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Pausilypon tra otium e potere imperiale

2015, Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung

Even the name, Pausilypon, or “place that puts an end to worries”, today used to refer to the entire Neapolitan hillside, conveys an idea of the pleasantness of the sites and the purpose of the villa. The hillside of Posillipo rises to the west of the ancient city of Neapolis, separating the territory of the city from the Phlegraean Fields. From there it extends toward the sea and, along with the island of Nisida, divides the Gulf of Naples from that of Pozzuoli. The construction of the villa of Pausilypon probably dates to the second half of the 1st century BC, when it belonged to the eques Publius Vedius Pollio. At the time of the equestrian’s defeat in 15 BC, the grandiose villa was given over through inheritance to Augustus. The complex was built as a villa for otium and transformed over the course of the 1st century AD to adapt to the new needs of the Imperial court.

MITTEILUNGEN DES DEUTSCHEN ARCHÄOLOGISCHEN INSTITUTS RÖMISCHE ABTEILUNG Band ,  Ivan Varriale Pausilypon tra otium e potere imperiale PDF-Dokument des gedruckten Beitrages © 2015 Deutsches Archäologisches Institut / Verlag Schnell und Steiner GmbH Der Autor/die Autorin hat das Recht, für den wissenschaftlichen Gebrauch unveränderte Kopien von dieser PDF-Datei zu erstellen bzw. das unveränderte PDF-File digital an Dritte weiterzuleiten. Außerdem ist der Autor/die Autorin berechtigt, nach Ablauf von 24 Monaten und nachdem die PDF-Datei durch das Deutsche Archäologische Institut kostenfrei zugänglich gemacht wurde, die unveränderte PDF-Datei an einem Ort seiner/ ihrer Wahl im Internet bereitzustellen. M  D A I, R A B ’I A G, S R RM ,  –  Seiten mit  Abbildungen,  Tafeln und  Tabellen Herausgeber / Editors: Ortwin Dally, Norbert Zimmermann Wissenschaftliche Redaktion / Editorial Office: Norbert Zimmermann Deutsches Archäologisches Institut Rom Redaktion Via Valadier,   Rom Italien Tel.: +     Fax: +     E-Mail: [email protected] Wissenschaftlicher Beirat / Advisory Board: Franz Alto Bauer, München • Hansgeorg Bankel, München • Fathi Béjaoui, Tunis Nacéra Benseddik, Algier • Martin Bentz, Bonn • Sebastian Brather, Freiburg Johanna Fabricius, Berlin • Elisabeth Fentress, Rom • Carlo Gasparri, Neapel Elaine Gazda, Ann Arbor • Pier Giovanni Guzzo, Rom • Rudolf Haensch, München Lothar Haselberger, Philadelphia • Tonio Hölscher, Heidelberg Valentin Kockel, Augsburg • Paolo Liverani, Florenz • Alessandro Naso, Rom/Neapel Michael Mackensen, München • Stefan Ritter, München • John Scheid, Paris R. R. R. Smith, Oxford • Christian Witschel, Heidelberg • Fausto Zevi, Rom ©  by Verlag Schnell und Steiner ISBN ---- ISSN - Alle Rechte vorbehalten Textredaktion: Gabriele Scriba, Deutsches Archäologisches Institut Rom Satz, Bild und Prepress: Ruth Schleithof, Punkt.Satz, Zimmer und Partner, Berlin Gesamtherstellung: Schnell und Steiner Ivan Varriale Pausilypon tra otium e potere imperiale Pausilypon: Otium and Imperial Power Abstract: Even the name, Pausilypon, or “place that puts an end to worries”, today used to refer to the entire Neapolitan hillside, conveys an idea of the pleasantness of the sites and the purpose of the villa. The hillside of Posillipo rises to the west of the ancient city of Neapolis, separating the territory of the city from the Phlegraean Fields. From there it extends toward the sea and, along with the island of Nisida, divides the Gulf of Naples from that of Pozzuoli. The construction of the villa of Pausilypon probably dates to the second half of the 1st century BC, when it belonged to the eques Publius Vedius Pollio. At the time of the equestrian’s defeat in 15 BC, the grandiose villa was given over through inheritance to Augustus. The complex was built as a villa for otium and transformed over the course of the 1st century AD to adapt to the new needs of the Imperial court. Keywords: Roman Imperial villas, hillside of Posillipo, Augustus, Imperial court, architecture of power Introduzione Il nome Pausilypon “luogo che fa cessare le preoccupazioni”, attribuito oggi all’intera collina di Posillipo, rende bene l’idea dell’amenità dei luoghi che in antico ospitarono una delle più celebri e grandiose dimore sorte lungo la costa campana. La collina si eleva a ovest dell’antica Neapolis, separando il territorio della città dai Campi Flegrei, si protende verso il mare e, assieme all’isola di Nisida, divide il golfo di Napoli da quello di Pozzuoli. La costa in questo settore è costituita da una falesia tufacea nella quale si aprono cavità naturali e artiiciali1 e insenature che rendevano agevole l’approdo permettendo ai residenti di sfruttare il mare come veloce via di comunicazione2 (ig. 1). Resti di epoca romana si conservano sia sulla terraferma sia sotto il livello del mare per tutto il litorale, da ovest a est, dagli isolotti della Gaiola a Villa Rosebery3. Si possono riconoscere le rovine di diverse ville marittime, ma è probabile che vi fossero ville rustiche e fattorie testimoniate dai ritrovamenti nell’area collinare4. Il litorale appare oggi 1 2 3 4 L’attività delle cave di tufo giallo napoletano ha modiicato l’aspetto della costa sin dall’epoca romana. Simeone et al. 2007; Simeone et al. 2008. Viaggi in barca attraverso il golfo sono testimoniati dalle fonti antiche; ad esempio: Cic. Att. 14, 16 e 20; Sen. epist. 57. Tali resti risultano pressoché inediti. Gli unici studi sono dovuti a W. T. Günther che ha efettuato rilievi delle strutture sommerse (Günther 1913, 173–196; scheda su Marechiaro in: Amalitano et al. 1990, 30; breve resoconto dei resti sommersi, aioranti e visibili nell’immediato entroterra tra Villa Rosebery e la Gaiola: Varriale 2011, 44–52). L’area della Gaiola è stata maggiormente indagata (Günther 1913, 149–162; Pagano 1981; Gallottini 1992, 167–182; Varriale 2004, 297; Varriale 2007, 159–162; Simeone – Masucci 2009, 25–32; Vecchio 2009, 55–58; Varriale 2011, 92–97). Le sepolture di via Manzoni, spesso ritrovate in relazione con resti di muri, cisterne e alcuni tratti di acquedotto, vennero scoperte tra il 1900 e il 1950 nell’area tra via Manzoni e salita Villanova, mentre le Römische Mitteilungen 121, 2015, 227–268 Ivan Varriale radicalmente modiicato a causa dell’intensa urbanizzazione e del bradisismo che, già dal VI secolo d. C., causò la sommersione dei resti di ville che si protendevano verso il mare5. Quest’area fu molto ambita dai Romani per le sue caratteristiche naturali e per l’isolamento che la contraddistingueva; le ville, situate in posizioni straordinarie, potevano essere facilmente raggiunte dal mare sia dall’area legrea che da Napoli e dalla zona vesuviana, ma molto più faticosamente via terra. Per questa ragione, alla ine del I secolo a. C., venne aperta la cosiddetta Grotta di Seiano che, attraversando la collina dalla valle della Gaiola a Coroglio, permetteva di raggiungere Posillipo direttamente dai Campi Flegrei6. Tra i numerosi resti antichi spicca il complesso detto Pausilypon, appartenuto al ricco cavaliere romano Publius Vedius Pollio e lasciato in eredità ad Augusto nel 15 a. C. Esso si estendeva per circa sette ettari, sulle pendici del colle posto tra la baia di Trentaremi e le isole della Gaiola e si sviluppava su vari terrazzamenti che digradavano sino al mare. Sebbene se ne conosca solo una porzione e non se ne riescano a delimitare nettamente i 5 6 tombe rinvenute durante la costruzione di via Tito Lucrezio Caro furono scoperte alla ine degli anni Venti. Se ne ha notizia solo dai documenti di archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli. Le relazioni di scavo relative a tali scoperte sono spesso stringate e prive di documentazione fotograica e graica; inoltre rendono diicile collocare i singoli ritrovamenti nel territorio in maniera precisa e spesso non forniscono nessun elemento cronologico. Tali notizie rappresentano comunque un’importante testimonianza della frequentazione dell’area collinare di Posillipo in epoca romana. Varriale 2004, 197. Fusco 1841; Günther 1913, 21–26; Varriale 2007, 152–154; Vecchio 2009, 19–22; Varriale 2011, 52–56. 228 Fig. 1 Carta topograica del territorio di Posillipo con indicazione del percorso della cosiddetta Grotta di Seiano e dell’antica strada che conduceva al porto del Pausilypon Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 2 Planimetria del Pausilypon elaborata da Günther 7 8 9 10 11 conini, l’imponente residenza del Pausilypon è il complesso meglio documentato di tutta l’area. L’opera di Robert T. Günther7 costituisce l’unico studio completo sulla villa e sul litorale. Esso, tuttavia, è il frutto del lavoro di un naturalista appassionato di geologia ed archeologia che, venuto a Napoli per studiare presso la stazione zoologica Anton Dohrn, fu rapito dal fascino degli antichi ruderi costieri e dai fenomeni vulcanici che caratterizzano il golfo di Napoli e in particolare dal bradisismo. L’opera, pur presentando descrizioni, rilievi e fotograie di strutture che oggi si trovano in cattivo stato di conservazione o sono addirittura scomparse, mostra ovvi limiti di interpretazione e soprattutto numerosi errori nel posizionamento degli ediici, giustiicati dalle diicoltà di fare rilievi delle strutture subacquee e di quelle poste in collina spesso immerse in una foltissima vegetazione (ig. 2). A cento anni dalla pubblicazione di Günther sono stati dedicati alla Villa del Pausilypon solo brevi notizie in volumi di carattere generale: Guido Della Valle, Richard Neudecker che ofre un catalogo delle sculture rinvenute nella villa8, le sintesi di Giuseppe Vecchio9, le notizie relative agli scavi e ai restauri10 e i contributi dello scrivente11. Il progetto “Villa di Posillipo”, al quale si collega il presente studio, è iniziato nel 2013 con una campagna di ricognizioni e rilievi nell’area della Villa del Pausilypon ed è condotto da Tobias Busen della Technische Universität München in collaborazione con l’Istituto Archeologico Germanico di Roma. Il progetto ha lo scopo di prendere in esame l’intero Günther 1913. Della Valle 1938; Neudecker 1988. Si vedano anche i saggi di Pappalardo 2000 e Lafon 2001. Vecchio 1985; De Caro – Vecchio 1994; Vecchio 1999; Vecchio 2009. De Caro et al. 2000; De Caro 2002. Varriale 2007; Varriale 2011. 229 Ivan Varriale 230 Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 3 Planimetria generale delle strutture con la divisione in 3 aree A, B, C e sotto-aree indicate con numerazione progressiva (A1, A2, A3, ecc.). In nero le strutture posizionate mediante rilievo diretto e in grigio le strutture posizionate attraverso lo studio delle foto aeree e delle curve di livello (scala 1 : 2500) 12 13 14 15 complesso attraverso un’analisi sistematica e dettagliata delle strutture oggi in luce ed elaborare un rilievo complessivo che descriva lo stato attuale dei luoghi rispetto alla situazione che incontrarono gli scavatori nell’Ottocento e al quadro delineato da Günther all’inizio del secolo scorso. Il sito infatti in gran parte è stato sfruttato ad uso agricolo e coltivato a vigneto per lungo tempo, il che, come si vedrà e come lo stesso naturalista inglese non manca di segnalare, ha compromesso interi settori del monumento che, dall’Ottocento ino a circa 30 anni fa, ha fatto parte di proprietà private, solo di recente ridimensionate grazie agli espropri operati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli. Nella campagna 2013 si è proceduto allo spoglio sistematico delle fonti d’archivio, all’analisi di foto aeree e della moderna cartograia. Su questa base si è aggiornata e corretta la carta archeologica dell’area pubblicata da Günther, riposizionando gli ediici in maniera più coerente rispetto all’orograia del territorio. La carta è stata integrata anche con i dati raccolti attraverso la ricognizione di supericie e il rilevamento di dettaglio delle strutture in luce. Ad oggi, i nuovi rilievi, eseguiti da Busen, hanno interessato quasi la totalità della pars publica della villa (aree A1, A2, A3, in parte A4) e si è incominciato a rilevare le strutture più accessibili delle aree B1, B2, B3, B4 (ig. 3)12. Il presente articolo si propone di presentare i dati della prima campagna e alla luce di questi di rileggere le architetture della residenza imperiale di Pausilypon sulla base degli studi storico-archeologici che negli ultimi trent’anni si sono occupati del potere imperiale e delle sue manifestazioni architettoniche13, reinterpretando gli ediici attraverso i confronti con altri complessi simili. Si analizzeranno, dove possibile, gli spazi architettonici da un punto di vista funzionale, cercando di individuare le gerarchie di ambienti, il loro grado di accessibilità agli ospiti e i percorsi interni che guidavano i visitatori all’interno della residenza imperiale. Tale aspetto appare cruciale se messo in relazione con il complesso di rituali quotidiani che scandivano la vita politica dell’imperatore anche quando era lontano da Roma e con la gerarchia della corte imperiale dettata dalla maggiore o minore vicinanza al princeps e fondata su legami di amicizia e opportunità politica14. Si è inoltre contestualizzato il complesso all’interno del territorio circostante e nell’ambito del golfo di Napoli, dove le numerose ville d’otium poste in posizioni prominenti sulle alture della baia formavano un vero e proprio sistema, che, come ha dimostrato per Capri Clemens Krause, poteva garantire, attraverso un veloce sistema di comunicazione, la protezione dell’imperatore15. Il complesso è stato diviso per comodità in 3 aree A, B, C a seconda del grado di accessibilità e dunque della possibilità di eseguire un rilievo di dettaglio e sulla base delle fasi di lavoro del progetto. Le aree corrispondono solo in parte alla divisione funzionale delle strutture della villa. Esse sono suddivise in sottoaree indicate con numerazione progressiva (A1, A2, A3, etc.). Per ottenere una maggiore sistematicità e una lettura più agevole delle planimetrie si è deciso di non usare una numerazione progressiva per tutto il complesso, ma di limitare la progressione alle sotto-aree. Dunque ogni ambiente avrà una nomenclatura univoca comprendente l’identiicativo di zona (A1) seguito da tre numeri, di cui il primo corrisponde al livello o piano su cui si trova il vano (A1-001 = area A1 – ambiente 01 del livello 0). Leppert 1974; Winterling 1997; Winterling 1999; Mielsch 1999, 133–150; Salza Prina Ricotti 2001; Wulf-Rheidt 2004; von Hesberg 2006; Golvin – Salles 2009; Knell 2010. Wallace-Hadrill 1996; Winterling 1997; Winterling 1999; Roller 2001; Winterling 2001; Winterling 2005; Paterson 2007; Winterling 2008; Winterling 2011; Schöpe 2014. Krause 2005, 251–259. 231 Ivan Varriale Riscoperta delle antichità di Posillipo e storia delle ricerche Dalla tarda antichità l’area rimase abbandonata ino a un periodo, poco documentato, che va dal XV al XVII secolo, quando, ristabilita la sicurezza delle coste dagli attacchi dei pirati saraceni, molti nobili ediicarono le proprie residenze sulla costa di Posillipo. Giovanni Pontano descrisse nel De Magnificentia la galleria romana che collega Coroglio alla Gaiola e la nominò “Grotta di Seiano” mettendola in relazione con il prefetto del pretorio di Tiberio16; la crypta, la cui costruzione non ha nulla a che vedere con Seiano, ha mantenuto il nome assegnatole dal letterato. Sulla base delle notizie di Fabio Giordano e di Celano17, si deduce che, in dal XV secolo, furono costruite numerose residenze a scapito dei resti di epoca romana18. Nella seconda metà del XVIII secolo, Paolo A. Paoli redasse una pianta dei ruderi sommersi, nella quale rappresentò l’area collinare completamente sgombra e disegnò la cosiddetta Scuola di Virgilio, uno degli ambienti marittimi della Villa del Pausilypon19. Nell’Ottocento l’attenzione si rivolse anche all’area collinare dove si trovano i resti della Villa. Nel 1820, il cavalier architetto Guglielmo Bechi acquistò una proprietà corrispondente a un’ampia porzione della residenza imperiale e vi iniziò scavi, purtroppo privi di documentazione e volti al recupero di bei pezzi, durante i quali fu ritrovata la statua della Nereide su Pistrice, ora custodita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli20. Nel 1841, monsignor Camillo Di Pietro, arcivescovo di Berito e Nunzio Apostolico alla corte di Napoli, diede inizio a scavi più sistematici nei pressi della sua residenza, la cosiddetta “Casa Rossa” che, oggi allo stato di rudere, occupa l’area tra il teatro e il cosiddetto ninfeo (A4-A5). Ne fu incaricato l’architetto Pietro Bersani che mise in luce la cavea del teatro (A1), parte dell’odeon (A2), il ninfeo (A5) e il cosiddetto tempio (A3-001) e ne redasse la documentazione graica21. Negli stessi anni, mentre si realizzava una nuova strada presso Posillipo, fu scoperta l’imboccatura occidentale della Grotta di Seiano che fu ripristinata per ordine del re Ferdinando II di Borbone22. Nel 1870, l’area tra la proprietà di Bechi (attuale prop. Ambrosio) e la Gaiola fu venduta al Marchese del Tufo che ne cavò pozzolana distruggendo gran parte del pendio meridionale che ospitava il settore residenziale marittimo del Pausilypon. All’inizio del secolo scorso risale il lavoro di Günther, di cui si è detto, mentre si assistette ad un nuovo periodo di abbandono delle strutture che, pertinenti a proprietà private, furono rimaneggiate e in alcuni casi anche distrutte. Tuttavia, negli ultimi trenta 16 17 18 19 20 21 22 Pontano 1498. Fusco 1841; Fusco 1842; Gervasio 1846; Sogliano 1903; Lancellotti 2008. Della Valle 1938, 57. Gervasio alla metà dell’Ottocento riporta: “furono scoperti ruderi insigni di antichità, statue, busti, colonne, pavimenti in musaico, sepolcri” (Gervasio 1846, 142). Paoli 1768. Le strutture rilevate erano allora considerate parte della villa di Lucullo. La scultura fu acquisita dal Real Museo Borbonico nel 1838. Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 6026. Cristilli 2006 con bibliograia. Fusco 1842. Lancellotti 1840; Fusco 1841. Alla ine dell’Ottocento, presso l’imboccatura della grotta, si rinvenne una statua di Dioniso, replica di epoca lavia del tipo Sardanapalo. British Museum di Londra, inv. Sc1606; Ruggiero 1888, 39; Pochmarski 1972, 6 ig. 8; Neudecker 1988, 174 cat. 28.14. 232 Pausilypon tra otium e potere imperiale anni la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli ha restituito al pubblico alcune importanti strutture oggetto di restauri e istituito un Parco Archeologico23. Dal 2002 a oggi i restauri dell’area dei teatri sono proseguiti sotto la direzione di Giuseppe Vecchio e grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza e il CSI Gaiola Onlus, che gestisce l’area marina protetta, sono stati efettuati nuovi rilievi subacquei nell’area delle isole della Gaiola che hanno permesso di precisare l’entità dei movimenti bradisismici nella zona24. I proprietari della Villa del Pausilypon La costruzione della Villa del Pausilypon risale probabilmente alla seconda metà del I secolo a. C., quando appartenne al cavaliere Publius Vedius Pollio, arricchitosi in Oriente grazie alle cariche ottenute da Augusto in virtù dell’amicizia e del sostegno ofertogli durante le campagne contro Antonio. Alla morte del cavaliere, nel 15 a. C., la grandiosa villa fu lasciata in eredità ad Augusto come testimoniano numerosi autori antichi25. L’identiicazione del complesso del Pausilypon come proprietà imperiale e dunque con la villa ereditata da Augusto si deve soprattutto a una istula plumbea, ritrovata nell’area delle terme superiori, che reca iscritto il nome dell’imperatore Adriano26, mentre altre testimonianze epigraiche menzionano due liberti imperiali, procuratores del Pausilypon, Diadumeno Antoniniano, il cui nome graito fu rinvenuto in un tratto di acquedotto presso la Crypta Neapolitana27 e Marco Ulpio Eufrate ricordato in un’iscrizione funeraria28. Ciò che si conosce del Pausilypon è relativo all’epoca imperiale, mentre si sa ben poco dell’aspetto che doveva avere all’epoca di Vedius Pollio29, noto per il fasto della sua residenza sull’Esquilino, grande come una città30. Tale mancanza è dovuta senz’altro alla parzialità delle nostre conoscenze e all’assenza di scavi stratigraici utili ad indagare le fasi precedenti della villa, ma quella che appare come una totale cancellazione della residenza di Vedius Pollio potrebbe essere spiegata dalla volontà di Augusto di allontanarsi da questo discusso personaggio, la cui amicizia, nonostante i risoluti tentativi del princeps di prenderne le distanze, fu sempre considerata una macchia e gli fu rimproverata 23 24 25 26 27 28 29 30 Vecchio 1985; Vecchio 1999; De Caro et al. 2000; De Caro 2002, Vecchio 2009. Simeone – Masucci 2009, 25–32. Sulla igura di P. Vedius Pollio: Syme 1961; Varriale 2011, 61–71. Egli viene menzionato per la prima volta da Cicerone (Cic. Att. 6, 1, 25), in seguito da Seneca (Sen. clem. 1, 18, 2) e da Plinio il Vecchio (Plin. nat. 9, 77) che narrano del suo costume di gettare schiavi in pasto alle murene, ancora da Seneca (Sen. de Ira 3, 4; Sen. dial. 5, 40, 1–5) e da Cassio Dione (Cass. Dio 54, 23, 2–4) che narrano l’episodio avvenuto a Posillipo nel 22 a. C., quando Augusto salvò uno schiavo dall’ira del cavaliere. Sul lascito ad Augusto: Cass. Dio 54, 23, 2–4 e Plin. nat. 9, 167. [CAES • TRAIANI • HADR • AVG]; Günther 1913, 129 ig. 78; 214 cat. 14; Varriale 2007, 151; Vecchio 2009, 17; Varriale 2011, 61. Vecchio 2009, 16. CIL VI 8584; Beloch 1890, 86; Günther 1913, 129; Shatzman 1975, 358; Neudecker 1988, 174 nota 12. Cfr. Vecchio 1985; De Caro – Vecchio 1994, 89; Vecchio 1999, 10; Varriale 2011, 72. Ov. fast. 6, 639–643. 233 Ivan Varriale ino alla morte31. Tale ipotesi sarebbe sufragata dal comportamento tenuto da Augusto riguardo la residenza di Vedius Pollio sull’Esquilino, che fu rasa al suolo per far posto all’ediicazione della Porticus Liviae32. Il gesto, riportato da Ovidio33, simboleggia la lotta al lusso sfrenato e nocivo, per cui Augusto rinuncia a un bene lasciatogli in eredità in favore dei cittadini ponendosi come exemplum e soprattutto ostentando con decisione il suo allontanamento da Vedius Pollio con la distruzione della casa che rappresentava un monumento alla memoria del cavaliere34. Augusto, dunque, rinunciò alla lussuosa residenza urbana e tenne quella nel golfo di Napoli, dove era lecito ciò che non era ammesso a Roma35. Gli accessi alla Villa del Pausilypon L’attuale ingresso alla Villa del Pausilypon è il frutto dell’abbattimento del muro di cinta (A1-015) che ne costituiva il limite settentrionale e che, collegato alle strutture del teatro, discendeva ino al livello dell’antica strada (se ne vedono diversi tratti conservati lungo il pendio della collina), dove si raccordava alle strutture che, a mio parere, dovevano costituire l’ingresso alla pars publica della villa. Gli accessi alla residenza imperiale non sono ancora oggi del tutto ricostruibili, ma verosimilmente erano posti lungo una strada tagliata nel tufo all’interno della valle della Gaiola che conduceva dall’accesso orientale della Grotta di Seiano alla spiaggia della Gaiola, dove si trovavano le strutture portuali della villa (ig. 4). La cosiddetta Grotta di Seiano e l’antica strada per il porto La Grotta di Seiano, lunga circa 770 m, trafora la collina di Posillipo congiungendo Coroglio con la valle della Gaiola (ig. 5). La galleria fu scavata per rendere più veloce il percorso dai Campi Flegrei a Posillipo che, prima della costruzione delle cryptae di Piedigrotta e Coroglio, si raggiungeva facilmente dal mare, ma non da terra. Infatti, a causa dell’asperità del versante occidentale della collina, costituito da una ripida parete tufacea afacciata sulla piana legrea, chi da Posillipo avesse voluto raggiungere i Campi Flegrei era costretto a passare per Neapolis imboccando la lunga e scomoda via per colles36. Il traforo va ascritto, dunque, alla prima età imperiale, nel contesto delle infrastrutture volute da Augusto per potenziare l’area compresa tra Napoli e Miseno, tra le quali vanno 31 32 33 34 35 36 Tac. ann. 1, 10, 5. Cass. Dio 54, 23. Ov. fast. 6, 643–648. Il poeta puntualizza: […]. nullo sub crimine regni, sed quia luxuria visa nocere sua, poiché la distruzione della casa era un provvedimento generalmente destinato a chi manifestava l’ambizione di regnare, come per i famosi esempi di Sp. Maelius, Sp. Cassius e Manlius Capitolinus (Bodel 1997, 7), mentre quello adottato da Augusto ha il ine di presentare il princeps come propugnatore della morigeratezza dei costumi e soprattutto serve a cancellare ogni monumento urbano che ricordi lo scomodo amico. Bodel 1997, 10; Roller 2010, 163 s. De Caro – Vecchio 1994, 88. Cfr. D’Arms 1970, 76. Mallardo 1939; Johannowsky 1952; Johannowsky 1985; Amalitano et al. 1990, 22 s.; Vecchio 1999, 14; Varriale 2011, 53. 234 Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 4 Veduta aerea del complesso del Pausilypon con l’indicazione delle aree Fig. 5 Interno della cosiddetta Grotta di Seiano. I sottarchi in mattoni di tufo sono il risultato del ripristino efettuato in epoca borbonica 235 Ivan Varriale annoverate le gallerie utili a implementare la rete viaria, come la Crypta Neapolitana che servì a velocizzare i collegamenti tra Neapolis e i Campi Flegrei37. La Grotta di Seiano, ediicata probabilmente prima che il Pausilypon divenisse proprietà imperiale, era una via publica, attestata in età tarda da un’epigrafe frammentaria38, ritrovata al suo interno e databile al V secolo d. C. Tale via pubblica si doveva collegare alla via Puteolis-Neapolim39 dal versante di Coroglio, mentre da quello della Gaiola doveva seguire un percorso, mai rintracciato, che saliva sulla collina di Posillipo, corrispondente più o meno all’attuale via Manzoni40. La Grotta di Seiano presenta una sagoma variabile, mentre l’andamento planimetrico è quasi rettilineo con una deviazione a metà percorso. Per garantire luce e aerazione, i tratti posti vicino alle imboccature sono progressivamente più larghi e alti (ino a 14 m) e nel tratto sud della galleria furono scavati tre cunicoli secondari afacciati sulla baia di Trentaremi. Lo scavo avvenne contemporaneamente dai due fronti di Coroglio e della Gaiola e, a causa della diversa compattezza dei tui che si incontrano nel traforo, si scavò eseguendo simultaneamente un massiccio rivestimento. Osservando i segni di congiunzione tra le murature (le cosiddette riprese di getto), visibili nella galleria, si può dedurre che si procedesse con una media di 5/7 m per giornata lavorativa41. All’uscita orientale si incontra una piccola necropoli con alcuni mausolei scavati nel tufo e parzialmente costruiti in opera reticolata. Si è rinvenuta una base di marmo recante un’iscrizione [...VDIVS AMARANT...] che ricorda, forse, un liberto dell’imperatore Claudio42. All’uscita della galleria la strada moderna che conduce al parco archeologico segue il tracciato della via antica che recava al molo della Gaiola (area C3) ino a un complesso di cisterne scavate nel tufo, sulle quali si addossa una costruzione moderna. Qui l’antico percorso doveva proseguire all’interno dell’area oggi occupata da una proprietà privata e costeggiare il promontorio della Villa del Pausilypon. Della strada, oggi interrata, rimane solo qualche traccia lungo il lato occidentale di un campo da calcio privato posto ad una quota inferiore (circa 10 m) rispetto al piano delle cisterne. Questo tratto della strada era dominato dalle imponenti strutture del Pausilypon (aree A3 e B3) che, poste sul versante orientale della collina, a oltre 20 m d’altezza, erano visibili anche in lontananza a chi percorreva l’antica via. In quest’area si trova il cosiddetto Tunnel della Gaiola che fu individuato da Günther43, nonostante fosse già allora parzialmente sepolto. La piccola galleria, lunga 14 m, aveva un accesso costituito da un arco in laterizio con piedritti in opera vittata mista e sosteneva un pavimento in cocciopesto che doveva servire da cavalcavia per passare da un versante all’altro della valle della Gaiola superando il taglio della strada che dal porto conduceva alla 37 38 39 40 41 42 43 Bodon et al. 1997, 265–277; Hascher 1999, 127–156. CIL X 1488; Vecchio 1999, 14. Si segnala inoltre un miliario riportato da Günther 1913, 21, che reca il nome di Costantino Pio. Mallardo 1939; Johannowsky 1952; Johannowsky 1985. Vecchio 2009, 21. Vecchio 2009, 19 s. Vecchio 2009, 23. Günther 1913, 78–81. 236 Pausilypon tra otium e potere imperiale Grotta di Seiano. Tuttavia, è impossibile accertare l’interpretazione dello studioso, poiché non si conosce con esattezza il tracciato della strada, la posizione e l’orientamento del “Tunnel”, le cui strutture risultano ad oggi inaccessibili, poiché poste in proprietà privata. Tra il tunnel e il porto, Günther testimonia l’esistenza di un cunicolo sotterraneo che giungeva sino a una delle grotte della baia di Trentaremi44. Inine, nei pressi del moderno molo della Gaiola, al termine della discesa che conduce al mare (area C3), si intravedono, inglobati nelle murature moderne, alcuni resti pertinenti, forse, a un altro impianto termale disposto su più livelli (le cosiddette Terme Inferiori) che, secondo Günther, era seguito da un arco, del quale lo studioso riconosce i due piedritti distanziati di circa 4 m e riporta la testimonianza di Nelson Foley che aveva visto e probabilmente prelevato decorazioni architettoniche e iscrizioni45. Tali strutture sono oggi inglobate nelle murature moderne o coperte da una itta vegetazione; ciò non permette né di confermare la presenza di un arco monumentale né di stabilire se le camere con suspensurae abbiano avuto efettivamente una funzione termale46. Tuttavia, rimane molto suggestiva l’ipotesi di un arco che dal porto introduceva alla strada d’ingresso della villa, preceduto da un impianto termale utile a ristorarsi dopo un lungo viaggio in mare. Panoramica sulla villa Seppure le attuali conoscenze sulla villa imperiale del Pausilypon sono ancora solo parziali, per cui è problematico comprenderne la reale estensione, i limiti e la cronologia assoluta, è possibile, sulla base dei monumenti conosciuti e dei recenti studi, dividere schematicamente il complesso in settori con funzioni diferenti. Si può distinguere quella che unanimemente è stata identiicata con la parte “pubblica” della villa (aree A1, A2, A3, A4, A5). Si tratta del settore più monumentale e meglio noto, che si trova sulla terrazza superiore a picco sulla baia di Trentaremi e che doveva costituire la zona di rappresentanza della villa, dove l’imperatore svolgeva le attività di carattere uiciale che, dato il suo ruolo, era tenuto a osservare nonostante fosse nella sua residenza di riposo. L’area è occupata da un’aula absidata, da un teatro di grandezza simile a quelli delle ville di Domiziano a Castel Gandolfo47 e di Adriano a Tivoli48, da un odeon di piccole dimensioni simile a quello ritrovato nella villa di Agrippa Postumo a Pianosa49, da alcune grandi sale di rappresentanza, da due porticati dalle diverse funzioni e, inine, da una struttura probabilmente da identiicare con un “Gartenstadion” confrontabile in parte con quello riconosciuto da Adolf Hofmann a Villa Adriana50. 44 45 46 47 48 49 50 Günther 1903, pl. 38; Günther 1913, 81; si tratta del cunicolo, interpretato come acquedotto, che si incontra in una delle ramiicazioni interne della cavità T-3 (Simeone – Masucci 2009, 30 ig. 4). Il cunicolo conduce a una grande cisterna (T-4) posto in corrispondenza del pendio tra il tunnel della Gaiola e la cosiddetta Casa di Pollione (area B3). Günther 1913, 96. Manderscheid 2006, 143. von Hesberg 1978–1980; von Hesberg 1981; von Hesberg 2006. Salza Prina Ricotti 2001; León 2007; Hidalgo Prieto 2012. Sartorio 2002. Hofmann 1980. 237 Ivan Varriale Un secondo settore, per cui possediamo solo dati parziali, è posto a sud dall’area pubblica ed è nettamente separato da essa; si caratterizza per la maggiore riservatezza, garantita da passaggi esclusivi e nascosti ai frequentatori degli spazi pubblici ed è suddiviso in tre distinte zone, collegate da corridoi, scale e rampe. La prima, situata alle spalle dell’odeon (aree A2 B1 B2) e articolata su almeno quattro livelli, costituisce uno dei nuclei del palazzo imperiale caratterizzato da ambienti dominanti l’area pubblica e afacciati sul golfo. La seconda è sita all’estremo oriente della collina (area B3, B4) ed è costituita dalla cosiddetta Casa di Pollione, uno degli ediici più imponenti della villa, composto di almeno due o tre livelli e posto a strapiombo sulla valle della Gaiola. Il pendio orientale della collina era completamente occupato da terrazzamenti ancora conservati nel settore B4, dove si individuano cinque o sei livelli di sostruzioni sorreggenti ambienti residenziali, magazzini e probabilmente alloggi per schiavi e militari al seguito dell’imperatore51. All’estremo limite sud della collina (area B4, C1) si disponevano gli ambienti propriamente dedicati all’otium. Vi erano i tre livelli che ospitavano le cosiddette Terme Superiori (B4-303-401), sotto le quali si trovava un sistema di terrazze digradanti collegate da portici e criptoportici che giungevano sino al livello del mare, dove si trovavano vani lussuosi aperti sul golfo, attualmente semisommersi a causa del bradisismo (area C1). Anche di questa parte della villa si conserva ben poco a causa dell’ediicazione nell’Ottocento di una grande residenza (Villa Bechi, oggi Ambrosio) e della devastante cava messa in opera alla ine dello stesso secolo dal Marchese del Tufo. Un terzo grande settore è costituito dalla parte marittima che comprendeva le strutture portuali (area C3) e quelle per la produzione e lo sfruttamento delle risorse ittiche (area C2). Non è chiaro se le isole della Gaiola, dove sorge una villa moderna oggi abbandonata, fossero occupate da ulteriori strutture residenziali e se tutti i resti che si riconoscono sulla linea di costa dalla cala San Basilio ino al cosiddetto Palazzo degli Spiriti fossero parte della proprietà imperiale. Nei pressi dell’ingresso, nel settore orientale e nella zona posta immediatamente alle spalle dell’area pubblica si possono distinguere anche locali di servizio e infrastrutture, quali cisterne e condotte idriche, fondamentali alla vita di complesso tanto articolato. La pars publica La grande terrazza superiore, realizzata tagliando il banco di tufo, si estende per una lunghezza massima di circa 120 m e una larghezza massima, compresa la cavea del teatro, di circa 100 m. Si afaccia sulla baia di Trentaremi da un lato e sulla valle della Gaiola dall’altro, mentre a nord è delimitata dal teatro costruito sul pendio della retrostante collina e dal muro di cinta (A1-015) e a sud da un lungo portico (A2-001) posto davanti all’odeon e agli ambienti che lo aiancano; alle spalle dell’odeon si ergeva parte del settore residenziale che dominava l’intero piazzale. La pars publica era a sua volta ripartita in vari settori adibiti a diverse funzioni, posti a quote diferenti e collegati tramite scale (ig. 6). L’accesso all’area pubblica della villa, a diferenza di quanto ipotizzato in precedenza52, avveniva probabilmente direttamente nella piazza antistante il teatro attraverso una scala 51 52 Manderscheid 2003; Ricci 2004. In precedenza si era ipotizzato che l’accesso avvenisse dall’aula (A3-001) attraverso una rampa, di cui però non vi è nessuna traccia: Vecchio 1999, 15 s.; Varriale 2007, 155; Vecchio 2009, 26; Varriale 2011, 76. 238 Fig. 6 Planimetria della pars publica (scala 1 : 1250) Fig. 7 Ipotesi ricostruttiva del percorso di accesso alla pars publica. a) pianta b) sezione con ricostruzione del percorso dal vano S1-002 alla piazza del teatro Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 6 Fig. 7 239 Ivan Varriale Fig. 8 Scala (A1009) di accesso alla pars publica (A1-009), larga 2,80 m, proveniente dai locali (S1-001-002) posti sotto l’aula (A3-001) situata a oriente del teatro e costruita su un ampio terrazzamento poggiato su sostruzioni (ig. 7). Il vano (A1-009) è solo parzialmente scavato, ma l’allineamento del muro meridionale della scala si rincontra (A3-002) a una distanza di circa 6 m a est di un’area non scavata, nei pressi dell’aula; ciò, insieme alla pendenza della scala, lascia dedurre che essa conducesse a uno dei due ambienti voltati che si trovano sotto (circa 8 m) l’aula (A3001). I due ambienti (S1-001-002), che costituivano l’imponente sostruzione del settore orientale della terrazza, sono stati pesantemente rimaneggiati poiché usati come cantina e deposito già nell’Ottocento. In questa epoca infatti nell’ambiente (S1-001) venne aperto nell’abside un vano a circa 3,5 m dal piano pavimentale antico, raggiungibile attraverso una scala e un ballatoio di legno riconoscibili dai fori per l’alloggiamento delle travi di sostegno. Il vano dà accesso a una scala in tufo che risale ino alla terrazza superiore allora coltivata a vigneto. Ciò si rese necessario a causa del crollo dell’antico accesso, posto nel vano contiguo (S1-002), che, in un’epoca imprecisata, fu ostruito con un grosso muro in mattoni di tufo che chiude completamente lo spazio dell’abside e che fu costruito per contenere il crollo del vano d’accesso alla scala (A1-009). L’ingresso, secondo quest’ipotesi ricostruttiva, conduceva, attraverso un percorso sotterraneo, alla luminosa e grandiosa piazza del teatro che si apriva con un diametro di oltre 40 m (ig. 8). Il teatro e gli ediici che si innalzavano sia a ovest che a sud, dove si stagliava la mole di uno dei nuclei più imponenti del “palazzo imperiale”, doveva suscitare meraviglia negli ospiti contribuendo, grazie alla maestosità dello spazio architettonico, all’autorappresentazione del princeps. La piazza del teatro, con al centro una lunga vasca (A1-004), è chiusa a est e a ovest da due grandi avancorpi ad arco di cerchio in opera reticolata (A1-006, 010), collegati alla 240 Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 9 Veduta del teatro cavea del teatro che, posto a nord, è poggiato al pendio naturale della collina con la cavea aperta verso sud. Il complesso costituito da teatro e piazza antistante si rivela particolarmente interessante dal punto di vista architettonico; esso infatti è composto da due cerchi intersecati con diametro di circa 42 m: il teatro corrisponde alla metà del cerchio nord, mentre dal secondo cerchio sono ricavati i due avancorpi (A1-006, 010). Tale spazio architettonico doveva apparire grandioso grazie all’assenza di una scena teatrale issa che, quando era smontata, lasciava aperta la visuale della cavea potenziandone l’efetto scenograico (ig. 9). L’ediicio teatrale si eleva sul livello dell’orchestra di circa 13 m, con la sommità occupata da una galleria, probabilmente coperta da un portico, alla quale si accedeva tramite due scale situate alle estremità della cavea. Tali scale conducono ai due tribunalia, sotto i quali si trovano due ambienti coperti con volte a botte e con tracce di afreschi (A1-002, 003) 53. Si è calcolato che l’ediicio potesse ospitare ino a duemila spettatori, come un teatro di una piccola città e come quelli di altre ville imperiali, quali la residenza di Domiziano a Castel Gandolfo e il cosiddetto Teatro greco di Villa Adriana. La cavea di Posillipo era completamente rivestita in cocciopesto, decorata da elementi lapidei asportati nel corso dei secoli d’abbandono54 e, come a Castel Gandolfo, non pre- 53 54 L’ambiente (A1-003) mostra tracce di pittura in IV stile pompeiano. Nell’Ottocento si vedeva una vignetta su fondo rosso con una igura femminile alla guida di un carro trainato da due cavalli. Fusco 1842, 111; Günther 1913, 38 s. 256 cat. 3. Si ritiene che la maggior parte dei marmi sia stata asportata prima del 1840. Günther 1913, 39. Nell’area del teatro si rinvennero alcuni elementi dell’arredo come una testa giovanile in marmo greco con i capelli cinti da una tenia e alcune colonne che ornavano le scale di accesso al teatro, di cui non vi è più traccia. Fusco 1842, 111. 241 Ivan Varriale sentava sedili distinti né per decorazione né per dimensioni, segnalando una sostanziale uguaglianza tra gli spettatori che occupavano le gradinate, per i quali contava soprattutto essere stati invitati dall’imperatore55. L’orchestra (A1-001) presenta un diametro di circa 11 m e doveva avere in antico una ricca pavimentazione in marmo. Dal centro di essa con orientamento nord-sud venne allestita una vasca (A1-004) lunga 26,35 m e larga 3,80 m. La struttura, realizzata in opera reticolata, presenta sul fondo quaranta fori rettangolari, disposti in due ile, che servivano per l’incasso di pilastrini atti a reggere un piano. Sul lato sud si vede un cunicolo di adduzione dell’acqua. La sezione settentrionale della piscina, che occupa parte dell’orchestra, fu rinvenuta coperta da una lastra di marmo56. La vasca (A1-004), sebbene parzialmente scavata, venne identiicata da Gustavo Traversari come bacino per spettacoli acquatici57; si tratterebbe, dunque, di una piccola kolymbetra, cioè una piscina destinata ai Tetimimi, difusi a Roma dopo l’80 d. C.58. Non si può escludere che avesse la funzione di natatio o che semplicemente decorasse, con statue e giochi d’acqua, l’ampia piazza antistante il teatro. La piscina poteva essere coperta con un tavolato e trasformata in un grande spazio post scaenam, mentre la scena, costituita da elementi mobili in legno, poteva essere rimossa in modo da permettere l’esecuzione di diversi tipi di spettacolo. Dietro l’orchestra vi erano alcuni ambienti sotterranei profondi più di 4 m che, posti ai lati della vasca sulla linea del proscenio, dovevano servire a contenere le attrezzature e i macchinari, mentre sei pozzetti fungevano da alloggiamenti per montare gli elementi verticali della scena. In base alla ceramica ritrovata inglobata nelle murature, la vasca e il teatro sono datati tra l’età giulio-claudia e quella lavia59. La piazza antistante il teatro, come si è detto, è chiusa a est e a ovest da due avancorpi in opera reticolata in origine intonacata e dipinta. L’avancorpo orientale (A1-006) si distende sino al parapetto della scala d’accesso (A1-009) e nel tratto settentrionale presenta un vano (A1-008), inquadrato da lesene in muratura, a pianta rettangolare absidata (3 × 6 m), con nicchie quadrangolari ai lati. La sala recava un pavimento in opus sectile con schema reticolare, mentre le nicchie presentavano uno schema a quadrati listellati; di entrambi i pavimenti restano solo le impronte. Immediatamente a sud, l’esedra presenta un sedile in muratura rivolto verso la vasca. L’avancorpo occidentale (A1-010) presenta anch’esso un sedile, e al centro un vano rettangolare munito di abside sulla parete di fondo (A1-011). L’ingresso era segnalato da 55 56 57 58 59 von Hesberg 2006, 235. La testimonianza di Tacito (Tac. ann. 14, 14; 15, 33, 1) a proposito dei giochi privati di Nerone dimostra come durante gli spettacoli di tale natura fosse normale la commistione tra diversi livelli sociali. L’assenza di un pulvinar ha fatto ritenere che l’imperatore dovesse occupare uno dei due tribunalia (Vecchio 1999, 16), ma è possibile pensare a un palco mobile costruito in legno. Ruggiero 1888, 35. Traversari 1960, 66–68; Berlan-Bajard 2006, 444–446; diferentemente da Ruggiero 1888, 35; Günther 1913, 34, che lo interpretarono come un compluvium. Gli spettacoli tetimímici eseguiti a Roma nell’80 d. C., in occasione dell’inaugurazione dell’aniteatro lavio, ebbero grandissima eco. Venivano sceneggiati miti che avevano a che fare con l’acqua, come quello di Ero e Leandro (Mart. spect. 25–25 b; Frontin. epist. 3, 13) o si esibivano singole divinità marine, quali Tritone, Nereo, Teti, Galatea (Mart. spect. 28) o lascive rappresentazioni coreograiche messe in scena da giovani donne, talvolta in veste di Nereidi. Per le rappresentazioni in villa: Taddei 1997. Vecchio 1999, 16 s. 242 Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 10 Veduta del settore A4. In primo piano l’ambiente (A4-001/001bis) 60 61 62 lesene in stucco ed era pavimentato in opus sectile con disegno reticolare, mentre l’abside era decorata da schiuma di lava a simulare una grotta. L’avancorpo termina a sud con una scala (A1-012bis) anch’essa molto ampia che reca al settore A4; il parapetto meridionale della scala (A1-012) si prolungava verso est a chiudere la piazza. La piazza si conigurava come uno spazio architettonico polifunzionale, atto ad accogliere gli ospiti in un ambiente maestoso e adeguato all’autorappresentazione dell’imperatore. Essa dunque poteva fungere da atrio della villa, utile a ricevere gli ospiti del princeps in attesa di un’udienza o di assistere agli spettacoli da lui indetti. Come l’atrio di una domus, la piazza serviva a smistare gli ospiti negli altri settori della villa attraverso la scala (A1-012bis) che conduceva all’area del “Gartenstadion” (A4-A5) e al portico dell’odeon (A2-001), mentre da est si giungeva all’aula (A3-001) posta sulla terrazza orientale attraverso un percorso posto in un’area attualmente non scavata. Non si può escludere che l’area fungesse anche da grande spazio per banchetti60, con al centro l’euripo nascente dall’orchestra del teatro e che ricorda i teatri/ninfei/coenationes di Baia e Anguillara Sabatia61. La vasca poteva essere usata per spettacoli mimici acquatici e la compresenza del teatro fa pensare alla messa in scena di rappresentazioni a carattere autocelebrativo, come le fabulae praetextae, usate dalla nobilitas romana, sin dalla tarda repubblica, per raforzare il proprio carisma attraverso la legittimazione mitico-storica e religiosa62. Il passaggio all’area del “Gartenstadion” (A5) avveniva dalla scala (A1-012bis) che recava a un corridoio (A1-014) e a una serie di vani (A4-001-006) che insistono in parte nell’area occupata dall’abitazione appartenuta al monsignor Camillo di Pietro (“Casa Rossa” nelle descrizioni ottocentesche e “Casa Acampora” in Günther). Essi presentano paramenti in opera reticolata, pavimenti in cocciopesto e tracce di intonaco dipinto. Dificile ipotizzare la funzione di tali stanze: la stanza (A4-001/001bis) con anticamera e sala e il grande vano (A4-004), una serie di corridoi (A4-002, 003, 005) che scompaiono sotto la struttura ottocentesca e ambienti posti su almeno altri due livelli (A4-101, 201) (ig. 10). Tali vani conducevano al “Gartenstadion” (A5), un ediicio a pianta rettangolare con un lato breve absidato, oggi in parte coperto dalla vegetazione, in parte franato in mare e Svetonio (Suet. Claud. 32) ricorda il convivio che Claudio tenne per 600 ospiti. Sul convivio nelle dinamiche della corte imperiale: Winterling 1997, 97. Taddei 1997. I triclini estivi si ritrovano in forme più o meno monumentali nell’architettura domestica romana con particolare riguardo all’eccezionale “Canopo” di Villa Adriana a Tivoli. Per quest’ultimo esempio Salza Prina Ricotti 2001, 249–251; Pensabene 2009, 381–424. In generale: Zarmakoupi 2014, 141–212 con bibliograia per i singoli esempi. Taddei 1997, 287–302. Il rapporto tra convivio e teatro è ancora più evidente nel settore dell’odeon (A2). 243 Ivan Varriale posto a ovest del teatro, su una terrazza collocata a una quota più alta che afaccia a ovest e a sud sulla baia di Trentaremi. L’area occupata dalla “Casa Rossa”, ormai ridotta allo stato di rudere, ha completamente compromesso la possibilità di individuare i collegamenti tra “Gartenstadion” e teatro. Tuttavia, una descrizione ottocentesca, non corredata da rilievi, permette di avere un’idea di un articolato percorso di scale e rampe che collegava i due complessi63. L’ediicio absidato è stato scoperto durante gli scavi ottocenteschi e interpretato come ninfeo, a causa del rinvenimento di numerose tubature che fecero ipotizzare uno straordinario utilizzo dell’acqua64; in seguito fu deinito auditorium, mentre altri ancora pensarono ad un peristilio, dove l’emiciclo fungeva da galleria di sculture65 o ad un piccolo stadio per la presenza dei vicini ediici da spettacolo66. L’emiciclo è posto sul lato settentrionale ed è costituito da tre muri in opera reticolata semicircolari e paralleli che andavano a formare tre gradoni larghi circa 1,80 m e alti dal piano della corte rispettivamente 1,80; 3,70; e 5,50 m. Il muro più interno delimitava la corte porticata, mentre quello esterno serviva da contenimento alla collina retrostante e presentava nicchie quadrangolari di grandi dimensioni. I porticati avevano pilastri con semicolonne rivolte verso la corte centrale, tredici sui lati lunghi e sette sul lato breve sud; il colonnato era circondato da una canaletta dipinta in azzurro. L’emiciclo era libero da portici e gli ampi gradoni dovevano servire ad accogliere statue, ioriere e fontane. È dunque evidente che il grande ediicio di Posillipo si possa identiicare con un “Gartenstadion”. Strutture del genere sono attestate a Villa Adriana a Tivoli67 e sul Palatino a Roma68, dunque in due complessi di proprietà imperiale. Quello di Villa Adriana, studiato e ricostruito da Hofmann, è un ediicio molto complesso che, nel settore meridionale, presenta un portico con un emiciclo, interpretato come “Exedranymphäum”, conigurato in modo simile a quello di Posillipo69. Lo stato attuale dei luoghi non permette di formulare una ricostruzione di dettaglio dell’ediicio di Posillipo, né è possibile comprendere, sulla base dei rilievi efettuati nell’Ottocento e nel Novecento, se i tre gradoni che costituivano l’emiciclo ospitassero efettivamente delle ioriere e delle cascate d’acqua come a Tivoli70. 63 64 65 66 67 68 69 70 Da una relazione dell’architetto Vincenzo Lenci a F. M. Avellino, direttore del Real Museo Borbonico, del febbraio 1842 (Archivio Storico della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, fasc. VI C7, 7), si evince che dal “Gartenstadion” si scendevano otto gradini verso sud, giungendo a un ballatoio dove la scala si biforcava. Attraverso una porta, incorniciata da pilastrini, si imboccava un’altra scala (A1-202) che permetteva l’accesso diretto alla cavea del teatro, mentre proseguendo verso ovest, si scendeva per quattro gradini ino a una rampa che conduceva ad alcuni vani e quindi a un secondo livello dove vi erano altri ambienti, che sono verosimilmente i vani (A4-001-005). Una sintesi della descrizione è riportata in Ruggiero 1888, 34. Già all’epoca dello scavo, la struttura era di diicile interpretazione perché caduta in rovina e intaccata da costruzioni moderne. Fusco 1842, 108 s.; Ruggiero 1888, 34. Günther 1913, 55. Vecchio 2009, 33. Hofmann 1980. Wulf-Rheidt 2004; Riedel 2008; Iara 2015. Hofmann 1980, 73 s. Hofmann 1980, 28 s. 244 Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 11 Veduta generale della piazza del teatro e del settore A2 71 72 73 74 75 L’eventuale struttura con piante, sculture, giochi d’acqua doveva essere ricca e rafinata, con un grande uso di marmi policromi e un maestoso panorama godibile grazie alla posizione a strapiombo sul mare. L’allestimento con piante di questo ediicio avrebbe fatto da pendant ai giardini situati sulla terrazza antistante l’odeon che, posta ad una quota più alta rispetto al piano della piazza del teatro, ospita una lunga porticus (A2-001), il teatrum tectum, e grandi sale di rappresentanza. L’allestimento dei giardini, insieme all’arredo scultoreo e alle fontane si integrava alle architetture e serviva a creare spazi paradisiaci tra un ediicio e l’altro71; era, inoltre, funzionale alla creazione di percorsi interni e rendeva evidenti le separazioni e i collegamenti tra i plessi della villa. Tutti questi elementi a Posillipo si ritrovano secondo una disposizione che vede una sequenza formata da teatro, post scaenam con natatio, viridarium e porticus. Tale connessione è stata ipotizzata anche per l’area del Teatro greco di Villa Adriana a Tivoli, dove si ritrova la stessa relazione tra teatro, viridarium e porticus72. La porticus (A2-001) si conserva per una lunghezza di 66 m e presenta colonne scanalate costruite in laterizio, ricoperte da intonaco, e un avancorpo centrale costituito da quattro colonne. Il lato ovest del portico è parzialmente crollato in mare a causa del distacco della parete tufacea, mentre dall’altro lato, verso oriente, termina in un altro portico (A2-019) che si apre sul lato orientale della terrazza73. Il colonnato nascondeva la scena dell’odeon e, assieme allo spazio antistante sistemato a giardino74, creava un eccezionale sfondo scenograico per chi occupava il teatro (ig. 11). L’odeon era destinato alle rappresentazioni di poesia, retorica o musica e in antico era coperto75. Esso presenta un’unica cavea, con due ordini di gradinate e dieci ordini di sedili, interrotta, all’altezza della quarta ila di posti, per permettere la visione dello Cic. ad Q. fr. 3, 1, 5. León 2007, 239–253. Il settore occidentale della porticus è crollato in mare per almeno 6 m, considerando che esso doveva essere simmetrico al braccio occidentale lungo 30 m. Anche qui, a causa del crollo, è diicile comprendere di che natura fosse il collegamento con l’area del teatro (A1) e del “Gartenstadion” (A4). De Caro et al. 2000, 886 s., dove si parla anche del ritrovamento di statue e di pilastrini per la decorazione del giardino. Fusco 1842, 111; per la ricostruzione della copertura: Izenour 1992, 73–76 ig. 2.2; per l’analisi metrologica e per la ricostruzione delle fasi di cantiere del teatro coperto: Busen c. s. 245 Ivan Varriale spettacolo dal grande salone absidato che si apriva al centro della gradinata, interpretabile come un palco imperiale (A2-005)76 (ig. 12). Tale ambiente presentava un podio sul fondo, marmi alle pareti e un pavimento in opus sectile con motivo a stuoia e inserti di piastrelle quadrate in vetro blu e verde77 e colonne in marmo nero che incorniciavano l’abside ricordate dai resoconti ottocenteschi78. Il proscenio (A2-004bis) è articolato da un’alternanza di nicchie semicircolari e rettangolari, mentre la scena presenta un emiciclo centrale, ornato in origine da sei colonne in cipollino79. L’odeon si trova al centro di una serie di ambienti di rappresentanza (A2-006, 007) posti lungo il porticato (A2-001) e accessibili direttamente da esso o attraverso corridoi (A2-002, 003). Gli ambienti aperti direttamente sul portico (A2-007 e corridoio 003) presentano intercolunni più larghi in corrispondenza degli ingressi (3,50 m anziché 2,50) per renderne evidente la funzione ricettiva e per consentire agli ospiti di guardare all’interno dal giardino e viceversa80. Il corridoio (A2-002), che conduce alla stanza (A2-006) presenta un intercolunnio più stretto rispetto all’altro (A2-003) di circa 70 cm a testimoniare la maggiore riservatezza del vano che era in diretta comunicazione con il pulvinar dell’odeon. Dal palco imperiale (A2-005) si potevano raggiungere, attraverso due passaggi (A2017, 018), entrambi gli ambienti di rappresentanza e arrivare direttamente all’area privata della villa, posta alle spalle dell’odeon, passando per la rampa (A2-017) e imboccando la scala (A2-003bis) che, nascosta alla vista degli ospiti, conduce al ballatoio (A2-016bis) e dunque alla scala (A2-101) che sale ai livelli superiori o a quella (A2-016) che scende 76 77 78 79 80 Tale sistemazione ricorda la villa di Pianosa, dove il piccolo ediicio scenico presenta la cavea spezzata al centro per accogliere un ambiente riservato al dominus. Sartorio 2002, 66–68. Vecchio 2009, 36. Fusco 1842, 111. Dall’odeon proviene una piccola statua di bambino, (I secolo d. C.), copia romana di un “Kindertypus”, elaborato in Grecia nel III secolo a. C. Museo Archeologico Nazionale di Napoli inv. 296356; Cristilli 2003, 16–19. Nell’Ottocento si rinvenne una statua di Musa, oggi dispersa, che, sebbene priva di attributi, fu interpretata come Mnemosyne. Fusco 1842, 113; Günther 1913, 37. 85–87. 264. Tale espediente è spesso usato nelle ville e nelle abitazioni di livello alto di Pompei ed Ercolano; un esempio è il peristilio della Casa del Menandro a Pompei. Cfr. Varriale 2012. 246 Fig. 12 Veduta dell’odeon con al centro il palco imperiale (A2-005) Fig. 13 Veduta della rampa (A2-017) che dal palco imperiale (A2-005) conduce al corridoio (A2-003) e alla scala (A2003bis), nascosta da un tramezzo Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 13 Fig. 14 Fig. 14 Veduta degli ambienti (A2006, 002) posti ad occidente dell’odeon, in parte crollati in mare, e dei quattro livelli di vani posti alle spalle della cavea 81 verso il portico (A2-019–020) a oriente dell’odeon. L’imperatore, dunque, poteva raggiungere il palco a lui destinato da diversi settori della villa e da lì recarsi nelle sue stanze private attraverso un percorso esclusivo e non visibile (ig. 13). A ovest dell’odeon, costruiti a strapiombo sulla baia di Trentaremi, vi erano alcuni ambienti non aperti verso il portico, ma accessibili da esso attraverso il corridoio (A2-002) oppure direttamente dal palco di rappresentanza, attraverso il vano (A2-018). Tra questi vi era un’ampia sala (A2-006), larga circa 8 m e lunga 15 m con ingresso sul lato est posizionato in modo da non poter essere visto neanche dal piano del pulvinar (A2-005) e ulteriormente ristretto in un secondo momento, a testimoniare la riservatezza del vano. La sala era decorata da un’alta zoccolatura in marmo, visibile solo dalle tracce delle grappe in ferro che si conservano almeno ino 1,50 m d’altezza. Il corridoio (A2-002), dopo l’ingresso della sala svolta a destra nel vano (A2-002bis) che recava ad ambienti afacciati a ovest oggi crollati in mare, di cui si vedono solo alcune tracce lungo il costone occidentale del promontorio (ig. 14). A est dell’odeon si trova una sala (A2-007) aperta sul portico (A2-001) che presenta, in corrispondenza dell’ingresso, un intercolunnio più largo. La stanza, forse un grande triclinio (9 × 11 m), era decorata da un pavimento in opus sectile di cui si conservano le impronte e alcune piastrelle in marmo africano, giallo antico, portasanta e pavonazzetto81. Anche le pareti recavano un prezioso e alto rivestimento marmoreo costituito da un plinto in portasanta con cornici modanate in giallo antico che delimitavano grandi Slavazzi – Colombo 2001, 655–668; Cinquantaquattro et al. 2014, 88 cat. 7.52. 247 Ivan Varriale lastre in cipollino intervallate da paraste in portasanta. La zona superiore doveva essere invece decorata ad afresco (ig. 15). Qui l’accostamento tra ediicio da spettacolo e sala da banchetto è chiaro e manifesta l’uso della convivialità e delle rappresentazioni sceniche che, con ogni probabilità, oltre ad intrattenere gli ospiti dell’esclusivo teatro coperto, avevano anche ini propagandistici e di autorappresentazione82. Da questa sala si poteva accedere a tre ambienti di dimensioni minori, pavimentati con un mosaico tessellato bianco; due di essi (A2-008-009) erano coperti con tetto di tegole a due spioventi e recavano soitti afrescati, mentre la piccola sala (A2-010) posta in corrispondenza dell’angolo del portico aveva una copertura a cupola (ig. 16)83. La presenza di rivestimenti marmorei alle pareti, oltre a confermare la ricchezza della residenza, può essere considerato un elemento utile a determinare una gerarchia tra i vani con grande profusione di marmi come l’odeon, con pavimenti e alte zoccolature o più basse ino a quelli secondari che appaiono semplicemente dipinti e pavimentati con mosaici in tessellato o in cocciopesto84. Il portico (A2-001) conduce ad un secondo porticato (A2-019), attraverso una porta, di cui oggi si vede solo la traccia in fondazione. Il portico (A2-019), largo circa 5 m, è parzialmente scavato e in parte restaurato come una porticus duplex (ig. 17). Essa, costruita in opera reticolata, era coperta da una tettoia di tegole sorretta da colonne in muratura rivestite in stucco ed era impreziosita da una pavimentazione in opus sectile con disegno a rete di quadrati alternati in bianco e rosso antico, di cui rimangono le impronte e alcune piastrelle. La decorazione parietale era costituita da uno zoccolo in marmo, di cui resta qualche frammento, e da pitture, di cui si conserva una porzione della predella a fondo nero nel tratto ovest della parete sud85. La porticus era scandita da semipilastri rivestiti da lastre scanalate di marmo portasanta con cornici in rosso antico 82 83 84 85 A titolo d’esempio si vedano i convivi di Augusto durante i quali il princeps faceva intervenire attori professionisti (Suet. Aug. 74). De Caro 2002, 589. L’altezza e la presenza delle decorazioni marmoree alle pareti della Domus Aurea è stata messa in relazione alla funzione degli ambienti. Peters – Meyboom 1993; Meyboom – Moormann 2013, 69–83. La piccola porzione d’afresco, relativa alla predella, trova un interessante confronto con gli afreschi conservati nel IV livello della Villa “della Sosandra”, dove sono accompagnate da un fregio egittizzante datato dalla de Vos all’età adrianea. de Vos et al. 1980, 13. 25 s. tav. 9, 1; Di Luca 2009, 159 ig. 18. 248 Fig. 15 Ingresso della sala (A2-007), in corrispondenza del quale il portico (A2-001) presenta un intercolunnio più largo Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 16 Veduta degli ambienti secondari (A2-008, 009, 010, 011, 013, 014) Fig. 17 Veduta del portico (A2-019). In fondo si vede la rampa (A2-011, 016) che reca agli ambienti posti sopra l’odeon 249 Ivan Varriale e coronati da capitelli. Durante lo scavo del giardino, efettuato tra il 1999 e il 2000, si è riscontrato che esso era ornato da piante deposte in piccoli vasi per iori, con i tipici fori per le radici, interrati in corrispondenza dei pilastri del porticato86. Il braccio meridionale (A2-019bis) è stato scavato e restaurato per 20,5 m, ma proseguiva verso est per oltre 20 m. Il muro di fondo del portico, scandito da semipilastri, si è individuato in fondazione per altri 20 m oltre i quali è oggi interrato, ma è probabile che si distendesse ino a 25 m per una lunghezza totale di circa 45 m. Non si può escludere l’esistenza di un terzo braccio posto a oriente, oggi interrato, che darebbe luogo a una porticus triplex. L’ala meridionale al centro presenta un’apertura larga circa 3,60 m, che la divide in due sezioni uguali (A2-019bis e 020) e conduce a un’area oggi non scavata. Si può ipotizzare che tale apertura presentasse un intercolunnio più largo di fronte ad essa e che costituisse anche l’asse centrale del giardino che verosimilmente prevedeva un viale centrale iancheggiato da due o più allestimenti simmetrici di piante87. Nell’angolo sud-occidentale del portico (A2-019) si apre una porta seguita da un ambiente (A2-011) e da una rampa (A2-012, 016) che, nascosta alla vista degli ospiti della pars publica, corre alle spalle degli ambienti di rappresentanza. Essa conduceva alle stanze sopra l’odeon e ad alcuni vani di servizio posti sul lato meridionale. A metà del percorso uno stretto corridoio (A2-015) aperto nella parete nord del vano (A2-012) portava ad ambienti di servizio oggi interrati. Il portico (A2-019, 020) aveva anche la funzione di passaggio tra la parte pubblica e altri ambienti a carattere più riservato posti a meridione, ma ad oggi tali connessioni possono essere solo ipotizzate. L’ultimo ediicio appartenente alla pars pubblica è l’aula absidata (A3-001), che occupa una terrazza posta a oriente del teatro costruita sui vani voltati che costituivano l’accesso alla villa. L’ediicio, interpretato dai primi scavatori e in seguito da Günther come Tempio o sacrarium, è un vano quadrato, diviso in tre navate da quattro pilastri, con la parete occidentale absidata, paramenti in opera reticolata, pilastri e semicolonne in laterizio che in antico dovevano essere intonacati e dipinti88. Il lato orientale è crollato, ma probabilmente presentava un prospetto con inestre afacciate sull’ingresso della villa, visto che un eventuale accesso frontale era chiuso da un tratto di acquedotto (A3-003), proveniente dalla Grotta di Seiano e in parte conservato nel settore sud-occidentale della terrazza occupata dall’aula (A3-001). Tale dato smentisce la precedente interpretazione del complesso come vestibolo della villa89. L’accesso, 86 87 88 89 De Caro 2002, 589 s.; Vecchio 2009, 40. La ricostruzione del giardino è stata realizzata con la supervisione di A. Ciarallo. L’allestimento doveva apparire, anche se di aspetto più semplice, come quello del giardino antistante la porticus triplex della villa di Poppea ad Oplontis. Jashemski 1979, 289–314; Ciardiello 2010, 276–280; Moser et al. 2013, 397–408. Fusco 1842, 153 s.; Günther 1913, 58. Già prima dello scavo del Bersani l’area era un vigneto e l’aula (A3001) presentava banconi da cucina e canalette per uso agricolo, mentre i vani a essa sottoposti erano usati come deposito o cantina; vi si ritrovarono numerose membrature architettoniche forse non pertinenti all’ambiente. Vecchio 1999, 15 s.; Varriale 2007, 155; Vecchio 2009, 26; Varriale 2011, 76. 250 Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 18 Veduta dell’aula (A3-001) infatti, avveniva da un vano seguito da alcuni scalini posto sul lato est; ad oggi, tuttavia, non possibile chiarire il rapporto di questo ediicio con gli altri settori della pars publica, poiché appare circondato da aree non scavate (ig. 18). A sud est dell’aula (A3-001), a est del tratto d’acquedotto (A3-003), si estendeva un terrazzamento (A3-003bis) pavimentato in cocciopesto e posto a una quota più bassa di circa 30 cm rispetto alla terrazza occupata dall’aula. Tale terrazzamento poggiava su tre livelli di sostruzioni, disposti lungo il fronte settentrionale della collina, oggi parzialmente conservati, ma diicilmente leggibili, che scendevano sino al piano d’accesso alla villa (S1). Si potrebbe trattare di locali di servizio e alloggi per servi e soldati a guardia dell’accesso. La pars publica della Villa del Pausilypon appare articolata in diferenti settori nettamente distinti tra loro e collegati da passaggi che conducevano i visitatori attraverso un percorso ricettivo che diveniva sempre più esclusivo e riservato ad una cerchia più ristretta di invitati. Anche la decorazione doveva giocare un ruolo fondamentale nella caratterizzazione degli spazi e dei percorsi interni. Ad esempio, a segnalare ai visitatori il maggiore pregio del settore dell’odeon (A2), sicuramente destinato a un pubblico più ristretto, rispetto a quello del teatro (A1), era la presenza dei marmi che impreziosivano le pareti. All’interno dello stesso settore (A2) si distingueva una gerarchia di vani sulla base della maggiore o minore presenza dei rivestimenti marmorei (ig. 19). I duemila ospiti che occupavano il teatro non avrebbero mai potuto accedere tutti al “Gartenstadion” né certamente al piccolo odeon, dove solo pochi potevano condividere con il princeps gli spettacoli di poesia o musica. Tra questi pochi eletti ancor meno erano quelli ad accedere ai settori privati, alle terme e a tutti i lussuosi ambienti costruiti a strapiombo sul mare. L’area del teatro come si è visto doveva svolgere diverse funzioni. 251 Ivan Varriale Uno spazio così ampio rispondeva alla necessità dell’imperatore di accogliere i numerosi aristocratici che abitavano il golfo di Napoli e che, probabilmente, frequentavano la residenza per partecipare a banchetti, spettacoli e giochi indetti dal princeps e a rituali quotidiani che, nonostante la lontananza da Roma, dovevano svolgersi regolarmente anche nelle residenze fuori dall’Urbe90. Domiziano, ad esempio, ofriva agli invitati dell’Albanum i ludi per Minerva, i Quinquatrus91, aprendo a un pubblico più vasto, chiaramente scelto dall’imperatore, talune attività dell’otium tradizionalmente riservate al proprietario e i suoi amici esclusivi. Così, come ha ben evidenziato Henner von Hesberg per la Villa di Domiziano a Castel Gandolfo, l’otium del potere fu trasformato nel potere dell’otium, un concetto ideologico che prevede un’apertura a tutti coloro che l’imperatore riteneva degni92. 90 91 92 Winterling 1997; Winterling 2008. Cic. Att. 13, 1, testimonia delle riunioni indette da Antonio che richiamava i municipali campani nella propria villa. Nerone vi partecipava a Baia e in occasione di questi attirò Agrippina per ucciderla (Tac. ann. 16, 3). von Hesberg 2006. 252 Fig. 19 Planimetria della pars publica con l’indicazione dei percorsi interni e della tipologia delle decorazioni in base alla ricchezza (scala 1 : 1250) Pausilypon tra otium e potere imperiale Gli ambienti riservati agli intimi e all’otium Fig. 20 Planimetria della cosiddetta Casa di Pollione (area B3) (scala 1 : 500) 93 94 Come si è già più volte accennato, dei settori della villa dedicati agli intimi e di quelli riservati esclusivamente all’imperatore si conosce poco; ne aiorano numerosi resti mai documentati durante gli scavi ottocenteschi93, in seguito solo parzialmente rilevati da Günther e altri riconosciuti durante le ricognizioni della prima campagna del progetto “Villa Posillipo”. Gli ambienti posti sopra l’odeon, la cui complessità è solo parzialmente percepibile, dalla terrazza pubblica dovevano apparire come un palazzo, che si elevava per almeno quattro piani, dal quale l’imperatore poteva afacciarsi e dominare la piazza. Si riconoscono due livelli di ambienti (A2-202, 302) posti sopra la quota di colmo dei tetti dell’odeon e un livello intermedio posto tra la quota del tetto e quella del piano del palco (A2-005), di cui si conserva un vano (A2-102). Tutti i piani erano collegati da rampe e corridoi (A2-203, 301, 301bis). Tale settore è oggi completamente nascosto dalla vegetazione, in parte compromesso dall’attività agricola e in parte crollato in mare. Esso, presentava il suo punto più alto in corrispondenza della cavea dell’odeon e si afacciava a ovest sullo strapiombo della baia di Trentaremi, mentre verso sud-est si estendeva su terrazze digradanti che si disponevano seguendo l’orograia del terreno ino al settore occupato dalle cosiddette Terme Superiori (area B4). Vani posti su più livelli collocati in continuità con le strutture alle spalle dell’odeon sono presenti nell’area (B1), situata a sud del portico (A2-019bis), dove si individuano murature (B1-003, 004, 005) probabilmente riferibili a corridoi disposti su vari livelli, una conduttura d’acqua (B1-006) e un tratto di corridoio voltato (B1-001), ubicato a una quota più bassa rispetto al portico (A2-019bis), che in antico conduceva al settore B3. Nell’area (B2) Günther94 individuò alcuni vani oggi irriconoscibili o scomparsi; poco più a sud del corridoio (B1-001), infatti, si vedono terrazzamenti agricoli realizzati riutilizzando cubilia, laterizi, pavimenti e tegole. Un altro grande ediicio (area B3), posto a est degli ambienti appena descritti e del portico (A2-019-020) è la cosiddetta “Casa di Pollione” che si trova in posizione prominente sulla valle della Gaiola ed è costituita da almeno due livelli sovrapposti, costruiti su sostruzioni (ig. 20). Scavi privi di documentazione eseguiti da G. Bechi e poi da N. Douglas. Günther 1913, 61. 253 Ivan Varriale Del piano superiore dell’ediicio si vedono alcuni setti murari che emergono dal terreno e dalla vegetazione, mentre il primo livello inferiore, oggi inaccessibile poiché i vani d’ingresso sono murati, fu esplorato e rilevato da Günther95. Lo studioso individuò tre tratti di un corridoio voltato (B3-004, 007 e 011) che doveva raccordare i vani (B3-005bis), con pavimento di marmo a tessere policrome, (B3-005)96 e (B3-002), a pianta quadrata (6 m di lato) con volta a botte ribassata e decorazione in IV stile pompeiano. Le pitture sulla base della documentazione fotograica di Günther si possono datare genericamente all’età lavia97. Il collegamento tra questo ediicio e le strutture poste nell’area B1 è perduto a causa del taglio della strada, che oggi costituisce il percorso di visita, realizzato dopo le esplorazioni di Günther per le esigenze delle abitazioni moderne a scapito delle strutture antiche. Anche il legame con l’area pubblica (A2) è diicile da percepire e, allo stato attuale della ricerca, è ricostruibile solo ipoteticamente. Nel settore nord-est dell’area (A2) vi è una soglia in tufo grigio larga 3 m (A2-021), che conduce a un vano non conservato posto a oriente ed è allineata con una serie di strutture che fuoriescono dal pendio settentrionale della collina occupata dalla Casa di Pollione. Si tratta probabilmente dei resti delle sostruzioni che sorreggevano una terrazza posta sul lato occidentale dell’ediicio, che dava accesso agli ambienti (B3-001) e (B3-002) e al corridoio (B3-004) (ig. 21). Proseguendo verso sud, lungo il pendio orientale della collina, al limite tra le aree B3, B4 e C1, Günther rilevò le sostruzioni di almeno cinque terrazze digradanti che ospitavano ambienti voltati, già all’epoca poco conservati e oggi posti all’interno della proprietà Ambrosio. Vi erano vani residenziali, tra cui una stanza (B4-002) con nicchia a mosaico in pasta vitrea con colomba in volo, e ambienti di servizio98. Il piano più alto delle sostruzioni era contiguo alle Terme Superiori (B4-303, 304, 305)99 che si sviluppavano lungo il versante sud della collina. Le terme, sebbene pesantemente intaccate dalla cava e dalla costruzione della villa ottocentesca100, mostrano alcuni ambienti ben conservati come il cosiddetto calidarium (B4-401), un vano circolare di 6 m di diametro con pavimentazione sopraelevata sostenuta da due ile di archetti e una ca- Günther 1913, 64–76. Günther 1913, 222 cat. 19; il vano a pianta quadrata era colmo di macerie tra le quali due frammenti di una colonna scanalata in alabastro. Frammenti di marmo rosso antico e di stucco a tinte vivaci furono rinvenuti anche nel vano (B3-006) e in altri vani contigui, non riportati nel rilievo. 97 Günther 1913, 70; Varriale 2011, 88. 98 Günther 1913, 82–89, in particolare 86–89 ig. 49. Archivio fotograico Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli (D/556-561, 1974; D/46554, 1979). 99 Günther 1913, 86. Oggi le strutture sono completamente coperte dalla vegetazione e in parte inglobate nell’adiacente villa ottocentesca. 100 Günther 1913, 100, riferisce che, per la costruzione di un vialetto, Foley fece radere al suolo diverse strutture. 95 96 254 Fig. 21 Soglia in tufo grigio (A2-021) Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 22 La piscina calida (B4-401) con il sistema ipocausto realizzato con una serie di archetti e l’alloggiamento circolare del calderone bronzeo sul fondo 101 102 103 104 105 vità circolare ricavata nel pavimento inferiore. Si tratta, probabilmente, di una piscina calida, con sistema di riscaldamento a samovar101 (ig. 22). Il resto del complesso termale occupava almeno tre livelli, di cui Günther descrive alcuni ambienti pavimentati in opus sectile e afrescati, oggi non riconoscibili, un corridoio (B4-305) con pavimentazione in marmo e il praefurnium (B4-306) con alloggiamento per la testudo bronzea102. Sul fronte occidentale della collina vi sono due grandi cisterne (B2005, 005bis), nei pressi delle quali, in cima allo strapiombo, vi erano i resti di un grande ediicio, il “Belvedere” (B2-006) afacciato ad ovest verso Nisida e Capo Miseno. Si tratta di una sala (B2-006), posta su sostruzioni, lunga oltre 9 m e larga oltre 6 m; l’afaccio era delimitato da un muretto curvo e basso munito di sette pilastri in laterizio rivestiti d’intonaco che inquadravano cinque inestre. Tale soluzione ricorda il Salone Nero della Casa di M. Fabio Rufo a Pompei che, aperto a occidente, presenta due ordini di tre inestre103. Le due grandi cisterne (B2-005, 005bis) facevano da base ad altri ambienti, di cui si distingue la pavimentazione in cocciopesto e parte di una parete intonacata lungo la sezione (B2-004). Il fronte meridionale della collina (area C1) che discendeva sino al livello del mare è stato completamente distrutto dalla cava del Marchese del Tufo104. I resti conservati (area C1) sono stati riposizionati sulla base delle curve di livello, con l’ausilio delle descrizioni di Günther e attraverso le foto aeree, mentre i rilievi degli ediici rispecchiano quelli dello studioso inglese; il posizionamento degli ambienti sommersi è stato ricavato da una recente carta georeferenziata realizzata dal CSI Gaiola105, integrandola con i rilievi di dettaglio di Günther (ig. 23). Un cunicolo portava il calore direttamente dal forno a un contenitore in bronzo innestato nella cavità circolare sul fondo della piscina. Incerto è Manderscheid 2006, 143. Günther 1913, 115–117. Il sistema di riscaldamento a samovar rappresenta un’ulteriore testimonianza del lusso della residenza (Manderscheid 1996; Messineo 2001/2002). Grimaldi 2006, 376. Esedre afacciate sul mare sono presenti, in scala monumentale, a Capri nella Villa Jovis e nella Villa di Damecuta: Krause 2005, 241–243. Dalla cava furono recuperate numerose tubature in piombo. Günther 1913, 12. 129; Varriale 2011, 41. Simeone – Masucci 2009, 27 ig. 2. 255 Ivan Varriale A sud delle cisterne, a una quota più bassa, Günther rilevò un terrazzamento, allora adibito a vigneto106, che nel settore settentrionale ospitava i resti di un criptoportico (C1303) orientato est-ovest107. Il lato meridionale della terrazza presentava solo frammenti di strutture, mentre, a una quota più bassa, vi era un secondo criptoportico (C1-201, 202) parallelo a quello superiore e terminante in una rampa di scale (C1-203) che conduceva ad ambienti situati più in basso108. Il sistema di scale e terrazze aperte sul golfo, accessibili da corridoi voltati e posti a diverse quote ricorda la sistemazione di Baia, in particolare del settore “dell’ambulatio”109. L’imponente complesso a terrazze digradanti era formato da quattro livelli che discendevano ino a un piano che si trova a circa 6 m sopra l’attuale livello del mare, dove oggi si trovano le strutture del cosiddetto Scoglio di Virgilio (C1-101–106). Il livello più basso era Günther 1913, 135–140. In quest’area Günther ritrovò una serie di terrecotte architettoniche di età ellenistica che attribuì a un “Graeco-Roman Building”. Günther 1913, 139. 278–282 igg. 184–187. 108 Günther 1913, 138 s. 109 Di Luca 2009. 106 107 256 Fig. 23 Planimetria dei settori marittimi della Villa (scala 1 : 2500) Pausilypon tra otium e potere imperiale Fig. 24 a Fig. 24 b Fig. 24 a Veduta del settore marittimo (area C1). Ben visibili le strutture su più livelli del cosiddetto Scoglio di Virgilio e della Scuola di Virgilio (C1-001) [foto 1918] Fig. 24 b Panoramica della Villa del Pausilypon da sud. In alto a destra le strutture relative alle Terme Superiori (area B4), già danneggiate dall’attività di cava del Marchese del Tufo e oggi parzialmente inglobate in costruzioni moderne [foto 1918] Fig. 24 c Veduta della cosiddetta Scuola di Virgilio (C1-001) Fig. 24 c costituito delle strutture che si trovavano a pelo d’acqua, oggi semisommerse, protette dalle isole della Gaiola (C1-001–004). Attualmente, le poche strutture poste sullo ‘Scoglio di Virgilio’ si trovano isolate sull’estremità della propaggine rocciosa, ma nel rilievo di Günther110 si vedevano parte della scala (C1-104), che scendeva ino a questo livello dai terrazzamenti soprastanti, e di due corridoi: uno (C1-103) dava ai vani (C1-101, 102) e l’altro (C1-106) dava a un piano posto sopra le stanze (C1-001, 003 e 004), oggi indistinguibile, ma all’epoca visibile sopra la Scuola di Virgilio (C1-001) (ig. 24 a) e che doveva estendersi sino all’area del molo (area C3). I vani (C1-101, 102) erano pavimentati in opus sectile e afrescati111. Sotto questi vani lungo il litorale si trovavano diversi ambienti sommersi o semisommersi a causa del bradisismo112. Le stanze aperte sul mare erano separate dalle isole della Günther 1913, 141–144. Günther 1913, 223. 112 Il rilievo efettuato dal CSI Gaiola (Simeone – Masucci 2009, 27 ig. 2) ha chiarito l’entità del bradisismo in quest’area. La nuova stima (3,20 m) della variazione del livello del mare si discosta da quelle proposte ino ad oggi, comprese tra i 3,70 m (Varriale 2004), 4 m (Pagano, 1981) ed i 4,9–6 m (Günther 1903; Günther 1913). 110 111 257 Ivan Varriale Gaiola tramite un canale (C1-002), scavato per essere percorso da piccole imbarcazioni che accompagnavano gli ospiti. Tra gli ambienti si ricorda la cosiddetta Scuola di Virgilio (C1-001), un ninfeo con abside sul fondo e nicchie sulle pareti laterali, che prende nome dalla leggenda medievale secondo la quale il poeta avrebbe insegnato qui le sue arti magiche113. Oggi si conserva in elevato solo l’angolo nord-ovest e parte del cunicolo voltato (C1-001bis) che girava intorno all’abside, mentre, sotto il livello marino, le strutture si conservano solo in pianta (ig. 24 c). Sommerso e visibile solo in pianta vi è un vano colonnato (C1-003) afacciato a sudovest al quale corrispondono delle imponenti opere di sostruzione (C1-107) poste a una quota più alta che indussero Günther a ritenere che il canale fosse una sorta di galleria sulla quale si trovavano ambienti che si protendevano sin sulle isole della Gaiola. Tale ipotesi, sebbene molto suggestiva, risulta poco verosimile o comunque diicile da dimostrare, poiché le strutture semisommerse poste sul lato nord dell’isola occidentale sono pertinenti a una peschiera e non ad ambienti residenziali e le isole sono occupate da una villa ottocentesca che ha obliterato le strutture antiche. Le opere di sostegno (C1-107) sono quello che resta dei livelli superiori che, disposti su terrazzamenti, occupavano l’intero pendio della collina ino al livello delle terme superiori (ig. 24 b). Dall’area della Gaiola provengono diverse sculture, rinvenute sin dall’Ottocento, che potrebbero aver decorato il settore marittimo della villa114. Il settore marittimo L’approdo della villa con molo in opus pilarum si trova nell’area (C3), mentre le peschiere (area C2), per cui il Pausilypon era famoso, erano disposte ad est delle isole della Gaiola, collegate al mare aperto da articolati sistemi di canalizzazioni, chiuse con paratie mobili e protette da imponenti barriere115. Due grandi piscinae ipogee erano scavate nell’isola di levante e aperte su un’ampia vasca rettangolare con chiuse mobili e aperture isse munite di lastre traforate per consentire il ricambio d’acqua e non la fuga dei pesci116. Günther 1913, 155–159; Neuerburg 1965, 137; Pagano 1981, 253 s.; Gallottini 1992; Varriale 2007, 160; Vecchio 2009, 50; Varriale 2011, 93. 114 Gran parte delle sculture provenienti dall’area è raccolta in Günther 1913, 257–276 e Neudecker 1988, 173 s. Per l’importanza della scultura nelle ville d’otium: Neudecker 1998; Salcuni 2007; Slavazzi 2010. Nella proprietà del Marchese del Tufo: statua di africano in marmo bianco (II sec. d. C.), (Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 120568); un pescatore (Adamo Muscettola 1985) o uno schiavo (Neudecker 1988, 174 cat. 28.8). Nelle acque nei pressi della Gaiola: torso di Urania tipo Francoforte (Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 209148), Cristilli 2003, 19–23; Artemide (II sec. d. C.), (Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 224818), Cristilli 2003, 23–26. Si deve segnalare una statua di Iside Pelagia (II sec. d. C.), la cui provenienza è genericamente indicata come Posillipo (Budapest, Szépmüvészeti Múzeum, inv. 3934; già coll. Hartwig), Cristilli 2007. All’inizio dell’Ottocento fu ritrovata una piccola statuetta di Atena arcaizzante (San Pietroburgo, Ermitage, inv. 213), Neudecker 1988, 174 cat. 28.12. 115 Pagano 1981, 245–255; Higginbotham 1997, 191–194; Vecchio 1999; Varriale 2004, 297; Varriale 2007, 160; Simeone – Masucci 2009, 28–30; Varriale 2011, 92–94. 116 Varro rust. 3, 3–17. 113 258 Pausilypon tra otium e potere imperiale Tali impianti, oltre alla produzione che poteva generare ingenti guadagni117, dati gli alti costi di costruzione e manutenzione, costituivano un simbolo di prestigio e di ricchezza e, vista la complessità e l’articolazione a volte molto singolare di tali strutture, dovevano possedere anche un valore estetico118. Ciò troverebbe riscontro nella descrizione di Varrone119 che paragona le vasche contenenti le diverse specie ittiche alle tavolozze dei pittori, suddivise in più scomparti per non mescolare i colori. Osservazioni conclusive Allo stato attuale della ricerca, in mancanza di scavi stratigraici e in attesa della conclusione dello studio sistematico delle strutture, sono pochi gli elementi utilizzabili per issare una cronologia della Villa del Pausilypon. La ceramica contenuta nelle murature della kolymbetra, costruita in opera reticolata, ha spinto a datare il complesso del teatro tra l’età giulio-claudia e quella lavia120, le decorazioni pittoriche conservate sembrano rimandare quasi tutte all’età lavia, i pavimenti presentano tipologie difuse dal I secolo d. C., mentre le sculture e gli elementi architettonici in marmo si datano tra la metà del I secolo d. C. e l’età antonina. La fistula plumbea con il sigillo imperiale di Adriano ritrovata nelle Terme Superiori testimonia interventi di epoca adrianea. Gli ediici dell’area pubblica, in particolare il settore dell’odeon, mostrano diverse fasi costruttive a partire dal I secolo d. C., che si caratterizzano rispettivamente per l’uso dell’opera reticolata, con ammorsature in mattoni di tufo o in laterizio, e dell’opera laterizia. All’interno del complesso si ritrovano anche esempi di opera vittata mista. Nonostante la parzialità dei dati è possibile comunque ipotizzare che la villa, soprattutto nella pars publica, abbia subìto modiiche importanti tali da cancellare quelle che dovevano essere le strutture della residenza di P. Vedius Pollio. Tali modiiche risalgono probabilmente all’età lavia, mentre ulteriori cambiamenti, di cui non è chiara l’entità, furono efettuati in età adrianea. La ricerche in corso, in particolare l’analisi di dettaglio delle architetture, sono volte a chiarire l’aspetto delle fasi relative di almeno una parte del complesso. La villa imperiale del Pausilypon rientra a pieno nella tipologia delle ville marittime realizzate nel corso del I secolo d. C. con la sua articolazione per nuclei e le terrazze che digradavano sino al livello del mare121. Diversamente da queste, però, essa possiede una pars publica con monumentali costruzioni, tra cui spiccano i due ediici da spettacolo e il “Gartenstadion”. Essi sono disposti secondo una complessa articolazione degli spazi che vede l’integrazione tra architettura, giardini, giochi d’acqua122 e arredo scultoreo, 117 118 119 120 121 122 Marzano 2010. Grüner 2006. Varro rust. 3, 17, 4. Vecchio 1999, 16. Marzano 2010. La villa faceva largo uso dell’acqua fornita da una diramazione dell’acquedotto del Serino. Sono stati ritrovati almeno tre cunicoli che passavano sotto il piano della terrazza superiore, un altro che riforniva il settore marittimo, numerose cisterne e un’ingente quantità di fistulae plumbee. Per l’importanza dell’uso dell’acqua nelle ville imperiali: Manderscheid 2003. 259 Ivan Varriale realizzata con la inalità di creare un complesso che rispondesse alle esigenze della corte imperiale. Gli ediici caratterizzati da diversi gradi di accessibilità e collegati tra loro attraverso percorsi selettivi, a volte esclusivi, rispecchiavano i rapporti gerarchici della corte imperiale, basati sull’amicizia e sul favore dell’imperatore123. I più vicini al princeps erano più in alto nella gerarchia della corte imperiale124 e potevano essere ammessi nei settori più esclusivi della villa condividendo con l’imperatore le forme più intime dell’otium. Schematicamente, in base alla capienza e all’accessibilità degli spazi architettonici, il Pausilypon poteva accogliere: • Nell’area del teatro gli aristocratici che avevano con il princeps solo un’amicizia di carattere impersonale, che si basava proprio sulla partecipazione alle udienze mattutine e ai ludi; parte di essi partecipavano ai publica convivia che si tenevano intorno alla piscina e potevano accedere al “Gartenstadion”. • Nell’area dell’odeon e, in maniera selettiva, nelle sale di ricevimento poste ai lati della cavea coloro che beneiciavano del favore dell’imperatore e ricevevano beneficia consistenti in cariche di rilievo e che godevano di un grande prestigio sociale. • Negli ambienti quali le terme, il “belvedere” e i vani posti nell’area marittima i familiares, gli intimi e i proximi. • Nelle stanze private dell’imperatore coloro che occupavano il gradino più alto della scala sociale ossia i congiunti che formavano la casata imperiale. Essere ammesso alla residenza di villeggiatura dell’imperatore e superare i limiti tra i diversi settori della villa signiicava ascendere nella gerarchia della corte imperiale e accrescere il proprio prestigio sociale e politico. Gli ediici monumentali dell’area pubblica erano dunque funzionali a manifestare il potere imperiale e l’autorappresentazione del princeps, ma non sembra che essi siano comuni a tutte le ville imperiali né che la presenza di uno o più di essi possa portare a riconoscere una villa come imperiale. Tali residenze, infatti, in mancanza di prove epigraiche, restano di diicile identiicazione, perché, come già evidenziato da Harald Mielsch125, gli imperatori possedevano numerose ville ed erano essi stessi aristocratici. Tra queste, alcune appartenevano al patrimonio personale del princeps, altre venivano ereditate e altre ancora venivano coniscate ad aristocratici come nel caso delle proprietà che Nerone possedeva nei Campi Flegrei126. Un discorso a parte, però, va fatto per i complessi costruiti ex novo per un imperatore come la Villa di Domiziano a Castel Gandolfo e la Villa di Adriano a Tivoli o modiicati radicalmente come la Villa del Pausilypon127. Questi si conigurano come veri e propri 123 124 125 126 127 Winterling 1997, 101–103; Winterling 1999, 161–194; Winterling 2005, 223–244; Winterling 2008; Winterling 2011, 207–232. Winterling 1997, 92. 101–103. Mielsch 1999, 133–150. Sulla problematica riguardante il patrimonio personale dell’imperatore: Lo Cascio 2000, in part. 97–153. Per le proprietà di Nerone nei Campi Flegrei: Pagano 1983. Un caso diverso è rappresentato dalle ville imperiali tiberiane di Capri che per motivi legati al carattere del princeps, e anche all’orograia dell’isola, non a caso scelta da Tiberio, si caratterizzano per un sostanziale isolamento e una conigurazione basata su un nucleo unico che ricorda alla villa come fortezza descritta da Seneca (Sen. epist. 51). 260 Pausilypon tra otium e potere imperiale “palazzi del potere” che rilettono una visione dell’impero che nasce in età giulio-claudia, in particolare con Nerone, trova compimento nell’età di Domiziano e si rilette nelle residenze di Roma, dove si realizza uno scambio reciproco di inluenze tra i modelli architettonici residenziali urbani ed extraurbani. Infatti la Domus Aurea probabilmente trae ispirazione dalle architetture di Baia128, così come elementi, quali il “Gartenstadion”, si possono riconoscere sia in strutture urbane come la Domus Flavia che in quelle extraurbane come Villa Adriana e Pausilypon. Tale fenomeno portò al superamento della dicotomia tra otium e negotium e, dal tardo I secolo d. C., le procedure politiche, gli eventi rappresentativi e il lusso imperiale si manifestano sia sul Palatino che nelle residenze extraurbane in complessi architettonici che si arricchiscono di elementi innovativi e singolari. Tali novità architettoniche scaturiscono dalla natura stessa del principato che vedeva i principes divisi tra il ruolo pubblico e l’autorealizzazione personale129. La Villa del Pausilypon sembra rispecchiare nella concezione degli spazi, il nuovo concetto di otium rielaborato per la nuova visione del potere imperiale con spazi ed ediici creati per ospitare un pubblico vasto ma selezionato, e numerosi quartieri dedicati all’otium esclusivo dell’imperatore e dei suoi più intimi. Allo stesso tempo, la posizione isolata in alto sul promontorio posto al centro del golfo di Napoli permetteva di godere delle delizie del crater, ma era eccezionale anche dal punto di vista strategico. Posta tra due baie (Gaiola e Trentaremi), consentiva di alloggiare navi a difesa del princeps e di dominare con lo sguardo l’intero golfo da Capri a Miseno, dove, come ipotizzato da Krause per Villa Jovis130, la lotta militare era pronta a intervenire a qualsiasi segnale. Inoltre, ogni segnale di pericolo proveniente da Punta della Campanella o da Miseno, era immediatamente ravvisabile, lasciando il tempo all’imperatore di abbandonare la villa scegliendo la via di fuga migliore, il mare o la strada attraverso la Grotta di Seiano. Il Pausilypon dunque non solo permetteva il pieno godimento delle delizie del golfo, ma era anche architettonicamente adeguato ad accogliere la corte e strategicamente adatto ad ospitare il princeps. Ringraziamenti Il presente contributo è il frutto delle rilessioni scaturite dal Simposio “Kaiserliche Wirkungsräume und ihr Umfeld” (Koninklijk Nederlands Instituut te Rome, 7–8 aprile 2011), della ricerca condotta grazie a una borsa di studio concessami dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma e della prima campagna del progetto “Villa Posillipo” condotto da Tobias Busen della Technische Universität München in collaborazione con l’Istituto Archeologico Germanico nell’ambito del quale mi è stata assegnata una borsa di studio del programma “Fritz hyssen Stiftung. Förderung italienischer Nachwuchswissenschaftler an deutschen Institutionen in Italien”. Per aiuti e suggerimenti ringrazio Henner von Hesberg e Ortwin Dally del DAI Roma; il Soprintendente Teresa Elena Cinquantaquat- Zevi 1987, 68. Winterling 1997, 106; Wulf-Rheidt 2004; von Hesberg 2006, 225 s.; Golvin – Salles 2009; Knell 2010. 130 Krause 2005, 251–259. 128 129 261 Ivan Varriale tro, il Soprintendente Adele Campanelli, Giuseppe Vecchio e Enrico Angelo Stanco per la concessione dei permessi, il personale degli Archivi Corrente, Storico e Fotograico della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, Heinz-Jürgen Beste del DAI Roma, Rosaria Ciardiello e Armando Cristilli. Ringrazio inoltre Tobias Busen per il prezioso aiuto sul campo e per i rilievi qui pubblicati. Un particolare ringraziamento desidero rivolgere a Richard Neudecker per i preziosi consigli e per il sostegno dimostratomi. Fonti iconograiche Fig. 1: Carta d’Italia – scala 1 : 25.000, foglio n. 447 – sezione II – Napoli, serie 25, edizione I – I.G.M. – ig. 2: da Günther 1913, 315 – igg. 3. 6. 17: T. Busen – igg. 4. 5. 7–16. 18. 20. 21. 23: I. Varriale – ig. 19: I. Varriale sulla base della pianta di T. 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Ivan Varriale Via di Niso 2/a 80124 Napoli Italia [email protected] 268 Inhalt Sophie Helas – Holger Baitinger Metallrelikte im Kontext. Zu einem Fundkomplex innerhalb eines archaischen Wohnhauses in Selinunt/Sizilien . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Imed Ben Jerbania Nouvelle fouille dans la nécropole punique de Beni Nafa, près de Bizerte . . . . . . . . . 41 Markus Wolf Hellenistische Sakralbauten in Kampanien. Ein Vorbericht . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 Pier Giovanni Guzzo Marsia, le compedes e Charax di Pergamo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 Gabriele Cifani Il sepolcro dei Cacni a Perugia. Ideologia e cultura di una famiglia aristocratica tra ellenismo e romanizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 Enrico Benelli I Cacni, famiglia perugina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 Vibeke Goldbeck Die Porticus ad Nationes des Augustus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 Ivan Varriale Pausilypon tra otium e potere imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227 Domenico Camardo – Maria Brigida Casieri – Ascanio D’Andrea – Karl-Uwe Heußner – Pia Kastenmeier – Mario Notomista Studio delle tracce di lavorazione, dendrocronologia e documentazione sui legni del tetto della Casa del Rilievo di Telefo ad Ercolano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 269 Evelyne Bukowiecki – Ulrike Wulf-Rheidt I bolli laterizi delle residenze imperiali sul Palatino a Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 311 Matthias Grawehr Römische Bossenkapitelle aus Travertin und lunensischem Marmor . . . . . . . . . . . . . 483 Ben Russell A Sculpted Head of an African Woman in the British Museum . . . . . . . . . . . . . . . . . . 507 Ilaria Romeo Loutron alexiponon. La decorazione scultorea delle Terme del Foro di Ostia dal II secolo alla tarda antichità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 533 Donato Attanasio – Matthias Bruno – Walter Prochaska – Alì Bahadir Yavuz Reevaluation of the Marble Provenance of the Esquiline Group Sculptures (Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen). Following the Discovery of the Aphrodisian Marble Quarries at Göktepe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 567 Veranstaltungen 2015 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 591 Contents Sophie Helas – Holger Baitinger Metal Relics in Context. Objects Discovered in an Archaic House in Selinunte/Sicily. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Imed Ben Jerbania A New Excavation in the Punic Necropolis of Beni Nafa near Bizerte . . . . . . . . . . . . . 41 Markus Wolf Hellenistic Sanctuaries in Campania. A Preliminary Report . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 Pier Giovanni Guzzo Marsyas, the Compedes, and Charax of Pergamon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 Gabriele Cifani he Tomb of the Cacni at Perugia. he Ideology and Culture of an Aristocratic Family between Hellenism and Romanization . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 Enrico Benelli he Etruscan Cacni Family . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 Vibeke Goldbeck he Porticus ad Nationes of Augustus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 Ivan Varriale Pausilypon: Otium and Imperial Power . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227 Domenico Camardo – Maria Brigida Casieri – Ascanio D’Andrea – Karl-Uwe Heußner – Pia Kastenmeier – Mario Notomista Study of the Wood from the Roof and Ceiling of the House of the Telephus Relief in Herculaneum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 269 Evelyne Bukowiecki – Ulrike Wulf-Rheidt he Brick Stamps of the Imperial Residences on the Palatine Hill in Rome . . . . . . . . . 311 Matthias Grawehr Roman Blocked Out Travertine and Luna Marble Capitals . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 483 Ben Russell A Sculpted Head of an African Woman in the British Museum . . . . . . . . . . . . . . . . . . 507 Ilaria Romeo Loutron alexiponon. he Sculptural Decoration of the Forum Baths in Ostia between the 2nd Century AD and Late Antiquity . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 533 Donato Attanasio – Matthias Bruno – Walter Prochaska – Alì Bahadir Yavuz Reevaluation of the Marble Provenance of the Esquiline Group Sculptures (Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen). Following the Discovery of the Aphrodisian Marble Quarries at Göktepe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 567 Proceedings 2015 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 591