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In « About Gender. International Journal of Gender Studies », 2/3, pp. 279-281.
Il nostro corpo, il corpo del mondo, 2017
Saggio inserito nel Dossier IAPH 2017 "Il nostro corpo, il corpo del mondo" a cura di Claudia Bruno e Maddalena De Bernardi. Si propone di introdurre le teorie e le prassi che nel corso degli anni hanno animato l'ecofemminismo, proponendo anche una sintetica presentazione dell'ecovegfemminismo
Su la testa, 2010
Viaggio attraverso i femminismi. Giovanna Capelli intervista Eleonora Cirant in: "Su la testa. Materiali per la rifondazione comunista", 2010, n. 9
Settentrione. Rivista di Studi italo-finlandesi, n.22/2010, pp. 93-97
Se oggi in Italia si dibatte sul tema del rapporto tra donne e politica, è perché la presenza femminile all'interno dei luoghi della politica, dai partiti alle istituzioni locali e nazionali, è così platealmente scarsa da non poter essere non percepita come un problema. In Italia ...
Femminielli Corpo, Genere e Cultura, 2019
La Donna Italica. Ruolo e prestigio delle domninae dell'Antico Abruzzo. STUDI DI ARCHEOLOGIA ITALICA COLLANA DELL'ISTITUTO DI STUDI ABRUZZESI DIRETTA DA RAFFAELLA PAPI
Introduzione Credo opportuno riprendere il discorso sulle donne dell'antico Abruz-zo, con una scelta per forza di cose limitata ma significativa di testi-monianze, perché da esse parte il problema del riconoscimento e dell'interpretazione di alcuni elementi peculiari della cultura del terri-torio, su cui il dibattito scientifico è ancora aperto con posizioni deci-samente contrastanti, a partire dalla stessa definizione. Nel panorama dell'Italia del I millennio a.C. gli studi archeologici sull'Abruzzo preromano sono tenacemente ancorati al pregiudizio dell'arretratezza e dell'attardamento dei fenomeni culturali in un terri-torio aspro e selvaggio, le cui risorse economiche erano essenzialmen-te la pastorizia e la pratica del mercenariato (TAGLIAMONTE 1994). D'altro canto nel quadro etnografico dell'Italia Antica alcuni studi sto-rici hanno codificato come interazione tra sviluppo e sottosviluppo il rapporto tra Etruschi e Latini dell'area tirrenica da un lato e le genti dell'entroterra appenninico e della fascia collinare adriatica dall'altro, i "silenziosi Italici Orientali", secondo la suggestiva definizione di Massimo Pallottino, naturalmente e periodicamente sospinti e attratti verso le aree più ricche e favorite (PALLOTTINO 1984; TORELLI 1988). La loro carica espansionistica è sottolineata dagli storici antichi che descrivono il tipico rituale della primavera sacra, in base al quale ve-nivano consacrati alla divinità, come atto espiatorio per qualche even-to sfavorevole, come pestilenze, carestie, guerre, tutti i nati di un de-terminato anno. Questi, raggiunta la maggiore età, dovevano abban-donare la propria comunità ed emigrare alla ricerca di una nuova sede. Il ver sacrum sabino è il rito di fondazione di un nuovo popolo, di una nuova colonia, di una nuova città. Mentre la migrazione ne è l'esito naturale, è la consacrazione il suo atto costitutivo, in conseguenza di un voto formulato nei confronti della divinità con finalità propiziatorie (LA REGINA 1994, pp. 43-44). Si attribuiva così funzione espiatoria alle migrazioni provocate dalla pressione demografica e finalità sacra alla fondazione di colonie con-cepite come strumento di politica espansionistica.
Questo lavoro vuole essere un"analisi del testo del Manifesto di Rivolta femminile incentrata su aree tematiche individuate mediante l" "accorpamento" di più enunciazioni, anche se disseminate in punti diversi del testo. Le aree tematiche da me individuate sono sostanzialmente tre: la critica all"emancipazione, la critica alla cultura edificata sul paradigma androcentrico e fallologocratico, e il percorso di liberazione. Per comodità ho definito le enunciazioni come "articoli" (a volte abbreviati nelle citazioni con il semplice "art."), citandole ogni volta che mi sembrava necessario. Ho premesso una breve contestualizzazione cui segue l"analisi suddivisa nelle aree tematiche delineate e ho infine esposto delle riflessioni personali.
pp. 168, ISBN: 979-12-800-97-00-2, 2021
con contributi di: Angela Balzano, Lorenzo Benadusi, Lorenzo Bernini, Giada Bonu, Roberto Carocci, Francesca Casafina, Federica Castelli, Alessandra Chiricosta, Chiara Corazza, Anna Curcio, Nesma Elsakaan, Silvia Federici, Serena Fiorletta, Valeria Mercandino, Renata Pepicelli, Djamila Ribeiro, Daniela Rossini, Paola Stelliferi Il volume si propone come strumento di orientamento nel panorama, plurale e sempre in movimento, dei femminismi internazionali, in un percorso genealogico che abbraccia gli ultimi due secoli. Il suo intento è quello di disporre quadri di riferimento, aggiornandoli con riflessioni critiche, spunti e dialoghi utili a fornire strumenti concettuali per una lettura sessuata e femminista delle dinamiche contemporanee. Allo stesso tempo, è frutto di un’operazione di tessitura tra pratiche, interpretazioni e posture differenti. Seguendo traiettorie policrome, le autrici e gli autori di queste pagine mettono a fuoco e in relazione i femminismi e le lotte che compongono il nostro presente, in un vivace dialogo multidisciplinare e interdisciplinare. Storia, antropologia, rifles- sione filosofica si intrecciano in un sapere che per sua definizione è radicato nell’esperienza e che “non parla per altre” ma interroga vissuti e contesti, tramite saggi che inquadrano i femminismi coevi e quelli passati anche attraverso i dialoghi con autrici e pensa- trici protagoniste di quelle esperienze. Federica Castelli è assegnista di ricerca in Filosofia politica all’Università degli Studi Roma Tre e coordinatrice del Master in Studi e Politiche di Genere del medesimo ateneo. Si occupa del nesso tra conflitto, spazi urbani e corpi da una prospettiva femminista; tra le sue pubblicazioni Lo spazio pubblico (Ediesse). Roberto Carocci insegna Storia contemporanea all’Università degli Studi Roma Tre, si occupa di storia del lavoro e dei movimenti radicali; tra le sue pubblicazioni Roma sovversiva. Anarchismo e conflittualità sociale dall’età giolittiana al fascismo 1900-1926 (Odradek).
Grovigli
Per tanti mesi la nostra parola d'ordine. Così, durante le prime riunioni insieme alle curatrici della collana che ci avevano passato in consegna il progetto originario, abbiamo cominciato a compilare una lista dei temi più «aggrovigliati». Che dire del velo, delle veline, delle modificazioni genitali e della chirurgia estetica? Della famiglia, del sex work, del postporno? Di Dio, della poligamia, del welfare e della globalizzazione? Le identità sono un bene o un male? E le culture sono solo «quelle degli altri»? Come interagire con la teoria queer e con la ricerca postcoloniale? E che significato assumono ora parole chiave della tradizione femminista come «sesso», «genere», «differenza», «autodeterminazione» e «riproduzione»? In nostro soccorso abbiamo chiamato 44 autrici. Ad ognuna abbiamo proposto una parola o un argomento chiedendo di mettere in risalto «l'aggrovigliamento» del tema che avrebbe trattato. Con la consapevolezza che se la «stanza tutta per sé» oggi forse è diventata una certezza, appena se ne esce fuori per le femministe cominciano i rompicapi.
Femministe
Femministe lo siamo tutte e non solo a parole. Ciascuna con il proprio percorso teorico e politico; ognuna con il suo posizionamento, a volte distante e perfino opposto. Parlare di femminismo al singolare, del resto, è un'impresa insensata, visto che di femminismo, ovviamente, non ce n'è uno solo. Questo libro, però, non voleva essere un'antologia della storia del pensiero e delle pratiche delle donne e dei tanti femminismi che l'hanno attraversata -liberale, radicale, marxista, della differenza sessuale, nero, postcoloniale, della terza ondata, e si potrebbe andare avanti ancora. L'idea era piuttosto quella di coinvolgere donne con esperienze, età, provenienze, competenze e vedute diverse, per invitarle a misurarsi con quelle parole e quegli argomenti su cui, per le femministe, pronunciarsi è diventato sempre più complicato. Abbiamo chiesto loro di discutere quei temi che investono i movimenti e la produzione teorica delle donne, e insieme animano il dibattito politico sulle donne, dando luogo spesso a semplificazioni (e talvolta anche a complicazioni) dannose.
Per questo abbiamo voluto provare a fare un po' di chiarezza, tentando di districare i nostri «grovigli», ma senza eliminare le tensioni e i conflitti che ne sono all'origine. Tensioni e conflitti, del resto, sembrano essere entrati a far parte del DNA del femminismo (Hirsch e Keller, 1990). Come suggerisce Alison Jaggar, il destino (e il pregio) delle femministe sembra proprio quello di aver imparato a «convivere con le contraddizioni»: arrovellarsi, discernere, discutere, comprendere, rivendicare, combattere e poi ricominciare ad arrovellarsi daccapo (Jaggar, 1994).
Vivere nelle contraddizioni può perfino diventare una passione politica o, per riprendere le parole di bell hooks nel sottotitolo al suo Feminism is for everybody, il presupposto necessario per una «politica appassionata» quale la politica delle donne è sempre stata e continua ad essere (hooks, 2000). L'introduzione di hooks -Come closer to feminism -è un messaggio indirizzato a chi di femminismo sa poco e niente e pur senza saperne abbastanza si mostra scettica/o o addirittura ostile. A loro l'autrice dedica un libro e rivolge un invito carico di ottimismo: avvicinatevi e vedrete che il femminismo è per tutte/i (o quasi).
Il nostro libro non manifesta intenzioni così ambiziose, ma chi da neofita si avvicinerà a questo volume potrà rendersi conto che, se forse il femminismo non è necessariamente destinato a chiunque, tra le file delle femministe davvero c'è di tutto. Che, in altre parole, il femminismo è tante cose e tante anime, tutte diverse e non sempre concordi. Le femministe navigate, invece, ritroveranno tra queste pagine la trama del dibattito contemporaneo a cui si è cercato di restituire senso e complessità.
Parole
La formula che abbiamo scelto è quella di un elenco ragionato di parole. Abbiamo deciso, non senza ironia, di chiamarci «femministe a parole» per richiamare l'attenzione su una delle tante locuzioni che tradiscono il valore limitativo -e in alcuni casi spregiativo -dato alle parole, in particolare alle parole delle donne. Basta dare uno sguardo ai modi di dire elencati nel lemma «parola» nell'enciclopedia Treccani: dalle espressioni che contrappongono le parole all'azione concreta (le parole non bastano, occorrono i fatti), a quelle impiegate per definire una persona inconcludente (è buono solo a parole) o per alludere a cose destinate a non realizzarsi mai (queste sono solo belle parole). Ci sono poi espressioni chiaramente denigratorie (delle tue parole non so che farmene) in cui alle «parole» talvolta si sostituiscono le «chiacchiere» (le chiacchiere non fanno farina) e le «ciance» (bando alle ciance). Se un antico proverbio di provenienza incertaprobabilmente riportato da Clemente VII che lo avrebbe appreso nella casa paterna De' Medici -recita: «le parole sono femmine e i fatti sono maschi», nel linguaggio comune «chiacchiere di donne» è un'espressione che si adopera tuttora per definire dei discorsi di nessuna importanza, quelli che solo le donne possono fare, perché si presume ne abbiano il tempo, mentre gli uomini sono impegnati in cose più importanti.
L'ironia sottintesa al titolo del volume, perciò, è un'ironia che rivendica e sottolinea la nostra esigenza, in quanto femministe, di fare i conti con le parole che usiamo e come le usiamo, e con quelle che non usiamo e perché non lo facciamo. La lezione che il femminismo insegna, infatti, è che il linguaggio non è affatto neutro, ma riflette e veicola rapporti di dominazione che le parole, a loro volta, possono contribuire a riprodurre e consolidare. Proprio perché le parole sono imbevute di ideologie sessiste, razziste e classiste, i «soggetti assoggettati» hanno costantemente sentito il bisogno di condurre delle battaglie contro e dentro il linguaggio, rimuovendo alcune parole e inventandone di nuove.
Hooks ci ricorda che «le nostre parole significano, sono azione, resistenza» e che «il linguaggio è anche un luogo di lotta» (1998, pp. 63-64). Virginia Woolf ne Le tre ghinee (1938) si rammaricava del fatto che alle donne mancasse il tempo di coniare parole nuove, sebbene il linguaggio ne avesse veramente bisogno. Anche se gli ultimi anni, per molti versi, hanno inaugurato una nuova stagione di fabbricazione e risignificazione di tante parole (si pensi a queer, a genere, a omonazionalismo, a postporno), le femministe -e non solo lorocontinuano ad adoperare una grande quantità di termini che ancora conservano l'impronta della dominazione, nonostante i tentativi di rovesciarli e sottoporli ad un nuovo impiego.
Di qui nascono infiniti interrogativi che riguardano da vicino la scelta delle parole usate in questo volume e che hanno animato il dibattito fra autrici e curatrici: «razza» si scrive con o senza virgolette? «Nera/o» con la maiuscola o la minuscola? Che cosa significano «Oriente» e «Occidente»? Cosa intendiamo con «differenzialismo»? La M di «Mgf» sta per mutilazioni o modificazioni? Perché si parla impropriamente di «burqa»? «Universale» ormai è un aggettivo connotato e inutilizzabile? La «seconda generazione» esiste al singolare? Cosa distingue il «sex work» dalla «prostituzione»?
Queste sono solo alcune delle tante domande che hanno accompagnato il lavoro collettivo svolto nel corso di undici, intensissimi, mesi. Rimarrà delusa/o chi in questo libro pensa di trovare risposte esaustive. La speranza, piuttosto, è quella di essere riuscite, con le nostre «chiacchiere» e le nostre «prese di parola», a stimolare una riflessione critica sulle esperienze teoriche e pratiche che oggi abitano l'universo femminista.
Roma/Parigi/Bologna 8 marzo 2012
Yeni Arayış, 2024
International Journal of Education, Modern Management, Applied Science & Social Science, 2021
International Journal of Architectural Engineering and Urban Research
Medicina Clínica, 2012
The Journal of Sexual Medicine, 2012
Z. Zeitschrift marxistische Erneuerung, 2024
Neuro-Oncology, 2016