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Osteoporosi e Malattie Reumatiche

Osteoporosis (OP) is a well documented complication of some rheumatic diseases. Rheumatoid arthritis (RA) represents the paradigm of bone loss which occurs both locally (iuxta-articular OP and bone erosions) and systemically (generalized osteoporosis and fractures). Both local and systemic bone loss in RA are mainly due to an imbalance in the RANKL/OPG ratio produced by pro-inflammatory cytokines. There is sub- stantial evidence that bone loss does occur also in systemic lupus erythematosus, ankylosing spondylitis and scleroderma. The pathogenesis of bone loss is multifactorial, with disease-dependent and disease-independent factors. Glucocorticoids represent the single most important risk factor for OP, even at low dose, and are associated with a significant increase in fracture risk. Functional impairment, hypovitaminosis D due to lack of sun exposure, disease activity and drugs, such as immunosuppressant and anticoagulants, also play a role.

Osteoporosi e Malattie Reumatiche - pp. 270/277 O. Di Munno et al. pag.270 OSTEOPOROSI E MALATTIE REUMATICHE Ombretta Di Munno, Andrea Delle Sedie, Maurizio Mazzantini U.O. Reumatologia, Dipartimento di Medicina Interna, Università di Pisa Indirizzo per corrispondenza: Prof.ssa Ombretta Di Munno U.O. Reumatologia, Dipartimento di Medicina Interna, Università di Pisa Via Roma 67 - 56126 Pisa tel: +39 050 558604; fax: +39 050 558604; e-mail: [email protected] ABSTRACT Osteoporosis (OP) is a well documented complication of some rheumatic diseases. Rheumatoid arthritis (RA) represents the paradigm of bone loss which occurs both locally (iuxta-articular OP and bone erosions) and systemically (generalized osteoporosis and fractures). Both local and systemic bone loss in RA are mainly due to an imbalance in the RANKL/OPG ratio produced by pro-inflammatory cytokines. There is substantial evidence that bone loss does occur also in systemic lupus erythematosus, ankylosing spondylitis and scleroderma. The pathogenesis of bone loss is multifactorial, with disease-dependent and disease-independent factors. Glucocorticoids represent the single most important risk factor for OP, even at low dose, and are associated with a significant increase in fracture risk. Functional impairment, hypovitaminosis D due to lack of sun exposure, disease activity and drugs, such as immunosuppressant and anticoagulants, also play a role. Key words: osteoporosis, rheumatic diseases, risk factors, cytokine, glucocorticoids RIASSUNTO Numerosi studi documentano la presenza di osteoporosi (OP) in molte malattie reumatiche (MR). L’artrite reumatoide (AR) rappresenta la malattia in cui questi aspetti sono stati meglio valutati sia a livello locale (OP iuxta-articolare, erosioni) che sistemico (OP generalizzata, fratture) ma c’è ormai evidenza di aumentata incidenza di OP e fratture anche in pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES), spondilite anchilosante (SA) e sclerodermia (SSc). La patogenesi dell’OP è multifattoriale riconoscendo sia meccanismi non specificamente legati alla malattia di per sé, che più strettamente dipendenti dalla malattia stessa. Fra i primi vanno segnalati la prevalenza nel sesso femminile (AR, LES, SSc) e nell’età medio avanzata, il mancato raggiungimento del picco ottimale di massa ossea quando l’esordio è precoce (LES, AR giovanile, SSc). Fra i secondi vanno considerati la compromissione funzionale e/o l’invalidità (AR, SA), la grave ipovitaminosi D conseguente alla ridotta esposizione al sole (LES), l’attività di malattia (ruolo osteopenizzante di mediatori della flogosi e citochine), infine l’impiego di farmaci con effetti scheletrici ben noti come i glucocorticoidi o comunque in larga parte documentati (anticoagulanti cronici). I glucocorticoidi, anche ai bassi dosaggi frequentemente utilizzati nelle MR, hanno dimostrato effetti negativi sulla massa ossea, associati in alcune malattie (AR, LES, SA) ad aumentato rischio di fratture. Parole chiave: osteoporosi, malattie reumatiche, fattori di rischio, citochine, glucocorticoidi INTRODUZIONE L’ultimo decennio ha assistito a numerosi progressi nelle nostre conoscenze dei rapporti tra malattie reumatiche (MR) e massa ossea. Era già stato ampiamente documentato che alcune MR si associano frequentemente ad osteoporosi (OP), indipendentemente dall’impiego dei glucocorticoidi (GC). Questo era stato possibile grazie alla disponibilità di una metodica precisa ed accurata per misurare la densità minerale ossea (BMD), ovvero la densitometria a raggi X (DXA). L’utilizzo di marcatori urinari e sierici del turnover osseo ha poi fornito importanti informazioni sui fenomeni che regolano il metabolismo scheletrico in condizioni fisiologiche e patologiche, e indicato un metodo per la sua valutazione anche nella pratica clinica. Ulteriore luce in questo campo è stata data dall’individuazione di un folto numero di mediatori della flogosi e di citochine (i.e. IL-1, IL-2, IL-6, IL-11, IL-17, TNF-a) che regolano in condizioni fisiologiche e patologiche reclutamento, differenziazione e attività degli osteoclasti (1, 2) e che svolgono un ruolo di primissimo piano nell’induzione della perdita locale e sistemica di massa ossea nelle artropatie flogistiche croniche (1, 3). Alla fine degli anni ’90 risale la individuazione del receptor activator of nuclear factor kB ligand (RANKL) (4), una citochina fondamentale per l’osteoclastogenesi, il che ha condotto negli anni successivi ad una migliore comprensione della biologia del riassorbimento osseo operato dagli osteoclasti (2, 5) ed ha fornito rilevanti conoscenze circa la patogenesi di alcune malattie metaboliche dello scheletro. Per rimanere nel campo dell’influenza sull’osso delle MR ed in particolar modo dell’artrite reumatoide (AR), è Riv. It. Ost. Gin. - Vol. 5 pag.271 infatti ormai ben documentato che le maggiori conseguenze scheriore rispetto a quella della popolazione di controllo. Lo stesso letriche di questa, ovvero le erosioni e l’OP iuxta-articolare, sono autore ha riscontrato un analogo risultato anche in 94 pazienti di innescate dall’espressione da parte delle cellule T attivate di elevasesso maschile, provenienti dallo stesso registro (25). Da un ampio ti livelli di RANKL, con la conseguente diretta attivazione degli studio osservazionale, condotto nell’ambito della Società Italiana osteoclasti (1, 3, 6, 7). Un ruolo simile come mediatore della perdi Reumatologia (SIR) (24) su 925 donne con AR è emersa una dita di massa ossea è stato attribuito al RANKL anche nei pazienprevalenza di OP del 28.8% a livello vertebrale e del 36.2% a livelti con spondilite anchilosante ed artrite psoriasica. Infine, RANKL lo femorale. L’AR è apparsa associata anche ad aumentato rischio ed altre citochine, es IL-1, stanno rappresentando il bersaglio di di fratture (25-29), se pur con prevalenze diverse. Sinigaglia et al nuove prospettive terapeutiche, ancora sotto studio, ma promet(24) hanno evidenziato una prevalenza del 15.2% per tutte le frattenti (8-11). Una segnalazione a parte meritano i GC, il cui utilizture da fragilità, Ørstavik et al (29) una prevalenza di fratture verzo è fondamentale in molte MR, ed il cui effetto osteopenizzante tebrali aumentata da 2 a 3 volte rispetto alla popolazione di conè noto da decenni. Solo da pochi anni tuttavia è stato chiarito il trollo. Se la patogenesi dell’OP iuxta-articolare è principalmente principale meccanismo per il quale questi farmaci causano OP: i riconducibile alla produzione locale di citochine ed altri mediatoGC riducono il numero, l’attività funzionale e la sopravvivenza ri flogistici da parte del panno sinoviale infiammato (1, 3, 7), degli osteoblasti, ed in più, nelle prime fasi della loro sommininumerosi sono i fattori coinvolti nella patogenesi dell’OP sistemistrazione, determinano un incremento dell’attività degli osteoclaca (17) tanto che l’AR è considerata fra le malattie più frequentesti (12, 13). Importanti studi epidemiologici hanno infine chiarimente associate a rapida perdita di massa ossea (30). Alcuni di to che i GC esercitano effetti negativi sull’osso anche a dosi relatiquesti fattori, non specificamente legati alla malattia di per sé, si vamente basse, ed in tempi molto rapidi (14, 15). Se l’AR è la identificano (Fig 1) nella maggior frequenza di questa nel sesso malattia le cui conseguenze negative sulla massa ossea sono state da più lungo tempo Figura 1. Fattori di rischio per osteoporosi nell’AR e più diffusamente indagate (16, 17), c’è ormai una solida evidenza di un aumentato rischio di OP e di fratture anche in pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES) (18) e spondilite anchilosante (SA) (19). Anche la sclerodermia (SSc) è stata indagata per quanto riguarda le sue conseguenze scheletriche, ma con risultati meno univoci (20). I paragrafi successivi riportano quanto è attualmente noto su questo aspetto in continua evoluzione. ARTRITE REUMATOIDE L’artrite reumatoide, la più comune fra le artriti croniche a carattere infiammatorio, è caratterizzata, oltre che dall’impegno articolare, da manifestazioni sistemiche extra-articolari a carico dei principali organi ed apparati (21). L’AR che ha una patogenesi autoimmune (22) legata all’espansione di linfociti T e B autoreattivi, con conseguente attivazione di macrofagi, fibroblasti e liberazione di mediatori dell’infiammazione come i metaboliti dell’acido arachidonico, citochine, chemochine, molecole di adesione, metalloproteinasi. Fra le varie manifestazioni la presenza di OP iuxta-articolare è un aspetto ormai ben noto, tanto da esser stato incluso già nel 1987 fra i criteri classificativi dell’American Rheumatism Association. Più recentemente è stata diffusamente documentata anche la presenza di OP sistemica (17, 23, 24) la cui prima segnalazione peraltro risale anch’essa a quasi 50 anni fa (16). Studi osservazionali, alcuni dei quali condotti in pazienti tutti di sesso maschile (25), hanno messo in evidenza una ridotta BMD in casistiche numericamente rilevanti di pazienti con AR (23, 24). Haugeberg et al (23) hanno riscontrato una frequenza di OP (Tscore £-2.5 DS) a livello femorale e vertebrale, rispettivamente nel 14.7% e 16.8% di 394 pazienti di sesso femminile arruolate nel registro dei pazienti con AR di Oslo, frequenza circa 2 volte supe- femminile e nell’età medio-avanzata, nel raggiungimento di un picco non ottimale di massa ossea per l’influenza negativa di stile di vita, abitudini alimentari e voluttuarie non corretti. Aspetti più strettamente dipendenti dalla malattia riguardano invece la ridotta attività fisica che in alcuni casi può arrivare all’invalidità, il grado di compromissione funzionale (23, 24, 31), la presenza di una ipovitaminosi D conseguente ad una limitata esposizione al sole, spesso associata a periodi di ricovero in ospedale, l’attività di malattia (31-33) ed infine il frequente impiego di GC, se pur a dosi medio-basse (5-10 mg/die di prednisone equivalente) (24). L’attività di malattia pone in primo piano il ruolo osteopenizzante di numerosi mediatori della flogosi e di citochine (in particolare IL-1, IL-2, IL-6, IL-17, TNFa, RANKL) (3, 4, 11, 34), liberati localmente dal panno sinoviale, ma che entrano in gioco anche a Osteoporosi e Malattie Reumatiche - pp. 270/277 O. Di Munno et al. pag.272 livello sistemico attraverso complesse interazioni. Una associazione negativa fra BMD e indici clinici e bioumorali di attività (PCR, VES, indice articolare di Ritchie) è infatti emersa in studi condotti su pazienti con AR (31, 33), valutati anche per periodi fino a 24 mesi (32). L’evidenza, in ambito di biologia del rimodellamento osseo, che l’osteoclasta ha un ruolo centrale nei meccanismi che regolano il riassorbimento sia a livello locale che sistemico (2, 33, 35), ha fornito il razionale patogenetico di questi due aspetti accomunati sul piano clinico (23-25). Fra le varie citochine coinvolte in tale fenomeno il sistema RANKL/OPG è quello che più pesantemente regola la biologia dell’osteoclasto (1, 2, 4-7). RANKL è una citochina appartenente alla famiglia del TNF-ligand, espressa sia in una forma di membrana sulla superficie di cellule stromali/osteoblastiche, sia in forma solubile. RANKL, legandosi al suo recettore RANK espresso su cellule della linea osteoclastica, stimola la differenziazione e attivazione degli osteoclasti e ne inibisce l’apoptosi. Inoltre è stata identificata anche l’osteoprotegerina (OPG), una glicoproteina appartenente alla famiglia dei recettori per il TNF che è un recettore ”trappola” solubile, espresso anch’esso da cellule stromali/osteoblastiche, caratterizzato da elevata affinità per RANKL, a cui si lega, impedendo pertanto il legame RANK/ RANKL. La modulazione farmacologica di tale sistema attraverso ricombinanti dell’OPG o anticorpi anti-RANKL potrebbe pertanto identificarsi in un nuovo approccio terapeutico per tutte quelle condizioni caratterizzate da iperattività degli osteoclasti (8-11). La compromissione funzionale che caratterizza spesso l’AR influenza anch’essa in modo negativo il rimodellamento osseo. Nello studio di Sinigaglia et al (24) il grado di compromissione funzionale secondo la classificazione di Steinbrocker è risultato correlato alla presenza di OP con una prevalenza di questa significativamente più elevata nelle pazienti appartenenti alla classe IV, che è appunto quella dei pazienti con maggior grado di disabilità (Fig 2). Anche quando misurata con un questionario validato quale l’Health Assessment Questionnarire (HAQ), l’elevato livello di disabilità è risultato nello stesso studio (24) come in altri (23, 31) una variabile in grado di predire in modo indipendente non solo la ridotta BMD ma anche le fratture vertebrali (24). I GC si associano ad aumentato rischio di OP e fratture anche a bassi dosaggi (14, 15). Una ridotta BMD ed una aumentata prevalenza di fratture sono state infatti documentate anche nell’AR in cui generalmente i dosaggi medi giornalieri utilizzati non superano i 5-7.5 mg di prednisone. Nello studio di Haugeberg et al (23) l’uso di GC è apparso correlato negativamente alla BMD; Sinigaglia et al (24) hanno evidenziato nell’ambito delle 925 pazienti dello studio, di cui il 65% trattato con dosi medie giornaliere di 5 mg di prednisone, una prevalenza di ridotta BMD e di OP significativamente più elevata in quelle trattate con GC. In questo stesso studio (24) come in altri (26, 27, 29) l’uso dei GC appariva associato anche ad un aumentato rischio di fratture. La patogenesi dell’OP indotta da GC (GIO) è multifattoriale, con meccanismi in parte diretti sulle cellule ossee, in parte mediati da complesse interazioni a livello locale e sistemico tra ormoni, fattori di crescita, citochine (13, 36). Nell’ambito di queste ultime il sistema RANKL/OPG è ritenuto il principale responsabile della riduzione massa ossea e del rapido incremento del rischio di fratture, entrambi aspetti che caratterizzano in modo drammatico proprio i primi mesi dell’inizio della terapia con GC (12, 15). Infatti i GC stimolano l’espressione da parte degli osteoblasti di RANKL ed inibiscono la produzione osteoblastica di OPG con il risultato finale di una esaltata attività osteoclastica. In considerazione dell’elevato e rapido impatto negativo che i GC hanno sulla massa ossea e sul rischio di fratture, si rende necessario, soprattutto in una malattia di per sé osteopenizzante come l’AR, intervenire rapidamente con adeguate misure di prevenzione e di trattamento quando si inizino i GC (30, 37). Tutte le linee guida delle più importanti società scientifiche raccomandano misure generali di prevenzione (la supplementazione con calcio e vitamina D rappresenta fra queste una misura di fondamentale importanza) e, quando necessario, un trattamento precoce con farmaci antiriassorbitivi (30, 37). I bisfosfonati (alendronato e risedronato) sono considerati i farmaci di prima scelta; il paratormone, che al momento non ha ancora l’indicazione nella GIO, potrà rappresentare per la sua attività di tipo anabolico (30) una ulteriore futura opzione. Figura 2. Prevalenza di osteoporosi in 925 donne con AR secondo la classe funzionale di Steinbrocker SCLERODERMIA La sclerodermia è una connettivite caratterizzata da iperproduzione di collagene e dalla tendenza alla fibrosi a livello cutaneo e di molti organi interni (38). La malattia presenta un ampio spettro di manifestazioni cliniche conseguenti alla variabilità dell’impegno cutaneo, muscolare, articolare, cardiaco, polmonare, gastro-intestinale e renale. I pazienti presentano quindi molti motivi per i quali la BMD può essere influenzata negativamente: la limitata attività fisica, la ridotta esposizione al sole ed un alterato metabolismo fosfo-calcico secondario all’impegno renale ed intestinale. E’ ancora controverso tuttavia se la malattia di per sé abbia un ruolo eziopatogenetico rilevante nell’induzione di una perdita di massa ossea, come invece appare accertato per l’AR. Già negli anni ’80 era stata evidenziata la presenza di Riv. It. Ost. Gin. - Vol. 5 un’OP radiologica (39) e di una ridotta BMD (40-43). Successivamente Di Munno et al (44) hanno valutato la BMD a livello radiale, lombare e total body in 43 pazienti di sesso femminile affette da SSc di età compresa tra 35 e 72 anni ed in 50 controlli sani. Le pazienti erano state suddivise in base all’estensione dell’impegno cutaneo in 3 gruppi: forma limitata, intermedia e diffusa. L’indice di massa corporea (BMI) e l’età della menopausa erano risultati significativamente inferiori nel gruppo con SSc diffusa, in confronto sia agli altri gruppi che al gruppo di controllo. La BMD (Fig. 3) in tutti i pag.273 assiale, con tendenza alla ossificazione, e quindi alla anchilosi (45). Con tutto ciò, i pazienti affetti da SA possono sviluppare OP e sono soggetti a fratture più frequentemente della popolazione generale. Tuttavia il grado di OP può essere difficile da quantificare tramite le procedure densitometriche, tenuto conto della presenza di sindesmofiti: nei pazienti con più lunga durata di malattia, infatti, la BMD lombare risulta nei vari studi normale o addirittura aumentata rispetto alla popolazione di controllo. L’OP è stata a lungo considerata una complicanza tardiva della malattia, ma, al contrario, un cospicuo numero di studi ha rivelato un’alta prevalenza di OP Figura 3. BMD (% del valore atteso per età ) nei controlli (C, n=50) e in pazienti e di fratture anche nelle fasi precoci (46sclerodermiche (P, n=43), suddivise in sottogruppi di impegno cutaneo Limitato (L, n=25), 48). Nel loro insieme gli studi indicano Intermedio (I, n=9) e Diffuso (D, n=9) che nella SA si ha una significativa riduzione della BMD sia a livello femorale che lombare, in quest’ultima sede anche nelle fasi precoci della malattia. Toussirot et al (48) hanno recentemente pubblicato uno studio compiuto su 71 pazienti con SA e 71 controlli paragonabili per età e sesso, misurando la BMD a livello lombare, femorale e total body con metodica DXA ed a livello del calcagno con la ultrasonografia quantitativa (QUS). I pazienti avevano una BMD lombare, femorale e total body significativamente inferiore ai controlli, confermando quindi la natura generalizzata della perdita di massa ossea, e la percentuale dei pazienti con osteopenia od OP era del 46.5% e a livello lombare e del 26.8% a livello femorale, rispetto a valori del 23.9% e del 10.0%, nel gruppo di controllo. Al contrario, le misurazioni tramite QUS non erano significativamente differenti tra pazienti e controlli, suggedistretti esaminati risultava significativamente inferiore nelle pazienti, rendo che tale metodica non è in grado di fornire informazioni considerate nel loro insieme, e nell’ambito dei tre sottogruppi, nelle aggiuntive rispetto alla DXA nei pazienti con SA (48). La patogepazienti con impegno cutaneo più esteso (forma diffusa). Riguardo nesi di questa perdita generalizzata di massa ossea non è stata l’età di menopausa analogo rilievo era stato in precedenza fatto da La ancora chiarita, non potendosi ascrivere ad una semplice riduzioMontagna et al (41). E’ verosimile ritenere che la precoce cessazione ne di mobilità, data la sua precocità di esordio (49). I GC sono della funzione ovarica abbia un ruolo importante nel determinare una raramente usati in questa condizione. E’ ragionevole supporre che riduzione della massa ossea. Tuttavia in un più recente studio (43) la l’elevata frequenza di OP nella SA sia legata in qualche modo BMD lombare e femorale è risultata significativamente inferiore all’attività di malattia, ed è probabile che giochino un ruolo rispetto ai controlli anche in un campione di 25 donne in età fertile importante sia le citochine infiammatorie liberate localmente nelle mai trattate con GC. La riduzione del peso corporeo e del BMI, che sedi di entesi (47) sia un’alterazione del sistema RANKL/OPG. sono ben documentati indici di rischio per OP nella popolazione Tuttavia, lo studio del ruolo del turnover osseo nella SA ha progenerale, sono un altro fattore importante nella SSc, ed in effetti il dotto risultati contrastanti; così come risultati non univoci sono BMI è risultato significativamente predittivo della BMD in un’analistati ottenuti circa i livelli di OPG, e ciò è in gran parte imputasi multivariata eseguita in donne sclerodermiche pre- e postmenopaubile alla eterogeneità e alla scarsa numerosità delle casistiche. sali (43). Nel complesso, tuttavia, la scarsità ed eterogeneità delle casiRecentemente Franck et al (50) hanno valutato il metabolismo stiche, la presenza di molteplici fattori confondenti (come la terapia osseo, i livelli degli ormoni sessuali e della OPG in una casistica di con GC o la riduzione del peso corporeo, ad esempio), la mancanza 264 pazienti con SA e 240 controlli sani. Nei pazienti i livelli di di dati su alterazioni dei markers del rimodellamento scheletrico, sono OPG sono risultati significativamente inferiori rispetto a quanto tutti elementi che non permettono di concludere che esista un raposservato nei controlli, e non positivamente correlati, come succeporto causale tra la malattia in sé e la riduzione della massa ossea (44). de nei soggetti normali, con l’età (51); i pazienti con SA peraltro mostravano, come atteso, una BMD femorale significativamente SPONDILITE ANCHILOSANTE ridotta e tale BMD era positivamente correlata con il testosterone libero, negli uomini, e con l’estradiolo libero, nelle donne; ed infiLa spondilite anchilosante è caratterizzata dalla presenza di un ne, i pazienti con SA ed OP mostravano più alti livelli dei markers processo flogistico localizzato nelle entesi a livello dello scheletro di riassorbimento osseo piridinolina e deossipiridinolina e degli Osteoporosi e Malattie Reumatiche - pp. 270/277 indici di attività di malattia. I dati riguardanti la OPG nella SA sono concordi con quelli rilevati nell’AR, nella quale i bassi livelli di OPG sono da considerare inappropriatamente bassi per controbilanciare l’aumentato riassorbimento osseo tipico di questa malattia (52). LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO Il lupus eritematoso sistemico rappresenta il prototipo delle malattie autoimmuni con coinvolgimento multiviscerale (53). Questa malattia ha una netta prevalenza nel sesso femminile e spesso il suo esordio è durante l’età fertile. L’introduzione dei GC e di altri immunodepressori ha determinato un drastico miglioramento della sopravvivenza dei malati di LES. Parallelamente sono emersi altri aspetti di morbidità legati alla malattia ed al suo trattamento, ed uno di questi è rappresentato proprio dall’OP. Inizialmente ritenuta esclusivamente effetto della terapia con GC, si dibatte oggi se non vi siano altri fattori, alcuni dei quali strettamente connessi alla malattia in sé, responsabili della perdita di massa ossea. Con una sola eccezione (54), gli studi hanno rilevato che la BMD lombare e femorale nei pazienti con LES è significativamente inferiore a quella dei controlli sani (55, 56). In generale, è particolarmente colpito l’osso trabecolare, quindi la colonna vertebrale. La prevalenza di OP varia tra il 13 e il 24% per quanto riguarda la colonna vertebrale e tra il 7 e il 12% per quanto riguarda il femore (55-63). Uno studio retrospettivo compiuto su 702 donne con LES ha mostrato che le pazienti avevano rispetto alla popolazione sana di controllo un rischio relativo di frattura pari a 4.7 (IC 95% 3.8-5.8) (64). Una più recente indagine su 242 pazienti ha mostrato una prevalenza di fratture da fragilità del 9.1% (63). La perdita di massa ossea e l’OP nel LES riconoscono molti possibili meccanismi (65). Alcuni di questi hanno un rapporto diretto con la malattia in questione, come l’artrite cronica, la miopatia e la ridotta attività fisica che ne consegue; altri ne sono indipendenti, e tra questi molta importanza hanno i farmaci, oltre ai GC, con poten- O. Di Munno et al. pag.274 ziale effetto negativo sull’osso, quali gli immunosoppressori e la terapia anticoagulante cronica. Se i potenziali fattori eziopatogenetici sono molti, non vi sono dubbi che i GC rappresentano il singolo più importante fattore di rischio per OP nei pazienti con LES (57-59, 63, 64). Quanto agli altri fattori causali, un ruolo di primo piano potrebbe essere svolto dalla cronica produzione di citochine ad attività di potenziamento dell’osteoclastogenesi, quali IL-1, IL-6 e TNF_, ma mancano ancora dati conclusivi sulla loro importanza (66-73). Un’alterazione dell’assetto degli ormoni sessuali è stata proposta come ulteriore possibile causa di riduzione di massa ossea. Infatti, sono riportati in letteratura bassi livelli plasmatici di androgeni nelle pazienti con LES attivo o inattivo (74, 75) ed una positiva correlazione tra il deidroepiandrosterone sierico e BMD (76). Inoltre bassi livelli di testosterone e elevati livelli di FSH sono stati rilevati in un’elevata percentuale di donne affette da LES con osteopenia e OP (77). Da ricordare che anche alcuni farmaci normalmente impiegati nel LES, quale la ciclofosfamide, possono indirettamente causare una perdita di massa ossea inducendo una precoce cessazione della funzione ovarica. E’ noto che il LES è una malattia le cui riaccensioni possono essere scatenate dalla esposizione al sole. La mancata produzione cutanea di vitamina D rappresenta pertanto un ulteriore fattore di rischio per il metabolismo scheletrico. I dati in letteratura sono tuttavia scarsi (78-80). Gli anticoagulanti orali sono essenziali nella terapia a lungo termine dei pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi, ma la loro possibile associazione con OP e fratture rappresenta un rischio riconosciuto, anche se non concordemente (81, 82). Meno controversi i dati riguardanti l’impiego cronico dell’eparina (65, 83-85). La patogenesi dell’OP da eparina include un diretto effetto sulle cellule ossee, un effetto negativo sul metabolismo della vit D e una diminuzione dei livelli di calcio ionizzato come conseguenza dell’effetto chelante del farmaco stesso, con conseguente iperparatiroidismo. L’eparina a basso peso molecolare sembra esser tuttavia caratterizzata da un minore impatto sullo scheletro (65, 85, 86). Riv. It. Ost. Gin. - Vol. 5 pag.275 BIBLIOGRAFIA 1. Gravallese EM, Goldring SR. Cellular mechanisms and the role of cytokines in bone erosions in rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 2000; 43:2143-51 2. Boyle WJ, Simonet WS, Lacey DL. 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