La direttiva 2014/24 infatti (cfr. gli artt. 63, paragrafo 2; 19, paragrafo 2, comma 2):
- si limita ad autorizzare la stazione appaltante a prevedere, nel bando di gara, che taluni compiti essenziali siano
svolti direttamente da un partecipante al raggruppamento di operatori economici (“le amministrazioni
aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel
caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici [...], da un partecipante al
raggruppamento”, così l’art. 63, paragrafo 2),
- prevede che gli Stati membri possano stabilire clausole standard che specifichino il modo in cui i raggruppamenti
di operatori economici devono soddisfare le condizioni relative alla capacità economico - finanziaria o alle
capacità tecniche e professionali di cui all’art. 58 di tale direttiva (art. 19, paragrafo 2, comma 2, della direttiva
2014/24) e, “quand’anche la capacità di svolgere compiti essenziali rientrasse nella nozione di «capacità
tecnica»”, la norma “contenuta nell’articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che
obbliga il mandatario del raggruppamento di operatori economici ad eseguire direttamente la maggior parte dei
compiti, va al di là di quanto consentito da tale direttiva” in quanto “non si limita a precisare il modo in cui un
raggruppamento di operatori economici deve garantire di possedere le risorse umane e tecniche necessarie per
eseguire l’appalto, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l’articolo
58, paragrafo 4, della stessa, ma riguarda l’esecuzione stessa dell’appalto e richiede in proposito che essa sia
svolta in misura maggioritaria dal mandatario del raggruppamento”.
Pertanto, la possibilità di intervenire sulle modalità esecutive dei raggruppamenti e dei relativi partecipanti è
demandata alle sole stazioni appaltanti, laddove gli Stati membri possono intervenire, in alcuni casi, sui soli
requisiti di qualificazione.
Atteso quanto sopra si è ritenuto di non poter riproporre la distinzione fra raggruppamenti verticali e orizzontali,
e la relativa disciplina, volta proprio a regolamentare le modalità di esecuzione dell’appalto da parte dei
raggruppamenti, con le conseguenze ivi indicate.
La nuova configurazione dell’istituto del raggruppamento consente la presentazione di un’offerta sulla base del
solo mandato collettivo, senza richiedere ulteriori requisiti e comportando la responsabilità solidale dei
partecipanti.
Premesso quanto sopra, nel nuovo comma 1, che corrisponde al comma 8 dell’art. 48 del decreto legislativo n.
50 del 2016, è riproposta la disposizione attualmente contenuta nel comma 8 citato.
Il nuovo comma 2 ripropone la necessità di indicare, in sede di offerta, le quote di esecuzione delle prestazioni
fra i partecipanti al raggruppamento, in quanto costituisce un requisito distintivo rispetto all’avvalimento. Inoltre
la stazione appaltante può imporre vincoli esecutivi.
Si è aggiunta la necessità di presentare un impegno all’esecuzione da parte dei partecipanti al raggruppamento,
con l’indicazione della parte del contratto cui si riferisce; inoltre la stazione appaltante può imporre vincoli
esecutivi.
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Il comma 3 ripropone la regola - vigente in termini generali con riferimento alla generalità degli operatori
economici - che l’art. 19 par. 2 della direttiva dispone con specifico riferimento ai raggruppamenti, circa il divieto
di imposizione generalizzata ai raggruppamenti di una determinata forma giuridica. Ciò in attuazione dell’art. 19,
par. 2, ultimo capoverso della direttiva. Si è preferito ripeterlo in quanto dettato specificamente per i
raggruppamenti espressamente menzionati in direttiva; si potrebbe, in senso contrario, argomentare che non sia
necessario, in quanto ripetitivo della regola generale (principio di neutralità delle forme).
Il comma 4 contiene la previsione di cui all’art. 19, par. 2, ultimo capoverso della direttiva, sinora contenuta nel
comma 3 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (che è stata spostata nell’art. 68 in quanto riferita ai
soli raggruppamenti), che stabilisce le condizioni che consentono di imporre ai raggruppamenti una forma
giuridica specifica; sembra rispettoso dell’art. 19, par. 2, ultimo capoverso della direttiva. Non si ritiene che sia
in contraddizione con il precedente periodo, visto che il rapporto è regola generale/eccezione.
Ai commi 5, 6, 7 e 8 è riproposta la disposizione contenuta rispettivamente nei commi 12, 13, 15 e 16, dell’art.
48 del decreto legislativo n. 50 del 2016 riguardanti il mandato necessario per la costituzione del raggruppamento.
Il comma 9 prevede la responsabilità solidale dei partecipanti al raggruppamento, in conformità con il
superamento dell’istituto dei raggruppamenti verticali e orizzontali.
Il comma 10 contiene una disposizione riguardante la possibilità di richiedere ai raggruppamenti di operatori
economici condizioni per l'esecuzione di un appalto o di una concessione diverse da quelle imposte ai singoli
partecipanti, dettata al comma 5 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che costituisce attuazione
dell’art. 19, par. 2, ultimo capoverso della direttiva riferito ai raggruppamenti (art. 19, par. 2, ultimo capoverso
della direttiva, riferito ai raggruppamenti e richiamato dalla sentenza “Caruter”28 aprile 2022 in causa C 642/20).
Il comma 11 stabilisce che i raggruppamenti temporanei e i consorzi ordinari sono ammessi se gli imprenditori
partecipanti al raggruppamento, ovvero gli imprenditori consorziati, sono in possesso dei requisiti relativi alla
capacità economica e finanziaria e alle capacità tecniche e professionali (Cons. St., sez. V, 31 marzo 2022, n.
2367), ferma restando la necessità che l’esecutore sia in possesso dei requisiti prescritti per l’esecuzione. Ivi è
stata aggiunta (secondo periodo) la previsione di rinvio alle disposizioni contenute negli artt. da 60 a 96 del d.P.R.
n. 207 del 2010.
Il comma 12 prevede che, laddove il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento
temporaneo possiedano i requisiti previsti dall’art. 68 medesimo, essi possano raggruppare altre imprese
qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti
da queste ultime non superino il venti per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare
complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa
affidati.
Il comma 13 prevede che i partecipanti al raggruppamento e al consorzio ordinario debbano possedere i requisiti
generali, in continuità con il regime vigente (desumibile dall’art. 48, comma 17 e ss. del decreto legislativo n. 50
del 2016).
Con il comma 14 è stata inserita, sulla falsariga di quanto disposto nel comma 4 del precedente articolo, la
disposizione in base alla quale la partecipazione alla gara in qualsiasi altra forma da parte del partecipante al
raggruppamento determina l’esclusione del medesimo se sono integrati i presupposti della causa escludente
dell’unico centro decisionale, sempre che l’operatore economico non dimostri che la circostanza non ha influito
sulla gara né è idonea a incidere sulla capacità di rispettare gli obblighi contrattuali. E ciò in ragione di quanto
sopra illustrato in seguito alla procedura di infrazione 2018/2273.
Il comma 15 ripropone la disposizione contenuta nel comma 9 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016,
con la quale è vietata l'associazione in partecipazione.
Le conseguenze del mancato rispetto del divieto di cui al comma 14 sono delineate, sulla falsariga di quanto già
previsto dal comma 10 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, dal successivo comma 16 in termini di
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esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, nonché di annullamento
dell'aggiudicazione o di risoluzione del contratto.
Con il comma 17 è riprodotta la disposizione sul recesso del partecipante al raggruppamento e al consorzio
contenuta nel comma 19 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, consentendo il recesso ad nutum (anche
se il raggruppamento si riduce a un unico soggetto) di una o più imprese raggruppate, sempre che le imprese
rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione.
Con il comma 18, (corrispondente al comma 19-bis dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016), si prevede
l’applicabilità del recesso di cui al comma 16 ai soggetti di cui all'art. 45, comma 2, lett. b) c), d) e) del decreto
legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 19 (corrispondente al comma 11 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016) contiene la previsione
della possibilità dell’operatore economico di presentare offerta o di trattare per sé o quale mandatario di operatori
riuniti in caso di procedure ristrette o negoziate, ovvero di dialogo competitivo.
Il comma 20 (corrispondente al comma 14 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016) dispone
l’applicabilità dell’articolo, in quanto compatibile, alla partecipazione alle procedure di affidamento delle
aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete.
Art. 69
Il testo dell’art. 49 del decreto legislativo n. 50 del 2016 è stato mantenuto immutato e trasfuso nell’art. 69 in
commento.
La commissione ha esplorato la possibilità di sopprimerlo ed inserire le relative disposizioni ivi contenute in
taluna di quelle prima illustrate, ma tale opzione è stata scartata stante la peculiarità della fattispecie ivi
disciplinata.
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PARTE IV
DELLE PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE
La disciplina dettata dal Libro II, parte IV, del presente codice risulta in gran parte imposta dal diritto unionale,
che delinea gli specifici obblighi procedurali da ottemperare per addivenire alla scelta del contraente della
stazione appaltante.
Il testo normativo:
- valorizza le esigenze di flessibilità nell’aggiudicazione, equiparando le varie procedure di scelta del
contraente, salva l’eccezionalità della procedura negoziata senza previa pubblicazione;
- definisce l’ambito di applicazione della procedura competitiva con negoziazione e del dialogo competitivo
mediante il chiarimento della portata precettiva di alcuni termini impiegati dal diritto unionale;
- introduce la categoria unitaria dell’inammissibilità delle offerte, in relazione agli atti difformi rispetto al
paradigma regolatorio di riferimento e inidonei a raggiungere il proprio scopo tipico (con conseguente
differenziazione del regime applicabile a seconda che l’offerta sia irregolare o inammissibile);
- stabilisce i termini per la ricezione delle offerte sul presupposto dell’impiego delle procedure telematiche
come modalità ordinaria di svolgimento delle gare;
-consente di indire, nell’ambito della procedura del dialogo competitivo, dopo fase di pre-qualificazione, una
conferenza (sottoposta ad obbligo di verbalizzazione) con i candidati selezionati, per discutere alcuni profili
dell’appalto in affidamento;
- in relazione alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando, ha introdotto la clausola di possibilità
per l’indizione della gara informale, innovandone la disciplina anche attraverso la riduzione del numero delle
imprese da invitare alla negoziazione e l’eliminazione del riferimento al principio di rotazione;
- sempre in relazione alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando ha operato un apposito (e
facoltativo) collegamento tra tale istituto e le consultazioni preliminari di mercato, ai fini dell’adempimento
dell’obbligo motivazionale.
Art. 70
L’elencazione congiunta, nell’ambito del comma 1, delle procedure flessibili (dialogo competitivo,
partenariato per l’innovazione e procedura competitiva con negoziazione) e delle procedure maggiormente
vincolate nell’aggiudicazione (aperta e ristretta) manifesta l’idea dell’equiparazione di tali tipi procedurali,
facendosi questione, in tutti i casi, di strumenti di selezione del contraente che, oltre ad essere rispettosi dei
principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, di libera concorrenza, non discriminazione,
trasparenza e proporzionalità pubblici, sono caratterizzati dalla pubblicità, presupponendo un avviso di
indizione di gara reso conoscibile agli operatori del settore.
Al fine di valorizzare la discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici nella scelta della procedura
maggiormente idonea a soddisfare le proprie esigenze, l’articolato non prevede vincoli motivazionali ulteriori
a quelli posti dal diritto unionale: l’amministrazione aggiudicatrice, pertanto, al fine di ricorrere ad una delle
procedure flessibili di cui al comma 1, non è tenuta a motivare la maggiore convenienza della procedura
flessibile rispetto alle procedure aperte o ristrette, essendo sufficiente la giustificazione dei rispettivi
presupposti di utilizzo, come delineati ai commi 3 e 5.
La separata considerazione, nell’ambito del comma 2, della procedura negoziata senza previa pubblicazione
del bando, manifesta, invece, il carattere eccezionale di tale procedura, l’unica avente natura derogatoria
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rispetto al principio di pubblicità, utilizzabile al ricorrere dei soli presupposti tassativamente elencati nell’art.
65.
Nel definire l’ambito di applicazione della procedura competitiva con negoziazione e del dialogo competitivo,
di cui al comma 3, sono stati chiariti alcuni termini impiegati dal diritto unionale, al fine di assicurare una
maggiore conformità rispetto a quanto previsto in ambito sovranazionale ovvero di garantire un’omogeneità
della disciplina codicistica unitariamente intesa, tenuto conto, altresì, di categorie giuridiche tradizionali
proprie dell’ordinamento interno.
In particolare, in relazione alla previsione di cui al comma 3, lett. a), n. 1), alla luce del testo inglese e francese
della direttiva, è stato precisato che l’utilizzo del dialogo competitivo e della procedura negoziata competitiva
con negoziazione è possibile, anziché qualora “le esigenze dell'amministrazione aggiudicatrice perseguite con
l'appalto non possono essere soddisfatte senza adottare soluzioni immediatamente disponibili”, nei casi in cui
le esigenze della stazione appaltante perseguite con l’appalto non possono essere soddisfatte con le altre
procedure.
Le locuzioni “adaptation of readily available solutions” e “adapter des solutions immédiatement disponibles”
richiamano l’idea dell’adattamento al caso concreto di soluzioni già disponibili sul mercato, consentendo
l’utilizzo delle procedure di scelta del contraente in parola proprio nelle ipotesi in cui non sussistano soluzioni
immediatamente disponibili -acquisibili con le altre procedure di gara- che permettano alle amministrazione
aggiudicatrici di realizzare le esigenze sottese alla gara ovvero, ove esistenti, tali soluzioni non possano,
comunque, essere adattate al caso concreto, avuto riguardo alle peculiari esigenze da soddisfare con l’indizione
della gara.
Con riferimento alla previsione di cui al comma 3, lett. a, n. 2), è stato chiarito il termine “progettazione”,
avuto riguardo alla ratio caratterizzante le procedure in commento, deputate alla ricerca di soluzioni e progetti
spesso implicanti uno sforzo creativo a cura dei candidati selezionati, impegnati nel dialogo e nelle
negoziazioni con l’Amministrazione aggiudicatrice.
Pertanto, il testo chiarisce che il carattere dell’innovatività deve riguardare tanto le soluzioni (tipicamente da
definire nel corso del dialogo competitivo, prima dell’invito ad offrire), quanto dei progetti (tipicamente da
porre a base delle offerte dei candidati selezionati).
Con riferimento alla previsione di cui al comma 4, pure dovendosi dare atto che il diritto unionale, anche al
fine di assicurare un’uniformità terminologica nei vari ordinamenti degli Stati membri, con apposite norme
definitorie, ha individuato le ipotesi in cui un’offerta possa intendersi irregolare o inammissibile, l’articolato
precisa che le offerte irregolari o inammissibili danno luogo ad atti inammissibili, in quanto difformi rispetto
al paradigma regolatorio di riferimento.
In tale modo si chiarisce che non si tratta di una mera irregolarità dell’offerta - categoria che tradizionalmente,
nell’ambito dell’ordinamento italiano, richiama errori ostativi o errori materiali, di natura non invalidante,
come tali rettificabili ex tunc - bensì di una difformità rispetto alle regole disciplinanti la redazione (per come
delineati nei documenti di gara), la tempestiva presentazione (rispetto ai termini previsti nel bando o nell'invito
con cui si indice la gara), la provenienza (da soggetti in possesso dei requisiti di qualificazione) o l’ideazione
dell’offerta (senza condizionamenti illeciti e nel rispetto della base di gara oltre che dei principi di sostenibilità
e affidabilità dell’impegno assunto dall’offerente), tale da dare luogo ad offerte invalide, come tali non
valutabili ai fini selettivi.
Per esigenze sistematiche è ricondotta all’art. 70 altresì:
- la definizione del presupposto di applicabilità del partenariato di cui all’art. 75, al fine di individuare,
nell’ambito dello stesso articolo, i presupposti di utilizzo di tutte le procedure di scelta del contraente regolate
dal codice (comma 5);
- la disciplina in origine recata dagli artt. 91 e 92 del decreto legislativo n. 50 del 2016 in materia di “riduzione
del numero di candidati altrimenti qualificati da invitare a partecipare” e di “riduzione del numero di offerte
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e soluzioni”, afferente, più propriamente, alle caratteristiche delle procedure di scelta del contraente che le
Amministrazioni sono legittimate a utilizzare ai sensi dell’art. 70 (comma 6);
- la disciplina delle modalità di attuazione del principio di parità di trattamento e di riservatezza nell’ambito
del dialogo e delle negoziazioni con i concorrenti (comma 7), trattandosi di disciplina comune a tutte le
procedure flessibili (dialogo competitivo, procedura competitiva con negoziazioni e partenariato per
l’innovazione), suscettibile pertanto di valorizzazione unitaria nell’ambito del medesimo articolo, destinato a
delineare i tratti comuni degli istituti regolati.
Non si è ritenuto di riprodurre la disposizione (contenuta nell’art. 91, comma 2, del decreto legislativo n. 50
del 2016), risultando dal testo che la riduzione dei candidati è possibile nel rispetto del numero minimo indicato
nei documenti di gara o definito ex lege per le varie procedure interessate; con la conseguenza che, ove i
candidati selezionati siano in numero inferiore, nessuna riduzione può avere luogo e la procedura può
proseguire attraverso l’invito al dialogo, a negoziare o a offrire di tutti i candidati previamente qualificati.
Allegato II.5
Questo allegato riproduce integralmente i contenuti degli articoli 68 e 69 e dell’allegato XIII del decreto
legislativo n. 50/2016.
Art. 71
La disciplina interna costituisce la riproduzione di quella unionale.
Il comma 1 regola l’elemento tipico della procedura aperta, caratterizzata dalla possibilità per ogni operatore
economico interessato di presentare un’offerta in risposta a un avviso di indizione di gara.
L’abbreviazione dei termini per la presentazione delle offerte - da 35 a 30 giorni - di cui al comma 2, è la
conseguenza dell’impiego delle procedure telematiche come modalità ordinaria di svolgimento delle gare.
Viene pertanto meno anche l’utilità della previsione di cui all’art. 60, comma 3, lett. b), del decreto legislativo
n. 50/2016, che viene perciò espunta dal testo normativo.
I termini minimi per la ricezione delle offerte devono essere determinati dalla stazione appaltante tenendo
conto della data di trasmissione del bando di gara ai fini della sua pubblicazione: in particolare, la stazione
appaltante non può definire, quale termine per la ricezione delle offerte, una data ricadente nel periodo dilatorio
indicato dal testo normativo (30 o 15 giorni) decorrente dalla trasmissione del bando di gara.
In tale maniera, da un lato, si assicura alla stazione appaltante di avere contezza del dies a quo del periodo
dilatorio oltre il quale è possibile fissare il termine per la ricezione delle offerte, prendendosi in esame la data
di trasmissione del bando, certamente conosciuta dalla stazione appaltante in quanto riferita ad un’attività (di
trasmissione) di propria competenza; dall’altro, si assicura ai concorrenti di potere beneficiare di uno spatium
deliberandi minimo per l’ideazione e la presentazione dell’offerta.
Sotto tale ultimo profilo, i concorrenti sono, infatti, garantiti dalla necessita che la pubblicazione del bando
sopravvenga entro il termine massimo di cinque giorni dalla trasmissione ai sensi di quanto previsto dall’art.
51, par. 2, della direttiva n. 2014/24/UE, con la conseguenza che gli operatori economici hanno a loro
disposizione almeno il periodo dilatorio previsto dall’articolato in commento (avente quale dies a quo la data
di trasmissione del bando) detratti i giorni occorrenti per la pubblicazione del bando, comunque non superiori
a cinque.
La disposizione di cui al comma 3 sulla necessità per le stazioni appaltanti di motivare le ragioni di urgenza
che consentono di fissare un termine per la ricezione delle offerte non inferiore a quindici giorni a decorrere
dalla data di trasmissione del bando di gara - va intesa in conformità a quanto previsto in ambito unionale,
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dove si individua, quale presupposto giustificativo della deroga al termine minino per la ricezione delle offerte,
la ricorrenza di “motivi di urgenza debitamente dimostrati” (art. 27, par. 3, direttiva n. 2014/24/UE).
Ciò nel rispetto anche di quanto previsto dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990, che impone di motivare il
provvedimento tenendo conto delle risultanze dell’istruttoria, a conferma di come l’Amministrazione
aggiudicatrice non soltanto sia tenuta a rappresentare le ragioni della propria scelta – nella specie, da ravvisare
nei motivi di urgenza – ma sia pure chiamata ad acquisire previamente gli elementi istruttori che dimostrano
le proprie allegazioni, per come emergenti dall’istruttoria svolta.
Il comma 4 disciplina le condizioni in presenza delle quali può farsi luogo alla riduzione del termine per la
ricezione delle offerte nel caso in cui le stazioni appaltanti abbiano pubblicato un avviso di pre-informazione;
per l’individuazione delle informazioni che l’avviso deve contenere a tale fine, si richiama l’allegato II.6, parte
I, lett. B, sezione B1.
Il comma 5 stabilisce che, in sede di prima applicazione del codice, l’allegato II.6 è abrogato a decorrere dalla
data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce
integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Allegato II.6
Questo allegato riproduce, adeguandoli alle nuove norme del codice, i contenuti dell’allegato XIV del decreto
legislativo n. 50/2016, a loro volta in parte qua riproduttivi, rispettivamente per i settori ordinari e per quelli
speciali, dei contenuti dell’allegato V alla direttiva 2014/24/UE e dell’allegato VI alla direttiva 2014/25/UE.
Art. 72
La disciplina interna costituisce la riproduzione di quella unionale.
I commi 1 e 3 regolano l’elemento tipico della procedura ristretta, caratterizzata dalla possibilità:
- per ogni operatore economico interessato di presentare una domanda di partecipazione a un avviso di
indizione di gara;
- per i soli operatori economici invitati di presentare un'offerta.
I commi 2, 4, 5 e 6 delineano i termini per la ricezione delle domande di partecipazione e per la ricezione delle
offerte.
Si segnala, al pari di quanto osservato per la procedura aperta - alle cui considerazioni si rinvia - la necessità,
per le stazioni appaltanti, di dimostrare le ragioni di urgenza che consentono di fissare un termine per la
ricezione delle offerte non inferiore a quindici giorni a decorrere dalla data di invio del bando di gara.
L’articolato non contiene la disposizione sulla possibilità di limitare il numero di candidati idonei da invitare
a partecipare alla procedura, trattandosi di facoltà già prevista dall’art. 70.
Si rinvia alla relazione illustrativa dell’art. 71 in ordine alle esigenze sottese all’individuazione, nella data di
trasmissione del bando, del dies a quo del termine dilatorio prima del quale la stazione appaltante è
impossibilitata a fissare il termine per la ricezione delle domande o delle offerte.
La disposizione richiama alcuni allegati al codice: l’allegato II.6, parte I, lettera B o C, sul contenuto
dell’avviso di indizione della gara (comma 1); l’allegato II.6, parte I, lett. B sezione B1, per la riduzione del
termine minimo di presentazione delle offerte (comma 4); l’allegato I.1, per l’individuazione delle stazioni
appaltanti che possono fissare il termine per la ricezione delle offerte di concerto con i candidati selezionati
(comma 5).
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Art. 73
La disciplina interna è per la grande maggioranza meramente riproduttiva di quella unionale, con particolare
riferimento a:
- la legittimazione a presentare una domanda di partecipazione (comma 1);
- il contenuto dei documenti di gara (comma 2);
- lo scopo tipico sotteso alle informazioni fornite dalle stazioni appaltanti (di individuare la natura e l'ambito
dell'appalto e decidere se partecipare alla procedura – comma 3);
- i termini per la ricezione delle domande di partecipazione (comma 4) e delle offerte iniziali (comma 5);
- la legittimazione a presentare un’offerta iniziale e la possibilità di negoziazione quale elemento caratteristico
della procedura in parola (comma 6);
- la possibilità dello svolgimento della procedura in più fasi successive per ridurre il numero di offerte da
negoziare (comma 7);
- la conclusione delle negoziazioni (comma 8);
- la possibilità di aggiudicazione degli appalti senza negoziazione (comma 9).
Si segnala che, rispetto al testo vigente, risultano eliminate le disposizioni sulla possibilità di limitare il numero
di candidati idonei da invitare a partecipare alla procedura (trattandosi di facoltà già prevista dall’art. 70) e sul
rispetto del principio di parità di trattamento (profilo, parimenti, regolato dall’art. 70).
Va segnalato anche con riferimento al presente articolo che il termine per la ricezione delle offerte e il richiamo
ai casi previsti dall’art. 72, commi 4, 5 e 6 tengono conto della scelta normativa di adottare le modalità
telematiche quale strumento ordinario di svolgimento della procedura di gara.
La disposizione richiama alcuni allegati al codice: l’allegato II.6, parte I, lettere B o C, sul contenuto
dell’avviso di indizione della gara (comma 1); l’allegato II.8, sulla disciplina dei costi del ciclo vita (comma
8).
Art. 74
La disciplina interna è per la grande maggioranza meramente riproduttiva di quella unionale, con particolare
riferimento a:
- la legittimazione a chiedere di partecipare al dialogo competitivo (comma 1);
- il termine per la ricezione delle domande di partecipazione (comma 2);
- il contenuto del bando di gara, dell’avviso di indizione di gara o del documento descrittivo e il criterio di
aggiudicazione applicabile (comma 3);
- la strutturazione della procedura nelle fasi del dialogo e dell’aggiudicazione (comma 5);
- la valutazione delle offerte (comma 6);
- la fase di dialogo post aggiudicazione (comma 7).
L’articolato non contiene la disposizione relativa all’obbligo di specifica motivazione sulla sussistenza dei
presupposti giustificativi del ricorso al dialogo competitivo, tenuto conto che già l’art. 70, regolando l’ambito
di applicazione del dialogo competitivo e della procedura competitiva con negoziazione, limita l’onere delle
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amministrazioni aggiudicatrici che intendano indire tali procedure a giustificare la ricorrenza dei relativi
presupposti di utilizzo.
Peraltro, la previsione di uno specifico obbligo di motivazione soltanto in relazione ad una delle procedure
flessibili richiamate dall’art. 70 avrebbe potuto essere intesa come foriera di una differenziazione dei relativi
istituti, non giustificata dall’ordinamento unionale ed interno, sussistendo per tutte le procedure flessibili un
mero obbligo di specificare l’integrazione dei presupposti idonei a legittimarne l’utilizzo, senza ulteriori
considerazioni, riferibili all’inidoneità a realizzare le esigenze alla base della gara attraverso l’impiego di altre
procedure di scelta del contraente.
Al fine di garantire l’autonomia della disciplina sui settori speciali, permettendo l’applicazione in tali ambiti
della disciplina relativa ai settori generali soltanto ove espressamente richiamata, l’articolato non contiene
alcun riferimento all'invito a confermare interesse ove sia utilizzato, nei settori speciali, l’avviso sull'esistenza
di un sistema di qualificazione come mezzo di indizione di gara.
In tale maniera, la disciplina dettata dall’art. 74 è stata depurata da ogni riferimento ad istituti propri dei settori
speciali, manifestando la sua diretta applicazione ai dialoghi competitivi indetti nell’ambito dei settori generali.
L’articolato prevede espressamente l’obbligo di definire i criteri di aggiudicazione e di indicare la durata
indicativa della procedura, interpretando in tali termini la locuzione “termine indicativo” di cui all’art. 30,
comma 2, direttiva n. 2014/24/UE (comma 3).
Non risulta esplicitata la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di integrare i documenti alla base
delle offerte ricevute sulla base di quanto emerso nel dialogo competitivo, tenuto conto che, da un lato, si tratta
di facoltà non espressamente prevista dall’art. 30 della direttiva n. 2014/24/UE; dall’altro, le esigenze di
flessibilità sono già garantite dalla possibilità, prevista dal testo (comma 5), di chiarire, precisare e
perfezionare le offerte nel rispetto del principio di non discriminazione.
Al fine di esplicitare una facoltà da ritenere comunque rientrante nell’autonomia organizzatoria delle
amministrazioni aggiudicatrici, è stata prevista al comma 4 la possibilità di indire, dopo fase di prequalificazione, una conferenza (sottoposta ad obbligo di verbalizzazione) con i candidati selezionati, per
discutere alcuni profili dell’appalto in affidamento, consentendo agli operatori economici, entro un termine di
trenta giorni dalla conclusione della riunione, di ritirare la domanda di partecipazione già presentata; ciò, al
fine di assicurare una maggiore flessibilità e tempestività della procedura, consentendo, da un lato, ai candidati
di recedere dall’impegno assunto con la presentazione della domanda ove, all’esito dei chiarimenti ottenuti,
non siano più interessare a concorrere all’affidamento del contratto; dall’altro, all’Amministrazione di
aggiudicatrice di condurre il dialogo soltanto con imprese effettivamente interessate alla commessa.
Peraltro, dovrebbe pure ammettersi la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice, all’esito della
conferenza, di decidere di revocare il bando di gara, provvedendovi in una fase anticipata della gara, in modo
da minimizzare i rischi di responsabilità pre-contrattuale. Si tratta di una facoltà non esplicitata nel testo, in
quanto discendente dal principio di inesauribilità del potere e dalla portata applicativa generale dell’art. 21
quinquies della l. n. 241 del 1990.
Si segnala l’eliminazione delle disposizioni sulla possibilità di limitare il numero di candidati idonei da invitare
a partecipare alla procedura (trattandosi di facoltà già prevista dall’art. 70) e sul rispetto del principio di parità
di trattamento (profilo, parimenti, regolato dall’art. 70).
Art. 75
In tema di partenariato per l’innovazione la disciplina interna è per la grande maggioranza meramente
riproduttiva di quella unionale, con particolare riferimento a:
- il contenuto dei documenti di gara (comma 1);
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- la legittimazione a presentare una domanda di partecipazione (comma 2);
- la possibilità di instaurare il partenariato per l’innovazione con uno o più operatori economici che conducono
attività di ricerca e sviluppo separate, il termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione e il
criterio di aggiudicazione utilizzabile (comma 3);
- i criteri di selezione e la legittimazione a presentare progetti di ricerca e di innovazione (comma 4);
- la strutturazione del partenariato in più fasi successive (comma 5);
- la negoziazione dell’offerta iniziale e di quelle successive, anche in relazione alla riduzione progressiva del
numero di offerte da negoziare (comma 6).
Si segnala l’eliminazione di ogni riferimento all’ambito di applicazione dell’istituto, alla possibilità di limitare
il numero di candidati idonei da invitare a partecipare alla procedura e al rispetto del principio di parità di
trattamento, trattandosi di profili già disciplinati nell’art. 70.
Art. 76
Si segnala, in primo luogo, la nuova collocazione sistematica dell’articolo in materia di procedura negoziata
senza previa pubblicazione di un bando di gara, inserito successivamente agli articoli regolanti le procedure di
gara pubbliche, al fine di segnalare la eccezionalità della procedura attualmente prevista dall’art. 63; ciò, tenuto
conto pure di quanto previsto nella direttiva n. 2014/24/UE, in cui la procedura negoziata senza previa
pubblicazione di un bando di gara è regolata nell’ultimo articolo dedicato alle “procedure”.
Al comma 1, al fine di responsabilizzare le amministrazioni aggiudicatrici nell’utilizzo della procedura in
parola, avente comunque natura eccezionale, è stato valorizzato l’obbligo di motivazione che, seppure non
previsto nel testo dell’art. 32 direttiva n. 2014/24/UE, è espressamente richiamato nel considerando n. 50 e
nell’art. 84 della medesima direttiva.
Al riguardo, è stato evidenziato anche il collegamento con le consultazioni preliminari di mercato, utili per
permettere a ciascuna Amministrazione un’autonoma valutazione dei presupposti del provvedere, tenuto conto
delle peculiari caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle dinamiche che li caratterizzano.
Ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 è regolato e circoscritto l’ambito di applicazione della procedura negoziata senza
pubblicazione di un bando.
Quando alla gara informale, prevista dal comma 7, sono state apportate alcune modifiche funzionali a garantire
le esigenze di flessibilità e speditezza sottese all’istituto in parola.
In primo luogo, è stata reintrodotta la clausola della possibilità (di indizione della gara informale), già prevista
dall’art. 57, comma 6, decreto legislativo n. 163 del 2006: l’istituto in esame trova applicazione in fattispecie
in cui la gara, talvolta, non è in astratto configurabile (si pensi, ad esempio, alle ipotesi codificate in cui le
forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico), talaltra non è
in concreto praticabile (si pensi, ad esempio, all’urgenza qualificata dall’art. 64, comma 2, lett. c), che potrebbe
anche impedire un previo confronto concorrenziale ove incompatibile con la tempistica dell’esecuzione della
commessa). Per l’effetto, attraverso la clausola di salvaguardia in esame, si rimette alla valutazione concreta
di ogni Amministrazione aggiudicatrice la possibilità di indire una gara informale ai fini della selezione del
contrente affidatario della commessa.
In secondo luogo, sempre per evitare l’imposizione di oneri procedurali non discendenti dal diritto unionale e
potenzialmente incompatibili con le finalità sottese all’istituto in esame:
- è stato ridotto il numero delle imprese da invitare alla negoziazione, ripristinandosi anche in tale ipotesi il
numero minimo di tre previsto dall’art. 57, comma 6, del decreto legislativo n. 163 del 2006, idoneo ad
assicurare l’effettività del confronto concorrenziale; nonché
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- è stato eliminato il riferimento al principio di rotazione che, oltre a non essere espressamente previsto dal
diritto unionale, da un lato, potrebbe porsi in contrasto proprio con la disciplina sovranazionale, introducendo
una limitazione alla partecipazione alla gara informale motivata sulla base di una circostanza – il
conseguimento di una precedente commessa – inidonea a manifestare l’inidoneità dell’operatore economico a
concorrere all’affidamento di un nuovo contratto; dall’altro, potrebbe tradursi in obblighi procedurali di dubbia
compatibilità con talune delle fattispecie che legittimano l’uso della procedura negoziata senza previa
pubblicazione del bando. Prescindendo dalle ipotesi in cui l’affidamento può avvenire soltanto in favore di un
unico fornitore disponibile, l’urgenza potrebbe, a titolo esemplificativo, ostare ad una ricerca di mercato, per
l’individuazione di operatori diversi da quelli che abbiano intrattenuto precedenti rapporti negoziali con
l’Amministrazione procedente.
Non si è ritenuto, invece, di intervenire sulla specificazione delle fasi in cui potrebbe articolarsi la gara
informale, al fine di evitare una eccessiva limitazione della discrezionalità dell’Amministrazione nella
regolazione della relativa procedura: è stata, dunque, confermata la previsione che prevede l’individuazione
degli operatori economici “da consultare” sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di
qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato - già presente nell’art.
57, comma 6, decreto legislativo n. 163 del 2006 –, trattandosi di disposizione che permette alle
Amministrazioni di scegliere, a seconda delle peculiarità del caso concreto, se procedere immediatamente alla
trasmissione dell’invito a negoziare ex art. 67 decreto legislativo n. 50 2016 ovvero se avviare previamente
consultazioni informali, nell’esercizio del potere discrezionale di cui sono titolari.
La procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara è stata interessata dalla disciplina dettata
dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla l. n. 120 del 2020, e dal decreto-legge n. 77 del 2021,
convertito dalla l. n. 108 del 2021.
Le disposizioni, recate nei decreti-legge nn. 76 del 2020 e 77 del 2021, suscettibili di influire maggiormente
sull’articolato erano, in particolare, le seguenti:
• art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla l. n. 120 del 2020: “3. Per l'affidamento
delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa
l'attività di progettazione, di opere di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto
legislativo 18 aprile 2016 n. 50, la procedura negoziata di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del
2016, per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125, per i settori speciali, può essere utilizzata, previa
pubblicazione dell'avviso di indizione della gara o di altro atto equivalente, nel rispetto di un criterio di
rotazione, nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti
negativi della crisi causata dalla pandemia da COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività
determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, i termini, anche abbreviati,
previsti dalle procedure ordinarie non possono essere rispettati. La procedura negoziata di cui all'articolo 63
del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125, per i settori speciali, può
essere utilizzata altresì per l'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo
pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche in caso di singoli
operatori economici con sede operativa collocata in aree di preesistente crisi industriale complessa ai sensi
dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto
2012, n. 134, che, con riferimento a dette aree ed anteriormente alla dichiarazione dello stato di emergenza
sanitaria da COVID-19 del 31 gennaio 2020, abbiano stipulato con le pubbliche amministrazioni competenti
un accordo di programma ai sensi dell'articolo 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”;
• art. 48, comma 3, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla l. n. 108 del 2021: “3. Le stazioni
appaltanti possono altresì ricorrere alla procedura di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016,
per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125, per i settori speciali, nella misura strettamente necessaria,
quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili, non imputabili alla stazione
appaltante, l'applicazione dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie può compromettere
la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione di cui al PNRR nonché al PNC e ai
programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione Europea. Al solo scopo di assicurare la trasparenza,
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le stazioni appaltanti danno evidenza dell'avvio delle procedure negoziate di cui al presente comma mediante
i rispettivi siti internet istituzionali. Ferma restando la possibilità, per gli operatori economici, di manifestare
interesse a essere invitati alla procedura, la pubblicazione di cui al periodo precedente non costituisce ricorso
a invito, avviso o bando di gara a seguito del quale qualsiasi operatore economico può presentare un'offerta”;
• art. 53, comma 1, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla l. n. 108 del 2021: “1. Fermo restando,
per l'acquisto dei beni e servizi di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 18
aprile 2016, n. 50, quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lett. a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, così come modificato dal presente
decreto, le stazioni appaltanti possono ricorrere alla procedura di cui all'articolo 48, comma 3, in presenza
dei presupposti ivi previsti, in relazione agli affidamenti di importo superiore alle predette soglie, aventi ad
oggetto l'acquisto di beni e servizi informatici, in particolare basati sulla tecnologia cloud, nonché servizi di
connettività, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste per la realizzazione dei progetti del PNRR, la
cui determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre
2026, anche ove ricorra la rapida obsolescenza tecnologica delle soluzioni disponibili tale da non consentire
il ricorso ad altra procedura di affidamento”;
• art. 54, comma 2 ter, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla l. n. 108 del 2021: “2-ter. Al fine di
favorire il più celere svolgimento delle procedure connesse all'affidamento e all'esecuzione dei contratti
pubblici, la Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo dei territori
colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 può individuare, sulla base di specifica motivazione, interventi che rivestono
un'importanza essenziale ai fini della ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009. Tali
interventi possono essere realizzati secondo le disposizioni dell'articolo 63, commi 1 e 6, del codice dei
contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nel rispetto dei princìpi di trasparenza,
concorrenza e rotazione, l'invito, contenente l'indicazione dei criteri di aggiudicazione dell'appalto, è rivolto
ad almeno cinque operatori economici iscritti nell'Anagrafe antimafia degli esecutori prevista dall'articolo
30, comma 6, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre
2016, n. 229. In mancanza di un numero sufficiente di operatori economici iscritti nella predetta Anagrafe,
l'invito è rivolto ad almeno cinque operatori iscritti in uno degli elenchi tenuti dalle prefetture - uffici
territoriali del Governo ai sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che abbiano
presentato domanda di iscrizione nella predetta Anagrafe. Si applicano le disposizioni del citato articolo 30,
comma 6, del decreto-legge n. 189 del 2016. I lavori sono affidati sulla base della valutazione delle offerte
effettuata da una commissione giudicatrice costituita secondo le modalità stabilite dall'articolo 216, comma
12, del codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016”
Al riguardo, non si è ritenuto opportuno recepire tali previsioni, in quanto determinate da ragioni contingenti,
riferite all’emergenza pandemica da Covid–19 o all’attuazione del PNRR, difficilmente stabilizzabili in un
testo di portata generale di durata tendenzialmente indeterminata.
In particolare, l’art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 76 del 2020 consente (tra l’altro) l’utilizzo della procedura
negoziata di cui all'art. 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all'art. 125, per
i settori speciali, nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli
effetti negativi della crisi causata dalla pandemia da COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività
determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, i termini, anche abbreviati, previsti
dalle procedure ordinarie non possono essere rispettati.
Al riguardo, sembra che una tale fattispecie possa essere comunque ricondotta al presupposto di utilizzo della
procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, dato dalle ragioni di estrema urgenza
derivanti da eventi imprevedibili, non imputabili all’Amministrazione aggiudicatrice, tali da non consentire il
rispetto dei termini stabiliti per le procedure ordinarie; sicché non risultava opportuno intervenire sul testo
normativo, attraverso ulteriori specificazioni, che, oltre ad essere parziali (riguardando soltanto alcuni eventi
imprevedibili), avrebbero potuto essere intese come estensione della portata applicativa dell’istituto al di fuori
dei limiti di utilizzo definiti dal diritto unionale.
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Non risultava opportuno neppure introdurre in ipotesi caratterizzate dall’urgenza del provvedere, obblighi
ulteriori, non previsti dal diritto unionale, quali la previa pubblicazione dell'avviso di indizione della gara o di
altro atto equivalente ovvero il rispetto del criterio di rotazione, fonte di rallentamenti incompatibili con il
presupposto giustificativo della deroga al principio della pubblica gara.
Parimenti, è stato inserito nell’articolato il riferimento all’affidamento degli appalti in favore di operatori
economici con sede operativa collocata in aree di preesistente crisi industriale complessa ai sensi dell'art. 27
del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012: trattasi di previsione
riguardante fattispecie peculiari, che non dovrebbero trovare ingresso in un testo generale quale il codice dei
contratti pubblici.
L’art. 48, comma 3, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla l. n. 108 del 2021, oltre ad avere sollevato
dubbi di compatibilità unionale - essendo stato oggetto di apposito atto di costituzione in mora della
Commissione del 6 aprile 2022 – riguarda parimente fattispecie peculiari, relative alla realizzazione degli
obiettivi di cui al PNRR, al PNC e ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione Europea.
Anche il riferimento, recato nell’art. 48, comma 3, cit., all’obbligo di dare evidenza dell'avvio delle procedure
negoziate nei siti internet istituzionali e alla possibilità, per gli operatori economici, di manifestare interesse a
essere invitati alla procedura, non è stato valorizzato ai fini della stesura dell’articolato, in quanto idoneo a
collidere con il presupposto dell’assoluta urgenza del provvedere, incompatibile con l’adempimento di oneri
procedurali supplementari (di pubblicazione e di esame delle autocandidature) discendenti dalla previsione in
commento.
L’art. 53, comma 1, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla l. n. 108 del 2021 consente di utilizzare
la procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di cui all'art. 48, comma 3, del decreto-legge n. 77
del 2021, sempre al ricorrere dei relativi presupposti, anche in relazione agli affidamenti aventi ad oggetto
l'acquisto di beni e servizi informatici, in particolare basati sulla tecnologia cloud, nonché servizi di
connettività, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste per la realizzazione dei progetti del PNRR, la
cui determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre
2026, anche ove ricorra la rapida obsolescenza tecnologica delle soluzioni disponibili tale da non consentire il
ricorso ad altra procedura di affidamento.
Per le stesse ragioni svolte in relazione all’art. 48, comma 3, del decreto-legge n. 77 del 2021 (par. 5.4), non è
stato possibile recepire tale disciplina nell’ambito dell’articolato del codice.
L’art. 54, comma 2-ter, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla l. n. 108 del 2021 riguarda interventi
che rivestono un'importanza essenziale ai fini della ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile
2009.
Anche in tale caso trattasi di previsione speciale, insuscettibile di essere generalizzata nell’ambito
dell’articolato del codice.
Il mancato recepimento, nell’ambito del codice, delle disposizioni recate dal decreto-legge n. 76 del 2020 cit.
e dal decreto-legge n. 77 del 2021 cit. in materia di procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando
di gara non significa che le fattispecie di urgenza qualificata ivi regolate, una volta cessato il periodo temporale
di applicazione della legislazione speciale, non possano integrare le previsioni di cui al presente articolo, al
ricorrere dei presupposti giustificativi delineati dal comma 2, lett. c).
In particolare, è possibile fare riferimento alle crisi sanitarie, pure rilevanti ai sensi dell’art. 2, comma 3, del
decreto-legge n. 76 del 2020 cit., suscettibili di determinare, comunque, situazioni di emergenza non imputabili
alla stazione appaltante, richiedenti l’immediato affidamento della commessa pubblica a tutela di beni primari,
con una tempistica incompatibile con lo svolgimento di una procedura aperta, ristretta o competitiva con
negoziazione.
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Parimenti, è possibile richiamare, quale esemplificazione di una ragione di urgenza legittimante il ricorso alla
procedura in esame, le calamità naturali richiedenti interventi immediati (cfr. Considerando n. 80 della direttiva
n. 2014/24/UE).
Non potrebbe neppure escludersi, in astratto, la possibilità che l’Amministrazione riscontri ex post una
situazione di urgenza qualificata, all’esito di consultazioni di mercato appositamente svolte in vista
dell’indizione della procedura di scelta del contraente (facoltà riconosciuta dal comma 1 dell’articolo in
esame): una tale eventualità, in particolare, potrebbe presentarsi con riferimento a quei mercati caratterizzati
da un numero estremamente ridotto di imprese (operanti in ambito internazionale), qualora la stazione
appaltante, consultati tutti gli operatori del settore, apprenda che, in ragione di vincoli negoziali pregressi o in
via di perfezionamento (costituiti o costituendi con altri committenti nazionali, internazionali o stranieri), gli
operatori consultati sarebbero disponibili a concorrere all’affidamento a condizione che il contratto venisse
sottoscritto con una tempistica talmente ristretta da risultare incompatibile con lo svolgimento di una procedura
aperta, ristretta o competitiva con negoziazione, la cui indizione, a questo punto, si manifesterebbe del tutto
inutile, con conseguente impossibilità di realizzare l’interesse pubblico sotteso al contratto da affidare.
Ai fini della predisposizione dell’articolato e, in particolare, della specificazione dell’obbligo di motivazione
in ordine all’utilizzo della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara di cui al primo
comma, si è tenuto conto delle Linee Guida dell’ANAC n. 8 sul “ricorso a procedure negoziate senza previa
pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili”.
In particolare, rilevano i seguenti passaggi motivazionali:
- “ciascuna stazione appaltante accerta i presupposti per ricorrere legittimamente alla deroga in esame,
valutando il caso concreto alla luce delle caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle
dinamiche che li caratterizzano, e motiva sul punto nella delibera o determina a contrarre o altro atto
equivalente, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei
principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità”;
- “la stazione appaltante non può accontentarsi al riguardo delle dichiarazioni presentate dal fornitore, ma
deve verificare l’impossibilità a ricorrere a fornitori o soluzioni alternative attraverso consultazioni di
mercato, rivolte anche ad analizzare i mercati comunitari e/o, se del caso, extraeuropei”;
- “Per una corretta progettazione e per un’efficiente predisposizione dei bandi di gara, nelle situazioni in cui
la stazione appaltante ritiene che un certo fabbisogno possa essere soddisfatto unicamente mediante l’acquisto
di beni o servizi infungibili o che possano condurre a situazioni di non reversibilità della scelta è necessario
che la stazione appaltante acquisisca tutte le informazioni disponibili. Innanzitutto è opportuno che
quest’ultima osservi il comportamento di acquisto tenuto da altre amministrazioni, che hanno soddisfatto
analoghi interessi pubblici, verificando, in particolare, se hanno svolto procedure a evidenza pubblica e i
risultati ottenuti. Potrebbe essere utile in tale fase procedere anche alla consultazione dei cataloghi elettronici
del mercato delle altre amministrazioni aggiudicatrici, nonché di altri di fornitori esistenti. Se tale analisi non
è soddisfacente, è necessario rivolgersi al mercato, attraverso adeguate consultazioni preliminari, per
verificare quali siano le soluzioni effettivamente disponibili per soddisfare l’interesse pubblico per il quale si
procede. Le consultazioni sono preordinate a superare eventuali asimmetrie informative, consentendo alla
stazione appaltante di conoscere se determinati beni o servizi hanno un mercato di riferimento, le condizioni
di prezzo mediamente praticate, le soluzioni tecniche disponibili, l’effettiva esistenza di più operatori
economici potenzialmente interessati alla produzione e/o distribuzione dei beni o servizi in questione.”.
- “Nella delibera o determina a contrarre la stazione appaltante dà puntuale riscontro degli esiti della
consultazione preliminare di mercato e delle conclusioni che conducono a ritenere infungibile la fornitura o
il servizio”;
- “Le consultazioni preliminari di mercato sono svolte in ossequio ai principi di trasparenza e massima
partecipazione, al fine di non falsare la concorrenza.
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Le consultazioni preliminari di mercato sono volte a confermare l’esistenza dei presupposti che consentono
ai sensi dell’art. 63, comma 1, decreto legislativo 50/2016 il ricorso alla procedura negoziata senza
pubblicazione del bando ovvero individuare l’esistenza di soluzioni alternative. I risultati delle soluzioni
individuate a seguito delle consultazioni preliminari di mercato sono riportati nella determina a contrarre”.
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PARTE V
DELLO SVOLGIMENTO DELLE PROCEDURE
Titolo I – Gli atti preparatori
Gli artt. 77-82 presentano natura prettamente tecnica e sono in gran parte riproduttivi della direttiva n.
2014/24/UE (articoli 40, 41, 42, 43, 48); le disposizioni restano quindi sostanzialmente vincolate dalle
presupposte regole unionali.
Per tutto l’articolato si è scelto di procedere, conformemente ai “bullet points”, alla “pulitura e asciugatura
linguistica”; rispetto ai pregressi testi normativi (artt. da 66 a 70 del decreto legislativo n. 50 del 2016) sono
state accorpate disposizioni ridondanti o prive di particolare autonomo rilievo nello specifico contesto in cui
sono inserite (una endiadi quale “offerta inammissibile o esclusa” comporta, ai fini di interesse, un
appesantimento espressivo senza in verità segnalare differenti effetti; neppure sembra utile precisare che le
discriminazioni possono essere “dirette o indirette”, aspetto che resta certamente ricavabile dai principi
generali).
Dal punto di vista sistematico, per meglio disegnare il dipanarsi delle procedure, l’unica sezione “bandi e
avvisi” prevista dal decreto legislativo n. 50 del 2016 è stata suddivisa in un “titolo I” relativo agli “gli atti
preparatori”, comprendente gli articoli da 77 a 82, e un “titolo II” relativo a “I bandi, gli avvisi e gli inviti”,
che contempla gli articoli da 83 a 90.
Art. 77
La normativa in tema di consultazioni preliminari di mercato, di cui all’art. 77, è stata deliberatamente
mantenuta minimalista, posto che la sua non eccessiva formalizzazione appare una delle ragioni
dell’apprezzamento dell’istituto da parte delle amministrazioni e degli operatori.
Il comma 1 specifica che le consultazioni preliminari di mercato possono essere utilizzate anche per la scelta
della procedura di gara, in modo da rendere il testo coerente con la previsione dell’art. 76, comma 1.
Il comma 2 delinea in maniera ampia l’oggetto delle acquisizioni che possono essere compiute attraverso le
consultazioni preliminari di mercato, prevedendo la possibilità adoperare “informazioni, consulenze, relazioni
e ogni altra documentazione idonea, anche di natura tecnica” anche nella pianificazione e nello svolgimento
della procedura di appalto, purché non si violino i principi di concorrenza, di non discriminazione e di
trasparenza.
In tema di consultazioni preliminari di mercato, nella vigenza del precedente codice, sono state adottate le
Linee Guida ANAC n. 14/2019, che presentano un contenuto per lo più descrittivo della normativa e di raccolta
degli sviluppi giurisprudenziali in materia; la giurisprudenza ivi richiamata risulta condizionata dalla
specificità dei casi analizzati, che hanno visto la necessità di esplicitare aspetti talvolta ovvi (una consultazione
preliminare di mercato non può, data la diversa e specifica finalità dell’istituto, essere utilizzata in luogo di un
bando di gara; non trattandosi di una “gara” i partecipanti non sono soggetti alla verifica di requisiti di
partecipazione; i partecipanti non devono approfittare della procedura per tenere condotte di concorrenza
sleale).
Art. 78
I commi 1 e 2 ricalcano la disciplina delle Linee Guida ANAC n. 14/2019, menzionate con riferimento all’art.
77, con particolare riferimento alla possibile asimmetria informativa che la partecipazione alle consultazioni
preliminari di mercato può comportare in favore di un operatore economico.
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Nell’elaborazione del nuovo testo normativo seguendo - come prescritto dall’art. 1, comma 2, lett. a) della l.
n. 78 del 2022 - il criterio di stretta aderenza all’art. 41, par. 3 della direttiva n. 2014/24/UE, si è specificato
che, nei casi critici, spetta al candidato o all’offerente provare che la sua partecipazione alla preparazione o
scelta della procedura non gli ha garantito un particolare vantaggio competitivo. La soluzione positivizzata
risulta coerente con il principio di prossimità della prova e supera quanto in precedenza sinteticamente indicato
al punto 5.4 delle Linee Guida ANAC n. 14/2019.
Si ritiene, pertanto, che le Linee Guida ANAC n. 14/2019 restino, nel complesso, o superate o assorbite dalle
nuove diposizioni.
Art. 79 e 80
Gli artt. 79 e 80, dedicati alle specifiche tecniche ed alle etichettature, in ragione del contenuto di dettaglio
della pertinente disciplina, si limitano a rinviare a quanto previsto dall’allegato II.5; quest’ultimo accorpa
l’allegato XIII del decreto legislativo n. 50 del 2016, a sua volta riproduttivo dell’allegato VII della direttiva
n. 2014/24/UE (che contiene le definizioni stipulative rilevanti in materia), nonché il disposto degli artt. 68 e
69 del decreto legislativo n. 50 del 2016; l’accorpamento è stato realizzato procedendo anche ad una
semplificazione di tipo espressivo.
Nell’allegato II.5 alle definizioni segue la disciplina sostanziale delle specifiche tecniche e delle etichettature,
che ripropone quella della direttiva; quest’ultima, a sua volta, è il precipitato di una ormai risalente
giurisprudenza della Corte di giustizia in materia (cfr. considerando 74 della direttiva n. 2014/24/UE; per
quanto concerne le specifiche tecniche, già con riferimento alla direttiva n. 2004/18/CE, si veda la sentenza 10
maggio 2012 Commissione c. Paesi Bassi in causa C-368/10; con riferimento all’art. 42 della direttiva n.
2014/24/UE si veda la sentenza 25 ottobre 2018, Roche Lietuva UAB in causa C-413/17).
Art. 81
L’art. 81 recepisce l’art. 48 della direttiva n. 2014/24/UE; la direttiva dettaglia il contenuto degli avvisi di
preinformazione nell’allegato V che, già con il decreto legislativo n. 50 del 2016, si rinviene, con contenuto
identico a quello unionale, nell’allegato XIV del decreto legislativo n. 50 del 2016; con il nuovo codice le
informazioni in questione sono inserite nell’allegato II.6.
Il comma 1 prevede che la trasmissione dei dati degli avvisi all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione
Europea, ove richiesto dalla direttiva, avviene da parte di ANAC, per il tramite della Banca dati nazionale dei
contratti di cui all’art. 23 del codice; la soluzione è coerente con la complessiva scelta di digitalizzazione e
semplificazione del ciclo di vita dei contratti, anche grazie all’accentramento presso ANAC delle attività di
trasmissione e/o pubblicazione di bandi e avvisi prescritte obbligatoriamente in ambito europeo (tanto ai fini
della pubblicità legale, art. 84, commi 1 e 2, che di pubblicità notizia, artt. 84, comma 3 e 85, comma 3) nonché,
in ambito nazionale, ai fini di pubblicità legale (art. 85, commi 1, 3, 4).
Il meccanismo rafforza la funzione di supporto di ANAC alle stazioni appaltanti prevista dell’art. 1, lett. b)
della legge delega - l. n. 78/2022 - e fornisce un impulso alla digitalizzazione ai sensi della lett. m) della
medesima legge delega; è altresì coerente con la semplificazione digitale prospettata nei “bullet points”,
rappresentando la Banca dati ANAC lo snodo della digitalizzazione delle procedure.
La soluzione adottata, ai sensi dell’art. 19 del codice, si inscrive in un corpus normativo dà attuazione alla
funzione normativa statale di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati
dell’amministrazione, prevista dall’art. 117, comma 2, lett. r) della Costituzione.
Il comma 2 prevede i presupposti al ricorrere dei quali le stazioni appaltanti sub-centrali possono utilizzare un
avviso di pre-informazione come strumento di indizione della gara, nei casi si avvalgano per la scelta del
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contraente, delle procedure ristrette o delle procedure competitive di negoziazione; per l’individuazione del
contenuto necessario dell’avviso, si richiama l’allegato II.6, lett. B, sezione B.1 e B.2.
Il comma 3 dispone che, qualora si sia adoperato l’avviso di pre-informazione per l’indizione della gara, se ne
dia notizia sul sito istituzionale della stazione appaltante, come forma di pubblicazione “supplementare” a
livello nazionale.
Il comma 4, con riferimento ai servizi “sociali ed assimilati”, prevede il recepimento dell’art. 48 della direttiva
2014/24/UE, che è avvenuto, a differenza di quanto accaduto con il decreto legislativo n. 50 del 2016, in
termini non perfettamente letterali; la scelta è dettata da ragioni di semplificazione espositiva e contenutistica.
L’art. 48 della direttiva consentiva, infatti, che l’avviso di pre-informazione potesse coprire un periodo “più
lungo di 12 mesi”, demandando al legislatore nazionale una opzione, che è in effetti stata esercitata già con il
decreto legislativo n. 50 del 2016; quest’ultimo aveva infatti previsto, all’art. 70, comma 3, la possibilità che
l’avviso di pre-informazione coprisse un “periodo più lungo di dodici mesi e non superiore a 24 mesi”; la
tempistica pari a 24 mesi viene riproposta con il presente codice; inserito un termine massimo puntuale e
compatibile con la direttiva ne consegue l’inutilità dell’ulteriore ovvia precisazione che si tratti di un tempo
altresì “più lungo di 12 mesi”, come ancora prescritto dal decreto legislativo n. 50 del 2016.
Art. 82
I commi 1 e 2, di nuova introduzione, rispondono ad una esigenza di chiarezza, precisando quali sono i
principali documenti di gara che la stazione appaltante deve predisporre e, in caso di contrasto, quale di essi
debba ritenersi prevalente: il tutto in coerenza con la giurisprudenza (in tema fra le più recenti, Cons. Stato,
sez. V, 30 agosto 2022, n. 7573, secondo cui il bando di gara rappresenta il “documento fondamentale” del
procedimento di evidenza pubblica, al quale è rimesso di individuare i necessari riferimenti e gli eventuali
collegamenti agli (ulteriori, correlati e successivi) atti di gara, i quali derivano il proprio contenuto (e la
propria “legittimazione” funzionale) necessariamente dal primo. Se ne trae il corollario di una gerarchia
differenziata all'interno della complessiva documentazione di gara, che – con specifico riguardo alla
risoluzione di concreti contrasti interni tra le varie disposizioni della lex specialis – impone di dare la
prevalenza alle previsioni del bando, laddove le disposizioni del capitolato (o del disciplinare) possono
soltanto integrare, ma non modificare le prime (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 3 marzo 2021, n. 1804;
Id., sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; Id., sez. III, 11 luglio 2013 n. 3735; Id., sez. V, 24 gennaio 2013 n. 439;
Id., sez. V, 17 ottobre 2012 n. 5297; Id., sez. V, 23 giugno 2010 n. 3963)”.
Titolo II – I bandi, gli avvisi e gli inviti
L’articolato del Titolo II attua i corrispondenti artt. 49, 51, 52, 53, 54, 55 della direttiva n. 2014/24/UE, da cui
resta in buona parte vincolato.
Anche per questo articolato si è proceduto secondo criteri di semplificazione linguistica e di contenuto. Resta
rispettato il vincolo di adesione sostanziale alle prescrizioni unionali.
Si è cercato di limitare, quando non indispensabili per ragioni di sintesi, i rinvii numerici ad altri articoli o
anche interni, in modo da agevolare una autonoma e più immediata comprensione delle norme.
Gli articoli 84 e 85, in particolare, disciplinano la pubblicità di bandi e avvisi.
L’art. 84 si focalizza sugli obblighi di pubblicazione prescritti a livello unionale per le gare sopra-soglia, da
attuarsi in raccordo con l’Ufficio per le pubblicazioni dell’Unione Europea.
L’art. 85 è invece incentrato sulla pubblicità nazionale.
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Nel contesto del nuovo codice, che vede la complessiva digitalizzazione delle procedure, anche la
regolamentazione della pubblicità di bandi e inviti, come già quella degli avvisi di pre-informazione, si adegua
ad un sistema accentrato di trasmissione all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea e di pubblicazione
nazionale digitale per il tramite della Banca dati nazionale dei contratti gestita da ANAC, di cui all’art. 23.
Con la scelta di favore per una maggiore digitalizzazione resta quindi superata l’esigenza di trasmissione della
documentazione in sede europea da parte di ogni singola stazione appaltante, come ancora letteralmente
immaginato dalla direttiva n. 2014/24/UE (art. 49 § 5 e 6 della direttiva). La soluzione, fermo il rispetto nella
sostanza degli incombenti imposti a livello europeo, vuole infatti offrire una più avanzata ed efficiente modalità
di pubblicazione, omogenea a livello nazionale, agevolando così anche la ricerca dei bandi da parte degli
operatori economici; in aderenza ai dettami della legge delega – l. n. 78/2022, art. 1, lett. m) – le disposizioni
danno impulso alla piena attuazione della Banca dati nazionale dei contratti ed eliminano costi a carico dei
concorrenti, posto che le forme di pubblicazione cartacea (sia a mezzo stampa sia nella G.U.R.I.) comportano
oneri che vengono scaricati sull’aggiudicatario.
Già il decreto legislativo n. 50 del 2016 aveva previsto, all’art. 73, comma 4, un sistema di pubblicazione
digitale gratuito e centralizzato di bandi e avvisi, demandato ad ANAC. A tale sistema era stata data teorica
attuazione con il d.m. 2 dicembre 2016; l’intero meccanismo disegnato dal codice del 2016 non è tuttavia mai
divenuto operativo.
L’effettività della soluzione proposta, per altro imposta - come detto - dalla legge delega, resta evidentemente
legata alla tempestiva adozione e messa in opera del provvedimento di attuazione ANAC, contestualmente
previsto dall’art. 27, comma 4. A regime Il d.m. 2.12.2016, attuativo della vigente disciplina, non potrà invece
che essere superato dalla prevista regolamentazione di attuazione.
Art. 83
I commi 1 e 2 individuano i contenuti di bandi e avvisi, secondo la disciplina eurounitaria, il tutto tramite
rinvio all’allegato II.6, a sua volta riproduttivo dell’allegato V della direttiva n. 2014/24/UE.
La norma menziona altresì la necessità di inserimento nei bandi dell’obbligo di rispetto dei criteri ambientali
minimi, in ossequio alla vincolatività degli stessi prescritta dalla lett. f) della l. n. 78/2022; si richiede poi alla
stazione appaltante di individuare un termine di durata della procedura, per agevolare una miglior prevedibilità
dei tempi amministrativi.
Quanto alle modalità di pubblicità, l’articolo si limita a prescrivere che le gare sono indette mediante bandi
“salvo diversa previsione di legge”; si è scelto di discostarsi dal modello in precedenza seguito dal decreto
legislativo n. 50 del 2016 che, in letterale adesione alla direttiva, elencava le singole procedure che consentono
di derogare all’obbligo di indizione mediante bando pubblico.
La soluzione si giustifica in quanto, mentre la direttiva si impone come un sistema di disciplina organico e
chiuso, nell’ordinamento nazionale il dato empirico segnala che l’elenco chiuso inserito nel codice, vista
l’insopprimibile tendenza del legislatore a disegnare in emergenza nuove procedure speciali, rischia di non
essere mai esaustivo o tempestivamente aggiornato, risultando così poco utile.
Resta evidente che il legislatore non sarà libero di dettare deroghe agli obblighi di pubblicità, in quanto ogni
eventuale eccezione alla disciplina unionale della pubblicità, deve comunque rispettare i limiti imposti dalla
direttiva n. 2014/24/UE e quindi essere riconducibile alla casistica eccezionale e chiusa ivi contemplata.
Il comma 3 prevede l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di conformarsi ai bandi tipo ANAC, fatti
esplicitamente salvi dalla legge delega – art. 1, lett. aa), della l. n. 78/2022 – in quanto strumenti di
semplificazione.
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Art. 84
I commi 1 e 2, rispetto all’art. 72, comma 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016, sono stati depurati delle
prescrizioni che dettagliano tempi e modalità di pubblicazione strettamente incombenti sull’Ufficio per le
pubblicazioni dell’Unione europea. Si tratta di prescrizioni che rinvengono il loro fondamento nell’art. 49 della
direttiva n. 2014/24/UE, il quale ultimo resta l’unica fonte di disciplina in materia, non essendo legittimato lo
Stato nazionale a dettare o modificare prescrizioni vincolanti nei confronti di un organismo europeo quale è
l’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea. La mera riproduzione del disposto della direttiva in questo
contesto avrebbe quindi, al più, un effetto descrittivo.
Sono stati invece riproposti quegli aspetti di disciplina che, realizzando il coordinamento tra gli incombenti di
pubblicazione unionali e quelli nazionali (quali l’obbligo e i tempi di prioritaria trasmissione in sede europea,
l’utilizzo della modulistica appositamente predisposta dalla Commissione, la scelta della lingua della
pubblicazione), sono certamente rivolti anche alle amministrazioni nazionali, le quali ultime, nel nuovo ambito
digitale, come ampiamente visto, li adempiono sostanzialmente tramite la Banca dati nazionale dei contratti.
I bandi e gli avvisi devono rispettare le prescrizioni di contenuto ed essere trasmessi tramite la modulistica
richiamata nell’allegato II.7 del codice, a sua volta conforme all’allegato VIII della direttiva n. 2014/24/UE.
Si prevede, altresì, che l’allegato II.7 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente
regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice
(comma 1).
Il sistema della modulistica unionale viene periodicamente aggiornato mediante regolamenti di esecuzione
adottati dalla Commissione, secondo quanto stabilito dall’art. 51 della direttiva n. 2014/24/UE, che a sua volta
rinvia alla procedura consultiva dettata dall’art. 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
All’attualità l’ultimo regolamento di esecuzione adottato dalla Commissione, fermi i contenuti minimi di
massima elencati nell’allegato VI della direttiva, è il regolamento (UE) 1780/2019, che ha abrogato il
regolamento (UE) 2015/1986, con decorrenza 25 ottobre 2023. La modulistica, seguendo le esigenze della
progressiva digitalizzazione, e fermi i contenuti sostanziali, tende nel tempo alla standardizzazione delle
informazioni da trasmettere.
Il comma 3 dà attuazione alla possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere la pubblicità in ambito europeo
anche per gare per le quali ciò non sarebbe imposto dalla direttiva.
Allegato II.7
Questo allegato riproduce, adeguandoli alla nuova normativa primaria, i contenuti dell’allegato V al decreto
legislativo n. 50/2016, che a loro volta recepivano – rispettivamente, in relazione agli appalti nei settori ordinari
e nei settori speciali – la corrispondente parte dell’allegato VIII alla direttiva 2014/24/UE e dell’allegato IX
alla direttiva 2014/25/UE.
Art. 85
I commi da 1 a 5 disciplinano la pubblicità nazionale, fermo il necessario raccordo con quella unionale.
Gli effetti giuridici delle pubblicazioni per il nostro ordinamento decorrono dall’inserimento di bandi, avvisi e
inviti nella Banca dati nazionale dei contratti gestita da ANAC, come anche prescritto dall’art. 27 del codice.
Sempre dalla pubblicazione nella Banca dati ANAC decorrono i termini per l’impugnazione giurisdizionale
dei bandi e degli avvisi ai sensi dell’art. 120, comma 2, c.p.a., come modificato dall’art. 209 del codice.
Ne consegue che la disciplina della pubblicazione di bandi, avvisi e inviti nella Banca dati ANAC si inserisce
sia nel contesto della funzione di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati
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dell’amministrazione (art. 117, comma 2, lett. r) della Costituzione) sia in ambito processuale (art. 117, lett. l)
della Carta), assumendo rilevanza dirimente per le impugnative, sicché attiene a materie la cui disciplina si
ascrive alla competenza esclusiva dello Stato.
Resta, senza che ad essa si connettano effetti legali, la possibile pubblicazione sul sito istituzionale della
stazione appaltante, prevista comunque dalla direttiva.
Art. 86
L’art. 86 recepisce l’art. 3 bis della direttiva n. 89/665/CE.
Art. 87
I commi da 1 a 3 sono norme nuove di carattere meramente definitorio, con finalità di chiarimento della
sequenza degli atti che compongono la lex specialis di gara: sul punto si rinvia ai richiami giurisprudenziali
sub art. 82.
L’ultimo comma della disposizione richiama l’allegato II.8, con riferimento agli aspetti relativi alle specifiche
tecniche, alle etichettature, ai rapporti di prova, alle certificazioni ed altri mezzi di prova, nonché al costo del
ciclo di vita.
Allegato II.8
Questo allegato riproduce e delegifica, con i necessari adattamenti, buona parte degli articoli 87, 88 e 96 del
vigente decreto legislativo n. 50/2016, in tema di certificazioni di qualità e relativo registro nonché di rapporti
e mezzi di prova.
Art. 88
I commi da 1 a 3 attuano l’art. 53 della direttiva n. 2014/24/UE, tenendo anche in tal caso conto della
progressiva maggiore digitalizzazione dell’intero sistema. La direttiva, ad esempio, assume che la protezione
della riservatezza dei dati renda necessaria una deroga all’impiego di soluzioni digitali; all’attualità la
digitalizzazione non è incompatibile con l’oscuramento di tutto o parte dei dati contenuti di un documento,
sicché la riservatezza e l’uso di strumenti digitali non risultano più strutturalmente incompatibili; la
prescrizione della direttiva ha perso quindi la sua indispensabilità, pur restando la riservatezza comunque
garantita.
Rimane, al secondo comma, una disposizione di “chiusura” per i casi, astrattamente contemplati dal codice, di
impossibilità oggettiva di utilizzo del digitale.
Art. 89
I commi 1 e 2 sono sostanzialmente riproduttivi dell’art. 54 della direttiva, sempre con i necessari adeguamenti
al nuovo contesto digitale, che vede la piattaforma digitale rappresentare un privilegiato strumento di dialogo
tra concorrenti e stazioni appaltanti e i collegamenti ipertestuali soddisfare l’esigenza di messa a disposizione
della documentazione di gara.
Trattandosi di profili prettamente tecnico-operativi, il contenuto degli inviti viene indicato mediante il rinvio
alle informazioni contenute nell’Allegato II.9. Si prevede che, in sede di prima applicazione del codice,
l’allegato è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai
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sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Allegato II.9
Questo allegato riproduce, adeguandoli alle nuove norme del codice, i contenuti dell’allegato XV del decreto
legislativo n. 50/2016, a loro volta in parte qua riproduttivi di quelli dell’allegato IX alla direttiva 2014/24/UE.
Art. 90
I commi da 1 a 3 si occupano, infine, delle comunicazioni in favore dei concorrenti effettuate d’iniziativa della
stazione appaltante.
Rispetto alla precedente disposizione, di cui all’art. 76 del decreto legislativo n. 50 del 2016, si propone una
riorganizzazione delle comunicazioni coerente con un sistema in cui non è imposta una immediata
impugnazione delle ammissioni, per le quali cade quindi l’obbligo di altrettanto immediata comunicazione.
La norma è organizzata individuando gli atti che vengono comunicati entro 5 giorni dalla loro adozione
(interruzione della procedura, esclusione, aggiudicazione); si ricorda poi che i verbali di gara e l’offerta
vincitrice, nel sistema digitalizzato delle procedure, vengono resi direttamente disponibili su piattaforma per i
concorrenti ammessi o non definitivamente esclusi, a partire dal momento dell’aggiudicazione (art. 36)
Non sono più contemplati in questa parte dell’articolato gli atti da comunicare su richiesta, per la cui disciplina
si rinvia alle disposizioni in materia di accesso (art. 35).
Titolo III – La documentazione dell’offerente e i termini per la presentazione delle domande e delle
offerte
Il titolo, che comprende due soli articoli, artt. 91 e 92, è volto a disciplinare con precisione, con funzione di
semplificazione e di orientamento per l’operatore, lo svolgimento della procedura di gara.
Art. 91
L’art. 91, rubricato “Domande, documento di gara unico europeo, offerte” riprende sostanzialmente la
previsione dell’art. 85 del decreto legislativo n. 50 del 2016 con alcune significative novità.
In particolare, al comma 1, si afferma che la documentazione con la quale l’operatore economico partecipa
alla procedura di gara è composta dalla domanda di partecipazione, dal DGUE e dalle offerte (di norma, tecnica
ed economica) oltre agli altri documenti richiesti dall’amministrazione appaltante. Ad ognuno di essi è dedicato
un comma nel quale viene indicato il contenuto.
Nel comma 2 è specificato il contenuto della domanda di partecipazione, da presentare in formato elettronica
e con firma digitale, con indicazione della forma giuridica con la quale l’operatore economico si presenta in
gara e l’eventuale dichiarazione della volontà di far ricorso all’avvalimento.
Nei commi 3 e 4 è indicato il contenuto del DGUE nel quale rileva in particolare la ripartizione delle
prestazioni fra i vari componenti nel caso l’operatore economico decida di partecipare nella forma del
raggruppamento o del consorzio.
Nel comma 5 è disciplinato il contenuto delle offerte, con la specificazione che devono essere sempre indicati
i costi aziendali, per la sicurezza e le caratteristiche della prestazione ed è contenuta la dichiarazione di
impegno ad eseguirla nel rispetto dei vincoli di legge e del bando.
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Art. 92
L’art. 92 riprende sostanzialmente la previsione del codice attuale – a sua volta riproduttivo dell’art. 47 della
direttiva – con alcune modifiche volte a rendere più generale la disciplina dei termini nell’ambito delle
procedure di aggiudicazione.
Nel comma 1, dopo aver precisato che i termini indicati agli articoli relativi alle diverse procedure sono termini
minimi, è imposto alla stazione appaltante di stabilire il termine per la presentazione delle offerte tenendo
conto del tempo necessario alla loro preparazione, nel quale occorre computare l’eventuale sopralluogo e
quanto occorra alla consultazione sul posto dei documenti e degli allegati.
Nel comma 2 sono previsti i casi in cui le stazioni appaltanti possono disporre la proroga dei termini (di
particolare rilevante è il caso previsto sub c) di malfunzionamento della piattaforma informatica a disposizione
dei concorrenti per la presentazione delle offerte).
Nel comma 3 è stabilito il principio generale (prima previsto per il solo caso di malfunzionamento delle
piattaforme elettroniche) per il quale in caso di proroga dei termini è consentito agli operatori che hanno
presentato offerta di ritirarla ed eventualmente di sostituirla.
Il comma 4 costituisce clausola di chiusura rispetto alla disciplina dei termini, che non era contenuta nella
vigente disciplina, prevedendo che qualora l’amministrazione appaltante richieda il compimento di un’attività
all’operatore economico per il quale non sia previsto un termine dalla legge, detto termine è di 10 giorni, salvo
diversa determinazione da parte dell’amministrazione appaltante: viene così coniugato il principio di legalità
con quello di responsabilità dell’amministrazione appaltante, soltanto quest’ultima trovandosi nella condizione
di poter apprezzare il tempo occorrente per l’adempimento richiesto.
Titolo IV – I requisiti di partecipazione e la selezione dei partecipanti
Capo I – La commissione di gara
L’istituto della commissione giudicatrice nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici è stato
completamente rivisto in attuazione della previsione della legge delega di procedere al superamento del sistema
incentrato sull’Albo dei commissari tenuto dall’ANAC.
Il contenuto dell’art. 93 risulta essere la sintesi di due visioni contrapposte, la prima volta a liberalizzare
completamente le modalità e la composizione della commissione ammettendo che la stessa fosse composta
esclusivamente o prevalentemente da soggetti esterni; la seconda volta invece a mantenere prioritariamente
alle risorse interne dell’amministrazione appaltante l’onere e l’onore della composizione della commissione.
Alla base di tali diverse concezioni non sono mancate anche considerazioni di carattere economico, in quanto
una composizione interamente esterna della commissione di gara rappresenta un’occasione di lavoro per gli
estranei all’amministrazione e potrebbe anche evitare lungaggini del procedimento di gara dovuti ai gravosi
impegni del personale dell’amministrazione; al contrario si è obiettato che il personale dell’amministrazione è
una risorsa che va valorizzata in termini di preparazione e formazione e che ciò può costituire anche un
elemento di qualificazione delle stazioni appaltanti.
La nuova normativa è in ogni caso improntata al criterio della trasparenza, imponendosi all’amministrazione
appaltante che le nomine debbano avvenire secondo criteri di trasparenza, competenza e rotazione, ma senza
fissare regole procedurale rigide e lasciando alla stessa amministrazione appaltante la scelta di stabilire le
modalità più adeguate per raggiungere tale scopo.
Art. 93
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Nel comma 1 è stato espressamente previsto per la prima volta che la commissione giudicatrice possa essere
chiamata dal responsabile del procedimento a svolgere attività di supporto ai fini della verifica dell’anomalia
dell’offerta.
Nel comma 3, venendo incontro a sollecitazione provenienti dalle amministrazioni appaltanti, si è stabilito che
a presiedere la commissione non debba essere necessariamente un dirigente, ma un dipendente dotato di
adeguato inquadramento giuridico e di competenze professionali idonee; allo stesso tempo è stato
definitivamente chiarito che il RUP può far parte della commissione giudicatrice.
In un sistema imperniato sulla commissione composta da c.d. interni, sempre nel terzo comma è stato previsto
che, in caso di carenza in organico di professionalità adeguate a valutare gli aspetti tecnici delle offerte è
possibile ricorrere a personale di altre amministrazioni ovvero a professionisti esterni, nel rispetto del principio
di pubblicità e di trasparenza.
Nel comma 4 è stato stabilito – anche in questo caso recependo esigenze di semplificazione e forte
accelerazione delle procedure – che la commissione possa riunirsi sempre anche in via telematica, ferma la
necessità di garantire la riservatezza delle comunicazioni.
Il comma 5 riguarda le incompatibilità dei commissari. La disciplina è fortemente innovativa, poiché è stata
eliminata l’ipotesi della incompatibilità endo-procedimentale, che aveva comportato disagi alle stazioni
appaltanti (specie di dimensioni ridotte) impendendo loro di nominare commissari dipendenti che nelle fasi
precedenti della procedura si erano occupati dell’appalto. Si è reputato opportuno superare la presunzione di
condizionamento sulla scelta dell’aggiudicataria, preferendo l’idea che essi, conoscendo in maniera più
approfondita l’oggetto dell’appalto, possano più agevolmente individuare l’offerta migliore.
È stata mantenuta, invece, l’incompatibilità derivante dall’aver assunto in precedenza cariche politiche nella
medesima stazione appaltante, e quelle derivanti da precedenti penali, dal conflitto di interesse e dalle ragioni
che giustificano l’astensione ai sensi dell’art. 51 del codice di procedura civile.
Non è sembrato necessario riprodurre espressamente la norma dell’art. 77, comma 9, del decreto legislativo n.
59 del 2016, essendo sottinteso che al momento dell’accettazione della nomina i competenti della commissione
devono sempre dichiarare di non trovarsi in alcuna delle situazioni che determinano l’obbligo di astensione o
la sua opportunità, essendo stato tra l’altro puntualmente richiamato al comma 5, lett. c), l’art. 51 c.p.c.
Nel comma 6 è stata mantenuta la previsione della possibilità per la commissione giudicatrice di riesaminare
le offerte anche in seguito ad annullamento di una prima aggiudicazione (salvo che l’annullamento non sia
dipeso da vizi della commissione stessa), avendo detta disposizione risolto un dubbio che si era posto nella
pratica delle stazioni appaltanti.
Il comma 7 costituisce una novità. Per la prima volta è disciplinato il seggio di gara, che può essere nominato
anche in composizione monocratica nelle procedure da aggiudicare al prezzo più basso, stabilendo che allo
stesso non si applicano le incompatibilità previste per i commissari salvo quelle derivanti da precedenti penali,
dal conflitto di interesse o dalle ragioni che giustificano l’astensione ai sensi dell’art. 51 del codice di procedura
civile.
Capo II – I requisiti di ordine generale (articoli 94-98)
Queste le più rilevanti novità dell’articolato complessivo che si ritiene opportuno segnalare in via
preliminare.
Sotto il profilo formale e di collocazione:
a) la formulazione di cinque distinti articoli (in luogo del vigente art. 80 del decreto legislativo n. 50 del
2016); detta opzione si è resa opportuna a fini di semplificazione e chiarificazione, per consentire agli
operatori economici ed alle stazioni appaltanti ed enti concedenti di meglio orientarsi;
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b) invero, la disposizione di cui all’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 è stata quella sulla quale si è
concentrata la maggior parte del contenzioso in materia di contratti pubblici: essa, sebbene mutuasse in
larga parte il testo dell’art. 57 della direttiva n. 24/2014, neppure distingueva al proprio interno le cause di
esclusione c.d. “obbligatorie” (cioè quelle che trovavano applicazione in via diretta, senza che alla stazione
appaltante restasse alcun margine di apprezzamento valutativo sulla sussistenza dei presupposti) rispetto
a quelle c.d. “facoltative”;
c) la pressante esigenza di un riordino e della introduzione di una disciplina chiarificatrice ha determinato la
necessità di suddividere l’originaria disposizione in cinque distinti articoli integralmente nuovi, le cui
rispettive rubriche sono, del pari, innovative, a partire dalla terminologia utilizzata.
d) In particolare:
I) il primo di essi (art. 94) individua le cause di esclusione “automatica” - con ciò mutuandosi un aggettivo
che si rinviene in numerose decisioni della Corte di Giustizia e della giurisprudenza nazionale, che vale ad
evidenziare che sulla sussistenza delle stesse non v’è spazio per alcun margine valutativo della stazione
appaltante - nonché dei soggetti destinatari di provvedimenti preclusivi idonei a determinare, “per
contagio”, l’esclusione dell’operatore economico;
II) il secondo di essi (art. 95) individua le cause di esclusione “non automatica” tra le quali rientra il c.d.
“illecito professionale”, che, tuttavia, è stato disciplinato autonomamente nell’ultimo articolo del Capo II
(art. 98), armonicamente con la espressa prescrizione della lett. n) della legge-delega;
III) nel terzo articolo (art. 96) è contenuta la disciplina procedimentale comune agli “eventi” che
conducono alla esclusione dell’operatore economico; sono stati indicati gli oneri di comunicazione degli
eventi idonei a condurre alla esclusione in capo agli operatori economici ed è disciplinato il c.d. “selfcleaning” (l’applicazione di detto istituto, armonicamente alla disciplina eurounitaria, è stata dilatata
rispetto alla previsione vigente);
IV) il quarto articolo (art. 97) contiene la disciplina specifica che riguarda i raggruppamenti di imprese.
Proprio per le incertezze applicative che avevano indotto la giurisprudenza ad intervenire a più riprese sul
tema, è sembrato corretto, a fini sistematici e di chiarificazione, allocare in questa parte del codice la
disciplina della c.d. “sostituzione” od “estromissione” del partecipante al raggruppamento, che, sebbene
successiva al verificarsi dell’evento passibile di conseguenze espulsive, in realtà si pone a monte delle
iniziative della stazione appaltante e previene l’adozione di misure espulsive. Sotto il profilo sostanziale come meglio sarà chiarito in sede di relazione specifica su detto articolo, le disposizioni ivi contenute
“corrispondono” e “superano” quanto previsto ai commi 17 e 18 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50
del 2016;
V) il quinto ed ultimo articolo (art. 98) disciplina partitamente la fattispecie del c.d. illecito professionale,
recependo, nella parte dedicata alla elencazione dei reati, l’indicazione già contenuta nelle Linee Guida
ANAC n. 6 approvate dal Consiglio dell’Autorità con la delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016 aggiornate
al decreto legislativo n. 56 del 19 aprile 2017 con la deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre
2017.
Sotto il profilo sostanziale:
a) ampliamento della disciplina del c.d. “self cleaning” (art. 96, commi 2-6) e allargamento dello spettro
temporale di rilevanza dell’ammissione al controllo giudiziario ex art. 34-bis del decreto legislativo n. 159
del 2011, quanto alle c.d. “interdittive antimafia” (art. 94, comma 2);
a1) a tale ampliamento, ha fatto da “contrappeso” la espressa previsione nel medesimo art. 94, comma 2, che
“in nessun caso l’aggiudicazione può subire dilazioni in ragione della pendenza del procedimento
suindicato” e l’analoga previsione generale di cui all’art. 96, comma 5;
b) dall’ambito delle figure soggettive destinatarie delle cause di esclusione obbligatoria di cui al vigente
comma 3 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016 sono stati espunti i riferimenti ai “soggetti
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cessati” dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara (riferimento, questo,
non presente nella direttiva, che obbligava le imprese ad incombenti imponenti e che ha scatenato una
forma di “caccia all’errore” o alla dimenticanza da parte delle imprese controinteressate, dal che è scaturito
un rilevante contenzioso); del pari è stato espunto il riferimento del socio di maggioranza in caso di società
con un numero di soci pari o inferiore a quattro; è stato inserito un espresso riferimento agli amministratori
di fatto con ciò codificandosi un saldo approdo della giurisprudenza);
c) è stato chiarito al comma 14 dell’art. 96 che, fermo restando l’onere dell’operatore economico di
comunicare alla stazione appaltante o all’ente concedente la sussistenza dei fatti e dei provvedimenti che
possono costituire causa di esclusione, l’omissione di tale comunicazione o la non veridicità della
medesima non costituisce di per sé causa di esclusione, ma può rilevare per la valutazione di inaffidabilità
sottesa all’illecito professionale;
d) con riferimento alla predisposizione del separato articolo tipizzante l’illecito professionale (art. 98), il
coordinamento di quest’ultimo con la disciplina generale sui motivi di esclusione (artt. 94, 95 e 96) è stato
strutturato nei termini che seguono:
I) si è rimessa alla disposizione generale in materia di cause di esclusione di cui all’art. 96 la disciplina
“cornice” in punto di:
- individuazione del momento iniziale di decorrenza del triennio per ciascuna causa non automatica di
esclusione;
- previsione di un onere di comunicazione e produzione da parte dell’operatore economico dei
provvedimenti giudiziali, con riguardo alle fattispecie di causa “non automatica” di esclusione che trovi
fonte in un provvedimento di una Autorità di settore, ovvero dei provvedimenti giudiziali per quelle
integranti reato, e disciplina delle conseguenze dell’inottemperanza a tale onere in punto di decorrenza del
periodo triennale di possibile esclusione;
II) è stata invece rimessa all’art. 98 sull’illecito professionale la individuazione dell’autorità competente a
disporre l’esclusione facoltativa, nonché la enumerazione e descrizione delle fattispecie rilevanti e dei
mezzi di prova delle medesime: ivi, peraltro, quanto alle fattispecie penalmente rilevanti, è stata
perimetrata la portata dell’obbligo motivazionale in relazione alla diversa valenza dimostrativa delle
“fonti” utilizzate dalla stazione appaltante ove si risolva ad avvalersi di tale causa facoltativa di esclusione.
Art. 94
Il comma 1 corrisponde al comma 1 del vigente art. 80.
Durante i lavori della Commissione era emersa l’eventualità di alleggerire vieppiù l’articolato, allocando in un
apposito allegato sia l’elencazione dei reati comportanti esclusione obbligatoria, di cui al comma I dell’art. 80
del decreto legislativo n. n. 50 del 2016, che l’elencazione delle figure soggettive destinatarie delle cause di
esclusione obbligatoria di cui al comma 3 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Tuttavia, anche per consentire una rapidità di consultazione e la lettura unitaria dell’articolato, si è preferito
conservare immutato il comma 1 dell’art. 94 (corrispondente al comma 1 dell’art. 80 del decreto legislativo n.
n. 50 del 2016) e di mantenere in seno all’articolo il comma III relativo alle figure soggettive (corrispondente
al comma III dell’art. 80 del decreto legislativo n. n. 50 del 2016) seppur con le modifiche che saranno di
seguito illustrate.
Il comma 2 (corrispondente al comma 2 del vigente art. 80) è stato modificato nei termini che seguono:
armonicamente alla generale disciplina sul self-cleaning di matrice europea (quest’ultima contenuta ai commi
2-6 dell’art. 96 ) è stata prevista l’inoperatività della causa di esclusione discendente dall’emissione di una
misura interdittiva antimafia ove l’impresa sia stata ammessa al controllo giudiziario ex art. 34 bis del decreto
legislativo n. 159/2011 entro la data dell’aggiudicazione; nell’Atto di segnalazione Anac n. 3 del 27 luglio
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2022 (e nelle successive proposte emendative del 25 luglio 2022) si era fatta presente l’opportunità di
“allineare l’ambito soggettivo di applicazione del requisito previsto dall’art. 80, comma 2, decreto legislativo
n. 50/2016, rispetto ai soggetti sottoposti alle verifiche antimafia ai sensi dell’art. 85 del Codice delle leggi
antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. n. 159/2011)”.
L’osservazione è stata approfonditamente ponderata, ma tenuto conto dell’amplissimo spettro soggettivo di
cui all’elencazione contenuta nella disposizione in ultimo citata (cfr. lett. e) del medesimo art. 85 del decreto
legislativo n. 159 del 2011) si è ritenuto corretto “confermare” l’opzione contenuta nel vigente codice e non
allargare vieppiù il perimetro soggettivo; esso è stato pertanto ancorato (come già nel codice vigente) ai
soggetti elencati al comma 3 del testo proposto.
Quanto ai commi 3 e 4 (corrispondenti al comma 3 dell’art. 80):
a) la indicazione delle figure soggettive cui riferire la causa di esclusione (che si è ritenuto di conservare in
quanto è stata di ausilio per la giurisprudenza) è stata mantenuta in seno all’articolato (originariamente, come
prima chiarito, si era ipotizzato di dislocarla in un allegato al codice alleggerendo l’articolato);
b) è stata espunta la disposizione del comma 3 dell’art. 80 in punto di esclusione per fattispecie attingente i
soggetti cessati, in quanto non presente nella direttiva; del pari è stato espunto il riferimento del socio di
maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro; ciò non sembra implicare
alcun indebolimento delle esigenze di tutela sociale e di legalità e trasparenza degli affidamenti pubblici, anche
laddove si consideri che il comma 3, nel fare riferimento alla formulazione “casistica”, contempla
(innovativamente rispetto al testo del “corrispondente” comma 3 dell’art. 80) la figura dell’ ”amministratore
di fatto” (con ciò recependosi un consolidato quanto avveduto orientamento della giurisprudenza). In sostanza,
è sembrato che il riferimento ai soggetti cessati, per un verso comportasse un inutile appesantimento dei
possibili oneri in capo agli offerenti, e, per altro verso, fosse privo di giustificazione, in quanto riferibile a
soggetti non facenti (più) parte della compagine societaria e suscettibile di trovare “copertura”, nella ipotesi di
strumentale cessazione dalla carica e continuazione dell’attività gestoria, nel riferimento all’amministratore di
fatto e che analoghe considerazioni potessero traslarsi alla figura del socio di maggioranza in caso di società
con un numero di soci pari o inferiore a quattro.
Più in particolare si fa presente che:
quanto all’estensione del contagio anche ai membri del consiglio di amministrazione privi del potere di
rappresentanza si osserva quanto segue:
I) la nozione di membro del consiglio di amministrazione non è detto si riferisca anche ad amministratori privi
di rappresentanza in quanto:
- in alcuni stati membri la funzione di amministratore si accompagna al potere di rappresentanza (Germania);
- anche nel diritto interno è così in termini generali, salvo diversa decisione convenzionale, nelle società
semplice, nella società in nome collettivo e nella società in accomandita semplice “fra le funzioni di cui gli
amministratori sono per legge investiti vi è anche quella di rappresentanza della società; - quanto sopra anche
in relazione ai soci accomandatari della società in accomandita semplice (rinvio dell’art. 2315 c.c.); - nella
società a responsabilità limitata “gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società” e “le
limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dall'atto costitutivo o dall'atto di nomina, anche se
pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno
della società” (art. 2475 bis c.c.), non così nella società per azioni;
- l’art. 9 della direttiva n. 1132 del 2017 (sulle società) fa riferimento al potere di rappresentanza degli organi
“gli atti compiuti dagli organi sociali obbligano la società nei confronti dei terzi”;
- la sovrapposizione fra la nozione di amministratore e di rappresentante si evince anche dalla giurisprudenza
della Corte di giustizia: “il diritto dell’Unione muove dalla premessa che le persone giuridiche agiscono tramite
i propri rappresentanti. Il comportamento contrario alla moralità professionale di questi ultimi può quindi
costituire un elemento rilevante ai fini della valutazione della moralità professionale di un’impresa. È quindi
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senz’altro possibile per gli Stati membri, nell’esercizio della loro competenza a stabilire le condizioni di
applicazione delle cause facoltative di esclusione, prendere in considerazione, tra gli elementi rilevanti ai fini
della valutazione dell’integrità dell’impresa offerente, l’eventuale esistenza di condotte degli amministratori
di tale impresa contrarie alla moralità professionale” (sez. IV, 20 dicembre 2017, in causa C-178/16).
- sulla vigente formulazione della norma non risulta sia stata avviata alcuna procedura di infrazione;
Pertanto, considerando quanto sopra si è ritenuto di mantenere, sotto tale profilo la vigente formulazione (che
riferisce il contagio ai soli amministratori con rappresentanza) in quanto meno gravosa per le imprese, anche
in ragione del fatto che qualunque modifica di detta disposizione rischia di produrre nuovo contenzioso.
II) quanto alla valutazione dell’eventuale mantenimento del c.d. “contagio” con riguardo ai soci di
maggioranza: - la dottrina giustifica l’estensione, ad opera del decreto-legge n. 70/2011, del contagio ai soci
“per risolvere problemi di controllo” (quindi fa riferimento alla nozione contenuta in direttiva);
- “l’obbligo di rendere le dichiarazioni in questione, prima previsto per i soli soci delle società di persone, è
stato introdotto con il DECRETO-LEGGE 13 maggio 2011, n. 70, per evitare che partecipino alle gare società
i cui soci con posizione azionaria idonea a influire sulle scelte gestionali abbiano precedenti penali pur non
essendo rappresentanti legali delle società” (Consiglio di Stato, sez. VI, 28 gennaio 2013 n. 513);
- anche la giurisprudenza ritenne a suo tempo necessaria, per assicurare la compatibilità con la direttiva del
2004, ricomprendervi i soci di maggioranza: “questa è l'unica esegesi compatibile con il diritto eurounitario,
ed in particolare con il disposto dell'art. 45, dir. 2004/18/CE, laddove è inequivocabilmente precisato che le
richieste della dimostrazione dei requisiti di moralità e carenza di pregiudizi penali devono riguardare"... le
persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona
che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell'offerente” (Consiglio
di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 975).
Ma il riferimento espresso all’amministratore “di fatto” sembra in realtà elidere a monte le preoccupazioni
sottese a tali considerazioni (non a caso, la giurisprudenza più recente si è saldamente orientata in tal senso,
con riferimento anche alla figura del “gestore di fatto”, o del “socio sovrano”, cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV,
3 febbraio 2022, n. 768; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 novembre 2020, n. 7471).
Per tale ragione, si è preferito espungere l’espressione, contenuta al comma 3 dell’art. 80 del decreto legislativo
n. 50 del 2016 “ovvero del socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a
quattro, se si tratta di altro tipo di società o consorzio”.
c) con più specifico riferimento, al comma 4, sembra necessario evidenziare quanto segue.
Quanto al socio persona giuridica si è formata, de iure condito, una duplice giurisprudenza:
- la persona giuridica non rileva rispetto alla previsione del contagio al socio unico, in quanto riferita
espressamente al solo socio unico persona fisica (Consiglio di Stato, sez. V, 2 ottobre 2020 n. 5782);
- la persona giuridica rileva quale socio di maggioranza (Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 975).
Il riferimento agli amministratori sembra corretto in quanto la gestione delle partecipazioni nelle
società altrui non rientra nel potere dell’assemblea ai sensi dell’art. 2364 e ss. c.c. mentre rientra nel potere di
gestione degli amministratori ai sensi dell’art. 2380 bis, a meno che non sia attribuito dallo statuto ad altro
organo.
Il comma 5 raggruppa talune cause di esclusione obbligatoria che prima si rinvenivano “sparse” nell’art. 80
del decreto legislativo n. 50 del 2016; ivi, in particolare:
I) è stata inserita alla lett. c) una specifica causa di esclusione obbligatoria (art. 47, comma 2, del decreto-legge
n. 77/2021) riguardante la categoria di appalti PNRR: sebbene non riguardi tutti gli appalti è sembrato
opportuno, per la centralità del PNRR, inserirla nell’articolato generale;
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II) è stata inserita sub lett. d) di questo “nuovo “comma 5 la causa di esclusione relativa alle procedure
concorsuali di cui alla lett. 5 b) dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016; essa va considerata “obbligatoria”
in quanto discende dal nostro sistema giurisdizionale, opera automaticamente e necessariamente salvo
provvedimento del Giudice civile (in sostanza, facendo riferimento alla direttiva 24/2014 si dovrebbe fare
riferimento all’ art. 57 comma IV “gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di
escludere”); più specificatamente, non sembra dubitabile che essa possa essere considerata una causa
obbligatoria di esclusione in quanto:
- le direttive europee sugli appalti, a partire dalla prima, la n. 305 del 1971, sino all’ultima, la n. 24 del 2014,
pur contemplando (quest’ultima all’art. 57.4, lett. b) il fallimento e le altre procedure concorsuali tra i possibili
motivi di esclusione, hanno tuttavia sempre rimesso agli stati membri e alle loro amministrazioni aggiudicatrici
la scelta se e come escludere i concorrenti che si trovano in tali situazioni;
- “non contempla un’uniformità di applicazione delle cause di esclusione che esso prevede a livello
dell’Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto tali cause di esclusione o di
inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione
di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale” (Corte di giustizia
28 marzo 2019, in causa C-101/18).
Ciò, per come formulata la disposizione (“che l'operatore economico sia stato sottoposto a liquidazione
giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti
un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dai commi da
1 a 4 dell’articolo 95 del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza adottato in attuazione della delega di
cui all'articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155 e dall'articolo 110”) deve essere valutata la sufficienza
della procedura introdotta ai commi 7 e 8 dell’art. 80 così come proposto a “coprire” le situazioni enucleate
dalle Adunanze plenarie nn. 9, 10 e 11 del 2021, facendo espresso riferimento al concordato preventivo.
In base all’art. 186 bis, comma 4, della legge fallimentare (che è cosa diversa dall’ammissione alla procedura
di concordato di cui all’art. 163), tra il deposito della domanda e il decreto di apertura della procedura la
partecipazione alle gare pubbliche è possibile purché sia autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del
commissario giudiziale, se nominato (un ulteriore indice, in favore della possibilità di partecipare alle gare
anche prima dell’ammissione al concordato, si ricava inoltre dall’art. 5 del d.m. 31 gennaio 2015 in tema di
regolarità contributiva).
In base all’art. 110, comma 4, del codice della crisi di impresa, alle imprese che hanno depositato la domanda
di cui all'art. 40 del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (“domanda di accesso agli strumenti di
regolazione della crisi e dell'insolvenza e alla liquidazione giudiziale”) “si applica l'art. 95 del medesimo
codice”.
Ai sensi dei commi 3 e 4 dell’art. 95 “successivamente al deposito della domanda di cui all'articolo 40, la
partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo
il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato”
e “l'autorizzazione consente la partecipazione alla gara previo deposito di una relazione del professionista
indipendente che attesta la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento
del contratto”.
Ad. plen. 9 del 2021:
- la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva, ai sensi dell’art. 161, comma 6, della
legge fallimentare non integra una causa di esclusione automatica dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti
generali, essendo rimesso in primo luogo al giudice fallimentare in sede di rilascio dell’autorizzazione di cui
all’art. 186 bis, comma 4, e al quale l’operatore che ha chiesto il concordato si deve tempestivamente rivolgere
fornendo all’uopo le informazioni necessarie, valutare la compatibilità della partecipazione alla procedura di
affidamento in funzione e nella prospettiva della continuità aziendale;
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- la partecipazione alle gare pubbliche è dal legislatore considerata, a seguito del deposito della domanda di
concordato anche in bianco o con riserva, come un atto che deve essere comunque autorizzato dal tribunale,
acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato, ai sensi dell’art. 186 bis, comma 4, da ultimo
richiamato anche dagli articoli 80 e 110 del codice dei contratti; a tali fini l’operatore che presenta domanda
di concordato in bianco o con riserva è tenuto a richiedere senza indugio l’autorizzazione, anche qualora sia
già partecipante alla gara, e ad informarne prontamente la stazione appaltante;
- l’autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica deve intervenire entro il momento
dell’aggiudicazione della stessa.
Ad. plen. 11 del 2021: l’autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica deve intervenire entro
il momento dell’aggiudicazione della stessa, non occorrendo che in tale momento l’impresa, inclusa quella che
ha presentato domanda di concordato in bianco o con riserva, sia anche già stata ammessa al concordato
preventivo con continuità aziendale.
La disciplina (contenuta nella legge fallimentare e nel codice della crisi di impresa) non specifica che
l’autorizzazione (e gli altri atti richiesti) debba intervenire entro l’aggiudicazione. Il dato è però ricavabile dai
commi 5 e 6 dell’art. 96.
Nondimeno si ritiene che, nel caso intervenga detta autorizzazione, la valutazione che deve operare la stazione
appaltante non è discrezionale.
La disciplina necessita quindi di essere integrata sia in riferimento alla legge fallimentare, sia in riferimento
alla disciplina contenuta nel codice della crisi di impresa, valutando se la modifica vada collocata nel comma
4 lett. d) o (forse più propriamente) nei commi 7 e 8 dell’art. 80 nella formulazione che viene proposta. La
previsione contenuta nel codice della crisi di impresa, è stata recentissimamente modificata in quanto è entrata
in vigore il 15 luglio 2022: pertanto si è ritenuto di fare rinvio dinamico al testo della medesima.
È stata altresì disposta all’art. 226, comma 8, una parziale modifica, però, del detto novellato art. 95 del codice
della crisi di impresa, limitatamente al comma 5 - (“Fermo quanto previsto dal comma 4, l'impresa in
concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la
qualità di mandataria e sempre che nessuna delle altre imprese aderenti al raggruppamento sia assoggettata
ad una procedura concorsuale”) soltanto espungendo da esso un periodo;
III) tenuto conto della indicazione di cui al comma 15 dell’art. 96 (corrispondente all’art. 80 comma 12 del
decreto legislativo n. 50/2016, il cui testo è stato conservato in parte qua immutato, salva la soppressione del
riferimento alla colpa grave sulla quale ci si soffermerà in sede di specifica relazione all’art. 96) sono state
inserite nel comma 5, lett. e) ed f), del testo dell’art. le fattispecie di cui all’art. f-ter) e g) del comma 5 dell’art.
80 del decreto legislativo n. 50 del 2016: dalle stesse è stato unicamente espunto il riferimento all’Osservatorio
ANAC;
IV) quanto più in particolare al comma 5, lett. f), del testo proposto corrispondente alla lett g) del comma 5
dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 il riferimento è al regolamento previsto dall’art. 100
(corrispondente all’83 del d.lgs n. 50 del 2016) commi 3,4 e 7.
Il comma 6, corrisponde alla prima parte comma 4 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (esclusione
“obbligatoria” da omesso pagamento di imposte tasse e contributi).
Come è noto, il comma 4 del decreto legislativo n. 50 del 2016 raggruppava sia una causa obbligatoria di
esclusione, che una “facoltativa”, aventi la medesima “causale” (omesso pagamento di imposte, tasse
contributi previdenziali).
In ossequio alle esigenze di chiarezza che hanno condotto a collocare in distinti articoli le cause “automatiche”
e quelle “non automatiche” (rispettivamente: art. 94 e art. 95) si è preferito strutturare due distinte previsioni,
l’una allocata tra le esclusioni “automatiche”(art. 94 comma 6), e l’altra (art. 95 comma 2), tra le “non
automatiche”; l’articolato di cui al comma 6 del testo proposto è stato decongestionato in quanto la nozione di
“grave violazione” definitivamente accertata comportante esclusione obbligatoria è stata dislocata
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nell’Allegato II.10 al codice, ed al successivo comma 7 è stata indicata la valenza dell’Allegato suddetto e le
modalità di eventuale successiva modifica del medesimo.
Il comma 7 del testo proposto contiene, immutata, la previsione di cui all’ultima parte del comma 3 dell’art.
80.
Allegato II.10
Questo allegato, in tema di individuazione delle violazioni gravi agli obblighi in materia di imposte e tasse ed
agli obblighi previdenziali, riproduce integralmente il recentissimo d.m. 22 settembre 2022, emanato in
attuazione dell’art. 80, comma 4, del vigente decreto legislativo n. 50/2016, come modificato dall’art. 10,
comma 1, lettera c), n. 2, della legge 23 dicembre 2021, n. 238 (“Legge europea 2019-2020”).
Art. 95
Il proposto comma 1 dell’art. 95 prevede le cause di esclusione “non automatiche” (in passato in massima
parte disciplinate al comma 5 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016).
La ragione della modifica rispetto alla denominazione di “cause di esclusione facoltativa”, sino a questo
momento invalsa, riposa nella constatazione che essa si prestava ad ingenerare l’equivoco per cui, pur in
presenza di un motivo di esclusione (rientrante tra quelli “facoltativi”), la stazione appaltante potesse stabilire
di non disporre l’esclusione dell’operatore economico.
In realtà, il Legislatore del 2016, nel trasporre l’art. 57 della direttiva n. 24/2014, aveva correttamente fatto
riferimento alla previsione ivi contenuta secondo la quale “gli Stati membri possono esigere che le
amministrazioni aggiudicatrici escludano” (cfr. la disposizione di cui al comma 6 dell’art. 80 del decreto
legislativo n. 50/2016).
In sintesi, il “potere” demandato alla Stazione appaltante non riposa in una volizione, ma in un margine di
apprezzamento della situazione concreta riconducibile al concetto di discrezionalità tecnica: apprezzata la
sussistenza del presupposto enucleato nella disposizione di legge, la scelta espulsiva diviene necessitata. È
stato pertanto considerato che l’aggettivo “non automatiche” (peraltro a più riprese utilizzato dalla
giurisprudenza comunitaria e nazionale: cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 27 maggio 2021, n. 9) meglio
rendesse detto concetto, al contempo tracciando un confine chiaro rispetto alle cause di esclusione
“automatica” annoverate nell’art. 94 (laddove nessun margine di apprezzamento è rimesso alla stazione
appaltante, che deve limitarsi a riscontrarne la sussistenza)
Quanto alla “organizzazione” del comma si è ritenuto in proposito di:
I) indicare nella parte iniziale del comma tutte quelle cause facoltative di esclusione “diverse” dagli illeciti
professionali.
1) a tal proposito, in particolare, quelle di cui al testo del comma 1, lett. a), b) e c) - corrispondenti, nell’ordine,
al comma 5 dell’art. 80, lett. a), d), e), del decreto legislativo n. 50/2016, sono rimaste nella sostanza immutate;
è utile in proposito far presente che la fattispecie di cui alla lett a) è considerata dalla direttiva una causa
facoltativa di esclusione (art. 57, par. 4 lett. a) in relazione all’art. 18 comma 2 della direttiva);
2) quanto invece a quella di cui al testo del comma 1, lett. d) (corrispondente, al comma 5 dell’art. 80, lett. m)
la formulazione proposta tiene conto dell’art. 57 par. 4 lett. d) della direttiva e della giurisprudenza della Corte
di giustizia.
Invero, in forza dell’art. 57, par. 4, lett. d) della direttiva, l’amministrazione deve disporre di “indicazioni
sufficientemente plausibili per concludere che l’operatore economico ha sottoscritto accordi con altri
operatori economici al fine di falsare la concorrenza”.
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La Corte di giustizia ha sottolineato che l’amministrazione deve valutare il concreto impatto, in termini di
influenza, del comportamento dei soggetti che hanno presentato le offerte sulla procedura di gara (“il compito
di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive
offerte depositate dalle imprese interessate nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica
richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La
constatazione di un’influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla
procedura di cui trattasi. Per contro, la semplice constatazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra
le imprese considerate, risultante dall’assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono
esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l’amministrazione aggiudicatrice possa
escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, senza verificare se
un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa
procedura” (Corte di giustizia 19 maggio 2009, in causa C-538/07).
Sicché si è ritenuto di qualificare gli elementi probatori di cui l’amministrazione deve essere in possesso al
fine di valutare la ricorrenza della circostanza escludente in esame nel senso di richiedere che siano rilevanti e
non solo plausibili, considerato che la giurisprudenza della Corte di giustizia richiede l’accertamento in
concreto dell’impatto dell’offerta concordata sulla specifica gara.
Si è mantenuto il richiamo al presupposto, già previsto nella precedente formulazione, dell’imputabilità delle
offerte ad un unico centro decisionale in quanto compatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia e
con la giurisprudenza amministrativa (Corte di giustizia, 19 maggio 2009, in causa C-538/07).
Si è fatto riferimento agli accordi quale presupposto della ricorrenza dell’unico centro decisionale che ha
influenzato il contenuto delle offerte presentate in ragione dell’espressione utilizzata nella stessa direttiva, già
ritenuta comprensiva di eventuali situazioni di controllo e collegamento societario (rilevanti in senso
escludente solo se connotate nel senso delineato dalla lett. d) nella formulazione proposta).
II) armonicamente alla previsione della lett. n) della legge-delega, la categoria degli illeciti professionali (sulla
quale più volte ha avuto modo di confrontarsi la giurisprudenza) ha formato oggetto di autonomo articolo (art.
98) nel quale (come meglio si specificherà in sede di relazione specifica alla detta disposizione) sono confluite,
tra l’altro, seppur parzialmente modificate, le previsioni di cui alle lettere c bis), c ter), c quater) h) l) del
comma 5 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016;
3) la formulazione della lett. e) fa richiamo proprio al successivo art. 98, delineandone il contenuto precettivo;
4) quanto alla previsione già contenuta nel comma 5 f bis) dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016, si è
ritenuto di sopprimerla, tenuto conto della circostanza che già di essa era stata affermata la residualità dalla
decisione dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 28 agosto 2020, della impostazione perimetrativa seguita in punto
di definizione delle fattispecie di illecito professionale (che ritiene priva di rilevanza l’omissione, ove non
assistita dal dolo specifico); a tale proposito, si rammenta che l’ANAC, nel proprio Atto di segnalazione n. 3
del 27 luglio 2022 (delibera n. 370 del 27 luglio 2022) al capo 2.1. e 2.2.5. e 2.2.6. aveva segnalato la necessità
di un chiarimento su tale delicata questione;
IV) quanto alle Linee Guida ANAC n. 6 è stata recepita al comma 4, lett. h), dell’art. 98, che tipizza l’illecito
professionale, tra l’altro, l’elencazione dei reati (“diversi” e di minor gravità di quelli comportanti l’esclusione
obbligatoria di cui al comma 1 dell’art. 94 che, come chiarito in precedenza ripropone inalterata l’elencazione
di cui al comma 1 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016) indicata nelle predette Linee Guida ANAC n.
6 approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, aggiornate al decreto
legislativo n. 56 del 19 aprile 2017 con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017, n. 6.
Nel comma 2 è stata allocata la causa non automatica di esclusione discendente dall’omesso pagamento di
imposte, tasse contributi previdenziali, che il comma 4 dell’articolo 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016
disciplinava unitamente alla causa “obbligatoria” di esclusione avente la medesima causale (quest’ultima
contenuta nell’art. 94, comma 6): quanto alla previsione di esclusione non automatica in oggetto si è tenuto
conto del recente d.m. 28 settembre 2022 recante “disposizioni in materia di possibile esclusione dell'operatore
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economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto per gravi violazioni in materia fiscale non
definitivamente accertate” le cui disposizioni sono state recepite nell’allegato II.10 del codice (e si è
contestualmente disposta la abrogazione del citato d.m. 28 settembre 2022; v. art. 227, comma 3).
Al comma 3 è stata “replicata” la previsione di cui al comma 8 del testo dell’art. 94: è stata quindi anche sub
art. 95 trasposta immutata la previsione di cui all’ultima parte del comma 3 dell’art. 80 del decreto legislativo
n. 50/2016; tale “duplicazione” si è resa necessaria per dettare la disciplina relativa all’elencazione dei reati
(“diversi” e di minor gravità rispetto a quelli comportanti l’esclusione obbligatoria di cui al comma 1 dell’art.
94 che, come chiarito in precedenza, ripropone inalterata l’elencazione di cui al comma 1 dell’art. 80 del
decreto legislativo n. 50/2016) contenuta nel comma 4, lett. h), dell’art. 98 che tipizza l’illecito professionale.
Art. 96
Detta disposizione contiene la disciplina procedimentale comune agli “eventi” che conducono alla esclusione
dell’operatore economico; come ci si accinge a chiarire, sono stati indicati gli oneri di comunicazione degli
eventi idonei a condurre alla esclusione in capo agli operatori economici ed è stato disciplinato il c.d. “selfcleaning” (l’applicazione di detto istituto, armonicamente alla disciplina comunitaria, è stata dilatata rispetto
alla previsione vigente).
Più in particolare, è utile precisare, partitamente, quanto di seguito.
Il comma 1 contempla il principio generale che “regola” tutte le cause di esclusione, e ripropone, immutata,
la disposizione di cui al comma 6 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016.
I commi da 2 a 6 prevedono la “nuova” versione allargata del self cleaning aderente alla direttiva 24/2014
UE: conformemente all’incipit del paragrafo 6 dell’art. 57 della direttiva (“Un operatore economico che si
trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4”) nella parte in cui non richiama il paragrafo 2, restano
fuori dal perimetro applicativo dell’istituto le violazioni fiscali e previdenziali di cui al comma 6 dell’art. 94
e al comma 2 dell’art. 95 (in passato entrambe contenute nel al comma 4 dell’art. 80 del decreto legislativo n.
50/2016).
Alla luce della modifica introdotta, il self cleaning può riguardare anche eventi verificatisi nel corso della
procedura e dopo la presentazione dell’offerta (si rammenta in proposito che le Linee Guida ANAC n. 6, capo
6.2., finora applicate, così recitano: “L’adozione delle misure di self-cleaning deve essere intervenuta entro il
termine fissato per la presentazione delle offerte o, nel caso di attestazione, entro la data di sottoscrizione del
contratto con la SOA. Nel DGUE o nel contratto di attestazione l’operatore economico deve indicare le
specifiche misure adottate.”);
È stato ivi previsto l’onere dell’operatore economico di comunicare tempestivamente il verificarsi della causa
di esclusione e delle misure adottate (con riferimento a queste ultime: salvo che ciò sia impossibile, ad esempio
perché ha avuto notizia della causa di esclusione stessa in epoca assai prossima alla scadenza del termine di
presentazione dell’offerta).
È stata inoltre inserita una disposizione di chiusura che mira ad evitare che la conclusione della procedura
possa essere ritardata a cagione dell’adozione delle misure da parte dell’operatore economico (“in nessun caso
l’aggiudicazione può subire dilazioni a cagione dell’adozione delle misure”).
Il contraddittorio è garantito dall’obbligo incombente in capo alla stazione appaltante di comunicare, ai sensi
del comma 6, all’operatore economico se le misure proposte siano state ritenute insufficienti od intempestive.
Il comma 7 dell’articolo ripropone, immutato, il testo del comma 9 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50
del 2016, in quanto fedele trasposizione dell’art. 57, par. 6, ultimo alinea della direttiva (“un operatore
economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto o di aggiudicazione
delle concessioni non è autorizzato ad avvalersi della possibilità prevista a norma del presente paragrafo nel
corso del periodo di esclusione derivante da tale sentenza negli Stati membri in cui la sentenza è effettiva.”).
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Il comma 8 contiene, immutato, il testo del comma 10 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016:
trattandosi di pena accessoria irrogata a seguito di sentenza di condanna penale, lo stesso è stato mantenuto
immutato, in quanto – è forse superfluo evidenziarlo- la durata massima quinquennale dell’esclusione
obbligatoria prevista dalla direttiva si riferisce alla fissazione del termine di esclusione reso sentenza (“se il
periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla
data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1”) ma non interseca la legislazione
penale che prevede fattispecie di incapacità perpetua o ultraquinquennale.
Il comma 9 contiene, immutato, nella prima parte, il testo del comma 10 bis dell’art. 80 del decreto legislativo.
n. 50 del 2016; la seconda parte del predetto comma 10 bis (“nei casi di cui al comma 5, la durata della
esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione
ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo
occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della
propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura
l'operatore economico che l'abbia commesso”) è stata soppressa in quanto riguardava le cause non automatiche
di esclusione (comma 5 dell’art. 80) in ordine alle quali si è integralmente riformulata la relativa previsione
nel successivo comma 10 dell’articolo.
Il predetto comma 10 fissa le decorrenze iniziali del termine triennale (quest’ultimo così determinato in
conformità al paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva n. 24/2014) per le cause non automatiche di esclusione; la
previsione, sebbene le ricomprenda tutte, si rivela particolarmente utile per quelle di cui alla lett. a) e alla lett.
e) del comma 1 dell’art. 95 concernenti eventi e fattispecie non afferenti alla gara in corso di svolgimento
(mentre per quelle di cui alle lettere b), c), e d) del medesimo comma 1 dell’art. 95 che riguardano la singola
gara, sebbene si sia voluto specificare il concetto per escludere margini di incertezza, sembra evidente che non
si ponga la necessità di stabilire alcun termine di decorrenza iniziale o di durata).
In generale - e in aderenza al testo della direttiva - si è ivi stabilito che il periodo triennale di “possibile”
rilevanza decorra dalla commissione della condotta.
Laddove invece la situazione escludente discenda dalla avvenuta emissione di un provvedimento sanzionatorio
irrogato dall’AGCM o da altra autorità di settore, esso decorre dalla data del provvedimento sanzionatorio.
In particolare, quanto a quelle enucleanti la possibile commissione di un grave illecito professionale
discendente da fatto di reato, si è stabilito che:
a) per le ipotesi di grave illecito professionale discendenti dalla (asserita) commissione di un fatto penalmente
rilevante, l’inizio della decorrenza del periodo triennale coincida con il provvedimento del pubblico
ministero di esercizio dell’azione penale (art. 405, comma 1, c.p.p.) ovvero, ove a questo cronologicamente
antecedente, con la data della emissione di una misura cautelare di natura personale (artt. 281-286 c.p.p.;
artt. 288-290 c.p.p.) o reale (art. 321 c.p.p.,);
b) le ragioni di tale scelta espressa al comma 10, lett. c), n. 1 dell’art. 96 riposano in una quadruplice
considerazione:
I) laddove la possibile sussistenza di una causa di esclusione coincida con un fatto di rilievo penale tra
quelli annoverati nel comma 1 dell’art. 94 “doppiato” dal comma 4, lett. g), dell’art. 98, ovvero ai sensi
dell’ art. 98 comma 4 lett. h), sembra corretto prevedere che il minimum ontologico valutabile dalla
stazione appaltante non possa prescindere da un atto giudiziale che abbia ritenuto che la notitia criminis
sia insuscettibile di immediata archiviazione o che, (anche in un momento precedente rispetto a tale
valutazione) ricorra una consistenza indiziaria grave precisa e concordante (art. 273 c.p.p.) tale da aver
condotto all’emissione di una misura cautelare personale, restrittiva o interdittiva, ovvero, quantomeno,
sussista un consistente fumus tale da aver condotto alla emissione della misura cautelare reale ex art. 321
c.p.p. (Cassazione penale, sez. VI, 23 novembre 2017, n. 18183);
II) in occasione della emissione di tali atti ha luogo la discovery delle fonti di prova che - seppur non
integrale, ciò dipendendo dalle scelte investigative poste in essere dall’organo d’accusa (arg. ex art. 291,
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comma 1, c.p.p.; cfr. Cassazione penale, sez. I, 14 settembre 2016, n. 46228) - fa sì che il soggetto
destinatario del provvedimento venga reso edotto del materiale probatorio sul quale detti atti si fondano:
ciò implica che detto materiale probatorio non sia più coperto da segreto, e che il soggetto nel cui interesse
viene bandita la gara (art. 98, comma 2) possa valutarlo nell’ambito della propria discrezionalità;
III) per altro verso, laddove prima dell’emissione di tali atti venisse divulgata la notizia della pendenza di
un procedimento penale a carico di taluno per dette fattispecie di reato, il soggetto nel cui interesse viene
bandita la gara non potrebbe in alcun modo accedere agli atti di indagine (art. 329 c.p.p.) e, pertanto, in
alcun modo potrebbe esercitare la propria responsabile discrezionalità valutativa; in carenza dell’avvenuto
esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero ovvero, laddove antecedente, dell’emissione
di una misura cautelare personale, restrittiva o interdittiva ovvero di una misura cautelare reale (art. 321
c.p.p.), nessun fatto ( ad es articoli giornalistici, trasmissioni televisive, ecc.) è suscettibile di valutazione
al fine di ritenere la sussistenza di un grave illecito professionale: tali fatti, quindi, possono rilevare quale
veicolo di conoscenza pubblica di un provvedimento reso dal pubblico ministero o dal Giudice, che, in
quanto esistente, ed in quanto comportante una totale o parziale “discovery” delle fonti d’accusa, costituirà
(unitamente agli atti ad esso sottesi) l’unico elemento valutabile dall’ amministrazione;
IV) si rammenta, peraltro, in proposito, il disposto dell’art. 129 disp. att. c.p.p. (recante “Informazioni sul
procedimento penale”) che, nell’ultima parte del comma terzo aggiuntovi dall’ art. 7 della l. 27 maggio
2015, n. 69, così dispone “Quando esercita l'azione penale per i delitti di cui agli articoli 317, 318, 319,
319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del codice penale, il pubblico
ministero informa il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, dando notizia dell'imputazione”: il
testo proposto sembra coerente anche con tale ultima disposizione;
c) tale opzione si pone nel solco di una giurisprudenza condivisibile (ancora di recente: Consiglio di Stato,
sez. IV, 7 ottobre 2022, n. 8611 e Corte di giustizia, sez. IV, 24 ottobre 2018, in causa C-124/2017)
rapportata al paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva (“se il periodo di esclusione non è stato fissato con
sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza
definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al
paragrafo 4”) e sembra giustificata, nel caso in esame, laddove si consideri che la tempistica processuale
italiana assai spesso non consente di pervenire ad una condanna definitiva entro tre anni dalla commissione
del fatto. In simile ipotesi, prevedere che il dies a quo della causa escludente decorra dalla commissione
del fatto condurrebbe ad una irrilevanza de facto di condotte gravi; ad esempio, nei casi corrispondenti a
quelli contemplati dal comma 1 dell’art. 94 che comportano esclusione automatica (laddove sono
annoverati reati molto gravi) sarebbe di fatto impossibile valutare medio tempore la fattispecie come causa
non obbligatoria di esclusione ove la decorrenza del periodo triennale fosse coincidente con la
commissione del fatto penalmente rilevante.
d) a tale proposito, si rammenta che l’ANAC, nel proprio Atto di segnalazione n. 3 del 27 luglio 2022
(delibera n. 370 del 27 luglio 2022) ai capi 2.1. e 2.2.5. e 2.2.6. aveva proprio segnalato la necessità di un
chiarimento su tale delicata questione.
e) va da sé che, laddove taluno di detti provvedimenti abbia trovato successiva smentita processuale (ad
esempio, a fronte delle richiesta ex art. 416 c.p.p. il Gup non emetta il decreto ex art. 429 c.p.p., ma disponga
il proscioglimento ex art. 425 c.p.p., ovvero nelle altre ipotesi di esercizio dell’azione penale sopravvenga una
sentenza di assoluzione, oppure la misura cautelare personale o reale disposta dal Gip sia stata successivamente
revocata od annullata a causa dell’originaria assenza o del sopravvenuto venir meno del quadro indiziario)
viene meno il “fatto valutabile” in chiave di giudizio sulla possibile sussistenza di un grave illecito
professionale;
f) gli atti di cui al comma 10, lett. c), n. 1 “segnano” la decorrenza iniziale del triennio valutabile ai fini della
possibile esclusione; la decorrenza è unica per ciascuna gara ed in relazione alla valutazione resa da ciascun
soggetto nel cui interesse è bandita la gara (cfr. comma 7, lett. g) ed h) dell’art. 98 disciplinante l’illecito
professionale); salvo quanto si è detto appena in precedenza, nel fluire del procedimento (e poi eventualmente
del processo) penale, possono sopravvenire ulteriori atti (ad esempio una sentenza di condanna non definitiva);
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in tali casi la decorrenza del triennio non muta, ed è sempre fissata con riguardo al “primo” atto (sotto il profilo
cronologico) tra quelli indicati al comma 10. lett. c), n. 1 dell’articolo proposto; ciò che muta in questi casi è
il compendio dimostrativo che il soggetto nel cui interesse è bandita la gara avrà a disposizione per valutare la
fattispecie; ma ciò non incide sulla decorrenza iniziale dell’arco temporale triennale (come peraltro più
approfonditamente chiarito nella relazione di accompagnamento all’art. 98 descrittivo dell’illecito
professionale).
I commi 11 e 12 dell’articolo, rispettivamente:
a) presidiano (comma 11) l’esigenza di “unicità” e “immodificabilità del termine triennale, chiarendo che
l’impugnazione dei provvedimenti indicati non incide sul dies a quo di decorrenza del medesimo;
b) onerano l’operatore a produrre alla stazione appaltante i provvedimenti indicati al comma 10 (ed
eventualmente, eventuali atti sui quali i medesimi si fondano) e chiariscono che, in ipotesi di eventuale
inosservanza a tale (elementare) onere collaborativo da parte dell’operatore economico, il termine triennale
non decorra se non dalla data in cui la stazione appaltante ne entri in possesso;
c) in sintesi, quindi, ai sensi dell’art. 10, lett. c), n. 1 dell’art. 96, i tre anni devono essere conteggiati dalla data
del primo provvedimento del pubblico ministero o del provvedimento cautelare o reale del giudice penale nel
caso in cui la causa di esclusione non automatica si fondi su uno dei fatti penalmente rilevanti tra quelli
annoverati nell’art. 98, comma 4, lett. g) ed h); il “fatto”, in ipotesi di sanzione antitrust o di altra Autorità di
regolazione, è il provvedimento, quindi il triennio decorre da quella data (Corte di giustizia 24 ottobre 2018,
in causa C-124/17, consid. 39).
Le esigenze di rispetto della legalità sottese alle predette disposizioni hanno fatto premio sulla contrastante tesi
- pur prospettata durante i lavori della commissione - che avrebbe preferito che sempre (tranne che nel caso
di sanzione antitrust), nel caso di esclusioni non automatiche da fatto di reato, il periodo triennale di possibile
esclusione decorresse dal compimento del fatto.
Il comma 13 riproduce, con alcune modifiche, il comma 11 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016:
il riferimento all’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 contenuto nella citata, vigente disposizione è stato sostituito con il riferimento
all’articolo 240-bis del codice penale.
Il comma 14, ribadisce ed estende al tutte le fattispecie di cui agli artt. 94 e 95 l’onere di comunicazione che
già è contenuto al comma 12 con riferimento all’illecito professionale (e per il vero già ritraibile dalle
disposizioni relative al c.d. “self- cleaning”) e chiarisce che l’omissione di tale comunicazione o la non
veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi della
valutazione sulla sussistenza di una condotta integrante illecito professionale; viene quindi resa esplicita
l’irrilevanza della mera omissione od inesattezza della medesima quale autonoma causa escludente.
Il comma 15 ripropone il comma 12 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016.
Sembra, infine, utile segnalare che:
a) il comma 13 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 (laddove si prevedeva che con successive Linee
Guida ANAC, venissero specificati in relazione all’illecito professionale, i mezzi di prova valutabili dalle
stazioni appaltanti) è stato soppresso in considerazione della circostanza che, con l’art. 98 che tipizza l’illecito
professionale, si è a ciò provveduto: nel rinviare alla specifica relazione su detto art. 98 per una più puntuale
disamina, sembra utile osservare - con più specifico riferimento agli illeciti professionali “riferibili” a condotte
integranti reato - che la tipizzazione degli elementi valutabili dal soggetto nel cui interesse è bandita la gara
costituisce una rilevante novità della disciplina complessiva e - fermo restando che l’endemico margine di
discrezionalità spettante a ciascun soggetto nel cui interesse è bandita la gara potrà condurre a valutazioni
difformi pur a fronte del medesimo fatto e del medesimo compendio probatorio - dovrebbe essere utile ad
attenuare l’impatto del contenzioso ed a riducendo i margini di incertezza;
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b) la ratio della mancata riproposizione del comma 14 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 è la invece
seguente: come è noto, alcuna previsione corrispondente in materia di subappalto è contenuta nella direttiva n.
24/2014. La tematica è particolarmente delicata per evidenti ragioni di tutela della trasparenza degli
affidamenti ed è parimenti noto il dibattito nazionale che, a tratti, ha addirittura messo in dubbio la stessa
sopravvivenza dell’istituto.
Dopo approfondita discussione la Commissione ha suggerito di conservare nel codice, inalterata, detta
previsione (in particolare è stata considerata non meritevole di positiva delibazione - stante la particolare
“sensibilità” della materia del subappalto - sia la radicale ipotesi di sopprimere detto comma, sia quella di
restringerne la portata facendo riferimento alle sole cause di esclusione “automatica”).
Si è ritenuto, tuttavia, che la “sede” propria della predetta disposizione andasse diversamente individuata posto
che, tecnicamente, non ricorrerebbe una vera e propria causa di “esclusione” dell’operatore economico; il
principio ivi contenuto si rinviene al comma 4, lett. b), dello specifico articolo (119) “dedicato” al subappalto.
Art. 97
La disposizione contiene la disciplina specifica delle cause di esclusione che riguarda i raggruppamenti di
imprese. Come accennato nella relazione generale questa collocazione è stata suggerita da una considerazione.
Posto che, sotto il profilo sostanziale, le disposizioni ivi contenute “corrispondono” e “superano” quanto
previsto ai commi 17 e 18 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, tenuto conto delle incertezze
applicative che avevano indotto la giurisprudenza ad intervenire a più riprese sulle antevigenti disposizioni, è
sembrato corretto, a fini sistematici e di chiarificazione, allocare in questa parte del codice la disciplina della
c.d. “sostituzione” od “estromissione” del partecipante al raggruppamento, che, sebbene successiva al
verificarsi dell’evento passibile di conseguenze espulsive, in realtà si pone a monte delle iniziative della
stazione appaltante e previene l’adozione di misure espulsive.
Più partitamente, con riferimento al comma 1 nel rispetto della lett. s) della legge-delega (“Revisione e
semplificazione del sistema di qualificazione generale degli operatori”) si è ritenuto di attuare l’art. 63
paragrafo 1 comma 2 della direttiva 24/2014 considerando l’interpretazione resa da Corte di giustizia, sez. IX,
3 giugno 2021, in causa C-210/20.
L’art. 63, paragrafo 1, comma 2, della direttiva dispone che l’amministrazione aggiudicatrice:
- “impone che l'operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di
selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione”;
- “può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l'operatore economico sostituisca un
soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.
Detto articolo è stato interpretato da Corte di giustizia, sez. IX, 3 giugno 2021, in causa C-210/20 nel senso
che esso “osta a una normativa nazionale in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve
automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora
un’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non
veritiera quanto all’esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o quantomeno
permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto”.
Si è pertanto provveduto a disciplinare l’applicazione di detto principio ai raggruppamenti temporanei di
impresa, che operano in qualità di mandatari delle imprese della compagine, ripetendo i requisiti di
qualificazione attraverso di esse e così rappresentando una modalità alternativa rispetto all’avvalimento
(oggetto della pronuncia della Corte di giustizia) per consentire di partecipare a gare d’appalto a soggettività
non munite dei necessari requisiti di qualificazione.
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L’ambito oggettivo di applicazione della disposizione è stato perimetrato, nel rispetto dell’art. 63 della
direttiva, con riferimento alle cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95, comprese le cause di esclusione
riguardanti le irregolarità fiscali e contributive (a differenza dell’istituto del self cleaning, che le esclude - in
quanto l’art. 57 comma paragrafo 6 “Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai
paragrafi 1 e 4”, nella parte in cui non richiama il paragrafo 2, esclude dal perimetro applicativo dell’istituto
le violazioni fiscali e previdenziali), e all’art. 100.
La facoltà di sostituire o estromettere l’operatore è stata riconosciuta per le cause escludenti che si verificano
in corso di gara e per le cause che si verificano in precedenza per le quali l’offerente abbia comprovato
l’impossibilità di farvi fronte prima della presentazione dell’offerta, così ritenendo di contemperare il principio
di par condicio con la pretesa del candidato di partecipare alla gara, sacrificando la posizione di colui che non
ha posto rimedio per tempo alla causa (pur potendolo fare) a favore della parità di trattamento con gli altri
offerenti che si sono adoperati per presentare un’offerta ammissibile e della velocità della procedura.
Quanto alla procedimentalizzazione della facoltà di sostituzione, si è optato per una disciplina “snella”: a fronte
dell’onere dell’operatore economico di comunicare tempestivamente il verificarsi della causa di esclusione e
delle misure adottate (o dell’intenzione di adottarle se sono venute meno in corso di gara o prima e l’operatore
economico ha comprovato l’impossibilità di porvi rimedio per tempo) ed è stato ribadito nel successivo comma
2 che la intempestività della adozione delle misure comporta l’esclusione.
Il comma 2 è stato formulato sulla scorta della convinzione che l’istituto di cui all’art. 63, paragrafo 1, comma
2, della direttiva 24/2014 possa applicarsi non solo alla sostituzione, prevista espressamente dalla direttiva
medesima, ma anche alla modifica per riduzione dell’operatore economico con identità plurisoggettiva, in
ragione del minore impatto di tale ultimo fenomeno sull’identità dell’operatore economico offerente e delle
pronunce dell’Adunanze plenarie nn. 5 del 2021, 9 del 2021 e 2 del 2022, che hanno ammesso detta ultima
tipologia di modificazione.
Il rispetto della par condicio e delle regole di gara ha imposto - sulla scorta di quanto affermato dalla Corte di
giustizia in merito alla circostanza che “la sostituzione del soggetto interessato non conduca a una modifica
sostanziale dell’offerta di tale offerente” (Corte di giustizia, sez. IX, 3 giugno 2021, in causa C-210/20) - di
assicurare che la modificazione della compagine dell’operatore economico avvenga “fatta salva
l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata”. Tale espressione è stata ritenuta preferibile rispetto alla
dizione originariamente ipotizzata (“mantenendo gli standard qualitativi e quantitativi dell’offerta
presentata”). Il riferimento all’offerta è da intendersi soltanto in senso oggettivo visto che con la sostituzione
si verifica un mutamento soggettivo.
Resta salvo comunque che il subentrante deve essere munito dei necessari requisiti.
Il comma 3 delinea l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, che il comma 1 ha disciplinato con
riferimento ai raggruppamenti: esso è stato perimetrato sulla base delle seguenti considerazioni.
L’istituto è applicabile ai consorzi ordinari in ragione delle stesse motivazioni che hanno giustificato il
riferimento del comma 1 ai raggruppamenti d’impresa, in quanto entrambi mandatari delle imprese della
compagine (Ad. plen. n. 5 del 2021 con riferimento ai consorzi ordinari).
Con riferimento ai consorzi stabili l’istituto è stato applicato alle consorziate esecutrici e alle consorziate che
“prestano” i requisiti.
In quest’ultimo caso l’applicazione dell’istituto si rende necessaria in quanto le consorziate che prestano i
requisiti sono assimilabili agli ausiliari: il rapporto che si instaura è “molto simile a quello dell’avvalimento”
(Ad. plen. 18 marzo 2021 n. 5), e quindi soggiace al regime di quest’ultimo, per il quale è la stessa Corte di
giustizia ad avere applicato l’istituto della sostituzione (3 giugno 2021 in causa C-210/20).
Si è altresì ritenuto di estendere l’istituto alle consorziate designate all’esecuzione da parte del consorzio
stabile.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Il consorzio stabile infatti, da un lato, costituisce una stabile struttura di impresa collettiva, che presenta una
propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, distinta e autonoma rispetto alle aziende dei
singoli imprenditori (Ad. plen. 18 marzo 2021 n. 5) e, dall’altro lato, non è assimilabile ad una società, specie
in ragione della possibilità di designare nell’offerta una consorziata esecutrice, che si affranca quindi dalla
posizione di mero partecipante al consorzio per acquisire rilevanza in quanto soggetto interessato
all’esecuzione.
Pertanto se, da un lato, la non assimilabilità del consorzio stabile ad una società non consente di ritenere
estensibile ad esso la possibilità di modificare la compagine sociale senza interazioni con la stazione
appaltante, stante la permanenza della società come persona giuridica autonoma dalle persone dei soci,
dall’altro lato, la stessa presenza del consorzio stabile (che ha presentato l’offerta) impedisce di ritenere che
l’offerta sia presentata dalla stessa consorziata esecutrice, così non impedendo di poter usufruire dell’istituto
della sostituzione (che verrebbe altrimenti a modificare la stessa identità del soggetto offerente).
Si è quindi ritenuto un approdo equilibrato quello di consentire la sostituzione della consorziata esecutrice
escludenda con altro soggetto in possesso dei necessari requisiti, in modo da assicurare la permanenza in gara
di detti tipi di consorzi superando la regola dell’immodificabilità (soggettiva) dell’offerta.
I consorzi di cooperative non sono stati annoverati tra i soggetti cui è applicabile la procedura di cui ai commi
1 e 2 in quanto il consorzio di cooperative costituisce una persona giuridica (art. 4 della legge n. 422 del 1909),
è l'unica controparte del rapporto di appalto, sia nella fase di gara che in quella di esecuzione del contratto, e,
in relazione alle singole consorziate, opera sulla base di un rapporto di tipo organico (Consiglio di Stato, sez.
V, 2 settembre 2019, n. 6024): “l'attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio,
come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi” (Ad. plen., 20 maggio 2013 n.
14). La giurisprudenza ha altresì affermato che “proprio tale autonoma soggettività giustifica anche la
possibilità di designare una nuova cooperativa come esecutrice, ove per motivi sopravvenuti la prima
designata non fosse in condizione di svolgere la prestazione”.
I consorzi fra imprese artigiane di cui alla lett. c) del comma 2 dell’art. 65 (già comma 2, lett. b, dell’art. 45
del decreto legislativo n. 50 del 2016) sono stati parificati ai consorzi stabili e non ai consorzi di cooperative
(su cui si è formata una giurisprudenza specifica su cui infra) sulla scorta della più recente giurisprudenza
(Consiglio di Stato n. 7155 del 2021, punti 1.4.2.1. e 1.4.2.3, dove viene richiamata la pronuncia dell’Ad. plen.
n. 5 del 2021, assimilando il consorzio fra imprese artigiane ai consorzi stabili).
Per l’assimilabilità dei consorzi fra imprese artigiane ai consorzi stabili milita anche il parere ANAC n. 192
del 2008.
Art. 98
La linea seguita è stata quella di elencare le fattispecie che possono condurre alla adozione di una deliberazione
motivata di esclusione (“non automatica” per quanto indicato nell’art. 95, comma 1, lett. e) dell’operatore
economico, eliminando gli elementi di incertezza che hanno comportato un contenzioso imponente in materia.
Le novità maggiormente rilevanti del testo proposto, sono le seguenti:
a) innanzitutto, come illustrato in precedenza, è sembrato utile rimettere alla disciplina generale (art.
95, comma 1, lett. e); art. 96 commi 10-12) in materia di cause di esclusione la disciplina “cornice” in punto
di:
I) momento iniziale di decorrenza del triennio per ciascuna causa facoltativa di esclusione;
II) onere di comunicazione da parte dell’operatore economico dei provvedimenti giudiziali, con
riguardo alle fattispecie integranti reato, e dei provvedimenti sanzionatori resi dalle Autorità regolatrici
e le conseguenze dell’inottemperanza a tale onere in punto di decorrenza del periodo triennale di
possibile esclusione;
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b) è stato invece rimesso a questo specifico e “nuovo” articolo sull’illecito professionale il compito di
definire quest’ultimo; in particolare, detto articolo:
I) individua quale sia l’autorità competente a disporre l’esclusione “non automatica” di cui all’art. 95,
comma 1, lett. e);
II) enumera e descrive le fattispecie rilevanti;
III) individua i mezzi di prova delle medesime;
IV) chiarisce la portata dell’obbligo motivazionale ove si voglia disporre l’esclusione dell’operatore.
Più in dettaglio, sembra utile far risaltare quanto segue.
Il comma 1 enuclea una scelta perimetrativa: le Linee Guida ANAC n. 6 approvate dal Consiglio dell’Autorità
con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, aggiornate al decreto legislativo n. 56 del 19 aprile 2017 con
deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017 facevano riferimento a tutti i soggetti di cui al comma
3 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 (disposizione, quest’ultima, riprodotta con le modifiche su cui
ci si è soffermati in precedenza, al terzo comma dell’art. 94); così, recitano, infatti, sul punto le Linee Guida
ANAC n. 6 aggiornate: “I gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara
quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3 e
comma 5, del Codice”.
Sempre l’ANAC, nel proprio Atto di segnalazione n. 3 del 27 luglio 2022 (delibera n. 370 del 27 luglio 2022),
al capo 2.2.2. aveva evidenziato la necessità di una presa di posizione su tale delicata questione del c.d.
“contagio” dell’operatore economico da parte della persona fisica.
Al comma 1 si è prevista, quale regola generale, quella di non estendere la fattispecie dell’illecito professionale
rilevante all’ipotesi di c.d. “contagio” dell’operatore economico da parte della persona fisica.
Da questa perimetrazione esulano i fatti rilevanti ai sensi della lettere g) ed h) del comma 4: in sostanza,
laddove ci si trovi al cospetto dei reati contemplati dal comma 1 dell’art. 94 (disposizione, quest’ultima,
“corrispondente” all’art. 80, comma 1, del decreto legislativo n. 50/2016) e degli altri reati mutuati dalla
indicazione contenuta nelle Linee Guida ANAC n. 6 (lett. h del comma 4) è sembrato corretto prevedere la
rilevanza del c.d “contagio” laddove dette fattispecie di reato siano riferibili (non soltanto direttamente
all’operatore economico, ma anche) alle figure soggettive contemplate dall’art. 94, comma 3.
Tale scelta è giustificata, quanto alle fattispecie di cui alla lett. g) del comma 4, sia per la rilevante gravità
delle condotte ivi contemplate, ma anche perché, proprio con riferimento alle medesime, opinare diversamente
avrebbe comportato l’ incomprensibile aporia di impedire la valutazione di una possibile causa non automatica
di esclusione unicamente a cagione della non definitività della condanna, pur con riferimento a figure
professionali per le quali, la stessa fattispecie, ove sfociata in una sentenza definitiva di condanna, avrebbe
comportato la obbligatoria esclusione dell’operatore economico.
Analoghe considerazioni attengono alle fattispecie di cui alla lett. h) del comma 4, riconducibili a fatti di reato
del pari gravi in relazione al principio di tutela dell’interesse alla legalità sotteso alla contrattualistica pubblica.
In tutti gli altri casi - si ripete - è stato escluso il “contagio” dell’operatore economico da parte della persona
fisica.
Nell’Atto di segnalazione dell’ANAC n. 3 del 27 luglio 2022 citato in premessa, si era fatta parimenti presente
l’opportunità di “chiarire l’ambito soggettivo di applicazione delle fattispecie di cui all’articolo 80, comma
5, lettere da c) a c-quater) con un esplicito riferimento ai soggetti indicati al comma 3 del medesimo articolo”:
ragioni di continenza perimetrativa di queste cause di esclusione non automatica hanno indotto la Commissione
a non prevedere, per le dette fattispecie, alcuna ipotesi di “contagio”.
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Il comma 2 specifica quali siano le condizioni indispensabili perché possa disporsi da parte della stazione
appaltante l’esclusione (non automatica) di un operatore economico al verificarsi di un evento tra quelli
descritti nei successivi commi, chiarendo la necessità della compresenza delle medesime.
Il successivo comma 3 individua quale sia l’autorità competente a disporre l’esclusione; la disposizione si è
resa necessaria per le fattispecie in cui un soggetto pubblico gestisca la procedura volta alla stipulazione di un
contratto nell’interesse di un altro soggetto ed è volta a chiarire che il momento “deliberativo” di verifica della
sussistenza dei presupposti rientra nella sfera di competenza di quest’ultimo. È qui ribadito l’obbligo di
motivazione che si evince già dal sistema generale (art. 3 della legge n. 241/1990).
Il comma 4 enumera e circoscrive le fattispecie rilevanti, ed in particolare:
1) la lett. b) è riproduttiva della lett. c bis) dell’art. 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016 (fino alla
parola “aggiudicazione”; nel testo è stata espunta la seguente parte riferita alla omissione: “ovvero abbia
omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”); vi è allo stato
contenuto il riferimento al concetto di “negligenza”.
Nell’Atto di segnalazione dell’ANAC n. 3 del 27 luglio 2022 si era fatta presente l’opportunità di “chiarire la
differenza tra la fattispecie di cui all’articolo 80, comma 5, lett. f-bis) e quella di cui alla lett. c-bis), tenuto
conto delle indicazioni fornite dall’Adunanza Plenaria del 28/8/2020, n. 16 nonché della sentenza del
Consiglio di Stato n. 6490 del 27/9/2019”: posto che la previsione di cui all’ art. 80, comma 5, lett. f-bis) è
stata espunta dal sistema (proprio in ragione della sua affermata “residualità”) si rende superfluo innovare sul
punto.
Sembra peraltro opportuno far presente che la fattispecie di cui alla lett. b) del comma 4 dell’art. 98 in
commento (proprio riproduttiva della lett. c bis) dell’art. 80, comma 5) comprende quella falsità che è
richiamata anche in altra causa escludente, già prevista sub art. 80, comma 5, lett. f ter del decreto legislativo
n.50/2016 e conservata al comma 5, lett. e), dell’art. 94 (“cause di esclusione automatiche”): mentre nella
prima fattispecie la falsità rileva nella stessa gara nella quale è posta in essere e alle condizioni ivi stabilite
(idoneità a influenzare le decisioni della stazione appaltante), perché la falsità rilevi nelle successive gare ai
sensi del comma 5, lett. e), dell’art. 94 la medesima deve essere valutata dall’ANAC nei termini descritti dal
comma 15 dell’art. 96 sulle cause di esclusione (“corrispondente” come prima chiarito, al comma 12 dell’art.
80 del decreto legislativo n. 50/2016).
Il comma 10, lett. b), dell’art. 96 (sostitutivo dell’art. 80) esclude infatti l’applicabilità della durata triennale
per la fattispecie di cui alla lett. b) del comma 4 del presente art. 98, ciò in quanto dette condotte rilevano
unicamente nell’ambito della stessa procedura di gara in riferimento alla quale sono perpetrate (come sembra
logico, laddove si consideri che soltanto la stazione appaltante procedente può valutarle in concreto nella loro
potenzialità decettiva);
2) la lett. c) è riproduttiva della lett. c ter) dell’art. 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016; dal testo
proposto nell’ art. 98 in commento è stata espunta la seguente parte finale della originaria disposizione “su tali
circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla
gravità della stessa” in quanto previsione generale applicabile ad ogni fattispecie di illecito professionale ai
sensi del successivo comma 5 dell’art. 98 in commento;
In riferimento al comma 5 in ultimo citato, il richiamo alla gravità ed all’entità della lesione sembra sufficiente
a rendere evidente (cfr. Atto di segnalazione dell’ANAC n. 3 del 27 luglio 2022 - delibera n. 370 del 27 luglio
2022 - che al capo 2.2.4 aveva proprio segnalato la necessità di un chiarimento su tale delicata questione) che
inadempimenti di non rilevante portata non possono assurgere al rango di grave illecito professionale, senza
che si renda necessaria la specificazione di una “soglia” di rilevanza, ovvero una indicazione esemplificativa
(come pure ipotizzato dall’ANAC nel citato Atto di segnalazione);
3) la lett d) è riproduttiva della lett. c quater) dell’art. 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016; la
modifica (eliminazione dell’inciso “definitivamente accertate” contenuta nell’antevigente disposizione)
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proposta durante i lavori della commissione è coincidente in parte qua con l’Atto di segnalazione dell’ANAC
n. 3 del 27 luglio 2022: è stato pertanto eliminato il riferimento alla definitività dell’accertamento poiché
previsione in contrasto con la facoltà in capo alle stazioni appaltanti, - discendente dal sistema- di valutare la
rilevanza ostativa della condotta nelle more dell’accertamento definitivo;
4) la lett e) è riproduttiva della lett. h) dell’art. 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016 (che è stata
conseguentemente espunta dalla disposizione sulle esclusioni): nel testo è stato soppresso il periodo
“l'esclusione ha durata di un anno decorrente dall'accertamento definitivo della violazione” per
omogeneizzarne la durata al comma 10, lett. c) dell’art. 96 (che riguarda tutte le fattispecie di illecito
professionale ex art. 95, comma 1, lett e); sebbene detta disposizione sia stata finora di scarsa o nulla
applicazione, i lavori di commissione hanno ritenuto che non sussistessero le condizioni per l’espunzione della
stessa; sotto il profilo concettuale sembra indubbio che rientri nel novero delle cause “non automatiche” di
esclusione integranti illecito professionale, tenuto conto che già nella formulazione vigente non v’è
automaticità.
5) la lett f) è riproduttiva della lett. l) dell’art. 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016; sotto il profilo
classificatorio sembra indubbio che rientri nel novero delle cause non automatiche di esclusione integranti
illecito professionale, (si fonda su una semplice richiesta di rinvio a giudizio);
6) la lett. g) fa riferimento agli odierni reati comportanti l’esclusione obbligatoria ex art. 94 comma 1 (che
ripropone, immutata, l’elencazione di cui all’art. 80, comma 1, del decreto legislativo n. 50/2016);
7) la lett. h) è riproduttiva della elencazione di cui al punto 2.2. delle Linee Guida n. 6 dell’ANAC, approvate
dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, aggiornate al decreto legislativo n. 56
del 19 aprile 2017 con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017;
8) la lett. i) contiene una disposizione di chiusura riferibile a condotte integranti fatti di reato diversi da quelli
espressamente menzionati ovvero anche non costituenti fatto di reato, che è sembrato opportuno introdurre e
che non sembra contrastare con la lett. n) della legge delega, considerato che si tratta di una causa di esclusione
facoltativa per lo Stato membro, e, sul piano pratico, della impossibilità di “codificare” ogni fattispecie
comportamentale grave idonea ad incidere sul motivato giudizio di affidabilità ed integrità;
Il comma 5, come già accennato in precedenza, prevede i criteri sottesi alla valutazione di gravità, tra i quali
assume particolare rilievo- soprattutto con riferimento alle fattispecie penalmente rilevanti- quello relativo al
“tempo trascorso dalla violazione”.
Al comma 6 è contenuta una precisazione che rende esplicito che l’omissione e non veridicità non assistite da
“dolo specifico” non integrano causa di esclusione nella gara specifica, in coerenza con quanto disposto al
comma 14, ultimo periodo, dell’art. 96;
Nel comma 7 sono stati indicati quali siano i mezzi di prova rilevanti ed adeguati dai quali la stazione
appaltante può far discendere il giudizio di gravità (si ricorda in proposito che il comma 13 dell’art. 80 del
decreto legislativo n. 50/2016 non riproposto nel codice rinviava a successive Linee Guida dell’ANAC). Il
comma 7 individua i singoli mezzi di prova: in generale, si è fatto riferimento ad uno standard probatorio di
livello elevato, mutuandosi la indicazione di cui all’art. 273 c.p.p. in punto di adozione di misure cautelari
personali o reali (si ricorda che nel primo commento al codice di procedura penale del 1988 del Professore
Cordero così era stato presentato il disposto dell’art. 273 c.p.p.: “arie civilistiche spirano nel processo penale”);
ciò è sembrato preferibile rispetto ad una partita elencazione che violerebbe il generale principio di libertà
della prova.
Quanto allo “spettro” dei soggetti presi in considerazione, si fa riferimento a quanto chiarito nella relazione al
comma 1 del presente articolo: soltanto per i fatti di reato rientranti nel perimetro di cui all’art. 94, comma 1,
cui fa riferimento la lett. g) del comma 4 e per quelli di cui alla lett. h) del comma 4 del presente articolo (già
contenuti nelle Linee Guida dell’ANAC n. 6 che si è ritenuto di “recepire”), è stato previsto il c.d. “contagio”
dell’operatore economico da parte dei soggetti di cui al comma 3 dell’art. 94.
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Infine, il riferimento contenuto alla lett. a) del comma 7 (che “ribadisce” quello di cui al comma 4, lett. a), al
provvedimento sanzionatorio “esecutivo”, vale a chiarire la non valutabilità del medesimo ove sospeso nella
propria esecutività (e a fortiori, ove annullato, ancorché con sentenza non regiudicata non sospesa);
Il comma 8 è volto a precisare l’onere motivazionale che incombe sull’amministrazione allorché desuma la
sussistenza di una causa di esclusione da una sentenza di condanna non definitiva ovvero da provvedimenti
emessi nel procedimento penale a questa prodromici (atti comportanti l’esercizio dell’azione penale ex art.
405, comma 1, c.p.p., decreto che dispone il giudizio, art. 429 c.p.p.) ovvero di natura cautelare, reale (artt.
316, 321 c.p.p.) o personale (artt. 281-286 c.p.p.; artt. 288-290 c.p.p.); sul solco della giurisprudenza
prevalente, chiarisce che la stazione appaltante non può limitarsi a fare riferimento all’esistenza di tali “fatti
storici”, ma che debba, seppur sinteticamente, dar conto dei motivi per cui li considera rilevanti a fini
escludenti; in un sistema costituzionale quale quello italiano, assistito dalla c.d. presunzione di innocenza, ex
art. 27 Cost., essa sembra indispensabile, e si connette, sotto il profilo logico, al precedente comma 4 del
presente articolo.
È evidente che la portata dimostrativa di una sentenza di condanna, ancorché non passata in giudicato, è ben
maggiore rispetto ai provvedimenti a questa prodromici, ed a quelli di natura cautelare: in queste ultime ipotesi,
soprattutto, più approfondita dovrà essere la valutazione resa dall’Amministrazione ove essa ne tragga elementi
per disporre l’esclusione (facoltativa) dell’operatore.
Nell’Atto di segnalazione dell’ANAC n. 3 del 27 luglio 2022 si era fatta presente l’opportunità di “chiarire la
rilevanza delle violazioni non definitivamente accertate e introdurre la possibilità di graduare in misura
proporzionale sia le conseguenze delle condotte che l’obbligo di motivazione posto a carico della stazione
appaltante in relazione alle scelte adottate”.
Si è ritenuto di non “graduare” l’obbligo motivazionale (che incombe sempre sull’amministrazione nel cui
interesse è bandita la gara ove si pronunci sulla ricorrenza di una causa di esclusione “non automatica”) né le
conseguenze delle condotte; quanto a tale ultimo profilo, si sarebbe rischiato di introdurre elementi di
incertezza sulla durata del possibile periodo di esclusione (al quale si è invece voluto “imprimere” un assetto
di certezza, in termini di inizio della decorrenza e sua durata); quanto all’obbligo di motivazione, esso in realtà
non è ricollegabile alla non definitività dell’accertamento, ma ai parametri di cui al comma 2 ed alla portata
dimostrativa degli atti valutati; analoghe considerazioni peraltro concernono l’Atto di segnalazione Anac n. 3
del 27 luglio 2022 laddove si era fatta presente l’opportunità di intervenire sul comma 10 bis dell’art. 80 del
decreto legislativo n. n. 50 del 2016 (“con riferimento alla durata del periodo di rilevanza della causa ostativa,
valutare la possibilità di ridurre il periodo previsto al comma 10-bis o, quanto meno, di graduarlo in ragione
della gravità delle condotte ostative”).
Il comma 9, infine, è volto a chiarire che la pur succinta motivazione sottesa alla decisione di applicare una
causa di esclusione non automatica rientrante nel perimetro dell’illecito professionale debba prendere in esame
tutti e tre i versanti indicati nel comma 2.
Art. 99
Il comma 1 rappresenta una norma molto importante in chiave di semplificazione delle procedure di gare e
della fase del controllo dei requisiti, in quanto chiarisce che la sussistenza delle cause di esclusione automatiche
di cui all’art. 94 dovrà essere accertata automaticamente attraverso la consultazione del fascicolo virtuale
dell’operatore economico di cui all’art. 24, la consultazione degli altri documenti allegati dall’operatore
economico, nonché tramite l’interoperabilità con la piattaforma digitale nazionale dati di cui all’articolo 50ter del CAD e con le banche dati delle pubbliche amministrazioni.
Il comma 2 invece fa riferimento alla verifica della sussistenza dei motivi di esclusione non automatici di cui
all’art. 95 e del possesso dei requisiti di partecipazione di cui agli artt. 100 e 103, la cui verifica dovrà avvenire
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sempre attraverso il fascicolo virtuale dell’operatore con le medesime modalità previste dal comma 1 per la
verifica delle cause di esclusione automatiche.
Il comma 3, infine, completa le novità procedimentali introdotte dal Codice chiarendo che operare in chiave
digitale avrà il vantaggio di una piena applicazione del principio once only nei rapporti tra stazioni appaltanti
e operatori economici, per cui i dati e le informazioni già nella disponibilità delle amministrazioni, in ragione
di una precedente procedura di gara ovvero che sono già presenti nel fascicolo virtuale, o che possono essere
acquisiti tramite interoperabilità con la piattaforma digitale nazionale dati di cui all’articolo 50-ter del CAD e
con le banche dati delle pubbliche amministrazioni non dovranno essere nuovamente richiesti.
Capo III – Gli altri requisiti di partecipazione alla gara (articoli 99-106)
Art. 100
L’art. 100, nel disciplinare gli altri requisiti di partecipazione alla gara, presenta forti profili di discontinuità
rispetto all’attuale disciplina, sfruttando tutti gli spazi di discrezionalità lasciati agli Stati dalla direttiva.
Al comma 1 è mantenuta la distinzione ormai consolidata tra requisiti di idoneità professionale, requisiti di
capacità economico – finanziaria e requisiti di capacità tecniche professionali, con la precisazione al comma
2 che i requisiti di partecipazione richiesti dalla stazione appaltante devono essere proporzionati e attinenti
all’oggetto dell’appalto.
Al comma 3 è previsto quale requisito di idoneità tecnica l’iscrizione nel registro della camera di commercio.
Al fine di consentire la massima partecipazione alle procedure di gara, si stabilisce che è posseduto il requisito
di idoneità professionale in caso di iscrizione per attività non coincidente con l’oggetto dell’appalto, purché
“pertinente”. All’operatore economico di altro Stato membro, non residente in Italia, è consentito di
autodichiarare sotto la propria responsabilità di essere iscritto in uno dei registri professionali o commerciali
previsti nell’allegato II.11. In sede di prima applicazione del codice, l’allegato è abrogato a decorrere dalla
data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli
Affari europei che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
L’aspetto peculiare delle disposizioni contenuti ai commi da 4 a 11 è costituito dalla scelta di disciplinare
anche la qualificazione degli operatori economici per gli appalti di forniture e servizi, così da allineare la
disciplina della qualificazione per gli appalti di servizi e forniture a quella degli appalti di lavori, così dando
vita ad un sistema tendenzialmente unitario in funzione di semplificazione sia per quanto riguarda la
partecipazione alla gara da parte degli operatori economici, sia per quanto riguarda il controllo da parte delle
stazioni appaltante.
Nell’ambito dei lavori, si prevede inoltre che a rilasciare l’attestazione di qualificazione siano nuovi organismi
di diritto privato autorizzati dall’ANAC, che andranno a sostituire le società organismo di attestazione (SOA).
Per consentire l’immediata operatività del nuovo Codice il terzo periodo del comma 4 prevede che il sistema
di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, articolato in rapporto alle categorie di opere ed all’importo
delle stesse, è disciplinato dall’allegato II.12 che, per quanto qui di interesse, riproduce sostanzialmente le
disposizioni di cui agli articoli da 60 a 91 del d.P.R. n. 207 del 2010, riallineate e rese coerenti con le nuove
disposizioni del Codice. Di tale allegato è poi prevista l’abrogazione e la sostituzione con un corrispondente
regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma, 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’ANAC.
L’emanando regolamento di cui al quinto periodo del comma 4 disciplinerà sia la procedura per ottenere
l’attestazione di qualificazione e per il suo rinnovo, sia la procedura di conseguimento dell’autorizzazione
all’esercizio dell’attività di qualificazione degli operatori economici: esso riguarderà anche la qualificazione
degli operatori economici per gli appalti di servizi e forniture e il regime sanzionatorio (comma 10).
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Il comma 12 con disposizione di chiusura prevede poi che, salvo quanto previsto dall’art. 102 (impegni
dell’operatore economico) o da leggi speciali, le stazioni appaltanti possono richiedere esclusivamente i
requisiti di partecipazione previsti dai commi precedenti, disposizione anche questa con evidenti finalità di
semplificazione e chiarimento.
Allegato II.11
Questo allegato riproduce (con l’eliminazione del riferimento al Regno Unito, che non fa più parte dell’Unione
europea) l’allegato XVI del decreto legislativo n. 50/2016, a sua volta riproduttivo dell’allegato XI della
direttiva 2014/24/UE.
Allegato II.12
Questo allegato, in attuazione dell’art. 100, comma 4, in attesa del più generale regolamento ivi previsto (che
dovrà contenere anche l’innovativa disciplina della qualificazione degli operatori economici di forniture e
servizi), riproduce in larga misura le norme (artt. 60-104) del d.P.R. n. 207/2010, attuative del decreto
legislativo n. 163/2006 e rimaste in vigore anche dopo il sopravvenire del decreto legislativo n. 50/2016, con
gli adattamenti formali e sostanziali resisi necessarie per raccordarle con la nuova normativa primaria. Sono
altresì inserite, nella Parte V, le norme relative ai requisiti dei soggetti partecipanti alle procedure di
affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, riprese dal d.m. 2 dicembre 2016, n. 263, a suo tempo
emanato in attuazione dell’art. 46 del decreto legislativo n. 50/2016, tenendo conto altresì dello schema di
decreto approvato dal Consiglio dei ministri in tema di requisiti degli ulteriori soggetti inseriti nel predetto art.
46 dalla legge n. 238/2021.
Art. 101
L’art. 101 disciplina il c.d. soccorso istruttorio, riprendendo la disciplina vigente in aderenza con le indicazioni
della direttiva con alcune novità dirette a semplificare e chiarire profili che hanno dato luogo a difficoltà
applicative: oltre alla logica semplificatoria, la disposizione tende ad evitare nei limiti del possibile, e nel
rispetto del principio della par condicio, che lo svolgimento della procedura di gara sia condizionato da
eccessivo formalismo, che può pregiudicare la qualità dell’offerta e il pieno raggiungimento dell’obiettivo
perseguito dalla stazione appaltante con la procedura di gara.
Chiave interpretativa della norma è pertanto la leale collaborazione delle parti (amministrazione appaltante e
operatori economici), ispirata alla fiducia nell’attività dell’amministrazione e alla responsabilità dell’operatore
economico, secondo i noti principi di buona fede, il tutto evidentemente nel rispetto del principio della par
condicio.
Nel comma 1 si riconosce l’obbligo della stazione appaltante di attivare il soccorso istruttorio, sia per integrare
la documentazione trasmessa, sia allo scopo di sanare eventuali omissioni, inesattezze ed irregolarità; è stata
eliminata la distinzione – foriera di dubbi – tra irregolarità essenziali e non essenziali. In adesione alle
indicazioni della Corte di Giustizia si specifica che il soccorso istruttorio non può riguardare profili dell’offerta.
Quale unico limite al soccorso istruttorio è stato indicato l’assoluta incertezza sull’identità dell’operatore
economico che ha presentato l’offerta.
Nel comma 2 si specifica che in caso di mancato adempimento alle richieste della stazione appaltante,
l’operatore è escluso dalla procedura di gara: si tratta di una sanzione che non è legata all’inadempimento,
quanto alla inidoneità dell’offerta presentata.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Nel comma 3 – anche in questo caso recependo indicazioni provenienti dalla giurisprudenza euro-unitaria – si
prevede che la stazione appaltante possa sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta, a condizione
che i chiarimenti non portino a modificare il contenuto dell’offerta tecnica ed economica.
Il comma 4 costituisce una rilevante novità: per la prima volta si prevede la possibilità per l’operatore
economico di emendare un proprio errore materiale in cui sia incorso nella elaborazione dell’offerta (ad es.
una incongruenza tra importi unitari e importo complessivo dell’offerta economica) prima che la stessa sia
esaminata e, in particolare, fino al giorno fissato per l’apertura delle buste contenenti l’offerta. La richiesta di
rettifica deve essere avanzata con le stesse modalità previste per la presentazione della domanda e può avvenire
– questa è l’altro elemento di novità – anche oltre il termine per la presentazione dell’offerta.
Tendenzialmente la possibilità dell’operatore economico di emendare l’errore materiale costituisce una
previsione omologa e corrispondente alle ipotesi in cui è ammissibile la sanatoria di cui al comma 1, lett. b).
Una simile possibilità concessa all’operatore economico non sembra creare particolari problemi di trasparenza,
né impone particolari oneri all’amministrazione appaltante di rendere edotti gli altri concorrenti, dal momento
che questi ultimi potranno esercitare le loro facoltà di accesso alle offerte e agli altri atti di gara.
Resta fermo che la rettifica va chiesta in busta chiusa, con indicazione riportata sulla stessa che si tratta di
rettifica, e va aperta insieme all’offerta.
Art. 102
L’art. 102 prevede, al comma 1, una serie di obblighi che l’operatore deve assumere per garantire la stabilità
del personale impiegato (lett. a); per garantire l’applicazione dei contratti nazionali e territoriali di settore,
tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente,
di quelli stipulati dalle associazione dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale e significativamente applicati nel settore di riferimento, nonché garantire le stesse tutele
economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro
irregolare (lett. b); per garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le
persone con disabilità o svantaggiate (lett. c).
La disposizione costituisce applicazione del criterio di delega di cui alla lett. h) della l. n. 78 del 2002,
relativamente alle c.d. clausole sociali.
Per non aggravare il procedimento di gara, al comma 2 si prevede che l’adempimento di tali obblighi sociali
è ritenuto assicurato con l’impegno dell’operatore economico, impegno cui è correlata la verifica da parte delle
stazioni appaltanti dell’attendibilità dell’impegno dichiarato, verifica che può essere svolta con qualsiasi
mezzo adeguato, anche con le modalità dell’art. 110 solo nei confronti dell’offerta dell’aggiudicatario.
Art. 103
La previsione dell’art. 103 si correla al contenuto dell’art. 100 che rimanda ad un regolamento per la disciplina
del sistema di qualificazione e dell’iscrizione all’elenco ufficiale dei prestatori dei servizi e dei fornitori; si è
pertanto previsto, in considerazione dell’abrogazione dell’attuale art. 84 del decreto legislativo n. 50 del 2016,
di conservare il settimo comma (che è trasfuso appunto nell’art. 103), reputando opportuno consentire alle
stazioni appaltanti di richiedere ulteriori requisiti di partecipazione nel caso di appalti di ingente valore
economico (superiore ai 20 mln. di euro).
Art. 104
L’art. 104 è dedicato all’avvalimento.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Nella disciplina dell’avvalimento si è cercato di procedere ad un vero e proprio cambio di impostazione,
incentrando la disciplina sul contratto di avvalimento piuttosto che sul mero sistema del prestito dei requisiti.
Nel comma 1 è indicato il tipo contrattuale dell’avvalimento: contratto rientrante nella categoria dei contratti
di prestito con il quale un concorrente ad una procedura di aggiudicazione può acquisire la disponibilità di
risorse tecniche e umane altrui per eseguire il contratto. È specificata la necessità della forma scritta e la
determinazione dell’oggetto. Prendendo posizione su di una questione più volte affacciatasi in giurisprudenza,
si afferma che il contratto è normalmente oneroso (non potendosi escludere la gratuità nel caso in cui
corrisponda anche ad un interesse proprio dell’impresa ausiliaria). La diversa impostazione incentrata sul
contratto di avvalimento, anziché sul prestito dei requisiti, consente di ricomprendere nell’ambito
dell’avvalimento anche quella particolare figura indicata come avvalimento c.d. premiale, in cui il prestito
delle risorse è diretto ad ottenere un punteggio più elevato e non invece il prestito dei requisiti di capacità
mancanti.
Nel comma 3 sono stabiliti i casi in cui l’ausiliaria, essendo in possesso di requisiti non trasferibili, dovrà
svolgere in proprio la prestazione; si rinvia in questo caso alla disciplina del subappalto.
Nel comma 4 sono indicati i documenti che il concorrente che si avvale di altri è tenuto a trasmettere alla
stazione appaltante e la dichiarazione cui è tenuta l’ausiliaria, specificandosi, al comma 5, la facoltà di
sostituzione dell’ausiliaria in casi di sua dichiarazione mendace; e, al comma 6, che la valutazione sull’assenza
di cause di esclusione va compiuta anche in relazione all’ausiliaria, mantenendo ferma la possibilità di
sostituzione dell’impresa ausiliaria.
Nel comma 7 si ribadisce la responsabilità in solido di ausiliaria e concorrente e l’applicazione della normativa
antimafia anche nei confronti della prima.
I commi da 8 a 10 sono reiterativi delle previsioni del precedente codice, anche nella parte in cui si esclude
l’ammissibilità dell’avvalimento per soddisfare il requisito dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori
ambientali.
Nel comma 11 è previsto che la stazione appaltante possa disporre che talune attività siano svolte direttamente
dall’operatore. Tale disposizione innovativa trova applicazione anche al caso delle opere c.d.
superspecialistiche (le opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico
o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali).
Nel comma 12 è prevista un’unica ipotesi di incompatibilità all’utilizzo dell’avvalimento, nel caso in cui
l’operatore abbia fatto ricorso all’avvalimento premiale. In tal caso l’impresa ausiliaria non può partecipare
alla medesima procedura di gara.
Art. 105
L’art. 105 contiene una previsione di mero rinvio all’allegato II.8 per quanto riguarda i rapporti di prova,
certificazioni di qualità, mezzi di prova, registro on line dei certificati e costi del ciclo di vita. In sede di prima
applicazione del codice, l’allegato è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente
regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo
sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
La ratio di tale nuova disposizione è quella, comune ad altre disposizioni, di alleggerire il testo del codice
rinviando agli allegati per alcune disposizioni di dettaglio.
Art. 106
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
In tema di garanzie per la partecipazione alla procedura la principale novità dell’articolato attiene alla garanzia
fideiussoria che, ai sensi del comma 3, secondo periodo, deve obbligatoriamente essere emessa e firmata
digitalmente; essa deve essere altresì verificabile telematicamente presso l’emittente ovvero gestita mediante
ricorso a piattaforme digitali specificate.
Va precisato che, pur non essendo obbligatorio prestare garanzia fideiussoria, in quanto si è mantenuta
l’alternativa con la cauzione, si è tuttavia previsto che quando l’operatore economico scelga la prima, la polizza
debba essere c.d. nativa digitale. L’obbligatorietà del formato nativo digitale delle garanzie è un presupposto
necessario per aumentare l’efficienza e la sicurezza del sistema, la riduzione degli oneri amministrativi.
Altre novità rilevanti sono:
- nel comma 1, il riferimento al “valore complessivo della procedura” (comprensivo quindi di eventuali rinnovi
e opzioni), che è preferibile rispetto a quello di “prezzo base” che è fraintendibile nel senso di prezzo/importo
a base d’asta;
- nel comma 1 è stato eliminato il riferimento ai contratti sotto soglia comunitaria perché la disciplina della
garanzia provvisoria per questi contratti è contenuta nel libro II, parte I;
- la modifica del comma 6, per renderlo più rispondente al principio di diritto espresso dalla sentenza
dell’Adunanza plenaria n. 7 del 2022;
- nel comma 8, la semplificazione delle fattispecie che comportano una riduzione dell’importo della garanzia,
che vengono limitate a due a portata generale e ad una terza, rimessa alla discrezionalità della stazione
appaltante quanto all’importo della riduzione (entro un limite massimo fissato per legge). Si è infatti ritenuto
che sia proprio la stazione appaltante a dover individuare tra i marchi e le certificazioni che danno diritto alla
riduzione (che vengono identificati in apposito allegato, così alleggerendo l’attuale previsione del comma 8)
quelli più pertinenti rispetto all’affidamento concreto, per i quali l’operatore economico concorrente possa
fruire del beneficio. Tale facoltà dovrà evidentemente essere esercitata in modo da evitare eccessive
penalizzazioni delle imprese o al contrario l’estensione indiscriminata del beneficio delle riduzioni;
quest’ultimo inconveniente ha infatti indotto alla modifica normativa rispetto al regime previsto dal decreto
legislativo n. 50 del 2016. La riduzione generalizzata introdotta invece per il caso di garanzia gestita mediante
ricorso a piattaforme operanti con tecnologie basate su registri distribuiti è volta a incentivare il ricorso alle
piattaforme già previste dall’art. 25 del Codice. A compimento del progetto di digitalizzazione si dovranno
realizzare l’interoperabilità e l’integrazione tra i sistemi dei diversi attori, la digitalizzazione e l’automazione
del processo di garanzia dall’emissione allo svincolo, la condivisione e l’attestazione all’interno della filiera
di dati e processi. A regime, la soluzione potrà consentire di conseguire maggiore efficienza, trasparenza e
certezza informativa lungo tutto il ciclo di vita delle fideiussioni e ridurre potenziali fenomeni di frodi;
- si è eliminato l’attuale comma 8 contenente l’obbligo di corredare l’offerta con l’impegno di un fideiussore
a rilasciare la garanzia definitiva. L’eliminazione di detto obbligo riduce gli oneri a carico degli operatori e fa
venire meno una causa di esclusione che alcuni considerano formale (dato che comunque la stipula del
contratto avviene dopo la ricezione della garanzia definitiva) ed equipara le MPMI alle altre imprese.
L’obiezione secondo cui l’eliminazione del comma 8 indebolirebbe la posizione della stazione appaltante, che
aggiudicherebbe a un operatore con l’incertezza che il medesimo non riesca in concreto a trovare un garante
prima della stipula, sarebbe superabile considerando che resterebbe in ogni caso la possibilità di revocare
l’aggiudicazione, escutere la garanzia provvisoria e scorrere la graduatoria, ai sensi dell’art. 117.
Gli interventi modificativi restanti sono volti a chiarire espressioni normative che destano incertezze
interpretative.
Si prevede, infine, rispettivamente nei commi 9, 10 e 11 che le garanzie fideiussorie devono essere conformi
allo schema tipo di cui all’art. 117, comma 12; che la stazione appaltante, nell’atto con cui comunica
l'aggiudicazione ai non aggiudicatari, provvede nei loro confronti allo svincolo della garanzia di cui al comma
1, ancorché la stessa garanzia perda comunque efficacia alla scadenza del termine di 30 giorni
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
dall'aggiudicazione e che l’art. 106 non si applica agli appalti di servizi aventi ad oggetto la redazione della
progettazione e del piano di sicurezza e coordinamento e ai compiti di supporto alle attività del RUP.
Allegato II.13
Questo allegato riassume in un unico elenco le certificazioni e i marchi, attualmente richiamati dal comma 7
dell’art. 93, decreto legislativo n. 50/2016, il cui possesso – a norma del nuovo art. 106, comma 8 – consentirà
agli operatori economici di fruire di un’ulteriore riduzione fino al 20% dell’importo della garanzia da produrre
in sede di offerta, oltre a quelle previste dai precedenti periodi del medesimo comma 8.
Per effetto del rinvio che la norma del codice opera al presente allegato, cui è attribuita espressamente natura
regolamentare, si è attuata una delegificazione dell’individuazione delle certificazioni e dei marchi in
questione.
Titolo V – La selezione delle offerte
Art. 107
L’art. 107 disciplina i principi generali in materia di selezione degli offerenti. I primi due commi sono
sostanzialmente riproduttivi dell’art. 54 della direttiva 2014/24/UE e risultano invariati rispetto al testo
introdotto con il decreto legislativo n. 50 del 2016. Il terzo comma introduce a regime l’istituto dell’inversione
procedimentale.
Nel dettaglio, con il comma 1, si prevede che gli appalti sono aggiudicati sulla base dei criteri stabiliti
conformemente agli articoli da 108 a 110, previa verifica della sussistenza di alcuni presupposti. In particolare,
l’offerta deve essere conforme ai requisiti, alle condizioni e ai criteri indicati nel bando di gara o nell’invito a
confermare interesse, nonché nei documenti di gara e deve provenire da un offerente che non è escluso e che
possiede i requisiti di cui all’art. 100 e, se del caso, dell’art. 103.
In ogni caso, nel comma 2 si prevede che la stazione appaltante può decidere di non aggiudicare l’appalto
all’offerente che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa se ha accertato che l’offerta non
soddisfa gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale,
dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali di diritto del lavoro indicate nell’allegato X alla
direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014.
Il comma 3, invece, è diretto a generalizzare e stabilizzare l’istituto dell’inversione procedimentale, introdotto
in coerenza con il criterio della delega della riduzione dei tempi (lett. m). L’istituto è previsto dal par. 2 dell’art.
56 della predetta direttiva ed era già stato introdotto in via sperimentale anche nel settore degli appalti ordinari
dall’art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 32 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 55 del 2019,
(c.d. sblocca cantieri), come estensione della disciplina contenuta nell’art. 133, comma 8, del decreto
legislativo n. 50 del 2016, che la prevede invece nei soli settori speciali. Il perimetro temporale di applicazione
della misura era stato esteso fino al 30 giugno 2023 dal decreto-legge n. 77 del 2021, convertito con
modificazioni dalla l. n. 108 del 2021. Nel dettaglio si prevede che nelle procedure aperte, la stazione
appaltante può decidere che le offerte siano esaminate prima della verifica dell’idoneità degli offerenti. Tale
facoltà può essere esercitata se prevista dagli atti di gara e, qualora la stazione appaltante decida di avvalersi
di tale possibilità, deve garantire che la verifica dell’assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri
di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente.
La previsione, oltre ad essere coerente con il divieto di gold plating, introduce a regime una semplificazione
procedimentale, che determina una riduzione dei tempi di durata delle procedure di aggiudicazione e agevola
le attività delle stazioni appaltanti. È espressamente prevista in diversi Stati membri (quali Germania e
Francia).
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Art. 108
La disposizione contenuta nell’art. 108 è diretta a indicare i criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici con
il riferimento, conforme alla direttiva 2014/24/UE, dei criteri del prezzo più basso e dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. Il primo comma riprende il testo delle disposizioni contenute nel decreto
legislativo n. 50 del 2016, con alcune modifiche.
In base al comma 1, le stazioni appaltanti procedono all'aggiudicazione degli appalti e all'affidamento dei
concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del
costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita conformemente a
quanto previsto dall’allegato II.8. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o
amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici.
I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata, garantiscono
la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica
delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di
aggiudicazione delle offerte.
Il comma 2 prevede ipotesi in cui le stazioni appaltanti sono vincolate all’utilizzo del criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Si tratta in
particolare: a) dei contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica,
nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera; b) dei contratti relativi all'affidamento dei servizi di
ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a
140.000 euro; c) dei contratti di servizi e delle forniture di importo pari o superiore a 140.000 euro
caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo; d) degli affidamenti in
caso di dialogo competitivo e di partenariato per l’innovazione; e) degli affidamenti di appalto integrato. Le
soglie previste dalle lettere b) e c) sono state alzate da 40.000 a 140.000, sia per esigenze di carattere
sistematico, sia in considerazione del mutamento del quadro economico e sociale, sia per il limitato ambito
applicativo residuo per le procedure diverse dall’affidamento diretto in tali ipotesi.
Resta in ogni caso fermo che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa deve essere applicato
anche in caso di dialogo competitivo, partenariato per l’innovazione; finanza di progetto; locazione finanziaria;
affidamento a contraente generale.
Il comma 3 introduce ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono utilizzare il criterio del minor prezzo, anche
tenendo conto di quanto previsto nelle Linee Guida ANAC n. 2 di attuazione del decreto legislativo 18 aprile
2016, n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, approvate dal Consiglio dell’Autorità con
delibera n. 1005, del 21 settembre 2016 aggiornate al decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 con Delibera del
Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018. Detto criterio può essere utilizzato per i servizi e le forniture con
caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta
intensità di manodopera.
Con il comma 4 si prevede che i documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta,
pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, precisandosi che l’offerta economicamente
più vantaggiosa è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali,
connessi all’oggetto dell’appalto.
A differenza della formulazione del comma 6 dell’art. 95 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è stata eliminata
l’elencazione esemplificativa dei criteri utilizzati, che appaiono da inserire eventualmente in una normativa
attuativa di carattere secondario.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Al comma 5, corrispondente all’art. 67, par. 2, ultimo periodo della direttiva, si prevede che l’elemento relativo
al costo può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici
competeranno solo in base a criteri qualitativi.
Al comma 6, corrispondente, all’art. 67, par. 4, della direttiva, si prevede che i criteri di aggiudicazione sono
considerati connessi all'oggetto dell'appalto ove riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell'ambito di
tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel
processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo
specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto
sostanziale.
I commi 7 e 8 riprendono il contenuto dell’art. 67, par. 5, della direttiva e prevedono che i documenti di gara
indicano i singoli criteri di valutazione e la relativa ponderazione, anche stabilendo una forcella in cui lo scarto
tra il minimo e il massimo deve essere adeguato. Per ciascun criterio di valutazione scelto possono essere
previsti sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi. Nel caso in cui la ponderazione descritta al settimo comma non
sia possibile, le stazioni appaltanti indicano negli atti di gara l’ordine decrescente di importanza dei criteri. Per
attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le amministrazioni
aggiudicatrici utilizzano metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale
l'offerta più vantaggiosa.
Il comma 9 prevede che nell’offerta economica, l’operatore deve indicare, a pena di esclusione, i propri costi
della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura
intellettuale. La disposizione è presente anche nel decreto legislativo n. 50 del 2016 ed è ormai oggetto di un
consolidato orientamento giurisprudenziale diretto a descrivere l’omissione in questione quale causa di
esclusione. A tali fini, è stato espressamente inserito l’inciso “a pena di esclusione” per dare maggiore certezza
agli operatori giuridici derivanti dalla citata omissione dichiarativa.
Al comma 10 si prevede che le stazioni appaltanti possono comunque decidere, prevedendo espressamente
tale facoltà nel bando di gara o nella lettera di invito, di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta
risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto, nel rispetto dei termini per la conclusione
del procedimento e, comunque, non oltre il termine di trenta giorni dalla conclusione delle valutazioni delle
offerte.
Al comma 11 si prevede che in caso di appalti di lavori aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa individuata sulla base del migliore rapporto qualità/prezzo, le stazioni appaltanti non possono
attribuire alcun punteggio per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a
base d’asta. Rispetto alla formulazione vigente, si chiarisce che la disposizione è applicabile ai soli appalti di
lavori.
Al comma 12, in sostanziale continuità con la regola vigente, si prevede che l’esclusione di uno o più
concorrenti dalle procedure, intervenuta anche a seguito di una pronuncia giurisdizionale, successivamente
all’aggiudicazione, non rileva ai fini del calcolo delle medie nella procedura né per l’individuazione della
soglia di anomalia delle offerte eventualmente stabilita dai documenti di gara e non produce conseguenze sui
procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara.
Rispetto al testo dell’art. 95 contenuto nel decreto legislativo n. 50 del 2016, sono eliminati per confluire
eventualmente negli allegati al codice: il comma 6 nella parte in cui esemplifica i criteri di aggiudicazione
dell’offerta utilizzabili dalle stazioni appaltanti, suscettibile di inserimento in normativa secondaria attuativa
del codice; il comma 13 nella parte in cui fa riferimento ai criteri premiali dell’offerta; il comma 14, nella parte
in cui fa riferimento a ulteriori disposizioni applicabili nei casi di adozione del criterio di aggiudicazione del
miglior rapporto qualità/prezzo.
Merita ancora evidenziare come sia stato soppresso il comma 10-bis che, allo scopo di valorizzare gli elementi
qualitativi dell’offerta, disponeva, in assenza di analogo vincolo europeo, che la stazione appaltante stabilisce
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento (regola del 70/30). La scelta
dell’eliminazione di tale regola è dipesa dall’analisi economica che ha dimostrato come la stessa contenga
degli elementi critici, distorsivi del mercato, secondo quanto rilevato anche dall’A.G.C.M. con la segnalazione
S4143 in data 23 marzo 2021 al Presidente del Consiglio dei Ministri. È prevalsa dunque la volontà di rimettere
alle stazioni appaltanti la scelta di quanto incida l’aspetto tecnico e quello economico, svincolandole da
soluzioni precostituite, in quanto tali necessariamente astratte. L’obiettivo perseguito dalla nuova formulazione
è proprio quello di consentire la migliore fruizione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
adeguando il peso delle due componenti (prezzo e qualità) alle effettive caratteristiche dello specifico appalto.
Questa valutazione è inevitabilmente rimessa alle stazioni appaltanti, nella consapevolezza che la scelta della
formula è espressiva delle preferenze e degli obiettivi perseguiti. In particolare, deve considerarsi che la scelta
di una formula influenza l’attribuzione del punteggio su una delle componenti (prezzo o qualità); è importante
che la stazione appaltante valuti l’interdipendenza degli elementi, in quanto non necessariamente una maggiore
complessità della parte tecnica e del punteggio per la stessa previsto conduce ad offerte tecniche migliori.
L’analisi economica ha evidenziato infatti che le formule di utilizzo più comune (lineari, paraboliche, al prezzo
minimo o anche alla media) sono di utile applicazione e inducono gli operatori economici ad abbassare i prezzi
e/o migliorare la qualità anche solo attraverso l’uso di base d’asta, di prezzi minimi o di semplici parametri
discrezionali. A puro titolo esemplificativo, può dirsi che, applicando una formula parabolica, la stazione
appaltante, anche attraverso la scelta di un parametro della formula, può evitare che gli operatori economici
competano eccessivamente sul prezzo, limitando la qualità dell’offerta (la scelta del parametro determina cioè
l’incentivo ad abbassare i prezzi).
Dalla disamina della casistica trattata dall’A.G.C.M. emerge, da ultimo, la necessaria attenzione che le stazioni
appaltanti debbono avere per disincentivare accordi tra operatori; se ne desume in particolare che le stazioni
appaltanti devono cercare di evitare situazioni in cui gli operatori possano conseguire tutti lo stesso punteggio
tecnico, poiché tale condizione inevitabilmente favorisce gli accordi sul prezzo.
Anche in una prospettiva comparatistica si è rilevato che nella maggior parte degli Stati membri non è prevista
una ponderazione vincolata di tipo generalizzato (Svezia, Germania, Danimarca, Austria e Irlanda) e in due
ordinamenti sono previsti vincoli legati a specifiche tipologie di appalto (Grecia e Spagna).
Art. 109
L’art. 109 (Reputazione dell’impresa), riprendendo e innovando la disposizione originariamente contenuta
all’art. 83, comma 10, decreto legislativo n. 50 del 2016, istituisce, presso l’ANAC, un sistema digitale di
monitoraggio delle prestazioni, quale elemento del fascicolo virtuale degli operatori. Le principali innovazioni
rispetto alla disciplina vigente riguardano la semplificazione del sistema e il suo collegamento con il fascicolo
virtuale dell’operatore economico.
Nel dettaglio, al comma 1, si prevede l’istituzione del citato sistema presso l’ANAC, quale elemento del
fascicolo virtuale degli operatori. Si precisa che il sistema è fondato su requisiti reputazionali, valutati sulla
base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che
esprimo l’affidabilità dell’impresa in fase esecutiva, il rispetto della legalità, l’impegno della stessa impresa
sul piano sociale.
Al comma 2 si prevede che la stessa ANAC definisce gli elementi del monitoraggio, le modalità di raccolta
dei dati e il meccanismo di applicazione del sistema, al fine di incentivare gli operatori al rispetto dei principi
del risultato e di buona fede e affidamento. Si precisa ancora che l’ANAC è tenuta a bilanciare tali elementi
con il mantenimento dell’apertura del mercato, specie con riferimento alla partecipazione di nuovi operatori.
Al comma 3 si prevede, sotto il profilo temporale, che alla disposizione viene data attuazione entro diciotto
mesi dall’entrata in vigore del codice, anche tenendo conto delle risultanze ottenute nel periodo iniziale di
sperimentazione.
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L’introduzione di questo sistema reputazionale è stato vivamente caldeggiato soprattutto dagli economisti che
hanno partecipato fattivamente alla redazione della proposta di Codice, in considerazione dell’esito positivo
che esso ha mostrato nell’affidamento degli appalti pubblici soprattutto negli Stati Uniti. Deve tuttavia
evidenziarsi che il funzionamento di un simile sistema deve coordinarsi con il principio di libera circolazione
e con il principio di concorrenza, ben potendo il requisito reputazionale sconfinare altrimenti in una sorta di
ostacolo all’ingresso nel mercato di nuovi operatori economici ovvero creare indebite situazioni di vantaggio
per operatori commerciali di dimensioni maggiori e capaci pertanto anche di ottenere valutazioni prestazionali
positive.
Art. 110
L’art. 110 contiene la normativa in tema di offerte anormalmente basse, introducendo una consistente modifica
rispetto alle previsioni contenute nel decreto legislativo n. 50 del 2016 al fine di semplificare la relativa
disciplina, responsabilizzare le stazioni appaltanti nella scelta del sistema di anomalia e nella sua applicazione,
tenere in considerazione l’eterogeneità delle situazioni concrete. Al tempo stesso, anche in considerazione
della differente qualificazione richiesta per lo svolgimento di procedure relative a contratti di importo superiore
e inferiore alle soglie europee, si è optato per una disciplina differenziata tra i due sistemi. Sono pertanto
eliminate dall’articolo le disposizioni dedicate alle procedure sotto-soglia.
Nell’ambito delle consultazioni svolte e a seguito di un esame comparatistico e di analisi economica, con
riferimento al sopra-soglia – in cui l’accertamento dell’anomalia avviene sempre e comunque in
contraddittorio con l’operatore – è emersa l’opzione di rimettere alla discrezionalità della stazione appaltante
(alla luce dei risultati di gara, del mercato di riferimento e di ogni altro elemento che possa essere ritenuto
utile) l’individuazione delle offerte che prima facie appaiono anomale e che quindi andranno sottoposte a
verifica, con un conclusivo epilogo dotato di motivazione adeguata (eliminando dunque le soglie fissate ex
lege). La scelta appare coerente con la ratio di restituire alle stazioni appaltanti la propria discrezionalità
amministrativa e tecnica, conferendo pertanto alla stessa il potere e il dovere di compiere le scelte
amministrative di loro pertinenza, in coerenza con i principi del risultato di cui all’art. 1, della fiducia di cui
all’art. 2 e di buona fede e affidamento di cui all’art. 5. Il regime di qualificazione delle stazioni appaltanti, per
le procedure sopra soglia, appare d’altro canto un sistema in grado di rendere le stazioni appaltanti in grado di
gestire in modo adeguato e completo le soglie di anomalia e predeterminare, adattandoli al caso concreto, i
criteri e i parametri della relativa valutazione, compatibilmente con le previsioni di legge.
Giova d’altro canto rilevare, in una prospettiva comparatistica (anche alla luce dei risultati di uno specifico
sondaggio condotto in ambito Eurosystem Procurament Coordination Office), che diversi Stati membri si sono
limitati a riprendere testualmente l’art. 69 della direttiva (Svezia, Germania, Irlanda; tale discorso vale anche
per la BCE), non introducendo pertanto soglie, ex ante, identificative delle offerte anomale e oggetto di
obbligatoria verifica di anomalia. La Danimarca, pur specificando l’art. 69 della direttiva, non ha comunque
previsto alcuna soglia, mentre l’Austria ha previsto soglie “elastiche” definite su base giurisprudenziale,
raccomandando, sia nelle gare al minor prezzo sia in quelle con l’OEPV, di confrontare il prezzo più basso
offerto con l’importo complessivo stimato dell’appalto nonché con il valore medio dei prezzi offerti dai
concorrenti più “vicini”.
La scelta appare d’altro canto coerente con il divieto di gold plating.
Al comma 1, si prevede che le stazioni appaltanti valutano, sulla base di un giudizio tecnico, la congruità,
serietà, sostenibilità e realizzabilità della migliore offerta che, in base ad elementi specifici appaia
anormalmente bassa. Si specifica, poi, che la stazione appaltante sia tenuta, nel bando o nell’avviso con cui si
indice una gara, a indicare, compatibilmente con le disposizioni del codice, gli elementi specifici in base ai
quali svolgere il giudizio sulla base del quale sottoporre a valutazione di anomalia una data offerta.
Pertanto, il legislatore non ha predeterminato una soglia di valutazione ex ante di anomalia, ma ha rimesso la
relativa indicazione alle stazioni appaltanti, le quali nella loro discrezionalità potranno pertanto utilizzare, nei
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limiti in cui siano compatibili con le altre disposizioni dell’articolo e del codice, i criteri previsti dal decreto
legislativo n. 50 del 2016 ovvero i criteri e i parametri previsti all’allegato II.12 bis, ovvero ancora i diversi e
nuovi criteri o parametri individuati dalle stesse stazioni appaltanti.
Qualunque sia il criterio scelto dalla stazione appaltante è comunque necessario seguire il procedimento
descritto all’art. 110 e, in particolare, la regola in base alla quale l’esclusione dell’operatore economico potrà
avvenire solo ed esclusivamente nel rispetto del contraddittorio procedimentale ivi previsto, in conformità con
le previsioni di diritto europeo. Pertanto, qualora la stazione appaltante decida di utilizzare i criteri previsti
dall’Allegato per le procedure di soglia inferiore a quella europea dovrà comunque rispettare il procedimento
previsto nell’art. 110, senza poter procedere ad alcuna esclusione automatica degli operatori economici.
In ogni caso, anche al fine di valutare se sottoporre a giudizio di anomalia una determinata offerta, così come
nella predisposizione dei criteri, la stazione appaltante può fondare la propria determinazione su parere del
collegio consultivo tecnico di cui all’art. 218, il quale potrà pertanto offrire un contributo tecnico alle
amministrazioni nelle scelte da compiere.
A titolo esemplificativo, come già evidenziato, fermo il rispetto del procedimento descritto all’art. 110, la
stazione appaltante potrà utilizzare i criteri previsti dall’art. 97, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo n. 50
del 2016.
Tali ultime disposizioni prevedevano che “2. Quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso
e il numero delle offerte ammesse è pari o superiore a 15, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che
presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata; al fine di non rendere
predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il RUP o la
commissione giudicatrice procedono come segue:
a) calcolo della somma e della media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con
esclusione del dieci per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso
e quelle di minor ribasso; le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese in considerazione
distintamente nei loro singoli valori; qualora, nell’effettuare il calcolo del dieci per cento, siano presenti una
o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare;
b) calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media calcolata ai sensi della
lett. a);
c) calcolo della soglia come somma della media aritmetica e dello scarto medio aritmetico dei ribassi di cui
alla lett. b);
d) la soglia calcolata alla lett. c) viene decrementata di un valore percentuale pari al prodotto delle prime due
cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lett. a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui
alla lett. b).
2-bis. Quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e il numero delle offerte ammesse è
inferiore a 15, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore ad
una soglia di anomalia determinata; ai fini della determinazione della congruità delle offerte, al fine di non
rendere predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il
RUP o la commissione giudicatrice procedono come segue:
a) calcolo della media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci
per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e quelle di minor
ribasso; le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese in considerazione distintamente nei loro
singoli valori; qualora, nell’effettuare il calcolo del dieci per cento, siano presenti una o più offerte di eguale
valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare;
b) calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media calcolata ai sensi della
lett. a);
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c) calcolo del rapporto tra lo scarto medio aritmetico di cui alla lett. b) e la media aritmetica di cui alla lett.
a);
d) se il rapporto di cui alla lett. c) è pari o inferiore a 0,15, la soglia di anomalia è pari al valore della media
aritmetica di cui alla lett. a) incrementata del 20 per cento della medesima media aritmetica);
e) se il rapporto di cui alla lett. c) è superiore a 0,15 la soglia di anomalia è calcolata come somma della
media aritmetica di cui alla lett. a) e dello scarto medio aritmetico di cui alla lett. b)”.
Le stazioni appaltanti, in ogni caso, potranno indicare anche altri criteri ritenuti idonei sulla base delle
specificità dell’affidamento ovvero ancora fare riferimento ad altri parametri o criteri utilizzati in altri Stati
membri. A titolo esemplificativo: in Germania la giurisprudenza ha affermato che una deviazione pari o
superiore al 20% dell’offerta più bassa rispetto all’offerta immediatamente più alta o ad un market price
(calcolato internamente dalla stazione appaltante) può costituire un idoneo indizio di anomalia; la BCE, pur
non soggetta al diritto tedesco per la fase pubblicistica della gara, segue tendenzialmente simili principi in via
di prassi; in Grecia – sistema che prevede una soglia di anomalia predeterminata per legge – per contratti di
lavori, progettazione e servizi tecnici, un’offerta è considerata sospetta di anomalia se presenta un ribasso
maggiore del 10% della media dei ribassi delle offerte ammesse (per quanto riguarda gli altri appalti pubblici,
la norma rimette alla fonte regolamentare la fissazione della soglia/criteri per l’identificazione di offerte
sospette di anomalia).
Al comma 2 si prevede che, qualora una determinata offerta appaia anormalmente bassa, è necessario in ogni
caso sviluppare un contraddittorio procedimentale, richiedendo per iscritto al concorrente la presentazione di
spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte, entro un termine non superiore a quindici giorni. Fermo
il rispetto del termine massimo previsto dalla legge, il termine deve comunque essere congruo e ragionevole
in relazione alla complessità delle spiegazioni richieste e delle altre esigenze che potranno venire in rilievo nel
caso specifico.
Al comma 3 si prevede che le spiegazioni fornite dal concorrente possono riguardare: a) l'economia del
processo di fabbricazione dei prodotti, dei servizi prestati o del metodo di costruzione; b) le soluzioni tecniche
prescelte o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l'offerente per fornire i prodotti, per
prestare i servizi o per eseguire i lavori; c) l'originalità dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti
dall'offerente.
Ai sensi del comma 4 non sono invece ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi
inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge, nonché in relazione agli oneri di sicurezza
di cui alla normativa vigente.
Conclusa la fase di valutazione dell’anomalia dell’offerta, al comma 5 si prevede che la stazione appaltante
debba escludere l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi
proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto:
non rispetta gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e
nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali di diritto del lavoro indicate nell’allegato
X alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014) ovvero in tema di
subappalto ai sensi dell’art. 119; sono incongrui gli oneri aziendali della sicurezza di cui all'art. 108, comma
9, rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture; il costo del personale è inferiore
ai minimi salariali retributivi indicati in apposite tabelle.
Al comma 6, in conformità con l’art. 69, par. 4, della direttiva 2014/24/UE e a quanto previsto con il decreto
legislativo n. 50 del 2016, si prevede che la stazione appaltante, qualora accerti che un'offerta è anormalmente
bassa in quanto l'offerente ha ottenuto un aiuto di Stato, può escludere tale offerta unicamente per questo
motivo, soltanto dopo aver consultato l'offerente e se quest'ultimo non è in grado di dimostrare, entro un
termine sufficiente stabilito dalla stazione appaltante, che l'aiuto era compatibile con il mercato interno ai sensi
dell'art. 107 TFUE. La stazione appaltante esclude un'offerta in tali circostanze e informa la Commissione
europea.
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Art. 111
La disposizione dell’art. 111 riproduce il testo dell’art. 50 della direttiva 2014/24/UE e riprende il testo già
introdotto con il decreto legislativo n. 50 del 2016.
In base al comma 1, le stazioni appaltanti che hanno aggiudicato un contratto pubblico o concluso un accordo
quadro inviano un avviso secondo le modalità di pubblicazione di cui all'art. 84, conforme all'allegato II.6,
Parte I, lett. D, relativo ai risultati della procedura di aggiudicazione, entro trenta giorni dalla conclusione del
contratto o dalla conclusione dell'accordo quadro.
Al comma 2 si prevede che se la gara è stata indetta mediante un avviso di pre-informazione e se la stazione
appaltante ha deciso che non aggiudicherà ulteriori appalti nel periodo coperto dall’avviso di pre-informazione,
l’avviso di aggiudicazione contiene un’indicazione specifica al riguardo.
Al comma 3 si prevede che in caso di accordi quadro conclusi ai sensi dell’art. 59, le stazioni appaltanti sono
esentate dall’obbligo di inviare un avviso sui risultati della procedura di aggiudicazione di ciascun appalto
basato su tale accordo e raggruppano gli avvisi sui risultati della procedura d’appalto per gli appalti fondati
sull’accordo quadro su base trimestrale. In tale caso, inviano gli avvisi raggruppati entro trenta giorni dalla
fine di ogni trimestre.
Al comma 4 si prevede che le stazioni appaltanti inviano all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea
un avviso di aggiudicazione di appalto entro trenta giorni dall'aggiudicazione di ogni appalto basata su un
sistema dinamico di acquisizione. Esse possono tuttavia raggruppare gli avvisi su base trimestrale. In tal caso,
inviano gli avvisi raggruppati al più tardi trenta giorni dopo la fine di ogni trimestre.
Al comma 5 si prevede che, fermo restando quanto disposto dagli articoli 35 e 36, talune informazioni relative
all'aggiudicazione dell'appalto o alla conclusione dell'accordo quadro possono non essere pubblicate qualora
la loro divulgazione ostacoli l'applicazione della legge, sia contraria all'interesse pubblico, pregiudichi i
legittimi interessi commerciali di un particolare operatore economico, pubblico o privato, oppure possa
arrecare pregiudizio alla concorrenza leale tra operatori economici.
Art. 112
L’art. 112 riprende il contenuto dell’art. 84 della direttiva 2014/24/UE ed è conforme alla disposizione
introdotta con il decreto legislativo n. 50 del 2016.
Al comma 1 si prevede che per ogni appalto o accordo quadro di importo pari o superiore alle soglie di cui
all’art. 14 e ogni volta in cui sia istituito un sistema dinamico di acquisizione, la stazione appaltante redige una
relazione contenente almeno le seguenti informazioni: il nome e l'indirizzo della stazione appaltante, l'oggetto
e il valore dell'appalto, dell'accordo quadro o del sistema dinamico di acquisizione; se del caso, i risultati della
selezione qualitativa e/o della riduzione dei numeri, ossia i nomi dei candidati o degli offerenti selezionati e i
motivi della selezione, i nomi dei candidati o degli offerenti esclusi e i motivi dell'esclusione; i motivi del
rigetto delle offerte giudicate anormalmente basse; il nome dell'aggiudicatario e le ragioni della scelta della
sua offerta, nonché, se è nota, la parte dell'appalto o dell'accordo quadro che l'aggiudicatario intende
subappaltare a terzi; se noti al momento della redazione, i nomi degli eventuali subappaltatori del contraente
principale; per le procedure competitive con negoziazione e i dialoghi competitivi, le circostanze di cui all'art.
70 che giustificano l'utilizzazione di tali procedure; per quanto riguarda le procedure negoziate senza previa
pubblicazione di un bando di gara, le circostanze di cui all'art. 76 che giustificano l'utilizzazione di tali
procedure; eventualmente, le ragioni per le quali l'amministrazione aggiudicatrice ha deciso di non aggiudicare
un appalto, concludere un accordo quadro o istituire un sistema dinamico di acquisizione; eventualmente, i
conflitti di interesse individuati e le misure successivamente adottate.
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Al comma 2 si prevede che la relazione prevista al primo comma non è richiesta per gli appalti basati su
accordi quadro conclusi con un solo operatore economico e aggiudicati entro i limiti delle condizioni fissate
nell’accordo quadro, o se l’accordo quadro contiene tutti i termini che disciplinano la prestazione dei lavori,
dei servizi e delle forniture nonché le condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici
parti dell’accordo quadro effettuerà tale prestazione.
Al comma 3 si prevede che qualora l’avviso di aggiudicazione dell’appalto predisposto ai sensi dell’art. 111
o dell’art. 127, comma 3, contiene già le informazioni richieste al comma 1, le stazioni appaltanti possono fare
riferimento a tale avviso.
Al comma 4 si prevede che le stazioni appaltanti documentano lo svolgimento di tutte le procedure di
aggiudicazione. Garantiscono la conservazione di una documentazione sufficiente a giustificare decisioni
adottate in tutte le fasi della procedura di appalto, quali la documentazione relativa alle comunicazioni con gli
operatori economici e le deliberazioni interne, la preparazione dei documenti di gara, il dialogo o la
negoziazione se previsti, la selezione e l'aggiudicazione dell'appalto. La documentazione è conservata per
almeno cinque anni a partire dalla data di aggiudicazione dell'appalto, ovvero, in caso di pendenza di una
controversia, fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Al comma 5 si prevede che la relazione o i suoi principali elementi sono comunicati alla Cabina di regia di
cui all'art. 221 per la successiva comunicazione alla Commissione europea, alle autorità, agli organismi o alle
strutture competenti, quando tale relazione è richiesta.
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PARTE VI
DELL’ESECUZIONE
Art. 113
La norma riproduce l’attuale art. 100, che traspone fedelmente i principi di cui agli artt. 70 della direttiva
24/2014 e 87 della direttiva 25/2014. È stato eliminato un refuso contenuto nell’attuale art. 100 (“precisate”,
anziché “precisati”).
Art. 114
Negli articoli 114, 115 e 116 sono state riordinate le previsioni già contenute, in ordine sparso, negli artt. 101,
102 e 111 del decreto legislativo n. 50 del 2016, secondo i seguenti criteri:
-
nell’art. 114 (ex 101) si sono previste le figure professionali necessarie per lo svolgimento dell’attività
esecutiva da parte delle stazioni appaltanti qualificate, limitando quindi la disposizione al profilo
soggettivo;
-
nell’art. 115 (ex 111) si sono previste le attività di direzione, controllo e contabilità, sotto il profilo
oggettivo;
-
nell’art. 116 (ex 102) si sono previste le attività di collaudo e verifica di conformità.
Il comma 1 dell’art. 114, riproduce il testo dell’art. 101, comma 2, riepilogando le figure professionali
principali che coadiuvano il responsabile unico del procedimento nella fase esecutiva. Rispetto all’art. 101 è
stata aggiunta per chiarezza la congiunzione “o” prima dell’espressione “del verificatore della conformità”, al
fine di precisarne l’alternatività rispetto al collaudatore e alla commissione di collaudo.
Il comma 2 contiene il riferimento alle figure professionali ulteriori per gli appalti di lavori, tra le quali, le
figure professionali di nuova introduzione collegate alla gestione informativa digitale (previste nell’allegato
I.9).
I commi 3, 4 e 5 dell’attuale art. 101 sono stati soppressi per le parti descrittive delle attività e dei compiti
demandati rispettivamente al direttore dei lavori, al direttore operativo e all’ispettore di cantiere, che sono
contenute nell’allegato II.14, così come specificato nel comma 5.
Nel comma 4 si è invece mantenuta la previsione delle funzioni di coordinamento per la sicurezza in fase
esecutiva. Considerata l’importanza di tali funzioni se ne è limitata l’attribuzione al direttore dei lavori soltanto
nei lavori inferiori alla soglia di un milione di euro, dovendosi, per i lavori di maggiore entità (così come per
il caso di lavori complessi e per il caso di rischi di interferenze, specificati nello stesso comma), nominare
un’apposita figura ai sensi dell’art. 92, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008. Qualora sia nominato
un soggetto diverso dal direttore dei lavori quale coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva (CSE) si è
espressamente prevista la sua autonomia, da intendersi sia nei confronti del direttore dei lavori che nei confronti
del RUP, come previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008.
Il comma 6 corrisponde all’attuale art. 111, comma 1, ultimo periodo, ma la disposizione è stata modificata
per coordinarla con le previsioni sulla qualificazione delle stazioni appaltanti che sono amministrazioni
pubbliche. Per queste ultime, si è ritenuto di mantenere la possibilità di ricorrere ad appalti esterni anche per
la direzione dei lavori in casi particolari, coincidenti con i “lavori complessi”, che sono citati anche in altre
disposizioni del Codice. Si tratta dei lavori caratterizzati da elevato contenuto tecnologico o da una
significativa interconnessione degli aspetti architettonici, strutturali e tecnologici, ovvero da rilevanti difficoltà
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realizzative dal punto di vista impiantistico-tecnologico ed in ogni caso di tutti quei lavori per i quali si richieda
un elevato livello di conoscenza finalizzata principalmente a mitigare il rischio di allungamento dei tempi
contrattuali o il superamento dei costi previsti, oltre che alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori
coinvolti, rendendo disponibili informazioni attendibili ed utili anche per la fase di esercizio ed in generale per
l’intero ciclo di vita dell’opera. Rientrano tra i lavori complessi, altresì, quelli determinati da esigenze
particolarmente accentuate di coordinamento e di collaborazione tra discipline eterogenee, la cui integrazione
in termini collaborativi è ritenuta fondamentale (cfr. d.m. n. 560/17 e s.m.i.). Si è ritenuto di aggiungere lo
specifico riferimento ai lavori che richiedono “professionalità specifiche”, tenendo presenti normative di
settore che impongano la presenza sul cantiere di determinate figure professionali. L’appalto per il
conferimento di incarichi di direzione dei lavori è invece obbligatorio, secondo le disposizioni del codice, per
le stazioni appaltanti che non sono amministrazioni pubbliche.
I commi da 7 a 10 riguardano i soggetti degli appalti di forniture e servizi ed accorpano disposizioni che nel
Codice attuale sono contenute, non organicamente, negli artt. 101 e 111.
Nel comma 7 si è prevista un’attribuzione generalizzata al RUP delle funzioni di direzione dell’esecuzione e
si è specificata la possibilità della gestione informativa digitale (che, per i servizi, potrebbe essere il Facility
Management, il quale, se previsto, si presta ad essere condotto con l’ausilio del BIM). Il comma 8 demanda
all’allegato II.14 l’individuazione di servizi e forniture di particolare importanza (per qualità o importo delle
prestazioni) per i quali è necessaria la nomina di un direttore dell’esecuzione diverso dal RUP e il comma 10
demanda all’allegato II.14, presupposti i compiti di quest’ultimo, l’individuazione delle funzioni
dell’assistente del direttore dell’esecuzione, che può essere nominato con le modalità previste dallo stesso
comma 10 (che ricalca l’attuale comma 6 bis dell’art. 101). Il comma 9 corrisponde al comma 6 del testo
proposto, qualora il direttore dell’esecuzione non possa essere individuato tra il personale delle stazioni
appaltanti.
Allegato II.14
Questo allegato assume come base il d.m. 7 marzo 2018, n. 49, a suo tempo adottato in attuazione dell’art. 111
del decreto legislativo n. 50/2016, ma il contenuto di tale provvedimento è ampliato con ulteriori disposizioni
intese a colmare le lacune di disciplina, evidenti nel codice vigente e in parte già colmate con disposizioni di
rango primario inserite nel nuovo codice, a proposito di istituti fondamentali della fase di esecuzione
dell’appalto, quali la consegna dei lavori, le varianti in corso d’opera, la sospensione dei lavori, le riserve, il
recesso e la risoluzione del contratto d’appalto, il collaudo.
L’ulteriore disciplina in questione è stata elaborata tenendo conto dei regolamenti previgenti (in particolare,
del d.P.R. n. 207/2010) nonché, in parte, delle soluzioni elaborate durante i lavori per la predisposizione del
regolamento unico a suo tempo previsto dall’art. 216, comma 27-octies, del decreto legislativo n. 50/2016
(come introdotto dal d.l. n. 32/2019), il quale avrebbe dovuto occuparsi – per l’appunto – anche della fase di
esecuzione dell’appalto, colmando le lacune riscontrate nella disciplina del codice del 2016.
Completa l’allegato una apposita Sezione II, in cui è contenuta la disciplina della direzione dell’esecuzione
per gli appalti di servizi e forniture, costruita in parte mediante rinvio a quella degli appalti di lavori contenuta
nella precedente Sezione I e in parte con l’introduzione di disposizioni specifiche, e la disciplina della verifica
di conformità che in questi casi tiene luogo del collaudo.
Naturalmente, per queste parti le norme attuative contenute nel presente allegato prendono atto, adeguandovisi,
alle principali innovazioni che la disciplina del codice ha apportato alla normativa primaria in materia (p.es.
con riguardo alla soppressione dell’istituto del collaudo in corso d’opera nonché all’ampliamento dei casi in
cui il certificato di collaudo può essere sostituito dal certificato di regolare esecuzione).
Art. 115
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
La disposizione, corrispondente all’attuale art. 111, ne ripropone soltanto le parti strettamente inerenti l’attività
di controllo tecnico contabile e amministrativo, in quanto le previsioni concernenti le figure professionali ed
il collaudo o la verifica di conformità sono state soppresse ed in parte trasferite rispettivamente nell’art. 114 e
nell’art. 116.
I commi 1, per i lavori, e 3, per servizi e forniture, rinviano all’allegato II.14 per la descrizione delle attività
di controllo, ma entrambi contengono la novità della necessaria utilizzazione delle piattaforme digitali. A
queste ultime si riferisce anche il comma 5, per il collegamento con la Banca dati nazionale dei contratti
pubblici, la cui previsione è stata introdotta nel Codice attuale dalla legge n. 108 del 2021.
I commi 2, per i lavori, e 4, per servizi e forniture, introducono la previsione sull’iscrizione delle “riserve”
dell’appaltatore a contenuto economico. Va sottolineato che l’esigenza di tale previsione si è posta perché,
mentre l’art. 121 sulle sospensioni tratta le riserve concernenti queste ultime, le altre riserve a contenuto
economico, allo stato non disciplinate dal decreto legislativo n. 50 del 2016, trovano la loro migliore
collocazione nella norma del codice sulla contabilità dei lavori e delle prestazioni.
Avendo inteso ribadire la sanzione della decadenza dai diritti a contenuto patrimoniale dell’esecutore, come
conseguenza della mancata iscrizione o esplicitazione delle riserve, si è preferito inserirne la previsione (anche
in coerenza con quanto previsto per le riserve relative alle sospensioni) nella normativa primaria, rinviando
all’allegato II.14 per la disciplina di modalità e termini. La scelta si pone in controtendenza rispetto alle attuali
norme del d.m. n. 49 del 2018, che rimettono tale disciplina ai documenti di gara e/o ai singoli contratti. Essa
è però opportuna poiché la materia necessita di regolamentazione uniforme, in considerazione dell’ampiezza
del contenzioso dinanzi al giudice ordinario e dei compiti di nomofilachia da riservare alla Corte di Cassazione.
Art. 116
La disposizione riproduce gran parte del testo dell’attuale art. 102.
È stato soppresso l’attuale primo comma dell’art. 102 perché estraneo alla materia del collaudo e della verifica
di conformità.
Nel comma 1 è stato aggiunto, rispetto al comma 2 dell’art. 102, il riferimento alla “tempistica”
dell’esecuzione ed è stato inoltre soppresso ogni riferimento ai contratti sotto soglia comunitaria perché la
relativa disciplina è contenuta nella parte dedicata a questi ultimi.
Il comma 2 conferma i tempi di completamento del collaudo e della verifica di conformità attualmente previsti
dall’art. 102, comma 3, ma consente alle stazioni appaltanti di ridurli in presenza di opere o di servizi di limitata
complessità. Al regolamento di cui al successivo comma 7 viene demandata la previsione dei casi di particolare
complessità, per i quali il termine può essere elevato (fino a un anno).
Nel comma 4, al fine di garantire l’imparzialità delle operazioni di collaudo, si è lasciata la previsione della
nomina dei collaudatori interni alla stazione appaltante, ma con la specificazione che, in tal caso, devono
appartenere a “strutture funzionalmente indipendenti”. La previsione è richiamata, per servizi e forniture, dal
comma 5, ultimo periodo.
Quest’ultima disposizione demanda la verifica di conformità al RUP ovvero al direttore dell’esecuzione, se
nominato, invertendo il rapporto regola/eccezione dell’attuale art. 111, comma 1, secondo periodo. Tuttavia è
fatta salva la possibilità per le stazioni appaltanti di nominare uno o più verificatori di conformità nelle
fattispecie previste dal secondo periodo del comma 5 come proposto.
Il comma 6 riproduce le incompatibilità elencate dall’attuale comma 7 dell’art. 102.
Ulteriori differenze tra appalti di lavori e appalti di servizi e forniture sono segnate dai commi 7 (che, per il
collaudo, demanda la disciplina della tempistica e delle modalità tecniche, oltre che del collaudo semplificato
ad un intervento regolamentare successivo, facendo eccezionalmente salva allo stato la disciplina sul collaudo
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contenuta nel d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) e dai commi 8 e 9 (che, per la verifica di conformità, rimette al
capitolato la disciplina di tempistica e modalità tecniche, prevedendo di norma la verifica di conformità in
corso di esecuzione dei contratti a prestazioni continuative o periodiche). Pare opportuno evidenziare come
l’adottanda disciplina regolamentare su collaudo ed, eventualmente, verifica di conformità potrà essere
introdotta anche mediante modifica dell’allegato II.15 previsto dall’art. 114, destinato a dare attuazione alla
disciplina del codice sull’intera fase esecutiva.
Al comma 10 (corrispondente all’attuale art. 102, comma 9) si è aggiunto il riferimento all’eventuale
modellazione informativa dell’opera realizzata di cui all’art. 43.
Si è introdotto un comma 11, che riproduce il comma 1-bis già aggiunto all’art. 111 del Codice sugli
accertamenti di laboratorio e le verifiche tecniche obbligatorie. I criteri per la determinazione dei relativi costi
sono stati di recente fissati col d.m. 1 luglio 2022, che è stato riprodotto ed inserito come allegato al Codice
(allegato II.15).
Allegato II.15
Questo allegato riproduce integralmente il contenuto del recentissimo d.m. 1 luglio 2022, emanato in
attuazione del comma 1-bis, dell’art. 111 del decreto legislativo n. 50/2016, introdotto dal correttivo del 2017.
Le indicazioni sui costi, già contenute nell’Allegato A al predetto d.m. 1 luglio 2022, sono state trasfuse
nell’art. 4 del presente allegato.
Art. 117
La disposizione proposta è principalmente rivolta a dare attuazione al criterio di delega di cui all’art. 1, comma
1, lett. cc), che richiede la revisione del sistema delle garanzie fideiussorie per la partecipazione e l'esecuzione
dei contratti pubblici “[…] prevedendo, in relazione alle garanzie dell'esecuzione dei contratti, la possibilità
di sostituire le stesse mediante l'effettuazione di una ritenuta di garanzia proporzionata all'importo del
contratto in occasione del pagamento di ciascuno stato di avanzamento dei lavori.”.
Si è inserito allo scopo un apposito comma 4, che riconosce la facoltà per l’appaltatore di richiedere, prima
della conclusione del contratto, la sostituzione della cauzione o della garanzia fideiussoria con ritenute di
garanzia sugli stati di avanzamento. Nel pieno rispetto del criterio della delega, onde contemperare le esigenze
di risparmio dei costi da parte delle imprese con quelle di garanzia delle stazioni appaltanti, si è ritenuto di
mantenere la garanzia fideiussoria per l’erogazione dell’anticipazione e quella per il pagamento della rata di
saldo. Lo svincolo delle ritenute di garanzia sugli stati di avanzamento è stato disciplinato analogamente a
quanto previsto per le altre modalità di prestazione della garanzia, cioè riferito all’emissione del certificato di
collaudo provvisorio, con la previsione, a tutela dell’appaltatore, dello svincolo da attuarsi comunque nel
termine di dodici mesi dal certificato di ultimazione dei lavori.
Al comma 7 l’articolo rinvia, quanto alle modalità della prestazione della garanzia fideiussoria, all’art. 106,
che disciplina la garanzia per partecipare alla gara, imponendo quindi anche per la fase esecutiva agli
appaltatori che optano per la prestazione di garanzia fideiussoria, la stipulazione di polizze c.d. native digitali,
emesse e sottoscritte digitalmente e gestite da apposite piattaforme.
Le novità si completano con l’inserimento nel comma 1 della disciplina della garanzia per gli accordi-quadro,
allo stato mancante, che viene indicata nella misura massima del 2% dell’importo dell’accordo quadro.
Nel comma 12 è stata inserita la previsione - attualmente contemplata dall’ultimo comma dell’art. 104 del
decreto legislativo n. 50 del 2016 - del contenuto delle polizze fideiussorie esteso alla rivalsa verso il contraente
e al diritto di regresso verso la stazione appaltante, nonché la previsione della nomina di un mandatario o
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delegatario del garante. A questa disposizione fanno quindi rinvio, sia l’art. 118 (per i lavori di particolare
valore) sia l’art. 106 (per la garanzia provvisoria).
Il comma 14, reca la disciplina dell’esonero dalla garanzia in casi particolari. È stato eliminato il riferimento
(contenuto nell’omologa previsione dell’attuale art. 103, comma 11) ai contratti sotto soglia comunitaria
perché la relativa disciplina è stata inserita nella parte dedicata a questi ultimi.
Nello stesso comma 14 si è invece aggiunto un ultimo inciso per favorire l’applicazione delle fattispecie di
esonero dalla prestazione della garanzia ivi previste, consentendo alla stazione appaltante di farvi ricorso non
solo subordinatamente ad un miglioramento del prezzo di aggiudicazione ma anche delle condizioni di
esecuzione, cioè in presenza di un miglioramento di tipo qualitativo laddove quello economico sia difficilmente
praticabile. Infatti, la disposizione relativa al miglioramento delle condizioni economiche è spesso rimasta
inapplicata in relazione alle difficoltà di esperire per le procedure più strutturate delle modifiche successive
all’aggiudicazione. Si pensi ad esempio ad ipotesi di aggiudicazioni dichiarate dopo la verifica di congruità
dell’offerta presentata in corso di gara.
Art. 118
Il testo proposto riproduce il testo dell’attuale art. 104, non interessato dalla delega e sulla cui riproposizione
non risultano indicazioni contrarie.
Come già detto, si è però spostata, per ragioni di ordine logico, la previsione dell’ultimo comma dell’art. 104
al comma 12 dell’art. 117 proposto, lasciando, nel comma 9 del presente articolo un rinvio alla disposizione
dell’articolo precedente.
Si fa presente che, nel corso dei lavori di redazione della nuova disposizione, è stata considerata la possibile
introduzione di una garanzia “globale di esecuzione”, sul modello del c.d. performance bond di matrice
statunitense, con la previsione quindi di una vera e propria “garanzia di subentro”.
Tuttavia, è nota l’esperienza negativa dell’analoga garanzia, prevista dal decreto legislativo n. 163 del 2006,
limitata alle c.d. grandi opere e divenuta concretamente operativa solo a partire dal 1° luglio 2014, che è poi
stata rapidamente abbandonata avendo prodotto un blocco degli appalti dove avrebbe dovuto essere applicata,
stante l’impossibilità per le imprese di reperire il tipo di garanzie richieste dalla norma.
In ragione di tale fallimento e delle sue cause, nonché della mancanza di delega al riguardo, si è ritenuto di
non intervenire proponendo l’introduzione di una nuova tipologia di garanzia.
Peraltro, nonostante le criticità del modello italiano di performance bond tentato col codice del 2006, lo
strumento rimane potenzialmente di grande rilevanza per far funzionare il mercato degli appalti, soprattutto
quello dei lavori. Infatti, la garanzia fideiussoria incentiva l’impresa a completare il lavoro ma non assicura la
stazione appaltante che comunque l’opera verrà completata alle condizioni contrattuali. Secondo la letteratura
economica, il performance bond sarebbe più efficiente rispetto delle garanzie fideiussorie in quanto, mentre
per queste ultime la banca non ha incentivi a valutare il grado di rischio del concorrente, il performance bond
allinea gli incentivi del garante (c.d. surer) a quelli della stazione appaltante. In sostanza, la stazione appaltante
delega al mercato (cioè al surer) il compito di valutare l’affidabilità delle imprese per la specifica opera, non
solo nella fase pre-gara, ma anche con un monitoraggio continuo durante l’esecuzione del lavoro per limitare
al massimo il rischio di subentro.
L’introduzione di un siffatto meccanismo di garanzia presuppone un’attività preparatoria del mercato
assicurativo di riferimento e una profonda revisione della normativa, con eliminazione di aspetti critici che gli
economisti hanno individuato, tra l’altro, nell’assenza del massimale e nella richiesta del bond per i soli appalti
di elevato valore, nonché nella necessità di introdurre un sistema di corridoi di rischio sui profitti per ottenere
l’appoggio dei surer. Oltre a questi sarebbero indispensabili interventi normativi collaterali, alcuni dei quali
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attinenti soltanto alle procedure di gara, che, pur auspicabili, esulano dalla delega al Governo in materia di
contratti pubblici.
Art. 119
La disposizione ricalca il testo dell’attuale art. 105 come modificato dall’art. 49 del decreto-legge n. 77/2021,
conv. dalla legge n. 108 del 2021, e dall’art. 10 della legge n. 231 del 2021, in particolare quanto alla
soppressione dei limiti quantitativi al subappalto ed al rispetto da parte del subappaltatore dell’obbligo di
indicare una terna di nominativi di sub-appaltatori in fase di aggiudicazione e di offerta.
Si sono mantenute, coordinandole anche con quanto previsto dall’art. 11 in tema di applicazione dei contratti
collettivi nazionali e territoriali, la disciplina delle tutele economiche e normative dei lavoratori dipendenti dal
subappaltatore e la responsabilità solidale dell’affidatario con il subappaltatore in merito agli obblighi di
sicurezza previsti dalla normativa vigente.
Nel comma 1 si è apportata una correzione al comma 1 dell’attuale art. 105, per rimediare ad un’imprecisione
teorica riguardante il regime delle nullità collegato al divieto di cessione del contratto ed ai limiti del
subappalto. Si è quindi previsto che la nullità riguardi il contratto di cessione e gli accordi in deroga ai limiti
normativi del subappalto, mentre l’ambigua formulazione dell’art. 105, comma 1, riferiva la nullità, piuttosto,
al contratto ceduto.
Sempre nel comma 1, al terzo periodo, si è riferito il limite al subappalto alla prevalente esecuzione delle
lavorazioni relative alla “categoria prevalente” piuttosto che al “complesso delle categorie prevalenti” (come
nel comma 1 dell’art. 105) per collegare la previsione all’attuale sistema di qualificazione degli operatori
economici, che prevede che la categoria prevalente sia unica.
Analogamente, è stato aggiunto un inciso al primo periodo del comma 2 per precisare le caratteristiche
distintive del contratto di subappalto rispetto ad altri contratti, indicando la necessità che l’organizzazione dei
mezzi e i rischi siano a carico del subappaltatore.
Al comma 3 si sono apportate modifiche alle previsioni delle lettere a) e c-bis) dell’art. 105 per adeguare il
testo normativo alla giurisprudenza in tema di prestazioni demandabili ai lavoratori autonomi e prestazioni
esenti dalla disciplina del subappalto perché oggetto di rapporti esistenti prima dell’indizione della procedura
di gara, limitando, in entrambi i casi, il riferimento alle prestazioni “secondarie, accessorie o sussidiarie”,
secondo le indicazioni giurisprudenziali.
La principale novità del testo proposto attiene al c.d. subappalto a cascata e si adegua ai rilievi da ultimo
formulati dalla Corte di Giustizia e dalla Commissione UE. Sulla questione da risolvere, posta dal divieto
dell’attuale comma 19 dell’art. 105, oggetto di contestazione da parte della Commissione UE, da ultimo nella
lettera di costituzione in mora del 6/4/22, nell’ambito della procedura di infrazione a carico dell’Italia n.
2018/2273, si osserva che già nella lettera di costituzione in mora del 24/1/2019 la Commissione rilevava, al
riguardo, che dalle disposizioni ivi richiamate delle direttive 2014/24/UE e 2014/25/U: “nonché dall’obbligo
di rispettare i principi di proporzionalità e parità di trattamento di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della
direttiva 2014/24/UE, all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE e all’articolo 3, paragrafo 1,
della direttiva 2014/23/UE, risulta che gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto
generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori. Questa conclusione è ulteriormente
confermata dal fatto che, come spiegato nella sezione 1.3.A della presente lettera, le direttive 2014/23/UE,
2014/24/UE e 2014/25/UE non recano disposizioni che consentano di imporre un limite obbligatorio
all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato. Orbene, l’articolo 105, comma 19, del decreto
legislativo 50/2016 vieta in modo generale e universale che le prestazioni subappaltate possano essere oggetto
di ulteriore subappalto […] Pertanto la Commissione conclude che l’articolo 105, comma 19, del decreto
legislativo 50/2016 viola sia le disposizioni delle direttive menzionate nella sezione 1.3.A della presente
lettera, sia le seguenti disposizioni: l’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 71, paragrafo 5, quinto comma,
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della direttiva 2014/24/UE; l’articolo 36, paragrafo 1, e l’articolo 88, paragrafo 5, quinto comma, della
direttiva 2014/25/UE; l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 42, paragrafo 3, quarto comma, della direttiva
2014/23/UE”.
Nella proposta, il nuovo comma 17 tende a soddisfare le prescrizioni delle direttive UE in ordine al divieto di
limitazioni al ricorso al c.d. subappalto di subappalto fissate in maniera astratta, a prescindere dalla possibilità
di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione del carattere essenziale degli incarichi.
Le limitazioni devono, pur nel rispetto necessario dei principi di trasparenza e di tutela del mercato del lavoro,
essere dunque specifiche e motivate.
Si è ritenuto di non fare rinvio alla norma generale in materia di subappalto, di cui al comma 2 dello stesso
articolo, ma di prevedere uno specifico comma – appunto il comma 17 – sia per l’esigenza di rispondere
puntualmente alla procedura di infrazione in corso, sia per rendere più chiara la necessità di un’apposita
previsione nei documenti di gara che, nel prevedere il subappalto, si occupi anche del subappalto da parte del
subappaltatore.
La disposizione proposta, così come quella attuale, non affronta il tema del subappalto c.d. qualificatorio o
necessario, perché, a rigore, è quest’ultimo istituto ad essere eccentrico rispetto alla causa del contratto di
subappalto quale delineata nel comma 2. La questione dell’ammissibilità del subappalto per l’esecuzione dei
lavori riguardanti le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria - attualmente desumibile dalla
perdurante vigenza dell’art. 12, comma 14, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80 - attiene alla qualificazione degli operatori economici, di cui,
in particolare, all’art. 100.
Art. 120
La disposizione riproduce, con modifiche, l’art. 106 del decreto legislativo n. 50 del 2016, la cui rubrica è stata
modificata (da “modifica dei contratti durante il periodo di efficacia” a “modifica dei contratti in corso di
esecuzione”) per renderla più coerente con le fasi dell’appalto. Infatti, nel testo attuale dell’art. 106, che
riproduce quello della direttiva, si mostra sovrabbondante il riferimento al “periodo di efficacia”, poiché lo ius
variandi del committente presuppone che gli effetti del contratto non siano cessati.
Riservata, come detto, all’art. 60 la disciplina delle clausole di revisione dei prezzi (attualmente contenuta nel
comma 1, lett. a) dell’art. 106), le principali questioni affrontate dalla disposizione proposta attengono:
-
per un verso, alla definizione di varianti “sostanziali”, come tali vietate dalle direttive, nei termini
appresso specificati;
-
per altro verso, alla necessità di dare attuazione al criterio di cui alla lett. u), dell’art. 1, comma 1, della
legge delega (“ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d’opera, nei limiti previsti
dall’ordinamento europeo, in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase
dell’esecuzione”).
Quanto al primo profilo, va sottolineato che, in riferimento alla questione delle modifiche o varianti
“sostanziali”, la direttiva 2014/24/UE utilizza una terminologia piuttosto generica consentendo le modifiche
che non alterano “la natura generale del contratto”. L’art. 106 del decreto legislativo n. 50 del 2016 parla di
“modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro”
(comma 1, lett. a)) oppure di modifica che “non altera la natura generale del contratto” (comma 1, lett. c)), e
ancora di modifica che “ non può alterare la natura complessiva del contratto o dell'accordo quadro” (comma
2) e, inoltre, specifica che “Una modifica di un contratto o di un accordo quadro durante il periodo della sua
efficacia è considerata sostanziale ai sensi del comma 1, lett. e), quando altera considerevolmente gli
elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti” (comma 4).
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Nella disposizione proposta si è inteso recepire la nozione della direttiva inserendo, nei diversi commi
interessati, una nozione unitaria di modifica “snaturante”, quindi trasponendo il concetto di “non alterazione”
della “natura generale del contratto” di cui alla direttiva con la seguente dizione: “nonostante le modifiche, la
struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate”,
utilizzata nei commi 1, 3 e 5.
Ciò chiarito, si è preferito mantenere l’attuale impostazione dell’art. 106, che ricalca perfettamente il testo
dell’art. 72 della direttiva 2014/24/UE, riservando: al comma 1 le modifiche consentite dal punto di vista
qualitativo, perché non “snaturanti” (come definite all’interno della stessa disposizione, secondo quanto sopra);
al comma 2 le modifiche ammesse in ragione del dato quantitativo (e comunque non “snaturanti” secondo
quanto sopra); al comma 6 le modifiche ammesse perché non “sostanziali”, con contestuale specificazione di
quelle che -secondo la direttiva- sono sostanziali per definizione. Al comma 7 si sono previste le modifiche
che, invece, tenuto conto dei limiti posti dalle direttive, possono comunque essere ammesse.
Al riguardo si è tratto spunto dalle modifiche introdotte nel codice dei contratti pubblici con la conversione in
legge del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, recante ulteriori
misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che all’art. 7, comma 2
quater, ha previsto che, nel caso di incrementi del costo dei materiali previsti dal precedente comma 2 ter, sono
consentite “senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità
dell’opera” varianti in corso d’opera che assicurino “risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare
esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali”. L’emergere
dell’obiettivo di risultato evidenziato nel PNRR anche come “risultato da conseguire in tempo utile” e la
contestuale necessità di consentire elasticità al progetto per compensare gli aumenti dei costi delle costruzioni
ha portato ad introdurre con la citata conversione in legge del decreto-legge n. 36 del 2022 la regola appena
enunciata. In linea di continuità con tale previsione ed in coerenza col principio del risultato di cui all’art. 1
del Codice, con il comma 7 dell’art. 120 si propone che, a regime, le varianti che trovano copertura nelle
somme a disposizione del quadro economico e non comportano aumenti di spesa e che mantengono la piena
funzionalità dell’opera (e, quindi, a maggior ragione la natura del contratto) siano sempre ammesse se
adeguatamente motivate da miglioramenti in termini di qualità dell’opera e/o di tempi di ultimazione. Infatti è
interesse precipuo della stazione appaltante e della comunità di entrare nella disponibilità dell’oggetto del
contratto nel più breve tempo possibile, senza contare il fatto che a tempi di realizzazione più brevi si associano
minori rischi di sopravvenienza di eventi incidenti sull’andamento previsto, il primo dei quali è proprio
l’aumento dei costi. Il rischio di ribassi eccessivi in fase di gara, con il successivo “abusivo” ricorso all’istituto
delle varianti in corso d’opera, dovrebbe essere arginato dalla previsione della necessaria copertura e dal
divieto di aumenti di spesa.
Con la disposizione del proposto comma 7 e la ridefinizione dei commi precedenti si è inteso dare attuazione
al criterio della legge delega sopra detto volto ad ampliare la portata delle varianti in corso d’opera, pur nei
limiti fissati dal diritto europeo, al fine di realizzare il delicato bilanciamento, posto a fondamento del criterio
di delega, tra le regole comunitarie sulla concorrenza (che impongono la corrispondenza fra l'appalto eseguito
e quello messo in gara) e le esigenze sopravvenute della stazione appaltante, che richiedono una modifica del
contratto senza la quale l'interesse che sta alla base della stipula verrebbe ad essere in vario modo frustrato, in
particolare negli appalti di lavori in riferimento alla necessità di realizzare l’opera pubblica.
Si è eliminata la lett. e) del comma 1 dell’attuale art. 106, inserendo in un unico comma dell’art. 120 (il comma
5) la previsione della generale ammissibilità delle modifiche non sostanziali. Non è stata riprodotta la
previsione della facoltà per le stazioni appaltanti di “stabilire nei documenti di gara soglie di importi per
consentire le modifiche” per la considerazione che le “soglie” ammesse senza alcuna previsione nei documenti
di gara sono quelle del comma 2 e che, per eventuali specificazioni sulle soglie (nel senso di ammettere le
modifiche per soglie superiori), è sufficiente la possibilità di prevedere le modifiche nei documenti di gara
iniziali con apposite clausole, chiare precise e inequivocabili, ai sensi della lett. a) del comma 1.
Si sono eliminate le previsioni meramente esemplificative o descrittive (compresa quella relativa al
considerevole incremento dei costi delle materie prime, peraltro già considerato in sede di redazione dell’art.
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60, sulla revisione dei prezzi). Fa eccezione la specificazione sulle norme o provvedimenti sopravvenuti,
inserita nel comma 1, lett. c), perché, avendo natura peculiare e non essendo stata indicata nemmeno nella
parte esplicativa dei Considerando della direttiva, è parso preferibile mantenerne l’esplicita qualificazione in
termini di “circostanze imprevedibili” nella disposizione primaria.
Nel comma 8 si è introdotta una disposizione di coordinamento col principio di necessaria rinegoziazione
espresso nell’art. 9 (Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale).
Si è mantenuta, nel comma 10, la disposizione sull’opzione di proroga, contenuta nel comma 11 dell’art. 106,
provvedendo tuttavia a distinguere questa fattispecie – che sostanzialmente rientra nella previsione del comma
1, lett. a) – dalla c.d. proroga tecnica, resa necessaria da eccezionali situazioni collegate alla successione degli
affidamenti. Nel testo dell’art. 120 proposto è stato pertanto eliminato dal comma 10, relativo all’opzione di
proroga, il riferimento, contenuto nell’art. 106, comma 11, al “tempo strettamente necessario alla conclusione
delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente” ed è stato inserito un apposito comma
11, che disciplina specificamente la c.d. proroga tecnica. Per quest’ultima, è stata esclusa la possibilità per
l’amministrazione di applicare prezzi più favorevoli, poiché il gestore uscente “subisce” una proroga che è
indipendente dalla sua volontà. L’opzione di proroga può invece prevedere la variabilità dei prezzi (da inserire
peraltro in corrispondenti clausole contrattuali).
Restano invece regolate nell’art. 121 (destinato a sostituire l’art. 107) le fattispecie di proroga collegate alle
sospensioni e la proroga richiesta dall’appaltatore per ritardi al medesimo non imputabili.
La disposizione del Codice sulle modifiche in corso di esecuzione viene snellita spostando nell’allegato le
previsioni di dettaglio.
Sono state soppresse le disposizioni dell’attuale art. 106 (commi 9 e 10) sul c.d. errore progettuale. Non sembra
opportuna un’apposita previsione dell’errore progettuale nella norma sulle modifiche poiché tale causa della
variante/modifica non è determinante ai fini dell’inserimento nell’una o nell’altra delle fattispecie di modifica
consentite in pendenza di esecuzione, che restano tutte e soltanto quelle del testo come proposto.
La disciplina delle conseguenze sulla responsabilità dei progettisti (come peraltro da criterio di legge delega
che impone la stipulazione di polizze assicurative con oneri a carico della stazione appaltante) è stata inserita
nella parte del Codice destinata a regolamentare la progettazione.
Le novità ulteriori sono le seguenti:
-
precisazione terminologica di alcune fattispecie trasposte dalla direttiva (in particolare, comma 1, lett.
c e lett. d, n. 1); si segnala la modifica apportata all’espressione della parte finale del comma 1, lett.
b), n. 2, in quanto si è ritenuto di sostituire il riferimento alla “duplicazione” dei costi con “sostanziale
incremento dei costi” perché il termine duplicazione che risale al testo italiano della direttiva evoca
necessariamente il concetto, più o meno, di raddoppio, ma non è certo che questo fosse il pensiero del
Legislatore europeo, tanto è vero che il termine figura nelle versioni italiana e inglese, mentre le altre
lingue usano il diverso concetto di aumento/incremento considerevole;
-
necessità di prevedere il c.d. quinto d’obbligo sin nei documenti di gara iniziali (comma 9), per rendere
la previsione compatibile con le fattispecie di modifica consentite dalla direttiva;
-
spostamento nell’allegato II.14 di tutte le fattispecie di comunicazione e trasmissione all’ANAC di
modifiche e varianti in corso d’opera;
-
spostamento nell’allegato II.14 della disciplina della cessione dei crediti.
Si è previsto l’obbligo di pubblicazione per le modifiche di rilevanza europea mediante avviso contenente le
informazioni di cui all’apposito allegato II.16 (comma 14). In sede di prima applicazione del codice, l’allegato
è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’art.
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17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
di concerto con il Ministro per gli affari europei, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato
al codice.
Si prevede, infine, che, per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all'art. 14, la pubblicità avvenga in
ambito nazionale.
Allegato II.16
Questo allegato, relativo alle informazioni da pubblicare a livello europeo in caso di modifiche di contratti
d’appalto in corso di esecuzione (nei casi in cui ciò è consentito), riproduce integralmente e senza variazioni
la lettera E della parte I dell’allegato XIV al vigente decreto legislativo n. 50/2016.
Art. 121
La principale novità della disposizione, che disciplina la sospensione dell’esecuzione riproducendo con
modifiche l’attuale art. 107, attiene al coordinamento della stessa con le norme sul Collegio consultivo tecnico,
realizzato nei commi 3 e 8.
La disposizione del codice sulle sospensioni viene snellita spostando nell’allegato le previsioni di dettaglio.
Come già visto, le riserve dell’appaltatore a contenuto economico, diverse da quelle inerenti le sospensioni,
sono disciplinate nell’art. 115 sulla contabilità degli appalti.
Art. 122
La disposizione, che disciplina la risoluzione del contratto, corrisponde all’attuale art. 108.
Si è ritenuto di introdurre al comma 1 l’inciso chiarificatore per il quale le stazioni appaltanti possono risolvere
il contratto di appalto “senza limiti di tempo”, in correlazione con la soppressione dell’attuale comma 1-bis
dell’art. 108 (che esclude l’applicabilità alla risoluzione del termine di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241 del
1990, sull’autoannullamento).
Il problema del richiamo all’istituto dell’annullamento d’ufficio in autotutela non è, infatti, risolto dall’attuale
comma 1-bis, che lo implica in modo allusivo solo per escludere l’applicabilità del termine di cui al citato art.
21-nonies della l. n. 241.
Il problema nasce dal fatto che l’attuale art. 108 ospita al suo interno fattispecie:
(a) strutturalmente e ontologicamente disomogenee, in parte corrispondenti alla risoluzione civilistica per
inadempimento (commi 3 e 4), che non hanno nulla a che vedere con l’annullamento d’ufficio,
(b) riconducibili ad ipotesi di autotutela [comma 1, lettere c) e d); comma 2, lett. a) e lett. b)], per cui l’istituto
sarebbe applicabile,
(c) altre ipotesi eterodosse [comma 1, lettere a) e b)] di sopravvenuta modifica del quadro esigenziale pubblico
che implica una rinegoziazione incompatibile con l’esecuzione dell’appalto affidato e che pretende una nuova
procedura di affidamento (in pratica: un recesso motivato e giustificato da presupposti oggettivi, in cui
l’appaltatore non ha diritto al ristoro del mancato guadagno).
Si segnala la reimpostazione delle lettere a) e b) del comma 1 in linea con il riferimento alla necessità di
introdurre le modifiche sostanziali o oltre soglia (“il contratto dovrebbe subire una modifica sostanziale che
richiede una nuova procedura di appalto ai sensi dell'articolo…”).
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La disposizione del codice sulla risoluzione viene snellita spostando nell’allegato II.14 le previsioni di dettaglio
evidenziate. Si è ritenuto di mantenere nel codice l’ultimo comma dell’art. 108 (divenuto comma 8 dell’art.
120) poiché prevede in capo alla stazione appaltante una facoltà alternativa all’esecuzione di provvedimenti
giurisdizionali (che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro), che
non può essere demandata alla normativa secondaria, trattandosi di un diritto soggettivo riconosciuto in favore
della stazione appaltante.
Art. 123
La disposizione disciplina il recesso, riproducendo con modifiche l’attuale art. 109.
Nel comma 1, anziché “previo il pagamento”, formula adottata sia dal comma 1 dell’art. 109, sia dalle norme
previgenti (art. 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006; art. 122 del d.P.R. n. 554 del 1999), che sembra
evocare una priorità temporale del pagamento rispetto al recesso, si è ritenuto di utilizzare la formulazione
dell’analogo istituto del recesso unilaterale del committente di cui all’art. 1671 cod. civ. e cioè: “purché tenga
indenne l’appaltatore mediante pagamento […]”
Il comma 2 dell’art. 109 è stato soppresso grazie all’aggiunta dell’inciso finale nel comma 1 del testo proposto
dell’art. 123, che per quanto riguarda il calcolo del decimo dell’importo fa rinvio all’allegato II.14.
L’attuale comma 3 dell’art. 109 prevede la formale comunicazione di recesso con una formulazione del testo
che sembra presupporre una comunicazione preliminare e il successivo esercizio del recesso. La modifica
proposta, contenuta nel comma 2 dell’art. 123, è intesa a chiarire: a) che la comunicazione deve essere scritta
e b) che l’atto di recesso consiste nella comunicazione.
Ciò si spiega in quanto l’atto di recesso non deve osservare le modalità procedimentali dell’atto amministrativo
(comunicazione avvio procedimento e motivazione: cfr. sul punto, recentemente, Cass. n. 21574/2022 per un
caso di recesso previsto dal contratto) perché si tratta di un atto negoziale non autoritativo, posto in essere iure
privatorum. Inoltre è un recesso ad nutum con cui il contraente committente si scioglie dal contratto tenendo
indenne la controparte (che non ha una legittima aspettativa a nulla di più) sia di oneri e costi, sia del lucro non
realizzato.
La disposizione del codice sul recesso è stata snellita spostando nell’allegato II.14 le previsioni di dettagli. In
particolare, il comma 3 ha rinviato all’allegato la disciplina sul rimborso dei materiali, la facoltà di ritenzione
della stazione appaltante e gli obblighi di rimozione e sgombero dell’appaltatore, già contenuta nei commi da
4 a 6 dell’attuale art. 109.
Art. 124
La disposizione si occupa dell’esecuzione o completamento dei lavori, servizi o forniture in caso di insolvenza
o di impedimento alla prosecuzione dell’affidamento con l’esecutore designato e corrisponde all’attuale art.
110 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Con l’art. 5, comma 4, lett. b), del decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76, convertito dalla l. 11 settembre 2020, n.
120, si è previsto (in deroga al citato art. 110, come da ultimo modificato dall’art. 372, comma 1, del decreto
legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, cd. Codice della crisi e dell’insolvenza) che, fino al 30 giugno 2023, la
stazione appaltante, nel caso in cui la prosecuzione dei lavori, per qualsiasi motivo (ivi incluse la crisi o
l'insolvenza dell'esecutore anche in ipotesi di concordato con continuità aziendale ovvero di autorizzazione
all'esercizio provvisorio dell'impresa) non possa procedere con il soggetto designato, né, in caso di esecutore
plurisoggettivo, con altra impresa del raggruppamento designato, e risolva pertanto il contratto, interpelli
progressivamente i soggetti che hanno partecipato alla originaria procedura di gara come risultanti dalla
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relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per il completamento dei lavori, se tecnicamente ed
economicamente possibile e alle condizioni proposte dall'operatore economico interpellato.
È così previsto il subentro di altra impresa appaltatrice a condizioni diverse da quelle stabilite dal contratto
stipulato con l’aggiudicatario, e cioè alle condizioni proposte dal subentrante. Invece, l’art. 110, comma 2,
anche nel testo conseguente alle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 14 del 2019, fa riferimento, pur
sempre, alle medesime condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede di offerta e nello stesso
senso è anche il primo periodo del comma 2 dell’art. 124.
Il testo proposto dell’art. 124, per bilanciare le contrapposte esigenze della stazione appaltante, di contenere i
costi dell’opera pubblica, ma anche di completarne la realizzazione (ovvero, per gli appalti di servizi e forniture
di contenerne i costi, ma pervenire alla conclusione del servizio o della fornitura), aggiunge al comma 2 un
secondo periodo, prevedendo la facoltà per la stazione appaltante di disporre nei documenti di gara che, in
caso di subentro con scorrimento della graduatoria, le condizioni economiche del contratto saranno quelle
proposte dal subentrante (sempre che il subentro sia economicamente e tecnicamente possibile ai sensi del
comma 1 riformato).
Evidentemente nel caso in cui la stazione appaltante eserciti questa opzione, l’appaltatore inadempiente in caso
di risoluzione sarà chiamato a rispondere automaticamente dei maggiori costi dell’appalto riaffidato a
condizioni più onerose per la stazione appaltante rinegoziate con il subentrante, riconducibili agli oneri
aggiuntivi considerati dal comma 6 dell’art. 122, senza che l’equità del corrispettivo sia presumibile per effetto
dell’espletamento di una nuova gara ad evidenza pubblica.
D’altra parte, la possibilità di questa rinegoziazione con il subentrante è una facoltà importante per la stazione
appaltante.
La disposizione è stata modificata, rispetto all’attuale art. 110, anche espungendo tutte le previsioni che non
riguardano la fase esecutiva, fatto salvo quanto si dirà appresso per i fatti sopravvenuti al provvedimento di
aggiudicazione.
Al comma 4 si è infatti previsto, a differenza dell’attuale regime, che la sopravvenienza della liquidazione
giudiziale dopo il provvedimento di aggiudicazione non comporti automaticamente la decadenza
dall’aggiudicazione, ma il contratto possa essere stipulato col curatore autorizzato all’esercizio dell’impresa,
previa autorizzazione del giudice delegato.
Si tratta di una situazione in cui la partecipazione e l’aggiudicazione sono avvenute quando l’imprenditore era
ancora in bonis, del tutto legittimamente, e manca soltanto l’aspetto formale della stipulazione. Merita tutela
l’aspettativa della curatela alla stipula, in vista della tutela della consistenza del patrimonio dell’imprenditore
in liquidazione giudiziale e delle ragioni dei creditori, sotto sorveglianza del curatore e del giudice delegato
per verificare la sostenibilità da parte della società fallita dell’esecuzione del contratto. L’art. 57, par. 4, lett.
b), della direttiva 2014/24 non obbliga gli Stati membri e le stazioni appaltanti ad escludere dalle procedure e
dai contratti pubblici le società dichiarate insolventi, ma lascia la scelta in capo ai singoli Paesi.
L’ambito interpretativo dell’espressione “contratti stipulati” di cui all’attuale art. 110, comma 3, che il curatore
autorizzato all’esercizio provvisorio dell’impresa può eseguire, è stato inoltre ampliato ricomprendendo nel
comma 4 della disposizione proposta anche gli accordi quadro (e quindi i contratti applicativi successivi). Si
è così risposto al dubbio se il curatore potesse stipulare contratti applicativi dell’accordo quadro, oppure se
l’accordo quadro stipulato rimanesse comunque valido, ma “sospeso” fino al subentro di un nuovo soggetto
acquirente dell’azienda o cessionario del contratto.
Le restanti modifiche sono volte ad un migliore coordinamento della disciplina con il Codice della crisi
d’impresa e dell’insolvenza e con la scelta redazionale di spostare nella sezione dedicata ai requisiti generali
le fattispecie concernenti la partecipazione alla gara dell’impresa ammessa al concordato preventivo o che ne
abbia fatto domanda.
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È stato soppresso il comma 6 dell’attuale art. 110, riguardante i poteri dell’ANAC nei confronti delle imprese
in concordato, su proposta della stessa Autorità.
Nel comma 3 è stata introdotta una disciplina di coordinamento con le disposizioni in tema di collegio
consultivo tecnico.
Art. 125
In questa disposizione sono state inserite le norme su:
-
anticipazione del corrispettivo: al comma 1 si è prevista l’estensione discrezionale dell’anticipazione
per le stazioni appaltanti fino al 30% e la disciplina dell’anticipazione per i contratti di servizi e
forniture pluriennali;
-
pagamento acconti: si sono recepite, ai commi 3, 4 e 5, le modifiche apportate dalla legge n. 238 del
2021, ma sono state coordinate con l’intera disposizione; si è ritenuto di collegare l’emissione della
fattura a quella del certificato di pagamento, piuttosto che all’emissione del s.a.l. (considerato che
quest’ultimo è un documento contabile, di per sé non idoneo a quantificare con esattezza l’importo via
via dovuto dalla stazione appaltante); per contenere il rischio di ritardi ingiustificati nell’emissione dei
certificati di pagamento si è introdotto l’ultimo periodo del comma 5, che ne fa oggetto di valutazione
del RUP ai fini della liquidazione dell’incentivo; il comma 6 estende le previsioni dei commi
precedenti ai contratti di servizi e forniture a carattere periodico o continuativo;
-
pagamento rata saldo: il comma 7 riproduce l’attuale disciplina dell’art. 113-bis, comma 2; così come
il comma 8 riproduce il richiamo all’art. 4, comma 6 del decreto legislativo n. 231 del 2002 contenuto
nel comma 3 dell’art. 113-bis; è stato poi aggiunto un comma 9 per meglio coordinare la disposizione
con le previsioni del decreto legislativo n. 231 del 2002 in tema di interessi di mora nel caso di ritardo
nei pagamenti.
Va evidenziato come con il decreto legislativo n. 231/2002 è stata attuata nel nostro ordinamento la direttiva
2000/35/CE contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. I testi originari della direttiva e della
norma nazionale contenevano dizioni generiche (art. 2 lett. a), “transazioni commerciali: i contratti, comunque
denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva
o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo”).
Successivamente è intervenuta la direttiva 2011/7/UE, cui si è data attuazione con il decreto legislativo n.
192/2012, e, poi, con la l. n. 161/2014 (Legge europea 2013-bis): quest’ultima, all’art. 24, comma 1, ha chiarito
che "L'articolo 2, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, come sostituito
dall'articolo 1, comma 1, lett. b), del decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, si interpreta nel senso
che le transazioni commerciali ivi considerate comprendono anche i contratti previsti dall'articolo 3, comma
3, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163", vale a dire anche quelli relativi a esecuzione
di opere o lavori, oltre a quelli aventi ad oggetto servizi o forniture.
Date tali premesse normative, si è ritenuto di confermare il testo dell’attuale art. 113 bis (che tiene conto del
decreto legislativo n. 192/2012, di modifica del decreto legislativo n. 231/2002) secondo cui il pagamento delle
rate di acconto e della rata di saldo deve intervenire, senza necessità di previa costituzione in mora del debitore,
nei 30 giorni seguenti l’adozione dei s.a.l. e l’emissione dei certificati di acconto e di saldo (che deve essere
contestuale ai s.a.l. o differita fino a 7 giorni) ovvero, su espressa pattuizione scritta delle parti, entro altro
termine fino ad un massimo di 60 giorni successivi quando ciò sia giustificato dalla natura particolare del
contratto o da talune sue caratteristiche (salvo il raddoppio dei termini per le imprese pubbliche tenute al
rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al decreto legislativo n. 333/2003 e gli enti pubblici che forniscono
assistenza sanitaria e che sono stati riconosciuti a tal fine). Inoltre il pagamento della rata di saldo è subordinato
(e quindi il relativo termine di pagamento non decorre fino a quando non si provvede) alla costituzione di una
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cauzione o garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa (art. 103; nella proposta, art. 5). In caso di ritardo
rispetto ai suddetti termini, sono dovuti (artt. 2 comma 1, lettere a) e f), e 5 del decreto legislativo n. 231/2002),
come interessi legali di mora, interessi semplici di mora su base giornaliera ad un tasso che è pari al tasso
di riferimento, pari a quello applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di
rifinanziamento principali, in vigore all’inizio del semestre, maggiorato di otto punti percentuali, oltre al
rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte e un importo
forfettario a titolo risarcimento danno (art. 6 del decreto legislativo 231/2002).
La sequenza delineata nel testo proposto dell’art. 125 (s.a.l. – certificati di pagamento entro 7 gg. – facoltà di
emissione fattura da parte appaltatore – pagamento entro 30 gg. aumentabile a 60 gg. in casi particolari e
specifici) è più favorevole alle imprese, rispetto a quella prevista dall’art. 4 del decreto legislativo n. 231 del
2002, quanto alla decorrenza degli interessi di mora. Quest’ultima infatti non è collegata all’emissione dei
certificati di pagamento degli acconti e della rata di saldo, bensì, rispettivamente all’emissione dei s.a.l. ed
all’emissione dei certificati di collaudo e di verifica di conformità. Infatti, a parte il comma 6, l’art. 4 del
decreto legislativo n. 231 del 2002 non è richiamato dal testo proposto.
Il comma 9 invece richiama, per la quantificazione degli interessi ed il riconoscimento delle spese di
liquidazione, gli artt. 5 e 6 del decreto legislativo n. 231 del 2002.
È stato inserito il comma 10 al fine di coordinare la disposizione sui pagamenti con la tenuta digitale della
contabilità. Con tale ultima disposizione, ed il sistema di contabilità che presuppone, si intende dare attuazione
ai criteri di delega delle lettere l) e ii) dell’art. 1 della legge delega, già riprodotti nella relazione introduttiva.
Art. 126
La disposizione ha ad oggetto penali e premi di accelerazione.
Per le penali contrattuali, il comma 1 riproduce l’attuale comma 4 dell’art. 113-bis.
Per i premi di accelerazione, il comma 2 trae spunto dall’art. 50, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2021,
n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2021, n. 108, lasciando, tuttavia, alla discrezionalità
della stazione appaltante la previsione di tali incentivi.
La disposizione, destinata a dare attuazione al criterio di cui al comma 1, lett. hh), dell’art. 1 della legge delega
(razionalizzazione della disciplina concernente i meccanismi sanzionatori e premiali finalizzati a incentivare
la tempestiva esecuzione dei contratti pubblici da parte dell'aggiudicatario, anche al fine di estenderne
l'ambito di applicazione), è stata completata con la previsione di una opzione che la stazione appaltante si può
riservare nei documenti di gara al fine di estendere il premio di anticipazione anche al caso di termine
legittimamente prorogato, qualora l’ultimazione “dei lavori” avvenga in anticipo rispetto a quest’ultimo.
Va sottolineato che, allo stato attuale, la giurisprudenza della Cassazione è ferma nel ritenere che la data di
riferimento per stabilire se vi sia stata o meno l’anticipazione dell’adempimento sia quella originaria fissata
in contratto e non quella eventualmente prorogata, indipendentemente dalle ragioni della proroga1 (anche nei
casi in cui la proroga non sia imputabile all’appaltatore).
Cass. 3260/2022: “In tema di appalto di opere pubbliche, il premio di accelerazione costituisce un compenso autonomo
ed ulteriore, diverso dal corrispettivo dei lavori, spettante all'appaltatore nell'eventualità, oggettivamente verificabile,
dell'ultimazione dei lavori anticipata rispetto alla data fissata in contratto, sicché detto premio non è dovuto in tutti i casi
in cui il termine finale sia posticipato - a seguito di proroga (anche concordata), ovvero di sospensioni o varianti (anche
se disposte dalla stazione appaltante), oppure di slittamenti o differimenti per forza maggiore - poiché l'interesse pubblico
all'esecuzione dell'opera prima del termine in origine stabilito, valutato positivamente in relazione ai tempi iniziali, può
non sussistere rispetto ai diversi tempi sopravvenuti nel corso dell'esecuzione, senza che assuma alcun rilievo la causa
del differimento”; Cassazione civile sez. VI, 30/03/2011, n.7204: “In tema di appalti di opere pubbliche nella regione
Sicilia, la norma di cui all'art. 35 l. reg. n. 21 del 1985 - nel prevedere il diritto alla corresponsione di un "premio di
1
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Quindi il primo periodo del comma 2 proposto, che per il premio di accelerazione fa riferimento al termine
fissato contrattualmente, senza ulteriori specificazioni, non potrà che essere interpretato in continuità col detto
orientamento giurisprudenziale.
Sebbene nel corso dei lavori di redazione taluni componenti abbiano espresso perplessità nei confronti di
estensioni del riconoscimento del premio nei casi di termine finale prorogato (preferendo l’impostazione che
lo collega rigidamente al termine originario fissato in contratto e così ancorandosi alla linea seguita dalla
Cassazione, anche in un’ottica di prevenzione del contenzioso), la legge delega manifesta un certo favore
all’introduzione di strumenti incentivanti. In proposito, oltre a quella appena segnalata, il dibattito interno al
gruppo di lavoro ha consentito di far emergere le seguenti ulteriori posizioni:
a) alcuni tecnici operanti nelle direzioni dei lavori hanno messo in luce le potenzialità di incentivazione
e negoziali che un ampliamento delle possibilità di riconoscimento potrebbe offrire alla stazione
appaltante;
b) altri, dal punto di vista del Foro e degli appaltatori, hanno proposto di neutralizzare la protrazione
incolpevole dei termini e di prevedere formulazioni che riconoscessero comunque l’incentivo se vi è
anticipo rispetto al termine legittimamente prorogato;
c) altri, infine, hanno suggerito di rimettere la regolazione alle clausole contrattuali chiare e inequivoche.
Il terzo periodo del comma 2 tiene conto di tale dibattito, ma anche del criterio direttivo della legge delega a
favore degli strumenti incentivanti, e quindi consente un’estensione dell’attuale applicazione dell’istituto del
premio incentivante nei lavori, quale risulta dalla giurisprudenza maggioritaria del giudice di legittimità, ma
ne rimette la regolamentazione in concreto alla discrezionalità della stazione appaltante, da esercitarsi mediante
l’inserimento di clausole chiare e inequivoche nei documenti di gara iniziali e quindi nel contratto.
Non si è invece inteso procedere all’ampliamento applicativo richiesto dal criterio di delega estendendo
analoghi meccanismi incentivanti ai contratti di servizi e forniture.
incentivazione", da corrispondere all'impresa in caso di anticipata ultimazione dei lavori rispetto ai termini contrattuali
inizialmente previsti dal capitolato d'appalto - deve essere interpretata, sul piano letterale, logico e sistematico, nel senso
che tale premio è collegato solo ad una ultimazione anticipata rispetto al termine inizialmente fissato dal contratto, con
esclusione, quindi, del premio in tutti i casi in cui il termine finale sia posticipato, tanto se ciò avvenga a seguito di
proroga anche concordata, quanto nell'ipotesi di sospensioni e varianti, ancorché disposte dalla stazione appaltante,
quanto, infine, per fatti dovuti a slittamento o differimento per forza maggiore, dal momento che l'interesse pubblico
all'esecuzione dell'opera prima del tempo inizialmente fissato, valutato positivamente in relazione ai tempi iniziali, può
non sussistere rispetto ai diversi tempi sopravvenuti nel corso dell'esecuzione, essendo irrilevante la causa del
differimento”; conf. Cass. n. 13434/2005; Cass. n. 4477/2003; Cass. n. 17331/2002).
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PARTE VII
DIPOSIZIONI PARTICOLARI PER ALCUNI CONTRATTI DEI SETTORI ORDINARI
Titolo I – I servizi sociali e i servizi assimilati
Gli articoli da 127 a 131 disciplinano l’affidamento dei servizi sociali e di quelli ad essi assimilati. L’attuale
normativa appare, per quanto complessivamente conforme alle indicazioni della direttiva 24/2014/UE, per un
verso disarticolata, per altro verso alquanto ridondante: in particolare, le disposizioni inerenti i settori speciali
(di cui alla direttiva 25/2014/UE) precedono, in modo non armonico, quelle relative ai settori ordinari, peraltro
in cospicua misura sovrapponibili. Per tal via, negli articoli in esame si è anzitutto optato – in coerenza con la
scelta di fondo di riservare ad apposito Libro, secondo una direttiva di programmatica autosufficienza, la
disciplina dei settori speciali – per una esplicita limitazione ai settori ordinari, affidando a pertinenti richiami
o a necessarie integrazioni l’ambito dei settori speciali.
Art. 127
Sotto il profilo terminologico, si è preferito sostituire, fin dalla rubrica della disposizione, l’espressione ‘altri
servizi specifici’ (contenuta nell’attuale art. 140) ovvero ‘altri servizi’ (contenuta nella rubrica dell’attuale
Capo II della Sezione IV) con quella, meno generica e più espressiva, di ‘servizi assimilati’ ai servizi sociali,
che dà conto della uniformità della relativa disciplina pur nella eterogeneità dei settori di riferimento. Peraltro,
il catalogo dei servizi in questione è ancora affidato, con un complessivo richiamo per relationem, all’allegato
XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014. Ciò in ragione
dell’assunto che il comune regime si fonda, in base alle vincolanti prescrizioni della direttiva, su una logica di
mera ‘assimilazione’, giustificata dal più circoscritto e limitato interesse tranfrontaliero.
Ancora sotto il profilo terminologico, si è sostituito il riferimento alla ‘aggiudicazione degli appalti’ con il più
comprensivo ‘affidamento’ del servizio (così il comma 3 del testo proposto): ciò per escludere ogni preclusione
al ricorso allo strumento della concessione. Sicché – anche sotto questo profilo in coerenza con l’opzione
‘sistematica’ di autosufficienza della disciplina dei contratti di concessione – la normativa in questione deve
ritenersi, per questa parte, ‘di carattere generale’.
Della necessità di coordinamento con la disciplina del c.d. Codice del Terzo Settore, approvato con decreto
legislativo n. 117/2017 in attuazione della delega di cui alla legge n. 106/2016, si è tenuto conto mercé il
comprensivo richiamo fatto in apertura dal comma 1 del testo proposto all’art. 6 del codice, il quale costituisce
disciplina di principio.
In materia, risultano da ultimo adottate le Linee Guida ANAC n. 17 del 27 luglio 2022, non recepite.
Merita segnalare che l’attuale art. 141 (recante ‘Norme applicabili ai concorsi di progettazione e di idee nei
settori speciali) è stato espunto, in considerazione della scelta di riservare alla relativa sedes materiae la
disciplina dei concorsi di progettazione e di idee.
Art. 128
Con la disposizione in esame si è inteso, per ragioni di chiarezza e di coerenza, dedicare un apposito articolo
ai servizi assoggettati al c.d. regime intermedio di cui all’attuale art. 142, commi 5-bis e seguenti, introdotto
dal decreto legislativo n. 56/2017. La scelta è stata anche di ordine terminologico, con il complessivo
riferimento ai ‘servizi alla persona’, espressamente elencati, all’interno del comprensivo genus, al comma 2
(e richiamati nell’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014).
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Al di là di tali profili, la disciplina risulta sostanzialmente immutata rispetto a quella attuale.
Si segnala peraltro, per la sua attitudine innovativa, la previsione del comma 8, con la quale – relativamente
agli affidamenti di servizi alla persona inferiori alla soglia europea – si è scelto di non richiamare, in prospettiva
liberalizzante, la disciplina generale degli appalti sotto soglia, ma di imporre (attraverso il richiamo al comma
3) esclusivamente il rispetto dei principi (generali) di qualità, continuità, accessibilità, disponibilità e
completezza, e gli obblighi di tenere conto delle esigenze specifiche delle diverse categorie di utenti, compresi
i gruppi svantaggiati, e di promuovere il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli utenti. Si è inteso, con
ciò, recepire le diffuse istanze degli operatori del settore, con particolare riferimento alla obiettiva criticità
dell’attuazione, nei settori in questione, del principio di rotazione.
Titolo II – Gli appalti di servizi sociali e di altri servizi nei settori ordinari
Art. 129
La disposizione è dedicata alla disciplina dei ‘contratti’ riservati (tale nuova denominazione è apparsa più
corretta, al fine – già evidenziato – di non marcare in subiecta materia una aprioristica preclusione al ricorso
al contratto di concessione). Detta disciplina trae fondamento dagli artt. 77 della direttiva 2014/24/UE e 94
della direttiva 2014/25/UE ed è rimasta, nella riformulazione, sostanzialmente immutata rispetto a quella
attuale, contenuta nell’art. 143.
Si è preferito, per migliore intellegibilità, individuare i settori interessati (attualmente elencati con i relativi
codici CPV) tramite rinvio all’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 26 febbraio 2014.
Come già per l’art. 127, anche in tal caso il richiamo alla normativa del c.d. Terzo settore è comprensivamente
operato mediante un apposito richiamo all’art. 6 del codice, contenuto nel comma 2 del testo proposto.
Il riferimento (contenuto nel corpo dell’attuale art. 143) alle ‘organizzazioni’ è stato espunto, in quanto privo
di riscontro nella disciplina di settore, e sostituito con il riferimento agli ‘enti’.
Si è proceduto a taluni minimi interventi di drafting. Così è stato eliminato l’aggettivo “tutte”, che il comma 2
dell’attuale art. 143 riferisce alle condizioni normativamente richieste per l’affidamento riservato, in ragione
della sua superfluità, essendo esso implicito nell’elenco delle suddette condizioni.
Inoltre, è stata collocata in un apposito comma (il comma 3) la prescrizione del divieto di riaffidamento
infratriennale, attualmente inserita meno congruamente dal comma 2, lett. d), dell’art. 143 tra le ‘condizioni’
per la riserva.
In ogni caso la durata massima del contratto non può superare i tre anni (comma 4).
Art. 130
La disposizione contiene la disciplina dei ‘servizi di ristorazione’, che è stata tenuta distinta (avuto riguardo
alla eterogeneità delle relative prestazioni contrattuali e, di conseguenza, dei relativi principi ispiratori) da
quella dei ‘servizi sostitutivi di mensa’, affidata al successivo art. 131 (mentre nell’attuale assetto una sola
disposizione, l’art. 144, contempla ambedue le discipline).
La norma è stata sostanzialmente interessata da un intervento di drafting rispetto all’attuale art. 144, con il
quale nel comma 1 sono stati separatamente evidenziati – per una maggiore intellegibilità – mediante apposita
elencazione i criteri ‘specifici’ preordinati alla valutazione delle offerte.
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In particolare, si introducono misure per una più efficiente gestione delle procedure di affidamento e gestione
del relativo contratto di appalto: si prevede che il bando di gara debba valorizzare, in sede di attribuzione del
punteggio, le caratteristiche qualitative che connotano il servizio sostitutivo di mensa (rete degli esercizi da
convenzionare), limitando il criterio del massimo ribasso sul valore nominale del buono pasto, che potrebbe
creare dinamiche difficili da sostenere e distorsive della concorrenza (cfr. art. 131 successivo).
Si è, altresì, conservato il richiamo alla normativa speciale inerente la refezione scolastica, assistenziale ed
ospedaliera. A tale richiamo è stata data, peraltro, maggiore evidenza, anche qui per una migliore intellegibilità
rispetto all’attuale comma 1 dell’art. 144, dedicando ad esso appositi commi (i commi 2 e 3) e specificando in
questi l’oggetto del richiamo stesso.
Art. 131
La disciplina dei ‘servizi sostitutivi di mensa’ è stata scorporata, per le ragioni evidenziate in sede di relazione
illustrativa dell’art. 130, da quella avente ad oggetto i servizi di ristorazione.
Senza innovazioni sostanziali rispetto all’attuale art. 144, sono stati affidati a diversi commi, per ragioni di
maggiore chiarezza: 1) la definizione dell’attività dei servizi sostitutivi e, quindi, dell’ambito oggettivo della
disposizione (comma 1); 2) i requisiti degli operatori economici, nazionali ed aventi sede in altri Paesi
dell’Unione europea (commi 2 e 4); 3) le modalità di dimostrazione dei requisiti (comma 3).
La disciplina, di natura regolamentare, relativa alle modalità di erogazione del servizio (attualmente prevista
dal d.m. 7 giugno 2017, n. 122) è stata trasfusa, anche per questa parte assecondando una opzione generale
nella redazione del codice, in apposita sezione dell’Allegato IV, relativo ai servizi sociali.
Il comma 5 recepisce e generalizza, trasformandola in norma a regime, la previsione dell’art. 26-bis del
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 (che ha dettato una disciplina
temporanea apportando modifiche al comma 6 dell’attuale art. 144).
Il comma 6 prevede che un allegato individui gli esercizi presso cui può essere erogato il servizio sostitutivo
di mensa, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione dei
buoni e i titolari degli esercizi convenzionabili. Nel caso di buoni pasto in forma elettronica è garantito agli
esercizi convenzionati un unico terminale di pagamento. In sede di prima applicazione del codice, l’allegato è
abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’art.
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle imprese e made in Italy, di
concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di
allegato al codice.
Allegato II.17
Questo allegato riproduce la disciplina integralmente regolamentare, in tema di servizi sostitutivi di mensa
mediante c.d. buoni pasto, già contenuta nel d.m. 7 giugno 2017, n. 122, attuativo dell’art. 144 del vigente
decreto legislativo n. 50/2016, decreto che viene pertanto abrogato (cfr. art. 227).
Titolo III – I contratti nel settore dei beni culturali
Il Titolo III concerne il settore dei beni culturali, del quale, nella legge delega 21 giugno 2022, n. 78, è più
volte rimarcata la specialità (v. lett. a, h, t).
Diversamente da quanto avvenuto in occasione della redazione del decreto legislativo n. 50 del 2016, che
dedicava ai beni culturali un piccolo corpus normativo (Capo III della Sezione IV), si è preferito, in occasione
di questo intervento sul Codice dei contratti pubblici, mantenere a livello di normazione primaria un numero
181
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ridotto di disposizioni, le quali vengono ad essere completate, da un lato, dal Codice dei beni culturali (decreto
legislativo n. 42 del 2004), e, dall’altro, per gli aspetti più di dettaglio, dalla fonte regolamentare, allo stato
rappresentata dal d.m. 22 agosto 2017, n. 154.
Conseguentemente, sono stati sono stati mantenuti nel Codice solo tre articoli, rinviandosi all’allegato II.18
per la disciplina attuativa e di dettaglio.
Art. 132
L’articolo, al comma 1, disegna l’assetto normativo dei contratti relativi al settore dei beni culturali nell’ambito
dell’impianto del Codice e, al comma 2, reca la conferma del divieto di avvalimento per i contratti del settore
dei beni culturali, già previsto dall’art. 146, comma 3, del decreto legislativo n. 50/2016. Si segnala che, sul
tema, è intervenuta una recente pronuncia della Corte costituzionale (Corte costituzionale 11 aprile 2022 n.
91) che ne ha sancito la legittimità costituzionale, mentre non risultano, allo stato, rinvii pregiudiziali su questo
punto alla Corte di Giustizia.
Art. 133
L’articolo – che si compone di un unico comma – rinvia alla fonte regolamentare per gli aspetti di maggiore
dettaglio (e nell’ottica di salvaguardia delle specifiche esigenze di tutela del settore) in tema di requisiti di
qualificazione sia dei soggetti esecutori dei lavori nel settore dei beni culturali sia dei direttori tecnici, nonché
in tema di livelli e contenuto della progettazione, di varianti, di lavori di somma urgenza e di collaudo.
La fonte regolamentare, come più sopra anticipato, è costituita dall’allegato II.18 al Codice, che potrà essere
abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento ai sensi dell’art. 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adottato con decreto del Ministro della cultura, di concerto con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Allegato II.18
Questo allegato è predisposto avendo come riferimento il vigente d.m. 22 agosto 2017, n. 154, recante la
disciplina attuativa del codice del 2016 in materia di lavori su beni culturali, con i necessari adeguamenti
conseguenti alla necessità di raccordare la disciplina attuativa con la nuova disciplina come articolata dal
codice emanando e soprattutto con le parti maggiormente innovative di essa (in particolare, in tema di
progettazione).
Art. 134
La disposizione, corrispondente all’attuale art. 151, si occupa della collaborazione tra pubblico e privato nello
svolgimento di attività finalizzate alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali, di regola svolte nelle forme
della sponsorizzazione e del partenariato. Il riferimento alla “valorizzazione” dei beni culturali, oltre che alla
loro tutela, contenuto nel comma 1, risponde ad una sollecitazione in tal senso della dottrina.
Nella formulazione proposta, queste forme di collaborazione vengono ricondotte dal comma 1, tramite rinvio
alla disciplina comune, all’ampia categoria dei contratti gratuiti recepita nel codice (v. art. 8, comma 1).
Nell’ottica di una maggiore tutela e valorizzazione dei beni culturali, il comma 2 del testo proposto prevede
la possibilità che l’attivazione di forme speciali di partenariato sia estesa anche ai beni culturali mobili, oltre
che agli immobili, eliminando pertanto il precedente riferimento ai soli beni immobili contenuto nel comma 3
dell’attuale art. 151.
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Titolo IV – I servizi di ricerca e sviluppo
Art. 135
La disposizione disciplina, senza innovazioni sostanziali rispetto all’attuale art. 158, l’affidamento dei servizi
di ricerca e sviluppo e gli appalti pre-commerciali.
Per quanto riguarda i settori interessati, si è scelto di predisporne un elenco nell’apposito allegato II.19, che è
richiamato dal comma 1. Ciò, in modo da non appesantire la norma, tenuto conto che il comma 1 dell’attuale
art. 158 richiama i servizi di ricerca e sviluppo, in guisa non immediatamente intellegibile, tramite indicazione
del CPV.
Rispetto alla disciplina attuale, al comma 2 del testo proposto sono stati separatamente evidenziati – per una
maggiore intellegibilità – mediante apposita elencazione i requisiti, in presenza dei quali le stazioni appaltanti
possono ricorrere agli appalti pre-commerciali.
Il richiamo alle definizioni della comunicazione della Commissione europea COM 799 (2007), contenuto nel
comma 2 dell’art. 158, non è apparso necessario, trattandosi di norma autosufficiente e coerente.
Al comma 3 si prevede che in sede di prima applicazione del codice, l’allegato II.19 è abrogato a decorrere
dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca di concerto con il
Ministro delle imprese e del made in Italy, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al
codice.
Allegato II.19
Quest’allegato riproduce l’elencazione dei servizi di ricerca e sviluppo, in precedenza elencati, ovvero indicati
con richiamo alla comunicazione della Commissione europea COM 799 (2007) del 14 dicembre 2007, dall’art.
158 del decreto legislativo n. 50/2016.
Titolo V – I contratti nel settore della difesa e sicurezza; i contratti secretati
Articoli 136-138
La disciplina sovranazionale tratta il settore della difesa con disciplina speciale, autonoma e autosufficiente
rispetto alla disciplina generale dei contratti pubblici. In tal senso sono tanto i “considerata” quanto i contenuti
della direttiva 81/2009/CEE, confermati dalle clausole di salvaguardia delle successive direttive 24 e 25 del
2014 (cfr. l’art. 14 della direttiva 24 e l’art. 24 della direttiva 25).
Il decreto legislativo n. 50 del 2016 (v. l’art. 1, comma 6, e gli artt. 159-163) delimita, in concreto, un ambito
residuale di applicazione, rinviando all’applicazione del decreto legislativo n. 208/2011, attuativo della
richiamata direttiva, nonché all’art. 346 TFUE per le ipotesi in cui risultino non applicabili né il codice né il
decreto legislativo. A sua volta, quest’ultimo (cfr. art. 3) prevede rinvii di compatibilità al codice, ove
necessario per compensare lacune disciplinari: nella prassi, per esempio, ciò avviene diffusamente
relativamente alla disciplina dei “motivi di esclusione” o al regime della garanzia di cui all’attuale art. 93.
Restano affidati alla disciplina del codice disposizioni in materia di RUP, di contratti misti e di contratti
aggiudicati o organizzati in base a norme internazionali.
183
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Senza innovazioni sostanziali, nella riscrittura della disciplina si è scelto:
a) di ‘incorporare’ nel nuovo art. 136 (che sostituisce l’art. 159) l’attuale previsione di cui all’art. 1, comma 6,
del decreto legislativo n. 50 del 2016, al fine di ‘ritagliare’ per esclusione l’ambito (residuale, nel senso sopra
rammentato) della disciplina codicistica (con la successiva indicazione delle regole speciali);
b) di introdurre nell’art. 136 un apposito comma (il comma 2) per valorizzare la (ulteriore e generale) causa
di esclusione dall’ambito del codice, correlata alla applicazione dell’art. 346 TFUE (attualmente già prevista
nel comma 1 dell’art. 159);
c) di conservare gli ulteriori commi dell’attuale art. 159, che dettano disposizioni di specie, espungendo tuttavia
il comma 4 bis, inopportunamente collocato in questa sede dall’art. 47-bis del decreto legislativo 30 aprile
2019, n. 34, e ricollocato nella disciplina generale delle ‘soglie’ contrattuali.
Si è preferito, relativamente ai contratti della difesa e per ragioni di concentrazione della disciplina residuale,
di conservare nel corpo dell’art. 136 il riferimento sia ai concorsi di progettazione (comma 2) che alle
concessioni (comma 3), per le quali, peraltro, opera un richiamo generale alla disciplina del Libro IV.
Assecondando anche in tale occasione una opzione di fondo nella redazione del codice, nelle more della
adozione, con decreto del Ministro della Difesa, di un regolamento (comma 4 dell’art. 136), la disciplina
transitoria contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica del 15 novembre 2012, n. 236, attualmente
richiamata dall’art. 216, comma 20, è stata incorporata, al fine di rendere le relative disposizioni
immediatamente operative, in apposito Allegato.
Allegato II.20
L'allegato innova e semplifica la normativa specifica sulle procedure di affidamento in materia di difesa e
sicurezza, ancora ad oggi disciplinata dal d.P.R. n. 263/2012 (che viene sostituito dal presente allegato,
venendo quindi abrogato dall’art. 227), limitando al massimo le deroghe alla disciplina ordinaria, con
particolare riferimento ai contratti misti di cui all'art. 137 del codice.
Art. 139
La disposizione, sostanzialmente riproduttiva dell’attuale art. 162, si occupa della disciplina dei contratti
secretati, che ha un ambito non limitato al settore della Difesa, ma esteso a tutte le Amministrazioni, in presenza
delle esigenze di segretezza descritte al comma 1.
Il riferimento agli “enti usuari”, contenuto nel comma 2 dell’art. 162, è stato espunto, in quanto non
corrispondente ad alcuna definizione e, perciò, sostanzialmente inutile.
Importa evidenziare, ai fini del coordinamento con la disciplina del settore della Difesa, che i relativi contratti
secretati non sono assoggettati alla disciplina dell’art. 139, la quale trova applicazione, alla luce dell’art. 136,
in via residuale.
Il comma 5 è stato riscritto, rispetto alla formulazione dell’attuale art. 162, per tenere conto, in conformità
dell’indicazione della legge delega, delle previsioni dell’art. 5, comma 1 bis, del decreto-legge n. 28/2020,
convertito dalla legge n. 70/20, con specifico riferimento: a) alla previsione di una apposta Sezione (e non di
un mero Ufficio) della Corte dei conti, che esercita il controllo preventivo sulla legittimità e sulla regolarità
dei contratti secretati, nonché sulla regolarità, correttezza ed efficacia della gestione; b) alla destinazione della
prevista relazione non più al Parlamento, ma al COPASIR; c) al sancito assoggettamento a controllo preventivo
dei provvedimenti di attribuzione della qualifica di segretezza, con estensione a tutti i provvedimenti di
secretazione, nonché di assoggettamento a speciali misure di sicurezza.
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La formulazione della disposizione risulta, in definitiva, coerente con l’indicazione del criterio della legge
delega, il quale impone precisione nella indicazione delle cause che giustificano la stipulazione di contratti
segretati, o che esigono particolari misure di sicurezza, e impone la specificazione delle relative modalità
attuative.
In particolare, il comma 2 prevede sul punto che i provvedimenti di secretazione debbano motivare in maniera
specifica: a) le cause che giustificano la stipulazione di un contratto secretato; b) le ragioni sottostanti alla
individuazione della specifica classificazione scelta ovvero alla necessità di speciali misure di sicurezza,
utilizzando i parametri contenuti nella disciplina speciale (art. 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124).
Non è sembrato utile intervenire, con normativa primaria, sul dettaglio delle modalità procedimentali attuative.
Titolo VI – Le procedure in caso di urgenza e di protezione civile
Art. 140
Relativamente ai contratti ed alle procedure di affidamento urgenti, si è ritenuto di non intervenire sulle varie
e gradate fattispecie di urgenza variamente qualificate, attualmente previste dall’art. 163 del vigente codice,
né sulle previsioni di dettaglio.
Sul piano formale, al comma 6 è stato aggiornato (con il richiamo alla disciplina del decreto legislativo n. 1
del 2018) l’attuale, e superato, riferimento al decreto legislativo n. 225 del 1992, contenuto nel comma 6
dell’art. 163.
Per i servizi e le forniture è stata introdotta al comma 9 la soglia di euro 140.000, in coerenza con la disciplina
generale del codice.
Si è, infine, optato per la soppressione del parere di congruità affidato all’ANAC dal vigente comma 9 dell’art.
163, in quanto recante un incongruo aggravio procedimentale.
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LIBRO III
DELL’APPALTO NEI SETTORI SPECIALI
PARTE I
DISPOSIZIONI APPLICABILI E AMBITO SOGGETTIVO
La disciplina dettata dal Libro III, Parte I riprende – sia pure con significative differenze – quella di cui agli
articoli da 114 a 121 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Al fine di conferire al Libro III del codice il carattere della completezza e della sostanziale autoconclusività,
si è scelto inoltre di ricollocare in questa parte del testo alcuni articoli già contenuti nella prima parte del
decreto legislativo n. 50 del 2016 i quali avevano il compito di definire ‘in negativo’ l’ambito di applicazione
della disciplina degli appalti nei settori speciali attraverso specifiche disposizioni di esclusione. Tale scelta di
riallocazione risponde a sua volta all’obiettivo di assicurare un carattere di piena autonomia al terzo Libro del
codice.
Si mira in tal modo a conseguire una disciplina per un verso pienamente rispettosa delle previsioni della
Direttiva 2014/25/UE sugli appalti nei settori speciali e, per altro verso, uniforme e agevolmente fruibile dagli
operatori del settore.
Art. 141
Il presente articolo mira ad individuare in modo sostanzialmente completo l’ambito soggettivo di applicazione
del Libro III, nonché le disposizioni generali degli altri Libri che risultano applicabili ai settori speciali. Ai fini
della completa individuazione di tali disposizioni occorre comunque aggiungere all’elencazione di cui al
presente articolo quelle contenute negli articoli 153 e 167.
In particolare il presente articolo:
a) ribadisce, con minime modifiche rispetto alla disciplina vigente, la perimetrazione dell’ambito soggettivo
relativo ai settori speciali, in conformità alla direttiva 2014/25/UE (comma 1);
b) semplifica rispetto alla normativa vigente il riferimento alle modalità di attribuzione dei diritti speciali o
esclusivi;
c) stabilisce che le imprese pubbliche e i privati titolari di diritti speciali o esclusivi applicano le disposizioni
del Libro III con il limite della strumentalità (comma 2), da intendersi in senso strettamente funzionale, in
armonia con le indicazioni del diritto dell’Unione europea e della giurisprudenza;
d) opera un’analitica individuazione delle disposizioni dei Libri I e II che trovano applicazione anche
nell’ambito dei settori speciali (comma 3). L’individuazione in questione è puntuale e mira a superare le
criticità del rinvio “nei limiti della compatibilità” che avevano caratterizzato la vigenza dell’articolo 114 del
decreto legislativo n. 50 del 2016. Come già osservato, al fine di avere un quadro completo delle disposizioni
contenute in altri Libri del Codice applicabili ai settori speciali, occorre altresì richiamare gli ulteriori elenchi
di cui agli articoli 153 e 167.
e) introduce un elenco di “poteri di autorganizzazione” riconosciuti alle imprese pubbliche e ai privati titolari
di diritti speciali o esclusivi. In particolare, viene ammessa la possibilità di istituire e disciplinare autonomi
sistemi di qualificazione, secondo quanto previsto al successivo articolo 168, nonché di adottare una disciplina
specifica sulle funzioni del RUP e di specificare in relazione alle proprie esigenze la nozione di “variante in
corso d’opera” (comma 4);
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f) al comma 5, recepisce puntualmente l’articolo 65, par. 1 della Direttiva 2014/25/UE e mira a superare (per
quanto riguarda la questione della suddivisione in lotti) un caso di “gold plating” che si è determinato con la
redazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 (articolo 51). In particolare:
-
mentre per i settori “ordinari”, la Dir. 2014/24/UE, articolo 46 fissa il principio del c.d. “apply or
explain” (imponendo un’adeguata motivazione per il caso di mancata suddivisione in lotti);
-
al contrario, per i settori speciali tale obbligo di specifica motivazione non è previsto dall’articolo 65
della Dir. 2014/25/UE, che mira evidentemente a lasciare maggiore autonomia decisionale alle stazioni
appaltanti e agli enti concedenti. Quindi, la scelta operata nel 2016 di estendere il richiamato obbligo
di motivazione anche per gli affidamenti nei settori speciali rappresenta un caso di “gold plating”.
Pertanto, nella logica dell’autoconclusività che caratterizza il Libro III del codice e al fine di superare le
limitazioni non giustificate dal diritto dell’Unione europea, si è deciso di rimuovere l’obbligo di motivazione
aggravata in tema di suddivisione in lotti per i settori speciali.
Art. 142
L’articolo in esame ricolloca, ai fini della perimetrazione dell’ambito oggettivo dei settori speciali, le
disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (che prevedono una esenzione
generale dalla applicazione del codice, ma concernono, appunto, soltanto i settori speciali).
La nuova collocazione di tali disposizioni si giustifica in relazione all’obiettivo di autosufficienza del Libro
sui settori speciali: in tal senso le richiamate disposizioni si riferiscono, in generale, ai contratti, comprensivi
– salvo espressa previsione in contrario – di appalti, concessioni e concorsi di progettazione.
In particolare, il presente articolo incorpora, in una disposizione unitaria, le esenzioni relative agli affidamenti
da (e a) joint ventures e a imprese collegate, che hanno una ratio unitaria.
Nel merito, vengono sostanzialmente recepite – con minimi interventi di drafting – le previsioni: a)
dell’articolo 30 della direttiva 2014/25/UE e dell’articolo 14 della direttiva 2014/23/UE; b) degli articoli 29 e
31 della direttiva 2014/25/UE e dell’articolo 13 della direttiva 2014/23/UE (ad esempio, non è sembrato
necessario aggiungere alla figura generale della joint venture quella di “associazioni, consorzi o imprese
comuni aventi personalità giuridica”).
Art. 143
Il presente articolo ricolloca nella corretta sedes del Libro III del codice la previsione (di analogo contenuto)
già contenuta nell’articolo 8 del decreto legislativo n. 50 del 2016, anch’essa inerente ai soli settori speciali:
per tal via, è definito – in negativo – il relativo ambito applicativo.
Anche in questo caso il riferimento (complessivo) ad appalti, concessioni e concorsi di progettazione legittima
l’uso della generica formula “contratti”.
Nel merito, sono recepiti gli articoli 34 e 35 della direttiva 2014/25/UE e 16 della direttiva 2014/23/UE.
In particolare, il presente articolo stabilisce che i contratti destinati a permettere un’attività propria dei cc.dd.
‘settori speciali’ non resti assoggettata alle previsioni del codice laddove la medesima attività risulti
direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili (comma 1).
I commi da 2 a 9 individuano, conformemente alle previsioni della Direttiva 2014/25/UE, le attività esposte
direttamente alla concorrenza e la cooperazione che, a tal fine, può essere attivata fra le Autorità nazionali e la
Commissione europea.
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Art. 144
Il presente articolo ricolloca nella corretta sedes del Libro III il contenuto dell’articolo 13 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale stabilisce una esclusione specifica per i settori speciali e recepisce la
corrispondente previsione dell’articolo 18 della direttiva 2014/25/UE.
Viene in particolare stabilito che, quando la stazione appaltante o l’ente concedente non gode di alcun diritto
speciale o esclusivo ai fini della vendita o della locazione dell'oggetto di un determinato appalto e quando altri
enti possono liberamente vendere o dare in locazione tale oggetto alle stesse condizioni della stazione
appaltante o dell’ente concedente, le disposizioni del codice non trovano applicazione per gli appalti
aggiudicati, appunto, a scopo di rivendita o di locazione a terzi.
L’articolo in esame (come il corrispondente articolo della direttiva n. 25) si riferisce esclusivamente agli
appalti.
Art. 145
Il presente articolo ricolloca nella corretta sedes tassonomica (rappresentata dal Libro III) le previsioni
dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 50 del 2016, riferito alle esenzioni relative ai settori speciali, e che
costituisce puntuale recepimento dell’articolo 19 della direttiva 2014/25/UE.
Viene in particolare stabilito che le disposizioni del codice non trovino applicazione per i contratti aggiudicati
dalle stazioni appaltanti o dagli enti concedenti per l'esercizio delle attività proprie dei settori speciali in un
Paese terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un'area geografica
all'interno dell'Unione europea.
L’esclusione è correlata alla “estraneità funzionale” rispetto agli scopi perseguiti, coerentemente con quanto
stabilito dall’articolo 141, comma 2.
Art. 146
L’articolo in questione riprende, senza sostanziali modifiche, il contenuto dell’articolo 115 del decreto
legislativo n. 50 del 2016 il quale – a propria volta - recepiva de plano l’articolo 8 della direttiva 2014/25/UE.
In particolare, l’articolo:
-
individua in modo puntuale le attività inerenti all’affidamento di contratti inerenti ai settori del gas e
dell’energia termica che restano comunque soggette all’applicazione del codice (comma 1);
-
individua in modo altrettanto puntuale le condizioni al ricorrere delle quali l’alimentazione di reti fisse
che forniscono un servizio al pubblico da parte di imprese pubbliche o di soggetti privati titolari di
diritti speciali o esclusivi non rientra nell’ambito di applicazione del comma 1 (e conseguentemente
non determina l’applicabilità delle previsioni del codice – comma 2).
Nel corpo della disposizione, la nozione di “alimentazione” viene espressamente precisata, in conformità
all’articolo 7 della direttiva 2014/25/UE.
Inoltre, il comma 3 ricolloca nella presente sede la previsione dell’articolo 11, comma 1, lett. b) del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale – recependo testualmente l’articolo 23 della direttiva 2014/25/UE – si
riferisce ad esclusioni specifiche del settore in considerazione.
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Art. 147
L’articolo in questione riprende, senza sostanziali modifiche, il contenuto dell’articolo 116 del decreto
legislativo n. 50 del 2016 il quale – a propria volta - recepiva de plano l’articolo 9 della direttiva 2014/25/UE.
In particolare, l’articolo:
-
individua in modo puntuale le attività inerenti all’affidamento di contratti inerenti ai settori
dell’energia elettrica che restano comunque soggette all’applicazione del codice (comma 1);
-
individua in modo altrettanto puntuale le condizioni al ricorrere delle quali l’alimentazione, con
elettricità, di reti fisse che forniscono un servizio al pubblico da parte di imprese pubbliche o di soggetti
privati titolari di diritti speciali o esclusivi non rientra nell’ambito di applicazione del comma 1 (e
conseguentemente non determina l’applicabilità delle previsioni del codice – comma 2).
Art. 148
Il presente articolo recepisce fedelmente gli articoli 10 e 23 della direttiva 2014/25/UE, nonché l’articolo 12
della direttiva 2014/23/UE e definisce l’ambito di applicabilità del codice nel settore idrico.
Anche in questo caso, al fine di garantire la logica di ‘autosufficienza’ che caratterizza i diversi articoli del
Libro III, si è deciso di riscrivere – incorporandoli in un articolo unitario – distinti articoli che, nell’ambito del
decreto legislativo n. 50 del 2016, erano dislocati in diversi punti dell’articolato.
In particolare, relativamente al “settore idrico”, il presente articolo riscrive ed incorpora gli articoli 117 e 12,
nonché l’articolo 11, comma 1 lett. a) del decreto n. 50.
Nello specifico, il comma 1 individua in modo puntuale i contratti inerenti il settore idrico che restano
comunque soggette all’applicazione del codice.
Il comma 2 individua in modo altrettanto puntuale le condizioni al ricorrere delle quali l’alimentazione, con
acqua potabile, di reti fisse che forniscono un servizio al pubblico da parte di imprese pubbliche o di soggetti
privati titolari di diritti speciali o esclusivi non rientra nell’ambito di applicazione del comma 1 (e
conseguentemente non determina l’applicabilità delle previsioni del codice).
Il comma 3 sancisce l’applicazione del codice nel caso di appalti o concorsi di progettazione attribuiti ovvero
organizzati da stazioni appaltanti o enti concedenti i quali esercitano la propria attività nell’ambito del settore
idrico, al ricorrere di puntuali condizioni espressamente individuate.
I commi 4, 5 e 6 sanciscono specifiche esclusioni di appalti nel settore idrico dall’ambito di applicazione del
codice.
Art. 149
Il presente articolo riprende in primo luogo il contenuto dell’articolo 118 del decreto legislativo n. 50 del 2016
il quale (recependo in modo puntuale l’articolo 11 della Dir. 2014/25/UE) disciplinava il settore degli
affidamenti di specifici servizi di trasporto, senza peraltro modificare il contenuto della previgente disciplina
di cui all’articolo 210 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
Il comma 1 prevede l’applicazione delle disposizioni del codice alle attività di messa a disposizione o gestione
di reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario, filoviario,
ovvero mediante autobus, sistemi automatici o cavo.
Il comma 2 descrive le condizioni in presenza delle quali nei servizi di trasporto si ritiene esistente una rete.
In particolare, è rilevante che il servizio venga fornito secondo le prescrizioni operative stabilite dalle
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competenti autorità pubbliche, quali quelle relative alle tratte da servire, alla capacità di trasporto disponibile
o alla frequenza del servizio.
Il presente articolo incorpora altresì, secondo la logica di ‘autosufficienza’ che caratterizza l’intero Libro III:
-
le disposizioni di esclusione di cui al vigente articolo 17, co. 1, lett. i), del decreto legislativo n. 50 del
2016, relative ai servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia o metropolitana (comma 3),
nonché
-
le ulteriori disposizioni di esclusione di cui all’articolo 18, comma 1, lett. a) del medesimo decreto n.
50, relative a particolari tipologie di concessioni di servizio di trasporto aereo ovvero di trasporto
pubblico di passeggeri (comma 4).
Art. 150
Il presente articolo riprende, senza modifiche sostanziali, il contenuto dell’articolo 119 del decreto legislativo
n. 50 del 2016 il quale – a propria volta - recepiva fedelmente l’articolo 12 della direttiva 2014/25/UE.
La disposizione in questione stabilisce che le disposizioni del codice si applicano alle attività relative allo
sfruttamento di un’area geografica ai fini della messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni o di
altri terminali di trasporto, ai vettori aerei, marittimi e fluviali.
Art. 151
Il presente articolo riprende, con minime variazioni formali, il contenuto dell’articolo 120 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale recepisce a propria volta in modo puntuale l’articolo 13 della direttiva
2014/25/UE.
Il comma 1 sancisce l’applicazione delle disposizioni del codice alle attività di prestazione di servizi postali e
altri servizi diversi da quelli postali, purché tali servizi siano prestati da un Ente che offre servizi postali e i
servizi di che trattasi non riguardino attività direttamente esposte alla concorrenza su mercati liberamente
accessibili.
Il comma 2 fornisce le definizioni di “invio postale”, “servizi postali”, e “altri servizi diversi da quelli postali”,
di fatto riproduttivi di quelli recati dalla fonte europea.
In relazione all’ambito oggettivo disciplinato dal presente articolo si segnala che le linee Guida n. 16
dell’ANAC, pur non essendo direttamente attuative delle previsioni del presenta articolo, recano comunque
previsioni di indubbio rilievo, sia pure con il carattere della non vincolatività.
Art. 152
Il presente articolo riprende, con minime variazioni formali, il contenuto dell’articolo 121 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale recepisce a propria volta in modo puntuale l’articolo 14 della direttiva
2014/25/UE.
In particolare, il comma 1 sancisce l’applicazione del codice alle attività relative allo sfruttamento di un’area
geografica per estrazione o produzione di gas ovvero per l’estrazione di petrolio ovvero ancora prospezione o
estrazione di carbone o di altri combustibili solidi.
Viene invece prevista l’esclusione dall’ambito di applicazione del codice delle attività relative alla prospezione
di petrolio e gas naturale, nonché di produzione di petrolio, in quanto attività direttamente esposte alla
concorrenza su mercati liberamente accessibili (comma 2).
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PARTE II
DELLE PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE
La disciplina dettata dal Libro III, parte II, del presente codice risulta in gran parte imposta dal diritto unionale,
che delinea gli specifici obblighi procedurali da ottemperare per addivenire alla scelta del contraente della
stazione appaltante.
Il testo normativo, in particolare:
- elimina il sistema dei rinvii in precedenza operati “nei limiti della compatibilità”, in favore dei rinvii puntuali
e specifici alla disciplina sui settori generali nei casi in cui le previsioni in raffronto (dettate per i settori generali
e speciali) siano effettivamente corrispondenti; ciò, al fine di evitare una trasposizione nei settori speciali di
vincoli procedurali, non imposti dal diritto unionale, propri dei soli settori generali;
- valorizza le esigenze di flessibilità nell’aggiudicazione, equiparando le diverse procedure di scelta del
contraente, salva l’eccezionalità della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando;
- in relazione alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando, opera un apposito (e facoltativo)
collegamento tra tale istituto e le consultazioni preliminari di mercato, ai fini dell’adempimento dell’obbligo
motivazionale.
Art. 153
Tenuto conto dell’esigenza di evitare vincoli procedurali ulteriori rispetto a quelli posti in ambito unionale, si
è scelto di confermare i rinvii (senza clausola di compatibilità) alla disciplina sui settori generali soltanto nei
casi in cui le previsioni in raffronto (dettate per i settori generali e speciali) siano effettivamente corrispondenti;
si è, invece, preferito rendere autonoma la disciplina sui settori speciali in relazione agli istituti caratterizzati
da un minore numero di vincoli o da una disciplina non coincidente rispetto a quella prevista per i settori
generali.
Ove necessario, per segnalare alcune peculiarità dei settori speciali (di rilevanza tale da non rendere,
comunque, necessaria l’introduzione di autonomi articoli), si è scelto di fornire alcune precisazioni ulteriori
che si accompagnano alla clausola di rinvio e si aggiungono ad essa.
Per l’effetto, si è ritenuto, di rinviare alla disciplina in materia di procedura aperta, dettata nell’ambito dei
settori generali dall’articolo 71 del codice, con la precisazione che la disposizione sull'avviso di
preinformazione deve intendersi riferita all'avviso periodico indicativo.
La disciplina della procedura aperta, recata nelle direttive nn. 24 e 25 del 2014, è infatti del tutto analoga,
sicché, al fine di evitare la formulazione di un articolo autonomo, riferito alla procedura aperta nell’ambito dei
settori speciali, identico a quello già presente per i settori generali, si è preferito adottare la tecnica del rinvio.
Posto che l’articolo 27 della direttiva n. 24 del 2014 opera un rinvio alle informazioni richieste per il bando di
gara di cui all’allegato V, parte B, sezione I, mentre l’articolo 45 della direttiva n. 25 del 2014 richiede che
l’avviso periodico indicativo contenga, oltre alle informazioni richieste nell’allegato VI, parte A, sezione I,
tutte le informazioni richieste nell’allegato VI, parte A, sezione II della medesima direttiva, è stato previsto un
rinvio ad apposito allegato, riferito alle informazioni che devono figurare negli avvisi periodici indicativi
nell’ambito dei settori speciali (lett. a)).
Si è, invece, ritenuto di formulare un nuovo articolo (il 156) in materia di procedura ristretta, tenuto conto che
la disciplina dettata dalla direttiva n. 25 del 2014 si caratterizza, al riguardo, per la maggiore flessibilità rispetto
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a quella prevista nell’ambito dei settori generali (cfr. la maggiore discrezionalità, prevista nei settori speciali,
sia per la definizione delle informazioni da fornire nell’ambito dell’avviso di indizione della gara, sia per la
determinazione dei termini per la ricezione delle domande di partecipazione).
Al fine di valorizzare tali margini di flessibilità, si è preferito evitare un mero rinvio alla disciplina della
procedura ristretta prevista nell’ambito dei settori generali (come avveniva sostanzialmente nell’articolo 122
del d. lgs. n. 50 del 2016), rendendo autonoma (con l’inserimento di un nuovo articolo) la disciplina della
procedura ristretta nell’ambito dei settori speciali.
Si è inteso confermare il rinvio agli articoli in materia di dialogo competitivo (lett. b))e di partenariato per
l’innovazione (lett. c)), specificando, tuttavia, che, nell’ambito dei settori speciali, da un lato, sono impiegabili
per l’indizione della gara l’avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione e il bando di gara, dall’altro, è
riconosciuta una maggiore discrezionalità degli enti aggiudicatori nella definizione dei termini minimi per la
ricezione delle domande di partecipazione, di norma (“in linea di massima”, secondo quanto previsto negli
articoli 48 e 49 della direttiva n. 25 del 2014) non inferiori a trenta giorni con il limite minimo di quindici
giorni.
Si è inteso confermare il rinvio alle consultazioni preliminari di mercato, alla partecipazione precedente di
candidati o offerenti, alle specifiche tecniche e alle etichettature, senza ulteriori specificazioni, tenuto conto
che anche in ambito unionale sussiste piena corrispondenza tra le previsioni operanti nei settori generali e
speciali (lett. d)).
Il rinvio alla disciplina in materia di pubblicazione a livello nazionale è stato confermato con la sola
precisazione in ordine alla necessità di intendere la disposizione sull'avviso di preinformazione come riferita
all'avviso periodico indicativo (lett. e)).
Si è, invece, inteso rendere autonoma la disciplina in materia di disponibilità digitale dei documenti di gara,
presentando la disciplina sui settori speciali alcune peculiarità (riferite all’indizione della gara con un avviso
sull’esistenza di un sistema di qualificazione e alla fissazione dei termini per la ricezione delle offerte in
accordo tra l’ente aggiudicatore e i candidati selezionati) utilmente valorizzabili per formulare un apposito
articolo (articolo 159).
Art. 154
L’articolo regola l’affidamento degli accordi quadro, con riferimento, in particolare, al contenuto dei
documenti di gara, al necessario rispetto della parità di trattamento tra gli operatori economici parti
dell'accordo, alla riapertura del confronto competitivo, nonché al divieto dell’utilizzo elusivo della fattispecie
negoziale in esame.
Art. 155
L’elencazione congiunta, nell’ambito del comma 1, delle procedure flessibili (dialogo competitivo,
partenariato per l’innovazione e procedura competitiva con negoziazione) e delle procedure maggiormente
vincolate nell’aggiudicazione (aperta e ristretta) manifesta l’idea dell’equiparazione di tali moduli procedurali,
trattandosi, in tutti i casi, di strumenti di selezione del contraente che, oltre ad essere rispettosi dei principi di
economicità, efficacia, tempestività e correttezza, di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza e
proporzionalità, sono caratterizzati dalla pubblicità, presupponendo un avviso di indizione di gara reso
conoscibile agli operatori del settore.
Al fine di valorizzare la discrezionalità dell’Amministrazione aggiudicatrice nella scelta della procedura
maggiormente idonea a soddisfare le proprie esigenze, il presente articolo non prevede vincoli motivazionali
ulteriori a quelli posti dal diritto unionale: l’Amministrazione aggiudicatrice, pertanto, al fine di ricorrere ad
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una delle procedure flessibili di cui al comma 1, non è tenuta a motivare la maggiore convenienza della
procedura flessibile rispetto alle procedure aperte o ristrette, essendo sufficiente la giustificazione dei rispettivi
presupposti di utilizzo.
La separata considerazione, nell’ambito del comma 2, della procedura negoziata senza previa pubblicazione
del bando, manifesta, invece, il carattere eccezionale di tale procedura, l’unica avente natura derogatoria
rispetto al principio di pubblicità: essa è utilizzabile al ricorrere dei soli presupposti tassativamente elencati
nell’articolo 158.
Il comma 3 regola le modalità di indizione della gara, facendo riferimento all’avviso periodico indicativo,
all’avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione e al bando di gara.
Il comma 4 regola la conferma di interesse in relazione agli operatori economici che hanno manifestato
interesse in seguito alla pubblicazione dell'avviso periodico indicativo.
Per esigenze sistematiche, è stato eliminato il riferimento ad istituti non afferenti all’ambito di applicazione o
agli elementi caratterizzanti le procedure di scelta del contraente, quale la disciplina in tema di avviso di
indizione di gara, posto che, sebbene si tratti di una fase (introduttiva) della procedura di scelta del contraente,
non si discorre della scelta della procedura in concreto utilizzabile, costituente l’oggetto specifico della
regolazione recata nell’articolo 155.
Art. 156
Il presente articolo ricalca la disciplina dettata dall’articolo 46 della direttiva n. 25 del 2014, connotata da
vincoli procedimentali inferiori rispetto a quelli previsti per l’analogo istituto (procedura ristretta) nell’ambito
dei settori generali.
Al fine di segnalare le peculiarità della disciplina in materia di procedura ristretta nell’ambito dei settori
speciali, si è deciso di rendere autonoma la relativa disciplina con l’introduzione di un apposito articolo.
I commi 1 e 2 regolano l’elemento tipico della procedura ristretta, caratterizzata dalla possibilità:
- per ogni operatore economico interessato di presentare una domanda di partecipazione a un avviso di
indizione di gara;
- per i soli operatori economici invitati di presentare un'offerta.
Il comma 2 regola, altresì, la possibilità per le stazioni appaltanti di limitare il numero di candidati idonei da
invitare a partecipare alla procedura e prevede la possibilità di fissare di concerto tra la stazione appaltante o
l’ente concedente e tutti i candidati selezionati il termine per la ricezione delle offerte: in particolare, mentre
nell’ambito dei settori generali è prevista una mera possibilità per gli Stati membri di prevedere che (solo) le
amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali o specifiche categorie delle stesse possano fissare il termine per la
ricezione delle offerte di concerto con l’amministrazione aggiudicatrice e i candidati selezionati; nell’ambito
dei settori speciali vi è un diritto riconosciuto direttamente dal diritto unionale, in capo a tutti gli enti
aggiudicatori, di fissare il termine per la ricezione delle offerte di concerto con i candidati selezionati. È stato
infine previsto, che nell’ipotesi in cui non si raggiunga alcun accordo sul termine di ricezione delle offerte, il
termine minimo, non può essere inferiore a dieci giorni dall’invio dell’invito a presentare le offerte.
Art. 157
La previsione di cui all’articolo 124 del d,lgs. n. 50 del 2016 è stata confermata in quanto riproduttiva della
disciplina unionale in materia di procedura negoziata con previa indizione di gara: è stato soltanto espunto il
riferimento alla “selezione qualitativa” in relazione alle informazioni richieste dall’ente aggiudicatore,
riguardando tale disposizione la domanda di partecipazione e la selezione delle candidature, ragion per cui si
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è ritenuta inutile la precisazione in ordine alla tipologia di informazioni richieste dall’ente aggiudicatore, non
potendo che trattarsi di richieste riguardanti finalità selettive, in vista della qualificazione dei candidati.
La disciplina costituisce una trasposizione delle corrispondenti previsioni unionali, relative a:
- la legittimazione a presentare una domanda di partecipazione in risposta a un avviso di indizione di gara
(comma 1);
- i termini minimi per la ricezione delle domande di partecipazione (comma 2);
- la legittimazione a prendere parte alle negoziazioni e la limitazione del numero di candidati idonei da invitare
a partecipare alla procedura (comma 3);
- il termine per la ricezione delle offerte (comma 4).
Art. 158
Al fine di responsabilizzare le amministrazioni aggiudicatrici nell’utilizzo della procedura in parola, avente
comunque natura eccezionale, è stato valorizzato, nell’ambito del comma 1, l’obbligo di motivazione che,
seppure non previsto nel testo dell’articolo 50 della direttiva n. 25 del 2014, è espressamente richiamato nel
considerando n. 61 e nell’articolo 100 della medesima direttiva.
Al riguardo, è stato evidenziato anche il collegamento con le consultazioni preliminari di mercato, utili per
permettere a ciascuna Amministrazione un’autonoma valutazione dei presupposti per fare ricorso a tale
particolare procedura, tenuto conto delle peculiari caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle
dinamiche che li caratterizzano: si tratta di profili che risultano rilevanti soprattutto nell’ambito dei settori
speciali.
Il comma 2 regola l’ambito di applicazione della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando
di gara.
Tale istituto è stato interessato, altresì, dalla disciplina dettata dal decreto-legge n. 76/2020 convertito, con
modificazioni, dalla legge. n. 120/2020 e dal decreto-legge n. 77/21 convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 108/21.
Al riguardo, si rinvia alla disamina dell’articolo 76 in materia di procedura negoziata senza pubblicazione di
un bando per l’illustrazione di alcune esemplificazioni del presupposto dell’urgenza (rilevante ai sensi del
comma 2, lett. d) e per la rappresentazione delle ragioni ostative al recepimento delle disposizioni speciali
contenute nel decreto-legge n. 76/20 cit. e nel decreto-legge n. 77/21 cit. relative all’affidamento dei contratti
pubblici attraverso la procedura in esame.
Ai fini della predisposizione dell’articolato e, in particolare, della specificazione dell’obbligo di motivazione
in ordine all’utilizzo della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, si è tenuto conto
delle Linee Guida Anac n. 8 sul “ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel
caso di forniture e servizi ritenuti infungibili”.
In particolare, rilevano i seguenti passaggi motivazionali:
- “ciascuna stazione appaltante accerta i presupposti per ricorrere legittimamente alla deroga in esame,
valutando il caso concreto alla luce delle caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle
dinamiche che li caratterizzano, e motiva sul punto nella delibera o determina a contrarre o altro atto
equivalente, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei
principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità”;
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- “la stazione appaltante non può accontentarsi al riguardo delle dichiarazioni presentate dal fornitore, ma
deve verificare l’impossibilità a ricorrere a fornitori o soluzioni alternative attraverso consultazioni di
mercato, rivolte anche ad analizzare i mercati comunitari e/o, se del caso, extraeuropei”;
- “Per una corretta progettazione e per un’efficiente predisposizione dei bandi di gara, nelle situazioni in cui
la stazione appaltante ritiene che un certo fabbisogno possa essere soddisfatto unicamente mediante l’acquisto
di beni o servizi infungibili o che possano condurre a situazioni di non reversibilità della scelta è necessario
che la stazione appaltante acquisisca tutte le informazioni disponibili. Innanzitutto è opportuno che
quest’ultima osservi il comportamento di acquisto tenuto da altre amministrazioni, che hanno soddisfatto
analoghi interessi pubblici, verificando, in particolare, se hanno svolto procedure a evidenza pubblica e i
risultati ottenuti. Potrebbe essere utile in tale fase procedere anche alla consultazione dei cataloghi elettronici
del mercato delle altre amministrazioni aggiudicatrici, nonché di altri di fornitori esistenti. Se tale analisi non
è soddisfacente, è necessario rivolgersi al mercato, attraverso adeguate consultazioni preliminari, per
verificare quali siano le soluzioni effettivamente disponibili per soddisfare l’interesse pubblico per il quale si
procede. Le consultazioni sono preordinate a superare eventuali asimmetrie informative, consentendo alla
stazione appaltante di conoscere se determinati beni o servizi hanno un mercato di riferimento, le condizioni
di prezzo mediamente praticate, le soluzioni tecniche disponibili, l’effettiva esistenza di più operatori
economici potenzialmente interessati alla produzione e/o distribuzione dei beni o servizi in questione”.
- “Nella delibera o determina a contrarre la stazione appaltante dà puntuale riscontro degli esiti della
consultazione preliminare di mercato e delle conclusioni che conducono a ritenere infungibile la fornitura o
il servizio”;
- “Le consultazioni preliminari di mercato sono svolte in ossequio ai principi di trasparenza e massima
partecipazione, al fine di non falsare la concorrenza. Le consultazioni preliminari di mercato sono volte a
confermare l’esistenza dei presupposti che consentono ai sensi dell’art. 63, comma 1, d.lgs. 50/2016 il ricorso
alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando ovvero individuare l’esistenza di soluzioni
alternative. I risultati delle soluzioni individuate a seguito delle consultazioni preliminari di mercato sono
riportati nella determina a contrarre”.
Infine, non sono previste disposizioni che vincolano le stazioni appaltanti e gli enti concedenti all’indizione di
una previa gara informale, ferma rimanendo la possibilità per l’Amministrazione – all’esito di una valutazione
di opportunità e convenienza rimessa alla sua discrezionalità – di provvedere ad una tale
procedimentalizzazione della scelta del contraente (comma 3).
PARTE III
DEI BANDI, DEGLI AVVISI E DEGLI INVITI
La disciplina dettata dal Libro III, parte III, del presente codice risulta in gran parte imposta dal diritto unionale,
che delinea in maniera puntuale il contenuto e le modalità di comunicazione e pubblicazione dei bandi, delle
informazioni, degli avvisi e dei documenti di gara, con specifiche disposizioni tese a garantire la protezione
della eventuale natura riservata delle informazioni in essi recate.
Art. 159
1. Il presente articolo, che rappresenta una fedele trasposizione della disciplina unionale (articolo 73 della
direttiva n. 25 del 2014), delinea alcune peculiarità della disciplina unionale riferita ai settori speciali,
riguardanti l’indizione della gara con un avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione e la fissazione
dei termini per la ricezione delle offerte in accordo tra l’ente aggiudicatore e i candidati selezionati.
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2. In particolare, vengono regolati:
- la decorrenza e le modalità della messa a disposizione dei documenti di gara (comma 1);
- il termine entro cui deve essere consentito l’accesso ai documenti di gara in caso di gara indetta con un avviso
sull’esistenza di un sistema di qualificazione (comma 2);
- le conseguenze discendenti dall’impossibilità di utilizzare i mezzi di comunicazione elettronica – costituente
una fattispecie eccezionale, la cui ricorrenza deve essere adeguatamente giustificata e comprovata – in ordine
alle modalità di trasmissione dei documenti di gara e di proroga del termine per la presentazione delle offerte
(comma 3);
- le conseguenze discendenti dall’impossibilità di utilizzare i mezzi di comunicazione elettronica per ragioni
di riservatezza – costituente una fattispecie eccezionale, la cui ricorrenza deve essere adeguatamente
giustificata e comprovata – in ordine alle misure di protezione della natura riservata delle informazioni, alle
modalità di accesso ai documenti di gara e di proroga del termine per la presentazione delle offerte (comma
4);
- le modalità di comunicazione o pubblicazione delle ulteriori informazioni richieste sui documenti di gara
(comma 5).
Art. 160
Il testo dell’articolo 126 del d.lgs. 50 del 2016 è confermato nei primi tre commi, in quanto riproduttivo della
disciplina unionale, relativa alle modalità di messa a disposizione delle specifiche tecniche (comma 1), alle
eccezioni (all’uopo da giustificare e comprovare) rispetto all’obbligo di trasmissione delle specifiche tecniche
per via digitale (comma 2) e alla disponibilità dei documenti su cui sono basate le specifiche tecniche (comma
3).
È stato espunto dal testo ogni riferimento alle informazioni messe a disposizione degli Stati membri per il
tramite della Cabina di regia, non risultando la relativa disciplina aderente alla materia regolata dal presente
articolo in materia di comunicazioni delle specifiche tecniche.
Art. 161
Il testo dell’articolo 127 del d.lgs. 50 del 2016 in materia di pubblicità e avviso periodico indicativo è
confermato, in quanto riproduttivo della disciplina unionale, ad eccezione dell’originario comma 1 non
connotato da un effettivo valore aggiunto in termini normativi, in quanto recante un rinvio a disposizioni in
materia di “pubblicazione a livello nazionale” e “disponibilità digitale dei documenti di gara”, già operanti in
ragione sia della clausola di rinvio prevista dall’articolo 153 (quanto alla pubblicazione a livello nazionale),
sia dell’autonoma disciplina dettata dalla presente parte (articolo 160) in materia di disponibilità digitale dei
documenti di gara.
Il presente articolo, che fa riferimento, in più parti, all'allegato II.6, parte II, regola, alla stregua di quanto
previsto dall’ordinamento unionale:
- il contenuto, il termine e le modalità di pubblicazione dell’avviso periodico indicativo (comma 1);
- le condizioni che l’avviso periodico indicativo deve rispettare quando utilizzato per l’indizione di procedure
ristrette e di procedure negoziate precedute da indizione di gara (comma 2);
- le modalità di pubblicazione supplementare a livello nazionale degli avvisi periodici indicativi utilizzati per
l’indizione di procedure ristrette e procedure negoziate precedute da indizione di gara, nonché la durata
dell’avviso medesimo (comma 3).
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Art. 162
Il presente articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 68 della Dir. 2014/25/UE),
con riferimento:
- al contenuto dell’avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione, da rendere pubblico con un avviso di
cui all'allegato II.6, parte II, sezione H (comma 1);
- alla selezione degli offerenti (in una procedura ristretta) e dei partecipanti (in una procedura negoziata) in
caso di indizione di una gara con un avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione (comma 2);
- alle modalità di indicazione del periodo di efficacia del sistema di qualificazione e le informative da fornire
al riguardo all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea (comma 3).
Art. 163
Il presente articolo, che fa riferimento, in più parti, all'allegato II.6, parte II, costituisce una riproduzione della
disciplina unionale (articoli 69 e 70 del D.Lgs. 50 del 2016), con riferimento a:
- il contenuto e le modalità di pubblicazione dei bandi di gara (comma 1);
- il contenuto, nonché il termine e le modalità di comunicazione e di pubblicazione dell’avviso di
aggiudicazione (comma 2);
- le informazioni minime da fornire in caso di contratti per servizi di ricerca e sviluppo (comma 3);
- l’elenco delle informazioni da pubblicare in forma semplificata e per motivi statistici (comma 4).
Art. 164
Il presenta articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 71 della Dir. 2014/25/UE),
con riferimento:
- al contenuto (indicato facendo riferimento all'allegato II.6, parte II, sezioni A, B, C, D, E, F, G) e modalità
di pubblicazione dei bandi e degli avvisi (comma 1);
- alle lingue da utilizzare nelle pubblicazioni per esteso e in sintesi (comma 2);
- al periodo di pubblicazione degli avvisi periodici indicativi, degli avvisi di indizione di gara che istituiscono
un sistema dinamico di acquisizione e degli avvisi sull’esistenza di un sistema di qualificazione usati come
mezzo di indizione di gara (comma 3);
- alla pubblicazione facoltativa di avvisi relativi ad appalti pubblici (comma 4);
- alle modalità di pubblicazione a livello nazionale (comma 5).
Art. 165
Il presente articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 74, Dir. 2014/25/UE), con
riferimento:
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- alle modalità di invito a presentare le offerte, a partecipare al dialogo e a negoziare, in relazione alle procedure
ristrette, ai dialoghi competitivi, ai partenariati per l'innovazione e alle procedure negoziate con indizione di
gara (comma 1);
- al contenuto degli inviti e le modalità di conoscenza dei documenti di gara (comma 2).
Rispetto al testo previgente è stato eliminato ogni riferimento (effettivamente non presente nell’art 74 della
direttiva n. 25 del 2014) alle procedure negoziate senza previa indizione di gara, in maniera da evitare che,
attraverso la disciplina degli inviti da comunicare agli offerenti, possa introdursi un obbligo di gara informale
per la selezione della parte contraente, non discendente dal diritto unionale.
Art. 166
Il presente articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 75, Dir. 2014/25/UE), con
riferimento:
- all’individuazione del regime applicabile alle informazioni da fornire a coloro che hanno chiesto una
qualificazione, ai candidati e agli offerenti (comma 1);
- al contenuto e il termine entro cui le stazioni appaltanti o gli enti concedenti che istituiscono o gestiscono un
sistema di qualificazione devono fornire ai richiedenti in relazione alla decisione sulla qualificazione (comma
2);
- al termine e il contenuto delle informazioni da fornire ai richiedenti la cui qualificazione è respinta; l’utilizzo
dell’avverbio “immediatamente” manifesta l’esigenza di procedere con ogni consentita urgenza e, solo in via
residuale, nel rispetto del termine finale di quindici giorni dalla data di decisione del diniego, in conformità a
quanto previsto dall’articolo 75 della direttiva n. 25 del 2014 (comma 3);
- al contenuto e il termine entro cui notificare il preavviso e la decisione di porre fine alla qualificazione
(comma 4).
PARTE IV
DELLA SELEZIONE DEI PARTECIPANTI E DELLE OFFERTE
La disciplina dettata dal Libro III, parte IV del presente codice riprende – ancora una volta, con significative
differenze – quella di cui agli articoli da 133 a 139 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
La parte in questione riprende in sostanza le previsioni di cui al Titolo II, Capo III, Sezione III della Direttiva
2014/25/UE (Selezione dei partecipanti e aggiudicazione dei contratti – articolo 76 e segg. -).
La parte in esame del Libro III opera in primo luogo una puntuale individuazione delle disposizioni ‘di parte
generale’ applicabili anche all’ambito dei settori speciali per quanto riguarda la selezione dei partecipanti e
delle offerte, nonché le procedure di scelta del contraente.
Essa introduce, altresì, ulteriori disposizioni (in massima parte, di derivazione unionale) relative ad ambiti
specifici, con particolare riguardo a quello dei sistemi di qualificazione (articolo 168) e a quello delle procedure
di gara regolamentate (articolo 169).
Art. 167
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Nel comma 1 del presente articolo, così come avveniva nell’articolo 133 del codice del 2016, sono indicate le
disposizioni relative allo svolgimento delle procedure di gara nei settori ordinari applicabili anche ai settori
speciali, con una rilevante novità: viene eliminata la clausola di compatibilità in precedenza prevista che dava
luogo a non pochi dubbi interpretativi. Inoltre, al fine di agevolare una migliore comprensione del testo, al
mero elenco degli articoli è ora sostituito il richiamo ai singoli istituti.
Viene in questo modo delineata una procedura di gara – per così dire – ‘ordinaria e residuale’, nel senso che
essa è applicabile a condizione che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti non intendano far ricorso alla
procedura di gara mediante sistema di qualificazione (di cui all’articolo 168) o alla procedura regolamentata
(di cui all’articolo 169) e per tutto quanto non abbia specifica disciplina in queste ultime due procedure di gara.
Nel comma 2 viene riproposta la regola, contenuta anche nell’articolo 77 della direttiva 2014/25/UE, per la
quale non è consentito agli enti aggiudicatori di aggravare la procedura richiedendo documenti dei quali essi
siano già in possesso e comunque ponendo oneri solo a carico di taluni operatori e non di altri.
Art. 168
Il presente articolo riprende la formulazione dell’articolo 134 del decreto legislativo n. 50/2016, sia pure con
alcune significative novità.
Preliminarmente, va precisato che l’articolo 168 disciplina una procedura di gara alternativa rispetto a quella
ordinaria dell’articolo 167 (a sua volta sostanzialmente omogenea a quella che si svolge nei settori ordinari);
si tratta di una procedura di gara indetta sulla base di un sistema di qualificazione.
Ai sensi del comma 1, pertanto, viene consentito alle stazioni appaltanti o agli enti concedenti di istituire un
sistema di qualificazione, definendo con propri atti interni i requisiti, anche diversi dagli ordinari requisiti di
partecipazione, di capacità economico – finanziaria e tecnico professionale necessarie per ottenere l’iscrizione
(comma 2).
Nel comma 3 viene posta la regola per la quale le stazioni appaltanti o gli enti concedenti prevedono nei loro
atti che non possano essere iscritti operatori economici per i quali sussista una causa di esclusione ai sensi
degli articoli 94 e seguenti.
Nel comma 4 viene stabilito che gli operatori qualificati sono iscritti in un elenco, che può essere diviso in
categorie in base al tipo di appalti per i quali si prevede la qualificazione.
Nel comma 5 è previsto che siano le stazioni appaltanti o gli enti concedenti a indicare i documenti, certificati
e dichiarazioni sostitutive richiesti per la qualificazione, nel rispetto del principio di non aggravamento, per il
quale non è possibile richiedere documenti che siano già nella disponibilità dell’ente.
Rilevante è la previsione di cui al comma 6, in cui si specifica che le stazioni appaltanti o gli enti concedenti
che indicono procedure sulla base di un sistema di qualificazione utilizzano procedure ristrette o negoziate alle
quali possono partecipare solo operatori qualificati.
Art. 169
Il presente articolo disciplina le cc.dd ‘procedure regolamentate’. Si tratta di procedure di gara che sono
precedute dall’adozione di atti interni con i quali stazioni appaltanti o gli enti concedenti adottano una propria
disciplina in merito alle cause di esclusione e ai criteri di selezione e sulla base di questa disciplina svolgono
tali procedure di gara.
In particolare, nel comma 1 è previsto che le stazioni appaltanti o gli enti concedenti possano elaborare proprie
regole in materia di cause di esclusione, definendo quali condotte siano rilevanti come “grave illecito
professionale” ai sensi dell’articolo 94 e seguenti.
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Nel comma 2, in adesione alle previsioni di cui alla dir. 2014/25/UE, è previsto che le stazioni appaltanti e gli
enti concedenti possano ridurre – previa fissazione di criteri oggettivi di selezione - il numero dei candidati
che saranno invitati a presentare offerta.
Art. 170
La disposizione in esame recepisce le previsioni di cui all’articolo 85 della Direttiva 2014/25/UE e riprende
previsioni già contenute nell’articolo 137 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
In linea di continuità con quanto già previsto dalla previgente disciplina del 2006, la disposizione istituisce un
sistema di preferenza dei prodotti comunitari e, al tempo stesso, fissa un complesso di regole atto a
salvaguardare l’integrità del mercato europeo, garantendo il rispetto delle condizioni di reciprocità degli
operatori economici europei nel mercato pubblico di Paesi terzi.
Ai sensi del comma 1, le previsioni dell’articolo in esame trovano infatti applicazione in relazione alle offerte
contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui l’Unione europea non ha concluso, in un contesto
multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese
dell’Unione ai mercati di tali Paesi terzi. Non sono, altresì, considerati prodotti di Paesi terzi quelli a cui, con
decisione del Consiglio dell’Unione europea, è stato esteso il beneficio di essere destinatari delle disposizioni
contenute nelle Direttive europee in materia di appalti pubblici.
Il presupposto per l’applicazione di tale disciplina non è costituito dalla nazionalità delle imprese offerenti,
ovvero dal luogo ove è ubicata la sede legale e amministrativa, quanto piuttosto dall’origine dei prodotti. Per
tale ragione, la disposizione non può che trovare applicazione nei soli casi di appalti di forniture.
Ai sensi del comma 2, del resto, viene attribuita agli enti aggiudicatori la facoltà di rifiutare qualsiasi offerta
presentata per l’aggiudicazione di un appalto che abbia ad oggetti prodotti originari di Paesi terzi - secondo
quanto previsto dal Regolamento UE 952/2013 - allorquando tali prodotti - nel cui novero sono inclusi anche
i software impiegati nelle reti di telecomunicazione - superino il 50% della totalità dell’offerta. Si tratta, a ben
vedere, di una facoltà non scevra da limiti e condizioni. Qualora infatti l’ente aggiudicatore decida di non
rigettare un’offerta composta per la maggior parte da prodotti di Paesi terzi, dovrà motivarne debitamente la
scelta alle Autorità europee, trasmettendo all’uopo la relativa documentazione (c.d. principio dell’“apply or
explain”).
Secondo quanto stabilito dal comma 3, nel caso di due o più offerte equivalenti ovvero che non presentino una
differenza di prezzo superiore al 3%, viene preferita quella che non contenga prodotti per la maggior parte
provenienti da Paesi terzi. A tale regola fa eccezione il solo caso in cui l’ente aggiudicatore, preferendo l’offerta
composta da prodotti europei od oggetto di accordi internazionali, è tenuto ad acquistare materiale con
caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o
difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati.
Il comma 4 individua una specifica esclusione dalle previsioni del presente articolo di taluni Paesi terzi
individuati con decisione del Consiglio dell’UE.
Art. 171
Il presente articolo, che riprende il contenuto dell’articolo 138 del D.Lgs. 50 del 2016, recepisce l’articolo 86
della Direttiva 2014/25/UE, regolamentando i flussi informativi dello Stato italiano nei confronti della
Commissione Europea.
L’articolo in esame, in particolare, attribuisce alla Cabina di Regia istituita presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri ai sensi dell’articolo 221 del codice l’obbligo di informare la Commissione Europea - su
segnalazione del Ministero delle imprese e del made in Italy o del Ministero degli Affari Esteri e della
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Cooperazione Internazionale - di tutte le eventuali difficoltà incontrate dalle imprese italiane nell’ottenere
l’aggiudicazione di appalti in Paesi terzi, con particolare riferimento all’inosservanza della convenzioni
internazionali di diritto del lavoro indicate in apposito allegato al codice.
Il comma 2 recepisce, al livello nazionale, l’obbligo dello Stato italiano di rispettare gli impegni assunti con i
Paesi terzi in materia di appalti pubblici, convenuti nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Art. 172
Il presente articolo, nel riprendere il contenuto dell’articolo 139 del decreto legislativo n. 50 del 2016, recepisce
altresì i principi enucleati all’articolo 100 della Direttiva 2014/25/UE, individuando in capo agli enti
aggiudicatori nell’ambito dei settori speciali il generale obbligo di relazionare e rilevare in un unico documento
le informazioni delle procedure indette.
Il comma 1 stabilisce infatti che gli enti aggiudicatori debbono conservare le informazioni sugli appalti,
accordi quadro e sui sistemi dinamici di acquisizione disciplinati dal decreto legislativo n. 50/2016. Tali
informazioni devono essere tali da consentire agli enti aggiudicatori di giustificare le principali decisioni
adottate, riguardanti: a) la qualificazione, la selezione e l’aggiudicazione nei confronti degli operatori
economici; b) l’utilizzo di procedure negoziate non precedute da una gara a norma dell’articolo 76; c) la
mancata applicazione delle disposizioni sulle tecniche e strumenti per gli appalti e strumenti elettronici e
aggregati e delle disposizioni sullo svolgimento delle procedure di scelta del contraente del decreto legislativo
n. 50/2016; d) se del caso, le ragioni per le quali per la trasmissione sono stati usati mezzi di comunicazione
diversi da quelli elettronici.
Nel caso in cui l’avviso di aggiudicazione dell’appalto contenga già le predette informazioni, viene consentito
all’ente aggiudicatore di fare riferimento a tale strumento per relationem.
Il comma 3 del presente articolo impone agli enti aggiudicatori un generale obbligo di tracciabilità dei processi
decisionali assunti e di conservazione della documentazione relativa alle procedure di gara indette. In
particolare, per quanto attiene all’obbligo di conservazione, il comma 3 stabilisce un termine minimo di cinque
anni, decorrenti dalla data di aggiudicazione dell’appalto. Nel caso di controversia, la documentazione deve
essere conservata sino al passaggio in giudicato della sentenza.
Le informazioni, la documentazione e i principali elementi compositivi delle procedure indette dagli enti
aggiudicatori devono essere comunicati – a norma del comma 4 – alla Cabina di Regia presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri (articolo 221) che assolve dunque un ruolo centrale di raccordo – in ottica nazionale
– in materia di contrattualistica pubblica. Tale compito, in effetti, riposa anche sulla peculiare funzione
assegnata alla Cabina di Regia; trattandosi dell’interlocutore istituzionalmente preposto a comunicare con la
Commissione Europea, nonché con tutte le Autorità che, in ottica europea e internazionale, sono interessate
alla materia de qua.
Art. 173
Il presente articolo individua le disposizioni applicabili per l’aggiudicazione di appalti di servizi sociali e di
altri servizi assimilati.
La disciplina in questione si rende necessaria in quanto la Direttiva 2014/25/UE, agli articoli 91 e seguenti,
reca a propria volta una disciplina specifica di tali particolari regìmi di appalto, disciplinandone in modo
peculiare svariati aspetti (come le modalità di pubblicazione dei bandi e degli avvisi, nonché i princìpi per
l’aggiudicazione).
Viene comunque fatta espressamente salva la previsione dell’articolo 141, comma 2, secondo cui le previsioni
del Libro III (ivi comprese quelle che qui rilevano) vengono applicate dalle imprese pubbliche e ai privati
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titolari di diritti speciali o esclusivi unicamente per i contratti strumentali da un punto di vista funzionale
all’esercizio delle attività di cui agli articoli da 146 a 152. Ciò, in quanto appare piuttosto difficile che
l’aggiudicazione di servizi sociali o assimilati possa davvero risultare strumentale all’esercizio di tali attività.
LIBRO IV
DEL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO E DELLE CONCESSIONI
Nota introduttiva: impostazioni sistematica, obiettivi e metodo di scrittura
La formula giuridica ‘Partenariato Pubblico Privato’ (di seguito: ‘PPP’) è stata elaborata dalla Commissione
europea.
Lo schema di Codice, riprendendo la nozione emergente da numerose comunicazioni interpretative (a partire
dal Libro verde del 2004), ha operato una profonda revisione sistematica della materia.
Il termine PPP descrive un’operazione economica che può realizzarsi attraverso diversi ‘tipi’ contrattuali, tra
i quali la figura eminente è la concessione, la cui disciplina è stata oramai armonizzata dal diritto europeo.
Il contrassegno distintivo unitario della categoria del PPP ‒ nel precedente Codice tratteggiato in modo non
esaustivo e con formulazioni poco chiare ‒ è rappresentato da un legame contrattuale in virtù del quale il
partner privato fornisce un servizio al pubblico, ‘in luogo’, ma sotto il controllo, del partner pubblico. Altro
elemento identificativo è costituito dal tipo di retribuzione del contraente privato correlato alla gestione
dell’opera o del servizio e all’allocazione dei rischi tra le parti contraenti.
Su queste basi, si è operata un’inversione sistematica rispetto al precedente impianto normativo: le disposizioni
generali in materia di PPP precedono la disciplina delle figure contrattuali tipiche, quali: la concessione,
locazione finanziaria, contratto di disponibilità.
È stato inoltre ribadito il principio di atipicità e non esclusività delle forme contrattuali partenariali. In forza
della capacità generale di diritto privato, l’Amministrazione può infatti forgiare anche schemi negoziali diversi
da quelli nominati, purché aderenti, nei contenuti, alla regolazione pubblicistica contenuta nel libro IV.
Sempre sul piano sistematico sono stati meglio precisati i rapporti tra concessione e finanza di progetto. Non
si tratta di due tipi contrattuali diversi, come nella struttura dell’impianto codicistico del 2016. È il medesimo
contratto di concessione che può essere finanziato, sia in ‘corporate financing’, sia in ‘project financing’. In
ragione delle peculiarità di tale ultima operazione economica (in cui la società di progetto isola il progetto e
consente di schermarlo dai rischi operativi), sono state comunque riservate alla finanza di progetto norme
specifiche in tema di aggiudicazione ed esecuzione del contratto (la finanza di progetto è così diventata un
capitolo ‘interno’ alla disciplina della concessione).
La locazione finanziaria è invece un autonomo contratto contrassegnato dal coinvolgimento ‒ anche nella gara
‒ della società di leasing in funzione di intermediario finanziario.
Il tratto caratterizzante del contratto di disponibilità consiste, invece, nella ‘messa a disposizione’ di un’opera
‒ che, per l’intera durata del contratto, resta a tutti gli effetti di proprietà privata ‒ a fronte del versamento di
un corrispettivo da parte dell’ente pubblico. La figura ha trovato scarso utilizzo nella pratica, in quanto le
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medesime esigenze possono essere, in buona parte, realizzate mediante la concessione. Ad ogni modo si è
preferito non privare le Amministrazioni della possibilità di ricorrervi.
La disciplina della concessione costituisce la disciplina di ‘default’ ‒ destinata cioè ad attivarsi in mancanza
di norme speciali ‒ di tutte le figure partenariali tipiche e atipiche.
È stata anche elaborata una nuova disciplina sui servizi globali, comprendente la figura del contraente generale
e dei servizi globali su beni immobili. Si tratta di figure contrattuali che, pur non riconducibili al PPP (per il
contraente generale non comporta, infatti, traslazione del rischio operativo la semplice previsione secondo cui
lo stesso realizza l’opera «con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio in cambio
di un corrispettivo determinato in base al risultato ottenuto e alle prestazioni rese»; il contraente generale,
infatti, a differenza del concessionario di opere pubbliche, è escluso dalla gestione dell’opera realizzata), si
distinguono dall’appalto e, per questo motivo, si è ritenuto di lasciarli inserti nel Libro IV, dove dunque sono
racchiusi i principali strumenti di realizzazione e di finanziamento delle opere pubbliche alternativi all’appalto.
Ancora sul piano sistematico, il Codice riprende la distinzione tra PPP di tipo puramente contrattuale e PPP di
tipo istituzionalizzato.
Le problematiche sottese risultano solo in parte comuni e, per questo motivo, sono previsti due corpi normativi
separati: i) il Codice dei contratti si occupa del modello partenariale basato sui legami contrattuali delle parti
contraenti, di tipo sinallagmatico; ii) il testo unico sulle società partecipate (decreto legislativo 19 agosto 2016,
n. 175) e le altre norme speciali di settore si occupano invece del ‘PPP istituzionalizzato’, connotata dalla
creazione di un’entità terza con compiti di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del
pubblico, detenuta congiuntamente dal partner privato e dal soggetto pubblico, di cui costituiscono l’esempio
più noto le società miste.
Ciò detto sul piano sistematico, veniamo ora al fondamento sostanziale dell’intervento.
Le crisi economiche e finanziarie internazionali, ripetutesi nell’ultimo quindicennio, hanno messo in luce
alcune criticità del modello partenariale. Con riferimento specifico al caso italiano, la scarsa incidenza del PPP
sul totale degli investimenti pubblici totali va individuata nella frammentazione e scarsa specializzazione delle
amministrazioni aggiudicatici, nella insufficiente pressione concorrenziale, nella complessità e scarsa
flessibilità delle procedure di aggiudicazione contrattuale, nell’instabilità del quadro normativo e nella
incertezza legata alla ripartizione dei rischi tra il partner privato ed il soggetto pubblico.
Le politiche di bilancio hanno poi incentivato un uso distorto dei PPP, trasformandoli talvolta in strumento per
ovviare surrettiziamente alle misure restrittive della finanza pubblica.
Su queste basi, l’obiettivo è stato quello di rendere il PPP più attrattivo per amministrazioni, operatori
economici ed investitori istituzionali. Tale obiettivo è stato perseguito: i) sul piano della certezza del diritto,
fornendo un quadro chiaro del riparto dei rischi; ii) sul piano della specializzazione degli enti concedenti, a cui
è stata data la possibilità di avvalersi di un organismo consultivo; iii) sul piano della maggiore flessibilità e
semplificazione delle procedure (anche attraverso la digitalizzazione); iv) attraverso la riduzione del c.d.
‘rischio regolatorio’; v) prestando maggiore attenzione agli aspetti legati all’esecuzione del PPP.
Da ultimo, sul piano della scrittura, è stato utilizzato un linguaggio più razionale e semplice, eliminando tutte
le disposizioni ripetitive e sovrabbondati.
Si è inoltre optato per una disciplina esaustiva e auto-inclusiva (non ‘disseminata’ nell’intero articolato, come
avveniva nel Codice del 2016, con confusione e difficoltà applicative), dove i rinvii alla disciplina degli appalti
pubblici sono pochi e circostanziati.
Di seguito l’illustrazione dell’articolato.
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In luogo della Parte III (dedicata ai contratti di concessione) e della Parte IV (dedicata al partenariato pubblico
privato, al contraente generale e ad altre modalità di affidamento), vi è ora un unico Libro intitolato “Del
partenariato pubblico-privato e delle concessioni”, nel quale si trovano, nell’ordine:
Parte I – Disposizioni generali, dedicata alla disciplina generale dell’operazione economica partenariato
pubblico-privato;
Parte II – Dei contratti di concessione, dedicata ai contratti di concessione, disciplinati come specifica
tipologia di partenariato pubblico-privato;
Suddivisa a sua volta in
Titolo I – L’ambito di applicazione, i principi generali e definizioni:
Titolo II – L’aggiudicazione delle concessioni: principi generali e garanzie procedurali;
Titolo III – L’esecuzione delle concessioni, titolo nel quale è stata introdotta la disciplina del subappalto,
della modifica di contratti durante il periodo di efficacia, della risoluzione e del recesso, del subentro e della
revisione del contratto di concessione;
Titolo IV – La finanza di progetto, titolo dedicato alla complessiva disciplina di tale istituto, ivi comprese le
disposizioni sulla società di scopo e sulle obbligazioni delle società di scopo;
Parte III – Della locazione finanziaria;
Parte IV – Del contratto di disponibilità;
Parte V – Altre disposizioni in materia di partenariato pubblico-privato, contenente la previsione relativa
alla facoltà, in materia di partenariato pubblico-privato, anche al di fuori della finanza di progetto, di costituire
una società di scopo, relativa alla possibilità degli investitori istituzionali di partecipare alla gara, associandosi
o consorziandosi con operatori economici in possesso dei requisiti per l’esecuzione dei lavori o dei servizi,
qualora gli stessi ne siano privi, di soddisfare la richiesta dei requisiti di carattere economico, finanziario,
tecnico e professionale avvalendosi, anche integralmente, delle capacità di altri soggetti, di subappaltare, anche
interamente, le prestazioni oggetto del contratto di concessione ad imprese in possesso dei requisiti richiesti
dal bando. La Parte V contiene altresì la disciplina del privilegio sui crediti e delle ulteriori garanzie, dei
contratti di rendimento energetico o di prestazione energetica, del partenariato sociale e della cessione di
immobili in cambio di opere;
Parte VI – Dei servizi globali, comprendente le disposizioni sull’affidamento di tali servizi, sul contraente
generale, sulle procedure di aggiudicazione del contraente generale, sui controlli in merito all’esecuzione e al
collaudo, sul sistema di qualificazione del contraente generale e sui servizi globali su beni immobili.
PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 174
L’art. 174, insieme all’art. 175, sostituisce integralmente gli articoli 179, 180, 181 e 182 del codice vigente
(articoli, dunque, soppressi) che contenevano la disciplina generale del partenariato pubblico-privato.
Il comma 1 introduce una nuova nozione generale di partenariato pubblico-privato, comprensiva sia del
partenariato pubblico-privato contrattuale, sia del partenariato pubblico-privato istituzionale.
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Innanzitutto, il partenariato pubblico-privato è stato definito come un’operazione economica.
La definizione è stata scelta al fine di evidenziare la complessità di tale fenomeno, che comprende diverse
figure contrattuali, nonché gli importanti riflessi economici ad esso collegati.
Il partenariato pubblico-privato, invero, indica un fenomeno di cooperazione fra il settore pubblico e gli
operatori privati nella realizzazione di un’attività che è rivolta a coniugare il perseguimento di finalità di
interesse generale, la salvaguardia di vincoli di bilancio e la valorizzazione del contributo di soggetti privati in
termini di apporto finanziario e di competenze specifiche.
Nella definizione sono state evidenziate le quattro componenti che debbono sussistere affinché l’operazione
economica possa qualificarsi come partenariato pubblico-privato.
In primis, tra l’ente concedente e uno o più operatori economici privati deve istaurarsi un rapporto contrattuale
di lungo periodo; la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto deve provenire
in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata; anche in ragione del rischio operativo assunto
dalla medesima, alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica
quello di definire gli obiettivi e di verificarne l’attuazione; infine, il rischio operativo connesso alla
realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi deve essere allocato in capo al soggetto privato.
Si precisa che l’operatore economico è remunerato con tariffe corrisposte da utenti e/o da canoni corrisposti
dall’amministrazione/enti utilizzatori dell’investimento e del correlato servizio.
Al comma 2, per chiarezza, viene precisato che per “ente concedente”, ai sensi della lettera a) del comma 1,
si intendono le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 1 della direttiva n.
2014/23/UE.
Al comma 3 si chiarisce, in via preliminare, il rapporto tra genus a species esistente tra il partenariato pubblicoprivato, le concessioni e le altre tipologie contrattuali, quali la locazione finanziaria e il contratto di
disponibilità. Come già evidenziato nella parte generale, il partenariato pubblico-privato è stato concepito
come istituto di carattere generale di cui le concessioni, la locazione finanziaria e il contratto di disponibilità
costituiscono altrettante specie.
Inoltre viene introdotto un ampio rinvio alla capacità generale di diritto privato, e ciò al fine di consentire alle
amministrazioni di ricorrere a figure contrattuali atipiche, e non solo ai contratti nominati già previsti nel
codice, dando così attuazione alla legge delega che prevede l’estensione delle forme di partenariato pubblicoprivato. Tuttavia, per evitare forme di abuso, si è precisato che i contratti debbono avere i contenuti di cui al
comma 1 e che debbono essere diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.
Sempre nel comma 3, nell’ottica della massima semplificazione e razionalizzazione della disciplina e per
evitare inutili duplicazioni, è stato introdotto un rinvio generale alla disciplina relativa alle concessioni, sia per
quanto riguarda le procedure di affidamento e l’esecuzione, sia per quanto riguarda l’allocazione del rischio
operativo, la durata del contratto, le modalità di determinazione della soglia e i metodi di calcolo del valore
stimato.
Al comma 4 viene chiarito in cosa consiste il partenariato pubblico-privato di tipo istituzionale, evidenziando
che esso si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella
pubblica, rinviando alla disciplina contenuta nel decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e nelle altre norme
speciali di settore.
Al comma 5, infine, tenuto conto della complessità di tale istituto giuridico, che richiede competenze
specifiche per essere realizzato e gestito, si precisa che i contratti di partenariato pubblico-privato possono
essere stipulati solo da enti concedenti qualificati.
Art. 175
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Con l’art. 175 sono state introdotte disposizioni che prevedono nuovi strumenti che, secondo gli economisti e
i componenti del nucleo partenariato pubblico-privato istituito presso il Dipartimento per la programmazione
e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri, dovrebbero
avere l’effetto di rendere le procedure di partenariato pubblico-privato effettivamente più attrattive per gli
investitori istituzionali, oltre che per gli operatori del mercato delle opere pubbliche e dell’erogazione dei
servizi, così come previsto nella lett. aa) della legge delega.
Per raggiungere l’obiettivo di estendere le forme di partenariato pubblico-privato, infatti, è necessario, seppure
non sufficiente, semplificare le procedure (rendendo le disposizioni più leggere, anche attraverso il rinvio ai
bandi-tipo ed ai contratti-tipo), ma è fondamentale altresì individuare, in un’ottica multidisciplinare, strumenti
che incentivino le imprese a partecipare alle gare.
Ebbene, questi strumenti sono introdotti all’art. 175.
Al comma 1 è prevista l’adozione di un programma triennale delle esigenze pubbliche idonee ad essere
soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato, ciò anche al fine di garantire la massima
trasparenza nei confronti degli operatori economici, degli investitori istituzionali e della collettività.
La pubblicazione di tale programma potrà anche stimolare un dibattito pubblico sui progetti di maggior rilievo
sociale.
Nell’ultimo periodo del comma 1 è inserita altresì la regola secondo la quale nel programma triennale le
pubbliche amministrazioni debbono indicare, per ciascun progetto, le eventuali ragioni che giustificano
l’applicazione del criterio premiale in luogo della prelazione. Tale inserimento si è reso necessario al fine di
non disincentivare la presentazione di proposte da parte delle imprese a causa dell’incertezza sulla disciplina
della fase successiva alla presentazione della proposta medesima. In questo modo, si fissa la regola secondo la
quale il criterio è la prelazione, mentre l’eventuale intenzione di discostarsi dalla regola generale deve essere
giustificata già in sede di programmazione.
Al comma 2 è contenuta la previsione secondo la quale il ricorso al partenariato pubblico-privato deve essere
preceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità, la quale si deve incentrare sull’idoneità
del progetto a essere finanziato con risorse private e sulla possibilità di ottimizzare il rapporto costi e benefici,
nonché sull’efficiente allocazione del rischio operativo, sulla capacità di generare soluzioni innovative, sulla
capacità di indebitamento dell’ente e sulla disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale. Si è precisato che,
a tal fine, la valutazione confronta la stima dei costi e dei benefici del progetto di partenariato nell’arco
dell’intera durata del rapporto con quella del ricorso alternativo al contratto di appalto per un arco temporale
equivalente.
La norma è volta a garantire che la scelta di avvalersi dello strumento del partenariato pubblico-privato sia
basata su approfondite valutazioni in ordine alla sua convenienza e fattibilità, per evitare, da un lato, che si
intraprendano iniziative non realizzabili, e dall’altro, che, prendendo in considerazione tutti gli aspetti
dell’operazione economica (idoneità del progetto a essere finanziato con risorse private, ottimizzazione del
rapporto costi e benefici, efficiente allocazione del rischio operativo, capacità di indebitamento dell’ente e
disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale) dette iniziative risultino non convenienti per
l’amministrazione.
Peraltro, si segnala che, al fine di incentivare il ricorso alle più moderne ed efficienti soluzioni tecnologiche,
tra gli elementi oggetto di valutazione è inserita anche la capacità di generare soluzioni innovative.
Si evidenzia infine, che, ovviamente, il confronto con l’appalto deve essere di natura quali/quantitativa
(riferendosi, ad esempio, a soluzioni di tipo organizzativo, economico, ambientale e sociale) perché alcune
dinamiche si possono apprezzare solo sotto il profilo qualitativo.
Sempre al fine di supportare l’amministrazione nelle operazioni di maggiore impatto economico, al comma 3
è previsto che nei casi di progetti di interesse statale ovvero finanziati con contributo a carico dello Stato, per
i quali non sia già prevista l'espressione del CIPESS, gli enti concedenti interessati a sviluppare i progetti
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secondo la formula del partenariato pubblico-privato, il cui ammontare dei lavori o dei servizi sia di importo
superiore a 10 milioni di euro, debbano richiedere un parere preventivo, non vincolante, per la valutazione
preliminare di cui al comma 2, al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica
economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell’economia e delle finanze Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, e che il parere debba essere chiesto prima della
pubblicazione del bando di gara in caso di progetto a iniziativa pubblica ovvero prima della dichiarazione di
fattibilità in caso di progetto a iniziativa privata. Per evitare che la previsione di che trattasi possa allungare i
tempi del procedimento, è previsto che il parere debba essere emesso entro 45 giorni e che, comunque, decorso
tale termine, debba trovare applicazione l’art. 16, comma 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Trattasi di una disposizione ripresa dall’articolo 18-bis del d.l. 30 aprile 2022, n. 36 che introduce misure
urgenti per favorire l’attuazione del PNRR.
Considerato l’impatto economico delle operazioni di partenariato pubblico-privato è previsto che il parere sia
emesso di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale
dello Stato.
Sempre al comma 3, come ulteriore strumento a supporto del partenariato pubblico-privato, è prevista la
possibilità per il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo la valutazione preliminare, di sottoporre lo schema
di contratto ai pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del Consiglio di Stato, anche per la
valutazione di profili diversi da quello della convenienza.
Al comma 4 si estende la possibilità di richiedere tale parere alle regioni e agli enti locali, nel caso in cui la
complessità dell’operazione contrattuale lo richieda.
Dalla lettura delle nuove norme introdotte all’art. 175 emerge chiaramente che si è cercato di coinvolgere e di
sfruttare tutte le migliori competenze oggi esistenti nell’ordinamento (Dipartimento per la programmazione e
il coordinamento della politica economica – DIPE della Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero
dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Consiglio superiore dei
lavori pubblici, Consiglio di Stato e Cassa depositi e prestiti), in un’ottica di efficiente collaborazione
istituzionale, al fine di assicurare ai progetti di partenariato pubblico-privato il miglior supporto possibile.
Al comma 5 si prevede che l’ente concedente, sentito l’operatore economico, nomini altresì un responsabile
unico del progetto di partenariato tra soggetti dotati di idonee competenze tecniche. Il responsabile avrà il
compito di coordinare e controllare, sia sotto il profilo tecnico, sia sotto il profilo contabile, l’esecuzione del
contratto, verificando costantemente il rispetto dei livelli di qualità e quantità delle prestazioni.
La disposizione si giustifica per la necessità di avere un controllo specifico quali-quantitativo, su ogni singola
fase di esecuzione del contratto di partenariato pubblico-privato, da parte di un soggetto terzo e dotato di idonee
competenze tecniche.
Questa tipologia di controllo ha la finalità di assicurare un intervento tempestivo, eliminando subito le
eventuali inefficienze riscontrate nell’esecuzione del contratto di partenariato pubblico-privato.
Al comma 6 si evidenzia l’importanza che l’ente concedente verifichi la permanenza in capo all’operatore
economico del rischio operativo trasferito.
Invero, come precisato al comma 1 dell’art. 174, una delle caratteristiche imprescindibili delle operazioni di
partenariato pubblico-privato è che il rischio operativo ricada sull’operatore economico. Risulta pertanto
fondamentale che l’ente concedente verifichi costantemente, anche durante tutta la fase di esecuzione del
progetto di partenariato, che tale rischio non sia stato in qualche modo, di fatto, trasferito in capo all’ente
concedente.
Al comma 7 è previsto che il monitoraggio dei partenariati pubblici-privati sia affidato al DIPE della
Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero
dell’economia e delle finanze, che lo esercitano tramite l’accesso al portale sul monitoraggio dei contratti di
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partenariato pubblico privato istituito presso la Ragioneria generale dello Stato mediante il quale gli enti
concedenti sono tenuti a trasmettere le informazioni sui contratti stipulati.
Questa disposizione si giustifica per la necessità, visto il rilevante impatto economico di tali operazioni, di
avere, oltre il controllo già svolto dal responsabile unico sul singolo progetto, anche un controllo costante e
accentrato su tutte le operazioni di partenariato pubblico-privato, da parte di organismi già dotati di competenza
e formazione specifica in materia.
Si potranno così intercettare subito possibili situazioni di inefficienza, diseconomicità o cattiva gestione dei
progetti di partenariato pubblico-privato.
La disposizione prevede, inoltre, che gli enti concedenti sono tenuti a dare evidenza dei contratti di partenariato
pubblico privato stipulati mediante apposito allegato al bilancio d’esercizio con l’indicazione del CUP e del
CIG, del valore complessivo del contratto, della durata, dell’importo del contributo pubblico e dell’importo
dell’investimento a carico del privato.
Infine, sempre nell’ottica di offrire un ulteriore strumento a supporto dell’efficiente utilizzo dello strumento
del partenariato pubblico-privato, tenuto conto che una delle principali difficoltà è emerso essere quella di
individuare valide forme di finanziamento, al comma 8 è previsto che sul portale per il monitoraggio dei
contratti di partenariato pubblico-privato della Ragioneria generale dello Stato, siano pubblicati e aggiornati
periodicamente le migliori prassi in materia di forme e caratteristiche tecniche di finanziamento di partenariato
pubblico-privato più ricorrenti sul mercato.
Il comma 9 stabilisce che ai soli fini di contabilità pubblica si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat.
Ulteriori disposizioni volte a rendere più attrattivo lo strumento del partenariato pubblico-privato sono
contenute nel Titolo IV, all’art. 193, dedicato alla finanza di progetto, dove, come si vedrà meglio in seguito,
è previsto che l’ente concedente disponga nel bando che il promotore possa esercitare il diritto di prelazione
o, in alternativa, che allo stesso venga riconosciuto un punteggio premiale (c.d. sistema alla cilena, così come
suggerito dagli economisti) e nella Parte V, all’art. 198, dove, come si vedrà meglio in seguito, è previsto che
gli operatori professionali aggiudicatari di contratti di partenariato pubblico-privato possano sempre avvalersi,
anche al di fuori della finanza di progetto, della facoltà di costituire una società di scopo ai sensi degli articoli
194 e 195 del codice e che gli investitori istituzionali di cui all’art. 193, comma 1, quarto periodo, anche al di
fuori della finanza di progetto, possano partecipare alla gara, associandosi o consorziandosi con operatori
economici in possesso dei requisiti per l’esecuzione dei lavori o dei servizi, qualora gli stessi ne siano privi,
possano soddisfare la richiesta dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale
avvalendosi, anche integralmente, delle capacità di altri soggetti o subappaltare, anche interamente, le
prestazioni oggetto del contratto di concessione ad imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando.
PARTE II
DEI CONTRATTI DI CONCESSIONE
Titolo I – L’ambito di applicazione, i principi generali e le definizioni
Art. 176
Il comma 1 precisa l’oggetto della disciplina dettata dalla Parte II: le procedure di aggiudicazione dei contratti
di concessione indette da enti concedenti e la relativa esecuzione.
La Parte II costituisce attuazione della direttiva 2014/23/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26
febbraio 2014, a cui si deve l’introduzione, per la prima volta, di una disciplina armonizzata della materia.
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Il comma 2 si riferisce ad una specifica tipologia di concessioni, quelle aventi ad oggetto i servizi economici
d’interesse generale (la coincidenza concettuale tra “servizio pubblico di rilevanza economica” e “servizio di
interesse economico generale”, già noto in dottrina, è ora confermata dal testo unico in materia di servizi
pubblici locali).
Nell’ampia e generica nozione di concessione di «servizi» possono rientrare, sia i servizi rivolti alla collettività
‒ e, dunque, le attività economiche assunte dalle amministrazioni nell’ambito delle rispettive competenze ‒,
sia i servizi forniti alla stessa amministrazione concedente, con uno strumento alternativo all’appalto di servizi.
Il Codice del 2006 non contemplava alcuna forma di coordinamento con i servizi di interesse economico
generale (SIEG), cosicché spettava all’interprete stabilire di volta in volta quali disposizioni del Codice dei
contratti pubblici integrassero e prevalessero sulle normative di settore, e quali aspetti invece restassero
disciplinati da queste ultime.
Lo schema di Codice in esame chiarisce ora che ai SIEG ‒ salvo i settori esclusi dal successivo art. 181 ‒ si
applicano le norme sulle concessioni.
La disciplina del Codice costituisce, tuttavia, solo una parte della disciplina dei servizi pubblici. Per tutti i
profili inerenti la regolazione economica del servizio pubblico, occorrerà fare riferimento al decreto legislativo
attuativo dell’art. 8 della legge 5 agosto 2022, n. 118, recante il testo unico in materia di servizi pubblici locali,
e alle altre norme speciali di settore (per quanto concerne, ad esempio: i criteri di individuazione delle attività
produttive di interesse economico generale; la conformazione dell’organizzazione dell’attività di impresa; le
modalità di gestione; la definizione degli ambiti territoriali ottimali e omogenei; la disciplina delle reti e delle
altre dotazioni patrimoniali essenziali; la metodologia tariffaria).
I due corpi normativi sono, dunque, complementari perché disciplinano aspetti diversi della medesima
operazione economica.
Per completezza, va rimarcato che non sono invece interessati dalla disciplina del Codice dei contratti pubblici
i regimi di autorizzazione per l’accesso ad un’attività economica (ai sensi della direttiva 2006/123/CE).
Art. 177
Il comma 1 precisa l’assetto di interessi che connota il contratto di concessione, in cui l’ente concedente affida
ad un operatore economico, selezionato mediante gara, l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di un
servizio, remunerandolo unicamente attraverso «il diritto di gestire le opere o i servizi oggetto del contratto»
ovvero tale diritto «accompagnato da un prezzo», e sempreché il concessionario si assuma il «rischio operativo
legato alla gestione delle opere o dei servizi» (cfr. la definizione contenute nell’Allegato I).
Lo schema tipizzato dal legislatore incorpora dunque un piano di ripartizione dei rischi ben diverso rispetto
all’appalto. Nella concessione (e, in generale, nelle altre forme di partenariato) al rischio di costruzione proprio
anche dell’appalto (ovvero il rischio legato ai ritardi nella consegna, ai costi addizionali, a standard inadeguati),
si aggiunge il rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi, e segnatamente:
il rischio di mercato dei servizi cui è strumentale l’opera realizzata (rischio di domanda), oppure il rischio di
disponibilità (rischio di offerta), oppure entrambi.
Si precisa che: per rischio dal lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori
o servizi che sono oggetto del contratto; per rischio dal lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta
dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non
corrisponda al livello qualitativo e quantitativo dedotto in contratto.
In mancanza di rischio operativo la fattispecie si deve qualificare in termini di appalto.
Il comma 2 detta invece le condizioni in presenza delle quali il rischio può ritenersi ‘traslato’.
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Il principale elemento definitorio del rischio operativo è, infatti, l’effettività della sua allocazione al partner
privato. Il concessionario, in particolare, assume il rischio solo nel caso in cui, in «condizioni operative
normali», non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei
lavori o dei servizi oggetto della concessione.
La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una effettiva esposizione alle fluttuazioni del
mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o
trascurabile.
Ai fini della valutazione del rischio operativo, deve essere preso in considerazione il valore attuale netto
dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario.
Su queste basi, il rischio concessorio risulta, ad esempio, azzerato quando la strutturazione economicofinanziaria dell’operazione contempla garanzie di copertura integrale dei costi e garanzie di sicuro
conseguimento di un utile di impresa.
Il comma 3 precisa la differenza tra la traslazione del rischio operativo e altri accadimenti contrattuali.
Il rischio di gestione ‒ in quanto conseguenza economica di un evento incerto ‒ deve derivare da fattori posti
al di fuori del controllo delle parti (come la sopravvenienza di accadimenti imprevisti, oppure la manifestazione
di circostanze preesistenti ma ignote alle parti). Le condotte legate a cattiva gestione o a inadempimenti
contrattuali dell’operatore economico non sono determinanti ai fini della qualificazione del rapporto come
concessione. Per gli stessi motivi neppure rileva la presenza di compensazioni da parte dell’ente concedente
in caso di cessazione anticipata per cause di forza maggiore.
Il comma 4 precisa l’ambito applicativo della figura della concessione, in relazione alla classificazione delle
opere suscettibili di realizzazione mediante strumenti alternativi all’appalto in tre categorie: opere calde, opere
tiepide, opere fredde. Le prime sono quelle dotate di una intrinseca capacità di generare reddito attraverso
ricavi di utenza, in misura tale da ripagare i costi di investimento e di remunerare adeguatamente il capitale
coinvolto nell’arco della vita della concessione. Le seconde sono quelle che, pur avendo la capacità di generare
reddito, non producono, tuttavia, ricavi di utenza in misura tale da ripagare interamente le risorse impiegate
per la loro realizzazione, rendendo così necessario un contributo pubblico (di cui si occupa il successivo
comma 6). Le opere c.d. “fredde” sono, infine, quelle per le quali il privato che le realizza e gestisce fornisce
direttamente servizi alla Pubblica Amministrazione e trae la propria numerazione da pagamenti effettuati dalla
stessa (ospedali, carceri, scuole et similia).
In primo luogo, la disciplina si applica ai servizi erogati sul mercato dietro corrispettivo economico, dotati di
una intrinseca capacità di generare ricavi commerciali, con la seguente precisazione: i contratti remunerati
dall’ente concedente senza alcun corrispettivo in denaro a titolo di prezzo si configurano come concessioni se
il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore dipende esclusivamente dalla
domanda del servizio o del bene, oppure dalla loro fornitura.
Lo schema di Codice, fedele alla Direttiva Europea ‒ che prefigura la traslazione del rischio operativo anche
soltanto dal lato dell’offerta, prescindendo dalla struttura «trilaterale» del rapporto ‒ estende in modo chiaro
la concessione anche ai progetti nei quali l’operatore privato fornisca direttamente servizi alla pubblica
amministrazione, traendo la propria remunerazione principalmente dai pagamenti della pubblica
amministrazione. Il Codice del 2016, invece, aveva alimento parecchi dubbi al riguardo (l’art. 165, comma 1,
stabilendo che «la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi
resi al mercato», sembrava circoscrivere la figura ai soli servizi in grado di finanziarsi prevalentemente con i
corrispettivi pagati dagli utenti; l’articolo si poneva in contraddizione con l’art. 180, comma 2). La scelta del
legislatore nazionale del 2016 di assumere (apparentemente) una nozione di concessione più ristretta di quella
desumibile dalla Direttiva Europea ha reso necessaria una correzione di rotta.
La ripartizione dei rischi tipica del PPP vale ovviamente anche in presenza di una infrastruttura incapace di
produrre reddito (scuole, uffici pubblici, ospedali). Affinché tale condizione si realizzi, è necessario che al
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privato venga trasferito il c.d. “rischio di disponibilità”: l’esborso effettuato dall’amministrazione deve essere
subordinato all’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali da parte del privato concessionario, il che
richiede una costante ed efficace attività di controllo da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice non soltanto
sulla corretta attuazione del contratto e sulla gestione del servizio.
Per questo motivo, il comma 4 precisa che, nelle operazioni economiche comprendenti un rischio soltanto sul
lato dell’offerta, il contratto prevede che il corrispettivo venga erogato solo a fronte della disponibilità
dell’opera, nonché un sistema di penali che riduca proporzionalmente o annulli il corrispettivo dovuto
all’operatore economico nei periodi di ridotta o mancata disponibilità dell’opera, di ridotta o mancata
prestazione dei servizi, oppure in caso di mancato raggiungimento dei livelli qualitativi e quantitativi della
prestazione assunta dal concessionario. Le variazioni del corrispettivo devono, in ogni caso, essere in grado di
incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme dell’investimento, dei costi e dei ricavi.
Va pure sottolineato che, anche nella concessione di servizi ‘trilaterale’, non è richiesto che gli utenti
beneficiari del servizio siano anche quelli che ne sopportano i relativi costi, potendosi avere anche ipotesi in
cui il costo del servizio è remunerato dalla pubblica amministrazione.
Il comma 5 raccorda le nozioni di rischio operativo ed equilibrio economico-finanziario. La traslazione del
primo incide infatti sulla definizione del secondo.
Viene previsto, a tal fine, che l’assetto di interessi dedotto nel contratto di concessione deve garantire la
conservazione dell’equilibrio economico-finanziario, intendendosi per tale la contemporanea presenza delle
condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria.
L’equilibrio economico-finanziario sussiste quando i ricavi attesi del progetto sono in grado di coprire i costi
operativi e i costi di investimento, di remunerare e rimborsare il capitale di debito e di remunerare il capitale
di rischio.
Il rischio operativo deve, quindi, essere commisurato, sia alla capacità del progetto di generare valore, sia allo
strumento di finanziamento più conveniente e adeguato.
Il comma 6 precisa le condizioni in presenza delle quali il diritto di gestire le opere o il servizio oggetto del
contratto possa essere accompagnato da un «prezzo».
Se l’operazione economica non può da sola conseguire l’equilibrio economico-finanziario, è ammesso un
intervento pubblico di sostegno. L’intervento pubblico può consistere in un contributo finanziario, nella
prestazione di garanzie o nella cessione in proprietà di beni immobili o di altri diritti.
Poiché la distinzione tra appalto e concessione di servizi è stata spiegata in relazione all’assetto negoziale di
ripartizione dei rischi, il comma puntualizza che, non si applicano le disposizioni sulla concessione, ma quelle
sugli appalti, se l’ente concedente attraverso clausole contrattuali o altri atti di regolazione settoriale, sollevi
l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale, garantendogli un ricavo minimo pari o superiore agli
investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del
contratto (ad esempio, basando la remunerazione su un calcolo tariffario che copre integralmente i costi e gli
investimenti del concessionario, ovvero prevedendo una garanzia pubblica per il recupero degli investimenti e
dei costi a piè di lista durante tutto l’arco della concessione).
La previsione di un indennizzo in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’ente
concedente, oppure per cause di forza maggiore, non esclude che il contratto si configuri come concessione.
In sede di definizione degli oneri da compensare, l’amministrazione concedente dovrà verificare: il livello di
ricavi stimati dall’operatore per le operazioni a tariffazione sull’utenza, affinché non siano sottostimati; i costi
di gestione e di investimento, affinché non siano sovrastimati; il rendimento atteso sul capitale investito e il
costo del finanziamento, affinché non siano sovrastimati rispetto ai valori di mercato per operazioni
caratterizzate da un profilo analogo di rischiosità.
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La direttiva europea precisa che il rischio operativo può inoltre essere limitato ‒ sin dall’inizio ‒ nei «settori
con tariffe regolamentate», mediante «accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione
parziale». La Corte di Giustizia ha escluso che il finanziamento degli oneri posti in capo al gestore di un SIEG
debba considerarsi aiuto di stato, ove non ecceda i costi aggiuntivi sostenuti dal beneficiario per l’assolvimento
degli obblighi di servizio pubblico (Corte di Giustizia UE, 24 luglio 2003, C-280/2000, Altmark GmbH).
Il comma 7 rimarca la distinzione tra la disciplina del contratto e quella contabile.
A livello europeo sono stati riconosciuti particolari benefici contabili per le operazioni di partenariato: a partire
dalla decisione Eurostat del 2004 gli Stati membri, ricorrendo determinate condizioni, possono, infatti, non
classificare come debito pubblico i relativi costi. Si prevede, in particolare, che, al fine della determinazione
dell’indebitamento pubblico, l’iscrizione dei beni oggetto di tali operazioni siano registrabili fuori del bilancio
delle amministrazioni aggiudicatrici (off balance) a condizione che sussista un sostanziale trasferimento del
rischio a carico del soggetto privato.
Sennonché, la direttiva europea del 2014, pur chiedendo di prendere in considerazione il valore attuale netto
dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario, detta il requisito della traslazione del
rischio operativo in termini qualitativi e non rigidamente quantitativi. In particolare, rispetto alla
configurazione del tipo contrattuale, la direttiva europea non contempla un limite fisso all’ammontare della
contribuzione pubblica necessaria a porre l’operazione economica finanziaria in equilibrio (in caso di SIEG,
peraltro, la concessione deve spesse prevedere onerose compensazioni per l’assolvimento di un obbligo di
servizio pubblico), purché nel complesso l’operazione economica rispetti le sopra citate condizioni di
traslazione del rischio operativo.
Il Codice del 2016, all’art. 165, comma 2, poneva invece un ‘tetto’, che sembrava rilevante ai fini della stessa
configurazione del tipo contrattuale: si stabiliva infatti che, ai fini del conseguimento dell’equilibrio economico
finanziario, l’amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo (anche nella forma della cessione
di beni immobili), il cui valore ‒ sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi
di finanziamento a carico della pubblica amministrazione ‒ non potesse essere superiore al 49% del costo
dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari.
Il presente schema di Codice ha optato per una soluzione proporzionata e coerente con il diritto europeo.
Ai fini della configurazione del contratto di concessione, non viene dettato alcun limite quantitativo (ma solo
qualitativo) al valore monetario del rischio che la concessione deve trasferire all’operatore privato.
Ai soli fini dei predetti benefici contabili, il Codice rinvia ai presupposti delle decisioni Eurostat.
In definitiva:
- l’eventuale riconoscimento di un contributo pubblico, in misura superiore alla percentuale indicata nelle
decisioni Eurostat e calcolato secondo le modalità ivi previste, non ne consente la contabilizzazione fuori
bilancio (il che esclude che la concessione possa essere utilizzata per aggirare le misure restrittive di finanza
pubblica);
- la stessa circostanza non esclude però che, ricorrendo gli elementi della fattispecie contrattuale, l’operazione
economica possa essere qualificata concessoria ai fini dell’applicazione della relativa normativa sulle
procedure di aggiudicazione e di esecuzione.
Art. 178
Il comma 1 stabilisce che la durata delle concessioni è limitata ed è determinata dall’ente concedente in
funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario.
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Il comma 2 stabilisce che, per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non
supera il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli
investimenti effettuati nell’esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito,
tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici assunti dal
concessionario per rispondere alle esigenze riguardanti, ad esempio, la qualità o il prezzo per gli utenti ovvero
il perseguimento di elevati standard di sostenibilità ambientale.
L’effettività della traslazione del rischio trova dunque riscontro nella disciplina della durata delle concessioni.
Durate temporali sovradimensionate possono infatti generare benefici impropri per il concessionario, oltre che
limitare la contendibilità dei servizi.
Ai sensi del comma 3, gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono sia quelli
iniziali sia quelli in corso di concessione. La presenza di una previsione contrattuale che prevede una
compensazione in caso di cessazione anticipata per cause di forza maggiore non esclude che il contratto si
configuri come concessione.
Ai sensi del comma 4, la durata massima della concessione deve essere indicata nei documenti di gara, a meno
che essa non sia utilizzata come criterio di aggiudicazione del contratto.
Il comma 5, in puntuale attuazione di uno specifico criterio di delega, puntualizza che la durata dei contratti
di concessione non è prorogabile, salvo per la revisione di cui all’art. 192, comma 1. I contratti aggiudicati
senza gara di cui all’art. 186, comma 2, non sono in nessun caso prorogabili. Con riferimento al settore
autostradale, al termine della concessione, la gestione delle tratte autostradali è affidata direttamente al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle
procedure di selezione del nuovo concessionario, evitando che venga affidata al concessionario uscente la
gestione della tratta in via transitoria (producendo, di fatto, gli effetti di una proroga). Inoltre, il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti individua, in relazione alla specificità della tratta autostradale, il modello più
idoneo della gestione transitoria per garantire adeguati standard di sicurezza e viabilità, anche in relazione alle
condizioni economiche.
Art. 179
L’articolo riprende l’art. 8 della direttiva europea.
Ai sensi del comma 1, il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato
per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’ente concedente, quale corrispettivo dei lavori
e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi.
Ai sensi del comma 2, il valore è stimato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui
non sia previsto detto bando, al momento in cui l’ente concedente avvia la procedura di aggiudicazione della
concessione. Se il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione è superiore al valore stimato di
oltre il 20 per cento, si considera il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione.
Ai sensi del comma 3, il valore stimato della concessione è calcolato secondo un metodo oggettivo specificato
nei documenti di gara della concessione. Gli enti concedenti tengono conto, se del caso, anche dei seguenti
elementi:
a) il valore di eventuali clausole di opzione e di eventuali proroghe della durata della concessione;
b) gli introiti derivanti dal pagamento, da parte degli utenti dei lavori e dei servizi, di tariffe e multe diverse da
quelle riscosse per conto dell’ente concedente;
c) i pagamenti o qualsiasi vantaggio finanziario conferito al concessionario in qualsivoglia forma dall’ente
concedente o da altre amministrazioni pubbliche, incluse le compensazioni per l’assolvimento di un obbligo
di servizio pubblico e le sovvenzioni pubbliche di investimento;
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d) il valore delle sovvenzioni o di qualsiasi altro vantaggio finanziario in qualsivoglia forma conferiti da terzi
per l’esecuzione della concessione;
e) le entrate derivanti dalla vendita di elementi dell’attivo facenti parte della concessione;
f) il valore dell’insieme delle forniture e dei servizi messi a disposizione del concessionario dagli enti
concedenti, purché siano necessari per l’esecuzione dei lavori o la prestazione dei servizi;
g) ogni premio o pagamento ai candidati o agli offerenti.
Ai sensi del comma 4, la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato della concessione non può essere
effettuata con l’intenzione di escludere tale concessione dall’ambito di applicazione del codice. Una
concessione non può essere frazionata allo scopo di evitare che rientri nell’ambito di applicazione del codice,
a meno che ragioni oggettive lo giustifichino.
Ai sensi del comma 5, quando un’opera o un servizio proposti possono dar luogo all’aggiudicazione di una
concessione per lotti distinti è computato il valore complessivo stimato dei lotti.
Ai sensi del comma 6, quando il valore complessivo dei lotti è pari o superiore alla soglia di cui all’art. 14, la
presente Parte si applica all’aggiudicazione di ciascun lotto.
Art. 180
La norma recepisce l'articolo 20 della direttiva 2014123/UE, prevedendo la disciplina relativa ai contratti misti
di concessione.
La norma riprende il testo della precedente statuizione del 2016, la quale si presentava come innovativa per
assenza nella legislazione precedente. Tuttavia, la nuova disposizione si muove sull’onda dell’esigenza di
garantire una piena operatività alla direttiva – ben più dettagliata sul punto rispetto ad altre materie e alle
precedenti normative europee –, consentendo, per un verso, di adottare una norma di legge più agile e –
conseguentemente - di agevole applicazione da parte delle amministrazioni e, per un altro verso, di evitare
possibili frizioni e disallineamenti fra norma europea e attuazione nazionale, in piena aderenza al criterio sub
lettera a) della legge delega.
Sul primo versante la norma più agile mira a favorire e garantire l’esercizio di una discrezionalità responsabile
da parte delle amministrazioni e, sul secondo versante, ad evitare possibili incoerenze e conseguenti
contestazioni di infrazione.
Nel merito la norma precisa, in via di principio, che le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi
sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l'oggetto principale
del contratto (comma 1). L'articolo chiarisce quali disposizioni applicare nel caso dei contratti misti, secondo
metodologie analoghe a quelle previste nei contratti misti di appalto (comma 2).
In dettaglio, si chiariscono due punti rilevanti. In primo luogo, si stabilisce – sempre in termini di principio che nel caso di contratti misti contenenti elementi di concessioni nonché elementi di appalti pubblici, il
contratto misto è aggiudicato in conformità alla disciplina degli appalti (comma 3), al fine di garantire
l’applicazione derivante dal maggior dettaglio di queste ultime norme. In secondo luogo, si stabilisce –
analogamente in termini di principio – che se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente
non separabili, il regime giuridico applicabile è determinato in base all’oggetto principale del contratto in
questione; nel caso in cui tali contratti contengano elementi sia di una concessione di servizi sia di un contratto
di forniture, l’oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi
servizi o forniture (comma 4).
La norma si fonda anche su quanto già emerso dai principi espressi in giurisprudenza sul vecchio testo, alla
luce della disciplina europea di riferimento. In generale, la distinzione tra concessione e appalto di servizi si
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fonda sul criterio dell'assunzione del rischio operativo e delle modalità di remunerazione degli investimenti
del contraente privato. La concessione di servizi instaura infatti un rapporto a titolo oneroso che prevede, quale
corrispettivo per le prestazioni rese dal privato, il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto
accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione
del servizio. Nel caso dell'appalto di servizi, invece, non vi è trasferimento del rischio operativo al contraente
privato, che ottiene la remunerazione delle prestazioni rese mediante il corrispettivo versato dalla stazione
appaltante.
Inoltre, qualora l'affidamento contempli l'esecuzione dei lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la
linea di demarcazione tra i diversi istituti va individuata avendo di mira la direzione del nesso di strumentalità
che lega gestione del servizio ed esecuzione dei lavori, nel senso che solo laddove la gestione del servizio sia
servente rispetto alla costruzione delle opere è configurabile l'ipotesi della concessione di lavori pubblici;
viceversa, l'inserimento dei lavori all'interno di un programma complesso rivolto alla gestione dei servizi volti
a soddisfare esigenze primarie di rilievo sociale induce a ritenere che siano i lavori a porsi in termini
obiettivamente accessori o secondari rispetto alla gestione delle strutture (cfr. in termini, Cons. Stato, sez. V,
19 giugno 2019, n. 4186).
Tali indicazioni di principio si muovono altresì nel perseguimento degli obiettivi indicati dalla lettera aa) della
legge delega, anche al fine di rendere tali procedure effettivamente attrattive per gli investitori professionali,
oltre che per gli operatori del mercato delle opere pubbliche e dell'erogazione dei servizi resi in concessione,
garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti.
Il comma 5 prevede che i contratti misti che contengano elementi delle concessioni di lavori e servizi, nonché
elementi delle concessioni di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni,
sono aggiudicati in conformità alla disciplina della presente Parte.
Art. 181
Il comma 1 precisa che i servizi non economici d’interesse generale non rientrano nell’ambito di applicazione
del presente Parte, in quanto estranei alla concorrenza e al mercato. Si tratta, tuttavia, di ambiti oramai ristretti,
riconducibili alle prerogative statali tradizionali (polizia, giustizia regimi legali di sicurezza sociale), e alle
attività intrinsecamente non economiche (scuola dell’obbligo, previdenza sociale, e così via), come precisato
dalla giurisprudenza europea (Corte di Giustizia, 27 settembre 1988, causa C-263/86; 17 febbraio 1993, cause
riunite C-159/91 e C-160/91; 7 dicembre 1993, causa C-109/92; 14 dicembre 2014, causa C-113/13).
Il comma 2 rinvia alle esclusioni stabilite dagli articoli 10, 11, 12, 13, 14, 16 e 17 della Direttiva 2014/23/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.
Il comma 3 prevede, in analogia con la disciplina degli appalti esclusi, che all’affidamento dei contratti di
concessione esclusi dall’ambito di applicazione della presente Parte, si applicano i principi dettati dal Titolo I
della Parte I.
Titolo II – L’aggiudicazione delle concessioni: principi generali e garanzie procedurali
Art. 182
Analogamente alla precedente disposizione, la norma riprende e attua l’art. 31 della direttiva, in specie a fronte
del carattere dettagliato della stessa direttiva 23, anche al fine di garantire la piena conformità al diritto europeo.
Peraltro, anche tale norma si muove in diretta e coerente attuazione del criterio aa) della legge di delega.
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In termini formali la norma provvede a rimettere ordine, rispetto al testo vigente, concentrando in un unico
testo due disposizioni prima disorganicamente collocate in due diversi articoli (170 e 171); inoltre, rispetto al
testo vigente, la norma riprende alcune importanti indicazioni della direttiva, non chiarite nel testo precedente.
Al comma 1 si generalizza la necessaria previa pubblicazione di un bando, al fine di garantire la massima
trasparenza, apertura al mercato e la più ampia partecipazione, nell’interesse concorrente di amministrazione
ed imprese potenzialmente interessate.
In proposito, se per un verso va ribadita la necessità che siano rispettate le condizioni iniziali previste dal bando
di concessione, per evitare disparità di trattamento tra i potenziali candidati, per un altro verso va altresì
garantita – nelle medesima finalità di parità di trattamento e trasparenza durante l'intera procedura di
aggiudicazione – la possibilità per le amministrazioni di prevedere garanzie minime per quanto riguarda la
procedura di aggiudicazione, ivi comprese le informazioni sulla natura e l'ambito di applicazione della
concessione, la limitazione del numero di candidati, la diffusione delle informazioni ai candidati e agli offerenti
e la disponibilità di registrazioni appropriate (cfr. considerando n. 68 della direttiva 23).
Per il contenuto del bando il comma 2 rinvia all’allegato IV.1 (sul quale v. infra), al fine di non appesantire
inutilmente il testo della norma.
Secondo il comma 3 gli enti concedenti devono precisare nel contratto che i beni pubblici o a destinazione
pubblica eventualmente assegnati al concessionario per la gestione del servizio non possono essere utilizzati
per lo svolgimento di attività economiche che non siano espressamente oggetto della procedura di affidamento;
gli enti concedenti, invece, possono prevedere che il concessionario si avvalga di operatori economici terzi per
l’esecuzione di una quota dei servizi accessori affidati con la medesima gara.
Il comma 4 specifica la necessaria indicazione dei requisiti tecnici e funzionali dell’oggetto della concessione,
parametro di riferimento fondamentale per le successive fasi. In proposito, a fini di inquadramento
ermeneutico, assumono rilievo le indicazioni di origine europea secondo cui la scelta di criteri di selezione
proporzionati, non discriminatori ed equi e la loro applicazione agli operatori economici è essenziale per
garantire a questi l'effettivo accesso alle opportunità economiche offerte dalle concessioni. È quindi opportuno
stabilire che i criteri di selezione debbano riguardare soltanto la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed
economica degli operatori ed essere collegati all'oggetto del contratto, debbano essere indicati nel bando di
concessione e non possano impedire a un operatore economico, salvo in circostanze eccezionali, di far ricorso
alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con essi, qualora
l'operatore dimostri all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore che disporrà delle risorse
necessarie.
Inoltre, al fine di una migliore integrazione di considerazioni sociali ed ambientali nelle procedure di
aggiudicazione delle concessioni, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori dovrebbero avere
la facoltà di applicare criteri di aggiudicazione o condizioni di esecuzione della concessione riguardanti lavori
o servizi oggetto del contratto di concessione sotto ogni aspetto e in qualsiasi fase dei loro cicli di vita,
dall'estrazione delle materie prime per il prodotto alla fase di smaltimento dello stesso, compresi fattori
coinvolti nel processo specifico di produzione, prestazione o commercializzazione di questi lavori o servizi o
in un processo specifico nel corso di una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono
parte del loro contenuto sostanziale. Criteri e condizioni riguardanti tale processo di produzione o prestazione
possono ad esempio consistere nel fatto che i servizi oggetto della concessione siano prestati usando macchine
efficienti dal punto di vista energetico. In base alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea,
vi rientrano anche criteri di aggiudicazione o condizioni di esecuzione della concessione riguardanti
l'utilizzazione di prodotti del commercio equo e solidale nel corso dell'esecuzione della concessione da
aggiudicare. I criteri e le condizioni riguardanti il commercio e le relative condizioni possono fare riferimento,
per esempio, all'obbligo di pagare ai subappaltatori un prezzo minimo e un sovrapprezzo. Le condizioni di
esecuzione della concessione basate su considerazioni ambientali potrebbero comprendere, ad esempio, la
riduzione al minimo dei rifiuti o l'uso efficiente delle risorse.
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Il comma 5 prevede che la lex specialis e i relativi allegati, ivi compresi lo schema di contratto e il piano
economico finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali
la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la
congrua redditività del capitale investito. Ciò in piena coerenza col criterio ff) della legge di delega.
Il comma 6 specifica la previsione della previa pubblicazione di un avviso di gara in relazione ad alcune
specifiche tipologie di servizi, in coerenza con la previsione della direttiva, sotto la forma di un c.d. “avviso di
preinformazione”.
In termini di delimitazione dell’operatività del principio sotteso alla norma, di rilievo appare la norma di cui
al comma 7, parimenti coerente con la previsione della direttiva, che individua le eccezioni all’obbligo di
previa pubblicazione del bando di cui al comma 1. In proposito, si prevede sia l’elencazione dei rigorosi
presupposti – da intendersi di stretta interpretazione, non estendibili analogicamente in quanto norme di
eccezione ad un principio generale -, sia una regola di chiusura (comma 8) – di conferma della predetta stretta
interpretazione – a mente della quale le eccezioni - di cui alle lettere b), c) e d) - si applicano unicamente
qualora non esistano alternative o sostituti ragionevoli e l'assenza di concorrenza non sia il risultato di una
limitazione artificiosa dei parametri per l'aggiudicazione della concessione.
Sempre in termini di eccezione al principio generale dell’obbligo di previo bando si muove il successivo
comma 9, laddove si statuisce che all’amministrazione non è richiesto di pubblicare un nuovo bando di
concessione qualora non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata o non sia stata
depositata alcuna candidatura o alcuna candidatura appropriata in risposta a una precedente procedura di
concessione, purché le condizioni iniziali del contratto di concessione non siano sostanzialmente modificate.
Laddove si ponga una tale evenienza la previsione impone l’invio di una relazione all’Autorità di regolazione
del settore.
Il comma 10 reca la previsione di carattere procedurale, tesa a chiarire che un’offerta è in radice non
ammissibile laddove non presenti alcuna pertinenza con la concessione e sia, quindi, manifestamente
inadeguata, a meno di modifiche sostanziali, a rispondere alle esigenze e ai requisiti dell'amministrazione
aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore specificati nei documenti di gara.
I commi 11 e 12 contengono le regole sulla pubblicazione degli atti di gara a livello sovranazionale (per le
concessioni di importo superiore alle soglie di rilevanza europea) o nazionale.
Allegato IV.1
Questo allegato riproduce integralmente l’allegato XXI al codice vigente, a sua volta riproduttivo dell’allegato
V alla direttiva 2014/23/UE.
Art. 183
La disposizione, nel ribadire l’attuazione delle coerenti norme della direttiva 23, accorpa in un unico testo
alcune previsioni sparse nel vigente articolato codicistico (artt. 171 e 172).
Nel riprendere la formulazione dettagliata della direttiva, la norma si muove in primo luogo nell’ottica di
garantire la conformità al diritto europeo.
In materia, la giurisprudenza ha chiarito che la relativa procedura di scelta del concessionario deve avvenire
nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato UE e di quelli generali relativi al codice dei contratti pubblici,
tra cui quelli di trasparenza, di adeguata pubblicità, di non discriminazione, di parità di trattamento, di mutuo
riconoscimento, di proporzionalità e con predeterminazione dei criteri selettivi e secondo le regole applicabili
dalla normativa qui ripresa. La nuova formulazione, nel muoversi in tale ottica, mira a garantire e favorire il
ricorso allo strumento in questione, sino ad ora non adeguatamente utilizzato.
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Anche tale previsione si muove in diretta e coerente attuazione del criterio aa) della legge di delega.
In dettaglio, la norma riprende e adegua alla direttiva la precedente statuizione. Si dispone (comma 1) che
l'aggiudicazione delle concessioni è subordinata al soddisfacimento di specifiche circostanze riferite all'offerta
e all'offerente. In particolare, l'offerta deve essere conforme ai requisiti minimi prescritti dall’ente concedente
che attengono (comma 2) alle condizioni e alle caratteristiche tecniche, fisiche, funzionali e giuridiche della
medesima offerta. L'offerente deve ottemperare alle condizioni di partecipazione determinate nei documenti
di gara con riferimento alle capacità tecniche e professionali ed alle capacità economiche e finanziarie. Gli enti
concedenti forniscono, nel bando, una descrizione della concessione e delle condizioni di partecipazione e,
nell’invito a presentare offerte o in altri documenti di gara, una descrizione dei criteri di aggiudicazione e, se
del caso, dei requisiti da soddisfare (comma 3).
Si prevede (comma 4) che l’amministrazione possa limitare il numero di candidati o di offerenti a un livello
adeguato, purché ciò avvenga in modo trasparente e sulla base di criteri oggettivi. Il numero di candidati o di
offerenti invitati a partecipare deve essere sufficiente a garantire un'effettiva concorrenza. L'amministrazione
aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore comunica a tutti i partecipanti la descrizione della prevista organizzazione
della procedura e un termine indicativo per il suo completamento. Le eventuali modifiche sono comunicate a
tutti i partecipanti e, nella misura in cui riguardino elementi indicati nel bando di concessione, rese pubbliche
per tutti gli operatori economici (comma 5).
L’ente concedente assicura il ricorso alla digitalizzazione della procedura secondo le norme generali in materia
di appalti di cui al Libro I, Parte II (comma 6). Si prevede altresì che l’utilizzo di supporti e modalità digitali
garantisce la trasparenza della procedura e l’imputabilità degli atti. La norma ribadisce poi (comma 7) che gli
enti concedenti possono condurre liberamente negoziazioni con i candidati e gli offerenti; in tal caso tuttavia,
l’oggetto della concessione, i criteri di aggiudicazione e i requisiti minimi non possono essere modificati nel
corso delle negoziazioni.
L’ultimo periodo del comma 7, inoltre, aderendo al suggerimento contenuto nel libro verde del 2004 della
Commissione europea, contiene l’indicazione secondo la quale le negoziazioni sono condotte di regola
attraverso un dialogo competitivo ai sensi dell’art. 74.
Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori verificano (comma 8) le condizioni di partecipazione
relative alle capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati
La norma poi ribadisce che le stazioni appaltanti verifichino le condizioni di partecipazione relative alle
capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati o degli offerenti sulla
base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova. Le condizioni di
partecipazione sono proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la
concessione, tenendo conto dell'oggetto della concessione e dell'obiettivo di assicurare la concorrenza
effettiva.
Inoltre, la disposizione prevede (comma 9) che per soddisfare le suindicate condizioni di partecipazione
l'operatore economico possa avvalersi delle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica
dei suoi rapporti con gli stessi, dimostrando all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore che
disporrà delle risorse necessarie per l'intera durata della concessione. Per quanto riguarda la capacità
finanziaria, si prevede la facoltà per la stazione appaltante di richiedere che l'operatore economico e i soggetti
in questione siano responsabili in solido dell'esecuzione del contratto. Alle stesse condizioni (comma 10), un
raggruppamento di operatori economici può rare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri
soggetti.
La norma (comma 11) si chiude con una espressa previsione di c.d. “soccorso istruttorio”, operando un rinvio
all’art. 101.
Art. 184
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La disposizione, nel dare attuazione agli artt. 39 e 40 della direttiva, oltre a porsi nell’ottica di garantire la
piena conformità ai principi europei, fornisce una serie di regole ed indicazioni tese a favore il rilancio del
ricorso allo strumento della concessione. Infatti, le norme di principio in esame possono costituire un
fondamentale riferimento per tutte le amministrazioni, al fine di incanalare in rassicuranti canali procedurali
le innovazioni e le potenzialità derivanti dal coinvolgimento di privati nella realizzazione degli obiettivi
pubblici, e possono conciliare il minimo necessario di procedimentalizzazione con il rilancio della
discrezionalità dell’amministrazione. Anche tale norma si muova in diretta e coerente attuazione del criterio
aa) della legge di delega.
In relazione alla previsione di un termine va richiamata la premessa della direttiva, avente anche valenza
ermeneutica della legislazione attuativa, laddove (considerando 62) afferma che, al fine di consentire a tutti gli
operatori interessati di presentare domanda di partecipazione e offerte, le amministrazioni aggiudicatrici e gli
enti aggiudicatori sono tenuti a rispettare un termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione
e delle offerte.
Il comma 1 detta la regola generale di indirizzo in relazione ai termini per la presentazione delle domande e
delle offerte, che tengano conto, in particolare, della complessità della concessione e del tempo necessario per
preparare le offerte o le domande, fatti salvi i termini minimi stabiliti dallo stesso art. 184.
Il comma 2 specifica tale regola di fondo nel caso in cui, nell’esercizio della propria discrezionalità,
l’amministrazione valuti necessaria la previa visita dei luoghi ovvero la consultazione in loco dei documenti
allegati ai documenti di gara; in tal caso i termini sono stabiliti in modo che tutti gli operatori economici
interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le domande o le
offerte e sono comunque superiori ai termini minimi stabiliti dalla disciplina europea.
Il comma 3 stabilisce la regola generale del termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione
alla concessione, comprese eventualmente le offerte, pari a trenta giorni dalla data di trasmissione del bando,
secondo le indicazioni degli articoli 83 e 84.
Il comma 4 specifica la regola nel caso in cui la procedura si svolga in fasi successive; in tal caso il termine
minimo per la ricezione delle offerte iniziali è di ventidue giorni dalla data di trasmissione dell'invito a
presentare offerte.
La norma attribuisce estrema rilevanza alla digitalizzazione.
In relazione alle comunicazioni, il comma 5 prevede l’onere per l’amministrazione di comunicare quanto
prima ai candidati e agli offerenti le decisioni prese riguardo all'aggiudicazione di una concessione, ivi
compresi il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato il contratto, i motivi del rigetto della loro domanda di
partecipazione e della loro offerta, nonché i motivi per i quali hanno deciso di non aggiudicare un contratto
per il quale sia stato pubblicato un bando di concessione o di riavviare la procedura. Su richiesta della parte
interessata, l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore comunica quanto prima, e in ogni caso entro
quindici giorni dalla ricezione di una richiesta scritta, a ogni offerente che abbia presentato un'offerta
ammissibile, le caratteristiche e i vantaggi relativi dell'offerta selezionata. Tale comma si muove nell’ottica
della responsabilizzazione reciproca e della previsione di regole tese a favorire un corretto rapporto
procedimentale, trasparente e informato tra le parti coinvolte.
La norma si chiude (comma 6 ) con una indicazione di fondo, che si muove nella medesima ottica appena
richiamata, prevedendo che l’amministrazione possa decidere di non divulgare talune informazioni di cui al
comma 1 relative al contratto, qualora la loro diffusione ostacoli l'applicazione della legge, sia contraria
all'interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati
oppure possa recare pregiudizio alla concorrenza leale tra questi operatori.
Art. 185
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La disposizione recepisce l’art. 41 della direttiva 2014/23/UE relativo ai criteri di aggiudicazione dei contratti
di concessione.
A fronte di una non piena omogeneità del testo vigente con la direttiva, si è inteso ripartire dalle regole europee,
in coerenza alle indicazioni di cui al criterio sub lettera a) della delega. Ciò anche a fronte dello scarso ricorso
allo strumento in questione e conseguentemente ad una sostanziale scarsa operatività della stessa disciplina
vigente.
Come regola generale, si statuisce (comma 1) la necessità che le concessioni siano aggiudicate, ponendo a
base di gara almeno un progetto di fattibilità, sulla scorta di criteri oggettivi, coerenti ai principi di cui all’art.
172 e tali da assicurare una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da
individuare un vantaggio economico complessivo per l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore.
In termini di individuazione degli stessi (comma 2), i criteri di aggiudicazione devono essere oggettivi nel
senso di connessi all'oggetto della concessione e non devono attribuire una incondizionata libertà di scelta
all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore. Viene data specifica rilevanza, in coerenza con i
moderni parametri di riferimento tratti anche dalla direttiva, ai criteri ambientali, sociali o relativi
all'innovazione (considerando 63). Tali criteri devono essere accompagnati da requisiti che consentono di
verificare efficacemente le informazioni fornite dagli offerenti. L'amministrazione aggiudicatrice o l'ente
aggiudicatore devono poi verificare la conformità effettiva delle offerte ai criteri di aggiudicazione.
L'ente concedente deve elencare i criteri in ordine decrescente di importanza (comma 3). Ciò in coerenza con
il carattere oggettivo e con la necessità di chiarire l’ordine di priorità dell’ente concedente, sulla scorta degli
interessi pubblici perseguiti.
Al comma 4 si individua una eccezione generale alla regola del comma 1, tesa a garantire – in coerenza con
la natura e l’oggetto delle concessioni – adeguata importanza alle offerte innovative. In dettaglio, si prevede
che, se l'amministrazione riceve un'offerta che propone una soluzione innovativa con un livello straordinario
di prestazioni funzionali che non avrebbe potuto essere prevista da un'amministrazione diligente, il soggetto
concedente stesso può, in via eccezionale, modificare l'ordine dei criteri di aggiudicazione per tenere conto di
tale soluzione innovativa. In tal caso, l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore informa tutti gli
offerenti in merito alla modifica dell'ordine di importanza ed emette un nuovo invito a presentare offerte.
In termini di requisiti, va ribadita l’importanza dell’integrazione dei requisiti in materia ambientale, sociale e
di lavoro nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, nonché della scelta di criteri di selezione
proporzionati, non discriminatori ed equi, la cui applicazione agli operatori economici è essenziale per
garantire a questi l'effettivo accesso alle opportunità economiche offerte dalle concessioni. In particolare, la
possibilità concessa ai candidati di far ricorso alle capacità di altri soggetti può essere un fattore determinante
per consentire la partecipazione delle PMI. È quindi opportuno stabilire che i criteri di selezione debbano
riguardare soltanto la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori ed essere
collegati all'oggetto del contratto, debbano essere indicati nel bando di concessione e non possano impedire a
un operatore economico, salvo in circostanze eccezionali, di far ricorso alle capacità di altri soggetti,
indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con essi, qualora l'operatore dimostri
all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore che disporrà delle risorse necessarie. Ciò va
conseguentemente tenuto prese ai fini dell’individuazione dei criteri di aggiudicazione.
A tal fine va garantita alle amministrazioni la facoltà di applicare criteri di aggiudicazione o condizioni di
esecuzione della concessione riguardanti lavori o servizi oggetto del contratto di concessione sotto ogni aspetto
e in qualsiasi fase dei loro cicli di vita, dall'estrazione delle materie prime per il prodotto alla fase di
smaltimento dello stesso, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, prestazione o
commercializzazione di questi lavori o servizi o in un processo specifico nel corso di una fase successiva del
loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale. Criteri e condizioni
riguardanti tale processo di produzione o prestazione possono, ad esempio, consistere nel fatto che i servizi
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oggetto della concessione siano prestati usando macchine efficienti dal punto di vista energetico. In base alla
giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, vi rientrano anche criteri di aggiudicazione o
condizioni di esecuzione della concessione riguardanti l'utilizzazione di prodotti del commercio equo e solidale
nel corso dell'esecuzione della concessione da aggiudicare. I criteri e le condizioni riguardanti il commercio e
le relative condizioni possono fare riferimento, per esempio, all'obbligo di pagare ai subappaltatori un prezzo
minimo e un sovrapprezzo. Le condizioni di esecuzione della concessione basate su considerazioni ambientali
potrebbero comprendere, ad esempio, la riduzione al minimo dei rifiuti o l'uso efficiente delle risorse.
I criteri di aggiudicazione o le condizioni di esecuzione della concessione riguardanti aspetti sociali del
processo di produzione vanno poi applicati conformemente alla direttiva 96/71/CE, quale interpretata dalla
Corte di giustizia dell'Unione europea, e non vanno scelti o applicati in modo da discriminare direttamente o
indirettamente gli operatori economici di altri Stati membri o di paesi terzi che sono parti dell'accordo
dell'Organizzazione mondiale del commercio sugli appalti pubblici («AAP») o degli accordi sul libero scambio
ai quali l'Unione aderisce. I requisiti riguardanti le condizioni di lavoro fondamentali disciplinate dalla direttiva
96/71/CE, quali le tariffe minime salariali, devono pertanto rimanere al livello stabilito dalla legislazione
nazionale o da contratti collettivi applicati in conformità del diritto dell'Unione nel contesto di tale direttiva.
In tale contesto, possono essere oggetto dei criteri di aggiudicazione o delle condizioni di esecuzione della
concessione anche misure intese alla tutela della salute del personale coinvolto nel processo di esecuzione della
concessione, alla promozione dell'integrazione sociale di persone svantaggiate o di membri di gruppi
vulnerabili nel personale incaricato dell'esecuzione della concessione o della formazione nelle competenze
richieste per la concessione in questione, purché riguardino i lavori o i servizi oggetto della concessione. Per
esempio, tali criteri o condizioni possono riferirsi, tra l'altro, all'assunzione di disoccupati di lunga durata, ad
azioni di formazione per disoccupati o giovani da effettuarsi nel corso dell'esecuzione della concessione da
aggiudicare. Nelle specifiche tecniche le amministrazioni aggiudicatrici possono prevedere requisiti di natura
sociale che caratterizzano direttamente il prodotto o servizio in questione, quali l'accessibilità per persone con
disabilità o la progettazione adeguata per tutti gli utenti.
Più in generale, i criteri di aggiudicazione devono essere coerenti con i requisiti tecnici e funzionali definiti
dalle amministrazioni permettano l'apertura delle concessioni alla concorrenza.
La norma si chiude con due previsioni tese a garantire la correttezza della procedura e la selezione di una
proposta adeguata.
Sul primo versante, il comma 5 statuisce – con specifico riferimento alle valutazioni che le commissioni sono
chiamate a svolgere, che, prima di assegnare il punteggio all’offerta economica, la commissione aggiudicatrice
verifichi l’adeguatezza e la sostenibilità del piano economico-finanziario.
Sul secondo versante, al comma 6 si prevede che i componenti delle commissioni di valutazione debbano
essere altamente qualificati e competenti, quindi dotati di esperienze e qualifiche adeguate all’oggetto
dell’esame. Viene altresì specificata, in termini di garanzia della riservatezza delle operazioni e degli elementi
soggettivi sottesi, la facoltà per il bando di prevedere l’oscuramento dei nomi degli operatori economici che
hanno presentato l’offerta
Art. 186
Com’è noto, l’art. 177 comma 1 - e in via conseguenziale i commi 2 e 3 del vecchio codice - sono stati dichiarati
incostituzionali dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 218 del 2021, poiché la stessa disposizione
contenuta nella legge delega è stata ritenuta “irragionevole”. Segnatamente, la Corte ha evidenziato che il
legislatore (già nella legge delega) non aveva optato per il “mezzo più mite”, fra quelli idonei a raggiungere lo
scopo, scegliendo, fra i vari strumenti a disposizione, quello che determina il sacrificio minore.
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La disamina dell'evoluzione normativa a livello europeo restituisce l'immagine di una disciplina in costante
oscillazione, ma comunque piuttosto stabile nell'escludere un radicale obbligo di affidamento a terzi, finanche
per le concessioni già assentite, rinnovate o prorogate (Corte costituzionale, sentenza n. 218 del 2021).
La Corte costituzionale pare suggerire al legislatore l’adozione di una nuova disposizione che sia però
ragionevole e proporzionale e che tenga conto di talune indicazioni (qui tradotte in indicatori economici).
La legge delega non offre indicazioni nel senso di eliminare l’obbligo di affidamento a terzi. Al contrario, il
legislatore delegante prevede espressamente, tra i criteri direttivi, di disciplinare le concessioni in essere alla
data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 e non affidate con la formula della finanza di
progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, «con
specifico riguardo alle situazioni nelle quali sussiste l'obbligo, secondo criteri di gradualità e proporzionalità
e tenendo conto delle dimensioni e dei caratteri del soggetto concessionario, dell'epoca di assegnazione della
concessione, della sua durata, del suo oggetto e del suo valore economico, di affidare a terzi, mediante
procedure di evidenza pubblica, parte dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle medesime
concessioni, garantendo la stabilità e la salvaguardia delle professionalità del personale impiegato».
Ebbene, la Corte fornisce al legislatore indicazioni su come eventualmente riscrivere la disposizione:
1) necessità di differenziare o graduare l’obbligo, in ragione dell’interesse alla concorrenza,
considerando:
a) le dimensioni della concessione, con la necessità di stabilire una nuova soglia (apparendo a tale
fine di scarso rilievo la prevista soglia di applicazione alle concessioni di importo superiore a
150.000 euro, normalmente superata dalla quasi totalità delle concessioni);
b) le dimensioni e i caratteri del soggetto concessionario, con la necessità di distinguere per tipologia
di concessionario;
c) l'epoca di assegnazione della concessione;
d) la sua durata;
e) il suo oggetto;
f) il suo valore economico.
2) necessità di considerare l'interesse dei concessionari i quali, per quanto possano godere tuttora di una
posizione di favore derivante dalla concessione ottenuta in passato, esercitano nondimeno un'attività
di impresa per la quale hanno sostenuto investimenti e fatto programmi, riponendo un relativo
affidamento nella stabilità del rapporto instaurato con il concedente;
3) necessità di considerare l’interesse del concedente, degli utenti del servizio, nonché del personale
occupato nell’impresa;
4) inammissibilità dell’introduzione di un obbligo radicale e generalizzato di esternalizzazione;
5) necessità di calibrare l'obbligo di affidamento all'esterno sulle varie e alquanto differenziate situazioni
concrete.
La Corte evidenzia che gli interessi di cui ai punti 2) e 3), per quanto comprimibili nel bilanciamento con altri
ritenuti meritevoli di protezione da parte del legislatore, non possono essere tuttavia completamente
pretermessi, come risulta essere accaduto invece nella scelta legislativa in esame.
Gli indicatori chiave di impatto di analisi economica offerti dalla sentenza della Corte costituzionale e che
sono stati presi in considerazione nella riscrittura della disposizione normativa sono i seguenti:
1) distinzione sul tipo di concessionario alla luce del ruolo economico;
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2) distinzione sul tipo di soglia (sicuramente superiore a 150.000 euro);
3) distinzione sul tipo di percentuale (inferiore all’80%).
Al comma 2, pertanto, nell’ordine, si è proceduto a:
a) escludere dal campo di applicazione della norma i titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici
ricadenti all’interno dei settori speciali, data la specificità dei suddetti settori;
b) sostituire la irrisoria soglia di 150.000 euro nell’importo pari o superiore alle soglie di rilevanza
comunitaria;
c) prevedere che la quota degli affidamenti da effettuare mediante procedura ad evidenza pubblica sia
individuata convenzionalmente (e quindi periodicamente) tra il concedente e il concessionario, e che
tale quota, alla luce del dato storico, sia individuata nel range del 50 per cento e 60 per cento, tenuto
conto dei seguenti parametri:
-
epoca di assegnazione della concessione;
-
durata residua della concessione;
-
oggetto della concessione;
-
valore economico della concessione;
-
entità degli investimenti effettuati.
Si precisa che, per realizzare le sue finalità ‘compensative’ della violazione del diritto della concorrenza,
l’obbligo di esternalizzazione deve andare a vantaggio di operatoti economici ‘terzi’ (in tal senso, l’obbligo in
esame non potrebbe ritenersi soddisfatto nel caso di affidamento a una controllata o a una collegata del
concessionario).
d) prevedere la fissazione di una quota minima e massima di esternalizzazione delle concessioni uguale
sia per i lavori che per i servizi e forniture, in quanto, alla luce dei principi eurounitari di riferimento,
tutti gli affidamenti contemplati negli atti convenzionali possono essere normati uniformemente alla
luce del perseguimento di un medesimo obiettivo normativo.
Al contempo, si osserva che i servizi possono essere indivisibili e quindi anche nell’ipotesi di percentuali molto
basse di obbligo all’esternalizzazione potrebbero ricadere in quella sproporzione già platealmente censurata
dalla Corte costituzionale (si consideri, ad esempio, il caso dei servizi di gestione di parcheggi in concessione
già costruiti e funzionanti che hanno come possibile esternalizzazione la sola gestione); inoltre, non è possibile
presupporre astrattamente in ogni comparto dei servizi l’esistenza di un mercato a valle, ovvero l’esistenza di
un mercato efficiente.
La gestione dei servizi costituisce il principale contributo di efficienza prodotto dagli investimenti effettuati
da investitori istituzionali.
Al comma 2 si è conservata la disposizione che prevedeva l’inserimento di clausole sociali per la stabilità del
personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità, esigenza evidenziata dalla stessa Corte
costituzionale.
Alla luce di tali considerazioni, al comma 3 si è ritenuto di precisare che in caso di comprovata indivisibilità
delle prestazioni di servizi dedotte in concessione, in sostituzione dell’obbligo di esternalizzazione, il
concessionario corrisponda all’ente concedente un importo compreso tra il minimo del 5% ed il massimo del
10% degli utili previsti dal Piano economico-finanziario, tenendo conto dell’epoca di assegnazione della
concessione, della sua durata, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti.
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Al comma 1, invece, per evitare qualunque equivoco, come già previsto all’art. 164, comma 4 del vecchio
codice, è precisato che agli appalti affidati dai concessionari che siano stazioni appaltanti si applicano le
disposizioni del codice in materia di appalti.
Il comma 4 prevede il termine entro il quale le concessioni di cui ai commi 2 e 3 devono essere adeguate alla
nuova disciplina.
Al comma 5 si precisa che le modalità di calcolo delle quote di cui comma 2 sono definite dall’ANAC entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice, evidenziando che sull’applicazione dell’art. 186 vigila
l’ANAC, anche tenuto conto del valore delle prestazioni eseguite.
Al comma 6 si prevede una disciplina specifica per i concessionari autostradali. In particolare, le modalità di
calcolo delle quote di cui al comma 2 sono individuate sulla base degli importi risultanti dai piani economici
finanziari annessi agli atti convenzionali e sulla base del piano complessivo dei lavori, servizi e forniture
presentato dai concessionari al concedente. Inoltre, viene previsto che la verifica del rispetto delle quote di cui
al comma 2 avvenga con cadenza quinquennale e, ove si riscontri una situazione di squilibrio, è garantita la
possibilità per il concedente di richiedere la presentazione di una garanzia fideiussoria (che sarà svincolata in
sede di aggiornamento del piano economico finanziario nel caso in cui venga accertato il risanamento dello
squilibrio). Tale previsione assicura maggiori garanzie a tutela dell’equilibrio contrattuale in favore del
concedente anche in considerazione della durata particolarmente estesa delle concessioni autostradali.
Il comma 7, infine, consente la permanente gestione di tratte autostradali che interessano una o più regioni a
società in house di altre amministrazioni pubbliche costituite ad hoc.
Art. 187
Il comma 1, ai fini di flessibilità e semplificazione indicati nella nota introduttiva, autorizza gli enti concedenti
a procedere, per l’affidamento dei contratti di concessione il cui valore sia inferiore alla soglia di cui all’art.
14, comma 1, lettera a), mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa
consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli
inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici.
Il comma 2, precisa che, ai contratti di importo inferiore alla soglia europea, si applicano le norme
sull’esecuzione sulle concessioni sopra soglia di cui al Titolo III della presente Parte.
Titolo III – L’esecuzione delle concessioni
Art. 188
L’unico comma 1 stabilisce che il ricorso al subappalto da parte del concessionario è regolato dalle
corrispondenti disposizioni in materia di appalto, di cui all’articolo 119.
Nel dare attuazione all’art. 42 della direttiva, si è scelta la strada più omogenea e rigorosa, oltre che di agevole
applicazione da parte delle amministrazioni, di estendere la disciplina dettata per il subappalto generale, in
tema di appalti pubblici. Ciò consente altresì l’immediata riferibilità a quanto espresso dalla stessa
giurisprudenza europea sulla disciplina nazionale in materia di subappalto.
Art. 189
La norma provvede al recepimento dell’articolo 43 della direttiva 2014/23/UE relativo al regime della modifica
del contratto di concessione durante la sua vigenza, nonché in attuazione delle indicazioni contenute nel criterio
di delega sub lettera ff).
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A fronte di una non piena omogeneità del testo vigente con la direttiva, si è inteso ripartire dalle regole europee,
in coerenza alle indicazioni di cui al criterio sub lettera a) della delega. Ciò anche qui a fronte dello scarso
ricorso allo strumento in questione e conseguentemente ad una sostanziale scarsa operatività della stessa
disciplina vigente.
La disposizione al comma 1 precisa le ipotesi specifiche in cui è possibile modificare i contratti di concessione,
senza il ricorso ad una nuova procedura di aggiudicazione.
In primo luogo, è consentita tale eventualità se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono
state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono
comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali
modifiche od opzioni, nonché le condizioni alle quali possono essere impiegate e non apportano modifiche od
opzioni che altererebbero la natura generale della concessione.
In secondo luogo, è consentita la modifica per lavori o servizi supplementari da parte del concessionario
originario che si sono resi necessari e non erano inclusi nella concessione iniziale, ove un cambiamento di
concessionario: o risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di
intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell'ambito della
concessione iniziale; ovvero comporti per l'amministrazione notevoli disguidi o una consistente duplicazione
dei costi.
In terzo luogo è consentita la modifica in caso di concorso delle seguenti condizioni: necessità di modifica
determinata da circostanze che l’amministrazione diligente non ha potuto prevedere; la modifica non altera la
natura generale della concessione; nel caso di concessioni aggiudicate dall'amministrazione allo scopo di
svolgere un'attività diversa da quelle di cui ai settori speciali, l'eventuale aumento di valore non è superiore al
50% del valore della concessione iniziale - in caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al
valore di ciascuna modifica e tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la disciplina.
In quarto luogo, la modifica è possibile se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui l'amministrazione
aveva inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze: una clausola o opzione
di revisione inequivocabile; al concessionario iniziale succede, in via universale o parziale, a seguito di
ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore
economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre
modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione della presente direttiva; oppure
nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice stessa o l'ente aggiudicatore stesso si assumano gli obblighi
del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori, ove tale possibilità sia prevista dalla
legislazione nazionale; se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali.
Al comma 2 vengono individuate altre ipotesi di possibile modifica, senza necessità di una nuova procedura
di aggiudicazione di una concessione se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti: la
soglia di rilevanza europea; il 10% del valore della concessione iniziale.
Al comma 3 viene individuato un presupposto generale, valido per tutte le ipotesi: la modifica non può alterare
la natura generale della concessione. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del
valore complessivo netto delle successive modifiche.
Sempre in termini generali di presupposto il comma 4 precisa poi che la modifica va considerata sostanziale
se muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa.
Inoltre si specificano alcuni casi in cui, ex lege, la modifica è da reputarsi sostanziale, cioè al sopravvenire di
una o più delle seguenti ipotesi: primo, se la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella
procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi
da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure
avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione; secondo, se la
modifica cambia l'equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto
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dalla concessione iniziale; terzo, se la modifica estende notevolmente l'ambito di applicazione della
concessione; quarto, se un nuovo concessionario sostituisce quello cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente
aggiudicatore avevano inizialmente aggiudicato la concessione in casi diversi da quelli previsti al comma 1,
lettera d).
A fini di chiarezza, vengono in dettaglio richiamati anche i diversi allegati alla direttiva rilevanti in ordine agli
specifici punti oggetto di disciplina, nonché, nel comma 5, l’onere di procedere alla pubblicazione di un avviso
nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nelle situazioni di cui al comma 1, lettera b) e c).
In termini generali, di indicazioni ermeneutiche, la norma tiene conto di quanto ancora di recente espresso
dalla giurisprudenza europea (cfr. ad es. Corte giustizia UE , sez. V , 02/09/2021 , n. 721), per cui la norma
così attuata dev'essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale che prevede, da un lato,
che il rinnovo di una concessione sia deciso due anni prima della sua scadenza e, dall'altro, una modifica delle
modalità di pagamento del corrispettivo finanziario dovuto dal concessionario, quali stabilite nel contratto di
concessione originario, in modo da garantire allo Stato nuove e maggiori entrate di bilancio, quando tale
modifica non è sostanziale. Inoltre, la norma qui attuata, e conseguentemente anche quella di attuazione,
dev'essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale che impone il rinnovo di un contratto
di concessione senza una nuova procedura di aggiudicazione, in circostanze in cui esso è stato aggiudicato a
un solo concessionario, mentre il diritto nazionale applicabile prevedeva che una tale concessione dovesse
essere aggiudicata, in linea di principio, a più operatori economici, quattro al massimo, quando tale normativa
nazionale costituisce l'attuazione di una clausola contenuta nel contratto di concessione originario che
prevedeva l'opzione di un tale rinnovo.
Sul versante processuale, infine, la normativa stessa va intesa nel senso che un operatore economico può
proporre un ricorso contro una decisione di rinnovo di una concessione per il fatto che le condizioni di
esecuzione del contratto di concessione originario sono state sostanzialmente modificate, pur non avendo
partecipato alla procedura di aggiudicazione originaria di tale concessione, a condizione che, nel momento in
cui la concessione dev'essere rinnovata, possa dimostrare un interesse ad ottenere tale concessione.
Art. 190
La norma provvede al recepimento dell’articolo 44 della direttiva 2014/23/UE relativo alle ipotesi di
cessazione e risoluzione della concessione, sulla scorta anche del criterio di delega sub lettera ff).
A fronte di una non piena omogeneità del testo vigente con la direttiva, si è inteso ripartire dalle regole europee,
in coerenza alle indicazioni di cui al criterio sub lettera a) della delega. Ciò anche qui a fronte dello scarso
ricorso allo strumento in questione e conseguentemente ad una sostanziale scarsa operatività della stessa
disciplina vigente.
La norma detta la disciplina dei casi in cui è ammessa la risoluzione e il recesso del rapporto concessorio.
Sul piano sistematico, si sono chiaramente distinti i due profili disciplinari (che nel Codice del 2016 risultavano
invece commisti): i primi 3 commi disciplinano ora i casi di risoluzione; i restanti commi le ipotesi di recesso.
Il termine recesso ha preso il posto del termine ‘revoca’ per indicare l’atto con cui una parte (nella specie,
l’ente concedente) può sciogliersi unilateralmente dal vincolo di un contratto di concessione. Anche nella legge
n. 241 del 1990, la revoca è termine che attiene all’atto amministrativo (art. 21-nonies) e non al contratto, per
il quale si parta di ‘recesso’ (art. 21-sexies).
La disposizione prende le mosse al comma 1 con l’individuazione di alcune ipotesi speciali di risoluzione
(rispetto al codice civile), incentrate su gravi violazioni procedurali relative all’aggiudicazione. In particolare,
viene statuito che le amministrazioni aggiudicatrici possono dichiarare risolta la concessione, se una o più delle
seguenti condizioni sono soddisfatte: la concessione ha subito una modifica che avrebbe richiesto una nuova
procedura di aggiudicazione della concessione; il concessionario si è trovato, al momento dell'aggiudicazione
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della concessione, in una delle situazioni che comportano l’esclusione dalla procedura di aggiudicazione della
concessione; la Corte di giustizia dell'Unione europea constata, in un procedimento ai sensi dell'articolo 258
TFUE, che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a su lui incombenti in virtù dei trattati europei
per il fatto che un ente concedente appartenente allo Stato membro in questione ha aggiudicato la concessione
in oggetto senza adempiere gli obblighi previsti dai trattati europei e dalla direttiva n. 2014/23/UE.
Il comma 2 stabilisce, in via generale, che la risoluzione della concessione per inadempimento
dell’amministrazione aggiudicatrice o del concessionario è disciplinata dagli articoli 1453 e seguenti del codice
civile. È espressamente imposto poi che il contratto preveda, per il caso di inadempimento, una clausola penale
di predeterminazione del danno, al fine di rendere ex ante evidenti quali siano i ‘costi’ dell’inadempimento e
di prevenire complessi contenziosi sul punto.
Il comma 3 detta regole procedurali: nei casi che comporterebbero la risoluzione di una concessione per cause
imputabili al concessionario, l’ente concedente comunica per iscritto al concessionario e agli enti finanziatori
l'intenzione di risolvere il rapporto. Gli enti finanziatori, ivi inclusi i titolari di obbligazioni e titoli analoghi
emessi dal concessionario, entro 120 giorni dal ricevimento della comunicazione, possono indicare un
operatore economico, che subentri nella concessione, avente caratteristiche tecniche e finanziarie
corrispondenti a quelle previste nel bando di gara o negli atti in forza dei quali la concessione è stata affidata,
con riguardo allo stato di avanzamento dell'oggetto della concessione alla data del subentro. L’operatore
economico subentrante assicura la ripresa dell’esecuzione della concessione e l’esatto adempimento
originariamente richiesto al concessionario sostituito entro il termine indicato dall’ente concedente. Il subentro
dell'operatore economico ha effetto da quando l’ente concedente presta il consenso. Tale privilegio (c.d. ‘step
in right’), già contemplato nel Codice del 2016, è evidentemente inteso a favorire il finanziamento del PPP.
Al comma 4 si dettano poi le previsioni rilevanti per l’ipotesi in cui la concessione sia risolta per motivi di
pubblico interesse, specificando quanto spetti al concessionario: a) il valore delle opere realizzate più gli oneri
accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di
collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario; b) gli altri costi sostenuti o da sostenere in
conseguenza della risoluzione, ivi inclusi gli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di
copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse; c) un indennizzo a titolo di mancato guadagno
compreso tra il minimo del 2 per cento ed il massimo del 5 per cento degli utili previsti dal Piano economicofinanziario, in base ad una valutazione che tenga conto delle circostanze, della tipologia di investimenti
programmati e delle esigenze di protezione dei crediti dei soggetti finanziatori.
La lettera c) è stata modificata rispetto alla precedente formulazione (la quale prevedeva un indennizzo «pari
al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero, nel caso in cui l’opera abbia superato la fase
di collaudo, del valore attuale dei ricavi risultanti dal piano economico-finanziario allegato alla concessione
per gli anni residui di gestione») per evitare una ‘sovra-compensazione’ degli investimenti privati.
Il successivo comma 5 specifica poi che le somme spettanti al concessionario ai sensi del comma 4 sono
destinate prioritariamente al soddisfacimento dei crediti dei finanziatori del concessionario stesso e dei titolari
di titoli emessi
Il comma 6 disciplina la prosecuzione della gestione, al fine di garantire continuità all’attività di pubblico
interessa sottesa. In particolare si statuisce che in tutti i casi di cessazione del rapporto concessorio diversi
dalla risoluzione per inadempimento del concessionario, il concessionario ha il diritto di proseguire nella
gestione ordinaria dell'opera, incassandone i ricavi da essa derivanti, sino all'effettivo pagamento delle suddette
somme per il tramite del nuovo soggetto subentrante, fatti salvi gli eventuali investimenti improcrastinabili
individuati dal concedente unitamente alle modalità di finanziamento dei correlati costi.
Infine al comma 7 si stabilisce che, in generale, l’efficacia del recesso della concessione è sottoposta alla
condizione del pagamento da parte dell'ente concedente delle somme previste.
I mobili e (ancora) incerti confini tra i poteri privatistici di risoluzione e quelli pubblicistici di autotutela è
rimesso al punto di equilibrio che sarà individuato, nell’esercizio delle rispettive funziono nomofilattiche, dalla
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Corte di Cassazione e dal Consiglio di Stato. A tal fine, non si quindi è riprodotto il riferimento alle norme in
tema di autotutela, il cui rinvio generico aveva alimentato dubbi sui rapporti con le ipotesi espressamente
previste dalla direttiva europea.
Art. 191
La norma riempie un vuoto regolativo del codice del 2016 che non contemplava una specifica disciplina dei
profili patrimoniali connessi al subentro di un concessionario ad un altro.
Il comma 1, stabilisce ora che, alla scadenza del periodo di affidamento e in conseguenza del nuovo
affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali essenziali per la prosecuzione del servizio, in
quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, sono assegnati al nuovo gestore. Analogamente si
procede in caso di cessazione anticipata.
Ai sensi del comma 2, sono altresì ceduti al nuovo gestore i beni strumentali realizzati in attuazione dei piani
di investimento concordati con l’ente concedente.
Il comma 3 stabilisce che, salve le discipline di settore, nel caso di durata dell’affidamento inferiore rispetto
al tempo di recupero dell’ammortamento oppure di cessazione anticipata, si prevede, a carico del gestore
subentrante, un indennizzo pari al valore contabile non ancora ammortizzato, rivalutato attraverso pertinenti
deflatori fissati dall’ISTAT e al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili agli investimenti
stessi. I criteri di determinazione dell’indennizzo sono indicati nel bando o nella lettera di invito relativi alla
gara indetta per il successivo affidamento a seguito della scadenza o della cessazione anticipata della gestione.
Il comma 4 stabilisce che restano salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell’entrata in vigore
del codice.
Il comma 5 rinvia, per la disciplina del subentro per le concessioni di servizi di interesse economico generale
prestati a livello locale, all’articolo 23 del decreto legislativo attuativo dell’articolo 8 della legge 5 agosto 2022,
n. 118.
Art. 192
È noto che, per quanto attiene al profilo delle tecniche di rilevanza delle sopravvenienze, l’ordinamento, in
caso di variazioni qualitative, costantemente accoppia il rimedio della revisione a quello dello scioglimento
del contratto (riguardano l’inattuabilità sopravvenuta del programma negoziale gli artt. 963, 1464, 1584, 1622,
1623, 1660, 1896, 1897, 1926 c.c.; riguardano l’inattuabilità originaria gli artt. 1484 e 1492), mentre per le
variazioni quantitative il rimedio della revisione non è mai concesso ad un contraente al quale di già spetti il
diritto di chiedere la risoluzione (cfr. gli artt. 1467 e 1468 c.c.).
Nella disciplina contrattuale di parte speciale, l’art. 1664, comma 1, prevede invece che, qualora si siano
verificati, per effetto di circostanze imprevedibili, aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano
d'opera tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo
convenuto, l'appaltatore o, rispettivamente, il committente hanno diritto ad una revisione del prezzo medesimo
per la differenza che eccede il decimo.
In dottrina si è fatta strada, da diversi anni, sull’esempio dell’esperienza angloamericana degli relational
contracts, l’idea secondo la quale, all'insorgere di sopravvenienze perturbative di un contratto, la parte
esonerata dal rischio della sopravvenienza avrebbe il diritto di chiedere, anziché la risoluzione, la
rinegoziazione dell’accordo anche in casi in cui l’esperibilità di tali rimedi non sia prevista espressamente né
dalla legge né dal contratto. In particolare: 1) secondo alcuni, si tratterebbe di coniugare la normativa specifica
dell’art. 1467 con la disposizione generale dell'art. 1175 al fine di accertare se il rifiuto del creditore di
ricondurre il contratto ad equità, autorizzato in via di principio dall’art. 1467, risulti in concreto scorretto ex
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art. 1175 e possa, perciò, dirsi precluso; 2) secondo altri, sarebbero enucleabili classi di fattispecie rispetto alle
quali, risultando insoddisfacente la previsione dell’art. 1467, andrebbe estesa la potenzialità normativa dell'art.
1664, comma 1, anche a contratti che, non riducibili puntualmente al tipo legale, sollevino esigenze simili a
quelle previste per l’appaltatore.
Nel contesto delle concessioni, a fronte della sopravvenienza l’obiettivo precipuo del contraente sfavorito non
è lo smantellamento del rapporto, ma la sua messa in sicurezza attraverso un riequilibrio reciprocamente
appagante delle prestazioni. Anche la pandemia da COVID-19 ha messo recentemente in luce la necessità di
mitigare il principio della vincolatività del contratto qualora per effetto di accadimenti successivi alla
stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti,
l’equilibrio del rapporto si mostri sostanzialmente snaturato.
Il codice del 2016 già contemplava un dispositivo di mitigazione del rischio operativo. Il meccanismo
rimediale consiste nella possibilità per l’operatore economico di chiedere all’amministrazione concedente (cui
è incombe un obbligo legale di rinegoziazione) la revisione del programma contrattuale. Si tratta di un rimedio
per la gestione delle sopravvenienze di tipo manutentivo, particolarmente utile nel contesto di operazioni di
lunga durata e con investimenti non immediatamente reversibili, in mancanza del quale il codice civile
appronterebbe invece una tutela prettamente ablativa (art. 1467 c.c.).
Il presente schema di codice puntualizza e precisa la revisione sotto diversi profili.
Il comma 1 prevede che, al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi compreso il
mutamento della normativa o della regolazione di riferimento, purché non imputabili al concessionario, che
incida in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione, il concessionario può
chiedere la revisione del contratto nella misura strettamente necessaria a ricondurlo ai livelli di equilibrio e di
traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto. L’alterazione dell’equilibrio
economico e finanziario dovuto a eventi diversi da quelli di cui al primo periodo e rientranti nei rischi allocati
alla parte privata sono a carico della stessa.
Il riferimento al mutamento della normativa o della regolazione di riferimento è inteso a tutelare il privato dal
c.d. ‘rischio regolatorio’.
Il comma 2 detta invece i limiti della revisione. La definizione dei cambiamenti che possono condurre alla
revisione del piano economico-finanziario ha una importanza centrale, per evitare che la revisione comporti di
fatto l’attenuazione o finanche l’azzeramento del rischio operativo.
A tal fine, in sede di revisione ai sensi del comma 1, non è consentito concordare modifiche che alterino la
natura della concessione, o modifiche sostanziali che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di
aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli
inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure
avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione.
Il comma 3 prevede che, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello
Stato per le quali non sia già prevista l'espressione del CIPESS, la revisione è subordinata alla previa
valutazione del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, sentito il Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida per la
Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS), che emette un parere di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
Il comma 4 stabilisce che, in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti
possono recedere dal contratto. In tal caso, al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all’articolo 190,
comma 4, lettere a) e b), a esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di
copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.
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Titolo IV – La finanza di progetto
Art. 193
Per quanto riguarda lo strumento della finanza di progetto, la relativa disciplina è stata innanzitutto più
correttamente collocata in seno alla Parte II del Libro IV, dedicata ai contratti di concessioni (trattandosi di
una particolare modalità di finanziamento delle concessioni).
Più nello specifico, la nuova disciplina, come emerge ictu oculi dalla drastica riduzione dei commi, è stata
semplificata in modo rilevante.
In particolare:
1) sono stati eliminati tutti i riferimenti alla nautica di diporto;
2) è stata eliminata la finanza di progetto ad iniziativa pubblica, poiché ritenuta di fatto una duplicazione
rispetto alla scelta della pubblica amministrazione di indire una gara pubblica per l’affidamento di una
concessione. Sono stati pertanto soppressi i primi 14 commi del vigente art. 183.
3) nella finanza di progetto ad iniziativa privata è stata eliminata la precisazione secondo la quale gli operatori
economici potevano presentare proposte anche se presenti negli strumenti di programmazione approvati
dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, poiché una volta inserita la previsione
sul programma triennale delle esigenze pubbliche idonee ad essere soddisfatte attraverso forme di partenariato
pubblico-privato si è ritenuto che la disposizione non avesse più alcuna utilità. Resta comunque salva la
possibilità per gli operatori economici di presentare proposte sia con riferimento ad iniziative non presenti
negli strumenti di programmazione, sia con riferimento ad iniziative ivi presenti, proponendo modalità diverse
di realizzazione.
Al comma 1, pertanto, come era già previsto nell’art. 183, comma 15, del codice del 2016, si è stabilito che
gli operatori economici possono presentare agli enti concedenti proposte relative alla realizzazione in
concessione di lavori o servizi, precisando che ciascuna proposta deve contenere un progetto di fattibilità, una
bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato, e la specificazione delle caratteristiche del
servizio e della gestione.
Inoltre, si è precisato che gli investitori istituzionali possono formulare le proposte di cui al primo periodo
salva la necessità, nella successiva gara per l’affidamento dei lavori o dei servizi, di associarsi o consorziarsi
con operatori economici in possesso dei requisiti richiesti dal bando, qualora gli stessi investitori istituzionali
ne siano privi.
Per incentivare la partecipazione degli investitori istituzionali alle operazioni di partenariato pubblico-privato,
si è previsto che questi ultimi, in sede di gara, possano soddisfare la richiesta dei requisiti di carattere
economico, finanziario, tecnico e professionale avvalendosi, anche integralmente, delle capacità di altri
soggetti e che possano altresì impegnarsi a subappaltare, anche integralmente, le prestazioni oggetto del
contratto di concessione ad imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando, chiarendo che, in questo caso,
il nominativo del subappaltatore dovrà essere comunicato, con il suo consenso, all’ente concedente entro la
scadenza del termine per la presentazione dell’offerta.
Al comma 2, sempre nell’ottica di incentivare l’uso dello strumento del partenariato pubblico-privato, si sono
semplificate e rese più efficaci le disposizioni che già nel codice del 2016, all’art. 183, comma 15, prevedevano
che l’amministrazione dovesse valutare la fattibilità della proposta, invitando il proponente ad apportare al
progetto le modifiche necessarie per la sua approvazione, con la precisazione che, se il proponente non avesse
apportato le modifiche richieste, la proposta sarebbe stata respinta.
In particolare, si evidenzia che il termine di tre mesi entro il quale era previsto che l’amministrazione dovesse
procedere alla valutazione di fattibilità della proposta, è stato sostituito con l’avverbio “tempestivamente”.
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Inoltre, è stata aggiunta la previsione che le modifiche richieste dall’ente concedente possano essere
eventualmente rimodulate sulla base di soluzioni alternative suggerite dallo stesso promotore.
Al comma 3, riprendendo alcune disposizioni già contenute nel codice del 2016, è previsto che il progetto di
fattibilità approvato sia posto a base di gara, con la precisazione che ciò debba avvenire nei tempi previsti dalla
programmazione, e che il criterio di aggiudicazione sia l’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata
sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo.
Al comma 4, per quanto concerne la configurazione giuridica del soggetto proponente, si è ripristinato il
riferimento unico all’esercizio del diritto di prelazione per il promotore di forme di partenariato pubblico
privato, elidendo la previsione secondo la quale, nel bando, l’ente concedente può alternativamente disporre il
riconoscimento al promotore di un punteggio premiale (c.d. sistema alla cilena) al ricorrere dei presupposti di
legge. Tale soluzione deve ritenersi preferibile al fine di evitare che, con il meccanismo del punteggio premiale,
la proposta possa essere fatta propria da altri operatori. Il mantenimento di tale doppio binario rischierebbe
altrimenti di generare effetti distorsivi sul mercato inibendo la partecipazione di molti operatori economici alle
forme di partenariato pubblico privato. Per tali motivi, deve ritenersi preferibile il riferimento al solo esercizio
del diritto di prelazione ad opera del promotore.
Al comma 5 viene precisato che i concorrenti, compreso il promotore, in possesso dei requisiti previsti dal
bando debbono presentare un’offerta contenente il piano economico-finanziario asseverato, la specificazione
delle caratteristiche del servizio e della gestione, le varianti migliorative al progetto di fattibilità posto a base
di gara, secondo gli indicatori previsti nel bando.
Il comma 6 contiene invece la disciplina delle garanzie che è stata semplificata in modo rilevante. Infatti, ci
si limita a prevedere che le offerte debbono essere corredate dalle garanzie di cui all’articolo 106 e che il
soggetto aggiudicatario debba prestare la garanzia di cui all’articolo 117, con la precisazione che dalla data di
inizio dell'esercizio del servizio da parte del concessionario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali
relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell'opera, da
prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all'articolo
117e che la mancata prestazione di tali garanzie costituisce grave inadempimento contrattuale.
Al comma 7, in modo simile (ma più semplice) a quanto già previsto nell’art. 183, comma 10 del codice del
2016, viene descritta l’attività che deve porre in essere l’ente concedente una volta ricevute le offerte. In
particolare: prendere in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando, redigere una
graduatoria e nominare aggiudicatario il soggetto che ha presentato la migliore offerta, porre in approvazione
i successivi livelli progettuali elaborati dall’aggiudicatario.
Al comma 8 viene descritto, in modo non dissimile a quanto già previsto nel codice del 2016 all’art. 183,
comma 15, il funzionamento del diritto di prelazione che, come già evidenziato, in realtà, consiste in un diritto
di opzione.
Al comma 9, al fine di incentivare l’innovazione, è previsto che in relazione alla specifica tipologia di lavoro
o servizio, l’amministrazione concedente debba tenere conto, tra i criteri di aggiudicazione, della quota di
investimenti destinata al progetto in termini di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica.
Al comma 10 viene mantenuta la previsione secondo la quale le camere di commercio, industria, artigianato
e agricoltura, nell'ambito degli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dalle stesse
perseguiti, possono aggregarsi alla presentazione di proposte di realizzazione di lavori pubblici di cui al comma
1, ferma restando la loro autonomia decisionale.
Infine, al comma 11 viene previsto che l’ente concedente possa sollecitare i privati a farsi promotori di
iniziative volte a realizzare i progetti inclusi negli strumenti di programmazione del partenariato pubblicoprivato, di cui all’articolo 165, comma 1, con le modalità disciplinate nel presente Titolo.
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Art. 194
Al comma 1, si è proceduto a modificare la denominazione di “società di progetto”, in quella di “società di
scopo” maggiormente esemplificativa nonché in linea con la denominazione utilizzata in ambito finanziario di
“special purpose vehicle”.
L’attuale regime prevede che sia il concedente a stabilire, nel bando, se la costituzione della società di progetto
è obbligatoria ovvero rimane una facoltà per l’aggiudicatario della concessione. Poiché tuttavia la società di
scopo è un elemento qualificante dei contratti di partenariato finalizzati a realizzare e/ o gestire infrastrutture
non è opportuno lasciare questo aspetto alla discrezionalità del concedente, ovvero dell’aggiudicatario. È
importante sottolineare peraltro che l’aggiudicatario il più delle volte avrà convenienza a costituire la società
di scopo in quanto ciò gli consente di separare l’operazione dalle sue altre eventuali attività e comunque di
costituire un patrimonio separato specificamente dedicato alla commessa. In questo modo si assicurano
maggiori garanzie a tutti i soggetti che intervengono nell’operazione (salva la responsabilità personale e
solidale dei soci per il rimborso dei contributi eventualmente erogati dal concedente).
Si sottolinea che la costituzione della società di scopo a valle dell’aggiudicazione è un requisito di bancabilità
per tutti i contratti di partenariato indipendentemente dalla circostanza che tali rapporti discendano da una
iniziativa in finanza di progetto. L’estensione della disciplina della società di scopo a tutti i ppp è contenuta
nell’art. 198 dello schema.
La previsione dell’obbligatorietà della costituzione della società di scopo, a valle dell’aggiudicazione della
concessione nella forma della finanza di progetto, giustifica anche che l’omessa specificazione nell’offerta
delle quote di partecipazione sia sanzionata con l’esclusione, trattandosi di un elemento indefettibile
dell’offerta medesima.
Nel comma 2 si specifica - rispetto all’attuale formulazione del secondo comma dell’art. 184, secondo cui i
lavori o i servizi da eseguire si intendono realizzati in proprio dalla società anche se affidati direttamente ai
soci – che tale affidamento diretto può avvenire non solo rispetto ai soci che hanno partecipato alla procedura
di gara, ma anche di quelli subentrati (purché ovviamente in possesso dei requisiti di qualificazione, generali
e speciali). D’altro canto, essendo già prevista la circolazione delle quote, si tratta di una possibilità
implicitamente già ammessa dall’attuale disposizione.
Nel comma 3, si conferma, comunque, l’attuale disposizione secondo cui i soci “qualificanti” (ovvero quelli
che hanno reso possibile la qualificazione in sede di gara), non possono cedere le loro quote prima del collaudo
definitivo dell’opera. Ai nuovi soci, va comunque richiesta la dimostrazione del possesso dei requisiti
prescritti.
Sempre allo scopo di incentivare il finanziamento dei contratti di partenariato, viene confermata, altresì, la
disposizione secondo cui l'ingresso nel capitale sociale della società di scopo e lo smobilizzo delle
partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali, che non abbiano concorso a formare i requisiti
per la qualificazione, possono avvenire in qualsiasi momento.
Il comma 4 disciplina specificamente la fattispecie della sostituzione del socio che abbia perso i requisiti di
qualificazione. Anche in questo caso si tratta solo dell’esplicitazione di una eventualità già insista nella
possibilità di cessione delle quote e che, comunque, consente, in caso di perdita dei requisiti, di mantenere in
vita la società e di condurre a buon fine l’esecuzione del contratto.
Il comma 5 precisa che il bando tipo deve contenere anche lo schema della convenzione da allegare agli atti
di gara.
Art. 195
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Il comma 1 riformula la nozione di “investitori qualificati” ai quali è riservata la sottoscrizione delle
obbligazioni e dei titoli di debito emessi dalle società di scopo.
Nel comma 2 viene precisato che l’emissione delle obbligazioni da parte della società scopo è limitata alle
finalità della realizzazione dell’infrastruttura o del servizio per cui la società è stata costituita ovvero al
rifinanziamento del debito precedentemente contratto per la realizzazione dell'infrastruttura o delle opere
connesse al servizio di pubblica utilità. L’ipotesi del rifinanziamento del debito è attualmente contenuta
nell’art. 1, comma 5, del d.l. n. 83/2012 (tale disposizione viene pertanto soppressa).
Nel comma 3 si conferma la previsione secondo cui la documentazione di offerta deve riportare chiaramente
ed evidenziare distintamente un avvertimento circa il grado di rischio associato all'operazione.
Il comma 4 fissa in 18 mesi il termine massimo di collocamento delle obbligazioni, decorso inutilmente il
quale, il contratto è risolto di diritto, salvo che, prima dello scadere del termine, sia intervenuta un’altra forma
di finanziamento.
Nel comma 5 si precisa che le obbligazioni e i titoli di debito, sino all'avvio della gestione dell'infrastruttura
da parte del concessionario ovvero fino alla scadenza delle obbligazioni e dei titoli medesimi, possono essere
garantiti secondo le modalità definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Fino a quel momento si applica il tuttora vigente decreto del 7
agosto 2012.
Si segnala che è stata soppressa la disposizione contenuta nell’attuale art. 185, comma 6, che fa riferimento
alla salvezza delle disposizioni che regolano la disciplina dell’emissione di obbligazioni da parte del contraente
generale. Tale figura è stata infatti completamente rivista mediante l’elaborazione di una disciplina sui “servizi
globali”.
Il comma 6 conferma la disposizione, attualmente contenuta nell’art. 185, comma 4, che estende la possibilità
di emettere obbligazioni alle società affidatarie di servizi pubblici locali ovvero titolari di autorizzazioni
relative alla realizzazione di infrastrutture nei settori del trasporto di gas, energia elettrica, reti di
comunicazione elettronica e di telecomunicazioni pubbliche etc.
Il comma 7 specifica le modalità di prestazione delle garanzie.
In particolare poi, all’art. 195, nella individuazione degli investitori “qualificati” cui è riservata la
sottoscrizione di obbligazioni o titoli di debito emessi dalla società di scopo:
- si modifica il richiamo all’art. 100 TUF; norma che, a sua volta, per il tramite del regolamento attuativo, nel
delineare la categoria degli investitori qualificati cui non si applicano le disposizioni in tema di prospetto
informativo, rinvia alla nozione di “cliente professionale”, privato e pubblico, tratteggiato dal regolamento
intermediari siccome individuati dalla Consob con regolamento (l’art. 34-ter, comma 04, lett. b), regolamento
emittenti, escludendo la disciplina sul prospetto alle offerte “rivolte a investitori qualificati, intendendosi per
tali i soggetti indicati all’articolo 35, comma 1, lettera d), del regolamento recante norme di attuazione del
decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari, adottato dalla Consob con delibera n.
20307 del 15 febbraio 2018 e successive modifiche. Le imprese di investimento e le banche comunicano la
propria classificazione, su richiesta, all’emittente, fatta salva la legislazione in vigore sulla protezione dei
dati”);
- si rinvia, quindi, direttamente alla nozione di investitori istituzionali (legittimati a presentare i progetti ex art.
193, comma 1, e definiti nell’apposito allegato al codice) nonché a quella di clienti professionali, privati e
pubblici, di diritto o a richiesta, contemplata all’art. 6, commi 2-quinquies e 2-sexies ovvero delle imprese
controllanti o controllate ai sensi del medesimo TUF.
In tal modo la categoria degli investitori cd. “finanziatori” –chiamati, cioè, a contribuire al progetto attraverso
la sottoscrizione di obbligazioni e titoli di debito- rimane più ampia di quella dei ccdd. “investitori promotori”
(ovvero “investitori istituzionali”), ricomprendendo non soltanto gli investitori istituzionali (come definiti
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nell’apposito allegato al codice) ma tutti i clienti professionali, di diritto o a richiesta, previsti dagli artt. 6,
commi 2-quinquies e 2-sexies del TUF e dai regolamenti attuativi della Consob (l’intero allegato III, parti I e
II) e del MEF (DM n. 236 dell’11 novembre 2011). Trattasi, in particolare, delle “imprese di grandi dimensioni
che presentano a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali: - totale di bilancio:
20 000 000 EUR; - fatturato netto: 40 000 000 EUR; - fondi propri: 2 000 000 EUR”, degli “investitori
istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla
cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie” (punto (3), parte I, allegato 3 Regolamento
Intermediari), e dei “clienti professionali su richiesta” (parte II, allegato 3, Regolamento intermediari), id est
di quegli investitori che possono acquisire la “qualitas professionale” (rinunziando, cioè, alle guarentigie
informative che spettano ai “clienti retail”) dietro loro espressa richiesta e sempre che sussistano “almeno due
dei seguenti requisiti:
- il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza
media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti;
- il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare
500.000 EUR;
- il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che
presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti.
In caso di persone giuridiche, la valutazione di cui sopra è condotta con riguardo alla persona autorizzata a
effettuare operazioni per loro conto e/o alla persona giuridica medesima” (parte II.1., allegato 3, Regolamento
intermediari).
PARTE III
DELLA LOCAZIONE FINANZIARIA
Art. 196
Il comma 1 precisa che la stipulazione di un contratto di leasing persegue lo scopo di reperire il finanziamento
non solo per la realizzazione (c.d. leasing in costruendo) ma anche per l’acquisizione ovvero il completamento
di opere già esistenti che assumono la qualificazione di opere pubbliche o di pubblica utilità. Il contratto in
esame ha infatti la sua ragione economico-sociale nell’obiettivo di realizzare lavori pubblici avvalendosi della
possibile sinergia tra un soggetto costruttore e un soggetto finanziatore.
Il comma 2 reca la definizione del contratto di locazione finanziaria in conformità alle finalità descritte nel
comma 1.
Il comma 3 dispone che, a fini dell’applicazione delle norme sul partenariato pubblico – privato, il contratto
di leasing deve prevedere il trasferimento del rischio, così come disciplinato dal precedente articolo 177. In
ogni caso – come da tempo precisato dall’Anac (Determinazione n. 4 del 22 maggio 2013) la corretta
allocazione dei rischi è un elemento cruciale del leasing immobiliare in costruendo sia sotto il profilo della
qualificazione dell’operazione come partenariato pubblico-privato sia per assicurare l’esecuzione e la fruizione
dell’opera nei tempi e secondo le modalità pattuite. Il contratto dovrà disciplinare, pertanto, in maniera espressa
detto profilo. Diversamente trovano applicazione le disposizioni sugli appalti.
Il comma 4 conferma l’attuale previsione secondo cui per l’aggiudicazione del contratto di locazione
finanziaria deve essere posto a base di gara almeno un progetto di fattibilità, con la precisazione che lo stesso
deve comprendere anche il piano finanziario.
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Il comma 5 disciplina due distinte fattispecie. La prima è quella del r.t.i. tra un finanziatore e uno o più soggetti
realizzatori. In questo caso, in deroga alla regola della solidarietà (attesa la diversa natura dei soggetti
raggruppati) viene stabilito che ciascuno è responsabile in relazione alla specifica obbligazione assunta nel
contratto.
La seconda ipotesi è quella dell’offerta presentata dal solo soggetto finanziatore, il quale, in questo caso, potrà
ricorrere all’avvalimento (sia pure atipico) del soggetto realizzatore.
Sarà poi il bando, ovviamente, ad indicare i requisiti di qualificazione dei concorrenti.
Al comma 6, per agevolare e incentivare il contratto di locazione finanziaria, è stata inserita una più precisa
formulazione della disciplina delle sostituzioni per inadempimento o apertura della liquidazione giudiziale,
stabilendo che il dissenso dell’ente concedente può essere motivato solo con riferimento alla non idoneità o
mancanza di qualificazione del soggetto indicato in sostituzione, e quindi solo per ragioni obiettive,
concretamente verificabili.
Il comma 7 riformula e semplifica l’attuale previsione del comma 4 dell'art. 187, che condiziona
l'adempimento degli impegni della stazione appaltante al positivo controllo della realizzazione e della
eventuale gestione funzionale dell'opera secondo le modalità previste.
Il comma 8 tiene conto del fatto che contrasterebbe con i principi dell’ordinamento consentire che un’opera
pubblica a tutti gli effetti (“urbanistici, edilizi ed espropriativi”), rimanga in capo ad un soggetto privato che,
alla scadenza del contratto ed in assenza di riscatto, possa poi liberamente disporne, specie se i canoni già
pagati coprano quasi integralmente il valore delle opere. Ovviamente in questi casi, il canone di leasing andrà
modulato in maniera adeguata alla natura e alla funzione del bene, e alla necessità del suo riscatto al termine
del periodo di locazione.
In alternativa, è possibile che la stazione appaltante individui ex ante un’area di sua proprietà ovvero un’area
da sottoporre ad esproprio, sulla quale far costruire l’opera, prevedendo la successiva costituzione del diritto
di superficie in favore dell’aggiudicatario.
Il comma 9 precisa che l’opera può essere realizzata anche su area nella disponibilità dell’aggiudicatario. In
tale ipotesi – come chiarito dall’Anac nella determinazione n. 4 del 22 maggio 2013 – la disponibilità delle
aree dovrebbe formare oggetto di apposita valutazione in sede di gara in base alla fissazione di requisiti minimi
delle stesse (quali, ad esempio, la localizzazione, il grado di rispondenza della stessa alle specifiche finalità
pubbliche per cui deve essere realizzata, il livello di urbanizzazione delle zone circostanti, ecc.).
Anche in questo caso si applica il primo periodo del comma 8 in ordine al regime “pubblico” dell’opera.
Il comma 10 stabilisce che il contratto deve prevedere l’esercizio della facoltà di riscatto anticipato.
In tal modo, risultano meglio garantiti gli interessi pubblici connessi al contratto di locazione finanziaria.
Si segnala, infine, che è stata soppressa la previsione vigente secondo cui l’offerente può essere anche un
contraente generale, poiché tale figura è stata completamente rivista mediante l’elaborazione di una disciplina
sui servizi globali.
Si evidenzia altresì che non è stata riprodotta la disposizione, attualmente contenuta nell’art. 187, comma 2,
del Codice secondo cui “il bando, ferme le altre indicazioni previste dal presente codice, determina i requisiti
soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche
tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione, nonché i parametri di valutazione
tecnica ed economico-finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa”.
Trova infatti applicazione la disposizione generale contenuta nell’art. 174, comma 3, dello schema, secondo
cui “l’affidamento e l’esecuzione dei contratti di partenariato pubblico – privato sono disciplinati dalle
disposizioni di cui ai Titoli II, III e IV della Parte II”.
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PARTE IV
DEL CONTRATTO DI DISPONIBILITÀ
Art. 197
Si sono delineati nella norma i tratti essenziali, e cogenti, del contratto, la cui definizione è contenuta all’art. 2
dell’allegato I.1.
Il comma 1, in particolare, demanda, per il resto, alla autonomia delle parti, anche con l’ausilio di bandi-tipo
e di contratti-tipo redatti da Anac, al fine di garantire un maggior grado di omogeneità e “qualità”, per il tramite
della codificazione di modelli di “best practices” nella predisposizione dei bandi e dei contratti.
In linea generale, la “previsione di contratti tipo” (lett. aa) della delega, che impinge nella materia
dell’ordinamento civile) va invero coniugata con la esigenza di “riduzione” e snellimento della normazione
primaria, e con l’ampliamento della disciplina secondaria (regolamenti e atti generali) anche “in relazione alle
diverse tipologie di contratti pubblici, ove necessario” (lett. a), delega). In tal caso alle norme primarie -nel
codice- è affidato il compito di individuare e selezionare i fondamentali tratti causali (e l’oggetto minimo)
degli “altri” contratti di PPP (distinguendoli dal “tipo” concessione) demandando di contro alla regolazione
secondaria la disciplina di dettaglio del contenuto del contratto, nonché -in altra ottica e a monte- quella dei
bandi (quali atti iniziali della fattispecie contrattuale “a formazione progressiva”).
In questa ottica si è consapevoli della esistenza di un possibile trade off tra: i) obiettivo di “riespansione” della
“libertà” e della discrezionalità delle stazioni appaltanti; ii) puntuale determinazione del contenuto dei contratti
in via eteronoma, anche al fine di garantire un maggior grado di omogeneità e qualità, pel tramite della
codificazione di modelli di “best practices”, nella predisposizione dei bandi e dei contratti, con inevitabile
conformazione della autonomia delle stazioni appaltanti.
In particolare, nella norma è disciplinato: il corrispettivo e la allocazione dei rischi, con ampi rinvii alla
autonomia contrattuale (e, per essa, agli schemi-tipo di Anac).
La “naturale” funzione del contratto implica la permanenza dell’opera nella proprietà dell’affidatario.
Ciò che:
-
da un canto, assicura l’esecuzione di opere funzionali al soddisfacimento degli scopi d’interesse
pubblico cui l’Amministrazione è istituzionalmente preposta;
-
sotto altro aspetto, implica la trasposizione a carico del privato dei soli rischi di costruzione e di
disponibilità, con esclusione di quelli gestori comunemente ascrivibili alle operazioni di concessione
(CdS, I, parere 823/2020).
I commi 2 e 9, tra l’altro, chiariscono che il cd. “canone di disponibilità” costituisce il pretium per la fruizione
e il godimento dell’opera, variabile giustappunto (e, dunque, suscettibile di diminuzione) in funzione del
periodo di effettivo godimento.
Il comma 3 disciplina, di poi, il corrispettivo “ulteriore ed eventuale” in favore dell’operatore economico, nel
caso di traslazione del diritto dominicale sull’opera in capo alla Amministrazione.
I commi 4 e 5 governano la alea contrattuale, allocando:
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- in capo alla Amministrazione il “rischio” afferente al mancato ottenimento di atti di
autorizzazione/abilitazione, relativi alla fase “esecutiva” della opera, ovvero al suo compimento e alla sua
gestione;
- in capo all’operatore economico, di contro, l’alea relativi agli atti abilitativi/autorizzatori relativi al
“momento” progettuale, ivi comprese le eventuali varianti.
Trattasi di disposizioni che sembrano inscriversi coerentemente nell’alveo del contratto e della natura delle
prestazioni gravanti in capo all’operatore economico, relative giustappunto alla fase “progettuale”. Su tale
ultimo punto, invero, si è preferito non riprodurre la previsione contenuta nel comma 5 dell’art. 188 del d.lgs.
50/16 (secondo cui pertiene all’affidatario il progetto definitivo e quello esecutivo) trattandosi di munera
naturalmente “connotanti” il contratto di disponibilità, fattispecie negoziale rientrante nel più ampio genus dei
contratti di PPP, ove giustappunto “alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto,
mentre a quella pubblica quello di definire gli obbiettivi e di verificarne l’attuazione” (art. 174, comma 1, lett.
c)).
Il comma 6, di poi, conferma la facultas dell’operatore di apportare varianti al progetto, condizionate al placet
della Amministrazione, nei modi già previsti nel codice vigente che, sul punto, recepiva una espressa
osservazione resa nel parere del Consiglio di Stato n. 855/16.
Il comma 7 disciplina la allocazione dell’alea riveniente da oneri rivenienti da factum principis.
Il comma 8 prevede che l’ente concedente possa attribuire all’operatore economico la prerogativa di matrice
pubblicistica volta alla coattiva adprehensio dei beni.
Il comma 10 demanda al bando la indicazione dei criteri per la valutazione comparativa delle offerte.
Il comma 11 delinea, per il privato, la “capacità” di essere parte del contratto di disponibilità, mutuandola da
quella generalmente contemplata per la partecipazione alle procedure di affidamento di appalti.
Il comma 12 regola i munera di controllo dell’ente concedente, oltre che di proposta di varianti che non
comportino mutazioni sostanziali delle caratteristiche dell’opera.
Il comma 13 demanda alle previsioni contrattuali la fissazione dei criteri di modificazione del contratto e del
canone di disponibilità, anche a fini di reductio ad equitatem.
Non sono state riprodotte, di poi, le previsioni contenute nel codice del 2016 ed implicanti la esistenza di una
procedura di evidenza pubblica stricto sensu assimilabile a quella contemplata in tema di appalti (cfr., in
particolare, l’attuale art. 188, comma 3), tenuto conto del dubbio di fondo circa la applicazione dei principi in
tema di procedure di evidenza pubblica al contratto in questione (trattandosi di species contrattuale non
riconducibile alle concessioni, per le quali solo si impone la applicazione delle puntuali norme del diritto
dell’Unione codificate nella direttiva). D’altra parte, e in ogni caso, la effettiva conformazione del bando è
demandata alla discrezionalità delle stazioni appaltanti, tenendo conto degli schemi-tipo di Anac.
La sovrabbondanza di talune disposizioni contenute nel vigente codice è stata, di poi, temperata, anche
affidando la compiuta disciplina della fattispecie al bando e al contratto, redatti tenendo conto degli schemitipo di Anac.
PARTE V
ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVAT
Art. 198
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Tale articolo contiene altre disposizioni volte, in particolare, ad incentivare la partecipazione degli investitori
istituzionali alle operazioni partenariato pubblico-privato.
In primis, al comma 1, è previsto che le proposte di cui all’art. 193, comma 1, primo periodo, possano
riguardare, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di partenariato pubblico privato.
Al comma 2 è stato previsto che gli operatori economici aggiudicatari di contratti di partenariato pubblicoprivato possono sempre avvalersi, anche al di fuori della finanza di progetto, della facoltà di costituire una
società di scopo ai sensi degli articoli 194 e 195 del codice.
Inoltre, al comma 3, è stato previsto che gli investitori istituzionali anche al di fuori della finanza di progetto,
possano partecipare alla gara, associandosi o consorziandosi con operatori economici in possesso dei requisiti
per l’esecuzione dei lavori o dei servizi, qualora gli stessi ne siano privi, possano soddisfare la richiesta dei
requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale avvalendosi, anche integralmente, delle
capacità di altri soggetti o subappaltare, anche interamente, le prestazioni oggetto del contratto di concessione
ad imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando.
In merito, si ricorda che il d.l. 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. decreto Sblocca cantieri), convertito con modificazioni
dalla legge n. 55 del 2019, ha inserito all’art. 183 del codice del 2016, relativo alla finanza di progetto, un
nuovo comma 17-bis, prevedendo che investitori istituzionali possano presentare proposte ad iniziativa privata.
La finalità della norma è quella di consentire ad investitori istituzionali di poter investire in infrastrutture in un
momento in cui le imprese di costruzioni trovano difficoltà a reperire finanziamenti bancari. In questo modo
si migliora la finanziabilità delle opere e si consente il rilancio degli investimenti in infrastrutture.
Peraltro, tale scelta va incontro alla crescita e all’evoluzione che ha interessato il risparmio istituzionale,
sempre più attratto dall’economia reale.
Per questa ragione si è deciso non solo di mantenere tale norma, ma anche di introdurre delle modifiche e delle
integrazioni volte a rendere ancora più agevole la partecipazione degli investitori istituzionali alle gare per
l’affidamento di progetti di partenariato pubblico-privato.
Ciò premesso, per quanto riguarda l’individuazione degli investitori istituzionali si evidenzia che sono state
esplorate tre opzioni: a) mantenere l’elenco degli investitori qualificati già previsto con il d.l. 18 aprile 2019,
n. 32 c.d. “Sblocca cantieri”; b) richiamare l’art. 6, comma 2-quater, lett. d), del decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58 e il regolamento di attuazione della Consob (contemplando pertanto i soggetti ivi previsti e le loro
controllanti e controllate ai sensi dell’art. 6, commi 6-bis.1 e 6-bis.2 dello stesso decreto legislativo) ; c)
delegare la valutazione della loro affidabilità alla pubblica amministrazione.
Tra le tre opzioni si è ritenuto di seguire la prima.
L’opzione c) è stata infatti ritenuta troppo complessa per la pubblica amministrazione, mentre l’opzione b),
sebbene sia stata considerata una soluzione pregevole ed economicamente sostenibile, si è ritenuto potesse
eccedere i limiti della delega.
Art. 199
La rubrica dell’articolato è stata riformulata al fine di inserire in questa disposizione anche la previsione di
ulteriori garanzie a favore dei finanziatori di contratti di ppp.
Il comma 1, rispetto alle attuali previsioni contenute nell’art. 186 del codice del 2016, è stato riformulato con
alcune semplificazioni e specificazioni. In particolare, da un lato si è fatto specifico riferimento alla società di
scopo quale figura tipizzata di partenariato contrattuale che non va confusa con altre forme di partenariato
istituzionalizzato; dall’altro si è fatto distinto riferimento alle “società affidatarie, a qualunque titolo, di
contratti di ppp” al fine di includervi anche tutte le possibili ipotesi di affidamento diretto o in house. In
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entrambi i casi i crediti dei finanziatori sono assistiti da privilegio generale ex lege sui beni mobili, ivi inclusi
i crediti del concessionario, delle società di scopo, e più in generale, delle società affidatarie di contratti di ppp.
È stato mantenuto il riferimento anche alla figura del contraente generale, la quale è, tuttavia, oggetto della
nuova disciplina di cui si è detto.
Nel comma 2, si è specificato, per ragioni di chiarezza, che la sanzione della nullità riguarda il negozio di
finanziamento che non faccia menzione della sussistenza del privilegio generale ex lege.
Nei commi 3 e 4 vengono confermate le vigenti disposizioni relative all’opponibilità ai terzi del privilegio.
Il comma 5 è di nuovo conio e riguarda la costituzione in pegno o la cessione in garanzia dei crediti della
società di scopo. Tale previsione ha lo scopo di favorire, come esplicitato dalla disposizione medesima, la
bancabilità delle iniziative. Si tratta di una disposizione speciale, meno restrittiva di quella contenuta in via
generale nell’attuale art. 106, comma 13 del Codice vigente. che prevede un meccanismo di silenzio-assenso
e, comunque, la possibilità di rifiutare la cessione. La nuova disposizione, invece, non richiede il consenso del
debitore ceduto.
Anche il comma 6 è di nuovo conio e si ispira ad una analoga norma dell’ordinamento francese (art. L 22324, del Code de la commande publique). Il fatto che i beni sui quali la società di scopo è titolare di diritti reali
possano essere ipotecati o dati in pegno solo a garanzia di prestiti contratti per finanziare e rifinanziare gli
investimenti e/o i fabbisogni previsti dal contratto di ppp offre ulteriori garanzie per tutti gli operatori coinvolti.
La disposizione è limitata alle società di scopo in quanto è un completamento logico del fatto che la stessa
costituisce un patrimonio separato. Per altri soggetti sarebbe di non agevole applicazione, non essendo sempre
possibile separare i beni destinati alla commessa da tutti gli altri di cui l’operatore risulta titolare.
Art. 200
È stata estrapolata dall’art. 180, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, la disciplina dei c.d. “Energy Performance
Contract” (EPC).
Trattasi di una fattispecie contrattuale introdotta dalla direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, recepita
nel nostro ordinamento con il d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102, al fine di promuovere l’efficienza energetica.
In particolare, il contratto di rendimento energetico, secondo la definizione riportata all’art. 2, comma 1, lett.
n) del d.lgs. n. 102/2014 è un “accordo contrattuale tra il beneficiario o chi per esso esercita il potere negoziale
e il fornitore di una misura di miglioramento dell'efficienza energetica, verificata e monitorata durante l'intera
durata del contratto, dove gli investimenti (lavori, forniture o servizi) realizzati sono pagati in funzione del
livello di miglioramento dell'efficienza energetica stabilito contrattualmente o di altri criteri di prestazione
energetica concordati, quali i risparmi finanziari”. Oggetto del contratto pertanto è il conseguimento di una
“misura di miglioramento dell’efficienza energetica”.
La complessa natura di tali contratti ha portato la dottrina a dubitare che gli stessi potessero qualificarsi come
contratti di partenariato pubblico-privato. Tuttavia, sul punto, è intervenuto il d.l. n. 76 del 2020 (c.d. decreto
semplificazioni), convertito dalla legge n. 120/2020 che all’art. 8, comma 5, lett. c-quater) ha introdotto alcune
disposizioni relative alle modalità di remunerazione dell’operatore economico proprio nell’ambito dei contratti
di rendimento energetico, inserendole all’interno dell’art. 180, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, dedicato
appunto al partenariato pubblico-privato.
Rispetto alla scelta del legislatore di inserire tali disposizioni nella norma generale sul partenariato pubblicoprivato, si è preferito introdurre un articolo ad hoc al fine di evidenziare la particolarità e l’importanza dei
contratti di che trattasi, tenuto conto anche del fatto che operano in un settore delicato e strategico come quello
dell’energia.
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Art. 201
La norma riformula ed accorpa le previsioni di cui agli artt. 189 e 190 del codice del 2016 (“interventi di
sussidiarietà orizzontale” e “baratto amministrativo” che disciplinavano peculiari forme di PPP “sociale”),
con lo scopo di razionalizzare e semplificare, evitando duplicazioni e sovrapposizioni (ad esempio, tra la
ipotesi di gestione e manutenzione ex art. 189, comma 1, e il baratto amministrativo ex art. 190), ed
introducendo una nozione unitaria di “partenariato sociale” quale tipica forma di collaborazione tra i privati
e la Amministrazione per la realizzazione di fini di interesse generale e, dunque, di sussidiarietà orizzontale ex
art. 118, comma 4, Cost..
Si tratta, come osservato in dottrina, di figure negoziali che perseguono finalità di interesse generale, ovvero
socialmente utili per i cives e la collettività territoriale di riferimento (impingenti in beni comuni, ovvero public
goods) attraverso una reciproca datio in solutum:
- i cittadini, singulatim ovvero associati, o le piccole e medie imprese, anziché pagare un debito tributario in
denaro, assolvono alla propria obbligazione tributaria pel tramite di una prestazione d’opera o di servizi;
- l’ente territoriale, anziché pagare in denaro un’opera o un servizio, porta in compensazione un proprio credito
tributario; in questa ottica il partenariato sociale –analogamente alle altre forme di PPP- integra un “rimedio
significativo per il superamento di crisi finanziarie e dei vincoli posti alla spesa pubblica” (CdS, I, parere
823/2020).
Il comma 1 affida agli enti concedenti l’officium volto a foggiare, attraverso un “atto generale”, i criteri e le
condizioni per la conclusione di contratti di partenariato sociale, delineando i tratti essenziali dei diversi “tipi”
contrattuali e delimitando, altresì, la platea dei soggetti privati che possono essere “parti” del contratto, ivi
ricomprendendosi -oltre ai cives, singoli o associati, quodammodo legati al territorio di riferimento- anche le
PMI, in ossequio al favor normativo per tali imprese (comma 3).
Il comma 2, di poi, demanda alla autonomia delle parti, anche con l’ausilio di bandi-tipo e di contratti-tipo
redatti da Anac, la determinazione del contenuto dei contratti, tenendo conto dei limiti imposti dalla norma
primaria.
Il comma 3 contiene una previsione che si colloca nell’ottica di “favor” per le piccole e medie imprese
espressamente sancito dalla legge delega.
Il comma 4 affida all’atto generale indicato al comma 1 la determinazione puntuale dei modi di esercizio del
diritto di prelazione dei cittadini costituiti in consorzio (previsto dal comma 1, lett. a)) e della concreta
latitudine e misura degli incentivi fiscali di cui beneficiano i privati, la cui natura e tipologia è all’uopo
demandata ad una norma “esterna” al corpus codicistico.
In una ottica di semplificazione normativa, e di riespansione della “autonomia” della Amministrazione e dei
cittadini, non viene riprodotta la disciplina di dettaglio relativa alla procedura prodromica alla conclusione del
contratto avente ad oggetto il compimento di “opere di interesse locale”, contenuta attualmente nei commi 2 e
3 dell’art. 189 del codice del 2016. Trattasi di fasi del “procedimento” che dovranno essere scanditi e governati
dall’atto generale della Amministrazione, mercè il quale ex ante verranno resi noti i criteri e le condizioni per
la conclusione dei contratti de quibus, nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione,
Art. 202
La norma snellisce le previsioni dell’attuale art. 191, che appaiono sovrabbondanti segnatamente per quanto
attiene ai commi 2, 2-bis e 3, potendo ridursi la disciplina primaria alla individuazione dei tratti fondamentali
di tale schema negoziale, demandando alla autonomia della Amministrazione (bando) e delle parti (contratto),
nel solco dei contratti-tipo e dei bandi-tipo di Anac, aspetti di dettaglio, quali ad esempio: le concrete modalità
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di individuazione degli immobili da cedere, gli uffici competenti a determinarne il valore, le garanzie richieste
in caso di traslazione del diritto dominicale in un momento antecedente a quello di ultimazione dei lavori.
Il comma 1, lett. a) specifica che – in caso di cessione dell’immobile ad un soggetto terzo rispetto alla
“controparte privata”- vi è necessità che sussista all’uopo l’interesse di essa controparte, configurando il
trasferimento ad un terzo un “contratto a favore del terzo”, la cui validità presuppone giustappunto l’interesse
dello stipulante ai sensi dell’art. 1411, comma 1, del codice civile. Tale espressa puntualizzazione è preordinata
al recepimento di una precisa osservazione contenuta nel parere reso dal Consiglio di Stato sul cd. “correttivo”
al Codice.
Il comma 1, lett. b) riconosce la particolare rilevanza che assumono le garanzie nella figura negoziale in
esame, ove la traslazione del diritto dominicale integra giustappunto il corrispettivo da versare all’operatore;
talché, la sua anticipata corresponsione implica ex se la prestazione di idonea garanzia da parte del privato che
fruisce di tale beneficium.
PARTE VI
DEI SERVIZI GLOBALI
Si è tratteggiata una disciplina generale dei contratti aventi ad oggetto i “servizi globali”, affiancando alla già
codificata fattispecie negoziale del cd. “contraente generale”, la figura del cd. “global service”, pure tipizzata
nella prassi (cfr., norma UNI 10685/1998 e delibera ANAC del 25 settembre 2008).
Di qui, una generale definizione del genus “contratti a prestazione complessa aventi ad oggetto servizi globali”,
in cui far rientrare le species del “contraente generale”, del cd. “global service”, e ogni altra figura negoziale
“atipica” avente i tratti connotanti il genus.
Si foggia, indi, una nuova ed omnicomprensiva disciplina che -comprendendo, ma non esaurendo, la figura
del contraente generale e quella del cd. global service- governa fattispecie contrattuali in cui preminente
importanza assume, anche in coerenza con i principi generali del nuovo codice (art. 1), il risultato
amministrativo, siccome delineato e forgiato in linea generale dalla Amministrazione (anche sub specie di
obiettivi “metaindividuali” da perseguire) in cui:
- ruolo preponderante riveste la qualità dell’operatore economico chiamato ad attuare ed implementare i
“desiderata” della Amministrazione, raggiungendo il “risultato” pel tramite di un complesso di prestazioni
professionali specialistiche;
- il corrispettivo, id est il pretium da corrispondere ad opra della Amministrazione, è almeno in parte
commisurato giustappunto all’effettivo e concreto raggiungimento del risultato dedotto in contratto.
Il tratto distintivo fondamentale tra tali contratti e quelli di PPP è da rinvenire nella mancanza nei primi della
traslazione del rischio operativo in capo all’operatore economico che, per converso, irremissibilmente connota
i secondi.
Nei contratti in esame, invero, la remunerazione dell’operatore economico riviene dal corrispettivo al cui
versamento è tenuta la Amministrazione e che è avvinto da nesso di interdipendenza sinallagmatica con le
prestazioni complessivamente gravanti in capo al privato e dedotte in obligatione, pur se in misura cangiante
e variabile in considerazione dell’effettivo grado di raggiungimento del “risultato” ovvero degli obiettivi avuti
di mira dalla Amministrazione.
E, tuttavia, l’esercizio di potestates anche di matrice pubblicistica da parte del contraente generale (ad esempio
quella di espropriazione delle aree) consente in ogni caso di riconoscere nell’istituto una delle principali
manifestazioni applicative della collaborazione tra la pubblica Amministrazione e gli operatori privati nello
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svolgimento di attività d’interesse generale, recte nel perseguimento degli obiettivi e dei risultati di interesse
generale che la Amministrazione si prefigge.
Art. 203
Il comma 1 contiene norma di carattere generale, con la quale si delineano i tratti essenziali (oggetto e, in
parte, struttura causale) dei contratti di affidamento di servizi globali, genus all’interno del quale
ricomprendere figure negoziali già tipizzate dalla legge e dalla prassi (contraente generale; global service)
nonché ogni altro negozio “atipico” in cui assume rilievo:
i)
il risultato amministrativo;
ii)
le complesse ed eterogenee prestazioni gravanti sul qualificato operatore economico chiamato a
“collaborare” in guisa decisiva con la Amministrazione per il perseguimento di detto risultato
(siccome prefigurato dalla Amministrazione);
iii)
il corrispettivo, in parte commisurato giustappunto all’effettivo grado di raggiungimento del
risultato e, indi, di soddisfacimento delle esigenze e degli interessi prospettati dalla
Amministrazione.
Il comma 2, in particolare, rimarca la peculiare qualitas dell’operatore economico affidatario dei servizi
globali, cui si richiede un quid pluris in termini di competenze professionali e capacità patrimoniali e finanziari.
All’uopo si rinvia allo specifico sistema di qualificazione previsto per il contraente generale.
Il comma 3, al pari di altre norme del codice, reca una previsione attuativa della delega, attribuendo ad Anac
poteri di indirizzo e di cd. soft law nella individuazione dei possibili contenuti operativi e di dettaglio dei bandi
e dei contratti.
Art. 204
Il comma 1 rimodula la previsione definitoria del contratto contenute nel d.lgs. 50/16, modellandola sul
paradigma tratteggiato nella norma di definizione generale dei contratti di affidamento di servizi globali di cui
all’art. 203, expressis verbis puntualizzandosi che il “prezzo” della prestazione è variabile in relazione
all’effettivo risultato conseguito. Nella seconda parte del comma 1 si attribuisce peculiare rilevanza, nella
valutazione prodromica all’affidamento ad un determinato contraente generale, alla pregnante qualitas del
risultato prefissato e alla complessità ed eterogeneità delle prestazioni necessarie per perseguirlo e
raggiungerlo, tenuto conto di un importo minimo dell’affidamento che non può essere inferiore ai 100 milioni
di euro.
Il comma 2 riproduce, semplificandolo, il comma 4 dell’art. 194 del codice del 2016.
Il comma 3 riprende e semplifica il comma 2 dell’art. 194 del d.lgs. 50/16, individuando solo talune delle
prestazioni tipiche cui è tenuto l’operatore economico, tutte le altre (es.: esecuzione dei lavori, acquisizione
area di sedime) essendo chiaramente strumentali alla esecuzione della prestazione principale dedotta in
obbligazione e, indi, non abbisognevoli di apposita, partita, enunciazione normativa. In particolare, si omette
la analitica e minuta elencazione dei munera gravanti in capo al soggetto aggiudicatore in tema di misure
antimafia, trattandosi di disposizioni di dettaglio che mal si conciliano con la natura e i fini della normazione
codicistica, e che appaiono trovare la propria naturale sedes materiae nel bando e nel contratto, anche pel
tramite del rinvio alla disciplina generale in tema di misure volte a contrastare la infiltrazione della criminalità
organizzata nel circuito economico e nel tessuto imprenditoriale del Paese.
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Il comma 4 accorpa le previsioni afferenti agli elementi “accidentali” del contratto, id est la prerogativa di
matrice pubblicistica volta alla coattiva adprehensio dei beni e quella afferente al modus di gestione dell’opera,
ovvero alla selezione di individuazione dei soggetti chiamati a tale officium gestorio.
Il comma 5 chiarisce che spetta all’ente concedente la redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica
e la approvazione di quello esecutivo, oltre alle relative varianti.
Il comma 6, e in particolare le regole contemplate alle lett. da a) a d), accorpano e razionalizzano le previsioni
afferenti al corrispettivo; la lett. e), di poi, contiene una disposizione che demanda alle prescrizioni di bando e
al contratto la individuazione delle misure antimafia, con i relativi costi, attualmente contenute nel comma 20
dell’art. 194 del d.lgs. 50/16.
I commi 7 e 8 governano la alea rispettivamente gravante in capo alle parti in relazione alle modifiche del
progetto, allocandola:
-
in capo alla Amministrazione, oltre che nei casi di modifiche da essa richieste, in caso di varianti rese
necessarie per vis maior o factum principis;
-
in capo al privato, per cause rientranti nella sua sfera di signoria e di dominio.
Il comma 9 riformula le previsioni dell’attuale comma 5 dell’art. 194 d.lgs. 50/16, relativa alla comunicazione
da parte dell’operatore economico delle varianti del progetto, al fine di consentire all’ente concedente di
motivatamente opporsi in caso di modifiche sostanziali del quid, del quomodo e del tempus connotanti il
compimento dell’opera, ovvero la modificazione del risultato, siccome previamente individuati e foggiati nel
contratto.
Il comma 10 riproduce, con modifiche formali, la norma contenuta al comma 5 dell’art. 194 del codice vigente
sulla inapplicabilità alle varianti del progetto della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un
bando.
Il comma 11 semplifica la previsione contenuta nel codice vigente (art. 194, comma 10), attribuendo al
contraente generale la facultas di ricorrere alla costituzione di una società di scopo per la esecuzione del
contratto, rinviando alla generale disciplina della società di scopo contenuta all’art. 184, eliminando la testuale
reiterazione di precetti già contenuti nella ridetta norma generale. Si specificano, altresì, i requisiti che i soci
dovrebbero possedere.
Il comma 12 tratteggia il regime della responsabilità per l’inadempimento o l’inesatto adempimento delle
obbligazioni, sancendo in via “naturale” la solidarietà tra contraente generale, i diversi soggetti che lo
compongono e la società di scopo, salva la possibilità per quest’ultima di liberare gli altri coobbligati fornendo
all’ente concedente idonee garanzie. Non si è riprodotto il comma 13 dell’attuale art. 194, riconducendosi la
cessione di crediti alla generale disciplina del codice.
Il comma 13 riprende sostanzialmente il contenuto dell’art. 194, comma 7, del d.lgs. 50/16, sulla facoltà di
affidare la esecuzione delle prestazioni a terzi, e sull’eventuale subaffidamento da parte di questi ultimi.
Il comma 14, riprendendo il contenuto dell’art. 194, comma 12, d.lgs. 50/16, demanda al bando e al contratto
la determinazione della quota di valore dell’opera da realizzarsi con anticipazioni del contraente generale, con
possibilità per quest’ultimo o per la società di scopo di attingere risorse tramite prestiti obbligazionari anche
in deroga ai limiti contemplati dal codice civile, con apposite garanzie fornite dall’ente concedente.
I commi 15, 16 e 17 riprendono sostanzialmente le previsioni dell’art. 194, comma 15, 16 e 17, del d.lgs.
50/16.
Il comma 18, infine, contiene una prescrizione “unitaria” afferente ai poteri di vigilanza del soggetto
aggiudicatore sulla rispondenza dell’opus al risultato prefissato e le possibili variazioni che lo stesso soggetto
può apportare al progetto iniziale.
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In linea generale, nel corpo dell’articolo si sono limitati, per quanto possibile, i rinvii interni a singole
disposizioni del codice, facendosi piuttosto riferimento agli “istituti” ovvero alle figure negoziali in esso codice
disciplinati.
Art. 205
Si accorpano in tale norma le disposizioni degli artt. 195 e 198 del codice vigente, contenenti disposizioni
afferenti alla procedura di aggiudicazione del contratto e alle modalità di partecipazione dei concorrenti.
Il comma 1 demanda al bando la individuazione del progetto di fattibilità tecnico-economica e del numero
minimo e massimo di operatori invitati, al fine di assicurare un effettivo giuoco concorrenziale, delineando
altresì i criteri di selezione degli invitati nel caso di domande di partecipazioni eccedenti il ridetto numero
massimo.
Il comma 2 sancisce il criterio di aggiudicazione, offerta economicamente più vantaggiosa, e attribuisce
particolare pregnanza –tra gli elementi di valutazione- al “miglior perseguimento del risultato dedotto nel
contratto”.
Il comma 3 riprende le prescrizioni del codice del 2016 in tema di dimostrazione, da parte dell’offerente, dei
requisiti professionali, finanziari e di onorabilità; in particolare, alla lett. b), non si è riprodotta la previsione
attualmente contenuta all’art. 198, comma 1, lett. b), in tema di onus probandi gravante in capo all’operatore,
comechè concretante una non giustificata limitazione della facoltà per il concorrente di dimostrare, con ogni
mezzo (e non solo attraverso i bilanci consolidati o “idonee dichiarazioni bancarie”) la richiesta capacità
economica o patrimoniale.
Il comma 4 vieta la partecipazione alla gara di imprese collegate ovvero la partecipazione “plurima” di un
operatore.
Il comma 5 disciplina la partecipazione in associazione o consorzio e il relativo modus di dimostrazione dei
requisiti professionali, finanziari e di onorabilità.
I commi 6 e 7 contengono un generale rinvio alle restanti norme del codice in tema di procedure di scelta,
anche per i settori speciali in caso di enti concedenti ivi operanti.
Art. 206
I commi 1 e 2 riproducono sostanzialmente –con talune modifiche formali- il contenuto precettivo dell’art.
196 commi 1 e 2 del codice del 2016.
Art. 207
Si sono accorpate in un unico articolo le disposizioni di cui agli artt. 197 e 199, afferenti al sistema di
qualificazione del contraente generale e alla disciplina della attestazione di tale peculiare qualità.
Il comma 1 delimita il “tipo” contraente generale, a latere soggettivo, indicando altresì i peculiari requisiti
professionali, patrimoniali, finanziari e di onorabilità di cui deve essere in possesso. La ragione giustificativa
di tale peculiare qualitas del contraente generale risiede nella particolarità delle prestazioni ad esso contraente
richieste, segnatamente nell’ambito dello specifico settore delle infrastrutture strategiche.
Il comma 2 demanda al regolamento di cui all’articolo 100, comma 4, il peculiare sistema di qualificazione
del contraente generale.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Il comma 3 detta una norma transitoria, in forza della quale -nelle more della adozione del nuovo regolamentosi dispone la ultrattività del sistema attualmente vigente, che prevede la attestazione della specifica qualitas
che ne occupa, al Ministero delle infrastrutture.
Art. 208
Il comma 1 disciplina e codifica la figura negoziale del cd. “global service”, delineata nella prassi nella
(prescrizione UNI 10685/1998), con rinvio anche a talune delle disposizioni disciplinanti il “contraente
generale”.
La specifica figura negoziale si caratterizza:
-
per la natura della res su cui insistono le prestazioni complesse ed eterogenee dell’operatore
economico, trattandosi di beni immobili;
-
per la natura omnicomprensiva dei servizi prestati dall’operatore, volti a garantire la perfetta
funzionalità ed il retto e duraturo godimento del bene immobile, con un servizio cd. “chiavi in mano”.
Si richiede all’operatore economico affidatario dei servizi globali un quid pluris in termini di competenze
professionali e capacità patrimoniali e finanziari: la legittimazione soggettiva, a latere privatistico, alla
stipulazione del contratto è già tratteggiata, in linea generale per tutti i negozi aventi ad oggetti i servizi globali
all’art. 203, comma 2.
Il comma 2 indica il contenuto “minimo” del bando e del contratto, attribuendo particolare pregnanza ai criteri
di effettiva modulazione (in aumento o “al ribasso”) del corrispettivo, legato al “risultato ottenuto” oltre che
alle prestazioni rese, nonché alla allocazione dell’alea riveniente da oneri rivenienti da factum principis.
Il comma 3 sancisce il criterio di aggiudicazione, offerta economicamente più vantaggiosa, e attribuisce
particolare pregnanza –tra gli elementi di valutazione- al “miglior perseguimento del risultato dedotto nel
contratto”.
Il comma 4 contiene il rinvio a specifiche norme disciplinanti la figura del “contraente generale”.
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LIBRO V
DEL CONTENZIOSO E DELL’AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUIZIONE. DISPOSIZIONI
FINALI E TRANSITORIE
PARTE I
DEL CONTENZIOSO
Titolo I - I ricorsi giurisdizionali
Art. 209
L’art. 120 del codice del processo amministrativo (c.p.a.) è stato aggiornato sostituendo i riferimenti alle
disposizioni del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, con quelli del nuovo codice dei contratti pubblici; è stato inoltre
sempre aggiunto il riferimento alle concessioni.
Il testo dell’art. 121 c.p.a. della disposizione ha subìto correzioni di carattere meramente formale, consistenti
nell’espunzione dei richiami al codice previgente, sostituiti da rimandi alle norme del nuovo codice;
nell’enucleazione di un nuovo comma 1-bis in precedenza integrato nel primo periodo del comma 1, e nella
menzione dell’ente concedente nei casi in cui compariva il riferimento alla sola stazione appaltante.
Quanto all’art. 124 c.p.a., la modifica introdotta al comma 1 prevede l’estensione della cognizione del giudice
anche alle azioni risarcitorie e all’azione di rivalsa proposte dalla stazione appaltante nei confronti
dell'operatore economico che, violando i doveri di buona fede e correttezza, ha concorso a determinare un esito
della gara illegittimo.
L’innovazione punta a rafforzare la tutela risarcitoria sia del terzo pretermesso, leso dall'aggiudicazione
illegittima, il quale può agire direttamente, oltre che nei confronti della stazione appaltante, anche nei confronti
dell'operatore economico che, contravvenendo ai doveri di buona fede, ha conseguito una aggiudicazione
illegittima; sia della stessa stazione appaltante, che può agire in rivalsa nei confronti di quest'ultimo o
dell’eventuale terzo concorrente che abbia concorso con la sua condotta scorretta a determinare un esito della
gara illegittimo.
La nuova disposizione sviluppa una soluzione già prefigurata dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato 12 maggio 2017 n. 2 (§ 22 e 30 e ss.) e si raccorda con l'art. 41 comma 2 del decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nella parte in cui prevede che «Qualora sia proposta azione di condanna,
anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell'atto illegittimo».
L’innovazione rimanda, inoltre, al comma 4 dell’art. 5 rubricato “Principi di buona fede e di tutela
dell’affidamento”, il quale prevede che «Ai fini dell’azione di rivalsa della stazione appaltante o dell’ente
concedente condannati al risarcimento del danno a favore del terzo pretermesso, resta ferma la concorrente
responsabilità dell’operatore economico che ha conseguito l’aggiudicazione illegittima con una condotta
contraria ai doveri di buona fede».
Il nuovo comma 3 risponde all’esigenza di adattare alle specificità del giudizio in materia di appalti il
meccanismo di liquidazione del danno previsto dall’art. 34, comma 4, del decreto legislativo 2 luglio 2010,
n.104.
L’intento è quello di incrementare il grado di speditezza e di effettività della tutela risarcitoria per equivalente.
La disposizione crea disincentivi economici nei confronti della parte danneggiante la quale manchi di
formulare una proposta transattiva o la determini in misura incongrua rispetto alla reale entità del danno
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suscettibile di ristoro. L’intento è quello di favorire la rapida definizione del tema risarcitorio nell'ambito
dell’unico giudizio di cognizione, evitando l'attivazione del secondo giudizio di ottemperanza previsto dall'art.
34, comma 4, per il caso del mancato accordo tra le parti. Al contempo, si lascia intatta la devoluzione della
questione al giudice dell’ottemperanza, nel caso in cui le parti non riescano a raggiungere un accordo, in modo
tale da preservare la pluralità degli sbocchi (giudiziali e stragiudiziali) attraverso i quali può trovare soluzione
il contrasto sulla quantificazione del ristoro.
L’innovazione, al pari della precedente introdotta al comma 1, risponde alla crescente rilevanza che la tutela
per equivalente sempre più assumerà nei prossimi anni nell’ambito del contenzioso nella materia dei pubblici
appalti.
Titolo II - I rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale
Art. 210
Il comma 1 specifica che l’accordo bonario nell’ambito degli appalti per lavori può essere utilizzato qualora
l’importo economico dell’opera vari tra il 5 ed il 15 per cento dell’importo contrattualmente previsto e che tale
fattispecie è regolata dalle successive disposizioni del medesimo articolo.
Il comma 2 enuncia un principio di onnicomprensività dell’accordo bonario, che, infatti, deve riguardare tutte
le riserve iscritte fino al momento dell’avvio del procedimento ed attrae a sé ulteriori e successive riserve,
fermo restando, in ogni caso, il rispetto del limite massimo complessivo del 15 per cento dell’importo del
contratto di cui al comma 1; sono inoltre esclusi dall’applicazione del meccanismo dell’accordo bonario, non
potendo essere oggetto di riserva, gli aspetti progettuali che siano stati oggetto di verifica ai sensi dell’articolo
42 del Codice dei contratti pubblici; è imposto un obbligo in capo al responsabile unico del progetto di attivare
l’accordo bonario antecedentemente all’approvazione del certificato di collaudo ovvero di verifica di
conformità o del certificato di regolare esecuzione ai fini della risoluzione delle eventuali riserve iscritte, a
prescindere dal loro importo.
Il comma 3 pone in capo al direttore dei lavori un obbligo di immediata comunicazione delle riserve al
responsabile unico del progetto, corredata da relazione riservata.
Il comma 4 affida al responsabile unico del progetto la preliminare valutazione circa l’ammissibilità e la non
manifesta infondatezza delle riserve al fine di un calcolo effettivo e reale del raggiungimento del limite, di cui
al comma 1, del 15% dell’importo del contratto.
Il comma 5 stabilisce la facoltà da parte del responsabile unico del progetto di optare per l’utilizzo di un
esperto per la formulazione della proposta motivata di accordo bonario e impone termini celeri e modalità
trasparenti della sua scelta e della sua nomina (prioritariamente condivisa dal responsabile unico del progetto
e dal soggetto che fa formulato le riserve e, in subordine, affidata alla Camera arbitrale), stabilendo inoltre la
tempistica della formulazione della proposta da parte del predetto esperto.
Il comma 6 codifica un principio di completezza istruttoria e di necessaria copertura finanziaria; è altresì
precisato che la proposta accettata dal dirigente competente della stazione appaltante (e non dal responsabile
unico del progetto, curatore dell’istruttoria) e dal soggetto che ha formulato le riserve, in un termine celere e
predefinito (45 giorni), debba essere trasfusa in un verbale sottoscritto dalle parti, a cui è espressamente
attribuita natura transattiva; è inoltre statuito un chiaro meccanismo di computo degli interessi legali; è infine
chiarito che, in caso di rifiuto della proposta da parte del soggetto che ha formulato le riserve ovvero di inutile
decorso del termine di accettazione, possono essere aditi gli arbitri o l’autorità giudiziaria ordinaria.
Art. 211
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Il comma 1 introduce un’espressa clausola di estensione, subordinata ad una valutazione di compatibilità, della
disciplina di cui all’articolo 210 anche ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica e ai
contratti di servizi, laddove insorgano controversie in fase esecutiva circa l’esatta esecuzione delle prestazioni
dovute.
Art. 212
Il comma 1 enuncia un criterio di residualità e sussidiarietà della transazione nell’ambito dell’esecuzione dei
contratti pubblici, che, invero, può essere utilizzata soltanto qualora non risulti possibile esperire altri rimedi
alternativi all’azione giurisdizionale; seppur residuale, la transazione ha una sfera di applicazione che copre
espressamente la fase esecutiva di tutti i contratti pubblici (sia di lavori, sia di servizi, sia di forniture); è
rimarcata la necessità del rispetto della disciplina recata dal codice civile.
Il comma 2 prevede una necessaria fase consultiva per le ipotesi transattive inerenti ai contratti pubblici
superiori a determinate soglie (100.000 euro in generale ovvero 200.000 euro in caso di lavori pubblici),
affidata, per le amministrazioni centrali, al qualificato parere dell’Avvocatura dello Stato e, per le
amministrazioni sub centrali, a un legale interno alla struttura ovvero, in mancanza, al funzionario più elevato
in grado competente per il contenzioso.
Il comma 3 precisa che, in applicazione del principio di tendenziale parità delle posizioni negoziali delle parti
nella fase esecutiva, l’iter transattivo può essere avviato, tramite una proposta, tanto dal dirigente della stazione
appaltante (sentito il responsabile unico del progetto), quanto dal soggetto aggiudicatario.
Il comma 4 codifica il principio di necessaria forma scritta ad substantiam della transazione, il cui mancato
rispetto è espressamente sanzionato con la sua nullità.
Art. 213
Il comma 1 perimetra esattamente i confini dell’arbitrato nell’ambito dei contratti pubblici: è previsto, infatti,
che siano deferibili ad arbitri le sole controversie inerenti ai diritti soggettivi (e, pertanto, non quelle attinenti
a interessi legittimi) e derivanti dall’esecuzione di tutte le tipologie di contratti pubblici (relativi a lavori, servizi
e forniture), sottraendo, per tal via, al meccanismo arbitrale l’area della procedura ad evidenza pubblica; la
possibilità di arbitrato, d’altra parte, è estesa espressamente, nei medesimi ambiti prima descritti, al fine di
garantire una massima fruibilità dell’istituto nella fase esecutiva, anche a contratti in cui sia parte una società
a partecipazione pubblica oppure una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica,
ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, ovvero che, ad ogni modo, siano relativi a opere o forniture finanziate
con risorse a carico dei bilanci pubblici.
Il comma 2 attribuisce alla stazione appaltante o all’ente concedente la facoltà di indicare previamente nel
bando o nell’avviso con cui indice la gara oppure nell’invito, per le procedure senza bando, se il contratto
conterrà o non conterrà la clausola compromissoria; è esclusa l’imposizione della predetta clausola, giacché è
prevista la facoltà per l’aggiudicatario di rifiutarla entro il termine di venti giorni dalla conoscenza
dell’aggiudicazione; è precisato che, in ogni caso, le parti conservano la facoltà di compromettere la lite in
arbitrato nel corso dell’esecuzione del contratto.
Il comma 3 commina la nullità della clausola compromissoria inserita nel bando, nell’avviso o nell’invito
senza la necessaria, previa e motivata autorizzazione dell’organo di governo della amministrazione
aggiudicatrice, essendo in tal guisa centralizzata al livello decisionale più elevato la scelta circa il potenziale
utilizzo dell’arbitrato per la definizione di future e possibili controversie.
I commi 4, 5 e 6 disciplinano in modo dettagliato la procedura di nomina degli arbitri (demandando alla
Camera arbitrale un ruolo primario) al fine di garantire la professionalità dei soggetti prescelti, nonché il
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rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione, stabilendo altresì una chiara incompatibilità tra le funzioni
arbitrali e una serie di soggetti che direttamente o indirettamente abbiano partecipato alla fase di evidenza
pubblica o della fase esecutiva ovvero che abbiano avuto pregresse tipologie di rapporti professionali con le
parti ovvero che siano magistrati ordinari, amministrativi contabili e militari in servizio, avvocati e procuratori
dello Stato in servizio, nonché magistrati e giudici tributari.
Il comma 7, al fine di presidiare il rispetto della procedura e delle incompatibilità recate dai commi 4, 5 e 6,
sanziona con la nullità del lodo la nomina del collegio arbitrale effettuata in violazione di siffatte disposizioni.
Il comma 8 valorizza vieppiù nella fase di scelta del collegio arbitrale il ruolo della Camera arbitrale, presso
cui devono confluire tutti i relativi atti delle parti e che determina l’acconto del corrispettivo degli arbitri e
nomina, ove necessario, il segretario dell’arbitrato, eventualmente scegliendolo tra il personale interno
all’Autorità nazionale anticorruzione.
Il comma 9 codifica il principio di libertà delle parti nella scelta della sede del collegio arbitrale, prevedendo
altresì che, laddove non sia espressa alcuna indicazione al riguardo ovvero se non vi sia accordo fra le parti, la
sede è automaticamente stabilita presso la sede della Camera arbitrale.
Il comma 10 sottopone l’arbitrato, per quanto non disciplinato dal codice dei contratti pubblici, alle
disposizioni del codice di procedura civile, affermando espressamente l’ammissibilità di tutti i mezzi di prova
ivi previsti, con esclusione del giuramento in tutte le sue forme.
Il comma 11 codifica il principio per cui la perentorietà dei termini che gli arbitri abbiano fissato alle parti per
le loro allegazioni e istanze istruttorie sussiste soltanto nei casi in cui vi sia una previsione in tal senso nella
convenzione di arbitrato o in un atto scritto separato o nel regolamento processuale che gli arbitri si sono dati.
I commi 12 e 13 dettano precise disposizioni circa la sottoscrizione, il deposito, l’efficacia del lodo e il
versamento di una somma a carico delle parti e a cura deli arbitri all’Autorità nazionale anticorruzione,
sancendo inoltre che il deposito del lodo in materia di contratti pubblici presso la Camera arbitrale deve
precedere il deposito presso la cancelleria del tribunale di cui all’art. 825 del codice di procedura civile.
Il comma 14 consente espressamente un’ampia impugnabilità del lodo tanto per motivi di nullità, quanto per
violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia; la facoltà d’impugnazione è sottoposta a
due termini decadenziali: un possibile termine breve di novanta giorni decorrente dall’eventuale notificazione
del lodo e un ineludibile termine lungo decorrente dal deposito del lodo presso la Camera arbitrale.
Il comma 15 introduce delle peculiarità al rito d’impugnazione dinanzi alla Corte d’appello al fine di garantire
una massima celerità nella definizione della vicenda, nonché una più ampia possibilità di sospensione
dell’efficacia esecutiva del lodo, che deve essere seguita da un ancor più rapida definizione della controversia.
Inoltre si fa rinvio all’apposito allegato V.1 (sul quale v. infra) per la disciplina relativa ai compensi degli
arbitri.
Allegato V.1
Questo allegato riproduce parte degli articoli 209 (i commi da 16 alla fine) e 210 (i commi da 8 alla fine) del
vigente d.lgs. n. 50/2016, in tema rispettivamente di tenuta dell’albo degli arbitri e dei periti da parte della
Camera arbitrale e di compensi degli arbitri.
Art. 214
I commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 istituiscono la Camera arbitrale presso l’Autorità nazionale anticorruzione, organo
centrale e indefettibile nella costituzione dei collegi arbitrali e nello svolgimento dei singoli procedimenti
arbitrali, ne stabiliscono la sua struttura, formata da un Presidente e un consiglio arbitrale, i quali si avvalgono
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di una struttura di segreteria con personale fornito dall’Autorità nazionale anticorruzione, nonché le modalità
di nomina dei suoi componenti, i requisiti di questi e la durata del loro mandato, fissato in un quinquennio;
alla Camera arbitrale è altresì attribuito il rilevante ruolo della formazione e della tenuta dell’albo degli arbitri
per i contratti pubblici, della redazione del codice deontologico degli arbitri camerali e dell’annuale rilevazione
dei dati emergenti dal contenzioso in materia di contratti pubblici, da trasmettere all’Autorità nazionale
anticorruzione e alla cabina di regia di cui all’art. 221 del codice dei contratti pubblici.
Il comma 7, al fine di garantire la massima professionalità degli arbitri per i contratti pubblici, stabilisce i
requisiti per l’iscrizione all’albo degli arbitri della Camera arbitrale.
Il comma 8 dà massima attuazione al principio di trasparenza, statuendo la pubblicazione sul sito internet
dell’Autorità nazionale anticorruzione dell’elenco degli arbitrati in corso e definiti, dei loro dati, dei nominativi
e dei compensi degli arbitri e dei periti.
Il comma 9, in ossequio alla divisata massima funzionalità operativa del codice di contratti pubblici, rinvia ad
apposito allegato la disciplina di dettaglio inerente all’albo degli arbitri, all’elenco dei periti e all’elenco dei
segretari.
Artt. 215-219
Le norme sul Collegio consultivo tecnico (CCT) danno attuazione al criterio direttivo della legge delega
concernente “estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio
giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto”.
L’istituto, temporaneamente introdotto dagli articoli 4 e 5 del d. l. 16 luglio 2020, n. 76, successive modifiche
e integrazioni, è confermato come rimedio generale per dirimere sul nascere i possibili contenziosi tra
committente e appaltatore che rischierebbero di pregiudicare l’esecuzione tempestiva e a regola d’arte del
contratto di appalto.
La creazione, obbligatoria per gli appalti sopra soglia, di un organismo consultivo e di mediazione e
conciliazione destinato ad accompagnare l’esecuzione del contratto sin dal momento iniziale e per tutta la sua
durata, è volta appunto ad evitare che dispute e contrasti che possono insorgere tra le parti ritardino o ostacolino
l’esatto adempimento della prestazione contrattuale.
Sostanzialmente, le norme mettono a regime il sistema già disegnato dagli articoli 4 e 5 del d. l. 16 luglio 2020,
n. 76, come integrato dalle linee guida predisposte dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e approvate con
d.m. Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili del 17 gennaio 2022.
Rimane in facoltà delle parti decidere se limitare il Collegio consultivo tecnico ad una funzione soltanto
consultiva o attribuire alle sue decisioni valore di determinazione direttamente costitutiva di diritti e obblighi
in capo alle parti. In ogni caso, l'inosservanza delle pronunce (pareri o determinazioni) del Collegio consultivo
tecnico è valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova
contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali; l'osservanza delle determinazioni del CCT, invece,
è causa di esclusione della responsabilità del soggetto agente per danno erariale, salvo il dolo.
Il rimedio è esteso agli appalti di servizi e forniture ed è posto un limite ai compensi spettanti ai singoli membri.
Il comma 1 demanda a un apposito allegato V.2 – sul quale v. infra - la disciplina di dettaglio sulle modalità
di costituzione del Collegio.
Allegato V.2
Questo allegato risulta da una collazione di alcune disposizioni precedentemente contenute nell’articolo 6 del
d.l. n. 76/2020, delegificate e sintetizzate, e di altre trasfuse dalle Linee guida del Consiglio superiore dei lavori
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pubblici adottate in attuazione del comma 8-bis del predetto articolo 6, recepite con d.m. 17 gennaio 2022, in
tema di modalità di costituzione e funzionamento del collegio consultivo tecnico, requisiti dei suoi componenti
e criteri di determinazione dei compensi loro spettanti.
Art. 220
L’art. 220 riscrive la disciplina del parere di precontenzioso dell’ANAC, già previsto dall’art. 211 del d. lgs.
n. 50 del 2016, con talune significative innovazioni.
Le modifiche introdotte si pongono l’obiettivo di un rafforzamento dell’istituto, in attuazione del criterio
direttivo contenuto nell’art. 1, comma 2, lett. ll) della l. delega n. 78 del 14 giugno 2022, che assegna al
legislatore delegato il compito di provvedere all’estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle
controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto. A tali metodi
alternativi (ADR) ben può essere assimilato, infatti, il parere di precontenzioso dell’ANAC, che ha funzione
di prevenzione della causa, e dunque condivide con i citati ADR la finalità deflattiva rispetto al contenzioso
giurisdizionale.
Al comma 1 si chiarisce, anzitutto, che il parere di precontenzioso viene espresso su richiesta della stazione
appaltante, dell’ente concedente o di una o più delle altre parti. Vengono poi introdotte importanti modifiche.
Da un lato, infatti, è eliminato l’inciso che rendeva il parere vincolante per le parti che avessero
preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Dall’altro lato, è consentito all’operatore
economico (non anche alla stazione appaltante o ente concedente) che abbia richiesto il parere e vi abbia aderito
di impugnarlo “esclusivamente per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”,
dunque unicamente per profili sostanziali e non anche per vizi formali o procedurali nell’emissione del parere
stesso: ciò in applicazione estensiva della regola di non annullabilità dettata in generale dall’art. 21-octies,
comma 2, della l. n. 241/1990. È chiara la ratio legislativa di un rafforzamento del parere, di cui l’operatore
economico può ottenere l’annullamento in sede giudiziale solo quando esso sia “sbagliato” nella sostanza.
Sempre nel comma 1 sono inserite altre due importanti novità rispetto alla disciplina di cui all’art. 211 del d.
lgs. n. 50 del 2016.
La prima riguarda l’abrogazione della norma che imponeva al giudice, in caso di rigetto del ricorso avverso il
parere, di valutare il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’art. 26 del c.p.a. Si
trattava, infatti, di disposizione da un lato inutile, se intesa nel senso di imporre al giudice di valutare la
sussistenza degli estremi della lite temeraria, in quanto già il citato art. 26 del c.p.a. impone al giudice di
effettuare una simile valutazione in riferimento a ogni causa che venga portata al suo esame. Dall’altro lato, la
disposizione in discorso era di dubbia costituzionalità, se intesa nel senso che essa ricollegasse una presunzione
di temerarietà alla pura e semplice proposizione di un ricorso contro il parere, che fosse stato respinto dal
giudice adito.
La seconda importante novità riguarda l’obbligo, per la stazione appaltante o l’ente concedente che non
intendano conformarsi al parere, di comunicare entro quindici giorni le relative motivazioni alle parti
interessate e all’ANAC, che può proporre ricorso contro tale determinazione negativa. Anche in tale previsione
si esprime la ratio legislativa di rafforzare lo strumento in esame e il Legislatore si serve a tal fine di una regola
di trasparenza, che impone alla stazione appaltante o ente concedente di rendere pubbliche le ragioni del loro
rifiuto. In coerenza con la regola generale dell’art. 3 della l. n. 241/1990, che impone l’obbligo di motivazione
per i provvedimenti amministrativi, la decisione di non conformarsi al parere dell’ANAC assume la veste di
provvedimento
Si segnala che, come già il comma 1 dell’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016, il comma 1 dell’art. 220 assegna
all’ANAC un termine di 30 giorni dalla ricezione della richiesta per esprimere il parere senza ricollegare alcun
significato all’inerzia serbata dall’Autorità sulla richiesta. In difetto di un’esplicita previsione di silenzio
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significativo, l’inerzia stessa va qualificata quale silenzio inadempimento, con il corollario dell’esperibilità nei
suoi confronti dei rimedi previsti in via generale dall’ordinamento.
La formulazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 220 ricalca quella dei commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell’art. 211
del d. lgs. n. 50 del 2016.
Le sole novità si ravvisano nel comma 3 dell’art. 220, che ripropone il potere dell’ANAC di esprimere un
parere motivato quando ravvisi che la stazione appaltante ha adottato un provvedimento affetto da gravi
violazioni del codice, specificando nel parere i vizi di legittimità riscontrati.
Una prima novità è costituita dalla previsione di un potere in capo all’Autorità di stabilire con proprio
regolamento il termine massimo, comunque decorrente dall’adozione o pubblicazione dell’atto che contiene
la violazione, per emettere il parere.
Una seconda novità è rappresentata dal termine assegnato alla stazione appaltante per conformarsi al parere,
che è dimezzato rispetto a quello previsto dall’art. 211 (non più 60 ma 30 giorni), secondo una logica di
velocizzazione dei tempi del procedimento.
Parte II
Della governance
Art. 221
Per quanto riguarda la cabina di regia, il testo della disposizione ha subito modifiche rilevanti rispetto all’art.
212 del d.lgs. n. 50 del 2016, finalizzate al potenziamento della struttura.
Il comma 1 richiama in apertura l’allegato V.3 – sul quale v. infra - che a regime ha natura regolamentare e
che è deputato a disciplinare la composizione e le modalità di funzionamento della suddetta cabina.
Il comma 2 conferma le funzioni e finalità della struttura, mantenendo l’impostazione generale già seguita dal
previgente assetto, che incardina la “policy” nazionale in materia di appalti pubblici e concessioni sulle tre
istituzioni del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sull’ANAC e sulla Cabina di Regia
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nell’ambito di questo assetto, in base al comma 7 a quest’ultima compete il ruolo di struttura nazionale di
riferimento per la cooperazione con la Commissione europea, per quanto riguarda l’applicazione della
normativa settoriale e l’adempimento degli obblighi di assistenza e di cooperazione reciproca tra gli Stati
membri. La Cabina di Regia svolge altresì, ai sensi del comma 4, lettera d), il compito di sovrintendere alla
digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici (ferme le funzioni dell’ANAC).
I commi 3, 4, 8 e 9 contengono significative innovazioni
In particolare, il comma 3 prevede l’istituzione da parte della Cabina di Regia, per i primi due semestri dalla
data di acquisto dell’efficacia del codice, di una struttura denominata “sportello unico di supporto tecnico” (cd.
help desk) deputata ad effettuare un’attività di monitoraggio dell’attuazione delle misure contenute nel codice,
sostenendone l’attuazione e individuandone eventuali criticità.
Il comma 4, oltre al ruolo affidato alla Cabina di Regia alla lettera d), affida ad essa alla lettera b) il compito
di curare la fase di attuazione del codice e di coordinare l’adozione, da parte dei soggetti competenti, dei
regolamenti attuativi e degli atti di indirizzo, nonché il loro riordino in allegato al codice, anche per garantirne
tempestività e coerenza reciproca. La lettera c), in aggiunta al compito di esaminare le proposte di modifiche
normative nella materia disciplinata dal codice, demanda poi alla struttura di contribuire all’effettuazione delle
analisi e verifiche di impatto dei provvedimenti adottati.
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I commi 8 e 9, dal canto loro, sono dedicati specificamente alla governance dei servizi, disciplinando le
funzioni del CIPESS in materia di predisposizione del piano nazionale dei servizi strategici del Paese e i
contenuti del piano stesso.
A questo proposito si osserva che i contratti pubblici di servizi, pur costituendo la parte preponderante dei
contratti pubblici, in quanto superano i contratti di lavori in termini di numero di procedure e volume di
affidamenti (circa 59,4 miliardi di euro per i servizi a fronte di 23,1 miliardi per i lavori), non hanno ricevuto
finora un’attenzione adeguata, né sul piano normativo, essendo stato scritto il Codice dei contratti pubblici
avendo a modello gli appalti/concessioni di lavori, sia sul piano delle politiche pubbliche: ciò, pur a fronte della
rilevanza strategica dell’industria dei servizi per l’economia nazionale e per lo sviluppo del Paese, sia perché in
grado di produrre innovazione e qualità, sia per l’entità e il numero delle imprese attive del personale addetto.
Questo settore dei contratti pubblici deve dunque avere nelle politiche di Governo uno spazio adeguato alla sua
importanza, con una rappresentanza stabile nel CIPESS, utile per la elaborazione dei piani nazionali strategici
per i servizi: a tal fine la modifica normativa qui proposta mira a dare visibilità e attenzione al settore, con una
politica nazionale che permetta una definizione degli obiettivi, individuando un piano nazionale di contratti
pubblici di servizi strategici e una governance che preveda un referente di Governo dedicato ai servizi: ciò, per
creare un luogo di confronto stabile tra gli operatori, il decisore politico, le centrali di committenza e l’ANAC,
e contribuire alla definizione ed al coordinamento delle politiche di settore.
Allegato V.3
Questo allegato disciplina la composizione e il funzionamento della cabina di regia prevista dall’articolo 221
del codice, segnalandosi, rispetto alle previsioni del vigente d.P.C.M. 10 agosto 2016 (emanato in attuazione
dell’articolo 212, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016), per un significativo snellimento quantitativo dei componenti
la detta cabina e per una maggior semplificazione delle sue modalità di riunione e deliberazione.
Art. 222
L’art. 222 dispone il riordino e la revisione delle competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione, già
elencate dall’art. 213 del d. lgs. n. 50 del 2016, in attuazione del criterio contenuto nell’art. 1, comma 2, lett.
b), della l. delega, che ha stabilito la “revisione delle competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione in
materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni
appaltanti”.
A tal fine, nell’art. 222 sono stati riconsiderati i poteri regolatori dell’Autorità previsti dall’art. 213 del d. lgs.
n. 50 del 2016, ma non più menzionati dalla legge delega.
In particolare, non è più previsto il potere dell’ANAC di adottare le linee guida, essendo tale potere assorbito
dall’adozione della disciplina regolamentare di attuazione del nuovo codice (nel quale sono destinate a
confluire le linee guida già emesse, quanto alla disciplina di dettaglio in esse contenuta). Viene poi eliminato
il riferimento agli “altri strumenti di regolazione flessibile”, sostituiti dalla categoria degli atti amministrativi
generali, di più sicuri inquadramento dogmatico e disciplina.
Sono state invece mantenute in capo all’Autorità le funzioni di analisi e di verifica dell’impatto della
regolamentazione ai fini del rispetto del divieto cd. gold plating.
Come chiarito nel comma 1, nel quadro della riconsiderazione complessiva del ruolo dell’ANAC, sono state
irrobustite le funzioni di vigilanza collaborativa da essa svolte, poiché la lett. h) del comma 3 dell’art. 222
estende il ruolo di supporto alle stazioni appaltanti, esercitato dall’ANAC mediante la stipula con le stesse di
appositi protocolli d’intesa, oltre che alla predisposizione degli atti di gara e alla gestione della procedura di
gara, già previste dalla lett. h) del comma 3, dell’art. 213 del d. lgs. n. 50 del 2016, anche alla fase
dell’esecuzione del contratto.
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Altro criterio direttivo che trova attuazione nell’art. 222 è quello previsto dall’art. 1, comma 2, lett. m), della
l. delega, riguardante la “riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei
contratti, anche attraverso contratti-tipo predisposti dall’Autorità nazionale anticorruzione, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici relativamente ai contratti-tipo di lavori e servizi di ingegneria e
architettura, e all’esecuzione degli appalti, anche attraverso la digitalizzazione e l’informatizzazione delle
procedure, la piena attuazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici e del fascicolo virtuale
dell’operatore economico, il superamento dell’Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici,
il rafforzamento della specializzazione professionale dei commissari all’interno di ciascuna amministrazione
e la riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, nonché di quelli relativi
al pagamento dei corrispettivi e degli acconti dovuti in favore degli operatori economici, in relazione
all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori e allo stato di svolgimento delle forniture e dei servizi”.
L’art. 222, modificando l’art. 213, d.lgs. n. 50 del 2016, dota l'Autorità di poteri sanzionatori più efficaci in
modo da garantire il rispetto delle regole di buona amministrazione e, di conseguenza, il corretto
funzionamento del mercato di riferimento. Per definire e perimetrare in modo chiaro tale potere sanzionatorio,
esso è riferito specificatamente ai settori individuati dalle lettere “b)” (corretta esecuzione dei contratti
pubblici), “f)” (sistema di qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici di lavori), “l)” (qualificazione
delle stazioni appaltanti), “m)” (Banca dati nazionale dei contratti pubblici e coordinamento della
digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici da parte della cabina di regia) del medesimo articolo. Si fa
poi riferimento agli altri casi previsti dal codice, fra i quali – segnatamente – vi sono quelli di cui all’art. 63,
comma 10 (in tema di qualificazione delle stazioni appaltanti) e quelli, richiamati dai commi 9 e 13 dello stesso
art. 222, relativi alla gestione delle informazioni da inserire nella Banca dati di cui all’art. 23. L’eventuale
ampliamento di tale perimetro, con l’individuazione di ulteriori casi, è demandato all’Autorità politica.
Tale integrazione è necessaria tenuto conto del fatto che nel d.lgs. n. 50 del 2016, difetta l'attribuzione in capo
all’Autorità di veri e propri poteri d’intervento sul mercato di riferimento. In particolare, l’Autorità è
attualmente dotata di competenze essenzialmente “soft”, senza un’incidenza diretta e forte sul mercato vigilato:
infatti, dall’elenco delle competenze contenuto nell’art. 213, del d. lgs. n. 50 del 2016 emerge un insieme di
attività essenzialmente rivolto verso il referto a favore degli organi titolari di potere decisionale: Governo e
Parlamento, oltre che verso gli organi giudiziari muniti di potere inquisitorio/repressivo (Procure della
Repubblica e Corte dei Conti). Il potere sanzionatorio, inoltre, risulta debole e limitato all'irrogazione di una
sanzione pecuniaria in caso di omessa risposta alle richieste di documentazione e informazioni agli operatori
del settore e nel richiamo al rispetto della legittimità, economicità ed efficienza dell’azione procedimentale,
ma senza una vera e propria disposizione di chiusura che assicuri il rispetto in concreto di tali principi.
L’art. 213 del d.lgs. n. 50 del 2016 è, quindi, integrato al comma 3, primo periodo, lett. a), con la previsione
di uno specifico potere sanzionatorio, esercitato nel rispetto dei principi di cui alla l. 24 novembre 1981, n.
689, in capo all'Autorità nel caso la stessa accerti violazioni del codice. La disciplina dell’esercizio del potere
sanzionatorio è rimessa al potere regolamentare dell’Autorità. Per rendere ancora più efficace il potere
sanzionatorio si prevede, inoltre, che l'irrogazione della sanzione pecuniaria abbia una ricaduta sul sistema di
premialità per la qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'art. 63.
La vigilanza, inoltre, è ampliata sul versante dell'esecuzione dei contratti, in quanto non è più limitata alla
verifica del rispetto del principio di economicità dei contratti pubblici e, quindi, diretta ad accertare che
dall’esecuzione degli stessi non derivi un pregiudizio per il pubblico erario, ma è estesa alla verifica della
correttezza dell’esecuzione tout court dei contratti pubblici.
Sempre nell’ottica di un rafforzamento della funzione di vigilanza dell’Autorità, la vigilanza collaborativa ha
ad oggetto anche l’esecuzione dei contratti e il persistente discostamento dalle indicazioni dell’ANAC ha una
ricaduta sul sistema di premialità ai fini della qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’art. 63.
La lett. m) del comma 3 assegna all’ANAC il compito di contribuire al coordinamento della digitalizzazione
del sistema dei contratti pubblici da parte della Cabina di Regia (a cui, come si è visto, in base all’art. 221,
comma 4, lett. d), compete sovrintendere alla suddetta digitalizzazione).
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L’art. 222 (comma 8) si preoccupa inoltre di garantire la piena attuazione della Banca Dati Nazionale dei
Contratti Pubblici, al fine di risolvere il problema, presentatosi finora nella prassi, dell’incompletezza di tale
banca dati, soprattutto per le fasi successive all’aggiudicazione. A tale scopo viene introdotto (comma 9) un
sistema di disincentivi alla mancata trasmissione dei dati da parte del RUP, con la previsione di un esplicito
potere sanzionatorio in capo all’Autorità, temperato dalla possibilità del ravvedimento operoso, e con riflessi,
per i soggetti responsabili, sul piano della responsabilità dirigenziale e della valutazione della performance.
Ciò si lega al tentativo di rafforzare e rendere effettivo il ruolo della predetta Banca dati, quale strumento
indispensabile per monitorare gli appalti, nell’ottica della lotta ai rischi di corruzione, anche attraverso
l’eliminazione di ogni forma di duplicazione di trasmissione delle informazioni (che ora vengono inviate solo
alla Banca dati dell’ANAC).
Sempre in attuazione del criterio direttivo di cui all’art. 1, comma 2, lett. m), della l. delega, è stata eliminata
la previsione, contenuta nel comma 15 dell’art. 213 del d. lgs. n. 50 del 2016, della gestione e
dell’aggiornamento, da parte dell’Autorità, dell’Albo Nazionale obbligatorio dei componenti delle
commissioni giudicatrici.
Analogamente, è stata eliminata la previsione, contenuta anch’essa nell’art. 213, comma 15, del d. lgs. n. 50
del 2016, della gestione e dell’aggiornamento da parte dell’ANAC dell’elenco delle stazioni appaltanti che
operano con affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house, in coerenza con la mancata
riproduzione, nel nuovo codice, di una disposizione di tenore analogo all’art. 192 del d. lgs. n. 50 del 2016,
che disciplinava il suddetto elenco.
Art. 223
Come per il precedente art. 221, sono minime e solo formali le variazioni che si riscontrano rispetto al testo
del previgente articolo 214. Rimangono invariati i contenuti sostanziali della disposizione e confermate le
competenze del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
Esse ne fanno il luogo di snodo e di coordinamento di varie competenze, oltre che il soggetto istituzionale
titolare della funzione di promozione delle attività amministrative e tecniche necessarie alla celere
progettazione e all’approvazione delle infrastrutture strategiche e degli insediamenti produttivi prioritari per
lo sviluppo del Paese.
Parte III
Disposizioni transitorie, di coordinamento e abrogazioni
Art. 224
La disposizione detta una disciplina di coordinamento e ragguaglio a quella attualmente vigente, dettando una
serie di abrogazioni (di articoli), sostituzioni (di articoli, parole), soppressioni (di periodi, parole) e aggiunte
(di periodi).
Da segnalare il comma 1, in cui si stabilisce l’immediata applicabilità della nuova disciplina di cui agli articoli
da 215 a 219 ai Collegi consultivi tecnici già costituiti ed operanti alla data di entrata in vigore del codice: per
questi, dunque, non è previsto un regime transitorio che ne consenta l’assoggettamento al previgente regime
normativo di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 (per la diversa regola sui “procedimenti in corso”, v. il successivo art.
227).
Art. 225
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La disposizione contiene un’articolata disciplina transitoria e di coordinamento.
In particolare, il comma 2 detta un’importante disciplina sulla tempistica della digitalizzazione.
L’introduzione della digitalizzazione per ogni tipologia di contratto pubblico (art. 1, comma 1, lett. m, della l.
n. 78/2022), come anche previsto dal PNRR (M1C1-69, M1C1-70) indica un traguardo ambizioso che potrà
realizzarsi compiutamente, soltanto tenendo conto in modo realistico della necessità di una significativa
riorganizzazione da parte delle stazioni appaltanti le quali dovranno dotarsi di adeguati strumenti tecnologici
e di specifiche competenze.
L'introduzione di nuovi strumenti e servizi digitali richiederà una revisione dei processi interni e dei
procedimenti amministrativi adottati, con ricadute innovative a livello organizzativo. Lo sforzo che potrà
essere richiesto alle amministrazioni in generale, alle stazioni appaltanti e agli operatori economici, soprattutto
nella fase iniziale di attuazione delle norme sulla digitalizzazione dei contratti pubblici, sarà differente a
seconda del livello di preparazione degli uffici e del grado di formazione dei soggetti coinvolti, implicando la
necessità di un regime transitorio per consentire alle stazioni appaltanti - in particolare, per quelle non
qualificate - di predisporre le strutture interessate, anche in termini di formazione del personale.
La previsione, nel comma 2 del termine del 1° gennaio 2024 per l’attuazione della disciplina prevista sulla
digitalizzazione si pone, così, in linea con gli obiettivi programmati in sede di PNRR. In particolare, l’obiettivo
M1C1-75 indicato nel PNRR, con scadenza al 31 dicembre 2023, prevede che entro quella data il Sistema
Nazionale di E-Procurement dovrà essere operativo e in linea con le pertinenti direttive UE, comprendendo la
digitalizzazione completa delle procedure di acquisto fino all'esecuzione del contratto (Smart Procurement) e
assicurando l’interoperabilità con i sistemi gestionali delle pubbliche amministrazioni e l'abilitazione digitale
degli operatori economici.
Considerato, quindi, che l’obiettivo M1C1-73 prevede che entro il 31 marzo 2023 entreranno in vigore tutte
le disposizioni attuative della riforma del codice dei contratti pubblici, la previsione di un termine di 9 mesi
per le stazioni appaltanti - affinché siano pronte da un punto di vista tecnologico, e attivino percorsi di
formazione per il personale e mettano in atto modelli organizzativi adeguati - appare ragionevole e si giustifica
in considerazione del differente livello di digitalizzazione delle amministrazioni italiane e dei tempi necessari
per realizzare in modo concreto la “rivoluzione digitale” nella materia dei contratti pubblici.
L’incipit del comma 2 fa poi salvo quanto previsto dall’art. 63, dal momento che, per le stazioni appaltanti
qualificate e per le centrali di committenza, la piena digitalizzazione è un obbligo connesso alla qualificazione
e un requisito indispensabile per conseguirla.
Per la disciplina delle procedure di scelta del contraente da svolgersi all’estero e dei contratti nel settore della
difesa e sicurezza si prevede che fino all’adozione dei relativi regolamenti continuano ad applicarsi quelli
vigenti (commi 4 e 5).
Al comma 6 si stabilisce che per le garanzie previste all’articolo 117, comma 12, nelle more dell’adozione del
decreto ivi previsto, si applicano le disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 gennaio
2018, n. 31.
Il comma 7 dispone che in relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti
pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, si
applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni del d.l. n. 77 del 2021.
Articoli 226-229
256
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Le disposizioni finali del testo proposto contengono le norme di chiusura sulle abrogazioni, le ultrattività della
previgente disciplina per i “procedimenti in corso”, come definiti dal comma 2 dell’art. 226, la clausola di
invarianza finanziaria e sull’entrata in vigore del codice, che l’art. 229, comma 1, fissa al 1° aprile 2023,
distinguendo tale data da quella di acquisto dell’efficacia del codice stesso, fissata dal successivo comma 2 al
1° luglio 2023.
Tale distinzione rileva sia per la possibilità, nel periodo intermedio, di sostituire gli allegati al codice con
regolamenti ai sensi dell’art. 17, l. 400 del 1988, sia soprattutto perché la data di acquisto dell’efficacia del
codice è, ai sensi del comma 2 dell’art. 226, quella da considerare per stabilire quali sono i “procedimenti in
corso”, cui continua ad applicarsi la disciplina del d.lgs. n. 50 del 2016.
Da sottolineare anche la previsione dell’art. 227, che pone un principio di modificabilità solo esplicita delle
disposizioni contenute nel codice e nei suoi allegati: per queste, dunque, vale il criterio ermeneutico che, nei
casi dubbi, impone di escludere l’ammissibilità di ipotesi di abrogazione implicita.
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IV – Relazione tecnica
1
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LIBRO I
DEI PRINCIPI, DELLA DIGITALIZZAZIONE, DELLA PROGRAMMAZIONE E DELLA
PROGETTAZIONE
PARTE I
DEI PRINCIPI
Titolo I – I principi generali
Art. 1
Il comma 1 codifica il principio del risultato ed enuncia quindi l’interesse pubblico primario del codice, come
finalità principale che stazioni appaltanti ed enti concedenti devono sempre assumere nell’esercizio delle loro
attività: l’affidamento del contratto e la sua esecuzione con la massima tempestività e il miglior rapporto
possibile tra qualità e prezzo, sempre nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, che
vengono espressamente richiamati.
Il comma 2 enuncia il valore funzionale della concorrenza e della trasparenza, che sono tutelate non come
mero fine, ma, più correttamente, come mezzo in vista del raggiungimento del risultato.
Il comma 3, recependo gli approdi di numerosi studi sulla c.d. amministrazione del risultato, chiarisce che il
principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento
e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità ed è perseguito nell’interesse della comunità e
per il raggiungimento degli obiettivi dell’U.E.
Il comma 4 prevede che il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere
discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 2
L’art. 2 codifica l’innovativo principio della fiducia nell’azione legittima trasparente e corretta delle pubbliche
amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici.
Il comma 2, nell’enunciare il principio, lo collega al principio del risultato. La norma chiarisce che il principio
della fiducia implica un ampliamento dei poteri valutativi e della discrezionalità della P.A.
Il comma 3 contiene una perimetrazione del concetto di colpa grave rilevante ai fini della responsabilità
amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti.
Il comma 4, al fine di promuovere la fiducia nell’azione legittimità, trasparente e corretta
dell’amministrazione, prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura
assicurativa dei rischi per il personale, nonché per qualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare
valore alle capacità professionali dei dipendenti. Si evidenzia che tale previsione si sostanzia in una mera
enunciazione di principio che viene solo anticipata tra i principi generali, fermo restando che la stessa è
declinata negli articoli 18, comma 9 e 45, comma 7, lettera c). La stessa, dunque, non ha autonoma portata
innovativa e precettiva, in quanto la copertura assicurativa sarà prevista, ai sensi dell’articolo 18, comma 9, in
2
Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
via meramente facoltativa dalle singole stazioni appaltanti, come peraltro risulta espressamente dal tenore
letterale del medesimo comma 9. Del resto, premesso che detta assicurazione assume carattere facoltativo, si
precisa che l’articolo 45, comma 7, lettera c), si limita a stabilire un vincolo di destinazione di risorse solo in
caso di sussistenza di tali risorse. Il comma 1 del predetto articolo 45 prevede infatti chiaramente che “Gli
oneri relativi alle attività tecniche indicate nell’allegato I.10 sono a carico degli stanziamenti previsti per le
singole procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci
delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti”.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 3
L’art. 3 introduce il principio dell’accesso al mercato che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono
garantire agli operatori economici, secondo le modalità indicate dal codice e attraverso il rispetto dei principi
generali dell'azione amministrativa, che deve essere improntata alla correttezza, all’imparzialità e alla non
discriminazione, alla pubblicità e alla trasparenza, nonché alla proporzionalità.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 4
L’art. 4 si collega ai primi tre principi e stabilisce un chiaro criterio interpretativo e applicativo, in forza del
quale al quale, appunto, le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi della fiducia,
del risultato e dell’accesso al mercato.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 5
L’art. 5 codifica il principio di buona fede e di tutela dell’affidamento.
Il comma 1 introduce una norma specifica sull’obbligo reciproco di correttezza (per p.a. e operatore
economico) che a maggior ragione si giustifica nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, le quali
hanno una chiara valenza pre-contrattuale.
Il comma 2 recepisce i principi sulla tutela dell’affidamento incolpevole (anche con riferimento al danno da
provvedimento favorevole poi annullato) enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le
sentenze n. 5 del 2018 e nn. 19 e 20 del 2021.
Il comma 3 disciplina le “condizioni” di risarcibilità del danno da provvedimento favorevole poi annullato.
Il comma 4 dà un fondamento normativo all’azione di rivalsa da parte dell’amministrazione (condannata al
risarcimento del danno a favore del terzo illegittimamente pretermesso nella procedura di gara) nei confronti
dell’operatore economico che sia risultato aggiudicatario sulla base di una (sua) condotta illecita.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 6
3
Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
L’articolo recepisce la sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale, che ha sancito la coesistenza di due
modelli organizzativi alternativi per l’affidamento dei servizi sociali, l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro
sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 7
L’articolo 7 recepisce il principio di auto-organizzazione amministrativa, sancito anche nell’art. 2 direttiva
2014/23/UE, in base al quale le pubbliche amministrazioni scelgono autonomamente di organizzare
l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso il ricorso a tre modelli fra loro alternativi: a)
auto-produzione, b) esternalizzazione; c) cooperazione con altre pubbliche amministrazioni.
Il comma 1 perimetra il campo di applicazione del principio di auto-organizzazione e fa riferimento non solo
ai lavori e ai servizi ma anche ai beni, in modo da coprire l’intero panorama dei contratti pubblici e superare
alcuni dubbi interpretativi suscitati dalla limitazione ai soli servizi della formulazione dell’art. 192 comma 2
del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il comma 2 disciplina la motivazione per il ricorso all’in house, chiarendo, al primo periodo, che il ricorso a
tale modello gestionale è accomunato all’affidamento mediante il ricorso al mercato dall’applicazione dei
medesimi principi indicati agli artt. 1, 2 e 3 (principio del risultato, principio della fiducia, principio
dell’accesso al mercato)
Il comma 3 contiene un coordinamento con il decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 8 della
legge 5 agosto 2022, n. 118, cui è demandata la disciplina dell’affidamento in house dei servizi di interesse
economico generale di livello locale.
Il comma 4 disciplina gli accordi tra pubbliche amministrazioni per lo svolgimento in comune di compiti di
interesse pubblico.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 8
Il comma 1 sancisce il principio di autonomia contrattuale, recependo una costante giurisprudenza (cfr. Cass.
Sez. Un. 12 maggio 2008, n. 11656), che riconosce alla pubblica amministrazione una generale capacità
negoziale, salvo i divieti previsi dalla legge.
Il comma 2 dà attuazione al criterio direttivo della lettera l) “divieto di prestazione gratuita dell’attività
professionale, salvo che in casi eccezionali e previa motivazione”.
Il comma 3 introduce, in maniera innovativa, una disciplina relativa alle donazioni, cioè i contratti animati da
spirito di liberalità e privi di interesse economico, anche indiretto, da parte del donante.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 9
La disposizione in esame introduce una significativa innovazione che trova ancoraggio nelle finalità sottese a
vari principi e criteri della legge delega (il riferimento è, in particolare, all’art. 1, comma 2, lettere a), g), m),
4
Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
ll) ) ed attraverso la quale si è inteso codificare una disciplina generale da applicare per la gestione delle
sopravvenienze straordinarie e imprevedibili considerate dalla disposizione, tali da determinare una sostanziale
alternazione nell’equilibrio contrattuale, con effetti resi di recente drammaticamente evidenti dalla congiuntura
economica e sociale segnata dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina.
L’articolo, dunque, mira a disciplinare le sopravvenienze che possono verificarsi nel corso dell’esecuzione del
contratto, alterandone l’equilibrio originario o facendo venir meno, in parte o temporaneamente, interesse del
creditore alla prestazione. Viene, in tal modo, introdotto un rimedio manutentivo del contratto, maggiormente
conforme all’interesse dei contraenti – e dell’amministrazione in particolare – in considerazione
dell’inadeguatezza della tutela meramente demolitoria apprestata dall’art. 1467 c.c. .
Il comma 1 della disposizione, nell’introdurre un generale rimedio di natura legale per la gestione delle
sopravvenienze perturbative dell’equilibrio originario delle prestazioni contrattuali, ha un duplice contenuto:
definisce le sopravvenienze rilevanti ai fini dell’applicazione della norma e sancisce il diritto alla
rinegoziazione della parte svantaggiata al quale, dunque, corrisponde un obbligo della controparte.
Il comma 2 della disposizione specifica, per le ragioni sopra esposte, che la rinegoziazione ha l’esclusiva
finalità di ripristinare l’originario equilibrio del contratto, avuto riguardo al complesso degli atti alla base della
costituzione del rapporto e con considerazione, quindi, anche del bando e del provvedimento di aggiudicazione.
Il comma 3 disciplina la specifica ipotesi in cui le sopravvenienze di cui al comma 1 incidano non sul generale
equilibrio del contratto, ma sull’utilità o utilizzabilità della prestazione per la parte creditrice, come accaduto
nella fase pandemica che ha determinato l’inutilizzabilità per un lungo periodo dei locali commerciali oggetto
di locazione, rendendo sostanzialmente inutile la prestazione resa dal locatore.
Il comma 4 della disposizione incentiva la gestione negoziale delle sopravvenienze attraverso la previsione
delle clausole di rinegoziazione, soprattutto laddove la durata del contratto o altre circostanze, quali il contesto
economico, lo rendano opportuno.
Il comma 5 stabilisce che in applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale si
applicano prioritariamente le disposizioni di cui agli articoli 60 e 120.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 10
La norma afferisce ai principi di delega di cui all’art. 1, comma 2, lett. a) e n) e, in conformità alle finalità
perseguite, fissa principi di valenza generale che recepiscono gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza.
Il comma 1 stabilisce che i contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali
sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite dal codice.
Il comma 2 cristallizza il principio della tassatività delle cause di esclusione, con un duplice risvolto.
Il comma 3, invece, sistematizza i criteri di selezione di cui all’art. 58 della Direttiva 24, che determinano
l’esclusione dalla gara per mancanza di capacità. Si considerano, in questo caso, i criteri di selezione che le
stazioni appaltati sono legittimate ad introdurre, limitatamente ai requisiti speciali di carattere economicofinanziario e tecnico-professionale, alle condizioni indicate.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 11
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
In termini generali, si può osservare che la norma proposta intende dare attuazione e valorizzare la previsione
posta dall’art. 1, comma 2, lettera h), n. 2, della legge delega («garantire l’applicazione dei contratti collettivi
nazionale e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da
eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori
di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché garantire le stesse tutele
economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro
irregolare»), che anche sul piano letterale [attraverso l’uso del verbo “garantire” in luogo di “promuovere” (al
n. 3 della medesima lettera h) o in luogo del sostantivo “promozione” (nella lettera i)] sembra aver abbandonato
l’idea di una funzione meramente promozionale e incentivante, nei confronti degli operatori economici, delle
norme sulle clausole sociali nella disciplina dei contratti pubblici, mirando a conseguire un effettivo risultato
applicativo con norme maggiormente pregnanti e vincolanti.
Più nel dettaglio il comma 1 prevede come previsione generale l’obbligo di applicare il contratto collettivo
nazionale di lavoro in vigore per il settore e per la zona ella quale si eseguono le prestazioni oggetto del
contratto.
Il comma 2, per esigenze di certezza, prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano già nel
bando o nell’invito alla gara il contratto collettivo applicabile, in conformità a quanto previsto nel comma 1.
Il comma 3, ispirato alla tutela della libertà di iniziativa economica, consente comunque agli operatori
economici di indicare nella propria offerta il differente contratto che essi applicano, purché però assicuri le
stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.
Il comma 4 impone all’operatore economico di presentare prima dell’aggiudicazione o dell’affidamento
un’ulteriore dichiarazione con la quale si impegna ad applicare il contratto collettivo indicato per tutta la durata
del contratto ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele.
Il comma 5 stabilisce che le medesime tutele normative ed economiche siano assicurate anche ai lavoratori in
subappalto.
Il comma 6 disciplina l’intervento sostitutivo della stazione appaltante nel caso di inadempienze contributive
o retributive dell’impresa affidataria o del subappaltatore, attualmente previsto dai commi 5 e 6 dell’articolo
30 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 12
L’art. 12 contiene un duplice rinvio esterno che opera in assenza di una diversa espressa previsione contenuta
nel codice: da un lato, il rinvio è alla legge n. 241 del 1990 per quanto riguarda la disciplina della procedura
di affidamento e di tutte le altre attività amministrative in materia di appalti; dall’altro lato, si rinvia al codice
civile, per quanto riguarda la stipula e l’esecuzione del contratto.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo II – L’ambito di applicazione, il responsabile unico e le fasi dell’affidamento
Art. 13
Il comma 1 fissa l’ambito di applicazione del codice, affermando che le sue disposizioni si applicano ai
contratti di appalto e di concessione.
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Il comma 2 individua i contratti cui le norme del codice non devono applicarsi.
l comma 3 esclude dall’ambito di applicazione del codice i contratti di società e le operazioni straordinarie
che non comportino nuovi affidamenti di lavori, servizi e forniture.
Il comma 4 demanda a un regolamento del Ministro degli affari esteri, sentita l'ANAC, la disciplina delle
procedure di scelta del contraente e l'esecuzione del contratto da svolgersi all’estero, mantenendo ferma
l'applicazione del codice alle procedure di affidamento svolte in Italia.
Il comma 5 prevede una disciplina di specie per quei contratti a titolo gratuito che offrono opportunità di
guadagno anche indiretto, il cui affidamento deve avvenire tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1
(principio del risultato), 2 (principio della fiducia) e 3 (principio dell’accesso al mercato declinato nei principi
di concorrenza, di imparzialità e non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità).
Il comma 6 rinvia all’allegato I.1 per le definizioni dei termini utilizzati nel codice.
Il comma 7 prevede l’applicazione delle disposizioni del codice all'aggiudicazione dei lavori pubblici da
realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che
assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo
previsto per il rilascio del permesso, ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione e demanda
all’allegato I.12 l’individuazione delle modalità di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo del
contributo di costruzione.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato I.1
Gli artt. 1, 2 e 3 dell’allegato (che per la loro stretta connessione vengono illustrati congiuntamente) recano le
definizioni cui si basa l’impianto del nuovo codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato I.12
L’allegato I.12 individua le modalità di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo
di costruzione.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 14
Il comma 1 individua le soglie di rilevanza europea nei settori ordinari per l’applicazione delle norme del
codice.
Il comma 2 individua le soglie di rilevanza europea nei settori speciali per l’applicazione delle norme del
codice.
Il comma 3 prevede che i valori delle soglie vengano periodicamente rideterminate con provvedimento della
Commissione europea, che è applicabile subito dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione
europea.
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Il comma 4 indica i criteri per calcolare il valore stimato degli appalti. Il calcolo deve basarsi sull’importo
totale pagabile al netto dell'IVA comprendendo qualsiasi forma di opzioni o rinnovi del contratto ed anche
eventuali premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti.
Il comma 5 indica i criteri per calcolare il valore stimato degli appalti con riferimento a stazioni appaltanti o
enti concedenti composti da unità operative distinte.
Il comma 6 pone il principio del divieto di frazionamento artificioso. Nello stesso senso la scelta del metodo
per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non può essere fatta per evitare l’applicazione
delle disposizioni del codice relative alle soglie europee.
Il comma 7 prevede che la stima del valore dell’appalto debba essere effettuata al momento dell'invio
dell'avviso di indizione di gara o del bando di gara, o al momento di avvio della procedura di affidamento se
non sia prevista un'indizione di gara.
I commi da 8 a 11 pongono i criteri per calcolare il valore dell’appalto distintamente per i contratti di lavori,
servizi e forniture.
Il comma 12 stabilisce i criteri per calcolare il valore di appalti pubblici di forniture o di servizi che presentano
caratteri di regolarità o sono destinati ad essere rinnovati entro un determinato periodo.
Il comma 13 indica i criteri per calcolare il valore di appalti pubblici di forniture aventi per oggetto la locazione
finanziaria, la locazione o l'acquisto a riscatto.
Il comma 14 prevede i criteri per calcolare il valore degli appalti di particolari tipologie di servizi.
Il comma 15 stabilisce che in caso di appalto misto di servizi e forniture, il calcolo del valore stimato debba
effettuarsi sul valore totale degli uni e delle altre prescindendo dalle rispettive quote e comprendendo il valore
delle operazioni di posa e di installazione.
I commi 16 e 17 dettano i criteri per calcolare il valore degli accordi quadro, per i sistemi dinamici di
acquisizione e per i partenariati per l'innovazione.
I commi da 18 a 29 individuano la disciplina applicabile in caso di contratti misti, (anche nei settori speciali:
cfr. commi da 24 a 27.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 15
L’articolo 15 detta disposizioni relativamente al Responsabile unico del progetto.
Il comma 1 – conservandone la centralità e la trasversalità del ruolo – ridisegna la portata e la figura del RUP.
Il comma 2 è riferito alla nomina del RUP.
Sempre il comma 2 contempla un “meccanismo di chiusura” che assicura sempre l’individuazione del RUP,
attraverso la previsione secondo cui, in caso di mancata nomina del RUP nell’atto di avvio dell’intervento
pubblico, l’incarico è svolto dal medesimo responsabile dell’unità organizzativa titolare del potere di spesa.
Resta ferma la previsione secondo la quale l’ufficio di RUP è obbligatorio e non può essere rifiutato.
Anche il comma 3 riproduce, con alcune semplificazioni, la previsione contenuta nel comma 2 dell’articolo
31 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il comma 4 prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di nominare un responsabile per le fasi di
programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile per la fase di affidamento.
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Il comma 5 riformula le funzioni del RUP quale figura cruciale per assicurare il risultato finale nei termini
stabiliti, in funzione del quale gli vengono attribuiti compiti e facoltà anche “innominate”.
Il comma 6 prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono istituire una struttura di supporto
al RUP, e possono destinare risorse finanziarie non superiori all’1 per cento dell’importo posto a base di gara
per l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo.
Il comma 7 dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano il connesso piano di formazione
specialistica per il proprio personale.
Il comma 8 prevede che negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale e
nelle altre formule di partenariato pubblico-privato, è vietata l’attribuzione dei compiti di RUP, responsabile
dei lavori, direttore dei lavori o collaudatore allo stesso contraente generale, al soggetto aggiudicatario dei
contratti di partenariato pubblico-privato e ai soggetti a essi collegati.
Il comma 9 prevede la designazione di un RUP da parte delle centrali di committenza e le aggregazioni di
stazioni appaltanti per le attività di propria competenza.
Si tratta di attività cui le amministrazioni interessate provvedono, comunque, con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Con riferimento alla formazione di tali figure
professionali, si evidenzia che nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
è presente il Fondo destinato all'aggiornamento professionale del responsabile unico del procedimento
(RUP) - capitolo di spesa 1270 (M/P/A 14/10/2) - istituito dall’art. 7, comma 7-bis del D.L. n. 76 del 2020
con dotazione pari a 1 milione di euro per l'anno 2020 e a 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022,
destinato ad iniziative finalizzate all'aggiornamento professionale del RUP al fine di accelerare le
procedure per l'attuazione degli investimenti pubblici e per l'affidamento di appalti e concessioni.
La clausola di invarianza finanziaria contenuta nella legge delega, in ogni caso, da assicurazione che le
amministrazioni chiamate a dare attuazione alla presente disposizione devono provvedere con le risorse
strumentali, umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Allegato I.2
Nell’allegato è contenuta la previsione:
a) dei requisiti di professionalità e competenza richiesti al funzionario affinché possa essere nominato
responsabile unico del progetto;
b) di una esemplificazione dei delicati compiti di coordinamento e di impulso svolti da una persona fisica
dotata di adeguati titoli di studio e competenze professionali;
c) dei poteri decisionali del RUP nelle diverse fasi della realizzazione dell’intervento pubblico.
Si sono poi chiariti, in particolare, aspetti quali:
a) i rapporti tra i poteri del RUP e quelli della commissione giudicatrice;
b) i rapporti tra i poteri del RUP e le competenze valutative della commissione giudicatrice;
c) i poteri del RUP nel procedimento di valutazione di anomalia delle offerte;
d) i poteri del RUP in sede di approvazione degli atti di gara e della competenza alla adozione dei
provvedimenti di esclusione.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Art. 16
Il comma 1 recepisce la nozione eurounitaria di conflitto di interessi che viene, tuttavia, riformulata e
semplificata, anche al fine di evitare inutili ridondanze.
Il comma 2 ha l’obiettivo di perimetrare e rendere tassativa la nozione comunitaria, recependo gli
insegnamenti della giurisprudenza nazionale in materia.
Il comma 3 si limita a prevedere i doveri del soggetto che versa in conflitto di interessi, ossia darne
comunicazione alla stazione appaltante o all’ente concedente e astenersi dal partecipare alla procedura di
aggiudicazione e dalla fase di esecuzione.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 17
L’articolo disciplina le fasi delle procedure di affidamento.
Il comma 1 onera sia le stazioni appaltanti che gli enti concedenti, prima dell’avvio delle procedure di
affidamento dei contratti pubblici, ad adottare un provvedimento in cui venga esternata la volontà di contrarre
e siano indicati gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle
offerte.
Il comma 2 prevede che in caso di affidamento diretto detto provvedimento sia direttamente costitutivo
dell’affidamento e ne indica il contenuto minimo.
Il comma 3 dispone che le procedure di gara devono concludersi entro precisi termini la cui fissazione in
concreto è contenuta nell’allegato I.3, che ha natura regolamentare e quindi può essere modificato o integrato
con questa fonte normativa, più duttile di quella legislativa.
Il comma 4 stabilisce che ogni concorrente può presentare una sola offerta che è vincolante per 180 giorni
dalla scadenza del termine per la sua presentazione, salvo diverso termine previsto dalla lex specialis di gara.
Il comma 5 prevede la formulazione di una proposta di aggiudicazione alla stazione appaltante o ente
concedente parte del soggetto preposto alla valutazione delle offerte, a favore del concorrente che ha presentato
la migliore offerta non anomala.
Il comma 6 prevede che l’aggiudicazione non equivalga ad accettazione dell’offerta, e che quest’ultima sia
irrevocabile fino al termine stabilito per la stipulazione del contratto.
Il comma 7 rimanda al successivo articolo 18 l’indicazione di tempi e modalità per la stipulazione del
contratto.
Il comma 8 prevede che l'esecuzione del contratto non ancora stipulato possa essere egualmente iniziata con
determina motivata della stazione appaltante e dell’ente concedente.
Il comma 9 indica la fattispecie in cui l’esecuzione del contratto prima della sua stipulazione è obbligatoria
Il comma 10, per ribadire la finalità acceleratoria della disciplina, chiarisce che la pendenza di un contenzioso
sulla procedura non giustifica in alcun modo la sospensione della medesima o dell’aggiudicazione nel
frattempo intervenuta, salvi i poteri cautelari del giudice amministrativo e salvi i poteri di autotutela della
stazione appaltante, da esercitarsi da parte del dirigente competente.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato I.3
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 18
Il comma 1 prevede le forme della stipulazione del contratto pubblico e indica capitolati e computo metrico
estimativo richiamati nel bando o nell'invito che ne costituiscono parte integrante.
Il comma 2 prevede il termine massimo di 60 giorni per stipulare il contratto pubblico, con le relative
eccezioni. La eventuale pendenza di contenzioso non sospende il decorso del termine.
Il comma 3 disciplina l’istituto dello “stand and still” sostanziale riprendendo le previsioni comunitarie in
materia.
Il comma 4 disciplina l’istituto dello “stand and still” processuale che perdura fino alla pronuncia, cautelare o
decisoria della causa (con sentenza in forma semplificata) da parte del giudice.
Il comma 5 disciplina le conseguenze in caso di mancata stipulazione del contratto per fatto della stazione
appaltante o dell’ente concedente.
Il comma 6, nella speculare ipotesi di mancata stipulazione del contratto per fatto dell’aggiudicatario, prevede
che l’aggiudicazione possa essere revocata.
Secondo il comma 7 la mancata o tardiva stipula del contratto al di fuori delle ipotesi di cui ai precedenti
commi costituisce violazione del dovere di buona fede, anche in pendenza di contenzioso.
Il comma 8, laddove l’ordinamento della stazione appaltante o dell’ente concedente prevedano l’approvazione
del contratto, trasformano quest’ultima da sospensiva in risolutiva, a fini acceleratori.
Il comma 9 facoltizza stazioni appaltanti e enti concedenti a stipulare contratti di assicurazione per la
responsabilità civile derivante dalla conclusione e dall’esecuzione del contratto.
Il comma 10 rimanda all’allegato I.4 del codice per la determinazione dell’imposta di bollo a carico
dell’appaltatore, stabilendo che venga corrisposta in unica soluzione al momento della stipula del contratto e
in proporzione al suo valore.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato I.4
Le disposizioni contenute nel presente allegato semplificano le modalità di calcolo dell’imposta di bollo su atti
e documenti formati in esito a una delle procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici. Inoltre, viene
chiarito che il pagamento dell’imposta come determinata sulla base della Tabella contenuta nel presente
allegato, cui l’appaltatore ai sensi dell’articolo 18, comma 10, del codice deve provvedere al momento della
stipula del contratto, tiene luogo dell’imposta di bollo dovuta per tutti gli atti e documenti riguardanti la
procedura di selezione e l’esecuzione dell’appalto, fatta eccezione per le fatture, note e simili di cui all’articolo
13, punto 1, della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.
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Infine, si stabilisce che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate avente natura non
regolamentare sono adottate modalità telematiche di versamento, diverse da quelle di cui alla lettera a) del
comma 1 dell’articolo 3 del d.P.R. 642 del 1972, coerenti con la piena digitalizzazione del procurement al fine
di ridurre gli oneri gestionali e di conservazione documentale.
Si riporta di seguito la tabella valori dell’imposta di bollo.
fascia di importo contratto
< 40.000
≥ 40.000 < 150.000
≥ 150.000 < 1000000
≥ 1.000.000 < 5.000.000
≥ 5.000.000 < 25.000.000
≥ 25.000.000
valori in euro
esente
40
120
250
500
1.000
All’uopo si rappresenta che ai fini della quantificazione, essendo ad oggi possibili diverse modalità per
l’assolvimento dell’imposta, alcune delle quali liberamente apponibili senza che sia possibile tracciarne
l’utilizzo (es. contrassegno di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 del d.P.R. 642 del 1972), è stato
estrapolato il gettito relativo al bollo versato nel 2021 per i codici tributo di maggior attinenza agli appalti
(1552 - Atti privati - imposta di bollo; 1562 - Atti pubblici - imposta di bollo), che vengono utilizzati nei
pagamenti mediante taluni modelli fiscali (F23 e F24).
Confrontando i valori rappresentati nella tabella “Ricostruzione gettito anno 2021” ricavati dalle precedenti
modalità di assolvimento dell’imposta di bollo e i valori derivanti dalle stime ricavati dall’applicazione dei
nuovi valori dell’imposta di bollo applicati ai “valori appalti relazione Anac 2022 su anno 2021”, si evidenzia
che dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
PARTE II
DELLA DIGITALIZZAZIONE DEL CICLO DI VITA DEI CONTRATTI
Art. 19
Il comma 1 richiama i principi fondamentali che vengono in rilievo con l’attività di digitalizzazione; in
particolare, si tratta dei principi di neutralità tecnologica, trasparenza, sicurezza informatica, protezione dei
dati personali. Principi che consentiranno di dare attuazione in primis al diritto di cittadinanza digitale.
Il comma 2 chiarisce che operare in chiave digitale implica anche una piena applicazione del principio once
only, per cui i dati sono forniti una sola volta a un solo sistema informativo, non possono essere richiesti da
altri sistemi o banche dati, ma sono resi disponibili dal sistema informativo ricevente.
Il comma 3 sottolinea l’importanza che tutte le attività e i procedimenti amministrativi connessi al ciclo di vita
dei contratti pubblici siano svolti digitalmente al fine di realizzare dati che potranno essere fruiti secondo le
previsioni di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (CAD).
Il comma 4 ribadisce l’importanza, per l’effettiva realizzazione della digitalizzazione delle procedure di gara
che i soggetti titolari di banche dati consentano automaticamente l'accesso digitale alle informazioni disponibili
presso le banche dati di cui sono titolari, mediante le tecnologie di interoperabilità dei sistemi informativi
secondo le previsioni e le modalità di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Il comma 5 prevede che le stazioni appaltanti, gli enti concedenti, nonché gli operatori economici adottano
misure tecniche e organizzative a presidio della sicurezza informatica e della protezione dei dati personali.
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Inoltre, è previsto che le stazioni appaltanti assicurano la formazione del personale addetto, garantendone il
costante aggiornamento.
I commi 6 e 7 in linea con l’art. 1, lett. t), della legge delega, fanno riferimento alla possibilità, per le stazioni
appaltanti, di ricorrere, ove possibile, e in base al tipo di procedura di affidamento da realizzare, a procedure
automatizzate nella valutazione delle offerte.
Il comma 8 introduce la previsione per cui si impone alle regioni e alle province autonome, non solo il rispetto
delle disposizioni ivi contenute, ma anche di assicurare il supporto necessario alle stazioni appaltanti di
interesse locale che operano sui territori di rispettiva competenza.
Il comma 9, infine, chiarisce che le disposizioni in materia di digitalizzazione rientrano nell’ambito delle
materie di competenza esclusiva dello Stato, in quanto costituiscono esercizio della funzione di coordinamento
informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'articolo
117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.
La norma rientra nell’ambito del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche e dello
sviluppo digitale del Paese e delle comunicazioni tra amministrazioni e cittadini. Pertanto, i compiti ivi
rappresentati sono già svolti dalle Amministrazioni e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. Inoltre, si evidenzia che a supporto dell’implementazione di processi di
digitalizzazione nella pubblica Amministrazione sono previste rilevanti risorse del PNRR (interventi a
titolarità della PCM - Ministro per la Pubblica Amministrazione), nonché quota parte degli incentivi
tecnici di cui all’art. 45, comma 5, del presente decreto da utilizzare per l’acquisto da parte delle stazioni
appaltanti di beni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione.
Art. 20
L’articolo 20 è dedicato al principio della trasparenza e in particolare all’indicazione degli strumenti previsti
nell’ordinamento al fine di assicurare la concreta attuazione del principio di trasparenza.
Il comma 1 in linea quindi con la disciplina generale sulla trasparenza amministrativa evidenzia che la strada
per assicurare la c.d trasparenza “proattiva” è assicurata attraverso l’individuazione dei dati, delle informazioni
e degli atti che devono essere pubblicati sul sito istituzionale.
Il comma 2 enuncia il principio secondo cui le comunicazioni e l’interscambio di dati per le finalità di
conoscenza e di trasparenza avvengono nel rispetto del principio di unicità del luogo di pubblicazione e
dell’invio delle informazioni.
Il comma 3 prevede, infine, espressamente che le regioni e le province autonome devono assicurare la
trasparenza nel settore dei contratti pubblici.
Art. 21
Il comma 1 indica le fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici, da intendersi come le attività riguardanti le
procedure di gara fino a includere quelle conclusive del contratto
I commi 2 e 3 precisano che tutte le attività svolte e riguardanti l’intero ciclo di vita dei contratti devono essere
espletate mediante utilizzo di piattaforme e servizi interoperabili, perché solo così si consente la produzione di
dati e lo scambio degli stessi tra banche dati. Inoltre, introducono la regola generale per cui sia le stazioni
appaltanti sia gli operatori economici devono operare digitalmente attraverso i sistemi digitali, individuati dalle
disposizioni della Parte II, del Libro I.
La norma rientra nell’ambito del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche e dello
sviluppo digitale del Paese e delle comunicazioni tra amministrazioni e cittadini, applicato
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specificamente alla programmazione, progettazione ed esecuzione di un pubblico appalto. La clausola
di invarianza finanziaria contenuta nella legge delega, in ogni caso, anche alla luce del principio di
economicità dell’azione amministrativa, dà assicurazione che le amministrazioni chiamate a dare
attuazione alla presente disposizione provvedono con le risorse strumentali, umane e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
Art. 22
I commi 1 e 2 definiscono l’ecosistema nazionale di e-procurement, cioè l’insieme delle piattaforme e dei
servizi digitali che interessano l’intero ciclo dei contratti pubblici.
Il comma 3 chiarisce che nell’ambito dell’ecosistema nazionale di e-procurement, per l’interscambio delle
informazioni e dei dati di rispettiva competenza, sono necessariamente incluse le banche dati più rilevanti per
realizzare il principio dell’once only.
La norma rientra nell’ambito del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche e dello
sviluppo digitale del Paese e delle comunicazioni tra amministrazioni e cittadini, applicato
specificamente alla programmazione, progettazione ed esecuzione di un pubblico appalto. La clausola
di invarianza finanziaria contenuta nella legge delega, in ogni caso, anche alla luce del principio di
economicità dell’azione amministrativa, dà assicurazione che le amministrazioni chiamate a dare
attuazione alla presente disposizione provvedono con le risorse strumentali, umane e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
Art. 23
I commi 1 e 2 sono dedicati alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita presso l’ANAC e alle
sezioni in essa contenute, che diventa l’infrastruttura tecnologica portante dell’ecosistema nazionale di eprocurement.
Il comma 3 specifica che la Banca dati nazionale dei contratti pubblici è interoperabile con le piattaforme di
approvvigionamento digitale utilizzate dalle stazioni appaltanti e che i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2,
del decreto legislativo n. 82 del 2005, coinvolti nell’attività relativa al ciclo di vita dei contratti, sono tenuti ad
accreditarsi alla predetta piattaforma di cui all’articolo 50-ter del decreto legislativo n. 82 del 2005 nonché alla
Banca dati nazionale dei contratti pubblici, a sviluppare le interfacce applicative e a rendere disponibili le
proprie basi dati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Si prevede espressamente che per lo
sviluppo delle interfacce applicative e per rendere disponibili le proprie basi dati, i soggetti deputati
debbano farlo senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica
Il comma 4 ribadisce che la banca dati nazionale dei contratti pubblici interopera con le piattaforme digitali di
e-procurement utilizzate dalle stazioni appaltanti per la digitalizzazione di tutte le fasi del ciclo di vita dei
contratti pubblici, anche mediante l’attuazione delle disposizioni contenute nel regolamento di esecuzione
(UE) 2019/1780.
Il comma 5 prevede che le informazioni che le stazioni appaltanti sono tenute a trasmettere alla Banca dati
nazionale dei contratti pubblici attraverso le piattaforme telematiche di cui all’articolo 25, saranno fissati con
provvedimento dell’ANAC; saranno altresì individuati i tempi entro i quali i titolari delle piattaforme e delle
banche dati dovranno garantire l’integrazione con i servizi infrastrutturali abilitanti l'ecosistema di eprocurement.
Il comma 6 prevede che l’ANAC rende disponibili per i sistemi informativi regionali competenti per territorio
le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali.
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I commi 7 e 8 prevedono disposizioni tese a scongiurare che non vengano comunicate all’ANAC le
informazioni necessarie ovvero che in ragione di rifiuto od omissioni si metta a rischio l’interoperabilità delle
banche dati. Affinché la Banca dati nazionale dei contratti pubblici svolga il suo ruolo di collettore nazionale
dei dati e delle informazioni sul ciclo di vita dei contratti pubblici è necessario che sia costante e tempestiva
l’attività di popolamento dei dati nella banca dati. Per questa ragione viene prevista la possibilità di irrogare
una sanzione a carico dei soggetti che omettano di trasmettere dati ovvero trasmettano informazioni non
veritiere. In particolare, è previsto che tali casi rappresentano violazioni degli obblighi di transizione digitale
punibili ai sensi dell’art. 18-bis del CAD e, a tal fine, ANAC provvede alla immediata segnalazione ad AGID
per la contestazione della violazione e l’irrogazione della sanzione.
Il comma 9 prevede che, al fine di ridurre gli oneri amministrativi dei soggetti attuatori, i dati possono
essere utilizzati nell’ambito delle procedure concernenti i finanziamenti degli investimenti pubblici come
strumento di verifica dell’effettivo utilizzo delle risorse e di avanzamento procedurale nei tempi previsti
dalle leggi di spesa.
Salvo quanto previsto dal comma 3, la norma rientra nell’ambito del processo di informatizzazione delle
amministrazioni pubbliche e dello sviluppo digitale del Paese e delle comunicazioni tra amministrazioni
e cittadini, applicato specificamente alla programmazione, progettazione ed esecuzione di un pubblico
appalto. La clausola di invarianza finanziaria contenuta nella legge delega, in ogni caso, anche alla luce
del principio di economicità dell’azione amministrativa, dà assicurazione che le amministrazioni
chiamate a dare attuazione alla presente disposizione provvedono con le risorse strumentali, umane e
finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 24
I commi 1 e 2 trattano del Fascicolo virtuale dell’operatore economico, istituito presso la banca dati nazionale
dei contratti pubblici di ANAC.
Il comma 3 prevede che le amministrazioni competenti al rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 94,
riferite ai requisiti di partecipazione generale che possono comportare esclusione automatica dalla gara,
garantiscono alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, attraverso la Piattaforma di cui all’articolo 50-ter
del decreto legislativo n. 82 del 2005 e l’accesso per interoperabilità alle proprie banche dati.
Il comma 4 prevede che per la funzionalità del fascicolo virtuale dell’operatore economico, l’indicazione dei
dati e il loro aggiornamento, i termini e le regole tecniche per l’acquisizione è prevista l’adozione di un
provvedimento da parte dell’ANAC, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'AgID.
I compiti di cui alla presente disposizione sono già svolti dalle Amministrazioni, in quanto imposti
dall’ordinamento vigente. Non vi sono, quindi, nuovi o maggiori oneri di finanza pubblica e per le
eventuali implementazioni di attività le Amministrazioni, per effetto della clausola di invarianza
finanziaria del presente codice, svolgono tali compiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
Art. 25
I commi 1 e 2 disciplinano le piattaforme digitali di e-procurement che costituiscono l’insieme dei servizi e
dei sistemi informatici, interconnessi e interoperanti, utilizzati dalle stazioni appaltanti per svolgere una o più
fasi delle procedure di gara e per assicurare la piena digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti
pubblici.
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Il comma 3 introduce la previsione secondo cui la stazione appaltante, non dotata di una propria piattaforma
digitale di e-procurement, dovrà necessariamente avvalersi delle piattaforme messe a disposizione da altre
stazioni appaltanti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni e province autonome.
Il comma 4 ribadisce il principio già previsto all’art. 41, c. 2-bis, del d. lgs. n. 50 del 2016, per cui non possono
essere posti a carico dei concorrenti, ovvero dell'aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle
piattaforme.
Le attività sono svolte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente e pertanto non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 26
Il comma 1 disciplina la competenza dell’AgID, a norma dell’art. 71 del d.lgs. n. 82 del 2005, di stabilire, di
intesa con ANAC e la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale, i
requisiti tecnici delle piattaforme digitali di e-procurement, nonché le regole tecniche per assicurare
l’interoperabilità e la conformità di dette piattaforme.
I commi 2 e 3 prevedono che con lo stesso provvedimento di cui al comma 1 sono fissate le modalità per la
certificazione delle piattaforme digitali di e-procurement erogate da soggetti privati al fine della loro
compatibilità con l’ecosistema nazionale di e-procurement e che quindi tutte le attività connesse alla procedura
di gara devono essere svolte su piattaforme telematiche “certificate”.
L'ANAC provvede alla cura e gestione del registro delle piattaforme certificate con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 27
Il comma 1 disciplina le modalità per realizzare la pubblicità legale attraverso la banca dati nazionale dei
contratti pubblici, compresa la trasmissione dei dati all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, e per
gli adempimenti di pubblicità sul territorio nazionale aventi effetti di legge per come previsti dal Codice.
Il comma 2 prevede che la documentazione di gara è resa costantemente disponibile attraverso le piattaforme
digitali e i siti istituzionali delle stazioni appaltanti, nonché costantemente accessibile attraverso il
collegamento con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
Il comma 3 prevede una disposizione molto importante ai fini della produzione degli effetti giuridici degli atti
oggetto di pubblicazione, i quali decorreranno dalla data di pubblicazione sulla Banca dati nazionale dei
contratti pubblici.
Il comma 4 prevede che i tempi e le modalità di attuazione del regime di pubblicità legale saranno stabiliti
dall’ANAC con un proprio provvedimento da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del codice,
d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto il comma 5
prevede una clausola di invarianza finanziaria in base alla quale l’attività di cui sopra dovrà essere svolta con
le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
Art. 28
I commi 1 e 2 disciplinano gli obblighi di pubblicazione per adempiere alle prescrizioni in materia di
trasparenza di cui al d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33. La norma prevista ha come obiettivo quello di uniformare
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gli adempimenti in modo da evitare appesantimenti e duplicazioni per le stazioni appaltanti relativamente
all’attività di pubblicazione dei dati.
Il comma 3 individua in particolare i dati oggetto di pubblicazione e che, nel dettaglio, sono individuati
dall’articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190, norma che in ragione del trasferimento
nell’articolo 28 degli obblighi di pubblicazione in materia di contratti pubblici sarà abrogata con l’entrata in
vigore del codice.
Il comma 4 prevede che l'ANAC individui con proprio provvedimento le informazioni e i dati e le relative
modalità di trasmissione per l’attuazione del presente articolo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 29
Il comma 1 stabilisce che le comunicazioni e gli scambi di informazioni previste dal codice avvengono
mediante l’utilizzo del domicilio digitale, secondo le previsioni del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (CAD) UE e
che le comunicazioni tra le pubbliche amministrazioni avvengono mediante l'utilizzo della posta elettronica o
in cooperazione applicativa secondo le previsioni del medesimo decreto legislativo.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 30
I commi da 1 a 3 rivestono particolare rilievo in quanto si tratta di una disciplina di grande novità per
l’ordinamento italiano perché, per la prima volta, sebbene nel solo settore dei contratti pubblici, sono
individuati a livello normativo i principi da rispettare in caso di utilizzo di procedure automatizzate.
Il comma 4 prevede che le pubbliche amministrazioni adottino ogni misura tecnica e organizzativa idonea a
garantire che siano rettificati i fattori che comportano inesattezze dei dati e sia minimizzato il rischio di errori,
nonché a impedire effetti discriminatori nei confronti di persone fisiche sulla base della nazionalità o
dell'origine etnica, delle opinioni politiche, della religione o delle convinzioni personali, dell'appartenenza
sindacale, dei caratteri somatici o dello status genetico, dello stato di salute, del genere o dell'orientamento
sessuale.
Il comma 5, infine, prevede un adempimento per dare trasparenza e consentire ai cittadini e agli operatori di
sapere se nelle attività riferite agli appalti pubblici si utilizzano o meno soluzioni tecnologiche avanzate come
individuate al comma 1 della norma, imponendo alle pubbliche amministrazioni di darne contezza sul sito
istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”.
La norma rientra nell’ambito del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche e dello
sviluppo digitale del Paese e delle comunicazioni tra amministrazioni e cittadini. Pertanto, i compiti ivi
rappresentati sono già svolti dalle Amministrazioni e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. Inoltre, si evidenzia che a supporto dell’implementazione di processi di
digitalizzazione nella pubblica Amministrazione sono previste rilevanti risorse del PNRR (interventi a
titolarità della PCM - Ministro per la Pubblica Amministrazione), nonché quota parte degli incentivi
tecnici di cui all’art. 45, comma 5, del presente decreto da utilizzare per l’acquisto da parte delle stazioni
appaltanti di beni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione.
Art. 31
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Il comma 1 prevede l’istituzione presso l’ANAC dell’Anagrafe degli operatori economici a qualunque titolo
coinvolti nei contratti pubblici, che si avvale del Registro delle imprese e si integra con il Sistema pubblico di
identità digitale.
Il comma 2 chiarisce che l’Anagrafe degli operatori economici presso l’ANAC censirà gli operatori economici
a qualunque titolo coinvolti nei contratti pubblici nonché i soggetti, le persone fisiche e i titolari di cariche ad
essi riferibili.
I commi 3 e 4 prevedono che i dati dell’anagrafe saranno resi disponibili a tutti i soggetti cooperanti
nell’ambito dell’ecosistema nazionale di e-procurement, attraverso le piattaforme digitali e per i trattamenti e
le finalità legate alla gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici.
L' ANAC provvede all'attuazione delle disposizioni del presente articolo con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica. Si tratta di un’attività strettamente connessa a quella già svolta dall’ANAC, ai sensi
dell’art. 81 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (riproposta dall’art. 24 del presente provvedimento).
La precitata disposizione ha istituito, presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, il fascicolo
virtuale dell'operatore economico per la partecipazione alle singole gare e i cui dati e documenti, nei
termini di efficacia di ciascuno di essi, possono essere utilizzati anche per gare diverse.
Art. 32
La disposizione rappresenta la trasposizione fedele dell’art. 34 della direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 24, per
cui se ne conserva il testo previsto dall’ art. 55 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50. L’unica novità è rappresentata
dall’inserimento del nuovo comma 15 in ragione della possibilità di applicare gli accordi quadro anche al
Sistema dinamico di acquisizione, in linea con una modifica normativa del 2019.
Il comma in discorso si sostanzia, dunque, in un intervento di sistematizzazione, volto a creare un testo
normativo coordinato e tendenzialmente comprensivo di ogni profilo rilevante, in linea con gli obiettivi di
semplificazione e complessivo riassetto della normativa riguardante i contratti pubblici cui tende il progetto
legislativo del nuovo Codice.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 33
La disposizione è la trasposizione fedele dell’art. 35 della direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 24, per cui se ne
conserva il testo previsto dall’art. 56 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50. L’unica modifica sostanziale introdotta
riguarda il comma 4 che prevede direttamente gli elementi che deve contenere la documentazione di gara
riferita alle aste elettroniche relative agli appalti nei settori ordinari e speciali, assorbendo nell’ambito
dell’articolato, il contenuto dell’allegato XII del d. lg. 50/2016.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 34
La disposizione è la trasposizione fedele dell’art. 36 della direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 24 per cui se ne
conserva il testo previsto dall’art. 57 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, fatta eccezione per qualche piccola
modifica, dovuta all’abrogazione dell’art. 52 del medesimo decreto legislativo.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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Art. 35
Il comma 1 introduce le modifiche alla disciplina sull’accesso e riservatezza in tema di contratti pubblici resesi
necessarie al fine di allineare lo svolgimento della procedura di accesso all’utilizzo delle piattaforme di eprocurement.
L’altra novità rilevante, quindi, riguarda il riconoscimento per tutti i cittadini della possibilità di richiedere,
attraverso l’istituto dell’accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e
disciplinati dall’art. 5-bis del d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Il comma 2 è modificato prevedendo più in dettaglio e in che tempi si può ottenere la documentazione di
gara di interesse, quale ad esempio le domande di partecipazione e gli atti, dati e informazioni relativi ai
requisiti di partecipazione e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, i verbali relativi
alla valutazione delle offerte e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, e infine i verbali riferiti alla
fase di verifica dell’anomalia dell’offerta. Tutti questi documenti non si potranno conoscere fino
all’aggiudicazione.
Il comma 3 ricorda che fino alla conclusione delle fasi o alla scadenza dei termini di cui al comma 2 gli atti, i
dati e le informazioni non possono essere resi accessibili o conoscibili pena la violazione dell'articolo 326 del
codice penale.
I commi 4 e 5 prevedono le ipotesi di esclusione dall’accesso.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 36
Il comma 1 in via innovativa dispone la diretta “messa a disposizione” in piattaforma dell’offerta
dell’aggiudicataria, per cui l’offerta dell’operatore economico aggiudicatario, insieme a tutti i verbali di gara
e agli atti, dati e informazioni presupposti all’aggiudicazione, sono resi disponibili, attraverso la piattaforma
digitale di e-procurement utilizzata dalla stazione appaltante, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente
esclusi al momento della comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90.
Il comma 2 prevede un’altra importante novità del Codice e ciò al fine di ridurre i tempi dell’eventuale
contenzioso che può venirsi a creare rispetto alla procedura di gara.
Il comma 3 disciplina l’altra novità importante ai fini dell’accesso su piattaforma e che conduce a una
velocizzazione delle procedure di gara.
Il comma 4 prevede tempi più ristretti per proporre ricorso avverso le parti considerate segrete anche dalla
stessa amministrativa all’esito della fase amministrativa.
Il comma 5 prevede che nel caso in cui l’amministrazione ritenga di non condividere le ragioni di segretezza
rappresentate dall’offerente selezionato o anche dagli altri 4 collocatisi in graduatoria dopo il primo, al fine di
dare tutela anche alle ragioni di riservatezza rappresentate dagli stessi, le parti oscurate saranno rese disponibili
solo dopo che siano decorsi i termini per adire il giudice amministrativo.
Il comma 6 interviene per scongiurare la pratica abbastanza diffusa tra gli operatori economici di indicare
come segrete parti delle offerte senza che sussistano reali ragioni.
Il comma 7 reca disposizioni processuali accelerate riferite al ricorso proposto per conoscere o impedire
l’ostensione di parti dell’offerta ritenute riservate.
Il comma 8 chiarisce che il rito e i termini di cui sopra si applicano anche nei giudizi di impugnazione.
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Il comma 9 reca, infine, indicazioni per la individuazione del termine di impugnazione dell’aggiudicazione e
dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella dell’aggiudicataria, il quale decorre comunque
dalla comunicazione di cui all’articolo 90.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE III
DELLA PROGRAMMAZIONE
Art. 37
Al comma 1 si introduce una programmazione triennale anche per gli acquisti di beni e servizi (nel vigente
codice dei contratti aveva durata biennale) in modo da allineare l’orizzonte temporale della programmazione
degli acquisiti a quella dei lavori nonché degli atti di programmazione economico-finanziaria (DUP e bilancio
di previsione). Viene, inoltre, inserito un riferimento ai principi contabili di cui al d.lgs. n. 118/2011, tenuto
conto dello stretto collegamento tra programmazione gestionale (acquisti, lavori) e programmazione
finanziaria alla luce della necessità di stanziamento delle risorse a bilancio (che ha natura autorizzatoria della
spesa).
Il comma 2 è ispirato ad una finalità di semplificazione e prevede l’obbligo di inserimento nel programma
triennale solo per gli interventi di importo pari o superiore alla soglia di 150.000 euro. È previsto l’inserimento
nel piano triennale anche dei lavori di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea di cui all’articolo
14, comma 1, lettera a) previa approvazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali e
nell’elenco annuale previa approvazione del documento di indirizzo della progettazione. L’obbligo di
redazione di siffatto documento viene escluso per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, di
qualunque importo, per i quali la redazione è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione.
Il comma 3 introduce, analogamente al comma 2, anche per la programmazione degli acquisti di beni e servizi,
una soglia minima ai fini dell’obbligo di inserimento nella programmazione triennale (140.000 euro).
Il comma 4 prevede l’obbligo di pubblicazione degli atti di programmazione sul profilo del committente e
nella banca dati nazionale dei contratti pubblici.
Il comma 5 esclude dall’ambito di applicazione la pianificazione dei soggetti aggregatori e delle centrali di
committenza.
Il comma 6 rinvia all’allegato I.5 al codice per la disciplina di dettaglio degli schemi tipo, degli ordini di
priorità degli interventi e della specificazione delle fonti di finanziamento.
Il comma 7 specifica che l’allegato può essere modificato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previo parere del Comitato
interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), d’intesa con la
Conferenza unificata, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato I.5
Questo allegato riprende il contenuto del vigente d.m. 16 gennaio 2018, n. 14, senza variazioni particolarmente
rilevanti salvi gli adattamenti alle nuove terminologie e ai nuovi istituti introdotti dal nuovo codice (p.es.
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programmazione triennale anziché biennale) e quelli imposti dalla “riscrittura” in modo più organico e
razionale dell’articolo 37 del nuovo codice rispetto al vigente articolo 21 del d.lgs. n. 50/2016.
La disposizione non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 38
La disposizione introduce per la prima volta nel codice dei contratti pubblici un procedimento dedicato alla
localizzazione delle opere di interesse statale, uniformando, coordinando e semplificando le previsioni
contenute nel d.P.R. n. 383 del 1994, nell’art. 13 d.l. n. 76 del 2021 e nell’art. 44 d.l. 77 del 2021, in conformità
con i criteri e gli indirizzi della legge delega (art. 2 lett. o).
Il comma 1 risponde allo scopo di chiarire le disposizioni extra codice che trovano applicazione per
l’approvazione dei progetti, definendo, inoltre, l’ambito di applicazione della procedura introdotta con la
disposizione in esame, per il quale si è riconnessa centralità alla natura dell’opera di interesse pubblico da
realizzare.
Il comma 2 specifica i casi di esclusione dell’applicazione della disposizione.
Il comma 3 delinea l’avvio del procedimento.
Il comma 4 considera specificamente il caso in cui l’opera pubblica rivesta interesse statale.
Il comma 5 ulteriormente dettaglia lo sviluppo procedimentale con riguardo alle opere pubbliche di interesse
statale, contingentando i termini per provvedere al fine di scongiurare arresti che rischierebbero di pregiudicare
le attività già espletate e la stessa utilità degli elementi acquisiti.
Il comma 6 è ispirato alla medesima finalità acceleratoria, laddove prevede che il progetto (originario o
modificato) trasmesso al Consiglio superiore o al Provveditorato venga tempestivamente trasmesso anche
all’autorità competente per la VIA. Nella medesima conferenza confluisce anche la documentazione del
dibattito pubblico, ove svolta (che esclude e assorbe qualunque altra forma di consultazione pubblica).
Il comma 7 stabilisce analoghe modalità acceleratorie anche relativamente all’approvazione delle opere per
cui non è richiesto il parere del Consiglio superiore o del Provveditorato interregionale (opere pubbliche di
interesse locale o di interesse statale per le quali non è richiesto il parere). In tal caso il progetto è trasmesso
per la valutazione di impatto ambientale contestualmente alla convocazione della conferenza di servizi in modo
da consentire alle amministrazioni che partecipano alla conferenza di conoscere tempestivamente l’esito della
VIA.
Il comma 8 indica i pareri, le verifiche e i documenti che sono oggetto dell’esame in e specifica che l’esame
di tali atti deve avvenire “tenuto conto delle preminenti esigenze di appaltabilità dell’opera e di certezza dei
tempi di realizzazione” (indicazione mutuata testualmente dall’art. 44 del d.l. n. 77 del 2021).
Il comma 9 indica il termine massimo di conclusione della conferenza di servizi.
Il comma 10 precisa l’esatta portata della determinazione conclusiva, indicandone analiticamente gli effetti.
Il comma 11 pone specifici oneri a pena di decadenza alle amministrazioni partecipanti alla conferenza.
Il comma 12 reca una disposizione intertemporale.
Il comma 13 prevede, in chiave di semplificazione e di accelerazione, la permanente validità di progetti,
autorizzazioni e intese posti alla base di appalti in precedenza annullati, ritirati o revocati (per vizi non afferenti
alle intese, autorizzazioni e progetti).
Il comma 14 fa salve disposizioni vigenti previste per determinate tipologie di opere pubbliche di interesse
nazionale.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 39
L’articolo in esame disciplina la programmazione e la progettazione delle infrastrutture strategiche e di
preminente interesse nazionale.
Sono introdotti, rispetto al passato, significativi momenti di semplificazione e accelerazione delle procedure.
In particolare, il comma 1 prevede che le disposizioni del presente articolo disciplinano le procedure di
pianificazione, programmazione e progettazione delle infrastrutture strategiche la cui realizzazione riveste
carattere di urgenza e di preminente interesse nazionale ai fini della modernizzazione e dello sviluppo della
Nazione.
Il comma 2 stabilisce che la decisione di qualificare una infrastruttura come strategica e di preminente
interesse nazionale è adottata dal Consiglio dei Ministri, a cui la proposta può essere rivolta o dai Ministeri
competenti, sentite le Regioni interessate oppure dalle Regioni sentiti i Ministri competenti.
Il comma 3 prevede l’inserimento nel Documento di Economia e Finanza (DEF) delle infrastrutture strategiche
e di preminente interesse nazionale.
Il comma 4 prevede che gli interventi in questione sono automaticamente inseriti nelle intese istituzionali di
programma e negli accordi di programma quadro ai fini della individuazione delle priorità e ai fini
dell'armonizzazione con le iniziative già incluse nelle intese e negli accordi stessi.
Il comma 5 prevede che per l’approvazione dei progetti relativi agli interventi di cui al comma 3 si applicano
le disposizioni di cui all’articolo 38.
Il comma 6 stabilisce che il Consiglio superiore dei lavori pubblici, senza nuovi o maggiori oneri, istituisce
un comitato speciale per l’esame dei progetti relativi agli interventi di cui al presente articolo.
Il comma 7 dispone che il progetto di fattibilità tecnico ed economico relativo agli interventi di cui al comma
1 del presente articolo, è trasmesso dalla stazione appaltante alla competente soprintendenza decorsi quindici
giorni dalla trasmissione al Consiglio superiore dei lavori pubblici del progetto di fattibilità tecnico- economico
medesimo.
Il comma 8 prevede, in maniera innovativa e con finalità di accelerazione delle procedure, che in presenza di
dissensi qualificati ai sensi dell'articolo 14-quinquies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, la procedura
di cui ai commi 4, 5 e 6 del medesimo articolo può essere sostituita dall’adozione di un decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e trasporti, previa deliberazione del
CIPESS, integrato dai presidenti delle regioni o delle province autonome interessate, sentita la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Il comma 9 stabilisce che il monitoraggio delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per la prevenzione
e la repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa è attuato da un Comitato di coordinamento istituito presso
il Ministero dell’interno.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 40
L’articolo disciplina l’istituto del dibattito pubblico.
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Il comma 1 attribuisce alla stazione appaltante o all’ente concedente il potere di indire il dibattito pubblico
oltre i casi di procedura obbligatoria, e ciò nell’ipotesi in cui se ne ravvisi l’opportunità in ragione della
particolare rilevanza sociale dell’intervento e del suo impatto sull’ambiente e sul territorio.
Il comma 2 specifica l’atto e la procedura attraverso cui l’allegato può essere modificato.
Il comma 3 disciplina l’indizione del dibattito pubblico, prescrivendo – con evidente finalità di pubblicità
notizia – che sia pubblicato sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell’ente concedente una relazione
contenente il progetto dell’opera e l’analisi di fattibilità delle eventuali alternative progettuali.
Il comma 4 definisce il novero dei soggetti legittimati a partecipare al dibattito pubblico.
Il comma 5 detta, nel solco della semplificazione procedimentale, le modalità ed i tempi di conclusione del
procedimento, individuando i compiti del responsabile del dibattito pubblico, da dettagliare nel regolamento.
Il comma 6 stabilisce che l’ente competente a valutare gli esiti del dibattito pubblico è la stazione appaltante
o l’ente concedente.
Il comma 7 dispone la salvaguardia delle norme speciali relative agli interventi finanziati dal PNRR o dal
PNC.
Il comma 8 richiama il contenuto dell’allegato I.6, relativo alla disciplina dei casi in cui il dibattito pubblico è
obbligatorio, delle modalità di partecipazione e di svolgimento del dibattito pubblico, delle modalità di
individuazione e dei compiti del responsabile del dibattito pubblico, nonché degli eventuali contenuti ulteriori
della relazione iniziale e di quella conclusiva del procedimento di dibattito pubblico.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato I.6
Questo allegato riprende i contenuti del vigente d.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, adottato in attuazione
dell’articolo 22 del d.lgs. n. 50/2016. Oltre ad alcune scelte di semplificazione anche terminologica (ad
esempio, il “coordinatore del dibattito pubblico” diventa il “responsabile” dello stesso), la principale novità è
costituita dalla soppressione della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, già istituita dall’articolo 4
del citato d.P.C.M. n. 76/2018 con compiti di monitoraggio, regolazione e pubblicità dei dibattiti pubblici
attivati dalle varie stazioni appaltanti.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
PARTE IV
DELLA PROGETTAZIONE
Art. 41
L’articolo attua una significativa revisione della disciplina vigente con lo scopo di semplificare i contenuti
della disciplina contenuta nel codice, rinviando ad allegati per aspetti di carattere più prettamente tecnico e
operativo.
Il comma 1 introduce una riduzione degli attuali tre livelli di progettazione a due soli livelli costituiti dal
progetto di fattibilità tecnica ed economica e dal progetto esecutivo, specificando gli scopi della progettazione.
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Il comma 2 prevede che in apposito allegato al codice (allegato I.7), avente natura regolamentare, venga
definito il contenuto minimo del quadro delle necessità e del documento di indirizzo della progettazione che
le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono predisporre.
Il comma 3 specifica ulteriormente i contenuti dell’allegato I.7.
Con il comma 4 viene introdotta nel codice la disciplina relativa alla archeologia preventiva.
Il comma 5 traduce in concreto la disposta riduzione dei livelli di progettazione.
Il comma 6 dettaglia le finalità ed il contenuto del progetto di fattibilità tecnico – economica.
Il comma 7 risponde a scopi di semplificazione, specificando che per le opere in variante urbanistica di cui
all’art. 19 del d.P.R. n. 327/2001 il progetto di fattibilità tecnico-economica sostituisce il progetto preliminare
e quello definitivo.
Il comma 8 contiene l’indicazione del contenuto del progetto esecutivo e dei necessari documenti a corredo.
Il comma 9 contiene una specificazione per il caso in cui entrambi i livelli di progettazione costituiscano
oggetto di affidamento esterno.
Il comma 10 stabilisce, in continuità con le analoghe previsioni contenute nel codice vigente e con lo scopo
di garantire equilibrio ed efficienza nella gestione, che gli oneri correlati a tutte le attività specificamente
indicate gravano sulle disponibilità finanziarie della stazione appaltante o dell’ente concedente senza oneri
aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Il comma 11, invece, replicando quanto già ribadito nel comma 11-ter dell’art. 23 del codice vigente, alloca
sulle risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze,
trasferite all’Agenzia del demanio, le spese strumentali, incluse quelle per sopralluoghi, afferenti alle attività
di predisposizione del piano degli interventi del sistema accentrato delle manutenzioni, di cui all’art. 12 del
d.l. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 111/2011. Dalla disposizione non derivano oneri
aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Con il comma 12 viene confermata la precedente articolazione della progettazione nel caso di servizi e
forniture in unico livello i cui contenuti vengono disciplinati in allegato.
Con il comma 13 viene mantenuta la disciplina vigente di cui all’art. 23, comma 16 del d.lgs. n. 50/2016
relativa alla determinazione del costo della manodopera sulla base delle Tabelle del Ministero del lavoro.
Il comma 14 prevede che nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la
stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo
quanto previsto dal comma 13 e che i costi della manodopera e della sicurezza devono essere scorporati
dall’importo assoggettato al ribasso, precisando che resta ferma la possibilità per l’operatore economico di
dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.
Le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Con riferimento
al comma 11 che invece ha rilevanza finanziaria, si evidenzia che la disposizione è mutuata dalla
legislazione vigente (art. 23, comma 11-ter, del D.lgs. n. 50 del 2016) e non comporta, pertanto, nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.
Allegato I.7
Questo allegato contiene la disciplina dei contenuti della progettazione nei suoi due diversi livelli, nonché della
verifica della progettazione medesima, dando attuazione agli articoli da 41 a 44 del codice.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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Allegato I.8
Sulla base della delegificazione operata dall’articolo 41, comma 4, questo allegato riprende in larga parte i
contenuti del vigente articolo 25, d.lgs. n. 50/2016, con alcune significative modifiche, e in particolare:
a) sono eliminati i passaggi procedurali e gli istituti contemplati nei commi da 4 a 7 del suindicato articolo
25, rendendo la procedura più rapida e snella;
b) il termine di conclusione della verifica archeologica, dapprima rimesso alla determinazione della
competente Soprintendenza, oggi è direttamente stabilito dalla norma;
c) scompare la previsione speciale di cui al comma 15 dell’attuale articolo 22 a proposito degli interventi
in aree di particolare interesse produttivo.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 42
L’articolo in esame specifica le modalità di espletamento e individua i profili oggetto della verifica della
progettazione.
Il comma 1 prevede che ogni progetto sia sottoposto a una verifica correlata ai contenuti del documento
d’indirizzo progettuale ed alle norme applicabili.
Il comma 2 disciplina la dimensione soggettiva della verifica.
Nel comma 3 è stato ripreso il tema della semplificazione amministrativa in relazione ai rapporti tra le attività
di verifica del progetto e l’ottenimento delle diverse autorizzazioni amministrative.
Il comma 4 disciplina l’atto di validazione.
Il comma 5 rinvia all’allegato I I.7. la disciplina dei contenuti e delle modalità di verifica nonché dei soggetti
che vi provvedono, chiarendo, sul piano contabile-finanziario, che gli oneri conseguenti all’accertamento della
rispondenza agli elaborati progettuali sono ricompresi nelle risorse stanziate per la realizzazione delle opere.
Pertanto, le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 43
L’articolo in esame si prefigge di attuare i principi e criteri di cui all’art. 1, comma 2, lettere m) e q) della legge
delega e, in coerenza con l’introduzione del principio del risultato di cui all’art. 1 del nuovo codice, mira a
favorire, attraverso l’uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (c.d. BIM) il
miglior esito dell’investimento pubblico. La metodologia di gestione in esame, infatti, assicura la riduzione
della complessità dei procedimenti, oltre al contenimento delle tempistiche, in tal modo implementando il
livello di efficienza e di efficacia nella realizzazione e gestione delle opere e dei servizi connessi.
Il comma 1 attiene all’individuazione dei casi in cui l’uso dei metodi e strumenti di gestione informativa
digitale è obbligatorio, fissando al 1° gennaio 2025 la data di entrata in vigore di detto obbligo.
Il comma 2 attiene, invece, alla possibilità per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di prevedere
l'assegnazione di un punteggio premiale per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici
specifici di cui al comma precedente.
Il comma 3 disciplina l’interoperabilità delle piattaforme.
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Il comma 4 indica il contenuto dell’allegato I.9, relativo ai metodi e strumenti di gestione informativa digitale
delle costruzioni, nel quale sono disciplinati tutti i profili specificamente indicati dal comma.
Il comma 5 specifica l’atto e la procedura attraverso cui l’allegato può essere modificato.
La norma rientra nell’ambito del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche e dello
sviluppo digitale del Paese e delle comunicazioni tra amministrazioni e cittadini. Pertanto, i compiti ivi
rappresentati sono già svolti dalle Amministrazioni e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. Inoltre, si evidenzia che a supporto dell’implementazione di processi di
digitalizzazione nella pubblica Amministrazione sono previste rilevanti risorse del PNRR (interventi a
titolarità della PCM - Ministro per la Pubblica Amministrazione), nonché quota parte degli incentivi
tecnici di cui all’art. 45, comma 5, del presente decreto da utilizzare per l’acquisto da parte delle stazioni
appaltanti di beni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione.
Allegato I.9
In questo allegato è compendiata la disciplina attuativa di quanto previsto dall’articolo 43 del codice in tema
di progettazione digitale, e quindi non soltanto i requisiti tecnici delle piattaforme informatiche utilizzabili e
della loro interoperabilità, ma anche le misure organizzative e di formazione del personale che le stazioni
appaltanti dovranno adottare al fine di rendere effettiva la possibilità di operare sulla base di un progetto
interamente digitalizzato.
Le disposizioni contenute nell’allegato riprendono, aggiornandole e superandole, quelle già contenute nel d.m.
1° dicembre 2017, n. 560, emanato a suo tempo in attuazione dell’articolo 23, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 44
Il comma 1 prevede che negli appalti di lavori con decisione di contrarre è ammesso l’appalto integrato,
stabilendo altresì, che tale facoltà non può essere esercitata per gli appalti di opere di manutenzione ordinaria.
Il comma 2 prevede che l’opzione per l’appalto integrato debba essere motivata con riferimento alle esigenze
tecniche e tenendo sempre conto del rischio di eventuali scostamenti di costo nella fase esecutiva rispetto a
quanto contrattualmente previsto.
Il comma 3 pone un principio di particolare specializzazione professionale nei confronti degli operatori da
ammettere alle procedure di affidamento di appalti integrati.
Il comma 4 stabilisce che le offerte relative ad appalti integrati siano valutate mediante il solo criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il comma 5 prevede che l’esecuzione dei lavori può iniziare solo dopo l'approvazione, da parte della stazione
appaltante, del progetto esecutivo al fine di evitare che la verifica della progettazione determini rallentamenti
o blocchi della procedura.
Il comma 6 prevede che nei casi in cui l’operatore economico si avvalga di uno o più soggetti qualificati alla
redazione del progetto, la stazione appaltante indica nei documenti di gara le modalità per la corresponsione
diretta al progettista degli oneri relativi alla progettazione esecutiva indicati in sede di offerta, al netto del
ribasso d’asta, previa approvazione del progetto e previa presentazione dei documenti fiscali del progettista.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Art. 45
L’articolo disciplina gli incentivi per funzioni tecniche, rinviando all’allegato I.10 per l’elenco delle attività da
incentivare.
Il comma 1 stabilisce che le risorse per remunerare le attività tecniche gravano sugli stanziamenti relativi alle
procedure di affidamento, estendendo la previsione alle attività tecniche relative a tutte le procedure e non solo
all’appalto.
Il comma 2 individua un limite percentuale (il due per cento) delle risorse che, a valere sugli stanziamenti
delle procedure di affidamento, possono essere destinate alle remunerazioni delle funzioni tecniche e alle
ulteriori finalità contemplate dalla disposizione.
Il comma 3 stabilisce che gli incentivi per funzioni tecniche (pari all’80 per cento delle risorse di cui al comma
2) sono erogati direttamente al personale dipendente, senza la confluenza nel fondo per l’incentivazione come
previsto dal vigente articolo 113 del d.lgs. 50/2016, attuando una notevole semplificazione sul piano
finanziario, burocratico e contabile.
Il comma 4 subordina l’erogazione dell’incentivo di cui al comma precedente all’accertamento e attestazione,
ad opera del responsabile del servizio della struttura competente o da altro dirigente incaricato, dell’effettivo
svolgimento, da parte del dipendente, delle specifiche funzioni tecniche. È previsto un tetto massimo
individuale.
Il comma 5 prevede che la residua percentuale delle risorse indicate al comma 2 (20 per cento), con esclusione
delle somme a destinazione vincolata, sia destinata a una serie di finalità, specificate ai successivi commi 6 e
7.
I successivi commi 6 e 7 indicano le destinazioni delle risorse dei commi precedenti.
Il comma 8 prevede che una quota degli incentivi previsti dal comma 2, non superiore al 25 per cento possono
essere destinate alle funzioni tecniche svolte dal personale delle centrali di committenza.
La norma mutua, nella sostanza, le disposizioni vigenti di cui all’art. 113 del D.lgs. n. 50 del 2016 e, in
ogni caso, le Amministrazioni provvedono a risorse invariate nell’ambito degli stanziamenti di bilancio
previsti, destinando a tal fine un fondo in misura non superiore al 2 per cento degli importi posti a base
di gara per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti pubblici.
Allegato I.10
Questo allegato riproduce, in modo più analitico e preciso il contenuto del comma 1 dell’attuale articolo 113,
d.lgs. n. 50/2016, nella parte in cui indicava in modo più generico le “funzioni tecniche” a cui favore devono
essere stanziati gli incentivi disciplinati dallo stesso articolo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 46
L’articolo disciplina i concorsi di progettazione.
Il comma 1 rinvia alla disciplina contenuta nelle direttive comunitarie sugli appalti pubblici e sui settori
speciali.
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Il comma 2 prevede che il concorso di progettazione può svolgersi in una o due fasi.
Il comma 3 prevede che, nei casi di concorsi di progettazione che prevedono premi di partecipazione o
versamenti a favore dei partecipanti, il pagamento del premio determina il trasferimento della proprietà del
progetto dal vincitore alla stazione appaltante o all’ente concedente.
Il comma 4 stabilisce, infine, l’applicazione delle disposizioni in esame anche ai concorsi di idee, definendo
la platea dei soggetti ammessi a parteciparvi ed ulteriori profili specificamente riferiti a tali procedure.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 47
La disposizione si caratterizza per una radicale semplificazione e riduzione della parte normativa da inserire
nel codice con il contestuale sfruttamento della potenzialità massima offerta dalla tecnica di un allegato che
riporta le norme sull’organizzazione, il funzionamento del Consiglio superiore dei lavori pubblici, nonché le
ulteriori di necessario corredo.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato I.11
Il presente allegato, in attuazione dell’articolo 47, comma 4, del codice, ridisciplina il Consiglio superiore dei
lavori pubblici, riordinandone non solo le attribuzioni ulteriori oltre a quelle previste dalle norme del codice,
ma anche l’organizzazione e le regole di funzionamento.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
LIBRO II
DELL’APPALTO
PARTE I
DEI CONTRATTI DI IMPORTO INFERIORE ALLE SOGLIE EUROPEE
Titolo I – I principi generali
Art. 48
L’art. 48 detta la disciplina comune applicabile ai contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza
europea, in attuazione della lettera e) del comma 2 dell’art. 1 della legge delega n. 78 del 2022, in particolare
stabilendo i principi generali cui i relativi affidamenti devono ispirarsi. Lo stesso articolo richiama poi la
categoria elaborata dalla giurisprudenza europea dei contratti di interesse transfrontaliero certo, che sono
sottoposti al regime proprio delle procedure ordinarie.
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Il comma 1 stabilisce i principi cui devono ispirarsi l’affidamento e l’esecuzione dei contratti sottosoglia,
richiamando i principi di cui al Libro I, Parti I e II, del codice, i quali, per la loro portata generale, informano
tutti gli affidamenti delle stazioni appaltanti, a prescindere dal loro importo.
Il comma 2 è del tutto nuovo e prevede il regime giuridico differenziale che la stazione appaltante deve
applicare agli affidamenti di importo inferiore alle soglie europee quando accerti la sussistenza di un interesse
transfrontaliero.
Con i commi 3 e 4, per i quali la relazione può essere svolta congiuntamente, si è per un verso ribadito come
anche i contratti sottosoglia siano soggetti alle disposizioni concernenti il contenimento della spesa.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 49
L’art. 49 disciplina le modalità operative del principio di rotazione, che costituisce principio generale degli
affidamenti dei contratti sottosoglia, in attuazione dell’art. 1, comma 2, lett. e), della legge delega 21 giugno
2022, n. 78.
In continuità con la disciplina pregressa e con le previsioni delle Linee Guida ANAC n. 4 si impone il rispetto
del principio di rotazione già nella fase degli inviti, con lo scopo di evitare che il gestore uscente, forte della
conoscenza della commessa da realizzare acquisita nella precedente gestione, possa agevolmente prevalere
sugli altri operatori economici (Consiglio di Stato, sez. V., 12 giugno 2019, n. 3943), e stabilisce che:
- il principio di rotazione si applica con riferimento all’affidamento immediatamente precedente nei casi in cui
i due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico,
ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi (comma 2);
- ai fini della rotazione, la stazione appaltante, con proprio provvedimento, può ripartire gli affidamenti in
fasce in base al valore economico e la rotazione si applica con riferimento a ciascuna fascia (comma 3);
- il principio di rotazione non si applica quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al
numero di operatori economici, in possesso dei requisiti richiesti, da invitare alla successiva procedura
negoziata (comma 5).
In termini innovativi la norma in commento stabilisce, invece, quanto segue:
- in caso di procedura negoziata il principio di rotazione comporta il divieto di invito a procedure dirette
all’assegnazione di un appalto nei confronti del contraente uscente (comma 2).
- in casi debitamente motivati con riferimento alla particolare struttura del mercato e alla riscontrata effettiva
assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto l’esecutore uscente può essere
reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto (comma 4).
- è comunque consentito derogare all’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di
importo inferiore a 5.000 euro (comma 6).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 50
L’art. 50 disciplina le procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo
inferiore alle soglie di rilevanza europea.
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In particolare, al comma 1 sono confermati i seguenti profili della disciplina dei contratti sottosoglia, già propri
della pregressa disciplina:
a) salvezza della normativa in materia di aggregazioni e centralizzazione delle committenze e di qualificazione
delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza;
b) per quanto concerne gli appalti di lavori:
1) affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro, anche senza consultazione di più operatori
economici;
2) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, per i lavori
di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a un milione di euro;
3) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori per lavori di importo pari
o superiore a un milione di euro e fino alle soglie europee.
c) per quanto concerne gli appalti di servizi e forniture:
1) affidamento diretto di servizi e forniture, compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di
progettazione, di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici;
2) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici per
l'affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di progettazione,
di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di cui all’art. 14.
Il comma 2 rinvia all’allegato II.1 per l’individuazione delle modalità di gestione degli elenchi e delle indagini
di mercato; si è ritenuto di prevedere espressamente nel codice il divieto del sorteggio, costituente uno dei
criteri della legge delega.
Il comma 3 stabilisce che l’allegato di cui al comma precedente è abrogato a decorrere dalla data di entrata in
vigore di un corrispondente regolamento ai sensi dell’art. 17, comma 3, della l. n. 400 del 1988, attuandosi
quindi una forma di delegificazione.
Il comma 4 norma i criteri di selezione utilizzabili per l’aggiudicazione nell’ambito delle procedure negoziate
sottosoglia, stabilendo il principio di libera scelta da parte delle stazioni appaltanti circa l’utilizzo del criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa ovvero del prezzo più basso.
Il comma 5, stabilisce che le imprese pubbliche che operano nell'ambito definito dagli articoli da 146 a 152
applichino ai contratti sottosoglia la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti.
Il comma 6, nell’ottica della liberalizzazione e semplificazione, estende senza limiti l’esecuzione anticipata
del contratto senza condizionarla all’esistenza dei requisiti di urgenza, come, invece, accade attualmente.
Il comma 7 inerisce alla fase esecutiva, prevedendo, in un’ottica di semplificazione, la possibilità per la
stazione appaltante di sostituire il certificato di collaudo o il certificato di verifica di conformità con il
certificato di regolare esecuzione, che è emesso dal direttore dei lavori, dal RUP o dal direttore dell’esecuzione
non oltre tre mesi dalla data di ultimazione delle prestazioni oggetto del contratto.
Il comma 8 prevede che i bandi e gli avvisi di preinformazione relativi ai contratti sottosoglia siano pubblicati
a livello nazionale con le modalità di cui all’art. 85, con esclusione della trasmissione del bando di gara
all’Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, con significativa semplificazione rispetto alle procedure
ordinarie. Al comma 9 si sono previste, con riferimento alla conclusione delle procedure di affidamento dei
contratti sottosoglia, misure di pubblicità aggiuntive rispetto a quelle già imposte dalla disciplina ordinaria,
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Allegato II.1
Art. 1
Il comma 1 dell’articolo, recante le “Disposizioni generali”, intende dare attuazione all’art. 50 del codice il
quale stabilisce che gli operatori economici da invitare alle procedure per l’affidamento degli appalti
sottosoglia sono individuati attraverso il ricorso ad indagini di mercato od elenchi gestiti con le modalità
previste nel presente Allegato.
Il comma 2 stabilisce che l’indagine di mercato prende avvio con la determina a contrarre (ovvero con atto
equivalente secondo l’ordinamento della singola stazione appaltante) che contiene una serie di elementi ivi
specificamente indicati.
Il comma 3 riconosce alle stazioni appaltanti il potere di dettare, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti,
una disciplina più specifica in ordine alle modalità di conduzione delle indagini di mercato e di gestione degli
elenchi degli operatori economici.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 2
Il comma 1 stabilisce che le indagini di mercato devono svolgersi secondo le modalità ritenute più idonee dalla
stazione appaltante, secondo i principi di adeguatezza e proporzionalità tenendo, in particolare, conto
dell’esigenza di rispettare il termine massimo, previsto dal codice, per l’affidamento degli appalti sottosoglia
tramite procedura negoziata.
Il comma 2 disciplina la pubblicità dell’avviso per la presentazione delle manifestazioni d’interesse che deve
essere effettuata tramite avviso sul sito istituzionale dell’ente e sulla Banca dati nazionale dei contratti pubblici
dell’ANAC.
Il comma 3 ha ad oggetto il contenuto dell’avviso di avvio dell’indagine di mercato .
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 3
Il comma 1 concerne gli elenchi quale modalità, alternativa alle indagini di mercato, di selezione degli
operatori da invitare alla procedura negoziata.
Gli elenchi sono aperti ed aggiornati; ne consegue che l’iscrizione degli operatori provvisti dei requisiti
richiesti è consentita senza limitazioni temporali (comma 2).
Gli elenchi sono oggetto, altresì, di revisione periodica (comma 3) secondo le modalità indicate nell’Allegato.
Il comma 4 prevede che la scelta degli operatori da invitare alla procedura negoziata deve essere effettuata
secondo criteri oggettivi, coerenti con l’oggetto e la finalità dell’affidamento e con i principi di concorrenza,
non discriminazione, proporzionalità e trasparenza. Il sorteggio o altri metodi di estrazione casuale dei
nominativi sono consentiti solo in casi eccezionali.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 51
31
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La norma non prevede esplicitamente che il RUP possa anche presiedere la commissione.
L’art. 51, muovendo dal presupposto che il nuovo art. 93 già contempla la possibilità che il RUP possa far
parte della commissione giudicatrice, si limita a consentire che il RUP possa anche presiederla.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 52
L’art. 52 prevede una modalità di semplificazione per la verifica dei requisiti in riferimento agli affidamenti
diretti di importo inferiore ai 40.000 euro.
Il comma 1 prevede che la stazione appaltante, in luogo di un controllo a carico di tutti gli affidatari, è obbligata
solo a verificare le dichiarazioni tramite sorteggio di un campione individuato con modalità predeterminate
ogni anno.
La disposizione, al comma 2, stabilisce che, nell’ipotesi in cui, in esito al controllo a campione, risulti il
mancato possesso dei requisiti dichiarati, le stazioni appaltanti procedono obbligatoriamente alla risoluzione
del contratto, all'escussione dell’eventuale cauzione definitiva, alla comunicazione all’ANAC e alla
sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure di affidamento di cui alla presente
Parte, indette dalle medesime stazioni appaltanti, per un periodo da uno a 12 mesi decorrenti dall’adozione del
provvedimento.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 53
L’art. 53 ha ad oggetto le garanzie a corredo delle offerte e riprende nella sostanza, con alcune modifiche, la
disciplina già contenuta nell’art. 1, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020.
Al comma 1 si stabilisce che, di norma, nelle procedure di cui all’art. 50, comma 1, la stazione appaltante non
richiede le garanzie provvisorie previste per l’affidamento dei contratti soprasoglia dall’art. 106; può
richiederle, con riferimento alle sole procedure negoziate di cui all’art. 50, comma 1, lett. c), d) ed e), «in
considerazione della tipologia e specificità della singola procedura» quando «ricorrano particolari esigenze
che ne giustifichino la richiesta», che la stazione appaltante indica nella determina a contrarre o nell'avviso di
indizione della procedura o in altro atto equivalente.
Al comma 2 viene stabilito che, se la garanzia provvisoria è dovuta, «il relativo ammontare non può superare
l’uno per cento dell’importo previsto nell’avviso o nell’invito per il contratto oggetto di affidamento».
Il comma 3 prevede quindi che la garanzia provvisoria può essere costituita sotto forma di cauzione ovvero di
fideiussione e rinvia per le modalità attuative alla disciplina di cui all’art. 106.
Il comma 4 si occupa invece della garanzia definitiva e prevede la facoltà della stazione appaltante di non
richiederla per l’esecuzione dei contratti sottosoglia (nonché per i contratti di pari importo stipulati a valere su
un accordo quadro) in casi debitamente motivati, con intento di semplificazione dell’esecuzione dei contratti
di importi inferiore alle soglie europee. In ogni caso, quando richiesta, la garanzia definitiva è pari al 5 per
cento dell’importo contrattuale.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Art. 54
Il comma 1 stabilisce che, ove i contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea relativi ad appalti
di lavori o servizi siano aggiudicati con il criterio del prezzo più basso e non presentino un interesse
transfrontaliero certo, le stazioni appaltanti, in deroga all’art. 110, prevedono negli atti di gara l'esclusione
automatica delle offerte che risultino anomale, «qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore
a cinque».
Il comma 2 contiene la parte più innovativa della disposizione, rappresentata dalla introduzione dell’obbligo
per le stazioni appaltanti di prevedere negli atti di indizione della procedura da aggiudicare con il criterio del
prezzo più basso, oltre alla citata opzione per l’esclusione automatica delle offerte, anche il metodo matematico
di determinazione della soglia di anomalia, individuato – a scelta delle medesime stazioni appaltanti – tra uno
dei tre indicati nell’allegato II.2 (sul quale si veda più oltre).
Il comma 3 prevede che l’allegato II.2, avente natura regolamentare è abrogato a decorrere dalla data di entrata
in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell’art. 17 della l. n. 400 del 1988, previo parere
dell’ANAC. Si ritiene che, per i fini di un migliore fine tuning dei metodi in discorso, la loro periodica revisione
sia effettuata con una frequenza ravvicinata (preferibilmente annuale), anche in considerazione della necessità
di un costante aggiornamento dei dati statistici di riferimento che sono nella disponibilità dell’ANAC e ciò con
particolare riguardo alla Tabella A.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.2
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 55
Il comma 1 prevede il termine di trenta giorni per la stipula del contratto, specificando altresì che tale termine
decorre dall’aggiudicazione (a prescindere dal controllo dei requisiti).
Il comma 2 stabilisce che i termini dilatori previsti dall’art. 18, commi 3 e 4, non si applicano agli affidamenti
sottosoglia.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE II
DEGLI ISTITUTI E DELLE CLAUSOLE COMUNI
La parte II del libro II contiene disposizioni “trasversali”, tra esse eterogenee e comuni all’appalto.
Art. 56
Il comma 1, articolato in diverse lettere, racchiude al suo interno le ipotesi di appalti nei settori ordinari esclusi
dall’applicazione del codice.
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Il comma 2 prevede che le disposizioni del codice relative ai settori ordinari non si applicano anche al caso in
cui un’amministrazione pubblica stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si
impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni,
di un’opera pubblica o di un suo lotto funzionale o di parte dell’opera prevista nell’ambito di strumenti o
programmi urbanistici.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 57
Al comma 1 del presente articolo, in conformità alla direttiva della delega, quindi, prevede “l’obbligo” per le
stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, avvisi e inviti, specifiche “clausole sociali” con le quali sono
richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate a garantire la stabilità del personale impiegato.
Al comma 2 si prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti contribuiscono al conseguimento degli
obiettivi ambientali previsti dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della
pubblica amministrazione attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle
specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del
Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.
La disposizione ha contenuto ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 58
I punti fermi tenuti presenti in sede di redazione dell’articolo - soprattutto tenuto conto della lett. d) della legge
delega - sono stati i seguenti:
a) il favor per la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese, declinato sul piano strutturale in
due direzioni:
a.1.) previsione di criteri premiali per l’aggregazione d’impresa (argomento connesso a quello della
qualificazione degli operatori economici);
a.2.) possibilità di procedere alla suddivisione in lotti, sulla base di criteri qualitativi e quantitativi; a
tale scopo è previsto:
a.2.1.) l’obbligo di motivazione della mancata suddivisione in lotti;
a.2.2.) il divieto di accorpamento artificioso dei lotti.
La disposizione mira, sul piano funzionale:
i)
a porre la nuova disciplina in relazione di “coerenza con i princìpi” della Comunicazione 25
giugno 2008 [“Una corsia preferenziale per la piccola impresa” Alla ricerca di un nuovo quadro
fondamentale per la Piccola Impresa (un “Small Business Act” per l’Europa): secondo la quale
“gli Stati membri dovranno cercare di: (….) incoraggiare le loro autorità contraenti a
suddividere, ove possibile, i contratti in lotti e rendere più visibili le possibilità di subappalto”];
ii)
a valorizzare le imprese di prossimità.
Si sono indicate come parametri legali dell’esercizio del potere discrezionale di accorpamento - le esigenze di
funzionalità, anche di natura organizzativa, connesse al contratto e quelle legate al miglioramento (non solo
quantitativo, ma anche qualitativo: affiancando all’obiettivo del contenimento quello del “value for money”,
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in coerenza con le best practice internazionali in tema di public procurement) della spesa pubblica sub specie
economie di scala come possibili motivazioni (astrattamente legittime) di accorpamento, comunque secondo
un criterio di proporzionalità.
Pur mantenendo l’istituto, previsto dalla direttiva, si è anzitutto estesa al vincolo di partecipazione la dicotomia
funzionale che, in recepimento della giurisprudenza più recente, ha distinto l’ambito soggettivo di rilevanza
del vincolo in ragione della finalità dello stesso (“Al ricorrere delle medesime condizioni e …”).
Inoltre, si è perimetrato con maggior rigore il relativo ambito applicativo: oltre alle richiamate condizioni
previste per l’apposizione del vincolo di aggiudicazione, (su cui, si veda di recente Consiglio di Stato, sez. III,
n. 9003 del 21.10.2022) è necessario un ulteriore presupposto, quello dell’elevato numero di operatori sul
mercato e dunque di un elevato numero di concorrenti attesi: “ove necessario in ragione dell’elevato numero
atteso di concorrenti”).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 59
L’articolo disciplina gli accordi quadro.
In particolare, il comma 1 prevede che le stazioni appaltanti possono concludere accordi quadro di durata non
superiore a quattro anni, salvo casi eccezionali debitamente motivati, in particolare con riferimento all’oggetto
dell’accordo quadro. La medesima disposizione prevede altresì che in ogni caso la stazione appaltante non può
ricorrere agli accordi quadro in modo da eludere l'applicazione del codice o in modo da ostacolare, limitare o
distorcere la concorrenza.
Il comma 2 prevede che l’aggiudicazione dei contratti avvenga secondo quanto previsto dai commi successivi,
e che comunque in tali contratti non si possono apportare modifiche sostanziali alle condizioni fissate
nell’accoro quadro.
I commi successivi (commi 3 e 4) stabiliscono diverse modalità di esecuzione negoziale degli accordi quadro,
a seconda del fatto che essi siano stati conclusi con un solo operatore economico, ovvero con più operatori:
stabilendo solo nel secondo caso (e solo in via eventuale: qualora l'accordo quadro non contenga tutti i termini
che disciplinano la prestazione dei lavori, dei servizi e delle forniture) diverse modalità di riapertura, totale o
parziale, del confronto competitivo.
Infine, il comma 5 disciplina la procedura di riapertura del confronto competitivo, laddove ammesso.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 60
Con il comma 1 è stato reso obbligatorio l’inserimento nei documenti di gara della clausola di revisione prezzi.
Tra i possibili meccanismi di funzionamento della revisione (sostanzialmente riassumibili sotto le due
categorie dei sistemi di compensazione e di quelli di indicizzazione) si è scelto, al comma 2, un modello di
indicizzazione, per alcuni profili ispirato a quello esistente nell’ordinamento francese, allo scopo di facilitare
e rendere più rapida e “sicura” l’applicazione della revisione.
Allo stesso tempo, però, sempre in esecuzione dei criteri di delega, è stato previsto, sempre al comma 2, che
all’origine delle variazioni dei prezzi che renderanno in concreto attivabile il meccanismo della revisione siano
particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta.
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Per rendere la nuova disciplina della revisione prezzi autoesecutiva ed il meccanismo progettato
immediatamente operativo, si è ritenuto di far riferimento, nel comma 3, agli indici sintetici delle variazioni
dei prezzi relativi ai contratti di lavori, servizi e forniture, approvati dall’ISTAT con proprio provvedimento
entro il 30 settembre di ciascun anno, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 4 stabilisce che per far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla revisione prezzi di cui al presente
articolo le stazioni appaltanti utilizzano:
a) nel limite del 50 per cento, le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di
ogni intervento, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, e le eventuali ulteriori
somme a disposizione della medesima stazione appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso
intervento;
b) le somme derivanti da ribassi d'asta, se non ne è prevista una diversa destinazione dalle norme vigenti;
c) le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante
e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle
procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile.
Pertanto dal meccanismo di revisione dei prezzi disciplinato dalla disposizione, non derivano nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto per far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla
revisione prezzi le stazioni appaltanti utilizzano a) nel limite del 50 per cento, le risorse appositamente
accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve le somme relative agli
impegni contrattuali già assunti, e le eventuali ulteriori somme a disposizione della medesima stazione
appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso intervento, b) le somme derivanti da ribassi
d'asta, se non ne è prevista una diversa destinazione dalle norme vigenti, c) le somme disponibili relative
ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati
eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure
contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile. Tale meccanismo, in
situazioni di una normale dinamica di oscillazione di prezzi risulta sufficiente per far fronte agli
eventuali incrementi.
Le disposizioni, pertanto, alla luce di quanto sopra rappresentato, non comportano nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 61
Il comma 1, in larga parte, ripropone il contenuto dell’art. 20 della citata direttiva 2014/24/UE, peraltro già
trasposto nell’antevigente comma 1 dell’art. 112 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 2 introduce la possibilità per le stazioni appaltanti di prevedere «meccanismi e strumenti di
premialità per realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone
con disabilità o svantaggiate».
Il comma 3 ripropone, immutato, il terzo comma dell’art. 112 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 4 individua la platea dei soggetti beneficiari della disposizione e rinvia all’allegato II.3, nel quale
sono state trasfuse numerose disposizioni contenute nell’art. 47 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77,
quanto alla previsione di meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di
genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili.
Al comma 5 si prevede che, in sede di prima applicazione del codice, l’allegato II.3 è abrogato a decorrere
dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell’Autorità
delegata per le pari opportunità e per le disabilità, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
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il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al
codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.3
Questo allegato, in attuazione dell’art. 61 del nuovo codice, riproduce delegificandoli, all’arti. 1, il comma 2
dell’art. 112 del vigente decreto legislativo n. 50/2016 (in tema di appalti riservati per gli operatori economici
che favoriscono l’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati), e nei commi successivi le
disposizioni già contenute nell’art. 47 del d.l. n. 77/2021 in relazione agli interventi finanziati con le risorse
del PNRR e del PNC, che vengono stabilizzate ed estese a regime a tutti i contratti pubblici, in attuazione di
apposito criterio di delega.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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PARTE III
DEI SOGGETTI
TITOLO I
LE STAZIONI APPALTANTI
Relazione introduttiva sulla qualificazione delle stazioni appaltanti
Art. 62
L’art. 62 individua innanzitutto la soglia degli affidamenti diretti per servizi e forniture nonché quella (di
cinquecentomila euro) per i lavori, quale limite oltre il quale si applica il regime di qualificazione: le procedure
di affidamento di importo inferiore possono invece essere gestite da tutte le stazioni appaltanti (comma 1).
Per effettuare le procedure di importo superiore alle soglie indicate dal comma 1, le stazioni appaltanti devono
essere qualificate (comma 2).
I requisiti di qualificazione sono indicati nell’allegato II.4, nei termini specificati nell’art. 63 (comma 3).
Al comma 5 sono indicate le attività che possono essere compiute dalle stazioni appaltanti qualificate, che in
funzione del loro livello di qualificazione possono effettuare gare di importo superiore alla soglia, acquisire
lavori. Servizi e forniture avvalendosi degli strumenti messi a disposizione dalle centrali di committenza, oltre
che svolgere attività di committenza ausiliaria e appalti congiunti (disciplinati al comma 14), utilizzare
strumenti telematici di negoziazione, effettuare ordini su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle
centrali di committenza.
Al comma 6 le stazioni appaltanti non qualificate ricorrono a una centrale di committenza qualificata e, per le
attività di committenza ausiliaria, anche a stazioni appaltanti qualificate.
Sono specificate le attività di progettazione e affidamento, nonché di implementazione di convenzioni e accordi
quadro, sistemi dinamici di acquisizione e mercati elettronici di negoziazione, che possono essere svolte dalle
centrali di committenza, a favore di stazioni appaltanti qualificate e non qualificate (comma 7).
Il funzionamento e gli ambiti di riferimento delle centrali di committenza possono essere disciplinati
integrando l’allegato II.4 (comma 8).
Al comma 9 sono specificate le modalità di regolamentazione del rapporto che intercorre fra stazione
appaltante e centrale di committenza; quest’ultima è scelta sulla base del principio di buon andamento
dell'azione amministrativa (comma 15) e può essere ubicata anche in altro Stato membro dell'Unione europea
(comma 16).
Al comma 10 è delineato il sistema che garantisce alla stazione appaltante non qualificata di poter fare
affidamento su una centrale di committenza che assicuri lo svolgimento della gara.
È disciplinata al comma 11 l’attività di committenza ausiliaria che può essere svolta dalle centrali di
committenza qualificate e dalle stazioni appaltanti qualificate per i livelli intermedio e avanzato.
È disciplinata la ripartizione di responsabilità fra i vari soggetti coinvolti nelle attività di committenza ausiliaria
(comma 12) e nelle altre attività di committenza (comma 13).
Sono escluse dal sistema di qualificazione le imprese pubbliche e i soggetti privati titolari di diritti speciali o
esclusivi quando svolgono una delle attività previste dalla disciplina dei settori speciali, pur prevedendo la
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possibilità di integrazione dell’allegato II.4, al fine di disciplinare i relativi criteri di qualificazione, oltre che
le regole di funzionamento e gli ambiti di riferimento delle relative centrali di committenza (comma 17).
Per la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione dei contratti di PPP è necessaria una qualificazione almeno
di livello intermedio (comma 18).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.4
Questo allegato, in attuazione degli artt. 62 e 63 del codice, mette a regime il nuovo sistema di qualificazione
delle stazioni appaltanti inaugurato dal Protocollo di intesa tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e
l’ANAC del 17 dicembre 2021, cui ha fatto seguito la deliberazione dell’ANAC n. 441 del 28 settembre 2022,
che ha introdotto la disciplina dei requisiti di qualificazione e dell’iscrizione delle stazioni appaltanti
nell’apposito elenco gestito dall’Autorità.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 63
L’art. 63 disciplina il sistema di qualificazione, istituendo un apposito elenco delle stazioni appaltanti
qualificate di cui fanno parte, in una specifica sezione, anche le centrali di committenza, ivi compresi i soggetti
aggregatori, che sono definiti quali “soggetti di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 iscritti
di diritto nell’elenco Anac” nell’art. 1 dell’allegato I (comma 1 e comma 4).
L’elenco delle stazioni appaltanti è istituito presso l'ANAC, che ne assicura la gestione e la pubblicità (comma
1)
Sono previsti tre livelli di qualificazione per progettazione e affidamento (commi 2 e 3)
L’elenco è aperto in quanto soggetto a periodici aggiornamenti, e in esso vengono iscritti di diritto i soggetti
indicati al comma 4.
Il comma 5 prevede che la qualificazione ha ad oggetto le attività che caratterizzano il processo di acquisizione
di un bene, servizio o lavoro in relazione ai seguenti ambiti e riguarda:
a) la capacità di progettazione tecnico-amministrativa delle procedure;
b) la capacità di affidamento e controllo dell'intera procedura;
c) la capacità di verifica sull'esecuzione contrattuale, ivi incluso il collaudo e la messa in opera.
Al comma 6 è prevista la possibilità che la qualificazione sia conseguita anche solo per l’acquisizione di lavori
oppure di servizi e forniture. Inoltre, si dispone che le centrali di centrali di committenza e i soggetti aggregatori
per svolgere attività di progettazione e affidamento devono essere qualificati almeno nella seconda fascia.
I requisiti di qualificazione per la progettazione e l’affidamento sono disciplinati dall’allegato II.4 nel rispetto
di quanto previsto al comma 5 e al comma 10 (comma 7).
I requisiti di qualificazione per l’esecuzione sono indicati separatamente nell’allegato II.4, che dispone altresì
una disciplina transitoria specifica relativa a tale fase (comma 8).
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Il comma 9 prevede che le amministrazioni la cui organizzazione prevede articolazioni, anche territoriali,
verificano la sussistenza dei requisiti di cui al comma 7 in capo alle medesime strutture e ne danno
comunicazione all’ANAC per la qualificazione.
Il comma 10 dispone che in relazione al parametro di cui alla lettera b) del comma 7, la Scuola Nazionale
dell'Amministrazione definisce i requisiti per l'accreditamento delle istituzioni pubbliche o private, senza
finalità di lucro, che svolgono attività formative, procedendo alla verifica, anche a campione, della sussistenza
dei requisiti stessi e provvede alle conseguenti attività di accreditamento nonché alla revoca dello stesso nei
casi di accertata carenza dei requisiti.
Il comma 11 contiene una disposizione antielusiva rispetto all’attività di attestazione del possesso dei requisiti
di qualificazione e un sistema sanzionatorio volto a compulsare il corretto adeguamento al sistema di
qualificazione prevedendo l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria e, nei casi più gravi, la
sospensione dalla qualificazione (specificando in tal caso che le procedure avviate debbono essere portate a
compimento, così il comma 12).
L’elenco è gestito dall’ANAC, che ne stabilisce altresì le modalità attuative (comma 13).
L'ANAC gestisce, ai sensi della normativa vigente (art. 33-ter del D.L. n. 179 del 2012), l’Anagrafe unica
delle stazioni appaltanti. Le eventuali attività implementative per l’attuazione delle disposizioni del
presente articolo sono svolte dall’ANAC con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 64
L’art. 64 riproduce le disposizioni già contenute nell’ art. 43 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (appalti che
coinvolgono amministrazioni aggiudicatrici e enti aggiudicatori di Stati membri diversi), semplificato nel testo
e con una formulazione più aderente alle disposizioni della direttiva 24/2014/UE e in particolare all’art. 39,
par. 5.
“In particolare:
- al comma 1 è indicata la facoltà, per le stazioni appaltanti, di rivolgersi a centrali di committenza ubicate in
un altro Stato membro dell’Unione europea;
- al comma 2 sono disciplinate le modalità con le quali amministrazioni ed enti di diversi Stati membri
possono congiuntamente aggiudicare un appalto pubblico, concludere un accordo quadro o gestire un sistema
dinamico di acquisizione;
- al comma 3 è indicata la possibilità, nel caso in cui più amministrazioni di diversi Stati membri istituiscano
un soggetto congiunto comprendendo i gruppi europei di cooperazione territoriale di cui al regolamento (CE)
n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006 o altri soggetti istituiti in base al diritto
dell’Unione, di scegliere se applicare le disposizioni nazionali dello Stato membro nel quale il soggetto
congiunto ha la sua sede sociale o le disposizioni nazionali dello Stato membro in cui il soggetto congiunto
esercita le sue attività;
- al comma 4 è disciplinato il profilo temporale degli accordi di cui al presente articolo”.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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TITOLO II
GLI OPERATORI ECONOMICI
Art. 65
Per meglio chiarire l’iter logico del testo proposto, si muoverà, almeno in parte, dal testo vigente.
Il comma 1 contiene un richiamo alla definizione di operatore economico contenuta nell’art. 1, lett. l),
dell’allegato I.1, dove viene sancito il principio di neutralità delle forme giuridiche, oltre che agli operatori
economici stabiliti in altri Stati membri.
Il comma 2 ripropone, con minime modifiche, l’elenco di cui al comma 2 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50
del 2016 (alle lettere e) ed f) si è specificato il riferimento ai soggetti costituendi per esigenze di chiarezza, così
“doppiandosi” la previsione di cui al primo comma dell’art. 68).
Il comma 3 ripropone il quarto comma dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016, arricchito con riferimento
all’ art. 63 par. II della direttiva.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 66
L’ art. 46 del decreto legislativo n. 50 del 2016 è stato conservato nella sostanza immutato.
L’unica modifica è stata introdotta al comma 2, nel quale si fa riferimento a un decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, che stabilirà i requisiti minimi ai fini della partecipazione alle procedure di
affidamento dei soggetti ivi indicati.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 67
L’articolo disciplina i consorzi non necessari.
Al comma 1 è formulato il rinvio al regolamento di cui all’art. 100, comma 4 per la disciplina dei requisiti di
idoneità tecnica e finanziaria necessari che devono possedere i consorzi per imprese artigiane e i consorzi stabili,
nonché i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria per partecipare alle gare.
Al comma 2 è disciplinato, con riferimento agli stessi soggetti, il regime transitorio e il regime degli affidamenti
cui non si applica l’allegato II.12
Il comma 3 precisa quanto già affermato dalla giurisprudenza in ordine alla necessità che i consorziati, oltre che
i consorzi sopra specificati, siano in possesso dei requisiti generali.
Il comma 4, nella prima parte, riproduce il contenuto del comma 2 dell’art. 47 del decreto legislativo n. 50 del
2016, che onera i consorzi stabili ad indicare se eseguono le prestazioni con la propria struttura o tramite i
consorziati e che si è ritenuto di mantenere.
Nel comma 5 è disciplinata la partecipazione alla gara da parte del consorzio di cooperative.
Nel comma 6 è rimasto immutato il rinvio ad altra fonte per la determinazione dell'imputazione delle prestazioni
eseguite al consorzio o ai singoli consorziati.
Il comma 7 specifica che possono essere oggetto di avvalimento solo i requisiti maturati dallo stesso consorzio.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 68
L’articolo disciplina i raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici.
Nel nuovo comma 1, che corrisponde al comma 8 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è riproposta
la disposizione attualmente contenuta nel comma 8 citato.
Il nuovo comma 2 ripropone la necessità di indicare, in sede di offerta, le quote di esecuzione delle prestazioni
fra i partecipanti al raggruppamento, in quanto costituisce un requisito distintivo rispetto all’avvalimento. Inoltre
la stazione appaltante può imporre vincoli esecutivi.
Il comma 3 ripropone la regola - vigente in termini generali con riferimento alla generalità degli operatori
economici - che l’art. 19 par. 2 della direttiva dispone con specifico riferimento ai raggruppamenti, circa il divieto
di imposizione generalizzata ai raggruppamenti di una determinata forma giuridica.
Il comma 4 contiene la previsione di cui all’art. 19, par. 2, ultimo capoverso della direttiva, sinora contenuta nel
comma 3 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (che è stata spostata nell’art. 68 in quanto riferita ai
soli raggruppamenti), che stabilisce le condizioni che consentono di imporre ai raggruppamenti una forma
giuridica specifica; sembra rispettoso dell’art. 19, par. 2, ultimo capoverso della direttiva.
Ai commi 5, 6, 7 e 8 è riproposta la disposizione contenuta rispettivamente nei commi 12, 13, 15 e 16, dell’art.
48 del decreto legislativo n. 50 del 2016 riguardanti il mandato necessario per la costituzione del raggruppamento.
Il comma 9 prevede la responsabilità solidale dei partecipanti al raggruppamento, in conformità con il
superamento dell’istituto dei raggruppamenti verticali e orizzontali.
Il comma 10 contiene una disposizione riguardante la possibilità di richiedere ai raggruppamenti di operatori
economici condizioni per l'esecuzione di un appalto o di una concessione diverse da quelle imposte ai singoli
partecipanti, dettata al comma 5 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che costituisce attuazione
dell’art. 19, par. 2, ultimo capoverso della direttiva riferito ai raggruppamenti (art. 19, par. 2, ultimo capoverso
della direttiva, riferito ai raggruppamenti e richiamato dalla sentenza “Caruter”28 aprile 2022 in causa C 642/20).
Il comma 11 stabilisce che i raggruppamenti temporanei e i consorzi ordinari sono ammessi se gli imprenditori
partecipanti al raggruppamento, ovvero gli imprenditori consorziati, sono in possesso dei requisiti relativi alla
capacità economica e finanziaria e alle capacità tecniche e professionali (Cons. St., sez. V, 31 marzo 2022, n.
2367), ferma restando la necessità che l’esecutore sia in possesso dei requisiti prescritti per l’esecuzione. Ivi è
stata aggiunta (secondo periodo) la previsione di rinvio alle disposizioni contenute negli artt. da 60 a 96 del d.P.R.
n. 207 del 2010.
Il comma 12 prevede che, laddove il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento
temporaneo possiedano i requisiti previsti dall’art. 68 medesimo, essi possano raggruppare altre imprese
qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti
da queste ultime non superino il venti per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare
complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa
affidati.
Il comma 13 prevede che i partecipanti al raggruppamento e al consorzio ordinario debbano possedere i requisiti
generali, in continuità con il regime vigente (desumibile dall’art. 48, comma 17 e ss. del decreto legislativo n. 50
del 2016).
Con il comma 14 è stata inserita, sulla falsariga di quanto disposto nel comma 4 del precedente articolo, la
disposizione in base alla quale la partecipazione alla gara in qualsiasi altra forma da parte del partecipante al
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raggruppamento determina l’esclusione del medesimo se sono integrati i presupposti della causa escludente
dell’unico centro decisionale, sempre che l’operatore economico non dimostri che la circostanza non ha influito
sulla gara né è idonea a incidere sulla capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.
Il comma 15 ripropone la disposizione contenuta nel comma 9 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016,
con la quale è vietata l'associazione in partecipazione.
Le conseguenze del mancato rispetto del divieto di cui al comma 14 sono delineate, sulla falsariga di quanto già
previsto dal comma 10 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, dal successivo comma 16 in termini di
esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, nonché di annullamento
dell'aggiudicazione o di risoluzione del contratto.
Con il comma 17 è riprodotta la disposizione sul recesso del partecipante al raggruppamento e al consorzio
contenuta nel comma 19 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, consentendo il recesso ad nutum (anche
se il raggruppamento si riduce a un unico soggetto) di una o più imprese raggruppate, sempre che le imprese
rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione.
Con il comma 18, (corrispondente al comma 19-bis dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016), si prevede
l’applicabilità del recesso di cui al comma 16 ai soggetti di cui all'art. 45, comma 2, lett. b) c), d) e) del decreto
legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 19 (corrispondente al comma 11 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016) contiene la previsione
della possibilità dell’operatore economico di presentare offerta o di trattare per sé o quale mandatario di operatori
riuniti in caso di procedure ristrette o negoziate, ovvero di dialogo competitivo.
Il comma 20 (corrispondente al comma 14 dell’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016) dispone
l’applicabilità dell’articolo, in quanto compatibile, alla partecipazione alle procedure di affidamento delle
aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 69
L’articolo disciplina gli accordi sugli Appalti Pubblici (AAP) e altri accordi internazionali.
Il testo dell’art. 49 del decreto legislativo n. 50 del 2016 è stato mantenuto immutato e trasfuso nell’art. 69 in
commento.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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PARTE IV
DELLE PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE
Art. 70
L’articolo disciplina le procedure di scelta e i relativi presupposti.
L’elencazione congiunta, nell’ambito del comma 1, delle procedure flessibili (dialogo competitivo,
partenariato per l’innovazione e procedura competitiva con negoziazione) e delle procedure maggiormente
vincolate nell’aggiudicazione (aperta e ristretta) manifesta l’idea dell’equiparazione di tali tipi procedurali,
facendosi questione, in tutti i casi, di strumenti di selezione del contraente che, oltre ad essere rispettosi dei
principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, di libera concorrenza, non discriminazione,
trasparenza e proporzionalità pubblici, sono caratterizzati dalla pubblicità, presupponendo un avviso di
indizione di gara reso conoscibile agli operatori del settore.
La separata considerazione, nell’ambito del comma 2, della procedura negoziata senza previa pubblicazione
del bando, manifesta, invece, il carattere eccezionale di tale procedura, l’unica avente natura derogatoria
rispetto al principio di pubblicità, utilizzabile al ricorrere dei soli presupposti tassativamente elencati nell’art.
65.
Nel definire l’ambito di applicazione della procedura competitiva con negoziazione e del dialogo competitivo,
di cui al comma 3, sono stati chiariti alcuni termini impiegati dal diritto unionale, al fine di assicurare una
maggiore conformità rispetto a quanto previsto in ambito sovranazionale ovvero di garantire un’omogeneità
della disciplina codicistica unitariamente intesa, tenuto conto, altresì, di categorie giuridiche tradizionali
proprie dell’ordinamento interno.
Con riferimento alla previsione di cui al comma 4, pure dovendosi dare atto che il diritto unionale, anche al
fine di assicurare un’uniformità terminologica nei vari ordinamenti degli Stati membri, con apposite norme
definitorie, ha individuato le ipotesi in cui un’offerta possa intendersi irregolare o inammissibile, l’articolato
precisa che le offerte irregolari o inammissibili danno luogo ad atti inammissibili, in quanto difformi rispetto
al paradigma regolatorio di riferimento.
Per esigenze sistematiche è ricondotta all’art. 70 altresì:
- la definizione del presupposto di applicabilità del partenariato di cui all’art. 75, al fine di individuare,
nell’ambito dello stesso articolo, i presupposti di utilizzo di tutte le procedure di scelta del contraente regolate
dal codice (comma 5);
- la disciplina in origine recata dagli artt. 91 e 92 del decreto legislativo n. 50 del 2016 in materia di “riduzione
del numero di candidati altrimenti qualificati da invitare a partecipare” e di “riduzione del numero di offerte
e soluzioni”, afferente, più propriamente, alle caratteristiche delle procedure di scelta del contraente che le
Amministrazioni sono legittimate a utilizzare ai sensi dell’art. 70 (comma 6);
- la disciplina delle modalità di attuazione del principio di parità di trattamento e di riservatezza nell’ambito
del dialogo e delle negoziazioni con i concorrenti (comma 7), trattandosi di disciplina comune a tutte le
procedure flessibili (dialogo competitivo, procedura competitiva con negoziazioni e partenariato per
l’innovazione), suscettibile pertanto di valorizzazione unitaria nell’ambito del medesimo articolo, destinato a
delineare i tratti comuni degli istituti regolati.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Allegato II.5
Questo allegato riproduce integralmente i contenuti degli articoli 68 e 69 e dell’allegato XIII del decreto
legislativo n. 50/2016.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 71
L’articolo disciplina la procedura aperta.
La disciplina interna costituisce la riproduzione di quella unionale.
Il comma 1 regola l’elemento tipico della procedura aperta, caratterizzata dalla possibilità per ogni operatore
economico interessato di presentare un’offerta in risposta a un avviso di indizione di gara.
L’abbreviazione dei termini per la presentazione delle offerte - da 35 a 30 giorni - di cui al comma 2, è la
conseguenza dell’impiego delle procedure telematiche come modalità ordinaria di svolgimento delle gare.
Viene pertanto meno anche l’utilità della previsione di cui all’art. 60, comma 3, lett. b), del decreto legislativo
n. 50/2016, che viene perciò espunta dal testo normativo.
La disposizione di cui al comma 3 sulla necessità per le stazioni appaltanti di motivare le ragioni di urgenza
che consentono di fissare un termine per la ricezione delle offerte non inferiore a quindici giorni a decorrere
dalla data di trasmissione del bando di gara - va intesa in conformità a quanto previsto in ambito unionale,
dove si individua, quale presupposto giustificativo della deroga al termine minino per la ricezione delle offerte,
la ricorrenza di “motivi di urgenza debitamente dimostrati” (art. 27, par. 3, direttiva n. 2014/24/UE).
Il comma 4 disciplina le condizioni in presenza delle quali può farsi luogo alla riduzione del termine per la
ricezione delle offerte nel caso in cui le stazioni appaltanti abbiano pubblicato un avviso di pre-informazione;
per l’individuazione delle informazioni che l’avviso deve contenere a tale fine, si richiama l’allegato II.6, parte
I, lett. B, sezione B1.
Il comma 5 stabilisce che, in sede di prima applicazione del codice, l’allegato II.6 è abrogato a decorrere dalla
data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce
integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.6
Questo allegato riproduce, adeguandoli alle nuove norme del codice, i contenuti dell’allegato XIV del decreto
legislativo n. 50/2016, a loro volta in parte qua riproduttivi, rispettivamente per i settori ordinari e per quelli
speciali, dei contenuti dell’allegato V alla direttiva 2014/24/UE e dell’allegato VI alla direttiva 2014/25/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 72
L’articolo disciplina la procedura ristretta.
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La disciplina interna costituisce la riproduzione di quella unionale.
I commi 1 e 3 regolano l’elemento tipico della procedura ristretta, caratterizzata dalla possibilità:
- per ogni operatore economico interessato di presentare una domanda di partecipazione a un avviso di
indizione di gara;
- per i soli operatori economici invitati di presentare un'offerta.
I commi 2, 4, 5 e 6 delineano i termini per la ricezione delle domande di partecipazione e per la ricezione delle
offerte.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 73
L’articolo disciplina la procedura competitiva con negoziazione.
La disciplina interna è per la grande maggioranza meramente riproduttiva di quella unionale, con particolare
riferimento a:
- la legittimazione a presentare una domanda di partecipazione (comma 1);
- il contenuto dei documenti di gara (comma 2);
- lo scopo tipico sotteso alle informazioni fornite dalle stazioni appaltanti (di individuare la natura e l'ambito
dell'appalto e decidere se partecipare alla procedura – comma 3);
- i termini per la ricezione delle domande di partecipazione (comma 4) e delle offerte iniziali (comma 5);
- la legittimazione a presentare un’offerta iniziale e la possibilità di negoziazione quale elemento caratteristico
della procedura in parola (comma 6);
- la possibilità dello svolgimento della procedura in più fasi successive per ridurre il numero di offerte da
negoziare (comma 7);
- la conclusione delle negoziazioni (comma 8);
- la possibilità di aggiudicazione degli appalti senza negoziazione (comma 9).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 74
L’articolo disciplina il dialogo competitivo.
La disciplina interna è per la grande maggioranza meramente riproduttiva di quella unionale, con particolare
riferimento a:
- la legittimazione a chiedere di partecipare al dialogo competitivo (comma 1);
- il termine per la ricezione delle domande di partecipazione (comma 2);
- il contenuto del bando di gara, dell’avviso di indizione di gara o del documento descrittivo e il criterio di
aggiudicazione applicabile (comma 3);
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- la strutturazione della procedura nelle fasi del dialogo e dell’aggiudicazione (comma 5);
- la valutazione delle offerte (comma 6);
- la fase di dialogo post aggiudicazione (comma 7).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 75
L’articolo disciplina il partenariato per l’innovazione.
In tema di partenariato per l’innovazione la disciplina interna è per la grande maggioranza meramente
riproduttiva di quella unionale, con particolare riferimento a:
- il contenuto dei documenti di gara (comma 1);
- la legittimazione a presentare una domanda di partecipazione (comma 2);
- la possibilità di instaurare il partenariato per l’innovazione con uno o più operatori economici che conducono
attività di ricerca e sviluppo separate, il termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione e il
criterio di aggiudicazione utilizzabile (comma 3);
- i criteri di selezione e la legittimazione a presentare progetti di ricerca e di innovazione (comma 4);
- la strutturazione del partenariato in più fasi successive (comma 5);
- la negoziazione dell’offerta iniziale e di quelle successive, anche in relazione alla riduzione progressiva del
numero di offerte da negoziare (comma 6).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 76
L’articolo disciplina la procedura negoziata senza pubblicazione di un bando.
Al comma 1, al fine di responsabilizzare le amministrazioni aggiudicatrici nell’utilizzo della procedura in
parola, avente comunque natura eccezionale, è stato valorizzato l’obbligo di motivazione che, seppure non
previsto nel testo dell’art. 32 direttiva n. 2014/24/UE, è espressamente richiamato nel considerando n. 50 e
nell’art. 84 della medesima direttiva.
Ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 è regolato e circoscritto l’ambito di applicazione della procedura negoziata senza
pubblicazione di un bando.
Quando alla gara informale, prevista dal comma 7, sono state apportate alcune modifiche funzionali a garantire
le esigenze di flessibilità e speditezza sottese all’istituto in parola.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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PARTE V
DELLO SVOLGIMENTO DELLE PROCEDURE
Titolo I – Gli atti preparatori
Art. 77
Il comma 1 specifica che le consultazioni preliminari di mercato possono essere utilizzate anche per la scelta
della procedura di gara, in modo da rendere il testo coerente con la previsione dell’art. 76, comma 1.
Il comma 2 delinea in maniera ampia l’oggetto delle acquisizioni che possono essere compiute attraverso le
consultazioni preliminari di mercato, prevedendo la possibilità adoperare “informazioni, consulenze, relazioni
e ogni altra documentazione idonea, anche di natura tecnica” anche nella pianificazione e nello svolgimento
della procedura di appalto, purché non si violino i principi di concorrenza, di non discriminazione e di
trasparenza.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 78
I commi 1 e 2 ricalcano la disciplina delle Linee Guida ANAC n. 14/2019, menzionate con riferimento all’art.
77, con particolare riferimento alla possibile asimmetria informativa che la partecipazione alle consultazioni
preliminari di mercato può comportare in favore di un operatore economicomma
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 79 e 80
Gli artt. 79 e 80, dedicati alle specifiche tecniche ed alle etichettature, in ragione del contenuto di dettaglio
della pertinente disciplina, si limitano a rinviare a quanto previsto dall’allegato II.5; quest’ultimo accorpa
l’allegato XIII del decreto legislativo n. 50 del 2016, a sua volta riproduttivo dell’allegato VII della direttiva
n. 2014/24/UE (che contiene le definizioni stipulative rilevanti in materia), nonché il disposto degli artt. 68 e
69 del decreto legislativo n. 50 del 2016; l’accorpamento è stato realizzato procedendo anche ad una
semplificazione di tipo espressivo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 81
Il comma 1 prevede che la trasmissione dei dati degli avvisi all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione
Europea, ove richiesto dalla direttiva, avviene da parte di ANAC, per il tramite della Banca dati nazionale dei
contratti di cui all’art. 23 del codice.
Il comma 2 prevede i presupposti al ricorrere dei quali le stazioni appaltanti sub-centrali possono utilizzare un
avviso di pre-informazione come strumento di indizione della gara, nei casi si avvalgano per la scelta del
contraente, delle procedure ristrette o delle procedure competitive di negoziazione; per l’individuazione del
contenuto necessario dell’avviso, si richiama l’allegato II.6, lett. B, sezione B.1 e B.2.
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Il comma 3 dispone che, qualora si sia adoperato l’avviso di pre-informazione per l’indizione della gara, se ne
dia notizia sul sito istituzionale della stazione appaltante, come forma di pubblicazione “supplementare” a
livello nazionale.
Il comma 4, con riferimento ai servizi “sociali ed assimilati”, prevede il recepimento dell’art. 48 della direttiva
2014/24/UE, che è avvenuto, a differenza di quanto accaduto con il decreto legislativo n. 50 del 2016, in
termini non perfettamente letterali; la scelta è dettata da ragioni di semplificazione espositiva e contenutistica.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 82
I commi 1 e 2, di nuova introduzione, rispondono ad una esigenza di chiarezza, precisando quali sono i
principali documenti di gara che la stazione appaltante deve predisporre e, in caso di contrasto, quale di essi
debba ritenersi prevalente.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo II – I bandi, gli avvisi e gli inviti
Art. 83
I commi 1 e 2 individuano i contenuti di bandi e avvisi, secondo la disciplina eurounitaria, il tutto tramite
rinvio all’allegato II.6, a sua volta riproduttivo dell’allegato V della direttiva n. 2014/24/UE.
Il comma 3 prevede l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di conformarsi ai bandi tipo ANAC, fatti
esplicitamente salvi dalla legge delega – art. 1, lett. aa), della l. n. 78/2022 – in quanto strumenti di
semplificazione.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 84
L’articolo disciplina la pubblicazione dei bandi e degli avvisi a livello europeo
I commi 1 e 2, rispetto all’art. 72, comma 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016, sono stati depurati delle
prescrizioni che dettagliano tempi e modalità di pubblicazione strettamente incombenti sull’Ufficio per le
pubblicazioni dell’Unione europea.
Il comma 3 dà attuazione alla possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere la pubblicità in ambito europeo
anche per gare per le quali ciò non sarebbe imposto dalla direttiva.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.7
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Questo allegato riproduce, adeguandoli alla nuova normativa primaria, i contenuti dell’allegato V al decreto
legislativo n. 50/2016, che a loro volta recepivano – rispettivamente, in relazione agli appalti nei settori ordinari
e nei settori speciali – la corrispondente parte dell’allegato VIII alla direttiva 2014/24/UE e dell’allegato IX
alla direttiva 2014/25/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 85
L’articolo disciplina la pubblicazione dei bandi e degli avvisi a livello nazionale.
I commi da 1 a 5 disciplinano la pubblicità nazionale, fermo il necessario raccordo con quella unionale.
Al riguardo si rappresenta che il risparmio derivante dalle mancate le spese per la pubblicazione nei
quotidiani nazionali e locali dell’estratto del bando di gara e del conseguente esito di gara relativamente
alla procedura sono stimate in € 1.000,00 sia per la pubblicazione del bando, sia per la pubblicazione
dell’esito di gara per complessivi € 2.000,00.
Art. 86
L’art. 86 disciplina l’avviso volontario per la trasparenza preventiva e recepisce l’art. 3 bis della direttiva n.
89/665/CE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 87
L’articolo riguarda il disciplinare di gara e il capitolato speciale.
I commi da 1 a 3 sono norme nuove di carattere meramente definitorio, con finalità di chiarimento della
sequenza degli atti che compongono la lex specialis di gara: sul punto si rinvia ai richiami giurisprudenziali
sub art. 82.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.8
Questo allegato riproduce e delegifica, con i necessari adattamenti, buona parte degli articoli 87, 88 e 96 del
vigente decreto legislativo n. 50/2016, in tema di certificazioni di qualità e relativo registro nonché di rapporti
e mezzi di prova.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 88
L’articolo riguarda la disponibilità digitale dei documenti di gara.
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I commi da 1 a 3 attuano l’art. 53 della direttiva n. 2014/24/UE, tenendo anche in tal caso conto della
progressiva maggiore digitalizzazione dell’intero sistema.
Il comma 1 prevede che i documenti di gara sono resi disponibili in forma digitale, in modo gratuito, illimitato
e diretto.
Il comma 2 prevede che nei casi di impossibilità di utilizzare mezzi di comunicazione elettronica previsti dal
codice l'avviso o l'invito a confermare l’interesse ne danno conto e indicano le modalità con cui i documenti
sono trasmessi.
Il comma 3 dispone che le ulteriori informazioni richieste sui documenti di gara sono comunicate a tutti gli
offerenti oppure rese disponibili sulla piattaforma di approvvigionamento digitale e sul sito istituzionale
almeno sei giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte e almeno quattro
giorni prima quando il termine per la ricezione delle offerte è ridotto.
La norma si colloca nel procedimento di digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici e
nel più ampio processo di digitalizzazione del Paese a cui sono destinate rilevanti risorse finanziarie del
PNRR per l’avvio di procedimenti di innovazione della pubblica Amministrazione. Le disposizioni non
comportano, pertanto, maggiori o nuovi oneri per la finanza pubblica in quanto le Amministrazioni vi
provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie a legislazione vigente.
Art. 89
L’articolo riguarda l’invito ai candidati.
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono sostanzialmente riproduttivi dell’art. 54 della direttiva, sempre con
i necessari adeguamenti al nuovo contesto digitale, che vede la piattaforma digitale rappresentare un
privilegiato strumento di dialogo tra concorrenti e stazioni appaltanti e i collegamenti ipertestuali soddisfare
l’esigenza di messa a disposizione della documentazione di gara.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.9
Questo allegato riproduce, adeguandoli alle nuove norme del codice, i contenuti dell’allegato XV del decreto
legislativo n. 50/2016, a loro volta in parte qua riproduttivi di quelli dell’allegato IX alla direttiva 2014/24/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 90
I commi da 1 a 3 si occupano, infine, delle comunicazioni in favore dei concorrenti effettuate d’iniziativa della
stazione appaltante.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo III – La documentazione dell’offerente e i termini per la presentazione delle domande e delle
offerte
51
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Art. 91
L’art. 91, rubricato “Domande, documento di gara unico europeo, offerte” riprende sostanzialmente la
previsione dell’art. 85 del decreto legislativo n. 50 del 2016 con alcune significative novità.
In particolare, al comma 1, si afferma che la documentazione con la quale l’operatore economico partecipa
alla procedura di gara è composta dalla domanda di partecipazione, dal DGUE e dalle offerte (di norma, tecnica
ed economica) oltre agli altri documenti richiesti dall’amministrazione appaltante.
Nel comma 2 è specificato il contenuto della domanda di partecipazione, da presentare in formato elettronica
e con firma digitale, con indicazione della forma giuridica con la quale l’operatore economico si presenta in
gara e l’eventuale dichiarazione della volontà di far ricorso all’avvalimento.
Nei commi 3 e 4 è indicato il contenuto del DGUE nel quale rileva in particolare la ripartizione delle
prestazioni fra i vari componenti nel caso l’operatore economico decida di partecipare nella forma del
raggruppamento o del consorzio.
Nel comma 5 è disciplinato il contenuto delle offerte, con la specificazione che devono essere sempre indicati
i costi aziendali, per la sicurezza e le caratteristiche della prestazione ed è contenuta la dichiarazione di
impegno ad eseguirla nel rispetto dei vincoli di legge e del bando.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 92
L’articolo disciplina la fissazione dei termini per la presentazione delle domande e delle offerte.
Nel comma 1, dopo aver precisato che i termini indicati agli articoli relativi alle diverse procedure sono termini
minimi, è imposto alla stazione appaltante di stabilire il termine per la presentazione delle offerte tenendo
conto del tempo necessario alla loro preparazione, nel quale occorre computare l’eventuale sopralluogo e
quanto occorra alla consultazione sul posto dei documenti e degli allegati.
Nel comma 2 sono previsti i casi in cui le stazioni appaltanti possono disporre la proroga dei termini (di
particolare rilevante è il caso previsto sub c) di malfunzionamento della piattaforma informatica a disposizione
dei concorrenti per la presentazione delle offerte).
Nel comma 3 è stabilito il principio generale (prima previsto per il solo caso di malfunzionamento delle
piattaforme elettroniche) per il quale in caso di proroga dei termini è consentito agli operatori che hanno
presentato offerta di ritirarla ed eventualmente di sostituirla.
Il comma 4 costituisce clausola di chiusura rispetto alla disciplina dei termini, che non era contenuta nella
vigente disciplina, prevedendo che qualora l’amministrazione appaltante richieda il compimento di un’attività
all’operatore economico per il quale non sia previsto un termine dalla legge, detto termine è di 10 giorni, salvo
diversa determinazione da parte dell’amministrazione appaltante.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo IV – I requisiti di partecipazione e la selezione dei partecipanti
Capo I – La commissione di gara
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Camera dei Deputati ARRIVO 05 gennaio 2023 Prot: 2023/0000010/TN - Doc. firmato digitalmente da: Biagio Mazzotta
Art. 93
L’articolo detta disposizioni relativamente alla commissione giudicatrice.
Nel comma 1 è stato espressamente previsto per la prima volta che la commissione giudicatrice possa essere
chiamata dal responsabile del procedimento a svolgere attività di supporto ai fini della verifica dell’anomalia
dell’offerta.
Nel comma 3, venendo incontro a sollecitazione provenienti dalle amministrazioni appaltanti, si è stabilito che
a presiedere la commissione non debba essere necessariamente un dirigente, ma un dipendente dotato di
adeguato inquadramento giuridico e di competenze professionali idonee; allo stesso tempo è stato
definitivamente chiarito che il RUP può far parte della commissione giudicatrice.
Nel comma 4 è stato stabilito – anche in questo caso recependo esigenze di semplificazione e forte
accelerazione delle procedure – che la commissione possa riunirsi sempre anche in via telematica, ferma la
necessità di garantire la riservatezza delle comunicazioni.
Il comma 5 riguarda le incompatibilità dei commissari.
Nel comma 6 è stata mantenuta la previsione della possibilità per la commissione giudicatrice di riesaminare
le offerte anche in seguito ad annullamento di una prima aggiudicazione (salvo che l’annullamento non sia
dipeso da vizi della commissione stessa), avendo detta disposizione risolto un dubbio che si era posto nella
pratica delle stazioni appaltanti.
Il comma 7 costituisce una novità. Per la prima volta è disciplinato il seggio di gara, che può essere nominato
anche in composizione monocratica nelle procedure da aggiudicare al prezzo più basso, stabilendo che allo
stesso non si applicano le incompatibilità previste per i commissari salvo quelle derivanti da precedenti penali,
dal conflitto di interesse o dalle ragioni che giustificano l’astensione ai sensi dell’art. 51 del codice di procedura
civile.
Capo II – I requisiti di ordine generale (articoli 94-98)
Art. 94
L’articolo riguarda le cause di esclusione automatica.
Il comma 1 corrisponde al comma 1 del vigente art. 80 e prevede che è causa di esclusione di un operatore
economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto la condanna con sentenza definitiva o decreto penale
di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444
del codice di procedura penale per una serie di reati espressamente elencati.
Il comma 2 (corrispondente al comma 2 del vigente art. 80) è stato modificato nei termini che seguono:
armonicamente alla generale disciplina sul self-cleaning di matrice europea (quest’ultima contenuta ai commi
2-6 dell’art. 96 ) è stata prevista l’inoperatività della causa di esclusione discendente dall’emissione di una
misura interdittiva antimafia ove l’impresa sia stata ammessa al controllo giudiziario ex art. 34 bis del decreto
legislativo n. 159/2011 entro la data dell’aggiudicazione; nell’Atto di segnalazione Anac n. 3 del 27 luglio
2022 (e nelle successive proposte emendative del 25 luglio 2022) si era fatta presente l’opportunità di
“allineare l’ambito soggettivo di applicazione del requisito previsto dall’art. 80, comma 2, decreto legislativo
n. 50/2016, rispetto ai soggetti sottoposti alle verifiche antimafia ai sensi dell’art. 85 del Codice delle leggi
antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. n. 159/2011)”.
Quanto ai commi 3 e 4 (corrispondenti al comma 3 dell’art. 80):
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a) la indicazione delle figure soggettive cui riferire la causa di esclusione (che si è ritenuto di conservare in
quanto è stata di ausilio per la giurisprudenza) è stata mantenuta in seno all’articolato (originariamente, come
prima chiarito, si era ipotizzato di dislocarla in un allegato al codice alleggerendo l’articolato);
b) è stata espunta la disposizione del comma 3 dell’art. 80 in punto di esclusione per fattispecie attingente i
soggetti cessati, in quanto non presente nella direttiva; del pari è stato espunto il riferimento del socio di
maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro.
Con più specifico riferimento, al comma 4, sembra necessario evidenziare uanto segue.
Quanto al socio persona giuridica si è formata, de iure condito, una duplice giurisprudenza:
- la persona giuridica non rileva rispetto alla previsione del contagio al socio unico, in quanto riferita
espressamente al solo socio unico persona fisica (Consiglio di Stato, sez. V, 2 ottobre 2020 n. 5782);
- la persona giuridica rileva quale socio di maggioranza (Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 975).
Il comma 5 raggruppa talune cause di esclusione obbligatoria che prima si rinvenivano “sparse” nell’art. 80
del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 6 corrisponde alla prima parte comma 4 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (esclusione
“obbligatoria” da omesso pagamento di imposte tasse e contributi).
Il comma 7 del testo proposto contiene, immutata, la previsione di cui all’ultima parte del comma 3 dell’art.
80 che prevede che l’esclusione non è disposta e il divieto di aggiudicare non si applica quando il reato è stato
depenalizzato oppure quando è intervenuta la riabilitazione oppure, nei casi di condanna ad una pena accessoria
perpetua, quando questa è stata dichiarata estinta ai sensi dell’articolo 179, settimo comma, del codice penale,
oppure quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna oppure in caso di revoca della condanna
medesima .
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.10
Questo allegato, in tema di individuazione delle violazioni gravi agli obblighi in materia di imposte e tasse ed
agli obblighi previdenziali, riproduce integralmente il recentissimo d.m. 22 settembre 2022, emanato in
attuazione dell’art. 80, comma 4, del vigente decreto legislativo n. 50/2016, come modificato dall’art. 10,
comma 1, lettera c), n. 2, della legge 23 dicembre 2021, n. 238 (“Legge europea 2019-2020”).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 95
L’articolo disciplina le cause di esclusione non automatica.
Il proposto comma 1 dell’art. 95 prevede le cause di esclusione “non automatiche” (in passato in massima
parte disciplinate al comma 5 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016).
Nel comma 2 è stata allocata la causa non automatica di esclusione discendente dall’omesso pagamento di
imposte, tasse contributi previdenziali, che il comma 4 dell’articolo 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016
disciplinava unitamente alla causa “obbligatoria” di esclusione avente la medesima causale (quest’ultima
contenuta nell’art. 94, comma 6).
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Al comma 3 è stata “replicata” la previsione di cui al comma 8 del testo dell’art. 94.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 96
Detta disposizione contiene la disciplina procedimentale comune agli “eventi” che conducono alla esclusione
dell’operatore economico; come ci si accinge a chiarire, sono stati indicati gli oneri di comunicazione degli
eventi idonei a condurre alla esclusione in capo agli operatori economici ed è stato disciplinato il c.d. “selfcleaning” (l’applicazione di detto istituto, armonicamente alla disciplina comunitaria, è stata dilatata rispetto
alla previsione vigente).
Più in particolare, è utile precisare, partitamente, quanto di seguito.
Il comma 1 contempla il principio generale che “regola” tutte le cause di esclusione, e ripropone, immutata,
la disposizione di cui al comma 6 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016.
I commi da 2 a 6 prevedono la “nuova” versione allargata del self cleaning aderente alla direttiva 24/2014
UE.
Il comma 7 dell’articolo ripropone, immutato, il testo del comma 9 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50
del 2016, in quanto fedele trasposizione dell’art. 57, par. 6, ultimo alinea della direttiva (“un operatore
economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto o di aggiudicazione
delle concessioni non è autorizzato ad avvalersi della possibilità prevista a norma del presente paragrafo nel
corso del periodo di esclusione derivante da tale sentenza negli Stati membri in cui la sentenza è effettiva.”).
Il comma 8 contiene, immutato, il testo del comma 10 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 9 contiene, immutato, nella prima parte, il testo del comma 10 bis dell’art. 80 del decreto legislativo.
n. 50 del 2016.
Il predetto comma 10 fissa le decorrenze iniziali del termine triennale (quest’ultimo così determinato in
conformità al paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva n. 24/2014) per le cause non automatiche di esclusione.
I commi 11 e 12 dell’articolo, rispettivamente:
a) presidiano (comma 11) l’esigenza di “unicità” e “immodificabilità del termine triennale, chiarendo che
l’impugnazione dei provvedimenti indicati non incide sul dies a quo di decorrenza del medesimo;
b) onerano l’operatore a produrre alla stazione appaltante i provvedimenti indicati al comma 10 (ed
eventualmente, eventuali atti sui quali i medesimi si fondano) e chiariscono che, in ipotesi di eventuale
inosservanza a tale (elementare) onere collaborativo da parte dell’operatore economico, il termine triennale
non decorra se non dalla data in cui la stazione appaltante ne entri in possesso.
Il comma 13 riproduce, con alcune modifiche, il comma 11 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il comma 14, ribadisce ed estende al tutte le fattispecie di cui agli artt. 94 e 95 l’onere di comunicazione che
già è contenuto al comma 12 con riferimento all’illecito professionale (e per il vero già ritraibile dalle
disposizioni relative al c.d. “self- cleaning”) e chiarisce che l’omissione di tale comunicazione o la non
veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi della
valutazione sulla sussistenza di una condotta integrante illecito professionale.
Il comma 15 ripropone il comma 12 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Art. 97
La disposizione contiene la disciplina specifica delle cause di esclusione che riguarda i raggruppamenti di
imprese. Come accennato nella relazione generale questa collocazione è stata suggerita da una considerazione.
Più partitamente, con riferimento al comma 1 nel rispetto della lett. s) della legge-delega (“Revisione e
semplificazione del sistema di qualificazione generale degli operatori”) si è ritenuto di attuare l’art. 63
paragrafo 1 comma 2 della direttiva 24/2014 considerando l’interpretazione resa da Corte di giustizia, sez. IX,
3 giugno 2021, in causa C-210/20.
Il comma 2 è stato formulato sulla scorta della convinzione che l’istituto di cui all’art. 63, paragrafo 1, comma
2, della direttiva 24/2014 possa applicarsi non solo alla sostituzione, prevista espressamente dalla direttiva
medesima, ma anche alla modifica per riduzione dell’operatore economico con identità plurisoggettiva, in
ragione del minore impatto di tale ultimo fenomeno sull’identità dell’operatore economico offerente e delle
pronunce dell’Adunanze plenarie nn. 5 del 2021, 9 del 2021 e 2 del 2022, che hanno ammesso detta ultima
tipologia di modificazione.
Il comma 3 delinea l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, che il comma 1 ha disciplinato con
riferimento ai raggruppamenti: esso è stato perimetrato sulla base delle seguenti considerazioni.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 98
Al comma 1 si è prevista, quale regola generale, quella di non estendere la fattispecie dell’illecito professionale
rilevante all’ipotesi di c.d. “contagio” dell’operatore economico da parte della persona fisica.
Il comma 2 specifica quali siano le condizioni indispensabili perché possa disporsi da parte della stazione
appaltante l’esclusione (non automatica) di un operatore economico al verificarsi di un evento tra quelli
descritti nei successivi commi, chiarendo la necessità della compresenza delle medesime.
Il successivo comma 3 individua quale sia l’autorità competente a disporre l’esclusione; la disposizione si è
resa necessaria per le fattispecie in cui un soggetto pubblico gestisca la procedura volta alla stipulazione di un
contratto nell’interesse di un altro soggetto ed è volta a chiarire che il momento “deliberativo” di verifica della
sussistenza dei presupposti rientra nella sfera di competenza di quest’ultimo. È qui ribadito l’obbligo di
motivazione che si evince già dal sistema generale (art. 3 della legge n. 241/1990).
Il comma 4 enumera e circoscrive le fattispecie rilevanti.
Il comma 5, come già accennato in precedenza, prevede i criteri sottesi alla valutazione di gravità, tra i quali
assume particolare rilievo- soprattutto con riferimento alle fattispecie penalmente rilevanti- quello relativo al
“tempo trascorso dalla violazione”.
Al comma 6 è contenuta una precisazione che rende esplicito che l’omissione e non veridicità non assistite da
“dolo specifico” non integrano causa di esclusione nella gara specifica, in coerenza con quanto disposto al
comma 14, ultimo periodo, dell’art. 96.
Nel comma 7 sono stati indicati quali siano i mezzi di prova rilevanti ed adeguati dai quali la stazione
appaltante può far discendere il giudizio di gravità (si ricorda in proposito che il comma 13 dell’art. 80 del
decreto legislativo n. 50/2016 non riproposto nel codice rinviava a successive Linee Guida dell’ANAC).
Il comma 8 è volto a precisare l’onere motivazionale che incombe sull’amministrazione allorché desuma la
sussistenza di una causa di esclusione da una sentenza di condanna non definitiva ovvero da provvedimenti
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emessi nel procedimento penale a questa prodromici (atti comportanti l’esercizio dell’azione penale ex art.
405, comma 1, c.p.p., decreto che dispone il giudizio, art. 429 c.p.p.) ovvero di natura cautelare, reale (artt.
136, 321 c.p.p.) o personale (artt. 281-286 c.p.p.; artt. 288-290 c.p.p.).
Il comma 9, infine, è volto a chiarire che la pur succinta motivazione sottesa alla decisione di applicare una
causa di esclusione non automatica rientrante nel perimetro dell’illecito professionale debba prendere in esame
tutti e tre i versanti indicati nel comma 2.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 99
Il comma 1 rappresenta una norma molto importante in chiave di semplificazione delle procedure di gare e
della fase del controllo dei requisiti, in quanto chiarisce che la sussistenza delle cause di esclusione automatiche
di cui all’art. 94 dovrà essere accertata automaticamente attraverso il fascicolo virtuale dell’operatore
economico di cui all’art. 24, la consultazione degli altri documenti allegati dall’operatore economico, nonché
tramite l’interoperabilità con la piattaforma digitale nazionale dati di cui all’articolo 50-ter del decreto
legislativo n. 82 del 2005 e con le banche dati delle pubbliche amministrazioni.
Il comma 2 invece fa riferimento alla verifica della sussistenza dei motivi di esclusione non automatici di cui
all’art. 95 e del possesso dei requisiti di partecipazione di cui agli artt. 100 e 103.
Il comma 3, infine, completa le novità procedimentali introdotte dal Codice chiarendo che operare in chiave
digitale avrà il vantaggio di una piena applicazione del principio once only nei rapporti tra stazioni appaltanti
e operatori economici, per cui i dati e le informazioni già nella disponibilità delle amministrazioni, in ragione
di una precedente procedura di gara ovvero che sono già presenti nel fascicolo virtuale, , o che possono essere
acquisiti tramite interoperabilità con la piattaforma digitale nazionale dati di cui all’articolo 50-ter del CAD e
con le banche dati delle pubbliche amministrazioni non dovranno essere nuovamente richiesti.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Capo III – Gli altri requisiti di partecipazione alla gara (articoli 99-106)
Art. 100
L’art. 100, nel disciplinare gli altri requisiti di partecipazione alla gara, presenta forti profili di discontinuità
rispetto all’attuale disciplina, sfruttando tutti gli spazi di discrezionalità lasciati agli Stati dalla direttiva.
Al comma 1 è mantenuta la distinzione ormai consolidata tra requisiti di idoneità professionale, requisiti di
capacità economico – finanziaria e requisiti di capacità tecniche professionali, con la precisazione al comma
2 che i requisiti di partecipazione richiesti dalla stazione appaltante devono essere proporzionati e attinenti
all’oggetto dell’appalto.
Al comma 3 è previsto quale requisito di idoneità tecnica l’iscrizione nel registro della camera di commercio
industria, artigianato e agricoltura o nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato o presso i
competenti ordini professionali.
L’aspetto peculiare delle disposizioni contenuti ai commi da 4 a 11 è costituito dalla scelta di disciplinare
anche la qualificazione degli operatori economici per gli appalti di forniture e servizi, così da allineare la
disciplina della qualificazione per gli appalti di servizi e forniture a quella degli appalti di lavori, così dando
vita ad un sistema tendenzialmente unitario in funzione di semplificazione sia per quanto riguarda la
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partecipazione alla gara da parte degli operatori economici, sia per quanto riguarda il controllo da parte delle
stazioni appaltante.
Il comma 12 con disposizione di chiusura prevede poi che, salvo quanto previsto dall’art. 102 (impegni
dell’operatore economico) o da leggi speciali, le stazioni appaltanti possono richiedere esclusivamente i
requisiti di partecipazione previsti dai commi precedenti, disposizione anche questa con evidenti finalità di
semplificazione e chiarimento.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.11
Questo allegato riproduce (con l’eliminazione del riferimento al Regno Unito, che non fa più parte dell’Unione
europea) l’allegato XVI del decreto legislativo n. 50/2016, a sua volta riproduttivo dell’allegato XI della
direttiva 2014/24/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.12
Questo allegato, in attuazione dell’art. 100, comma 4, in attesa del più generale regolamento ivi previsto (che
dovrà contenere anche l’innovativa disciplina della qualificazione degli operatori economici di forniture e
servizi), riproduce in larga misura le norme (artt. 60-104) del d.P.R. n. 207/2010, attuative del decreto
legislativo n. 163/2006 e rimaste in vigore anche dopo il sopravvenire del decreto legislativo n. 50/2016, con
gli adattamenti formali e sostanziali resisi necessarie per raccordarle con la nuova normativa primaria. Sono
altresì inserite, nella Parte V, le norme relative ai requisiti dei soggetti partecipanti alle procedure di
affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, riprese dal d.m. 2 dicembre 2016, n. 263, a suo tempo
emanato in attuazione dell’art. 46 del decreto legislativo n. 50/2016, tenendo conto altresì dello schema di
decreto approvato dal Consiglio dei ministri in tema di requisiti degli ulteriori soggetti inseriti nel predetto art.
46 dalla legge n. 238/2021.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 101
Nel comma 1 si riconosce l’obbligo della stazione appaltante di attivare il soccorso istruttorio, sia per integrare
la documentazione trasmessa, sia allo scopo di sanare eventuali omissioni, inesattezze ed irregolarità.
Nel comma 2 si specifica che in caso di mancato adempimento alle richieste della stazione appaltante,
l’operatore è escluso dalla procedura di gara: si tratta di una sanzione che non è legata all’inadempimento,
quanto alla inidoneità dell’offerta presentata.
Nel comma 3 – anche in questo caso recependo indicazioni provenienti dalla giurisprudenza euro-unitaria – si
prevede che la stazione appaltante possa sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta, a condizione
che i chiarimenti non portino a modificare il contenuto dell’offerta tecnica ed economica.
Il comma 4 costituisce una rilevante novità: per la prima volta si prevede la possibilità per l’operatore
economico di emendare un proprio errore materiale in cui sia incorso nella elaborazione dell’offerta (ad es.
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una incongruenza tra importi unitari e importo complessivo dell’offerta economica) prima che la stessa sia
esaminata e, in particolare, fino al giorno fissato per l’apertura delle buste contenenti l’offerta.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 102
L’art. 102 prevede, al comma 1, una serie di obblighi che l’operatore deve assumere per garantire la stabilità
del personale impiegato (lett. a); per garantire l’applicazione dei contratti nazionali e territoriali di settore,
tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente,
di quelli stipulati dalle associazione dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale e significativamente applicati nel settore di riferimento, nonché garantire le stesse tutele
economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro
irregolare (lett. b); per garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le
persone con disabilità o svantaggiate (lett. c).
Per non aggravare il procedimento di gara, al comma 2 si prevede che l’adempimento di tali obblighi sociali
è ritenuto assicurato con l’impegno dell’operatore economico, impegno cui è correlata la verifica da parte delle
stazioni appaltanti dell’attendibilità dell’impegno dichiarato, verifica che può essere svolta con qualsiasi
mezzo adeguato, anche con le modalità dell’art. 110, solo nei confronti dell’offerta dell’aggiudicatario.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 103
La previsione dell’art. 103 si correla al contenuto dell’art. 100 che rimanda ad un regolamento per la disciplina
del sistema di qualificazione e dell’iscrizione all’elenco ufficiale dei prestatori dei servizi e dei fornitori; si è
pertanto previsto, in considerazione dell’abrogazione dell’attuale art. 84 del decreto legislativo n. 50 del 2016,
di conservare il settimo comma (che è trasfuso appunto nell’art. 103), reputando opportuno consentire alle
stazioni appaltanti di richiedere ulteriori requisiti di partecipazione nel caso di appalti di ingente valore
economico (superiore ai 20 mln. di euro).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 104
L’art. 104 è dedicato all’avvalimento.
Nel comma 1 è indicato il tipo contrattuale dell’avvalimento.
Nel comma 3 sono stabiliti i casi in cui l’ausiliaria, essendo in possesso di requisiti non trasferibili, dovrà
svolgere in proprio la prestazione; si rinvia in questo caso alla disciplina del subappalto.
Nel comma 4 sono indicati i documenti che il concorrente che si avvale di altri è tenuto a trasmettere alla
stazione appaltante e la dichiarazione cui è tenuta l’ausiliaria, specificandosi, al comma 5, la facoltà di
sostituzione dell’ausiliaria in casi di sua dichiarazione mendace; e, al comma 6, che la valutazione sull’assenza
di cause di esclusione va compiuta anche in relazione all’ausiliaria, mantenendo ferma la possibilità di
sostituzione dell’impresa ausiliaria.
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Nel comma 7 si ribadisce la responsabilità in solido di ausiliaria e concorrente e l’applicazione della normativa
antimafia anche nei confronti della prima.
I commi da 8 a 10 sono reiterativi delle previsioni del precedente codice, anche nella parte in cui si esclude
l’ammissibilità dell’avvalimento per soddisfare il requisito dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori
ambientali.
Nel comma 11 è previsto che la stazione appaltante possa disporre che talune attività siano svolte direttamente
dall’operatore.
Nel comma 12 è prevista un’unica ipotesi di incompatibilità all’utilizzo dell’avvalimento, nel caso in cui
l’operatore abbia fatto ricorso all’avvalimento premiale.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 105
L’art. 105 contiene una previsione di mero rinvio all’allegato II.8 per quanto riguarda i rapporti di prova,
certificazioni di qualità, mezzi di prova, registro on line dei certificati e costi del ciclo di vita. In sede di prima
applicazione del codice, l’allegato è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente
regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo
sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 106
In tema di garanzie per la partecipazione alla procedura la principale novità dell’articolato attiene alla garanzia
fideiussoria che, ai sensi del comma 3, secondo periodo, deve obbligatoriamente essere emessa e firmata
digitalmente; essa deve essere altresì verificabile telematicamente presso l’emittente ovvero gestita mediante
ricorso a piattaforme digitali specificate.
Va precisato che, pur non essendo obbligatorio prestare garanzia fideiussoria, in quanto si è mantenuta
l’alternativa con la cauzione, si è tuttavia previsto che quando l’operatore economico scelga la prima, la polizza
debba essere c.d. nativa digitale. L’obbligatorietà del formato nativo digitale delle garanzie è un presupposto
necessario per aumentare l’efficienza e la sicurezza del sistema, la riduzione degli oneri amministrativi.
Altre novità rilevanti sono:
- nel comma 1, il riferimento al “valore complessivo della procedura” (comprensivo quindi di eventuali rinnovi
e opzioni), che è preferibile rispetto a quello di “prezzo base” che è fraintendibile nel senso di prezzo/importo
a base d’asta;
- nel comma 1 è stato eliminato il riferimento ai contratti sotto soglia comunitaria perché la disciplina della
garanzia provvisoria per questi contratti è contenuta nel libro II, parte I;
- la modifica del comma 6, per renderlo più rispondente al principio di diritto espresso dalla sentenza
dell’Adunanza plenaria n. 7 del 2022;
- nel comma 8, la semplificazione delle fattispecie che comportano una riduzione dell’importo della garanzia,
che vengono limitate a due a portata generale e ad una terza, rimessa alla discrezionalità della stazione
appaltante quanto all’importo della riduzione (entro un limite massimo fissato per legge).
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Si prevede, infine, rispettivamente nei commi 9, 10 e 11 che le garanzie fideiussorie devono essere conformi
allo schema tipo di cui all’art. 117, comma 12.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.13
Questo allegato riassume in un unico elenco le certificazioni e i marchi, attualmente richiamati dal comma 7
dell’art. 93, decreto legislativo n. 50/2016, il cui possesso – a norma del nuovo art. 106, comma 8 – consentirà
agli operatori economici di fruire di un’ulteriore riduzione fino al 20% dell’importo della garanzia da produrre
in sede di offerta, oltre a quelle previste dai precedenti periodi del medesimo comma 8.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo V – La selezione delle offerte
Art. 107
L’art. 107 disciplina i principi generali in materia di selezione degli offerenti.
Nel dettaglio, con il comma 1, si prevede che gli appalti sono aggiudicati sulla base dei criteri stabiliti
conformemente agli articoli da 108 a 110, previa verifica della sussistenza di alcuni presupposti.
In ogni caso, nel comma 2 si prevede che la stazione appaltante può decidere di non aggiudicare l’appalto
all’offerente che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa se ha accertato che l’offerta non
soddisfa gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale,
dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali di diritto del lavoro indicate nell’allegato X alla
direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014.
Il comma 3, invece, è diretto a generalizzare e stabilizzare l’istituto dell’inversione procedimentale, introdotto
in coerenza con il criterio della delega della riduzione dei tempi (lett. m).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 108
La disposizione contenuta nell’art. 108 è diretta a indicare i criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici con
il riferimento, conforme alla direttiva 2014/24/UE, dei criteri del prezzo più basso e dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. Il primo comma riprende il testo delle disposizioni contenute nel decreto
legislativo n. 50 del 2016, con alcune modifiche.
In base al comma 1, le stazioni appaltanti procedono all'aggiudicazione degli appalti e all'affidamento dei
concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del
costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita conformemente a
quanto previsto dall’allegato II.8.
Il comma 2 prevede ipotesi in cui le stazioni appaltanti sono vincolate all’utilizzo del criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.
Il comma 3 introduce ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono utilizzare il criterio del minor prezzo, anche
tenendo conto di quanto previsto nelle Linee Guida ANAC n. 2 di attuazione del decreto legislativo 18 aprile
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2016, n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, approvate dal Consiglio dell’Autorità con
delibera n. 1005, del 21 settembre 2016 aggiornate al decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 con Delibera del
Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018.
Con il comma 4 si prevede che i documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta,
pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, precisandosi che l’offerta economicamente
più vantaggiosa è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali,
connessi all’oggetto dell’appalto.
Al comma 5, corrispondente all’art. 67, par. 2, ultimo periodo della direttiva, si prevede che l’elemento relativo
al costo può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici
competeranno solo in base a criteri qualitativi.
Al comma 6, corrispondente, all’art. 67, par. 4, della direttiva, si prevede che i criteri di aggiudicazione sono
considerati connessi all'oggetto dell'appalto ove riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell'ambito di
tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel
processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo
specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto
sostanziale.
I commi 7 e 8 riprendono il contenuto dell’art. 67, par. 5, della direttiva e prevedono che i documenti di gara
indicano i singoli criteri di valutazione e la relativa ponderazione, anche stabilendo una forcella in cui lo scarto
tra il minimo e il massimo deve essere adeguato.
Il comma 9 prevede che nell’offerta economica, l’operatore deve indicare, a pena di esclusione, i propri costi
della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura
intellettuale.
Al comma 10 si prevede che le stazioni appaltanti possono comunque decidere, prevedendo espressamente
tale facoltà nel bando di gara o nella lettera di invito, di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta
risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto, nel rispetto dei termini per la conclusione
del procedimento e, comunque, non oltre il termine di trenta giorni dalla conclusione delle valutazioni delle
offerte.
Al comma 11 si prevede che in caso di appalti di lavori aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa individuata sulla base del migliore rapporto qualità/prezzo, le stazioni appaltanti non possono
attribuire alcun punteggio per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a
base d’asta.
Al comma 12, in sostanziale continuità con la regola vigente, si prevede che l’esclusione di uno o più
concorrenti dalle procedure, intervenuta anche a seguito di una pronuncia giurisdizionale, successivamente
all’aggiudicazione, non rileva ai fini del calcolo delle medie nella procedura né per l’individuazione della
soglia di anomalia delle offerte eventualmente stabilita dai documenti di gara e non produce conseguenze sui
procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 109
L’art. 109), riprendendo e innovando la disposizione originariamente contenuta all’art. 83, comma 10, decreto
legislativo n. 50 del 2016, istituisce, presso l’ANAC, un sistema digitale di monitoraggio delle prestazioni,
quale elemento del fascicolo virtuale degli operatori. Le principali innovazioni rispetto alla disciplina vigente
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riguardano la semplificazione del sistema e il suo collegamento con il fascicolo virtuale dell’operatore
economico.
Nel dettaglio, al comma 1, si prevede l’istituzione del citato sistema presso l’ANAC, quale elemento del
fascicolo virtuale degli operatori.
Al comma 2 si prevede che la stessa ANAC definisce gli elementi del monitoraggio, le modalità di raccolta
dei dati e il meccanismo di applicazione del sistema, al fine di incentivare gli operatori al rispetto dei principi
del risultato e di buona fede e affidamento.
Al comma 3 si prevede, sotto il profilo temporale, che alla disposizione viene data attuazione entro diciotto
mesi dall’entrata in vigore del codice, anche tenendo conto delle risultanze ottenute nel periodo iniziale di
sperimentazione.
Si tratta di attività implementative rispetto a quelle già previste a legislazione vigente a cui l’ANAC farà
fronte con proprie risorse umane, strumentali e finanziarie a legislazione.
Art. 110
Al comma 1, si prevede che le stazioni appaltanti valutano, sulla base di un giudizio tecnico, la congruità,
serietà, sostenibilità e realizzabilità della migliore offerta che, in base ad elementi specifici appaia
anormalmente bassa. Si specifica, poi, che la stazione appaltante sia tenuta, nel bando o nell’avviso con cui si
indice una gara, a indicare, compatibilmente con le disposizioni del codice, gli elementi specifici in base ai
quali svolgere il giudizio sulla base del quale sottoporre a valutazione di anomalia una data offerta.
Al comma 2 si prevede che, qualora una determinata offerta appaia anormalmente bassa, è necessario in ogni
caso sviluppare un contraddittorio procedimentale, richiedendo per iscritto al concorrente la presentazione di
spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte, entro un termine non superiore a quindici giorni.
Al comma 3 si prevede che le spiegazioni fornite dal concorrente possono riguardare: a) l'economia del
processo di fabbricazione dei prodotti, dei servizi prestati o del metodo di costruzione; b) le soluzioni tecniche
prescelte o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l'offerente per fornire i prodotti, per
prestare i servizi o per eseguire i lavori; c) l'originalità dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti
dall'offerente.
Ai sensi del comma 4 non sono invece ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi
inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge, nonché in relazione agli oneri di sicurezza
di cui alla normativa vigente.
Conclusa la fase di valutazione dell’anomalia dell’offerta, al comma 5 si prevede che la stazione appaltante
debba escludere l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi
proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa.
Al comma 6, in conformità con l’art. 69, par. 4, della direttiva 2014/24/UE e a quanto previsto con il decreto
legislativo n. 50 del 2016, si prevede che la stazione appaltante, qualora accerti che un'offerta è anormalmente
bassa in quanto l'offerente ha ottenuto un aiuto di Stato, può escludere tale offerta unicamente per questo
motivo, soltanto dopo aver consultato l'offerente e se quest'ultimo non è in grado di dimostrare, entro un
termine sufficiente stabilito dalla stazione appaltante, che l'aiuto era compatibile con il mercato interno ai sensi
dell'art. 107 TFUE. La stazione appaltante esclude un'offerta in tali circostanze e informa la Commissione
europea.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Art. 111
La disposizione dell’art. 111 riproduce il testo dell’art. 50 della direttiva 2014/24/UE e riprende il testo già
introdotto con il decreto legislativo n. 50 del 2016.
In base al comma 1, le stazioni appaltanti che hanno aggiudicato un contratto pubblico o concluso un accordo
quadro inviano un avviso secondo le modalità di pubblicazione di cui all'art. 84, conforme all'allegato II.6,
Parte I, lett. D, relativo ai risultati della procedura di aggiudicazione, entro trenta giorni dalla conclusione del
contratto o dalla conclusione dell'accordo quadro.
Al comma 2 si prevede che se la gara è stata indetta mediante un avviso di pre-informazione e se la stazione
appaltante ha deciso che non aggiudicherà ulteriori appalti nel periodo coperto dall’avviso di pre-informazione,
l’avviso di aggiudicazione contiene un’indicazione specifica al riguardo.
Al comma 3 si prevede che in caso di accordi quadro conclusi ai sensi dell’art. 59, le stazioni appaltanti sono
esentate dall’obbligo di inviare un avviso sui risultati della procedura di aggiudicazione di ciascun appalto
basato su tale accordo e raggruppano gli avvisi sui risultati della procedura d’appalto per gli appalti fondati
sull’accordo quadro su base trimestrale. In tale caso, inviano gli avvisi raggruppati entro trenta giorni dalla
fine di ogni trimestre.
Al comma 4 si prevede che le stazioni appaltanti inviano all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea
un avviso di aggiudicazione di appalto entro trenta giorni dall'aggiudicazione di ogni appalto basata su un
sistema dinamico di acquisizione. Esse possono tuttavia raggruppare gli avvisi su base trimestrale. In tal caso,
inviano gli avvisi raggruppati al più tardi trenta giorni dopo la fine di ogni trimestre.
Al comma 5 si prevede che, fermo restando quanto disposto dagli articoli 35 e 36, talune informazioni relative
all'aggiudicazione dell'appalto o alla conclusione dell'accordo quadro possono non essere pubblicate qualora
la loro divulgazione ostacoli l'applicazione della legge, sia contraria all'interesse pubblico, pregiudichi i
legittimi interessi commerciali di un particolare operatore economico, pubblico o privato, oppure possa
arrecare pregiudizio alla concorrenza leale tra operatori economici.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 112
L’art. 112 riprende il contenuto dell’art. 84 della direttiva 2014/24/UE ed è conforme alla disposizione
introdotta con il decreto legislativo n. 50 del 2016.
Al comma 1 si prevede che per ogni appalto o accordo quadro di importo pari o superiore alle soglie di cui
all’art. 14 e ogni volta in cui sia istituito un sistema dinamico di acquisizione, la stazione appaltante redige una
relazione contenente almeno le seguenti informazioni: il nome e l'indirizzo della stazione appaltante, l'oggetto
e il valore dell'appalto, dell'accordo quadro o del sistema dinamico di acquisizione; se del caso, i risultati della
selezione qualitativa e/o della riduzione dei numeri, ossia i nomi dei candidati o degli offerenti selezionati e i
motivi della selezione, i nomi dei candidati o degli offerenti esclusi e i motivi dell'esclusione; i motivi del
rigetto delle offerte giudicate anormalmente basse; il nome dell'aggiudicatario e le ragioni della scelta della
sua offerta, nonché, se è nota, la parte dell'appalto o dell'accordo quadro che l'aggiudicatario intende
subappaltare a terzi; se noti al momento della redazione, i nomi degli eventuali subappaltatori del contraente
principale; per le procedure competitive con negoziazione e i dialoghi competitivi, le circostanze di cui all'art.
70 che giustificano l'utilizzazione di tali procedure; per quanto riguarda le procedure negoziate senza previa
pubblicazione di un bando di gara, le circostanze di cui all'art. 76 che giustificano l'utilizzazione di tali
procedure; eventualmente, le ragioni per le quali l'amministrazione aggiudicatrice ha deciso di non aggiudicare
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un appalto, concludere un accordo quadro o istituire un sistema dinamico di acquisizione; eventualmente, i
conflitti di interesse individuati e le misure successivamente adottate.
Al comma 2 si prevede che la relazione prevista al primo comma non è richiesta per gli appalti basati su
accordi quadro conclusi con un solo operatore economico e aggiudicati entro i limiti delle condizioni fissate
nell’accordo quadro, o se l’accordo quadro contiene tutti i termini che disciplinano la prestazione dei lavori,
dei servizi e delle forniture nonché le condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici
parti dell’accordo quadro effettuerà tale prestazione.
Al comma 3 si prevede che qualora l’avviso di aggiudicazione dell’appalto predisposto ai sensi dell’art. 111
o dell’art. 127, comma 3, contiene già le informazioni richieste al comma 1, le stazioni appaltanti possono fare
riferimento a tale avviso.
Al comma 4 si prevede che le stazioni appaltanti documentano lo svolgimento di tutte le procedure di
aggiudicazione. Garantiscono la conservazione di una documentazione sufficiente a giustificare decisioni
adottate in tutte le fasi della procedura di appalto, quali la documentazione relativa alle comunicazioni con gli
operatori economici e le deliberazioni interne, la preparazione dei documenti di gara, il dialogo o la
negoziazione se previsti, la selezione e l'aggiudicazione dell'appalto. La documentazione è conservata per
almeno cinque anni a partire dalla data di aggiudicazione dell'appalto, ovvero, in caso di pendenza di una
controversia, fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Al comma 5 si prevede che la relazione o i suoi principali elementi sono comunicati alla Cabina di regia di
cui all'art. 221 per la successiva comunicazione alla Commissione europea, alle autorità, agli organismi o alle
strutture competenti, quando tale relazione è richiesta.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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PARTE VI
DELL’ESECUZIONE
Art. 113
La norma riproduce l’attuale art. 100, che traspone fedelmente i principi di cui agli artt. 70 della direttiva
24/2014 e 87 della direttiva 25/2014. È stato eliminato un refuso contenuto nell’attuale art. 100 (“precisate”,
anziché “precisati”).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 114
Il comma 1 dell’art. 114 riproduce il testo dell’art. 101, comma 2, riepilogando le figure professionali
principali che coadiuvano il responsabile unico del procedimento nella fase esecutiva. Rispetto all’art. 101 è
stata aggiunta per chiarezza la congiunzione “o” prima dell’espressione “del verificatore della conformità”, al
fine di precisarne l’alternatività rispetto al collaudatore e alla commissione di collaudo.
Il comma 2 contiene il riferimento alle figure professionali ulteriori per gli appalti di lavori, tra le quali, le
figure professionali di nuova introduzione collegate alla gestione informativa digitale (previste nell’allegato
I.9).
I commi 3, 4 e 5 dell’attuale art. 101 sono stati soppressi per le parti descrittive delle attività e dei compiti
demandati rispettivamente al direttore dei lavori, al direttore operativo e all’ispettore di cantiere, che sono
contenute nell’allegato II.14, così come specificato nel comma 5.
Nel comma 4 si è invece mantenuta la previsione delle funzioni di coordinamento per la sicurezza in fase
esecutiva.
Il comma 6 corrisponde all’attuale art. 111, comma 1, ultimo periodo, ma la disposizione è stata modificata
per coordinarla con le previsioni sulla qualificazione delle stazioni appaltanti che sono amministrazioni
pubbliche.
I commi da 7 a 10 riguardano i soggetti degli appalti di forniture e servizi ed accorpano disposizioni che nel
Codice attuale sono contenute, non organicamente, negli artt. 101 e 111.
Nel comma 7 si è prevista un’attribuzione generalizzata al RUP delle funzioni di direzione dell’esecuzione e
si è specificata la possibilità della gestione informativa digitale (che, per i servizi, potrebbe essere il Facility
Management, il quale, se previsto, si presta ad essere condotto con l’ausilio del BIM). Il comma 8 demanda
all’allegato II.14 l’individuazione di servizi e forniture di particolare importanza (per qualità o importo delle
prestazioni) per i quali è necessaria la nomina di un direttore dell’esecuzione diverso dal RUP e il comma 10
demanda all’allegato II.14, presupposti i compiti di quest’ultimo, l’individuazione delle funzioni
dell’assistente del direttore dell’esecuzione, che può essere nominato con le modalità previste dallo stesso
comma 10 (che ricalca l’attuale comma 6 bis dell’art. 101). Il comma 9 corrisponde al comma 6 del testo
proposto, qualora il direttore dell’esecuzione non possa essere individuato tra il personale delle stazioni
appaltanti.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.14
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Questo allegato assume come base il d.m. 7 marzo 2018, n. 49, a suo tempo adottato in attuazione dell’art. 111
del decreto legislativo n. 50/2016, ma il contenuto di tale provvedimento è ampliato con ulteriori disposizioni
intese a colmare le lacune di disciplina, evidenti nel codice vigente e in parte già colmate con disposizioni di
rango primario inserite nel nuovo codice, a proposito di istituti fondamentali della fase di esecuzione
dell’appalto, quali la consegna dei lavori, le varianti in corso d’opera, la sospensione dei lavori, le riserve, il
recesso e la risoluzione del contratto d’appalto, il collaudo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 115
La disposizione, corrispondente all’attuale art. 111, ne ripropone soltanto le parti strettamente inerenti l’attività
di controllo tecnico contabile e amministrativo, in quanto le previsioni concernenti le figure professionali ed
il collaudo o la verifica di conformità sono state soppresse ed in parte trasferite rispettivamente nell’art. 114 e
nell’art. 116.
I commi 1, per i lavori, e 3, per servizi e forniture, rinviano all’allegato II.14 per la descrizione delle attività
di controllo, ma entrambi contengono la novità della necessaria utilizzazione delle piattaforme digitali. A
queste ultime si riferisce anche il comma 5, per il collegamento con la Banca dati nazionale dei contratti
pubblici, la cui previsione è stata introdotta nel Codice attuale dalla legge n. 108 del 2021.
I commi 2, per i lavori, e 4, per servizi e forniture, introducono la previsione sull’iscrizione delle “riserve”
dell’appaltatore a contenuto economico. Va sottolineato che l’esigenza di tale previsione si è posta perché,
mentre l’art. 121 sulle sospensioni tratta le riserve concernenti queste ultime, le altre riserve a contenuto
economico, allo stato non disciplinate dal decreto legislativo n. 50 del 2016, trovano la loro migliore
collocazione nella norma del codice sulla contabilità dei lavori e delle prestazioni.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 116
La disposizione riproduce gran parte del testo dell’attuale art. 102.
Nel comma 1 è stato aggiunto, rispetto al comma 2 dell’art. 102, il riferimento alla “tempistica”
dell’esecuzione ed è stato inoltre soppresso ogni riferimento ai contratti sotto soglia comunitaria perché la
relativa disciplina è contenuta nella parte dedicata a questi ultimi.
Il comma 2 conferma i tempi di completamento del collaudo e della verifica di conformità attualmente previsti
dall’art. 102, comma 3, ma consente alle stazioni appaltanti di ridurli in presenza di opere o di servizi di limitata
complessità. Al regolamento di cui al successivo comma 7 viene demandata la previsione dei casi di particolare
complessità, per i quali il termine può essere elevato (fino a un anno).
Nel comma 4, al fine di garantire l’imparzialità delle operazioni di collaudo, si è lasciata la previsione della
nomina dei collaudatori interni alla stazione appaltante, ma con la specificazione che, in tal caso, devono
appartenere a “strutture funzionalmente indipendenti”. La previsione è richiamata, per servizi e forniture, dal
comma 5, ultimo periodo.
Quest’ultima disposizione demanda la verifica di conformità al RUP ovvero al direttore dell’esecuzione, se
nominato, invertendo il rapporto regola/eccezione dell’attuale art. 111, comma 1, secondo periodo. Tuttavia è
fatta salva la possibilità per le stazioni appaltanti di nominare uno o più verificatori di conformità nelle
fattispecie previste dal secondo periodo del comma 5 come proposto.
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Il comma 6 riproduce le incompatibilità elencate dall’attuale comma 7 dell’art. 102.
Ulteriori differenze tra appalti di lavori e appalti di servizi e forniture sono segnate dai commi 7 (che, per il
collaudo, demanda la disciplina della tempistica e delle modalità tecniche, oltre che del collaudo semplificato
ad un intervento regolamentare successivo, facendo eccezionalmente salva allo stato la disciplina sul collaudo
contenuta nel d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) e dai commi 8 e 9 (che, per la verifica di conformità, rimette al
capitolato la disciplina di tempistica e modalità tecniche, prevedendo di norma la verifica di conformità in
corso di esecuzione dei contratti a prestazioni continuative o periodiche). Pare opportuno evidenziare come
l’adottanda disciplina regolamentare su collaudo e, eventualmente, verifica di conformità potrà essere
introdotta anche mediante modifica dell’allegato II.15 previsto dall’art. 114, destinato a dare attuazione alla
disciplina del codice sull’intera fase esecutiva.
Al comma 10 (corrispondente all’attuale art. 102, comma 9) si è aggiunto il riferimento all’eventuale
modellazione informativa dell’opera realizzata di cui all’art. 43.
Si è introdotto un comma 11, che riproduce il comma 1 bis già aggiunto all’art. 111 del Codice sugli
accertamenti di laboratorio e le verifiche tecniche obbligatorie. I criteri per la determinazione dei relativi costi
sono stati di recente fissati col d.m. 1 luglio 2022, che è stato riprodotto ed inserito come allegato al Codice
(allegato II.15).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.15
Questo allegato riproduce integralmente il contenuto del recentissimo d.m. 1 luglio 2022, emanato in
attuazione del comma 1-bis, dell’art. 111 del decreto legislativo n. 50/2016, introdotto dal correttivo del 2017.
Le indicazioni sui costi, già contenute nell’Allegato A al predetto d.m. 1 luglio 2022, sono state trasfuse
nell’art. 4 del presente allegato.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 117
La disposizione proposta è principalmente rivolta a dare attuazione al criterio di delega di cui all’art. 1, comma
1, lett. cc), che richiede la revisione del sistema delle garanzie fideiussorie per la partecipazione e l'esecuzione
dei contratti pubblici “[…] prevedendo, in relazione alle garanzie dell'esecuzione dei contratti, la possibilità
di sostituire le stesse mediante l'effettuazione di una ritenuta di garanzia proporzionata all'importo del
contratto in occasione del pagamento di ciascuno stato di avanzamento dei lavori.”.
Si è inserito allo scopo un apposito comma 4, che riconosce la facoltà per l’appaltatore di richiedere, prima
della conclusione del contratto, la sostituzione della cauzione o della garanzia fideiussoria con ritenute di
garanzia sugli stati di avanzamento.
Al comma 7 l’articolo rinvia, quanto alle modalità della prestazione della garanzia fideiussoria, all’art. 106,
che disciplina la garanzia per partecipare alla gara, imponendo quindi anche per la fase esecutiva agli
appaltatori che optano per la prestazione di garanzia fideiussoria, la stipulazione di polizze c.d. native digitali,
emesse e sottoscritte digitalmente e gestite da apposite piattaforme.
Le novità si completano con l’inserimento nel comma 1 della disciplina della garanzia per gli accordi-quadro,
allo stato mancante, che viene indicata nella misura massima del 2% dell’importo dell’accordo quadro.
Nel comma 12 è stata inserita la previsione - attualmente contemplata dall’ultimo comma dell’art. 104 del
decreto legislativo n. 50 del 2016 - del contenuto delle polizze fideiussorie esteso alla rivalsa verso il contraente
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e al diritto di regresso verso la stazione appaltante, nonché la previsione della nomina di un mandatario o
delegatario del garante. A questa disposizione fanno quindi rinvio, sia l’art. 118 (per i lavori di particolare
valore) sia l’art. 106 (per la garanzia provvisoria).
Il comma 14, reca la disciplina dell’esonero dalla garanzia in casi particolari. È stato eliminato il riferimento
(contenuto nell’omologa previsione dell’attuale art. 103, comma 11) ai contratti sotto soglia comunitaria
perché la relativa disciplina è stata inserita nella parte dedicata a questi ultimi.
Nello stesso comma 14 si è invece aggiunto un ultimo inciso per favorire l’applicazione delle fattispecie di
esonero dalla prestazione della garanzia ivi previste, consentendo alla stazione appaltante di farvi ricorso non
solo subordinatamente ad un miglioramento del prezzo di aggiudicazione ma anche delle condizioni di
esecuzione, cioè in presenza di un miglioramento di tipo qualitativo laddove quello economico sia difficilmente
praticabile.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 118
Il testo proposto riproduce il testo dell’attuale art. 104, non interessato dalla delega e sulla cui riproposizione
non risultano indicazioni contrarie.
Come già detto, si è però spostata, per ragioni di ordine logico, la previsione dell’ultimo comma dell’art. 104
al comma 12 dell’art. 117 proposto, lasciando, nel comma 9 del presente articolo un rinvio alla disposizione
dell’articolo precedente.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 119
La disposizione ricalca il testo dell’attuale art. 105 come modificato dall’art. 49 del decreto-legge n. 77/2021,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, e dall’art. 10 della legge n. 231 del 2021, in
particolare quanto alla soppressione dei limiti quantitativi al subappalto ed al rispetto da parte del
subappaltatore dell’obbligo di indicare una terna di nominativi di sub-appaltatori in fase di aggiudicazione e
di offerta.
Nel comma 1 si è apportata una correzione al comma 1 dell’attuale art. 105, per rimediare ad un’imprecisione
teorica riguardante il regime delle nullità collegato al divieto di cessione del contratto ed ai limiti del
subappalto. Si è quindi previsto che la nullità riguardi il contratto di cessione e gli accordi in deroga ai limiti
normativi del subappalto, mentre l’ambigua formulazione dell’art. 105, comma 1, riferiva la nullità, piuttosto,
al contratto ceduto.
Sempre nel comma 1, al terzo periodo, si è riferito il limite al subappalto alla prevalente esecuzione delle
lavorazioni relative alla “categoria prevalente” piuttosto che al “complesso delle categorie prevalenti” (come
nel comma 1 dell’art. 105) per collegare la previsione all’attuale sistema di qualificazione degli operatori
economici, che prevede che la categoria prevalente sia unica.
Analogamente, è stato aggiunto un inciso al primo periodo del comma 2 per precisare le caratteristiche
distintive del contratto di subappalto rispetto ad altri contratti, indicando la necessità che l’organizzazione dei
mezzi e i rischi siano a carico del subappaltatore.
Al comma 3 si sono apportate modifiche alle previsioni delle lettere a) e c-bis) dell’art. 105 per adeguare il
testo normativo alla giurisprudenza in tema di prestazioni demandabili ai lavoratori autonomi e prestazioni
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esenti dalla disciplina del subappalto perché oggetto di rapporti esistenti prima dell’indizione della procedura
di gara, limitando, in entrambi i casi, il riferimento alle prestazioni “secondarie, accessorie o sussidiarie”,
secondo le indicazioni giurisprudenziali.
Nella proposta, il nuovo comma 17 tende a soddisfare le prescrizioni delle direttive UE in ordine al divieto di
limitazioni al ricorso al c.d. subappalto di subappalto fissate in maniera astratta, a prescindere dalla possibilità
di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione del carattere essenziale degli incarichi.
Le limitazioni devono, pur nel rispetto necessario dei principi di trasparenza e di tutela del mercato del lavoro,
essere dunque specifiche e motivate.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 120
La disposizione riproduce, con modifiche, l’art. 106 del decreto legislativo n. 50 del 2016, la cui rubrica è stata
modificata (da “modifica dei contratti durante il periodo di efficacia” a “modifica dei contratti in corso di
esecuzione”) per renderla più coerente con le fasi dell’appalto. Infatti, nel testo attuale dell’art. 106, che
riproduce quello della direttiva, si mostra sovrabbondante il riferimento al “periodo di efficacia”, poiché lo ius
variandi del committente presuppone che gli effetti del contratto non siano cessati.
Al comma 1 le modifiche consentite dal punto di vista qualitativo, perché non “snaturanti” (come definite
all’interno della stessa disposizione, secondo quanto sopra); al comma 2 le modifiche ammesse in ragione del
dato quantitativo (e comunque non “snaturanti” secondo quanto sopra); al comma 6 le modifiche ammesse
perché non “sostanziali”, con contestuale specificazione di quelle che -secondo la direttiva- sono sostanziali
per definizione. Al comma 7 si sono previste le modifiche che, invece, tenuto conto dei limiti posti dalle
direttive, possono comunque essere ammesse.
Nel comma 8 si è introdotta una disposizione di coordinamento col principio di necessaria rinegoziazione
espresso nell’art. 9 (Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale).
Si è mantenuta, nel comma 10, la disposizione sull’opzione di proroga, contenuta nel comma 11 dell’art. 106,
provvedendo tuttavia a distinguere questa fattispecie – che sostanzialmente rientra nella previsione del comma
1, lett. a) – dalla c.d. proroga tecnica, resa necessaria da eccezionali situazioni collegate alla successione degli
affidamenti. Nel testo dell’art. 120 proposto è stato pertanto eliminato dal comma 10, relativo all’opzione di
proroga, il riferimento, contenuto nell’art. 106, comma 11, al “tempo strettamente necessario alla conclusione
delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente” ed è stato inserito un apposito comma
11, che disciplina specificamente la c.d. proroga tecnica. Per quest’ultima, è stata esclusa la possibilità per
l’amministrazione di applicare prezzi più favorevoli, poiché il gestore uscente “subisce” una proroga che è
indipendente dalla sua volontà. L’opzione di proroga può invece prevedere la variabilità dei prezzi (da inserire
peraltro in corrispondenti clausole contrattuali).
Le novità ulteriori sono le seguenti:
-
precisazione terminologica di alcune fattispecie trasposte dalla direttiva (in particolare, comma 1, lett.
c e lett. d, n. 1); si segnala la modifica apportata all’espressione della parte finale del comma 1, lett.
b), n. 2, in quanto si è ritenuto di sostituire il riferimento alla “duplicazione” dei costi con “sostanziale
incremento dei costi” perché il termine duplicazione che risale al testo italiano della direttiva evoca
necessariamente il concetto, più o meno, di raddoppio, ma non è certo che questo fosse il pensiero del
Legislatore europeo, tanto è vero che il termine figura nelle versioni italiana e inglese, mentre le altre
lingue usano il diverso concetto di aumento/incremento considerevole;
-
necessità di prevedere il c.d. quinto d’obbligo sin nei documenti di gara iniziali (comma 9), per rendere
la previsione compatibile con le fattispecie di modifica consentite dalla direttiva;
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-
spostamento nell’allegato II.14 di tutte le fattispecie di comunicazione e trasmissione all’ANAC di
modifiche e varianti in corso d’opera;
-
spostamento nell’allegato II.14 della disciplina della cessione dei crediti.
Si è previsto l’obbligo di pubblicazione per le modifiche di rilevanza europea mediante avviso contenente le
informazioni di cui all’apposito allegato II.16 (comma 14). In sede di prima applicazione del codice, l’allegato
è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell’art.
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
di concerto con il Ministro per gli affari europei, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato
al codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.16
Questo allegato, relativo alle informazioni da pubblicare a livello europeo in caso di modifiche di contratti
d’appalto in corso di esecuzione (nei casi in cui ciò è consentito), riproduce integralmente e senza variazioni
la lettera E della parte I dell’allegato XIV al vigente decreto legislativo n. 50/2016.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 121
La principale novità della disposizione, che disciplina la sospensione dell’esecuzione riproducendo con
modifiche l’attuale art. 107, attiene al coordinamento della stessa con le norme sul Collegio consultivo tecnico,
realizzato nei commi 3 e 8.
La disposizione del codice sulle sospensioni viene snellita spostando nell’allegato le previsioni di dettaglio.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 122
La disposizione, che disciplina la risoluzione del contratto, corrisponde all’attuale art. 108.
Si è ritenuto di introdurre al comma 1 l’inciso chiarificatore per il quale le stazioni appaltanti possono risolvere
il contratto di appalto “senza limiti di tempo”, in correlazione con la soppressione dell’attuale comma 1-bis
dell’art. 108 (che esclude l’applicabilità alla risoluzione del termine di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241 del
1990, sull’autoannullamento).
Si segnala la reimpostazione delle lettere a) e b) del comma 1 in linea con il riferimento alla necessità di
introdurre le modifiche sostanziali o oltre soglia (“il contratto dovrebbe subire una modifica sostanziale che
richiede una nuova procedura di appalto ai sensi dell'articolo…”).
La disposizione del codice sulla risoluzione viene snellita spostando nell’allegato II.14 le previsioni di dettaglio
evidenziate. Si è ritenuto di mantenere nel codice l’ultimo comma dell’art. 108 (divenuto comma 8 dell’art.
120) poiché prevede in capo alla stazione appaltante una facoltà alternativa all’esecuzione di provvedimenti
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giurisdizionali (che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro), che
non può essere demandata alla normativa secondaria, trattandosi di un diritto soggettivo riconosciuto in favore
della stazione appaltante.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 123
La disposizione disciplina il recesso, riproducendo con modifiche l’attuale art. 109.
Nel comma 1, anziché “previo il pagamento”, formula adottata sia dal comma 1 dell’art. 109, sia dalle norme
previgenti (art. 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006; art. 122 del d.P.R. n. 554 del 1999), che sembra
evocare una priorità temporale del pagamento rispetto al recesso, si è ritenuto di utilizzare la formulazione
dell’analogo istituto del recesso unilaterale del committente di cui all’art. 1671 cod. civ. e cioè: “purché tenga
indenne l’appaltatore mediante pagamento […]”
La disposizione del codice sul recesso è stata snellita spostando nell’allegato II.14 le previsioni di dettagli. In
particolare, il comma 3 ha rinviato all’allegato la disciplina sul rimborso dei materiali, la facoltà di ritenzione
della stazione appaltante e gli obblighi di rimozione e sgombero dell’appaltatore, già contenuta nei commi da
4 a 6 dell’attuale art. 109.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 124
La disposizione si occupa dell’esecuzione o completamento dei lavori, servizi o forniture in caso di insolvenza
o di impedimento alla prosecuzione dell’affidamento con l’esecutore designato e corrisponde all’attuale art.
110 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il testo proposto dell’art. 124, per bilanciare le contrapposte esigenze della stazione appaltante, di contenere i
costi dell’opera pubblica, ma anche di completarne la realizzazione (ovvero, per gli appalti di servizi e forniture
di contenerne i costi, ma pervenire alla conclusione del servizio o della fornitura), aggiunge al comma 2 un
secondo periodo, prevedendo la facoltà per la stazione appaltante di disporre nei documenti di gara che, in
caso di subentro con scorrimento della graduatoria, le condizioni economiche del contratto saranno quelle
proposte dal subentrante (sempre che il subentro sia economicamente e tecnicamente possibile ai sensi del
comma 1 riformato).
Al comma 4 si è previsto, a differenza dell’attuale regime, che la sopravvenienza della liquidazione giudiziale
dopo il provvedimento di aggiudicazione non comporti automaticamente la decadenza dall’aggiudicazione,
ma il contratto possa essere stipulato col curatore autorizzato all’esercizio dell’impresa, previa autorizzazione
del giudice delegato.
Nel comma 3 è stata introdotta una disciplina di coordinamento con le disposizioni in tema di collegio
consultivo tecnico.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 125
In questa disposizione sono state inserite le norme su:
72
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-
anticipazione del corrispettivo: al comma 1 si è prevista l’estensione discrezionale dell’anticipazione
per le stazioni appaltanti fino al 30% e la disciplina dell’anticipazione per i contratti di servizi e
forniture pluriennali;
-
pagamento acconti: si sono recepite, ai commi 3, 4 e 5, le modifiche apportate dalla legge n. 238 del
2021, ma sono state coordinate con l’intera disposizione; si è ritenuto di collegare l’emissione della
fattura a quella del certificato di pagamento, piuttosto che all’emissione del s.a.l. (considerato che
quest’ultimo è un documento contabile, di per sé non idoneo a quantificare con esattezza l’importo via
via dovuto dalla stazione appaltante); per contenere il rischio di ritardi ingiustificati nell’emissione dei
certificati di pagamento si è introdotto l’ultimo periodo del comma 5, che ne fa oggetto di valutazione
del RUP ai fini della liquidazione dell’incentivo; il comma 6 estende le previsioni dei commi
precedenti ai contratti di servizi e forniture a carattere periodico o continuativo;
-
pagamento rata saldo: il comma 7 riproduce l’attuale disciplina dell’art. 113-bis, comma 2; così come
il comma 8 riproduce il richiamo all’art. 4, comma 6 del decreto legislativo n. 231 del 2002 contenuto
nel comma 3 dell’art. 113-bis; è stato poi aggiunto un comma 9 per meglio coordinare la disposizione
con le previsioni del decreto legislativo n. 231 del 2002 in tema di interessi di mora nel caso di ritardo
nei pagamenti.
Il comma 9 invece richiama, per la quantificazione degli interessi ed il riconoscimento delle spese di
liquidazione, gli artt. 5 e 6 del decreto legislativo n. 231 del 2002.
È stato inserito il comma 10 al fine di coordinare la disposizione sui pagamenti con la tenuta digitale della
contabilità. Con tale ultima disposizione, ed il sistema di contabilità che presuppone, si intende dare attuazione
ai criteri di delega delle lettere l) e ii) dell’art. 1 della legge delega, già riprodotti nella relazione introduttiva.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 126
La disposizione ha ad oggetto penali e premi di accelerazione.
Per le penali contrattuali, il comma 1 riproduce l’attuale comma 4 dell’art. 113-bis.
Per i premi di accelerazione, il comma 2 trae spunto dall’art. 50, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2021,
n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2021, n. 108, lasciando, tuttavia, alla discrezionalità
della stazione appaltante la previsione di tali incentivi.
Quindi il primo periodo del comma 2 proposto, che per il premio di accelerazione fa riferimento al termine
fissato contrattualmente, senza ulteriori specificazioni, non potrà che essere interpretato in continuità col detto
orientamento giurisprudenziale.
Il terzo periodo del comma 2 tiene conto di tale dibattito, ma anche del criterio direttivo della legge delega a
favore degli strumenti incentivanti, e quindi consente un’estensione dell’attuale applicazione dell’istituto del
premio incentivante nei lavori, quale risulta dalla giurisprudenza maggioritaria del giudice di legittimità, ma
ne rimette la regolamentazione in concreto alla discrezionalità della stazione appaltante, da esercitarsi mediante
l’inserimento di clausole chiare e inequivoche nei documenti di gara iniziali e quindi nel contratto.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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PARTE VII
DIPOSIZIONI PARTICOLARI PER ALCUNI CONTRATTI DEI SETTORI ORDINARI
Titolo I – I servizi sociali e i servizi assimilati
Art. 127
Sotto il profilo terminologico, si è preferito sostituire, fin dalla rubrica della disposizione, l’espressione ‘altri
servizi specifici’ (contenuta nell’attuale art. 140) ovvero ‘altri servizi’ (contenuta nella rubrica dell’attuale
Capo II della Sezione IV) con quella, meno generica e più espressiva, di ‘servizi assimilati’ ai servizi sociali,
che dà conto della uniformità della relativa disciplina pur nella eterogeneità dei settori di riferimento.
Ancora sotto il profilo terminologico, si è sostituito il riferimento alla ‘aggiudicazione degli appalti’ con il più
comprensivo ‘affidamento’ del servizio (così il comma 3 del testo proposto): ciò per escludere ogni preclusione
al ricorso allo strumento della concessione. Sicché – anche sotto questo profilo in coerenza con l’opzione
‘sistematica’ di autosufficienza della disciplina dei contratti di concessione – la normativa in questione deve
ritenersi, per questa parte, ‘di carattere generale’.
Della necessità di coordinamento con la disciplina del c.d. Codice del Terzo Settore, approvato con decreto
legislativo n. 117/2017 in attuazione della delega di cui alla legge n. 106/2016, si è tenuto conto mercé il
comprensivo richiamo fatto in apertura dal comma 1 del testo proposto all’art. 6 del codice, il quale costituisce
disciplina di principio.
In materia, risultano da ultimo adottate le Linee Guida ANAC n. 17 del 27 luglio 2022, non recepite.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 128
Con la disposizione in esame si è inteso, per ragioni di chiarezza e di coerenza, dedicare un apposito articolo
ai servizi assoggettati al c.d. regime intermedio di cui all’attuale art. 142, commi 5-bis e seguenti, introdotto
dal decreto legislativo n. 56/2017. La scelta è stata anche di ordine terminologico, con il complessivo
riferimento ai ‘servizi alla persona’, espressamente elencati, all’interno del comprensivo genus, al comma 2
(e richiamati nell’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014).
Si segnala peraltro, per la sua attitudine innovativa, la previsione del comma 8, con la quale – relativamente
agli affidamenti di servizi alla persona inferiori alla soglia europea – si è scelto di non richiamare, in prospettiva
liberalizzante, la disciplina generale degli appalti sotto soglia, ma di imporre (attraverso il richiamo al comma
3) esclusivamente il rispetto dei principi (generali) di qualità, continuità, accessibilità, disponibilità e
completezza, e gli obblighi di tenere conto delle esigenze specifiche delle diverse categorie di utenti, compresi
i gruppi svantaggiati, e di promuovere il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli utenti. Si è inteso, con
ciò, recepire le diffuse istanze degli operatori del settore, con particolare riferimento alla obiettiva criticità
dell’attuazione, nei settori in questione, del principio di rotazione.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo II – Gli appalti di servizi sociali e di altri servizi nei settori ordinari
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Art. 129
La disposizione è dedicata alla disciplina dei ‘contratti’ riservati (tale nuova denominazione è apparsa più
corretta, al fine – già evidenziato – di non marcare in subiecta materia una aprioristica preclusione al ricorso
al contratto di concessione). Detta disciplina trae fondamento dagli artt. 77 della direttiva 2014/24/UE e 94
della direttiva 2014/25/UE ed è rimasta, nella riformulazione, sostanzialmente immutata rispetto a quella
attuale, contenuta nell’art. 143.
Come già per l’art. 127, anche in tal caso il richiamo alla normativa del c.d. Terzo settore è comprensivamente
operato mediante un apposito richiamo all’art. 6 del codice, contenuto nel comma 2 del testo proposto.
Il riferimento (contenuto nel corpo dell’attuale art. 143) alle ‘organizzazioni’ è stato espunto, in quanto privo
di riscontro nella disciplina di settore, e sostituito con il riferimento agli ‘enti’.
Inoltre, è stata collocata in un apposito comma (il comma 3) la prescrizione del divieto di riaffidamento
infratriennale, attualmente inserita meno congruamente dal comma 2, lett. d), dell’art. 143 tra le ‘condizioni’
per la riserva.
In ogni caso la durata massima del contratto non può superare i tre anni (comma 4).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 130
La disposizione contiene la disciplina dei ‘servizi di ristorazione’, che è stata tenuta distinta (avuto riguardo
alla eterogeneità delle relative prestazioni contrattuali e, di conseguenza, dei relativi principi ispiratori) da
quella dei ‘servizi sostitutivi di mensa’, affidata al successivo art. 131 (mentre nell’attuale assetto una sola
disposizione, l’art. 144, contempla ambedue le discipline).
La norma è stata sostanzialmente interessata da un intervento di drafting rispetto all’attuale art. 144, con il
quale nel comma 1 sono stati separatamente evidenziati – per una maggiore intellegibilità – mediante apposita
elencazione i criteri ‘specifici’ preordinati alla valutazione delle offerte.
Si è, altresì, conservato il richiamo alla normativa speciale inerente la refezione scolastica, assistenziale ed
ospedaliera. A tale richiamo è stata data, peraltro, maggiore evidenza, anche qui per una migliore intellegibilità
rispetto all’attuale comma 1 dell’art. 144, dedicando ad esso appositi commi (i commi 2 e 3) e specificando in
questi l’oggetto del richiamo stesso.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 131
La disciplina dei ‘servizi sostitutivi di mensa’ è stata scorporata, per le ragioni evidenziate in sede di relazione
illustrativa dell’art. 130, da quella avente ad oggetto i servizi di ristorazione.
Senza innovazioni sostanziali rispetto all’attuale art. 144, sono stati affidati a diversi commi, per ragioni di
maggiore chiarezza: 1) la definizione dell’attività dei servizi sostitutivi e, quindi, dell’ambito oggettivo della
disposizione (comma 1); 2) i requisiti degli operatori economici, nazionali ed aventi sede in altri Paesi
dell’Unione europea (commi 2 e 4); 3) le modalità di dimostrazione dei requisiti (comma 3).
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Il comma 5 recepisce e generalizza, trasformandola in norma a regime, la previsione dell’art. 26-bis del
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 (che ha dettato una disciplina
temporanea apportando modifiche al comma 6 dell’attuale art. 144).
Il comma 6 prevede che un allegato individui gli esercizi presso cui può essere erogato il servizio sostitutivo
di mensa, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione dei
buoni e i titolari degli esercizi convenzionabili.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.17
Questo allegato riproduce la disciplina integralmente regolamentare, in tema di servizi sostitutivi di mensa
mediante c.d. buoni pasto, già contenuta nel d.m. 7 giugno 2017, n. 122, attuativo dell’art. 144 del vigente
decreto legislativo n. 50/2016, decreto che viene pertanto abrogato (cfr. art. 227).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo III – I contratti nel settore dei beni culturali
Art. 132
L’articolo, al comma 1, disegna l’assetto normativo dei contratti relativi al settore dei beni culturali nell’ambito
dell’impianto del Codice e, al comma 2, reca la conferma del divieto di avvalimento per i contratti del settore
dei beni culturali, già previsto dall’art. 146, comma 3, del decreto legislativo n. 50/2016. Si segnala che, sul
tema, è intervenuta una recente pronuncia della Corte costituzionale (Corte costituzionale 11 aprile 2022 n.
91) che ne ha sancito la legittimità costituzionale, mentre non risultano, allo stato, rinvii pregiudiziali su questo
punto alla Corte di Giustizia.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 133
L’articolo – che si compone di un unico comma – rinvia alla fonte regolamentare per gli aspetti di maggiore
dettaglio (e nell’ottica di salvaguardia delle specifiche esigenze di tutela del settore) in tema di requisiti di
qualificazione sia dei soggetti esecutori dei lavori nel settore dei beni culturali sia dei direttori tecnici, nonché
in tema di livelli e contenuto della progettazione, di varianti, di lavori di somma urgenza e di collaudo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.18
Questo allegato è predisposto avendo come riferimento il vigente d.m. 22 agosto 2017, n. 154, recante la
disciplina attuativa del codice del 2016 in materia di lavori su beni culturali, con i necessari adeguamenti
conseguenti alla necessità di raccordare la disciplina attuativa con la nuova disciplina come articolata dal
codice emanando e soprattutto con le parti maggiormente innovative di essa (in particolare, in tema di
progettazione).
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 134
La disposizione, corrispondente all’attuale art. 151, si occupa della collaborazione tra pubblico e privato nello
svolgimento di attività finalizzate alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali, di regola svolte nelle forme
della sponsorizzazione e del partenariato. Il riferimento alla “valorizzazione” dei beni culturali, oltre che alla
loro tutela, contenuto nel comma 1, risponde ad una sollecitazione in tal senso della dottrina.
Nella formulazione proposta, queste forme di collaborazione vengono ricondotte dal comma 1, tramite rinvio
alla disciplina comune, all’ampia categoria dei contratti gratuiti recepita nel codice (v. art. 8, comma 1).
Nell’ottica di una maggiore tutela e valorizzazione dei beni culturali, il comma 2 del testo proposto prevede
la possibilità che l’attivazione di forme speciali di partenariato sia estesa anche ai beni culturali mobili, oltre
che agli immobili, eliminando pertanto il precedente riferimento ai soli beni immobili contenuto nel comma 3
dell’attuale art. 151.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo IV – I servizi di ricerca e sviluppo
Art. 135
La disposizione disciplina, senza innovazioni sostanziali rispetto all’attuale art. 158, l’affidamento dei servizi
di ricerca e sviluppo e gli appalti pre-commerciali.
Per quanto riguarda i settori interessati, si è scelto di predisporne un elenco nell’apposito allegato II.19, che è
richiamato dal comma 1. Ciò, in modo da non appesantire la norma, tenuto conto che il comma 1 dell’attuale
art. 158 richiama i servizi di ricerca e sviluppo, in guisa non immediatamente intellegibile, tramite indicazione
del CPV.
Rispetto alla disciplina attuale, al comma 2 del testo proposto sono stati separatamente evidenziati – per una
maggiore intellegibilità – mediante apposita elencazione i requisiti, in presenza dei quali le stazioni appaltanti
possono ricorrere agli appalti pre-commerciali.
Al comma 3 si prevede che in sede di prima applicazione del codice, l’allegato II.19 è abrogato a decorrere
dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro dell’università e della di concerto con il Ministro
delle imprese e del made in Italy, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.19
Quest’allegato riproduce l’elencazione dei servizi di ricerca e sviluppo, in precedenza elencati, ovvero indicati
con richiamo alla comunicazione della Commissione europea COM 799 (2007) del 14 dicembre 2007, dall’art.
158 del decreto legislativo n. 50/2016.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo V – I contratti nel settore della difesa e sicurezza; i contratti secretati
Articoli 136-138
La disciplina sovranazionale tratta il settore della difesa con disciplina speciale, autonoma e autosufficiente
rispetto alla disciplina generale dei contratti pubblici. In tal senso sono tanto i “considerata” quanto i contenuti
della direttiva 81/2009/CEE, confermati dalle clausole di salvaguardia delle successive direttive 24 e 25 del
2014 (cfr. l’art. 14 della direttiva 24 e l’art. 24 della direttiva 25).
Senza innovazioni sostanziali, nella riscrittura della disciplina si è scelto:
a) di ‘incorporare’ nel nuovo art. 136 (che sostituisce l’art. 159) l’attuale previsione di cui all’art. 1, comma 6,
del decreto legislativo n. 50 del 2016, al fine di ‘ritagliare’ per esclusione l’ambito (residuale, nel senso sopra
rammentato) della disciplina codicistica (con la successiva indicazione delle regole speciali);
b) di introdurre nell’art. 136 un apposito comma (il comma 2) per valorizzare la (ulteriore e generale) causa
di esclusione dall’ambito del codice, correlata alla applicazione dell’art. 346 TFUE (attualmente già prevista
nel comma 1 dell’art. 159);
c) di conservare gli ulteriori commi dell’attuale art. 159, che dettano disposizioni di specie, espungendo tuttavia
il comma 4 bis, inopportunamente collocato in questa sede dall’art. 47-bis del decreto legislativo 30 aprile
2019, n. 34, e ricollocato nella disciplina generale delle ‘soglie’ contrattuali.
Si è preferito, relativamente ai contratti della difesa e per ragioni di concentrazione della disciplina residuale,
di conservare nel corpo dell’art. 136 il riferimento sia ai concorsi di progettazione (comma 2) che alle
concessioni (comma 3), per le quali, peraltro, opera un richiamo generale alla disciplina del Libro IV.
Assecondando anche in tale occasione una opzione di fondo nella redazione del codice, nelle more della
adozione, con decreto del Ministro della Difesa, di un regolamento (comma 4 dell’art. 136), la disciplina
transitoria contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica del 15 novembre 2012, n. 236, attualmente
richiamata dall’art. 216, comma 20, è stata incorporata, al fine di rendere le relative disposizioni
immediatamente operative, in apposito Allegato.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato II.20
L'allegato innova e semplifica la normativa specifica sulle procedure di affidamento in materia di difesa e
sicurezza, ancora ad oggi disciplinata dal d.P.R. n. 263/2012 (che viene sostituito dal presente allegato,
venendo quindi abrogato dall’art. 227), limitando al massimo le deroghe alla disciplina ordinaria, con
particolare riferimento ai contratti misti di cui all'art. 137 del codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 139
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La disposizione, sostanzialmente riproduttiva dell’attuale art. 162, si occupa della disciplina dei contratti
secretati, che ha un ambito non limitato al settore della Difesa, ma esteso a tutte le Amministrazioni, in presenza
delle esigenze di segretezza descritte al comma 1.
Il comma 5 è stato riscritto, rispetto alla formulazione dell’attuale art. 162, per tenere conto, in conformità
dell’indicazione della legge delega, delle previsioni dell’art. 5, comma 1 bis, del decreto-legge n. 28/2020,
convertito dalla legge n. 70/20.
In particolare, il comma 2 prevede sul punto che i provvedimenti di secretazione debbano motivare in maniera
specifica: a) le cause che giustificano la stipulazione di un contratto secretato; b) le ragioni sottostanti alla
individuazione della specifica classificazione scelta ovvero alla necessità di speciali misure di sicurezza,
utilizzando i parametri contenuti nella disciplina speciale (art. 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo VI – Le procedure in caso di urgenza e di protezione civile
Art. 140
Relativamente ai contratti ed alle procedure di affidamento urgenti, si è ritenuto di non intervenire sulle varie
e gradate fattispecie di urgenza variamente qualificate, attualmente previste dall’art. 163 del vigente codice,
né sulle previsioni di dettaglio.
Sul piano formale, al comma 6 è stato aggiornato (con il richiamo alla disciplina del decreto legislativo n. 1
del 2018) l’attuale, e superato, riferimento al decreto legislativo n. 225 del 1992, contenuto nel comma 6
dell’art. 163.
Per i servizi e le forniture è stata introdotta al comma 9 la soglia di euro 140.000, in coerenza con la disciplina
generale del codice.
Si è, infine, optato per la soppressione del parere di congruità affidato all’ANAC dal vigente comma 9 dell’art.
163, in quanto recante un incongruo aggravio procedimentale.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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LIBRO III
DELL’APPALTO NEI SETTORI SPECIALI
PARTE I
DISPOSIZIONI APPLICABILI E AMBITO SOGGETTIVO
Art. 141
Il presente articolo mira ad individuare in modo sostanzialmente completo l’ambito soggettivo di applicazione
del Libro III, nonché le disposizioni generali degli altri Libri che risultano applicabili ai settori speciali.
In particolare, il presente articolo:
a) ribadisce, con minime modifiche rispetto alla disciplina vigente, la perimetrazione dell’ambito soggettivo
relativo ai settori speciali, in conformità alla direttiva 2014/25/UE (comma 1);
b) semplifica rispetto alla normativa vigente il riferimento alle modalità di attribuzione dei diritti speciali o
esclusivi;
c) stabilisce che le imprese pubbliche e i privati titolari di diritti speciali o esclusivi applicano le disposizioni
del Libro III con il limite della strumentalità (comma 2), da intendersi in senso strettamente funzionale, in
armonia con le indicazioni del diritto dell’Unione europea e della giurisprudenza;
d) opera un’analitica individuazione delle disposizioni dei Libri I e II che trovano applicazione anche
nell’ambito dei settori speciali (comma 3). L’individuazione in questione è puntuale e mira a superare le
criticità del rinvio “nei limiti della compatibilità” che avevano caratterizzato la vigenza dell’articolo 114 del
decreto legislativo n. 50 del 2016.
e) introduce un elenco di “poteri di autorganizzazione” riconosciuti alle imprese pubbliche e ai privati titolari
di diritti speciali o esclusivi. In particolare, viene ammessa la possibilità di istituire e disciplinare autonomi
sistemi di qualificazione, secondo quanto previsto al successivo articolo 168, nonché di adottare una disciplina
specifica sulle funzioni del RUP e di specificare in relazione alle proprie esigenze la nozione di “variante in
corso d’opera” (comma 4);
f) al comma 5, recepisce puntualmente l’articolo 65, par. 1 della Direttiva 2014/25/UE e mira a superare (per
quanto riguarda la questione della suddivisione in lotti) un caso di “gold plating” che si è determinato con la
redazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 (articolo 51).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 142
L’articolo in esame ricolloca, ai fini della perimetrazione dell’ambito oggettivo dei settori speciali, le
disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (che prevedono una esenzione
generale dalla applicazione del codice, ma concernono, appunto, soltanto i settori speciali).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Art. 143
Il presente articolo ricolloca nella corretta sedes del Libro III del codice la previsione (di analogo contenuto)
già contenuta nell’articolo 8 del decreto legislativo n. 50 del 2016, anch’essa inerente ai soli settori speciali:
per tal via, è definito – in negativo – il relativo ambito applicativo.
In particolare, il presente articolo stabilisce che i contratti destinati a permettere un’attività propria dei cc.dd.
‘settori speciali’ non resti assoggettata alle previsioni del codice laddove la medesima attività risulti
direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili (comma 1).
I commi da 2 a 9 individuano, conformemente alle previsioni della Direttiva 2014/25/UE, le attività esposte
direttamente alla concorrenza e la cooperazione che, a tal fine, può essere attivata fra le Autorità nazionali e la
Commissione europea.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 144
Il presente articolo ricolloca nella corretta sedes del Libro III il contenuto dell’articolo 13 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale stabilisce una esclusione specifica per i settori speciali e recepisce la
corrispondente previsione dell’articolo 18 della direttiva 2014/25/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 145
Il presente articolo ricolloca nella corretta sedes tassonomica (rappresentata dal Libro III) le previsioni
dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 50 del 2016, riferito alle esenzioni relative ai settori speciali, e che
costituisce puntuale recepimento dell’articolo 19 della direttiva 2014/25/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 146
L’articolo in questione riprende, senza sostanziali modifiche, il contenuto dell’articolo 115 del decreto
legislativo n. 50 del 2016 il quale – a propria volta - recepiva de plano l’articolo 8 della direttiva 2014/25/UE.
In particolare, l’articolo:
-
individua in modo puntuale le attività inerenti all’affidamento di contratti inerenti ai settori del gas e
dell’energia termica che restano comunque soggette all’applicazione del codice (comma 1);
-
individua in modo altrettanto puntuale le condizioni al ricorrere delle quali l’alimentazione di reti fisse
che forniscono un servizio al pubblico da parte di imprese pubbliche o di soggetti privati titolari di
diritti speciali o esclusivi non rientra nell’ambito di applicazione del comma 1 (e conseguentemente
non determina l’applicabilità delle previsioni del codice – comma 2).
Inoltre, il comma 3 ricolloca nella presente sede la previsione dell’articolo 11, comma 1, lett. b) del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale – recependo testualmente l’articolo 23 della direttiva 2014/25/UE – si
riferisce ad esclusioni specifiche del settore in considerazione.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 147
L’articolo in questione riprende, senza sostanziali modifiche, il contenuto dell’articolo 116 del decreto
legislativo n. 50 del 2016 il quale – a propria volta - recepiva de plano l’articolo 9 della direttiva 2014/25/UE.
In particolare, l’articolo:
-
individua in modo puntuale le attività inerenti all’affidamento di contratti inerenti ai settori
dell’energia elettrica che restano comunque soggette all’applicazione del codice (comma 1);
-
individua in modo altrettanto puntuale le condizioni al ricorrere delle quali l’alimentazione, con
elettricità, di reti fisse che forniscono un servizio al pubblico da parte di imprese pubbliche o di soggetti
privati titolari di diritti speciali o esclusivi non rientra nell’ambito di applicazione del comma 1 (e
conseguentemente non determina l’applicabilità delle previsioni del codice – comma 2).
-
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
Art. 148
Il presente articolo recepisce fedelmente gli articoli 10 e 23 della direttiva 2014/25/UE, nonché l’articolo 12
della direttiva 2014/23/UE e definisce l’ambito di applicabilità del codice nel settore idrico.
Anche in questo caso, al fine di garantire la logica di ‘autosufficienza’ che caratterizza i diversi articoli del
Libro III, si è deciso di riscrivere – incorporandoli in un articolo unitario – distinti articoli che, nell’ambito del
decreto legislativo n. 50 del 2016, erano dislocati in diversi punti dell’articolato.
In particolare, relativamente al “settore idrico”, il presente articolo riscrive ed incorpora gli articoli 117 e 12,
nonché l’articolo 11, comma 1 lett. a) del decreto n. 50.
Nello specifico, il comma 1 individua in modo puntuale i contratti inerenti il settore idrico che restano
comunque soggette all’applicazione del codice.
Il comma 2 individua in modo altrettanto puntuale le condizioni al ricorrere delle quali l’alimentazione, con
acqua potabile, di reti fisse che forniscono un servizio al pubblico da parte di imprese pubbliche o di soggetti
privati titolari di diritti speciali o esclusivi non rientra nell’ambito di applicazione del comma 1 (e
conseguentemente non determina l’applicabilità delle previsioni del codice).
Il comma 3 sancisce l’applicazione del codice nel caso di appalti o concorsi di progettazione attribuiti ovvero
organizzati da stazioni appaltanti o enti concedenti, i quali esercitano la propria attività nell’ambito del settore
idrico, al ricorrere di puntuali condizioni espressamente individuate.
I commi 4, 5 e 6 sanciscono specifiche esclusioni di appalti nel settore idrico dall’ambito di applicazione del
codice.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 149
Il presente articolo riprende in primo luogo il contenuto dell’articolo 118 del decreto legislativo n. 50 del 2016
il quale (recependo in modo puntuale l’articolo 11 della Dir. 2014/25/UE) disciplinava il settore degli
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affidamenti di specifici servizi di trasporto, senza peraltro modificare il contenuto della previgente disciplina
di cui all’articolo 210 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
Il comma 1 prevede l’applicazione delle disposizioni del codice alle attività di messa a disposizione o gestione
di reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario, filoviario,
ovvero mediante autobus, sistemi automatici o cavo.
Il comma 2 descrive le condizioni in presenza delle quali nei servizi di trasporto si ritiene esistente una rete.
In particolare, è rilevante che il servizio venga fornito secondo le prescrizioni operative stabilite dalle
competenti autorità pubbliche, quali quelle relative alle tratte da servire, alla capacità di trasporto disponibile
o alla frequenza del servizio.
Il presente articolo incorpora altresì, secondo la logica di ‘autosufficienza’ che caratterizza l’intero Libro III:
-
le disposizioni di esclusione di cui al vigente articolo 17, co. 1, lett. i), del decreto legislativo n. 50 del
2016, relative ai servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia o metropolitana (comma 3),
nonché
-
le ulteriori disposizioni di esclusione di cui all’articolo 18, comma 1, lett. a) del medesimo decreto n.
50, relative a particolari tipologie di concessioni di servizio di trasporto aereo ovvero di trasporto
pubblico di passeggeri (comma 4).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 150
Il presente articolo riprende, senza modifiche sostanziali, il contenuto dell’articolo 119 del decreto legislativo
n. 50 del 2016 il quale – a propria volta - recepiva fedelmente l’articolo 12 della direttiva 2014/25/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 151
Il presente articolo riprende, con minime variazioni formali, il contenuto dell’articolo 120 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale recepisce a propria volta in modo puntuale l’articolo 13 della direttiva
2014/25/UE.
Il comma 1 sancisce l’applicazione delle disposizioni del codice alle attività di prestazione di servizi postali e
altri servizi diversi da quelli postali, purché tali servizi siano prestati da un Ente che offre servizi postali e i
servizi di che trattasi non riguardino attività direttamente esposte alla concorrenza su mercati liberamente
accessibili.
Il comma 2 fornisce le definizioni di “invio postale”, “servizi postali”, e “altri servizi diversi da quelli postali”,
di fatto riproduttivi di quelli recati dalla fonte europea.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 152
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Il presente articolo riprende, con minime variazioni formali, il contenuto dell’articolo 121 del decreto
legislativo n. 50 del 2016, il quale recepisce a propria volta in modo puntuale l’articolo 14 della direttiva
2014/25/UE.
In particolare, il comma 1 sancisce l’applicazione del codice alle attività relative allo sfruttamento di un’area
geografica per estrazione o produzione di gas ovvero per l’estrazione di petrolio ovvero ancora prospezione o
estrazione di carbone o di altri combustibili solidi.
Viene invece prevista l’esclusione dall’ambito di applicazione del codice delle attività relative alla prospezione
di petrolio e gas naturale, nonché di produzione di petrolio, in quanto attività direttamente esposte alla
concorrenza su mercati liberamente accessibili (comma 2).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE II
DELLE PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE
Art. 153
Tenuto conto dell’esigenza di evitare vincoli procedurali ulteriori rispetto a quelli posti in ambito unionale, si
è scelto di confermare i rinvii (senza clausola di compatibilità) alla disciplina sui settori generali soltanto nei
casi in cui le previsioni in raffronto (dettate per i settori generali e speciali) siano effettivamente corrispondenti;
si è, invece, preferito rendere autonoma la disciplina sui settori speciali in relazione agli istituti caratterizzati
da un minore numero di vincoli o da una disciplina non coincidente rispetto a quella prevista per i settori
generali.
Si è, invece, ritenuto di formulare un nuovo articolo (il 156) in materia di procedura ristretta, tenuto conto che
la disciplina dettata dalla direttiva n. 25 del 2014 si caratterizza, al riguardo, per la maggiore flessibilità rispetto
a quella prevista nell’ambito dei settori generali (cfr. la maggiore discrezionalità, prevista nei settori speciali,
sia per la definizione delle informazioni da fornire nell’ambito dell’avviso di indizione della gara, sia per la
determinazione dei termini per la ricezione delle domande di partecipazione).
Al fine di valorizzare tali margini di flessibilità, si è preferito evitare un mero rinvio alla disciplina della
procedura ristretta prevista nell’ambito dei settori generali (come avveniva sostanzialmente nell’articolo 122
del d. lgs. n. 50 del 2016), rendendo autonoma (con l’inserimento di un nuovo articolo) la disciplina della
procedura ristretta nell’ambito dei settori speciali.
Si è inteso confermare il rinvio agli articoli in materia di dialogo competitivo (lett. b) e di partenariato per
l’innovazione (lett. c)), specificando, tuttavia, che, nell’ambito dei settori speciali, da un lato, sono impiegabili
per l’indizione della gara l’avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione e il bando di gara, dall’altro, è
riconosciuta una maggiore discrezionalità degli enti aggiudicatori nella definizione dei termini minimi per la
ricezione delle domande di partecipazione, di norma (“in linea di massima”, secondo quanto previsto negli
articoli 48 e 49 della direttiva n. 25 del 2014) non inferiori a trenta giorni con il limite minimo di quindici
giorni.
Si è inteso confermare il rinvio alle consultazioni preliminari di mercato, alla partecipazione precedente di
candidati o offerenti, alle specifiche tecniche e alle etichettature, senza ulteriori specificazioni, tenuto conto
che anche in ambito unionale sussiste piena corrispondenza tra le previsioni operanti nei settori generali e
speciali (lett. d)).
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Il rinvio alla disciplina in materia di pubblicazione a livello nazionale è stato confermato con la sola
precisazione in ordine alla necessità di intendere la disposizione sull'avviso di preinformazione come riferita
all'avviso periodico indicativo (lett. e)).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 154
L’articolo regola l’affidamento degli accordi quadro, con riferimento, in particolare, al contenuto dei
documenti di gara, al necessario rispetto della parità di trattamento tra gli operatori economici parti
dell'accordo, alla riapertura del confronto competitivo, nonché al divieto dell’utilizzo elusivo della fattispecie
negoziale in esame.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 155
L’elencazione congiunta, nell’ambito del comma 1, delle procedure flessibili (dialogo competitivo,
partenariato per l’innovazione e procedura competitiva con negoziazione) e delle procedure maggiormente
vincolate nell’aggiudicazione (aperta e ristretta) manifesta l’idea dell’equiparazione di tali moduli procedurali,
trattandisi, in tutti i casi, di strumenti di selezione del contraente che, oltre ad essere rispettosi dei principi di
economicità, efficacia, tempestività e correttezza, di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza e
proporzionalità, sono caratterizzati dalla pubblicità, presupponendo un avviso di indizione di gara reso
conoscibile agli operatori del settore.
La separata considerazione, nell’ambito del comma 2, della procedura negoziata senza previa pubblicazione
del bando, manifesta, invece, il carattere eccezionale di tale procedura, l’unica avente natura derogatoria
rispetto al principio di pubblicità: essa è utilizzabile al ricorrere dei soli presupposti tassativamente elencati
nell’articolo 158.
Il comma 3 regola le modalità di indizione della gara, facendo riferimento all’avviso periodico indicativo,
all’avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione e al bando di gara.
Il comma 4 regola la conferma di interesse in relazione agli operatori economici che hanno manifestato
interesse in seguito alla pubblicazione dell'avviso periodico indicativo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 156
Il presente articolo ricalca la disciplina dettata dall’articolo 46 della direttiva n. 25 del 2014, connotata da
vincoli procedimentali inferiori rispetto a quelli previsti per l’analogo istituto (procedura ristretta) nell’ambito
dei settori generali.
I commi 1 e 2 regolano l’elemento tipico della procedura ristretta, caratterizzata dalla possibilità:
- per ogni operatore economico interessato di presentare una domanda di partecipazione a un avviso di
indizione di gara;
- per i soli operatori economici invitati di presentare un'offerta.
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Il comma 2 regola, altresì, la possibilità per le stazioni appaltanti di limitare il numero di candidati idonei da
invitare a partecipare alla procedura e prevede la possibilità di fissare di concerto tra la stazione appaltante o
l’ente concedente e tutti i candidati selezionati il termine per la ricezione delle offerte.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 157
La previsione di cui all’articolo 124 del d,lgs. n. 50 del 2016 è stata confermata in quanto riproduttiva della
disciplina unionale in materia di procedura negoziata con previa indizione di gara: è stato soltanto espunto il
riferimento alla “selezione qualitativa” in relazione alle informazioni richieste dall’ente aggiudicatore,
riguardando tale disposizione la domanda di partecipazione e la selezione delle candidature, ragion per cui si
è ritenuta inutile la precisazione in ordine alla tipologia di informazioni richieste dall’ente aggiudicatore, non
potendo che trattarsi di richieste riguardanti finalità selettive, in vista della qualificazione dei candidati.
La disciplina costituisce una trasposizione delle corrispondenti previsioni unionali, relative a:
- la legittimazione a presentare una domanda di partecipazione in risposta a un avviso di indizione di gara
(comma 1);
- i termini minimi per la ricezione delle domande di partecipazione (comma 2);
- la legittimazione a prendere parte alle negoziazioni e la limitazione del numero di candidati idonei da invitare
a partecipare alla procedura (comma 3);
- il termine per la ricezione delle offerte (comma 4).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 158
Al fine di responsabilizzare le amministrazioni aggiudicatrici nell’utilizzo della procedura in parola, avente
comunque natura eccezionale, è stato valorizzato, nell’ambito del comma 1, l’obbligo di motivazione che,
seppure non previsto nel testo dell’articolo 50 della direttiva n. 25 del 2014, è espressamente richiamato nel
considerando n. 61 e nell’articolo 100 della medesima direttiva.
Il comma 2 regola l’ambito di applicazione della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando
di gara.
Comma 3. Non sono previste disposizioni che vincolano le stazioni appaltanti e gli enti concedenti
all’indizione di una previa gara informale, ferma rimanendo la possibilità per l’Amministrazione – all’esito di
una valutazione di opportunità e convenienza rimessa alla sua discrezionalità – di provvedere ad una tale
procedimentalizzazione della scelta del contraente.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE III
DEI BANDI, DEGLI AVVISI E DEGLI INVITI
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Art. 159
1. Il presente articolo, che rappresenta una fedele trasposizione della disciplina unionale (articolo 73 della
direttiva n. 25 del 2014), delinea alcune peculiarità della disciplina unionale riferita ai settori speciali,
riguardanti l’indizione della gara con un avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione e la fissazione
dei termini per la ricezione delle offerte in accordo tra l’ente aggiudicatore e i candidati selezionati.
2. In particolare, vengono regolati:
- la decorrenza e le modalità della messa a disposizione dei documenti di gara (comma 1);
- il termine entro cui deve essere consentito l’accesso ai documenti di gara in caso di gara indetta con un avviso
sull’esistenza di un sistema di qualificazione (comma 2);
- le conseguenze discendenti dall’impossibilità di utilizzare i mezzi di comunicazione elettronica – costituente
una fattispecie eccezionale, la cui ricorrenza deve essere adeguatamente giustificata e comprovata – in ordine
alle modalità di trasmissione dei documenti di gara e di proroga del termine per la presentazione delle offerte
(comma 3);
- le conseguenze discendenti dall’impossibilità di utilizzare i mezzi di comunicazione elettronica per ragioni
di riservatezza – costituente una fattispecie eccezionale, la cui ricorrenza deve essere adeguatamente
giustificata e comprovata – in ordine alle misure di protezione della natura riservata delle informazioni, alle
modalità di accesso ai documenti di gara e di proroga del termine per la presentazione delle offerte (comma
4);
- le modalità di comunicazione o pubblicazione delle ulteriori informazioni richieste sui documenti di gara
(comma 5).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 160
Il testo dell’articolo 126 del d.lgs. 50 del 2016 è confermato nei primi tre commi, in quanto riproduttivo della
disciplina unionale, relativa alle modalità di messa a disposizione delle specifiche tecniche (comma 1), alle
eccezioni (all’uopo da giustificare e comprovare) rispetto all’obbligo di trasmissione delle specifiche tecniche
per via digitale (comma 2) e alla disponibilità dei documenti su cui sono basate le specifiche tecniche (comma
3).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 161
Il presente articolo, che fa riferimento, in più parti, all'allegato II.6, parte II, regola, alla stregua di quanto
previsto dall’ordinamento unionale:
- il contenuto, il termine e le modalità di pubblicazione dell’avviso periodico indicativo (comma 1);
- le condizioni che l’avviso periodico indicativo deve rispettare quando utilizzato per l’indizione di procedure
ristrette e di procedure negoziate precedute da indizione di gara (comma 2);
- le modalità di pubblicazione supplementare a livello nazionale degli avvisi periodici indicativi utilizzati per
l’indizione di procedure ristrette e procedure negoziate precedute da indizione di gara, nonché la durata
dell’avviso medesimo (comma 3).
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 162
Il presente articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 68 della Dir. 2014/25/UE),
con riferimento:
- al contenuto dell’avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione, da rendere pubblico con un avviso di
cui all'allegato II.6, parte II, sezione H (comma 1);
- alla selezione degli offerenti (in una procedura ristretta) e dei partecipanti (in una procedura negoziata) in
caso di indizione di una gara con un avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione (comma 2);
- alle modalità di indicazione del periodo di efficacia del sistema di qualificazione e le informative da fornire
al riguardo all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea (comma 3).
Si tratta di un’attività discrezionale a cui le stazioni appaltanti, per effetto della clausola di invarianza
finanziaria del presente codice, provvederanno con proprie risorse umane, strumentali e finanziarie a
legislazione vigente.
Art. 163
Il presente articolo, che fa riferimento, in più parti, all'allegato II.6, parte II, costituisce una riproduzione della
disciplina unionale (articoli 69 e 70 del D.Lgs. 50 del 2016), con riferimento a:
- il contenuto e le modalità di pubblicazione dei bandi di gara (comma 1);
- il contenuto, nonché il termine e le modalità di comunicazione e di pubblicazione dell’avviso di
aggiudicazione (comma 2);
- le informazioni minime da fornire in caso di contratti per servizi di ricerca e sviluppo (comma 3);
- l’elenco delle informazioni da pubblicare in forma semplificata e per motivi statistici (comma 4).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 164
Il presenta articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 71 della Dir. 2014/25/UE),
con riferimento:
- al contenuto (indicato facendo riferimento all'allegato II.6, parte II, sezioni A, B, C, D, E, F, G) e modalità
di pubblicazione dei bandi e degli avvisi (comma 1);
- alle lingue da utilizzare nelle pubblicazioni per esteso e in sintesi (comma 2);
- al periodo di pubblicazione degli avvisi periodici indicativi, degli avvisi di indizione di gara che istituiscono
un sistema dinamico di acquisizione e degli avvisi sull’esistenza di un sistema di qualificazione usati come
mezzo di indizione di gara (comma 3);
- alla pubblicazione facoltativa di avvisi relativi ad appalti pubblici (comma 4);
- alle modalità di pubblicazione a livello nazionale (comma 5).
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 165
Il presente articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 74, Dir. 2014/25/UE), con
riferimento:
- alle modalità di invito a presentare le offerte, a partecipare al dialogo e a negoziare, in relazione alle procedure
ristrette, ai dialoghi competitivi, ai partenariati per l'innovazione e alle procedure negoziate con indizione di
gara (comma 1);
- al contenuto degli inviti e le modalità di conoscenza dei documenti di gara (comma 2).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 166
Il presente articolo costituisce una riproduzione della disciplina unionale (articolo 75, Dir. 2014/25/UE), con
riferimento:
- all’individuazione del regime applicabile alle informazioni da fornire a coloro che hanno chiesto una
qualificazione, ai candidati e agli offerenti (comma 1);
- al contenuto e il termine entro cui le stazioni appaltanti o gli enti concedenti che istituiscono o gestiscono un
sistema di qualificazione devono fornire ai richiedenti in relazione alla decisione sulla qualificazione (comma
2);
- al termine e il contenuto delle informazioni da fornire ai richiedenti la cui qualificazione è respinta; l’utilizzo
dell’avverbio “immediatamente” manifesta l’esigenza di procedere con ogni consentita urgenza e, solo in via
residuale, nel rispetto del termine finale di quindici giorni dalla data di decisione del diniego, in conformità a
quanto previsto dall’articolo 75 della direttiva n. 25 del 2014 (comma 3);
- al contenuto e il termine entro cui notificare il preavviso e la decisione di porre fine alla qualificazione
(comma 4).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE IV
DELLA SELEZIONE DEI PARTECIPANTI E DELLE OFFERTE
Art. 167
Nel comma 1 del presente articolo, così come avveniva nell’articolo 133 del codice del 2016, sono indicate le
disposizioni relative allo svolgimento delle procedure di gara nei settori ordinari applicabili anche ai settori
speciali, con una rilevante novità: viene eliminata la clausola di compatibilità in precedenza prevista che dava
luogo a non pochi dubbi interpretativi. Inoltre, al fine di agevolare una migliore comprensione del testo, al
mero elenco degli articoli è ora sostituito il richiamo ai singoli istituti.
Viene in questo modo delineata una procedura di gara – per così dire – ‘ordinaria e residuale’.
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Nel comma 2 viene riproposta la regola, contenuta anche nell’articolo 77 della direttiva 2014/25/UE, per la
quale non è consentito agli enti aggiudicatori di aggravare la procedura richiedendo documenti dei quali essi
siano già in possesso e comunque ponendo oneri solo a carico di taluni operatori e non di altri.
Si tratta di disposizioni mutuate dalla disciplina vigente, i cui adempimenti a carico delle
Amministrazioni sono già previsti non comportando, conseguentemente, nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
Art. 168
Al comma 1 viene consentito alle stazioni appaltanti o agli enti concedenti di istituire un sistema di
qualificazione, definendo con propri atti interni i requisiti, anche diversi dagli ordinari requisiti di
partecipazione, di capacità economico – finanziaria e tecnico professionale necessarie per ottenere l’iscrizione
(comma 2).
Nel comma 3 viene posta la regola per la quale le stazioni appaltanti o gli enti concedenti prevedono nei loro
atti che non possano essere iscritti operatori economici per i quali sussista una causa di esclusione ai sensi
degli articoli 94 e seguenti.
Nel comma 4 viene stabilito che gli operatori qualificati sono iscritti in un elenco, che può essere diviso in
categorie in base al tipo di appalti per i quali si prevede la qualificazione.
Nel comma 5 è previsto che siano le stazioni appaltanti o gli enti concedenti a indicare i documenti, certificati
e dichiarazioni sostitutive richiesti per la qualificazione, nel rispetto del principio di non aggravamento, per il
quale non è possibile richiedere documenti che siano già nella disponibilità dell’ente.
Rilevante è la previsione di cui al comma 6, in cui si specifica che le stazioni appaltanti o gli enti concedenti
che indicono procedure sulla base di un sistema di qualificazione utilizzano procedure ristrette o negoziate alle
quali possono partecipare solo operatori qualificati.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 169
Il presente articolo disciplina le cc.dd ‘procedure regolamentate’. Si tratta di procedure di gara che sono
precedute dall’adozione di atti interni con i quali stazioni appaltanti o gli enti concedenti adottano una propria
disciplina in merito alle cause di esclusione e ai criteri di selezione e sulla base di questa disciplina svolgono
tali procedure di gara.
In particolare, nel comma 1 è previsto che le stazioni appaltanti o gli enti concedenti possano elaborare proprie
regole in materia di cause di esclusione, definendo quali condotte siano rilevanti come “grave illecito
professionale” ai sensi dell’articolo 94 e seguenti.
Nel comma 2, in adesione alle previsioni di cui alla dir. 2014/25/UE, è previsto che le stazioni appaltanti e gli
enti concedenti possano ridurre – previa fissazione di criteri oggettivi di selezione - il numero dei candidati
che saranno invitati a presentare offerta.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 170
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La disposizione in esame recepisce le previsioni di cui all’articolo 85 della Direttiva 2014/25/UE e riprende
previsioni già contenute nell’articolo 137 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
In linea di continuità con quanto già previsto dalla previgente disciplina del 2006, la disposizione istituisce un
sistema di preferenza dei prodotti comunitari e, al tempo stesso, fissa un complesso di regole atto a
salvaguardare l’integrità del mercato europeo, garantendo il rispetto delle condizioni di reciprocità degli
operatori economici europei nel mercato pubblico di Paesi terzi.
Al comma 1, le previsioni dell’articolo in esame trovano infatti applicazione in relazione alle offerte contenenti
prodotti originari di Paesi terzi con cui l’Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o
bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell’Unione ai mercati
di tali Paesi terzi. Non sono, altresì, considerati prodotti di Paesi terzi quelli a cui, con decisione del Consiglio
dell’Unione europea, è stato esteso il beneficio di essere destinatari delle disposizioni contenute nelle Direttive
europee in materia di appalti pubblici.
Al comma 2, del resto, viene attribuita agli enti aggiudicatori la facoltà di rifiutare qualsiasi offerta presentata
per l’aggiudicazione di un appalto che abbia ad oggetti prodotti originari di Paesi terzi - secondo quanto
previsto dal Regolamento UE 952/2013 - allorquando tali prodotti - nel cui novero sono inclusi anche i software
impiegati nelle reti di telecomunicazione - superino il 50% della totalità dell’offerta. Si tratta, a ben vedere, di
una facoltà non scevra da limiti e condizioni. Qualora infatti l’ente aggiudicatore decida di non rigettare
un’offerta composta per la maggior parte da prodotti di Paesi terzi, dovrà motivarne debitamente la scelta alle
Autorità europee, trasmettendo all’uopo la relativa documentazione (c.d. principio dell’“apply or explain”).
Secondo quanto stabilito dal comma 3, nel caso di due o più offerte equivalenti ovvero che non presentino una
differenza di prezzo superiore al 3%, viene preferita quella che non contenga prodotti per la maggior parte
provenienti da Paesi terzi. A tale regola fa eccezione il solo caso in cui l’ente aggiudicatore, preferendo l’offerta
composta da prodotti europei od oggetto di accordi internazionali, è tenuto ad acquistare materiale con
caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o
difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati.
Il comma 4 individua una specifica esclusione dalle previsioni del presente articolo di taluni Paesi terzi
individuati con decisione del Consiglio dell’UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 171
Il presente articolo, che riprende il contenuto dell’articolo 138 del D.Lgs. 50 del 2016, recepisce l’articolo 86
della Direttiva 2014/25/UE, regolamentando i flussi informativi dello Stato italiano nei confronti della
Commissione Europea.
L’articolo in esame, in particolare, attribuisce alla Cabina di Regia istituita presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri ai sensi dell’articolo 221 del codice l’obbligo di informare la Commissione Europea - su
segnalazione del Ministero delle imprese e del made in Italy o del Ministero degli Affari Esteri e della
Cooperazione Internazionale - di tutte le eventuali difficoltà incontrate dalle imprese italiane nell’ottenere
l’aggiudicazione di appalti in Paesi terzi, con particolare riferimento all’inosservanza della convenzioni
internazionali di diritto del lavoro indicate in apposito allegato al codice.
Il comma 2 recepisce, al livello nazionale, l’obbligo dello Stato italiano di rispettare gli impegni assunti con i
Paesi terzi in materia di appalti pubblici, convenuti nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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Art. 172
Il presente articolo, nel riprendere il contenuto dell’articolo 139 del decreto legislativo n. 50 del 2016, recepisce
altresì i principi enucleati all’articolo 100 della Direttiva 2014/25/UE, individuando in capo agli enti
aggiudicatori nell’ambito dei settori speciali il generale obbligo di relazionare e rilevare in un unico documento
le informazioni delle procedure indette.
Il comma 1 stabilisce infatti che gli enti aggiudicatori debbono conservare le informazioni sugli appalti,
accordi quadro e sui sistemi dinamici di acquisizione disciplinati dal decreto legislativo n. 50/2016. Tali
informazioni devono essere tali da consentire agli enti aggiudicatori di giustificare le principali decisioni
adottate, riguardanti: a) la qualificazione, la selezione e l’aggiudicazione nei confronti degli operatori
economici; b) l’utilizzo di procedure negoziate non precedute da una gara a norma dell’articolo 125; c) la
mancata applicazione delle disposizioni sulle tecniche e strumenti per gli appalti e strumenti elettronici e
aggregati e delle disposizioni sullo svolgimento delle procedure di scelta del contraente del decreto legislativo
n. 50/2016; d) se del caso, le ragioni per le quali per la trasmissione sono stati usati mezzi di comunicazione
diversi da quelli elettronici.
Nel caso in cui l’avviso di aggiudicazione dell’appalto contenga già le predette informazioni, viene consentito
all’ente aggiudicatore di fare riferimento a tale strumento per relationem.
Il comma 3 del presente articolo impone agli enti aggiudicatori un generale obbligo di tracciabilità dei processi
decisionali assunti e di conservazione della documentazione relativa alle procedure di gara indette. In
particolare, per quanto attiene all’obbligo di conservazione, il comma 3 stabilisce un termine minimo di cinque
anni, decorrenti dalla data di aggiudicazione dell’appalto. Nel caso di controversia, la documentazione deve
essere conservata sino al passaggio in giudicato della sentenza.
Le informazioni, la documentazione e i principali elementi compositivi delle procedure indette dagli enti
aggiudicatori devono essere comunicati – a norma del comma 4 – alla Cabina di Regia presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri (articolo 221) che assolve dunque un ruolo centrale di raccordo – in ottica nazionale
– in materia di contrattualistica pubblica. Tale compito, in effetti, riposa anche sulla peculiare funzione
assegnata alla Cabina di Regia; trattandosi dell’interlocutore istituzionalmente preposto a comunicare con la
Commissione Europea, nonché con tutte le Autorità che, in ottica europea e internazionale, sono interessate
alla materia de qua.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 173
Il presente articolo individua le disposizioni applicabili per l’aggiudicazione di appalti di servizi sociali e di
altri servizi assimilati.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
LIBRO IV
DEL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO E DELLE CONCESSIONI
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PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 174
L’art. 174, insieme all’art. 175, sostituisce integralmente gli articoli 179, 180, 181 e 182 del codice vigente
(articoli, dunque, soppressi) che contenevano la disciplina generale del partenariato pubblico-privato.
Il comma 1 introduce una nuova nozione generale di partenariato pubblico-privato, comprensiva sia del
partenariato pubblico-privato contrattuale, sia del partenariato pubblico-privato istituzionale.
Al comma 2, per chiarezza, viene precisato che per “ente concedente”, ai sensi della lettera a) del comma 1,
si intendono le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 1 della direttiva n.
2014/23/UE.
Al comma 3 si chiarisce, in via preliminare, il rapporto tra genus a species esistente tra il partenariato pubblicoprivato, le concessioni e le altre tipologie contrattuali, quali la locazione finanziaria e il contratto di
disponibilità. Come già evidenziato nella parte generale, il partenariato pubblico-privato è stato concepito
come istituto di carattere generale di cui le concessioni, la locazione finanziaria e il contratto di disponibilità
costituiscono altrettante specie.
Inoltre, viene introdotto un ampio rinvio alla capacità generale di diritto privato.
Sempre nel comma 3, nell’ottica della massima semplificazione e razionalizzazione della disciplina e per
evitare inutili duplicazioni, è stato introdotto un rinvio generale alla disciplina relativa alle concessioni, sia per
quanto riguarda le procedure di affidamento e l’esecuzione, sia per quanto riguarda l’allocazione del rischio
operativo, la durata del contratto, le modalità di determinazione della soglia e i metodi di calcolo del valore
stimato.
Al comma 4 viene chiarito in cosa consiste il partenariato pubblico-privato di tipo istituzionale, evidenziando
che esso si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella
pubblica, rinviando alla disciplina contenuta nel decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e nelle altre norme
speciali di settore.
Al comma 5, infine, tenuto conto della complessità di tale istituto giuridico, che richiede competenze
specifiche per essere realizzato e gestito, si precisa che i contratti di partenariato pubblico-privato possono
essere stipulati solo da enti concedenti qualificati.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 175
Con l’art. 175 sono state introdotte disposizioni che prevedono nuovi strumenti che, secondo gli economisti e
i componenti del nucleo partenariato pubblico-privato istituito presso il Dipartimento per la programmazione
e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri, dovrebbero
avere l’effetto di rendere le procedure di partenariato pubblico-privato effettivamente più attrattive per gli
investitori istituzionali, oltre che per gli operatori del mercato delle opere pubbliche e dell’erogazione dei
servizi, cosi come previsto nella lett. aa) della legge delega.
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Al comma 1 è prevista l’adozione di un programma triennale delle esigenze pubbliche idonee ad essere
soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato, ciò anche al fine di garantire la massima
trasparenza nei confronti degli operatori economici, degli investitori istituzionali e della collettività.
Al comma 2 è contenuta la previsione secondo la quale il ricorso al partenariato pubblico-privato deve essere
preceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità, la quale si deve incentrare sull’idoneità
del progetto a essere finanziato con risorse private e sulla possibilità di ottimizzare il rapporto costi e benefici,
nonché sull’efficiente allocazione del rischio operativo, sulla capacità di generare soluzioni innovative, sulla
capacità di indebitamento dell’ente e sulla disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale.
Al fine di supportare l’amministrazione nelle operazioni di maggiore impatto economico, al comma 3 è
previsto che nei casi di progetti di interesse statale ovvero finanziati con contributo a carico dello Stato, per i
quali non sia già prevista l'espressione del CIPESS, gli enti concedenti interessati a sviluppare i progetti
secondo la formula del partenariato pubblico-privato, il cui ammontare dei lavori o dei servizi sia di importo
superiore a 10 milioni di euro debbano richiedere un parere preventivo, non vincolante, per la valutazione
preliminare di cui al comma 2, al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica
economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell’economia e delle finanze Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, precisandosi e che il parere debba essere chiesto prima
della pubblicazione del bando di gara in caso di progetto a iniziativa pubblica ovvero prima della dichiarazione
di fattibilità in caso di progetto a iniziativa privata.
Al comma 4 si estende la possibilità di richiedere tale parere alle regioni e agli enti locali, nel caso in cui la
complessità dell’operazione contrattuale lo richieda.
Al comma 5 si prevede che l’ente concedente, sentito l’operatore economico, nomini altresì un responsabile
unico del progetto di partenariato tra soggetti dotati di idonee competenze tecniche.
Al comma 6 si evidenzia l’importanza che l’ente concedente verifichi la permanenza in capo all’operatore
economico del rischio operativo trasferito.
Al comma 7 è previsto che il monitoraggio dei partenariati pubblici-privati sia affidato al DIPE della
Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero
dell’economia e delle finanze, che lo esercitano tramite l’accesso al portale sul monitoraggio dei contratti di
partenariato pubblico privato istituito presso la Ragioneria generale dello Stato.
Al comma 8 è previsto che sul portale per il monitoraggio dei contratti di partenariato pubblico-privato della
Ragioneria generale dello Stato, siano pubblicati e aggiornati periodicamente le migliori prassi in materia di
forme e caratteristiche tecniche di finanziamento di partenariato pubblico-privato più ricorrenti sul mercato.
Il comma 9 stabilisce che ai soli fini di contabilità pubblica, si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE II
DEI CONTRATTI DI CONCESSIONE
Titolo I – L’ambito di applicazione, i principi generali e le definizioni
Art. 176
94
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Il comma 1 precisa l’oggetto della disciplina dettata dalla Parte II: le procedure di aggiudicazione dei contratti
di concessione indette da enti concedenti e la relativa esecuzione.
Il comma 2 si riferisce ad una specifica tipologia di concessioni, quelle aventi ad oggetto i servizi economici
d’interesse generale (la coincidenza concettuale tra “servizio pubblico di rilevanza economica” e “servizio di
interesse economico generale”, già noto in dottrina, è ora confermata dal testo unico in materia di servizi
pubblici locali).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 177
Il comma 1 precisa l’assetto di interessi che connota il contratto di concessione, in cui l’ente concedente affida
ad un operatore economico, selezionato mediante gara, l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di un
servizio, remunerandolo unicamente attraverso «il diritto di gestire le opere o i servizi oggetto del contratto»
ovvero tale diritto «accompagnato da un prezzo», e sempreché il concessionario si assuma il «rischio operativo
legato alla gestione delle opere o dei servizi» (cfr. la definizione contenute nell’Allegato I).
Il comma 2 detta invece le condizioni in presenza delle quali il rischio può ritenersi ‘traslato’.
Il comma 3 precisa la differenza tra la traslazione del rischio operativo e altri accadimenti contrattuali. La
presenza di una previsione contrattuale che prevede una compensazione in caso di cessazione anticipata per
cause di forza maggiore non esclude che il contratto si configuri come concessione.
Il comma 4 precisa l’ambito applicativo della figura della concessione, in relazione alla classificazione delle
opere suscettibili di realizzazione mediante strumenti alternativi all’appalto in tre categorie: opere calde, opere
tiepide, opere fredde.
Il comma 5 raccorda le nozioni di rischio operativo ed equilibrio economico-finanziario. La traslazione del
primo incide infatti sulla definizione del secondo.
Il comma 6 precisa le condizioni in presenza delle quali il diritto di gestire le opere o il servizio oggetto del
contratto possa essere accompagnato da un «prezzo».
Il comma 7 rimarca la distinzione tra la disciplina del contratto e quella contabile.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 178
Il comma 1 stabilisce che la durata delle concessioni è limitata ed è determinata dall’ente concedente in
funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario.
Il comma 2 stabilisce che, per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non
supera il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli
investimenti effettuati nell’esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito,
tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici assunti dal
concessionario per rispondere alle esigenze riguardanti, ad esempio, la qualità o il prezzo per gli utenti ovvero
il perseguimento di elevati standard di sostenibilità ambientale.
Ai sensi del comma 3, gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono sia quelli
iniziali sia quelli in corso di concessione.
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Ai sensi del comma 4, la durata massima della concessione deve essere indicata nei documenti di gara, a meno
che essa non sia utilizzata come criterio di aggiudicazione del contratto.
Il comma 5, in puntuale attuazione di uno specifico criterio di delega, puntualizza che la durata dei contratti
di concessione non è prorogabile, salvo per la revisione di cui all’art. 192, comma 1. I contratti aggiudicati
senza gara di cui all’art. 186, comma 2, non sono in nessun caso prorogabili.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 179
Ai sensi del comma 1, il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato
per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’ente concedente, quale corrispettivo dei lavori
e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi.
Ai sensi del comma 2, il valore è stimato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui
non sia previsto detto bando, al momento in cui l’ente concedente avvia la procedura di aggiudicazione della
concessione. Se il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione è superiore al valore stimato di
oltre il 20 per cento, si considera il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione.
Ai sensi del comma 3, il valore stimato della concessione è calcolato secondo un metodo oggettivo specificato
nei documenti di gara della concessione.
Ai sensi del comma 4, la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato della concessione non può essere
effettuata con l’intenzione di escludere tale concessione dall’ambito di applicazione del codice. Una
concessione non può essere frazionata allo scopo di evitare che rientri nell’ambito di applicazione del codice,
a meno che ragioni oggettive lo giustifichino.
Ai sensi del comma 5, quando un’opera o un servizio proposti possono dar luogo all’aggiudicazione di una
concessione per lotti distinti è computato il valore complessivo stimato dei lotti.
Ai sensi del comma 6, quando il valore complessivo dei lotti è pari o superiore alla soglia di cui all’art. 14, la
presente Parte si applica all’aggiudicazione di ciascun lotto.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 180
La norma recepisce l'articolo 20 della direttiva 2014123/UE, prevedendo la disciplina relativa ai contratti misti
di concessione.
Nel merito la norma precisa, in via di principio, che le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi
sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l'oggetto principale
del contratto (comma 1). L'articolo chiarisce quali disposizioni applicare nel caso dei contratti misti, secondo
metodologie analoghe a quelle previste nei contratti misti di appalto (comma 2).
In dettaglio, si chiariscono due punti rilevanti. In primo luogo, si stabilisce – sempre in termini di principio che nel caso di contratti misti contenenti elementi di concessioni nonché elementi di appalti pubblici, il
contratto misto è aggiudicato in conformità alla disciplina degli appalti (comma 3), al fine di garantire
l’applicazione derivante dal maggior dettaglio di queste ultime norme. In secondo luogo, si stabilisce –
analogamente in termini di principio – che se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente
non separabili, il regime giuridico applicabile è determinato in base all’oggetto principale del contratto in
96
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questione; nel caso in cui tali contratti contengano elementi sia di una concessione di servizi sia di un contratto
di forniture, l’oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi
servizi o forniture (comma 4).
Il comma 5 prevede che i contratti misti che contengano elementi delle concessioni di lavori e servizi, nonché
elementi delle concessioni di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni,
sono aggiudicati in conformità alla disciplina della presente Parte.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 181
Il comma 1 precisa che i servizi non economici d’interesse generale non rientrano nell’ambito di applicazione
del presente Parte, in quanto estranei alla concorrenza e al mercato.
Il comma 2 rinvia alle esclusioni stabilite dagli articoli 10, 11, 12, 13, 14, 16 e 17 della Direttiva 2014/23/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.
Il comma 3 prevede, in analogia con la disciplina degli appalti esclusi, che all’affidamento dei contratti di
concessione esclusi dall’ambito di applicazione della presente Parte, si applicano i principi dettati dal Titolo I
della Parte I.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 182
Analogamente alla precedente disposizione, la norma riprende e attua l’art. 31 della direttiva, in specie a fronte
del carattere dettagliato della stessa direttiva 23, anche al fine di garantire la piena conformità al diritto europeo.
Peraltro, anche tale norma si muove in diretta e coerente attuazione del criterio aa) della legge di delega.
Al comma 1 si generalizza la necessaria previa pubblicazione di un bando, al fine di garantire la massima
trasparenza, apertura al mercato e la più ampia partecipazione, nell’interesse concorrente di amministrazione
ed imprese potenzialmente interessate.
Per il contenuto del bando il comma 2 rinvia all’allegato IV.1 (sul quale v. infra), al fine di non appesantire
inutilmente il testo della norma.
Secondo il comma 3 gli enti concedenti devono precisare nel contratto che i beni pubblici o a destinazione
pubblica eventualmente assegnati al concessionario per la gestione del servizio non possono essere utilizzati
per lo svolgimento di attività economiche che non siano espressamente oggetto della procedura di affidamento;
gli enti concedenti, invece, possono prevedere che il concessionario si avvalga di operatori economici terzi per
l’esecuzione di una quota dei servizi accessori affidati con la medesima gara.
Il comma 4 specifica la necessaria indicazione dei requisiti tecnici e funzionali dell’oggetto della concessione,
parametro di riferimento fondamentale per le successive fasi.
Il comma 5 prevede che la lex specialis e i relativi allegati, ivi compresi lo schema di contratto e il piano
economico finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali
la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la
congrua redditività del capitale investito. Ciò in piena coerenza col criterio ff) della legge di delega.
Il comma 6 specifica la previsione della previa pubblicazione di un avviso di gara in relazione ad alcune
specifiche tipologie di servizi, in coerenza con la previsione della direttiva, sotto la forma di un c.d. “avviso di
preinformazione”.
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In termini di delimitazione dell’operatività del principio sotteso alla norma, di rilievo appare la norma di cui
al comma 7, parimenti coerente con la previsione della direttiva, che individua le eccezioni all’obbligo di
previa pubblicazione del bando di cui al comma 1. In proposito, si prevede sia l’elencazione dei rigorosi
presupposti – da intendersi di stretta interpretazione, non estendibili analogicamente in quanto norme di
eccezione ad un principio generale -, sia una regola di chiusura (comma 8) – di conferma della predetta stretta
interpretazione – a mente della quale le eccezioni - di cui alle lettere b), c) e d) - si applicano unicamente
qualora non esistano alternative o sostituti ragionevoli e l'assenza di concorrenza non sia il risultato di una
limitazione artificiosa dei parametri per l'aggiudicazione della concessione.
Sempre in termini di eccezione al principio generale dell’obbligo di previo bando si muove il successivo
comma 9, laddove si statuisce che all’amministrazione non è richiesto di pubblicare un nuovo bando di
concessione qualora non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata o non sia stata
depositata alcuna candidatura o alcuna candidatura appropriata in risposta a una precedente procedura di
concessione, purché le condizioni iniziali del contratto di concessione non siano sostanzialmente modificate.
Laddove si ponga una tale evenienza la previsione impone l’invio di una relazione all’Autorità di regolazione
del settore.
Il comma 10 reca la previsione di carattere procedurale, tesa a chiarire che un’offerta è in radice non
ammissibile laddove non presenti alcuna pertinenza con la concessione e sia, quindi, manifestamente
inadeguata, a meno di modifiche sostanziali, a rispondere alle esigenze e ai requisiti dell'amministrazione
aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore specificati nei documenti di gara.
I commi 11 e 12 contengono le regole sulla pubblicazione degli atti di gara a livello sovranazionale (per le
concessioni di importo superiore alle soglie di rilevanza europea) o nazionale.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato IV.1
Questo allegato riproduce integralmente l’allegato XXI al codice vigente, a sua volta riproduttivo dell’allegato
V alla direttiva 2014/23/UE.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 183
La disposizione, nel ribadire l’attuazione delle coerenti norme della direttiva 23, accorpa in un unico testo
alcune previsioni sparse nel vigente articolato codicistico (artt. 171 e 172).
In dettaglio, la norma riprende e adegua alla direttiva la precedente statuizione. Si dispone (comma 1) che
l'aggiudicazione delle concessioni è subordinata al soddisfacimento di specifiche circostanze riferite all'offerta
e all'offerente. In particolare, l'offerta deve essere conforme ai requisiti minimi prescritti dall’ente concedente
che attengono (comma 2) alle condizioni e alle caratteristiche tecniche, fisiche, funzionali e giuridiche della
medesima offerta. L'offerente deve ottemperare alle condizioni di partecipazione determinate nei documenti
di gara con riferimento alle capacità tecniche e professionali ed alle capacità economiche e finanziarie. Gli enti
concedenti forniscono, nel bando, una descrizione della concessione e delle condizioni di partecipazione e,
nell’invito a presentare offerte o in altri documenti di gara, una descrizione dei criteri di aggiudicazione e, se
del caso, dei requisiti da soddisfare (comma 3).
Si prevede (comma 4) che l’amministrazione possa limitare il numero di candidati o di offerenti a un livello
adeguato, purché ciò avvenga in modo trasparente e sulla base di criteri oggettivi. Il numero di candidati o di
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offerenti invitati a partecipare deve essere sufficiente a garantire un'effettiva concorrenza. L'amministrazione
aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore comunica a tutti i partecipanti la descrizione della prevista organizzazione
della procedura e un termine indicativo per il suo completamento. Le eventuali modifiche sono comunicate a
tutti i partecipanti e, nella misura in cui riguardino elementi indicati nel bando di concessione, rese pubbliche
per tutti gli operatori economici (comma 5).
L’ente concedente assicura il ricorso alla digitalizzazione della procedura secondo le norme generali in materia
di appalti di cui al Libro I, Parte II (comma 6). Si prevede altresì che l’utilizzo di supporti e modalità digitali
garantisce la trasparenza della procedura e l’imputabilità degli atti. La norma ribadisce poi (comma 7) che gli
enti concedenti possono condurre liberamente negoziazioni con i candidati e gli offerenti; in tal caso tuttavia,
l’oggetto della concessione, i criteri di aggiudicazione e i requisiti minimi non possono essere modificati nel
corso delle negoziazioni.
Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori verificano (comma 8) le condizioni di partecipazione
relative alle capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati
Inoltre, la disposizione prevede (comma 9) che per soddisfare le suindicate condizioni di partecipazione
l'operatore economico possa avvalersi delle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica
dei suoi rapporti con gli stessi, dimostrando all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore che
disporrà delle risorse necessarie per l'intera durata della concessione. Alle stesse condizioni (comma 10), un
raggruppamento di operatori economici può rare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri
soggetti.
La norma (comma 11) si chiude con una espressa previsione di c.d. “soccorso istruttorio”, operando un rinvio
all’art. 101.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 184
La disposizione, nel dare attuazione agli artt. 39 e 40 della direttiva, oltre a porsi nell’ottica di garantire la
piena conformità ai principi europei, fornisce una serie di regole ed indicazioni tese a favore il rilancio del
ricorso alo strumento della concessione.
Il comma 1 detta la regola generale di indirizzo in relazione ai termini per la presentazione delle domande e
delle offerte, che tengano conto, in particolare, della complessità della concessione e del tempo necessario per
preparare le offerte o le domande, fatti salvi i termini minimi stabiliti dallo stesso art. 184.
Il comma 2 specifica tale regola di fondo nel caso in cui, nell’esercizio della propria discrezionalità,
l’amministrazione valuti necessaria la previa visita dei luoghi ovvero la consultazione in loco dei documenti
allegati ai documenti di gara; in tal caso i termini sono stabiliti in modo che tutti gli operatori economici
interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le domande o le
offerte e sono comunque superiori ai termini minimi stabiliti dalla disciplina europea.
Il comma 3 stabilisce la regola generale del termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione
alla concessione, comprese eventualmente le offerte, pari a trenta giorni dalla data di trasmissione del bando,
secondo le indicazioni degli articoli 83 e 84.
Il comma 4 specifica la regola nel caso in cui la procedura si svolga in fasi successive; in tal caso il termine
minimo per la ricezione delle offerte iniziali è di ventidue giorni dalla data di trasmissione dell'invito a
presentare offerte.
La norma attribuisce estrema rilevanza alla digitalizzazione.
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In relazione alle comunicazioni, il comma 5 prevede l’onere per l’amministrazione di comunicare quanto
prima ai candidati e agli offerenti le decisioni prese riguardo all'aggiudicazione di una concessione, ivi
compresi il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato il contratto, i motivi del rigetto della loro domanda di
partecipazione e della loro offerta, nonché i motivi per i quali hanno deciso di non aggiudicare un contratto
per il quale sia stato pubblicato un bando di concessione o di riavviare la procedura.
La norma si chiude (comma 6 ) con una indicazione di fondo, che si muove nella medesima ottica appena
richiamata, prevedendo che l’amministrazione possa decidere di non divulgare talune informazioni di cui al
comma 1 relative al contratto, qualora la loro diffusione ostacoli l'applicazione della legge, sia contraria
all'interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati
oppure possa recare pregiudizio alla concorrenza leale tra questi operatori.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 185
La disposizione recepisce l’art. 41 della direttiva 2014/23/UE relativo ai criteri di aggiudicazione dei contratti
di concessione.
Come regola generale, si statuisce (comma 1) la necessità che le concessioni siano aggiudicate, ponendo a
base di gara almeno un progetto di fattibilità, sulla scorta di criteri oggettivi, coerenti ai principi di cui all’art.
172 e tali da assicurare una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da
individuare un vantaggio economico complessivo per l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore.
In termini di individuazione degli stessi (comma 2), i criteri di aggiudicazione devono essere oggettivi nel
senso di connessi all'oggetto della concessione e non devono attribuire una incondizionata libertà di scelta
all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore.
L'ente concedente deve elencare i criteri in ordine decrescente di importanza (comma 3).
Al comma 4 si individua una eccezione generale alla regola del comma 1, tesa a garantire – in coerenza con
la natura e l’oggetto delle concessioni – adeguata importanza alle offerte innovative.
La norma si chiude con due previsioni tese a garantire la correttezza della procedura e la selezione di una
proposta adeguata.
Sul primo versante, al comma 6 si prevede che i componenti delle commissioni di valutazione debbano essere
altamente qualificati e competenti, quindi dotati di esperienze e qualifiche adeguate all’oggetto dell’esame.
Sul secondo versante, il comma 5 statuisce – con specifico riferimento alle valutazioni che le predette
commissioni sono chiamate a svolgere - che, prima di assegnare il punteggio all’offerta economica, la
commissione aggiudicatrice verifichi l’adeguatezza e la sostenibilità del piano economico-finanziario.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 186
L’articolo disciplina l’affidamento ai concessionari, stabilendo al comma 1 che agli appalti affidati ai
concessionari che siano stazioni appaltanti si applicano le disposizioni del codice in materia di appalti.
Al comma 2, pertanto, nell’ordine, si è proceduto a:
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a) sostituire la irrisoria soglia di 150.000 euro nell’importo pari o superiore alle soglie di rilevanza
comunitaria;
b) prevedere che sia proprio l’Amministrazione concedente, che meglio conosce la singola concessione,
a “modulare” l’obbligo di esternalizzazione, stabilendo però, in via generale, una quota minima e
massima (quota massima e minima che sono lasciate in bianco, venendo rimesse al decisore politico),
nonché gli elementi che la stessa deve prendere in considerazione, quali:
-
epoca di assegnazione della concessione;
-
durata residua della concessione;
-
oggetto della concessione;
-
valore economico della concessione;
-
entità degli investimenti effettuati.
Si precisa che, per realizzare le sue finalità ‘compensative’ della violazione del diritto della
concorrenza, l’obbligo di esternalizzazione deve andare a vantaggio di operatoti economici ‘terzi’ (in
tal senso, l’obbligo in esame non potrebbe ritenersi soddisfatto nel caso di affidamento a una
controllata o a una collegata del concessionario).
c) si è prevista la fissazione di una quota minima e massima diversa a seconda che siano contratti di
lavori o contratti di servizi e forniture.
Alla luce di tali considerazioni, al comma 3 si è ritenuto di precisare che:
•
in caso di comprovata indivisibilità delle prestazioni di servizi dedotte in concessione, in sostituzione
dell’obbligo di esternalizzazione, il concessionario corrisponda all’ente concedente un importo
compreso tra il minimo del 5% ed il massimo del 10% degli utili previsti dal Piano economicofinanziario, tenendo conto dell’epoca di assegnazione della concessione, della sua durata, del suo
oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti.
Il comma 4 prevede il termine entro il quale le concessioni di cui ai commi 2 e 3 devono essere adeguate alla
nuova disciplina. La determinazione di tale termine, per le con cessioni autostradali, è rimessa al decisore
politico.
Al comma 5, infine, si precisa che le modalità di calcolo delle quote di cui comma 2 sono definite dall’ANAC
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice, evidenziando che sull’applicazione dell’art. 186
vigila l’ANAC, anche tenuto conto del valore delle prestazioni eseguite.
Il comma 6 reca una disposizione specificamente riguardante le concessioni autostradali.
Il comma 7 reca una disposizione specificamente riguardante le concessioni autostradali relative ad autostrade
che interessano una o più regioni.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 187
Il comma 1, ai fini di flessibilità e semplificazione indicati nella nota introduttiva, autorizza gli enti concedenti
a procedere, per l’affidamento dei contratti di concessione il cui valore sia inferiore alla soglia di cui all’art.
14, comma 1, lettera a), mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa
consultazione, ove esistenti, di almeno cinque operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli
inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici.
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Il comma 2, previsa che, ai contratti di importo inferiore alla soglia europea, si applicano le norme
sull’esecuzione sulle concessioni sopra soglia di cui al Titolo III della presente Parte.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 188
L’unico comma 1 stabilisce che il ricorso al subappalto da parte del concessionario è regolato dalle
corrispondenti disposizioni in materia di appalto, di cui all’articolo 119.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 189
La norma provvede al recepimento dell’articolo 43 della direttiva 2014/23/UE relativo al regime della modifica
del contratto di concessione durante la sua vigenza, nonché in attuazione delle indicazioni contenute nel criterio
di delega sub lettera ff).
La disposizione al comma 1 precisa le ipotesi specifiche in cui è possibile modificare i contratti di concessione,
senza il ricorso ad una nuova procedura di aggiudicazione.
Al comma 2 vengono individuate altre ipotesi di possibile modifica, senza necessità di una nuova procedura
di aggiudicazione di una concessione se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti: la
soglia di rilevanza europea; il 10% del valore della concessione iniziale.
Al comma 3 viene individuato un presupposto generale, valido per tutte le ipotesi: la modifica non può alterare
la natura generale della concessione. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del
valore complessivo netto delle successive modifiche.
Sempre in termini generali di presupposto il comma 4 precisa poi che la modifica va considerata sostanziale
se muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa.
A fini di chiarezza, vengono in dettaglio richiamati anche i diversi allegati alla direttiva rilevanti in ordine agli
specifici punti oggetto di disciplina, nonché, nel comma 5, l’onere di procedere alla pubblicazione di un avviso
nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nelle situazioni di cui al comma 1, lettera b) e c).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 190
La norma provvede al recepimento dell’articolo 44 della direttiva 2014/23/UE relativo alle ipotesi di
cessazione e risoluzione della concessione, sulla scorta anche del criterio di delega sub lettera ff).
La disposizione prende le mosse al comma 1 con l’individuazione di alcune ipotesi speciali di risoluzione
(rispetto al codice civile), incentrate su gravi violazioni procedurali relative all’aggiudicazione.
Il comma 2 stabilisce, in via generale, che la risoluzione della concessione per inadempimento
dell’amministrazione aggiudicatrice o del concessionario è disciplinata dagli articoli 1453 e seguenti del codice
civile.
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Il comma 3 detta regole procedurali: nei casi che comporterebbero la risoluzione di una concessione per cause
imputabili al concessionario, l’ente concedente comunica per iscritto al concessionario e agli enti finanziatori
l'intenzione di risolvere il rapporto.
Al comma 4 si dettano poi le previsioni rilevanti per l’ipotesi in cui la concessione sia risolta per motivi di
pubblico interesse, specificando quanto spetti al concessionario.
Il successivo comma 5 specifica poi che le somme spettanti al concessionario ai sensi del comma 4 sono
destinate prioritariamente al soddisfacimento dei crediti dei finanziatori del concessionario stesso e dei titolari
di titoli emessi
Il comma 6 disciplina la prosecuzione della gestione, al fine di garantire continuità all’attività di pubblico
interessa sottesa.
Infine, al comma 7 si stabilisce che, in generale, l’efficacia del recesso della concessione è sottoposta alla
condizione del pagamento da parte dell'ente concedente delle somme previste.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 191
La norma riempie un vuoto regolativo del codice del 2016 che non contemplava una specifica disciplina dei
profili patrimoniali connessi al subentro di un concessionario ad un altro.
Il comma 1, stabilisce ora che, alla scadenza del periodo di affidamento e in conseguenza del nuovo
affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali essenziali per la prosecuzione del servizio, in
quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, sono assegnati al nuovo gestore. Analogamente si
procede in caso di cessazione anticipata.
Ai sensi del comma 2, sono altresì ceduti al nuovo gestore i beni strumentali realizzati in attuazione dei piani
di investimento concordati con l’ente concedente.
Il comma 3 stabilisce che, salve le discipline di settore, nel caso di durata dell’affidamento inferiore rispetto
al tempo di recupero dell’ammortamento oppure di cessazione anticipata, si prevede, a carico del gestore
subentrante, un indennizzo pari al valore contabile non ancora ammortizzato, rivalutato attraverso pertinenti
deflatori fissati dall’ISTAT e al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili agli investimenti
stessi.
Il comma 4 dispone che restano salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell’entrata in vigore
del codice.
Il comma 5 rinvia, per la disciplina del subentro per le concessioni di servizi di interesse economico generale
prestati a livello locale, all’articolo 23 del decreto legislativo attuativo dell’articolo 8 della legge 5 agosto 2022,
n. 118.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 192
Il presente articolo disciplina la revisione del contratto di concessione.
Specificamente, il comma 1 prevede che, al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi
compreso il mutamento della normativa o della regolazione di riferimento, purché non imputabili al
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concessionario, che incida in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione, il
concessionario può chiedere la revisione del contratto nella misura strettamente necessaria a ricondurlo ai
livelli di equilibrio e di traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto. L’alterazione
dell’equilibrio economico e finanziario dovuto a eventi diversi da quelli di cui al primo periodo e rientranti nei
rischi allocati alla parte privata sono a carico della stessa.
Il riferimento al mutamento della normativa o della regolazione di riferimento è inteso a tutelare il privato dal
c.d. ‘rischio regolatorio’.
Il comma 2 detta i limiti della revisione ai sensi del comma 1.
Il comma 3 prevede che, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello
Stato per le quali non sia già prevista l'espressione del CIPESS, la revisione è subordinata alla previa
valutazione del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, sentito il Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida per la
Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS), che emette un parere di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
Il comma 4 stabilisce che, in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti
possono recedere dal contratto. In tal caso, al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all’articolo 190,
comma 4, lettere a) e b), a esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di
copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo IV – La finanza di progetto
Art. 193
Al comma 1, come era già previsto nell’art. 183, comma 15, del codice del 2016, si è stabilito che gli operatori
economici possono presentare agli enti concedenti proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori
o servizi, precisando che ciascuna proposta deve contenere un progetto di fattibilità, una bozza di convenzione,
il piano economico-finanziario asseverato, e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.
Inoltre, si è precisato che gli investitori istituzionali possono formulare le proposte di cui al primo periodo
salva la necessità, nella successiva gara per l’affidamento dei lavori o dei servizi, di associarsi o consorziarsi
con operatori economici in possesso dei requisiti richiesti dal bando, qualora gli stessi investitori istituzionali
ne siano privi.
Per incentivare la partecipazione degli investitori istituzionali alle operazioni di partenariato pubblico-privato,
si è previsto che questi ultimi, in sede di gara, possano soddisfare la richiesta dei requisiti di carattere
economico, finanziario, tecnico e professionale avvalendosi, anche integralmente, delle capacità di altri
soggetti e che possano altresì impegnarsi a subappaltare, anche integralmente, le prestazioni oggetto del
contratto di concessione ad imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando, chiarendo che, in questo caso,
il nominativo del subappaltatore dovrà essere comunicato, con il suo consenso, all’ente concedente entro la
scadenza del termine per la presentazione dell’offerta.
Al comma 2, sempre nell’ottica di incentivare l’uso dello strumento del partenariato pubblico-privato, si sono
semplificate e rese più efficaci le disposizioni che già nel codice del 2016, all’art. 183, comma 15, prevedevano
che l’amministrazione dovesse valutare la fattibilità della proposta, invitando il proponente ad apportare al
progetto le modifiche necessarie per la sua approvazione, con la precisazione che, se il proponente non avesse
apportato le modifiche richieste, la proposta sarebbe stata respinta.
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Al comma 3, riprendendo alcune disposizioni già contenute nel codice del 2016, è previsto che il progetto di
fattibilità approvato sia posto a base di gara, con la precisazione che ciò debba avvenire nei tempi previsti dalla
programmazione, e che il criterio di aggiudicazione sia l’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata
sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo.
Al comma 4, per quanto concerne la configurazione giuridica del soggetto proponente, si è ripristinato il
riferimento unico all’esercizio del diritto di prelazione per il promotore di forme di partenariato pubblico
privato, elidendo la previsione secondo la quale, nel bando, l’ente concedente può alternativamente disporre il
riconoscimento al promotore di un punteggio premiale (c.d. sistema alla cilena) al ricorrere dei presupposti di
legge. Tale soluzione deve ritenersi preferibile al fine di evitare che, con il meccanismo del punteggio premiale,
la proposta possa essere fatta propria da altri operatori. Il mantenimento di tale doppio binario rischierebbe
altrimenti di generare effetti distorsivi sul mercato inibendo la partecipazione di molti operatori economici alle
forme di partenariato pubblico privato. Per tali motivi, deve ritenersi preferibile il riferimento al solo esercizio
del diritto di prelazione ad opera del promotore.
Al comma 5 viene precisato che i concorrenti, compreso il promotore, in possesso dei requisiti previsti dal
bando debbono presentare un’offerta contenente il piano economico-finanziario asseverato, la specificazione
delle caratteristiche del servizio e della gestione, le varianti migliorative al progetto di fattibilità posto a base
di gara, secondo gli indicatori previsti nel bando.
Il comma 6 contiene invece la disciplina delle garanzie che è stata semplificata in modo rilevante. Infatti, ci
si limita a prevedere che le offerte debbono essere corredate dalle garanzie di cui all’articolo 106 e che il
soggetto aggiudicatario debba prestare la garanzia di cui all’articolo 117, con la precisazione che dalla data di
inizio dell'esercizio del servizio da parte del concessionario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali
relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell'opera, da
prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all'articolo
117e che la mancata prestazione di tali garanzie costituisce grave inadempimento contrattuale.
Al comma 7, in modo simile (ma più semplice) a quanto già previsto nell’art. 183, comma 10 del codice del
2016, viene descritta l’attività che deve porre in essere l’ente concedente una volta ricevute le offerte.
Al comma 8 viene descritto, in modo non dissimile a quanto già previsto nel codice del 2016 all’art. 183,
comma 15, il funzionamento del diritto di prelazione che, come già evidenziato, in realtà, consiste in un diritto
di opzione.
Al comma 9, al fine di incentivare l’innovazione, è previsto che in relazione alla specifica tipologia di lavoro
o servizio, l’amministrazione concedente debba tenere conto, tra i criteri di aggiudicazione, della quota di
investimenti destinata al progetto in termini di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica.
Al comma 10 viene mantenuta la previsione secondo la quale le camere di commercio, industria, artigianato
e agricoltura, nell'ambito degli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dalle stesse
perseguiti, possono aggregarsi alla presentazione di proposte di realizzazione di lavori pubblici di cui al comma
1, ferma restando la loro autonomia decisionale.
Infine, al comma 11 viene previsto che l’ente concedente possa sollecitare i privati a farsi promotori di
iniziative volte a realizzare i progetti inclusi negli strumenti di programmazione del partenariato pubblicoprivato, di cui all’articolo 165, comma 1, con le modalità disciplinate nel presente Titolo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 194
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Al comma 1, si è proceduto a modificare la denominazione di “società di progetto”, in quella di “società di
scopo” maggiormente esemplificativa nonché in linea con la denominazione utilizzata in ambito finanziario di
“special purpose vehicle”.
Nel comma 2 si specifica - rispetto all’attuale formulazione del secondo comma dell’art. 184, secondo cui i
lavori o i servizi da eseguire si intendono realizzati in proprio dalla società anche se affidati direttamente ai
soci – che tale affidamento diretto può avvenire non solo rispetto ai soci che hanno partecipato alla procedura
di gara, ma anche di quelli subentrati (purché ovviamente in possesso dei requisiti di qualificazione, generali
e speciali).
Nel comma 3, si conferma, comunque, l’attuale disposizione secondo cui i soci “qualificanti” (ovvero quelli
che hanno reso possibile la qualificazione in sede di gara), non possono cedere le loro quote prima del collaudo
definitivo dell’opera. Ai nuovi soci, va comunque richiesta la dimostrazione del possesso dei requisiti
prescritti.
Il comma 4 disciplina specificamente la fattispecie della sostituzione del socio che abbia perso i requisiti di
qualificazione. Anche in questo caso si tratta solo dell’esplicitazione di una eventualità già insista nella
possibilità di cessione delle quote e che, comunque, consente, in caso di perdita dei requisiti, di mantenere in
vita la società e di condurre a buon fine l’esecuzione del contratto.
Il comma 5 precisa che il bando tipo deve contenere anche lo schema della convenzione da allegare agli atti
di gara.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 195
Il comma 1 riformula la nozione di “investitori qualificati” ai quali è riservata la sottoscrizione delle
obbligazioni e dei titoli di debito emessi dalle società di scopo.
Nel comma 2 viene precisato che l’emissione delle obbligazioni da parte della società scopo è limitata alle
finalità della realizzazione dell’infrastruttura o del servizio per cui la società è stata costituita ovvero al
rifinanziamento del debito precedentemente contratto per la realizzazione dell'infrastruttura o delle opere
connesse al servizio di pubblica utilità
Nel comma 3 si conferma la previsione secondo cui la documentazione di offerta deve riportare chiaramente
ed evidenziare distintamente un avvertimento circa il grado di rischio associato all'operazione.
Il comma 4 fissa in 18 mesi il termine massimo di collocamento delle obbligazioni, decorso inutilmente il
quale, il contratto è risolto di diritto, salvo che, prima dello scadere del termine, sia intervenuta un’altra forma
di finanziamento.
Nel comma 5 si precisa che le obbligazioni e i titoli di debito, sino all'avvio della gestione dell'infrastruttura
da parte del concessionario ovvero fino alla scadenza delle obbligazioni e dei titoli medesimi, possono essere
garantiti secondo le modalità definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Fino a quel momento si applica il tuttora vigente decreto del 7
agosto 2012.
Il comma 6 conferma la disposizione, attualmente contenuta nell’art. 185, comma 4, che estende la possibilità
di emettere obbligazioni alle società affidatarie di servizi pubblici locali ovvero titolari di autorizzazioni
relative alla realizzazione di infrastrutture nei settori del trasporto di gas, energia elettrica, reti di
comunicazione elettronica e di telecomunicazioni pubbliche etc.
Il comma 7 specifica le modalità di prestazione delle garanzie.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE III
DELLA LOCAZIONE FINANZIARIA
Art. 196
Il comma 1 precisa che la stipulazione di un contratto di leasing persegue lo scopo di reperire il finanziamento
non solo per la realizzazione (c.d. leasing in costruendo) ma anche per l’acquisizione ovvero il completamento
di opere già esistenti che assumono la qualificazione di opere pubbliche o di pubblica utilità. Il contratto in
esame ha infatti la sua ragione economico-sociale nell’obiettivo di realizzare lavori pubblici avvalendosi della
possibile sinergia tra un soggetto costruttore e un soggetto finanziatore.
Il comma 2 reca la definizione del contratto di locazione finanziaria in conformità alle finalità descritte nel
comma 1.
Il comma 3 dispone che, a fini dell’applicazione delle norme sul partenariato pubblico – privato, il contratto
di leasing deve prevedere il trasferimento del rischio, così come disciplinato dal precedente articolo 177. In
ogni caso – come da tempo precisato dall’Anac (Determinazione n.4 del 22 maggio 2013) la corretta
allocazione dei rischi è un elemento cruciale del leasing immobiliare in costruendo sia sotto il profilo della
qualificazione dell’operazione come partenariato pubblico-privato sia per assicurare l’esecuzione e la fruizione
dell’opera nei tempi e secondo le modalità pattuite. Il contratto dovrà disciplinare, pertanto, in maniera espressa
detto profilo. Diversamente trovano applicazione le disposizioni sugli appalti.
Il comma 4 conferma l’attuale previsione secondo cui per l’aggiudicazione del contratto di locazione
finanziaria deve essere posto a base di gara almeno un progetto di fattibilità, con la precisazione che lo stesso
deve comprendere anche il piano finanziario.
Il comma 5 disciplina due distinte fattispecie. La prima è quella del r.t.i. tra un finanziatore e uno o più soggetti
realizzatori.
La seconda ipotesi è quella dell’offerta presentata dal solo soggetto finanziatore, il quale, in questo caso, potrà
ricorrere all’avvalimento (sia pure atipico) del soggetto realizzatore.
Sarà poi il bando, ovviamente, ad indicare i requisiti di qualificazione dei concorrenti.
Al comma 6, per agevolare e incentivare il contratto di locazione finanziaria, è stata inserita una più precisa
formulazione della disciplina delle sostituzioni per inadempimento o fallimento, stabilendo che il dissenso
dell’ente concedente può essere motivato solo con riferimento alla non idoneità o mancanza di qualificazione
del soggetto indicato in sostituzione, e quindi solo per ragioni obiettive, concretamente verificabili.
Il comma 7 riformula e semplifica l’attuale previsione del comma 4 dell'art. 187, che condiziona
l'adempimento degli impegni della stazione appaltante al positivo controllo della realizzazione e della
eventuale gestione funzionale dell'opera secondo le modalità previste.
Il comma 8 tiene conto del fatto che contrasterebbe con i principi dell’ordinamento consentire che un’opera
pubblica a tutti gli effetti (“urbanistici, edilizi ed espropriativi”), rimanga in capo ad un soggetto privato che,
alla scadenza del contratto ed in assenza di riscatto, possa poi liberamente disporne, specie se i canoni già
pagati coprano quasi integralmente il valore delle opere.
Il comma 9 precisa che l’opera può essere realizzata anche su area nella disponibilità dell’aggiudicatario.
Il comma 10 stabilisce che il contratto deve prevedere l’esercizio della facoltà di riscatto anticipato.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE IV
DEL CONTRATTO DI DISPONIBILITÀ
Art. 197
Si sono delineati nella norma i tratti essenziali, e cogenti, del contratto, la cui definizione è contenuta all’art. 2
dell’allegato I.1.
Il comma 1, in particolare, demanda, per il resto, alla autonomia delle parti, anche con l’ausilio di bandi-tipo
e di contratti-tipo redatti da Anac, al fine di garantire un maggior grado di omogeneità e “qualità”, per il tramite
I commi 2 e 9, tra l’altro, chiariscono che il cd. “canone di disponibilità” costituisce il pretium per la fruizione
e il godimento dell’opera, variabile giustappunto (e, dunque, suscettibile di diminuzione) in funzione del
periodo di effettivo godimento.
Il comma 3 disciplina, di poi, il corrispettivo “ulteriore ed eventuale” in favore dell’operatore economico, nel
caso di traslazione del diritto dominicale sull’opera in capo alla Amministrazione.
I commi 4 e 5 governano la alea contrattuale.
Il comma 6, di poi, conferma la facultas dell’operatore di apportare varianti al progetto, condizionate al placet
della Amministrazione, nei modi già previsti nel codice vigente che, sul punto, recepiva una espressa
osservazione resa nel parere del Consiglio di Stato n. 855/16.
Il comma 7 disciplina la allocazione dell’alea riveniente da oneri rivenienti da factum principis.
Il comma 8 prevede che l’ente concedente possa attribuire all’operatore economico la prerogativa di matrice
pubblicistica volta alla coattiva adprehensio dei beni.
Il comma 10 demanda al bando la indicazione dei criteri per la valutazione comparativa delle offerte.
Il comma 11 delinea, per il privato, la “capacità” di essere parte del contratto di disponibilità, mutuandola da
quella generalmente contemplata per la partecipazione alle procedure di affidamento di appalti.
Il comma 12 regola i munera di controllo dell’ente concedente, oltre che di proposta di varianti che non
comportino mutazioni sostanziali delle caratteristiche dell’opera.
Il comma 13 demanda alle previsioni contrattuali la fissazione dei criteri di modificazione del contratto e del
canone di disponibilità, anche a fini di reductio ad equitatem.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
PARTE V
ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVAT
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Art. 198
Tale articolo contiene altre disposizioni volte, in particolare, ad incentivare la partecipazione degli investitori
istituzionali alle operazioni partenariato pubblico-privato.
In primis, al comma 1, è previsto che le proposte di cui all’art. 193, comma 1, primo periodo, possano
riguardare, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di partenariato pubblico privato.
Al comma 2 è stato previsto che gli operatori economici aggiudicatari di contratti di partenariato pubblicoprivato possono sempre avvalersi, anche al di fuori della finanza di progetto, della facoltà di costituire una
società di scopo ai sensi degli articoli 194 e 195 del codice.
Inoltre, al comma 3, è stato previsto che gli investitori istituzionali anche al di fuori della finanza di progetto,
possano partecipare alla gara, associandosi o consorziandosi con operatori economici in possesso dei requisiti
per l’esecuzione dei lavori o dei servizi, qualora gli stessi ne siano privi, possano soddisfare la richiesta dei
requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale avvalendosi, anche integralmente, delle
capacità di altri soggetti o subappaltare, anche interamente, le prestazioni oggetto del contratto di concessione
ad imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 199
La rubrica dell’articolato è stata riformulata al fine di inserire in questo disposizione anche la previsione di
ulteriori garanzie a favore dei finanziatori di contratti di ppp.
Il comma 1, rispetto alle attuali previsioni contenute nell’art. 186 del codice del 2016, è stato riformulato con
alcune semplificazioni e specificazioni. In particolare, da un lato si è fatto specifico riferimento alla società di
scopo quale figura tipizzata di partenariato contrattuale che non va confusa con altre forme di partenariato
istituzionalizzato; dall’altro si è fatto distinto riferimento alle “società affidatarie, a qualunque titolo, di
contratti di ppp” al fine di includervi anche tutte le possibili ipotesi di affidamento diretto o in house. In
entrambi i casi i crediti dei finanziatori sono assistiti da privilegio generale ex lege sui beni mobili, ivi inclusi
i crediti del concessionario, delle società di scopo, e più in generale, delle società affidatarie di contratti di ppp.
È stato mantenuto il riferimento anche alla figura del contraente generale, la quale è, tuttavia, oggetto della
nuova disciplina di cui si è detto.
Nel comma 2, si è specificato, per ragioni di chiarezza, che la sanzione della nullità riguarda il negozio di
finanziamento che non faccia menzione della sussistenza del privilegio generale ex lege.
Nei commi 3 e 4 vengono confermate le vigenti disposizioni relative all’opponibilità ai terzi del privilegio.
Il comma 5 è di nuovo conio e riguarda la costituzione in pegno o la cessione in garanzia dei crediti della
società di scopo.
Anche il comma 6 è di nuovo conio e si ispira ad una analoga norma dell’ordinamento francese (art. L 22324, del Code de la commande publique).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 200
È stata estrapolata dall’art. 180, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, la disciplina dei c.d. “Energy Performance
Contract” (EPC).
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Trattasi di una fattispecie contrattuale introdotta dalla direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, recepita
nel nostro ordinamento con il d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102, al fine di promuovere l’efficienza energetica.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 201
La norma riformula ed accorpa le previsioni di cui agli artt. 189 e 190 del codice del 2016 (“interventi di
sussidiarietà orizzontale” e “baratto amministrativo” che disciplinavano peculiari forme di PPP “sociale”).
Il comma 1 affida agli enti concedenti l’officium volto a foggiare, attraverso un “atto generale”, i criteri e le
condizioni per la conclusione di contratti di partenariato sociale, delineando i tratti essenziali dei diversi “tipi”
contrattuali e delimitando, altresì, la platea dei soggetti privati che possono essere “parti” del contratto, ivi
ricomprendendosi -oltre ai cives, singoli o associati, quodammodo legati al territorio di riferimento- anche le
PMI, in ossequio al favor normativo per tali imprese (comma 3).
Il comma 2, di poi, demanda alla autonomia delle parti, anche con l’ausilio di bandi-tipo e di contratti-tipo
redatti da Anac, la determinazione del contenuto dei contratti, tenendo conto dei limiti imposti dalla norma
primaria.
Il comma 3 contiene una previsione che si colloca nell’ottica di “favor” per le piccole e medie imprese
espressamente sancito dalla legge delega.
Il comma 4 affida all’atto generale indicato al comma 1 la determinazione puntuale dei modi di esercizio del
diritto di prelazione dei cittadini costituiti in consorzio (previsto dal comma 1, lett. a)) e della concreta
latitudine e misura degli incentivi fiscali di cui beneficiano i privati, la cui natura e tipologia è all’uopo
demandata ad una norma “esterna” al corpus codicistico.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 202
La norma snellisce le previsioni dell’attuale art. 191, che appaiono sovrabbondanti segnatamente per quanto
attiene ai commi 2, 2-bis e 3, potendo ridursi la disciplina primaria alla individuazione dei tratti fondamentali
di tale schema negoziale, demandando alla autonomia della Amministrazione (bando) e delle parti (contratto),
nel solco dei contratti-tipo e dei bandi-tipo di Anac, aspetti di dettaglio, quali ad esempio: le concrete modalità
di individuazione degli immobili da cedere, gli uffici competenti a determinarne il valore, le garanzie richieste
in caso di traslazione del diritto dominicale in un momento antecedente a quello di ultimazione dei lavori.
Il comma 1, lett. a) specifica che – in caso di cessione dell’immobile ad un soggetto terzo rispetto alla
“controparte privata”- vi è necessità che sussista all’uopo l’interesse di essa controparte, configurando il
trasferimento ad un terzo un “contratto a favore del terzo”, la cui validità presuppone giustappunto l’interesse
dello stipulante ai sensi dell’art. 1411, comma 1, c.c..
Il comma 1, lett. b) riconosce la particolare rilevanza che assumono le garanzie nella figura negoziale in
esame, ove la traslazione del diritto dominicale integra giustappunto il corrispettivo da versare all’operatore;
talché, la sua anticipata corresponsione implica ex se la prestazione di idonea garanzia da parte del privato che
fruisce di tale beneficium.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
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PARTE VI
DEI SERVIZI GLOBALI
Art. 203
Il comma 1 contiene norma di carattere generale, con la quale si delineano i tratti essenziali (oggetto e, in
parte, struttura causale) dei contratti di affidamento di servizi globali, genus all’interno del quale
ricomprendere figure negoziali già tipizzate dalla legge e dalla prassi (contraente generale; global service)
nonché ogni altro negozio “atipico”.
Il comma 2, in particolare, rimarca la peculiare qualitas dell’operatore economico affidatario dei servizi
globali, cui si richiede un quid pluris in termini di competenze professionali e capacità patrimoniali e finanziari.
All’uopo si rinvia allo specifico sistema di qualificazione previsto per il contraente generale.
Il comma 3, al pari di altre norme del codice, reca una previsione attuativa della delega, attribuendo ad Anac
poteri di indirizzo e di cd. soft law nella individuazione dei possibili contenuti operativi e di dettaglio dei bandi
e dei contratti.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 204
Il comma 1 rimodula la previsione definitoria del contratto contenute nel d.lgs. 50/16, modellandola sul
paradigma tratteggiato nella norma di definizione generale dei contratti di affidamento di servizi globali di cui
all’art. 203, expressis verbis puntualizzandosi che il “prezzo” della prestazione è variabile in relazione
all’effettivo risultato conseguito.
Il comma 2 riproduce, semplificandolo, il comma 4 dell’art. 194 del codice del 2016.
Il comma 3 riprende e semplifica il comma 2 dell’art. 194 del d.lgs. 50/16, individuando solo talune delle
prestazioni tipiche cui è tenuto l’operatore economico, tutte le altre (es.: esecuzione dei lavori, acquisizione
area di sedime) essendo chiaramente strumentali alla esecuzione della prestazione principale dedotta in
obbligazione e, indi, non abbisognevoli di apposita, partita, enunciazione normativa.
Il comma 4 accorpa le previsioni afferenti agli elementi “accidentali” del contratto, id est la prerogativa di
matrice pubblicistica volta alla coattiva adprehensio dei beni e quella afferente al modus di gestione dell’opera,
ovvero alla selezione di individuazione dei soggetti chiamati a tale officium gestorio.
Il comma 5 chiarisce che spetta all’ente concedente la redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica
e la approvazione di quello esecutivo, oltre alle relative varianti.
Il comma 6, e in particolare le regole contemplate alle lett. da a) a d), accorpano e razionalizzano le previsioni
afferenti al corrispettivo; la lett. e), di poi, contiene una disposizione che demanda alle prescrizioni di bando e
al contratto la individuazione delle misure antimafia, con i relativi costi, attualmente contenute nel comma 20
dell’art. 194 del d.lgs. 50/16.
I commi 7 e 8 governano la alea rispettivamente gravante in capo alle parti in relazione alle modifiche del
progetto.
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Il comma 9 riformula le previsioni dell’attuale comma 5 dell’art. 194 d.lgs. 50/16, relativa alla comunicazione
da parte dell’operatore economico delle varianti del progetto, al fine di consentire all’ente concedente di
motivatamente opporsi in caso di modifiche sostanziali del quid, del quomodo e del tempus connotanti il
compimento dell’opera, ovvero la modificazione del risultato, siccome previamente individuati e foggiati nel
contratto.
Il comma 10 riproduce, con modifiche formali, la norma contenuta al comma 5 dell’art. 194 del codice vigente
sulla inapplicabilità alle varianti del progetto della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un
bando.
Il comma 11 semplifica la previsione contenuta nel codice vigente (art. 194, comma 10), attribuendo al
contraente generale la facultas di ricorrere alla costituzione di una società di scopo per la esecuzione del
contratto, rinviando alla generale disciplina della società di scopo contenuta all’art. 184, eliminando la testuale
reiterazione di precetti già contenuti nella ridetta norma generale. Si specificano, altresì, i requisiti che i soci
dovrebbero possedere.
Il comma 12 tratteggia il regime della responsabilità per l’inadempimento o l’inesatto adempimento delle
obbligazioni, sancendo in via “naturale” la solidarietà tra contraente generale, i diversi soggetti che lo
compongono e la società di scopo, salva la possibilità per quest’ultima di liberare gli altri coobbligati fornendo
all’ente concedente idonee garanzie.
Il comma 13 riprende sostanzialmente il contenuto dell’art. 194, comma 7, del d.lgs. 50/16, sulla facoltà di
affidare la esecuzione delle prestazioni a terzi, e sull’eventuale subaffidamento da parte di questi ultimi.
Il comma 14, riprendendo il contenuto dell’art. 194, comma 12, d.lgs. 50/16, demanda al bando e al contratto
la determinazione della quota di valore dell’opera da realizzarsi con anticipazioni del contraente generale, con
possibilità per quest’ultimo o per la società di scopo di attingere risorse tramite prestiti obbligazionari anche
in deroga ai limiti contemplati dal codice civile, con apposite garanzie fornite dall’ente concedente.
I commi 15, 16 e 17 riprendono sostanzialmente le previsioni dell’art. 194, comma 15, 16 e 17, del d.lgs.
50/16.
Il comma 18, infine, contiene una prescrizione “unitaria” afferente ai poteri di vigilanza del soggetto
aggiudicatore sulla rispondenza dell’opus al risultato prefissato e le possibili variazioni che lo stesso soggetto
può apportare al progetto iniziale.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 205
Si accorpano in tale norma le disposizioni degli artt. 195 e 198 del codice vigente, contenenti disposizioni
afferenti alla procedura di aggiudicazione del contratto e alle modalità di partecipazione dei concorrenti.
Il comma 1 demanda al bando la individuazione del progetto di fattibilità tecnico-economica e del numero
minimo e massimo di operatori invitati, al fine di assicurare un effettivo giuoco concorrenziale, delineando
altresì i criteri di selezione degli invitati nel caso di domande di partecipazioni eccedenti il ridetto numero
massimo.
Il comma 2 sancisce il criterio di aggiudicazione, offerta economicamente più vantaggiosa, e attribuisce
particolare pregnanza –tra gli elementi di valutazione- al “miglior perseguimento del risultato dedotto nel
contratto”.
Il comma 3 riprende le prescrizioni del codice del 2016 in tema di dimostrazione, da parte dell’offerente, dei
requisiti professionali, finanziari e di onorabilità; in particolare, alla lett. b), non si è riprodotta la previsione
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attualmente contenuta all’art. 198, comma 1, lett. b), in tema di onus probandi gravante in capo all’operatore,
comechè concretante una non giustificata limitazione della facoltà per il concorrente di dimostrare, con ogni
mezzo (e non solo attraverso i bilanci consolidati o “idonee dichiarazioni bancarie”) la richiesta capacità
economica o patrimoniale.
Il comma 4 vieta la partecipazione alla gara di imprese collegate ovvero la partecipazione “plurima” di un
operatore.
Il comma 5 disciplina la partecipazione in associazione o consorzio e il relativo modus di dimostrazione dei
requisiti professionali, finanziari e di onorabilità.
I commi 6 e 7 contengono un generale rinvio alle restanti norme del codice in tema di procedure di scelta,
anche per i settori speciali in caso di enti concedenti ivi operanti.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 206
I commi 1 e 2 riproducono sostanzialmente –con talune modifiche formali- il contenuto precettivo dell’art.
196 commi 1 e 2 del codice del 2016.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 207
Si sono accorpate in un unico articolo le disposizioni di cui agli artt. 197 e 199, afferenti al sistema di
qualificazione del contraente generale e alla disciplina della attestazione di tale peculiare qualità.
Il comma 1 delimita il “tipo” contraente generale, a latere soggettivo, indicando altresì i peculiari requisiti
professionali, patrimoniali, finanziari e di onorabilità di cui deve essere in possesso.
Il comma 2 demanda al regolamento di cui all’articolo 100, comma 4, il peculiare sistema di qualificazione
del contraente generale.
Il comma 3 detta una norma transitoria, in forza della quale - nelle more della adozione del nuovo regolamento
- si dispone la ultrattività del sistema attualmente vigente, che prevede la attestazione della specifica qualitas
che ne occupa, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 208
Il comma 1 disciplina e codifica la figura negoziale del cd. “global service”, delineata nella prassi nella
(prescrizione UNI 10685/1998), con rinvio anche a talune delle disposizioni disciplinanti il “contraente
generale”.
Il comma 2 indica il contenuto “minimo” del bando e del contratto, attribuendo particolare pregnanza ai criteri
di effettiva modulazione (in aumento o “al ribasso”) del corrispettivo, legato al “risultato ottenuto” oltre che
alle prestazioni rese, nonché alla allocazione dell’alea riveniente da oneri rivenienti da factum principis.
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Il comma 3 sancisce il criterio di aggiudicazione, offerta economicamente più vantaggiosa, e attribuisce
particolare pregnanza –tra gli elementi di valutazione- al “miglior perseguimento del risultato dedotto nel
contratto”.
Il comma 4 contiene il rinvio a specifiche norme disciplinanti la figura del “contraente generale”.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
114
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LIBRO V
DEL CONTENZIOSO E DELL’AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUIZIONE. DISPOSIZIONI
FINALI E TRANSITORIE
PARTE I
DEL CONTENZIOSO
Titolo I - I ricorsi giurisdizionali
Art. 209
L’articolo in commento apporta modifiche al codice del processo amministrativo (c.p.a.) di cui all’allegato 1
al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104
In particolare, l’art. 120 c.p.a. è stato aggiornato sostituendo i riferimenti alle disposizioni del d. lgs. 18 aprile
2016, n. 50, con quelli del nuovo codice dei contratti pubblici; è stato inoltre sempre aggiunto il riferimento
alle concessioni.
Il testo dell’art. 121 c.p.a. della disposizione ha subìto correzioni di carattere meramente formale, consistenti
nell’espunzione dei richiami al codice previgente, sostituiti da rimandi alle norme del nuovo codice;
nell’enucleazione di un nuovo comma 1-bis in precedenza integrato nel primo periodo del comma 1, e nella
menzione dell’ente concedente nei casi in cui compariva il riferimento alla sola stazione appaltante.
Quanto all’art. 124 c.p.a., la modifica introdotta al comma 1 prevede l’estensione della cognizione del giudice
anche alle azioni risarcitorie e all’azione di rivalsa proposte dalla stazione appaltante nei confronti
dell'operatore economico che, violando i doveri di buona fede e correttezza, ha concorso a determinare un esito
della gara illegittimo.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Titolo II - I rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale
Art. 210
Il comma 1 specifica che l’accordo bonario nell’ambito degli appalti per lavori può essere utilizzato qualora
l’importo economico dell’opera vari tra il 5 ed il 15 per cento dell’importo contrattualmente previsto e che tale
fattispecie è regolata dalle successive disposizioni del medesimo articolo.
Il comma 2 enuncia un principio di onnicomprensività dell’accordo bonario.
Il comma 3 pone in capo al direttore dei lavori un obbligo di immediata comunicazione delle riserve al
responsabile unico del progetto, corredata da relazione riservata.
Il comma 4 affida al responsabile unico del progetto la preliminare valutazione circa l’ammissibilità e la non
manifesta infondatezza delle riserve al fine di un calcolo effettivo e reale del raggiungimento del limite, di cui
al comma 1, del 15 per cento dell’importo del contratto.
Il comma 5 stabilisce la facoltà da parte del responsabile unico del progetto di optare per l’utilizzo di un
esperto per la formulazione della proposta motivata di accordo bonario e impone termini celeri e modalità
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trasparenti della sua scelta e della sua nomina (prioritariamente condivisa dal responsabile unico del progetto
e dal soggetto che fa formulato le riserve e, in subordine, affidata alla Camera arbitrale), stabilendo inoltre la
tempistica della formulazione della proposta da parte del predetto esperto.
Il comma 6 codifica un principio di completezza istruttoria e di necessaria copertura finanziaria.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 211
Il comma 1 introduce un’espressa clausola di estensione, subordinata ad una valutazione di compatibilità, della
disciplina di cui all’articolo 210 anche ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica e ai
contratti di servizi, laddove insorgano controversie in fase esecutiva circa l’esatta esecuzione delle prestazioni
dovute.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 212
Il comma 1 enuncia un criterio di residualità e sussidiarietà della transazione nell’ambito dell’esecuzione dei
contratti pubblici, che, invero, può essere utilizzata soltanto qualora non risulti possibile esperire altri rimedi
alternativi all’azione giurisdizionale.
Il comma 2 prevede una necessaria fase consultiva per le ipotesi transattive inerenti ai contratti pubblici
superiori a determinate soglie (100.000 euro in generale ovvero 200.000 euro in caso di lavori pubblici),
affidata, per le amministrazioni centrali, al qualificato parere dell’Avvocatura dello Stato e, per le
amministrazioni sub centrali, a un legale interno alla struttura ovvero, in mancanza, al funzionario più elevato
in grado competente per il contenzioso.
Il comma 3 precisa che, in applicazione del principio di tendenziale parità delle posizioni negoziali delle parti
nella fase esecutiva, l’iter transattivo può essere avviato, tramite una proposta, tanto dal dirigente della stazione
appaltante (sentito il responsabile unico del progetto), quanto dal soggetto aggiudicatario.
Il comma 4 codifica il principio di necessaria forma scritta ad substantiam della transazione, il cui mancato
rispetto è espressamente sanzionato con la sua nullità.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 213
Il comma 1 perimetra esattamente i confini dell’arbitrato nell’ambito dei contratti pubblici.
Il comma 2 attribuisce alla stazione appaltante o all’ente concedente la facoltà di indicare previamente nel
bando o nell’avviso con cui indice la gara oppure nell’invito, per le procedure senza bando, se il contratto
conterrà o non conterrà la clausola compromissoria; è esclusa l’imposizione della predetta clausola; è precisato
che, in ogni caso, le parti conservano la facoltà di compromettere la lite in arbitrato nel corso dell’esecuzione
del contratto.
Il comma 3 commina la nullità della clausola compromissoria inserita nel bando, nell’avviso o nell’invito
senza la necessaria, previa e motivata autorizzazione dell’organo di governo della amministrazione
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aggiudicatrice, essendo in tal guisa centralizzata al livello decisionale più elevato la scelta circa il potenziale
utilizzo dell’arbitrato per la definizione di future e possibili controversie.
I commi 4, 5 e 6 disciplinano in modo dettagliato la procedura di nomina degli arbitri (demandando alla
Camera arbitrale un ruolo primario) al fine di garantire la professionalità dei soggetti prescelti, nonché il
rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione, stabilendo altresì una chiara incompatibilità tra le funzioni
arbitrali e una serie di soggetti che direttamente o indirettamente abbiano partecipato alla fase di evidenza
pubblica o della fase esecutiva ovvero che abbiano avuto pregresse tipologie di rapporti professionali con le
parti ovvero che siano magistrati ordinari, amministrativi contabili e militari in servizio, avvocati e procuratori
dello Stato in servizio, nonché magistrati e giudici tributari.
Il comma 7, al fine di presidiare il rispetto della procedura e delle incompatibilità recate dai commi 4, 5 e 6,
sanziona con la nullità del lodo la nomina del collegio arbitrale effettuata in violazione di siffatte disposizioni.
Il comma 8 valorizza vieppiù nella fase di scelta del collegio arbitrale il ruolo della Camera arbitrale, presso
cui devono confluire tutti i relativi atti delle parti e che determina l’acconto del corrispettivo degli arbitri e
nomina, ove necessario, il segretario dell’arbitrato, eventualmente scegliendolo tra il personale interno
all’Autorità nazionale anticorruzione.
Il comma 9 codifica il principio di libertà delle parti nella scelta della sede del collegio arbitrale, prevedendo
altresì che, laddove non sia espressa alcuna indicazione al riguardo ovvero se non vi sia accordo fra le parti, la
sede è automaticamente stabilita presso la sede della Camera arbitrale.
Il comma 10 sottopone l’arbitrato, per quanto non disciplinato dal codice dei contratti pubblici, alle
disposizioni del codice di procedura civile, affermando espressamente l’ammissibilità di tutti i mezzi di prova
ivi previsti, con esclusione del giuramento in tutte le sue forme.
Il comma 11 codifica il principio per cui la perentorietà dei termini che gli arbitri abbiano fissato alle parti per
le loro allegazioni e istanze istruttorie sussiste soltanto nei casi in cui vi sia una previsione in tal senso nella
convenzione di arbitrato o in un atto scritto separato o nel regolamento processuale che gli arbitri si sono dati.
I commi 12 e 13 dettano precise disposizioni circa la sottoscrizione, il deposito, l’efficacia del lodo e il
versamento di una somma a carico delle parti e a cura deli arbitri all’Autorità nazionale anticorruzione,
sancendo inoltre che il deposito del lodo in materia di contratti pubblici presso la Camera arbitrale deve
precedere il deposito presso la cancelleria del tribunale di cui all’art. 825 del codice di procedura civile.
Il comma 14 consente espressamente un’ampia impugnabilità del lodo tanto per motivi di nullità, quanto per
violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.
Il comma 15 introduce delle peculiarità al rito d’impugnazione dinanzi alla Corte d’appello al fine di garantire
una massima celerità nella definizione della vicenda, nonché una più ampia possibilità di sospensione
dell’efficacia esecutiva del lodo, che deve essere seguita da un ancor più rapida definizione della controversia.
Inoltre, si fa rinvio all’apposito allegato V.1 (sul quale v. infra) per la disciplina relativa ai compensi degli
arbitri.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato V.1
Questo allegato riproduce parte degli articoli 209 (i commi da 16 alla fine) e 210 (i commi da 8 alla fine) del
vigente d.lgs. n. 50/2016, in tema rispettivamente di tenuta dell’albo degli arbitri e dei periti da parte della
Camera arbitrale e di compensi degli arbitri.
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Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 214
I commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 istituiscono la Camera arbitrale presso l’Autorità nazionale anticorruzione.
Il comma 7, al fine di garantire la massima professionalità degli arbitri per i contratti pubblici, stabilisce i
requisiti per l’iscrizione all’albo degli arbitri della Camera arbitrale.
Il comma 8 dà massima attuazione al principio di trasparenza, statuendo la pubblicazione sul sito internet
dell’Autorità nazionale anticorruzione dell’elenco degli arbitrati in corso e definiti, dei loro dati, dei nominativi
e dei compensi degli arbitri e dei periti.
Il comma 9, in ossequio alla divisata massima funzionalità operativa del codice di contratti pubblici, rinvia ad
apposito allegato la disciplina di dettaglio inerente all’albo degli arbitri, all’elenco dei periti e all’elenco dei
segretari.
Si tratta di una norma mutuata dalla legislazione vigente (art. 210 del codice vigente), i cui adempimenti
a carico di ANAC sono già previsti non comportando, conseguentemente, nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
Artt. 215-219
Le norme sul Collegio consultivo tecnico (CCT) danno attuazione al criterio direttivo della legge delega
concernente “estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio
giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto”.
Il comma 1 demanda a un apposito allegato V.2 – sul quale v. infra - la disciplina di dettaglio sulle modalità
di costituzione del Collegio.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Allegato V.2
Questo allegato risulta da una collazione di alcune disposizioni precedentemente contenute nell’articolo 6 del
d.l. n. 76/2020, delegificate e sintetizzate, e di altre trasfuse dalle Linee guida del Consiglio superiore dei lavori
pubblici adottate in attuazione del comma 8-bis del predetto articolo 6, recepite con d.m. 17 gennaio 2022, in
tema di modalità di costituzione e funzionamento del collegio consultivo tecnico, requisiti dei suoi componenti
e criteri di determinazione dei compensi loro spettanti.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 220
L’art. 220 riscrive la disciplina del parere di precontenzioso dell’ANAC, già previsto dall’art. 211 del d. lgs.
n. 50 del 2016, con talune significative innovazioni.
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Al comma 1 si chiarisce, anzitutto, che il parere di precontenzioso viene espresso su richiesta della stazione
appaltante, dell’ente concedente o di una o più delle altre parti. Vengono poi introdotte importanti modifiche.
La formulazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 220 ricalca quella dei commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell’art. 211
del d. lgs. n. 50 del 2016.
Le sole novità si ravvisano nel comma 3 dell’art. 220, che ripropone il potere dell’ANAC di esprimere un
parere motivato quando ravvisi che la stazione appaltante ha adottato un provvedimento affetto da gravi
violazioni del codice, specificando nel parere i vizi di legittimità riscontrati.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Parte II
Della governance
Art. 221
Per quanto riguarda la cabina di regia, il testo della disposizione ha subito modifiche rilevanti rispetto all’art.
212 del d.lgs. n. 50 del 2016, finalizzate al potenziamento della struttura.
Il comma 1 richiama in apertura l’allegato V.3 – sul quale v. infra - che a regime ha natura regolamentare e
che è deputato a disciplinare la composizione e le modalità di funzionamento della suddetta cabina.
Il comma 2 conferma le funzioni e finalità della struttura, mantenendo l’impostazione generale già seguita dal
previgente assetto, che incardina la “policy” nazionale in materia di appalti pubblici e concessioni sulle tre
istituzioni del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sull’ANAC e sulla Cabina di Regia
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nell’ambito di questo assetto, in base al comma 7 a quest’ultima compete il ruolo di struttura nazionale di
riferimento per la cooperazione con la Commissione europea, per quanto riguarda l’applicazione della
normativa settoriale e l’adempimento degli obblighi di assistenza e di cooperazione reciproca tra gli Stati
membri. La Cabina di Regia svolge altresì, ai sensi del comma 4, lettera d), il compito di sovrintendere alla
digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici (ferme le funzioni dell’ANAC).
I commi 3, 4, 8 e 9 contengono significative innovazioni
In particolare, il comma 3 prevede l’istituzione da parte della Cabina di Regia, per i primi due semestri dalla
data di acquisto dell’efficacia del codice, di una struttura denominata “sportello unico di supporto tecnico” (cd.
help desk) deputata ad effettuare un’attività di monitoraggio dell’attuazione delle misure contenute nel codice,
sostenendone l’attuazione e individuandone eventuali criticità.
Il comma 4, oltre al ruolo affidato alla Cabina di Regia alla lettera d), affida ad essa alla lettera b) il compito
di curare la fase di attuazione del codice e di coordinare l’adozione, da parte dei soggetti competenti, dei
regolamenti attuativi e degli atti di indirizzo, nonché il loro riordino in allegato al codice, anche per garantirne
tempestività e coerenza reciproca. La lettera c), in aggiunta al compito di esaminare le proposte di modifiche
normative nella materia disciplinata dal codice, demanda poi alla struttura di contribuire all’effettuazione delle
analisi e verifiche di impatto dei provvedimenti adottati.
I commi 8 e 9, dal canto loro, sono dedicati specificamente alla governance dei servizi, disciplinando le
funzioni del CIPESS in materia di predisposizione del piano nazionale dei servizi strategici del Paese e i
contenuti del piano stesso.
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Si tratta di una norma sostanzialmente mutuata dalla legislazione vigente (art. 212 del codice vigente), i
cui adempimenti a carico delle Amministrazioni sono già previsti non comportando, conseguentemente,
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In ogni caso, per le eventuali attività
implementative le Amministrazioni, tenuto conto della clausola di invarianza finanziaria del presente
codice, provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, non
comportando nuovi o maggiori oneri per finanza pubblica.
Allegato V.3
Questo allegato disciplina la composizione e il funzionamento della cabina di regia prevista dall’articolo 221
del codice, segnalandosi, rispetto alle previsioni del vigente d.P.C.M. 10 agosto 2016 (emanato in attuazione
dell’articolo 212, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016), per un significativo snellimento quantitativo dei componenti
la detta cabina e per una maggior semplificazione delle sue modalità di riunione e deliberazione.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 222
L’art. 222 dispone il riordino e la revisione delle competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione, già
elencate dall’art. 213 del d. lgs. n. 50 del 2016, in attuazione del criterio contenuto nell’art. 1, comma 2, lett.
b), della l. delega, che ha stabilito la “revisione delle competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione in
materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni
appaltanti”.
A tal fine, nell’art. 222 sono stati riconsiderati i poteri regolatori dell’Autorità previsti dall’art. 213 del d. lgs.
n. 50 del 2016, ma non più menzionati dalla legge delega.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 223
Come per il precedente art. 221, sono minime e solo formali le variazioni che si riscontrano rispetto al testo
del previgente articolo 214. Rimangono invariati i contenuti sostanziali della disposizione e confermate le
competenze del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
Esse ne fanno il luogo di snodo e di coordinamento di varie competenze, oltre che il soggetto istituzionale
titolare della funzione di promozione delle attività amministrative e tecniche necessarie alla celere
progettazione e all’approvazione delle infrastrutture strategiche e degli insediamenti produttivi prioritari per
lo sviluppo del Paese.
Si tratta di disposizioni mutuate dalla legislazione vigente (art. 214 del D.lgs. n. 50 del 2016) i cui
adempimenti a carico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono già previsti non
comportando, conseguentemente, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Al riguardo,
si specifica che le risorse destinate alle spese di funzionamento della Struttura tecnica di missione,
autorizzate dall’art. 1, comma 238, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 sono allocate sul capitolo 1080
“Spese per il funzionamento e lo svolgimento dei compiti istituzionali della struttura tecnica di missione per
l'indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l'alta sorveglianza delle grandi opere” dello stato di
previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (M/P/A 32/2/2), mentre le risorse
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destinate al Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, assegnate mediante il riparto
del Fondo di cui all’art. 1, comma 7, della legge n. 144 del 1999, sono iscritte sul capitolo 1483 “Spese
per il funzionamento del nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici ivi compresi i compensi
a componenti estranei alla pubblica amministrazione” dello stato di previsione della spesa del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti (M/P/A 14/11/7).
Parte III
Disposizioni transitorie, di coordinamento e abrogazioni
Art. 224
La disposizione detta una disciplina di coordinamento e ragguaglio a quella attualmente vigente, dettando una
serie di abrogazioni (di articoli), sostituzioni (di articoli, parole), soppressioni (di periodi, parole) e aggiunte
(di periodi).
Da segnalare il comma 1, in cui si stabilisce l’immediata applicabilità della nuova disciplina di cui agli articoli
da 215 a 219 ai Collegi consultivi tecnici già costituiti ed operanti alla data di entrata in vigore del codice: per
questi, dunque, non è previsto un regime transitorio che ne consenta l’assoggettamento al previgente regime
normativo di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 (per la diversa regola sui “procedimenti in corso”, v. il successivo art.
227).
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Art. 225
La disposizione contiene un’articolata disciplina transitoria e di coordinamento.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Articoli 226-229
Le disposizioni finali del testo proposto contengono le norme di chiusura sulle abrogazioni.
L’art. 228 reca la clausola di invarianza finanziaria.
Le disposizioni hanno contenuto ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
La verifica della presente relazione tecnica, effettuata ai sensi dell’art. 17 comma 3, della Legge 31
dicembre 2009, n. 196 ha avuto esito positivo ☒ negativo ☐
05/01/2023
Il Ragioniere Generale dello Stato
Firmato digitalmente Biagio Mazzotta
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