MICHEL MASSON, Du sémitique en grec, Paris (alfAbarre), 2013, pp. 340.
Michel Masson, professore emerito presso l’Université de la Sorbonne
Nouvelle (Paris-3), affronta per esteso in questo volume il tema degli apporti
lessicali semitici al greco, coronando un filone di ricerca cui ha dedicato nel
tempo numerosi studi, a partire da un fondamentale saggio del 1984 volto a
esplicitare i criteri che consentono di stabilire l’origine semitica di alcuni nomi
greci1.
Nella breve ma illuminante introduzione dedicata allo stato della questione,
dopo un accenno all’opera pioneristica di Samuel Bochart del diciassettesimo
secolo2 e a quella del 1892 di W. Muss-Arnolt3, un catalogo dei termini greci,
ma anche latini, cui è stata attribuita un’origine semitica a partire dal
Rinascimento, sostanzialmente privo di prese di posizione sulle diverse ipotesi
avanzate al riguardo, l’Autore elenca i tre altri studi che ritiene più
significativi sull’argomento: quelli di Heinrich Lewy (1895), di Maria Luisa
Mayer (1960) e di Emilia Masson (1967)4. Come in quello di Muss-Arnolt, nei
tre studi successivi i termini presi in considerazione «sono classificati in
rubriche semantiche» (p. 23). Mentre Lewy presenta un alto numero di
confronti, a partire da essi Mayer ed E. Masson, oltre a escludere i nomi propri
1
M. MASSON, Á propos des critères permettant d’établir l’origine sémitique de certains
mots grecs, «Comptes rendus du GLECS» 24-28 (1979-1984), pp. 199-231.
Per le sigle indicanti le riviste, si rimanda in generale al repertorio della Bibliographie
Linguistique.
2
S. BOCHART, Geographia sacra, Pars prior: Phaleg seu de dispersione gentium et
terrarum divisione facta in aedificatione turris Babel etc. Pars altera: Chanaan, seu de
coloniis et sermone phoenicium, Lugduni Batavorum, Boutesteyn-Luchtmans, 1646.
3 W. MUSS-ARNOLT, On Semitic Words in Greek and Latin, «TAPA» 23 (1892,) pp. 35157. Di qualche anno precedente è un lavoro di August Müller (A. MÜLLER, Semitische
Lehnwörte im älteren Griechisch, «Beitrage zur Kunde der indogermanischen Sprachen» 1
(1877), pp. 273-301), non utilizzato da Masson, che esamina un centinaio di termini greci
di origine semitica, una dozzina dei quali, riconoscibili come mots voyageurs, giunti in
greco attraverso il tramite semitico benchè ritenuti d’origine «indogermanica» in quanto
attestati in sanscrito. In tale studio il Müller presenta una prima tavola di corripondenze
fonetiche greco-semitiche, o meglio greco-ebraiche (p. 282), e accenna al debito del greco
nei confronti del semitico per quanto riguarda il nome delle lettere dell’alfabeto (p. 275).
Ulteriori precursori di questo filone di ricerche sono ricordati da E. Masson alle pp. 12-15
del suo lavoro citato alla nota successiva.
4 Rispettivamente H. LEWY, Die semitischen Fremdwörter im Griechischen, Berlin,
Gaertners, 1895, M. L. MAYER, Gli imprestiti semitici in greco, «RIL» 94 (1966), pp. 311351 e E. MASSON, Recherches sur les plus anciens emprunts sémitiques en grec, Paris,
Klincksieck, 1967.
1
che Lewy prende in considerazione nella sezione riservata al culto, operano
una progressiva drastica selezione degli altri. Per le fasi più antiche del greco,
la Masson giunge così a riconoscere come d’origine semitica solo una trentina
di termini greci, essenzialmente di natura tecnica. Tale risultato è del tutto in
linea con i poco più che sessanta prestiti semitici complessivamente accolti nel
fondamentale Dictionnaire étymologique de la langue grecque (DELG),
esteso anche ad altre fasi della lingua greca, di Paul Chantraine, di cui Emilia
Masson è allieva e collaboratrice.
La questione, apparentemente chiusa a questo punto sulla base di una
posizione «isolazionista» del greco scientificamente avallata, viene riaperta sul
finire del secolo sia dal saggio dello stesso Autore citato qui in apertura, sia
dalla discussa ma dirompente trilogia Black Athena di Martin Bernal (19872006). Masson ne riconosce il merito di aver riproposto, con un’ampia
erudizione e un’imponente e brillante argomentazione volta in particolare a
smascherare i presupposti ideologici degli isolazionisti a vantaggio di
un’opposta posizione «diffusionista», il significativo debito del greco nei
confronti del semitico e, più ancora, dell’egiziano. L’Autore segnala
favorevolmente inoltre la dichiarata condivisione da parte di Bernal degli
scrupoli metodologici espressi nel suo studio del 1984, ma non può esimersi
dal criticare l’eccessivo quanto pericoloso ricorso in Black Athena all’utilizzo
di nomi propri di persona o di luogo (p. 30) e, per quanto riguarda i prestiti dal
semitico, un sostanziale e contradditorio ritorno alle posizioni ottocentesche di
Muss-Arnolt e di Lewy (p. 34).
La prima delle due parti in cui il Masson suddivide la sua opera è dedicata
ai prestiti dal semitico al greco costituiti dai «mots voyageur», definizione
utilizzata a suo tempo da Marcel Cohen per indicare i «nomi tecnici
dall’etimologia indeterminata» (p. 40), tra i quali l’Autore distingue i termini
greci con corrispondenti semitici ma non funzionalmente semitici da quelli il
cui etimo giudica funzionalmente semitico.
L’acuto atteggiamento critico che pervade l’intero lavoro, viene qui
esercitato dall’Autore nei confronti di se stesso. Questa prima parte si apre
infatti con un’autocritica (capitolo I) in cui sottolinea un limite nel suo lavoro
del 1984, quello di non aver sottolineato come la scelta programmatica operata
in particolare da E. Masson e da Chantraine di limitare i confronti ai termini
tecnici, i meno adatti a comprovare significativi contatti fra genti semitiche e
greche, avesse contribuito all’eccessivo anatema di «isolazionisti» da parte di
Bernal nei loro confronti: anatema ancor più inadeguatamente esteso a M. L.
Mayer la quale prende in considerazione anche termini che non appartengono
in alcun modo al vocabolario commerciale5.
5
L’Autore cita al riguardo «almeno» quattro termini greci (megara, magdalós, kelephos e
bizakión).
2
Segue un secondo capitolo dedicato a integrare gli aspetti metodologici in
parte già anticipati nell’autocritica. Essi costituiscono una costante
preoccupazione dell’Autore, quanto mai opportuna quando oggetto di
confronto sono termini in due lingue non geneticamente imparentate.
Nell’ipotesi di prestiti, quella presa in considerazione, Masson sottolinea come
occorra scegliere fra due direzioni opposte e possa entrare in gioco una terza
lingua, sia come intermediaria che come fonte per entrambe (p. 46). Nei
possibili confronti fra il lessico greco e quello di lingue semitiche, se
nell’ambito dei termini tecnici quali sono i «mots voyageurs» l’equivalenza
semantica è garantita dalla loro natura «monosemica», quella fonetica,
complicata dagli aspetti grafofonemici6 dell’adattamento dell’alfabeto al
greco, non può essere che approssimativa: malgrado l’esplicitazione della
riserva che «altri prestiti possano essere effettuati al di fuori di queste regole»
(p. 50), Masson non può comunque esimersi anche in questo caso dal
formalizzare una dettagliata tabella di corrispondenze fonetiche di consonanti
e vocali, in qualche modo rispondente a quella già estrapolata da E. Masson, a
partire soprattutto dal confronto dei nomi propri7.
Per quanto riguarda la direzione del prestito, le caratteristiche
«funzionalmente semitiche» di un termine greco che non sia di origine
indeuropea indirizzano a ritenerlo ragionevolmente esito di un prestito
semitico in greco8.
Dopo la valutazione di otto termini greci non riferibili a specifici
raggruppamenti semantici, questa prima parte dedicata ai «mots voyageurs»
entra così col capitolo III nel vivo dell’argomento attraverso un dettagliato
esame di più di una ventina di altri termini con controparte semitica «ma non
funzionalmente semitici» (III, 1, pp. 66-74). Già presi in considerazione da
altri in precedenza, nell’analisi di Masson questi termini vengono suddivisi in
quattro categorie semantiche: contenitori, prodotti d’abbigliamento, strumenti
lavorativi, alimenti e medicinali.
6
In un suo lavoro del 2001, qui citato alla n. 36 di p. 42, Masson utilizza al riguardo lo
specifico neologismo phonome.
7 Una simile tabella di corrispondenze relativa alle unità di seconda articolazione manca nei
citati studi di Lewy e di Mayer, ma è già presente, limitatamente al consonantismo, in quelli
di Müller (1877, p. 282) e Muss-Arnolt (1892, pp. 47-50).
8 Alle pp. 50-51 Masson specifica queste caratteristiche rappresentate nel nome semitico
dall’incrocio di un elemento radicale consonantico, perlopiù trilittero, con uno schema
essenzialmente vocalico, dalla presenza di fonemi tipici delle lingue camito-semitiche come
/‘/, /x/ , /$/ e da uno specifico fenomeno di morfogenesi per cui insiemi di radici trilittere
aventi in comune due consonanti devono a questa «base bilittera», in qualche modo
originaria, una certa comunanza di significato.
3
Premettendo a ciascun termine, così come nel corso dell’intero studio, la
nota etimologica di Chantraine tratta dalle voci del DELG9, Masson ne
tempera, con argomenti e dati convincenti, il giudizio negativo circa l’ipotesi
di una mediazione semitica. Egli evidenzia infatti per molti di questi «mots
voyageurs», pur privi delle caratteristiche che contraddistinguono
formalmente un nome semitico, le prove di un’intervento semitico nel loro
approdo in greco, contribuendo così anch’essi a confermare che «il mondo
greco appartiene alla stessa rete commerciale del mondo semitofono» (p. 74).
La seconda sezione di questo capitolo (III, 2, pp. 75-158), quella dedicata ai
«termini greci il cui etimo è funzionalmente semitico», costituisce il cuore,
anche in termini quantitativi, della prima parte del volume dedicata
complessivamente a quanto di semitico figura presente in greco nell’ambito
dei «mot voyageurs». L’Autore analizza qui trentacinque nomi greci, per i
quali aggiunge come quinta la rilevante categoria semantica dei «nomi di
corde e di oggetti intrecciati» e di cui argomenta la mediazione semitica
prevalentemente tramite il fenicio-ebraico e l’aramaico; tale mediazione, a
partire dal supporto di corrispondenze dirette o in qualche caso ricostruite in
queste e in altre lingue semitiche, risulta a Masson garantita appunto dalla
peculiare forma semitica dei nomi stessi. Si tratta di analisi approfondite su
termini perlopiù trascurati nei precedenti studi fin qui considerati e in larga
misura anche dallo stesso Bernal, nonostante il suo radicale diffusionismo che
lo porta a proporre un alto numero di apporti orientali al greco10. L’Autore
rielabora e integra in questa sezione i risultati di alcuni suoi precedenti studi,
come i quattro degli anni 1986-1988 dedicati ai nomi dei contenitori, ai nomi
delle corde, ai nomi dell’alimentazione in greco antico e a greco sphairasphairót¢r11; le numerose pagine (121-138) dedicate al debito del greco nei
confronti del semitico per questi ultimi due termini, che evolvono dai
significati più concreti di palla di materiali intrecciati fino a quelli di natura
astrattamente geometrica, esemplificano adeguatamente il raffinato procedere
dell’Autore che combina i principi comparativi da lui enucleati per questo
specifico tipo di confronti lessicali con un’approfondita considerazione
filologica. Il capitolo III e l’intera prima parte del volume dedicata ai «mots
9
La presa in esame dell’intero lessico greco a partire dal DELG (Dictionnaire étimologique
de la langue grecque. Histoire des mots), anziché limitare l’esame della scelta di termini
presa originariamente in esame da Muss-Arnolt e da Lewy, è un altro dei meriti peculiari
dell’indagine di Masson.
10 Di questi trentacinque verosimili prestiti dal semitico al greco, Bernal, nel terzo volume
di Black Athena dedicato alla Linguistic Evidence, ne considera solo sei: balsamon,
kalathos, koros, khabitia, khidron e sphaira, cui attribuisce, tranne che al primo, una
forzata etimologia egiziana.
11 Apparsi rispettivamente in «Kentron» 2 (1986), pp. 89-107; «RPh» 61 (1987), pp. 37-47;
«RPh» 62 (1988), pp. 25-38, «BSLP» 81 (1986), pp. 231-252.
4
voyaguer» terminano con una breve revisione ed estensione della griglia delle
corrispondenze fonetiche (III.3, pp. 159-166).
La seconda parte del volume esplora il campo più indeterminato degli altri
apporti semitici al greco, lingua meticcia in quanto ricca di «elementi
d’origine oscura e probabilmente non indo-europei» (p. 170). Masson si
avventura dunque in un ambito dove la rigorosa metodologia da lui esplicitata
e applicata per i termini tecnici deve lasciare spazio a ipotesi, sempre
convincenti, ma distribuite su livelli di probabilità differenziati. Pur
condividendo quindi in linea di massima la posizione diffusionista di Bernal,
ne denuncia l’approssimativo modo di procedere sul piano linguistico e il
conseguente eccessivo numero di confronti troppo spesso incongrui, perlopiù
pregiudizialmente connessi a un’origine egiziana.
Tale ampliamento dei confini della ricerca accentua una caratteristica
formale dell’opera di Masson che consiste in una sorta di avanzamento per
accumulo di argomentazioni, spesso riprese e ampliate, sottolineato dall’uso di
parole chiave come prolongement(s), extension, extrapolations nella
titolazione dei capitoli; ma anche in quest’ambito del probabile, termine di cui
fa prudentemente largo uso in questi ulteriori confronti, l’Autore non rinuncia
ad agganciare le sue proposte a un presupposto metodologico, quello delle
eventuali coincidenze semantiche estese a significati secondari nei termini
polisemici12, oltre che alla macroscopica evidenza paralinguistica del debito
della grecità al semitico occidentale, fenicio e aramaico, costituita
dall’acquisizione dell’alfabeto col conseguente apporto lessicale dei
grammatonimi.
Il primo capitolo considera infatti in I.1 cinque termini, fra cui un verbo,
rhiptó, i quali si caratterizzano come «una coppia greca di significanti omofoni
ma significati differenti corrispondenti a una coppia semitica che presenta la
stessa configurazione» (p. 200), inclusa una voce della rilevanza concettuale
di kosmos già esaminata approfonditamente da Masson in altro suo studio13.
E’ nel secondo capitolo di questa seconda parte che l’Autore si sofferma
sulla rilevanza dell’adozione dell’alfabeto semitico da parte dei Greci agli
effetti della tesi complessiva del volume, l’opportunità di riprendere e
12
Limitatamente alla comparazione interna alle lingue semitiche, Masson mette a punto
questo requisito metodologico già in un suo articolo del 1984 (A propos des parallélismes
sémantiques, « Comptes rendus du GLECS» 29-30 (1984-1986), pp. 221-242) e vi dedica
successivamente la monografia Matériaux pour l’étude des parallélismes sémantiques,
Paris, Presses de la Sorbonne Nouvelle, 1999.
13 Apparso in «Semitica & Classica» 5 (2012). Anche kubos, dettagliatamente indagato a
partire dai suoi verosimili analoghi precedenti semitici nella sua duplice semantica di «dado
da gioco» e di «cubo», incorpora un precedente studio di Masson pubblicato in «La
Linguistique» 22 (1986).
5
ampliare la ricerca degli apporti lessicali semitici al greco a fronte delle
posizioni eccessivamente riduttive di Chantraine ed E. Masson, ma,
diversamente da Bernal, senza rinunciare allo scrupolo metodologico.
«Il prestito dell’alfabeto suppone … una sorta di rivoluzione culturale di cui
i Fenici sono la causa», sottolinea qui l’Autore (p. 206) e ricorda, a titolo
esemplificativo, come «all’adozione dell’alfabeto greco legato alla
cristianizzazione s’accompagnino numerosi prestiti greci in copto che non
sono solamente tecnici».
Appare opportuno qui ricordare (>segnalare) come il greco, in particolare il
miceneo, fosse stato già protagonista di un evento del genere quando alla metà
del secondo millennio, aveva adottato la scrittura lineare cretese e quindi
contestualmente acquisito in tale occasione, secondo quest’ordine di
considerazioni, prestiti dal sostrato minoico14.
L’ «esplorazione» del terzo e ultimo capitolo, che porta appunto questo
titolo, viene del tutto lasciata a questo punto sostanzialmente al lettore per
poter passare a qualche considerazione conclusiva: ci si limita a segnalare
come in questo ampliamento finale dell’opera il lettore incontrerà ulteriori
«mots voyageurs», inclusi sette termini relativi alla vita marittima sulla cui
rilevanza ritorneremo brevemente, e nomi di ambito più concettuale e astratto
relativi ai campi semantici della disgrazia, dell’afflizione della violenza
distruttrice e dell’espressione dello straordinario, presi in esame in quanto
portatori di parallelismi semantici15; il lettore non potrà non apprezzare,
unitamente all’abituale ricchezza delle sue argomentazioni, la prudenza
dell’Autore nell’avanzare alcune di queste ipotesi di prestito.
Le tre pagine terminali di bilancio, che precedono oltre alla bibliografia e
agli indici altre rilevanti proposte in qualità di «annessi» (quasi che l’Autore
non sappia risolversi, e comprensibilmente, a por fine a questa affascinante
14
L’estensore di questa rassegna critica ritiene, ad esempio, che miceneo daburinthos sia
una neoformazione nominale realizzata dai Micenei a Creta, attraverso l’aggiunta del
suffisso greco -inthos a una base «minoica» attestata in lineare A come du-bu-re,
verosimile designazione pre-greca dello specifico luogo di culto identificato da Evans
come «bacino lustrale», che caratterizzerebbe a Cnosso, a motivo della sua pregnante
valenza cultuale, l’intero palazzo (F. ASPESI, Archeonimi del labirinto e della ninfa, Roma,
Bretschneider, 2011, pp. 13-37).
Allo stesso modo parrebbe essere stato coniato, a partire dal sostrato minoico, il termine
greco asaminthos «tinozza, giara», che Masson considera come primo fra i «nomi greci a
controparte semitica ma non funzionalmente semitica» (pp. 66-67), concludendo, con
l’abituale prudenza, che la sua origine ultima resta sconosciuta. La più antica attestazione di
asaminthos figura su un sigillo miceneo di Cnosso in lineare B come a-sa-mi-to (KN WS
8497b), difficilmente dissociabile, sia pur grecizzata tramite il suffisso -inthos,
dall’attestazione in lineare A a-sa-mu-ne (ZA Zb 3) che molto significativamente figura su
una grossa giara minoica rinvenuta nel palazzo cretese di Kato Zakros.
15 Analogamente a quelli trattati nel cap. I.1 di questa seconda parte (ved. sopra e a n. 13).
6
indagine), si limitano ad accennare a quanto già fin qui evidenziato, ma che
val la pena di ribadire: la posizione mediana dell’opera di Masson fra il rigore
dei predecessori di fine secolo, eccetto naturalmente Bernal, e Bernal stesso,
l’esplicitazione e l’applicazione sistematica in essa dei principi di metodo in
precedenza solo implicitamente messi a punto, oltre all’aggiunta specifica
dell’ulteriore attenzione metodologica ai parallelismi semantici, il ruolo
fondamentale da essa attribuito al passaggio dell’alfabeto e infine la sua
complessiva valenza «diffusionista».
La ripresa dell’indagine sul tema degli apporti delle lingue semitiche al
greco, messa in atto dalla provocatoria opera di Bernal, di carattere
fondamentalmente storico-antropologico, necessitava di un’intervento di un
linguista dall’esperienza e dal rigore metodologico di Masson, dopo i due
immediati precedenti di Bai del 2009 e di Rosol/ del 2012, che pur si
collocano in questo solco16.
Du sémitique en grec stabilisce un’indispensabile scala di probabilità nel
valutare i possibili apporti del semitico al greco a partire dai «mots voyageurs
funzionalmente semitici», che, in un ambito decisamente ipotetico come
quello dei contatti nella pre-protostoria delle lingue, approdano in tal modo a
una ragionevole certezza. Mettendo in rilievo l’effetto trainante per questo
flusso di prestiti del passaggio dell’alfabeto, l’opera c’indirizza così a
collocare molti degli apporti lessicali di lingue semitiche occidentali al greco
nelle prime fasi del primo millennio, in coincidenza con la supremazia
marittima fenicia nel Mediterraneo orientale. Dei tanti termini presi in
considerazione da Masson, oltre a quelli esplicitamente attribuiti «alla vita
marittima» (pp. 232-241), i numerosi nomi relativi a materiali intrecciati d’uso
marinaro (funi e contenitori), quelli di molti prodotti vegetali (per
l’alimentazione, la farmaceutica e la cosmesi) applicabili a merci trasportate
per mare e infine la terminologia commerciale (esempi alle pp. 219-226 e
296-297) delineano un quadro concreto di traffici per mare gestito in
prevalenza da genti semitiche e governato presumibilmente da una loro
egemonia linguistica, specie nell’ambito dei termini tecnici17.
Allontanandosi nel tempo alla ricerca degli apporti più profondi, l’Autore è
pienamente consapevole, nella sua prudenza che ne certifica il costante
scrupolo scientifico, del suo progressivo inoltrarsi nel campo delle ipotesi,
16
G. BAI, Semitische Lehnwörter im Altgriechischen, Hamburg, Kova, 2009 e R. ROSOL/,
Frühe semitiche Lehnwörter im Griechischen, Frankfurt am Main, Peter Lang, 2013.
17 Il verosimile uso di un pidgin marinaro sulle navi da trasporto nelle rotte del
Mediterraneo orientale, dovuto alla presenza a bordo di marinai di etnie diverse, avrebbe
potuto favorire l’acquisizione di tale terminologia fenicia da parte degli equipaggi d’altro
idioma e la sua diffusione in terraferma a partire dalle installazioni portuali.
7
malgrado l’efficacia del criterio dei parallelismi semantici. Oltre a rafforzare
le ipotesi relative ai prestiti, tale criterio potrà aprire la strada all’estensione
dell’indagine anche agli eventuali parallelismi semantici, se non a veri e propri
calchi, indotti in greco dal semitico18. Né questo filone di ricerca, tanto
autorevolmente riaperto, potrà esimersi dal fare i conti con i più antichi
contatti linguistici affioranti dalle realtà linguistiche presenti nel bacino del
Mediterraneo orientale precedenti l’insediamento di popolazioni di lingue
semitiche e di popolazioni grecofone, il cosiddetto sostrato mediterraneo. Pur
nella sua intrinseca indeterminatezza, tale categoria linguistica consente
infatti, per gli elementi lessicali passibili di confronto nei due diversi lessici, di
formulare, in alternativa all’ipotesi del prestito diretto o mediato qualora essa
risulti poco convincente, quella di una loro autonoma penetrazione da una
stessa lingua, o koinè linguistica, di sostrato19.
FRANCESCO ASPESI
18
Per restare nell’ambito nautico, la metafora vaso-nave testimoniata, malgrado la diversa
accentuazione, da greco gaulos (gaulós «vaso rotondo, secchio» - gaûlos «nave a forma
arrotondata») potrebbe essere essa pure esito dell’influenza sul greco del lessico nautico
semitico, dove, ad esempio, dalla radice ’NY si formano, oltre al nome generico per nave in
ugaritico, fenicio, ebraico e aramaico, anche nomi per vaso sempre in aramaico, d’Impero e
siriaco, e verosimilmente in ge‘ez (DRS, I, p. 25). Il rimando di gaulós a nomi di vaso in
lingue semitiche, a partire da una base bilittera GL col significato di fondo di «essere
tondo» (GW/IL, GLG, GLGL, GLL - DRS, I, p. 116 e s.v.), figura peraltro nella pur
restrittiva ricerca di E. Masson (1967 cit., pp. 39-42), che avanza l’ipotesi di una matrice
semitica anche per gaûlos «nave», ricordando «come i Greci abbiano preso dai Fenici un
tipo di imbarcazione da trasporto, noto in particolare per la sua forma arrotondata» (p. 41).
Lo stesso Autore, in apertura della sua monografia sui parallelismi semantici citata alla n.
12 (1999, p. 13), segnala la compresenza di questo parallelismo in semitico e in greco,
facendo riferimento a ebraico teba (imbarcazione-cassa) e a greco skaphe (scafo-tinozza).
Tale contaminazione semantica, presumibile apporto del semitico al greco, vive tuttora in
lingue di cultura moderne ed è alla base del duplice significato dell’inglese vessel.
19 O. DURAND, A propos du «substrat méditerranéen» et des langues chamito-sémitiques,
«RSO» 67, 1994, oltre a riferirsi in particolare alle lingue semitiche, è ricco di riferimenti
bibliografici sulla storia delle ricerche sul sostrato in generale. D. SILVESTRI, Sostrati
mediterranei rivisitati, in F. ASPESI -V. BRUGNATELLI -A.L. CALLOW -C. ROSENZWEIG
(Edd.), Il mio cuore è a Oriente. Studi di linguistica e cultura ebraica dedicati a Maria
Luisa Mayer Modena, Milano, Cisalpino, 2008, pp. 299-309, riporta la copiosa bibliografia
dell’Autore sull’argomento, di cui è massimo studioso contemporaneo. Per gli studi del
recensore sul sostrato egeo-cananaico che cercano di rendere ragione di omologie lessicali
d’ordine cultuale in greco e nelle lingue semitiche occidentali prescindendo dai contatti
greco-semitici in epoca proto-storica e storica ma ricorrendo all’ipotesi di separate
acquisizioni da uno stesso sostrato linguistico, si rimanda al volume citato alla n. 14.
8