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Il ritratto dopo il Medio Evo

fuerit aliquis pliniano 6 , ripreso negli studi classici fin dall'Umanesimo a riaffiorare ed avere la meglio, nella mia visione forse troppo classicocentrica 7 dell'archeologia.

Ligorio e il ritratto dopo il Medio Evo. Spigolature dal codice Torino 21 delle Antichità Romane di Pirro Ligorio * Patrizia Serafin D iscutendo sulla definizione di “ritratto” riguardo ad un’immagine che nulla aveva di fisionomico, in una moneta medievale, Francesco in tono perentorio e conclusivo mi disse: «se sotto c’è scritto, vuol dire che è lui e, quindi, è un ritratto». Non replicai di fronte a tanta autorità e pensai all’autocritica, ma tant’è: venivo da un Istituto (ben prima della costituzione dei Dipartimenti) di Archeologia Classica, dove avevo sfiorato l’insegnamento di Bianchi Bandinelli all’ultimo anno della sua attività accademica, per poi godere di quello di Laura Breglia e, pur ricordando la distinzione tra ritratto fisionomico e ritratto intenzionale1 e come si potesse ravvisare una sorta di parallelo tra l’artista greco arcaico e l’artista medievale2, seguitavo (e seguito) a pensare al ritratto come alla «riproduzione intenzionale delle fattezze di un determinato individuo per fissarne il reale aspetto fisico e l’espressione fisionomica individuale»3. Certamente, lo studio di tante monete romane con le splendide immagini di tradizione ellenistica e alessandrina degli imperatori giulio-claudi, quelle così fisionomiche dei Flavi o quelle più tipicamente imperatorie-onorarie4, che pur nella meno marcata caratterizzazione, conservavano, tuttavia, sempre i tratti distintivi individuali, prima di arrivare alle schematizzazioni di fine III-IV secolo, mi confermava nell’idea del ritratto come riproduzione intenzionale….5. Era, dunque, per me difficile pensare che si potesse definire ritratto un’immagine priva di qualsiasi riferimento fisionomico riconducibile ad un ben definito, talvolta anche ignoto, individuo. Era il qualis Ligorio e il ritratto dopo il Medio Evo fuerit aliquis pliniano6, ripreso negli studi classici fin dall’Umanesimo a riaffiorare ed avere la meglio, nella mia visione forse troppo classicocentrica7 dell’archeologia. È Paul Zanker, nei suoi tanti saggi, a sintetizzare con chiarezza il processo storico e logico dell’interesse per il ritratto individuale8 e, nello specifico, ad applicare la metodologia del confronto dei ritratti noti con la moneta, a proposito di Cicerone9. Fin dal periodo tardorepubblicano-prima età imperiale, dunque, è palese un interesse per il ritratto fisionomico anche per personaggi che, pur nella loro funzione pubblica, non rivestono certo un ruolo di primo piano. E lo stesso è nella sfera privata, dove, ad esempio, i coperchi di sarcofagi in pietra o terracotta riproducono le sembianze dei defunti o, ancora in antitesi con il mondo medievale, sono individualizzate le fisionomie degli offerenti anche là, dove una produzione in serie con matrici come quella delle terrecotte tenderebbe, piuttosto, a far perdere la fisionomia del singolo a favore del significato della sua azione: nei santuari i volti degli offerenti vengono modificati come possibile, e «le matrici servivano a trarre un modello di argilla sul quale erano segnati i caratteri individuali dei dedicanti»10. Nel mondo medievale, invece, anche nella produzione non seriale, come affreschi e mosaici, l’identità dell’offerente viene trascurata dal punto di vista figurativo perché attestata dal nome11. Così, dopo la bella conferenza e la successiva pubblicazione del saggio di Francesco Gandolfo, prezioso pendant al proliferare di 515 Fig. 1 - Denaro di argento di Carlo Magno. studi sulla monetazione medievale12 che confermano l’individuazione del personaggio, anche non identificabile fisionomicamente, mi detti per vinta, o, meglio, tornai alla numismatica antica, confortata anche dalla considerazione goduta dal ritratto monetale da parte di archeologi e storici13. È anche vero che già dopo Costantino la fisionomia individuale si perde a favore di un profilo la cui identità è individuabile solo dalla legenda, fino ad arrivare al solo tipo epigrafico, come ad esempio, CAROLVS REX (Fig. 1), che mostra chiaramente come anche il solo nome del sovrano possa campeggiare nel dritto di una moneta, là dove nella moneta imperiale romana è un bel ritratto del sovrano; del resto, sappiamo bene che, anche se appaga il nostro gusto, non è la bellezza del tipo a rendere moneta, nel pieno della sua valenza, un tondello di metallo, ma l’assunzione di responsabilità da parte del soggetto emittente14. Ma, quando il Caso mi portò ad occuparmi dei libri dell’Antichità compilati da Pyrrho Ligorio cittadino romano et patritio napolitano delle Medaglie di Cesare … fino a Commodo15, non potei fare a meno di rallegrarmi che, nel desiderio di ricostruzione del mondo antico e con il rinnovato interesse per gli scrittori classici e la storia romana come storia di avvenimenti, vi fosse stata una rinnovata attenzione per l’individuo con le sue fattezze, per conoscere le quali la fonte numismatica non è solo indispensabile, ma di capitale importanza. I ritratti monetali tornavano in auge: già nel margine dei manoscritti trecenteschi si riproducevano le monete relative alla storia trattata16, France516 sco Petrarca il più noto, ma non il primo e solo, sempre andava ricercando i volti degli antichi consoli e riproduceva le immagini degli imperatori a corredo delle Vitae svetoniane e dell’Historia Augusta. Seguirono “repertori”, come la raccolta delle Imagines di Andrea Fulvio, una sorta di schedario di ritratti imperiali tratti da monete (talvolta di fantasia o mal attribuite) ed opere più raffinate come quelle di Enea Vico, abile disegnatore ed esperto conoscitore di monete, “anticario” di corte a Ferrara, di cui Ligorio fu successore. E seguirono ancora tanti altri in un’Europa allora più che mai unita dal desiderio di conoscenza, che induceva ad un collegamento ed una frequentazione storici, letterati, eruditi, collezionisti senza distinzione, per i quali le monete costituivano una fonte di documentazione assai più accessibile perché numericamente di gran lunga superiore ad altri reperti, diffusa con maggiore facilità per le sue dimensioni, ancora non soggetta a vincoli di alcun genere e, infine, più affidabile perché “self evident”. E come dimostra Cunnally17 era per questo il materiale documentario più utilizzato. Ligorio, pur facendo parte di questa comunità, nella quale giocava un ruolo tutt’altro che secondario, non ebbe in prosieguo la notorietà che gli sarebbe convenuta, dato il rilievo della sua opera, la quale, non essendo pubblicata, né resa tanto facilmente disponibile dai proprietari dei voluminosi manoscritti18, finì con l’essere dimenticata e finanche ignorata, né poté comparire negli elenchi degli alacri raccoglitori di bibliografia specifica, quali Dekesel19, che integra i precedenti Lipsius20, Hirsch21 e Brückmann22 che, con non comune acribia, hanno elencato anche le opere più rare, ma “a stampa”. Invece, Ligorio parla assai spesso di monete, non solo nei libri specifici, ma in molti altri luoghi, ove ritenga opportuno fare confronti o portare un valido documento alle sue asserzioni. Ciò che lo differenzia al suo tempo è il non aver tentato di fare un’opera pianamente illuPatrizia Serafin strativa o tentativamente catalogica. Nei suoi voluminosi libri dedicati alle “medaglie”23, infatti, Ligorio, più che illustrare le monete compiutamente e singolarmente, le usa come illustrazione e conferma per una storia di Roma che egli scrive, o meglio, ripercorre, raccogliendo, intrecciando ed interpretando (non sempre correttamente) testimonianze di autori latini e greci, che conosce direttamente o attraverso edizioni e traduzioni di suoi contemporanei. Talvolta, le immagini monetali sono lo spunto per la narrazione storica, oltre che per la spiegazione di vicende umane, episodi, eventi, in cui si lascia andare spesso a considerazioni personali e che riempie ed ingigantisce con ampi excursus, anche di carattere immaginifico, ricorrendo al mito. E poiché la sua storia di Roma è una storia di “capi”24, di singoli, il ritratto è fondamentale per introdurre il personaggio di cui parla, che deve essere bene individuato ed individuabile; per questo le monete offrono un inesauribile repertorio, divenendo, nello stesso tempo, fonte di documentazione e conferma della narrazione. Sono, dunque, l’oggetto del suo primario interesse, così come le epigrafi, le erme, le ville, i vasi, i pesi etc. lo sono degli altri libri. Le monete sono il documento più affidabile in quanto i personaggi sono identificati (salvo errori od omissioni), ben individuabili e i “documenti” da utilizzare, ovvero, gli esemplari da cui trarre il disegno, di facile reperibilità. Tanto più a chi, nella lunga attività in Roma aveva potuto giovarsi di tutta una serie di rapporti con personaggi di diversa estrazione, dai quali riceveva notizie e materiale, che utilizza a piene mani nella redazione dei suoi libri. E una prova generale era stata fatta con i libri scritti proprio in Roma e venduti ai Farnese (ora a Napoli). Il codice ferrarese (ora a Torino), più ampio ed aggiornato, si giovava, oltre che della precedente redazione, anche dell’eredità del Vico, sia nelle opere, edite e manoscritte, sia nelle nuove annessioni alla collezione estense, derivanti dall’acquisiLigorio e il ritratto dopo il Medio Evo zione di piccole collezioni o singoli pezzi25, trovate nel suo nuovo incarico. La grande attenzione del Ligorio nel riprodurre ritratti, particolarmente numerosi, talvolta anche ripetitivi, consiste anche nell’indicare varianti nei tipi (imperatore a testa nuda, laureata, radiata, velata), oltre che nel riportare legende con cambiamenti nella titolatura, le quali, evidentemente, vogliono indicare una diversa cronologia dell’emissione, pur senza riscontro evidente nella resa del ritratto26. Al contrario, talvolta si colgono differenze nella resa dei tratti fisionomici dello stesso personaggio; tali differenze possono essere dovute, oltre che alla ripetizione manuale del disegno che, pur della stessa mano, non può mai essere identico, anche alle monetemodello disponibili: monete prodotte da conii diversi, eseguiti da incisori più o meno abili e in tempi diversi o derivate da conoscenza più o meno diretta dei tratti fisionomici del soggetto, o, piuttosto, esemplari in diverso stato di conservazione, dai quali i lineamenti possono risultare alterati27, o esemplari di maggiori dimensioni, in cui i dettagli sono più evidenti28. Ligorio, dunque, architetto, storico e “anticario”, non certo artista come Michelangelo (che disdegnava il ritratto) cui, pure, fu chiamato a succedere, è interessato alle singole fisionomie perché vuole raffigurare i suoi personaggi sulla base delle monete, li vuole rendere vivi e presenti, secondo la sua storia di individui, in cui fonde ritratto fisico e morale; la sua visione è dominata, tuttavia, dal senso della sorte o della Provvidenza, anche là, dove sembra mettere l’uomo con le sue peculiarità, al centro della storia. Grande parte del l. XXVII è dedicata alle imprese del giovane Ottaviano fino alla più matura esperienza di Augusto, e già all’inizio della sua trattazione, egli osserva ...il quale significato tutto ritorna alla buona et regale sorte di esso Octaviano, perciò che di un figliuolo di un banchiere, mediante la buona dottrina, hebbe tutto il mondo sotto di sé in governo29. Il suo giudizio su Ottaviano, non del tut517 Fig. 2 - Ritratto di Ottaviano. Fig. 3 - Ritratto di Augusto. Fig. 4 - Ritratto di Caio Cesare. Fig. 5 - Ritratto di Lucio Cesare. Fig. 6 - Immagine di Ercole. Fig. 7 - Ritratto di Antonio. to positivo in un primo tempo, forse per il suo sodalizio con Antonio, migliora, poi, grazie alle buone azioni di governo. Ma, nella sua fedeltà ai modelli nella resa grafica, non corrisponde un parallelismo fra racconto ed immagini: mette insieme, infatti, i ritratti di un giovane Ottaviano (Fig. 2) con un più maturo Augusto30 (Fig. 3), senza considerazione per la cronologia monetaria; in seguito, nella sua ansia di ritrovare la fisionomia degli uomini, attribuisce agli amati nipoti Caio (Fig. 4) e Lucio (Fig. 5) quelli che in realtà sono i ritratti, l’uno di un giovanissimo Ottaviano del 43 a. C., l’altro di un Augusto già ben consolidato, anche se ancor giovane31. L’immagine di M. Antonio, al quale rivolge parole di dura critica, è messa a confronto con quella del capostipite della sua famiglia, poiché aveva origine da Hercole, nel suo danaro si vede la effigie del suo edificatore, molto dalla faccia sua differente manifestando, così, tutta la sua attenzione ai due tipi di immagine, quella del dio, dalla tipica iconografia con mascella robusta e tratti marcati (Fig. 6), rispetto al ritratto fisionomico di Antonio32 (Fig. 7), cui affianca la descrizione di un fisico di incredibile gagliardia. Ne delinea, però, un ritratto mora518 le pessimo, dettato non solo dalla propria partigianeria per Ottaviano, pur dopo l’iniziale perplessità, ma soprattutto dal proprio esasperato e particolare senso della moralità, che lo porta ad una severa condanna della palese licenziosità del triumviro nella sua condotta in Egitto, e non solo, e il suo scorretto comportamento verso Ottavia, cittadina romana e donna rettissima. Tuttavia, quando ritrae Cleopatra, anch’ella sul piano morale totalmente riprovevole, non riproduce il rovescio del denario di Antonio di ritorno dall’Armenia nel 32 a. C., nel conio che la ritrae con fattezze decisamente non troppo attraenti33 (Fig. 8), ma utilizza un più benevolo ritratto della regina regum34 (Fig. 9), che ne addolcisce i lineamenti: forse non conosceva il conio che meglio avrebbe espresso la sua riprovazione (Fig. 8), secondo la vieta equazione brutto = cattivo, e che, comunque, avrebbe con più immediatezza ed evidenza espresso il contrasto sottolineato da Plutarco, tra il suo aspetto fisico e l’attrazione e la passione che aveva saputo suscitare in un uomo della levatura di Cesare o del calibro di Antonio. Per documentare il legame con Antonio e l’impudenza con la quale veniva esibito, riproPatrizia Serafin Fig. 8 - Denario con i ritratti di Cleopatra e di Antonio. Fig. 11 - Ritratti di Cesare laureato al D/ e Antonio al R/. Fig. 9 - Ritratto di Cleopatra. Fig. 10 - Ritratti di Antonio e Ottavia. Fig. 12 - Ritratto di Cesare come Pontifex Maximus. Fig. 13 - Ritratto di Giuba il Vecchio. duce il bronzo emesso in Grecia, dove compaiono i busti affrontati dei due coniugi35, scambiando la pessima Cleopatra con la virtuosa Ottavia (Fig. 10). Analogo errore, ma con riferimento al cistoforo con i due busti accollati, commetterà due secoli più tardi, lo spagnolo José Nicolas de Azara36, anch’egli cattolico di stretta osservanza, che sottolineerà il contrasto tra l’aspetto di Cleopatra e il suo successo, con meno livore e più spirito, da uomo di mondo. In ultima analisi, l’avversione di un personaggio come Ligorio, in perenne contrasto tra l’ammirazione per il mondo antico, pagano e la sua adesione ad una fede cattolica sentita in modo quasi ossessivo37, trova il suo miglior campo di espressione proprio nei confronti di Cleopatra, la straniera, causa di tanti mali per Roma. Ancora una volta il ritratto morale prevale nella descrizione sul ritratto della fisionomia, meglio tratteggiato dal disegno. Si deve sottolineare come in questi disegni Ligorio si discosti dal prototipo dell’immagine di Cleopatra suggerita da Andrea Fulvio38, probabilmente condizionato dall’iconografia delle sovrane tolemaiche. Ancora, nella lunga trattazione su Cesare, introduce con un sintetico di persona bellissimo Ligorio e il ritratto dopo il Medio Evo la più articolata descrizione del carattere e temperamento, per narrarne poi le gesta, fino alla circostanza della crudele uccisione, in cui si percepisce una partecipazione emotiva per l’atto proditorio, pur riscattato dal nobile fine della libertà. Il giudizio morale affiora di tratto in tratto, in rapporto alle di lui tante imprese e lascia trasparire il travaglio del narratore, che da un canto, come storico, vuole astenersi dal giudizio, ma partecipa del racconto ed è combattuto tra ammirazione per il forte temperamento del personaggio, condottiero e pagano, e il proprio ideale di libertà e la propria condotta di vita (e la sua radicata educazione, rafforzata dalla frequentazione dell’ambiente di Curia) dettata dalla morale cattolica, che incombe ed affiora un po’ ovunque nella trattazione e non può consentire una totale approvazione. I ritratti di Cesare sono numerosi, fedeli alle emissioni monetali che si offrono ad un facile confronto, dal condottiero laureato (Fig. 11) ritratto nel dritto di un denario con il suo luogotenente M. Antonio al rovescio39, al Pontefice Massimo velato con gli attributi pontificali40 (Fig. 12), sempre puntualmente riconoscibile. 519 Fig. 14 - Ritratto di Juba il Giovane. Fig. 15 - Ritratto della Diva Paula. Somiglianti o meno, ma certo fortemente caratterizzati sono i due ritratti di Juba, il Vecchio (Fig. 13) e il Giovane (Fig. 14), ben diversificati nelle diverse tipologie41, merito dei conii scelti a modello, ma ulteriore, sicuro indice di estrema attenzione ed interesse. La fedeltà al tipo monetale quanto ad iconografia, talvolta non trova piena corrispondenza nell’attribuzione; nella sua volontà di testimoniare tutto con l’immagine o, viceversa, di trovare per tutte le monete una spiegazione, Ligorio forza le identificazioni: disegna un bel ritratto di una Diva Paula (Fig. 15), di cui conosce solo due esemplari in bronzo42, di proprietà di Alessandro Corvino e del signor Tavera; lo attribuisce a Paula, madre di Adriano ed avula di Antonino Pio, che procede alla di lei divinizzazione, nonostante il disaccordo con altri che le attribuiscono un diverso consorte e, pur in assenza di testimonianze43, la inserisce nell’ambito della trattazione del periodo antonino, perchè assimiglia all’effigie delle Faustine d’Antonino Pio. Pur nel fondamentale errore storico e nell’errore metodologico di attribuzione, dovuto con tutta probabilità a difficoltà di lettura di un esemplare in bronzo, forse un po’ consunto (se non di un esemplare ritoccato o addirittura falso), Ligorio dimostra non solo la sua già nota attenzione ai tratti fisionomici, ma anche un approccio critico nel trattare gli esemplari che gli si propongono e nella loro collocazione storica. Nella lunga esperienza e nell’instancabile opera di raccolta di documenti, Ligorio doveva disporre di una gran quantità di appunti, schede44 e schizzi a cui attingere per comporre la sua grande opera. È così (ma, forse, non 520 Fig. 16 - Ritratto di Lucilla. solo) che possono spiegarsi alcune errate e maldestre indicazioni di monete che risultano composte di dritti e rovesci non coerenti45 o ritratti effettivamente fisionomici, ma erratamente attribuiti. Testimoniando anche con ritratti la sua storia, fa buon uso di quella che è stata una singolare, splendida creazione dell’arte romana: i medaglioni, una sorta di quid medium tra la moneta e la futura medaglia46, in cui l’incisore (artista) antico ha raggiunto le massime realizzazioni figurative, anche nelle più composite elaborazioni dei rovesci. Più numerosi sono i medaglioni da Traiano in poi, cui Pirro attinge abbondantemente e con profitto, data la varia e pregevolissima produzione, come i ritratti di Adriano visto di tre quarti, di spalle47 come di Marco Aurelio48 di Antonino Pio, quasi a mezzo busto49 come Marco Aurelio50 o i due busti affrontati51 o accollati con Commodo52, medaglioni che accolgono anche ritratti femminili, ad es. Lucilla53 (Fig. 16) e Faustina54 (Fig. 17), ma è emesso da Marco Aurelio, non da Commodo il bel medaglione55 (Fig. 18), noto allo Gnecchi in soli tre esemplari56. Non mancano i contorniati, utilizzati soprattutto per il periodo tra Nerva e Traiano. Ligorio, dunque, nel mutato clima del maturo Rinascimento, sviluppa e sfrutta a pieno quell’interesse per il singolo che, vivo già prima del Petrarca, era poi stato fatto proprio, e con specifico riferimento alla moneta, da illustri studiosi ed eruditi57, portando a piena maturazione l’attenzione per il ritratto fisionomico, nel solco tracciato da Andrea Fulvio ed Enea Vico. Fa del ritratto un punto nodale della sua trattazione, ma in una piena accezioPatrizia Serafin Fig. 17 - Ritratto di Faustina. Fig. 18 - Ritratto di Commodo. ne del termine, vi aggiunge il ritratto morale perché, volendo fare storia con le medaglie, recepisce l’indispensabile premessa dell’intento catalogico per la conoscenza, da cui passare ad ulteriore elaborazione; così i suoi personaggi prendono vita e quasi corporeità con l’incalzare fitto delle notizie desunte da una straordinaria varietà di autori, che valgono a dar loro una collocazione nel tempo. Ma la loro caratterizzazione morale è dipinta da Ligorio, con le sue capacità e i suoi limiti. Egli vi mette la sua passione, la sua abilità di disegnatore, e recepisce le esigenze del periodo. Se fosse stato conosciuto, forse l’elaborazione critica del periodo successivo sarebbe stata più rapida o, forse, invece, come per le epigrafi, sarebbe stato condannato all’oblio per tanti, tanti anni e tacciato di falsario. L’elaborazione critica da Eckel in poi si è sviluppata con ordine ed è tuttora in corso: forse questo consentirà una pacata valutazione di Ligorio anticario, mettendone in luce gli aspetti positivi, come depositario di un’enorme mole di informazioni, e conferendogli il posto che gli spetta nella storia degli studi numismatici. L’elaborazione critica del periodo successivo, in buona parte si è sviluppata senza conoscerlo. Se lo avessero conosciuto, forse, gli studi numismatici si sarebbero sviluppati più precocemente. La vastità della sua opera, impedendone la pubblicazione, ha fatto mancare una tessera significativa ad un mosaico ricchissimo. Non un grande numismatico, quale forse non voleva essere, ma un ottimo conoscitore di monete e raccoglitore di informazioni (fonti, notizie, documentazione), soprattutto capace di collegare le une alle altre. Non un ritrattista, ma un occhio pronto e una mano felice. Note Cfr. Bianchi Bandinelli, L’erma cit., p. 67. Plinio, Naturalis Historia, XXXV, 10. 7 Come amabilmente aveva sottolineato altro collega ed amico (V. Fiocchi Nicolai), ma vedi Bianchi Bandinelli, L’erma cit., p. 74, per l’accezione di classico. 8 Per tutti, P. Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino 2006, con bibliografia relativa. 9 Id., I ritratti di Marco Tullio Cicerone; visione, autorappresentazione, interpretazione, in Cicerone, prospettiva 2000, Atti del I Symposium Ciceronianum Arpinas, Arpino, 5 maggio 2000, Firenze 2001, pp. 16-58, anche se, riprendendo F. Johansen [Ritratti antichi di Cicerone e Pompeo Magno, “Analecta romana Istituti Danici”, VIII (1977), pp. 39-69] e le sue perplessità sull’attribuzione, non tiene conto delle osservazioni di M. Grant, From imperium to auctoritas. A Historical Study of aes Coinage in the Roman Empire, 49 B.C.-A.D. 14, Cambridge 1946, p. 385, accet- * Le illustrazioni sono tratte dal codice 21 delle Antichità Romane di Pirro Ligorio nell’Archivio di Stato di Torino, ad eccezione della n. 1 (da S. Balbi De Caro, La moneta a Roma e in Italia, II, Monete e Popoli dell’età di mezzo, Cinisello Balsamo 1993, p. 102, n. 56) e la n. 8 (da J. P. C. Kent, M. e A. Hirmer, Roman Coins, London 1973, n. 111). 1 R. Bianchi Bandinelli, L’erma di Temistocle e l’invenzione del ritratto, in Storicità dell’arte classica, Firenze 1950, p. 67. 2 Ibid., p. 68. 3 Ibid., p. 75. 4 R. Bianchi Bandinelli, L. Breglia, L’arte romana nelle monete di età imperiale, Milano 1968, p. 10. Ligorio e il ritratto dopo il Medio Evo 5 6 521 tate e confermate dal più recente RPC (A. Burnett, M. Amandry, P. P. Ripolles, Roman Provincial Coinage, Cambridge 1992, I), n. 2448, che lo identifica come figlio di Cicerone, legato in Siria e proconsole di Asia, agli inizi degli anni venti dell’ultimo secolo della Repubblica. 10 A. Giuliano, Il ritratto romano dalle origini alla prima età augustea e il ritratto di Marcello, in Marcello, Roma 2008, pp. 21-22. 11 F. Gandolfo, Il ritratto di committenza nella Roma medievale, XX Conferenza dell’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte in Roma, Roma 2004. 12 Si veda per tutti L. Travaini, Monete e Storia nell’Italia Medievale, Roma 2007, con ricca bibliografia. 13 Oltre ai bei lavori di P. Zanker e T. Hölscher, si veda da ultimo G. L. Gregori, E. Rosso, Giulia Augusta, figlia di Tito, nipote di Domiziano, in Augustae. Machtbewusste Frauen am römischen Kaiserhof?, Atti del convegno, Zürich, 18-20 settembre 2008, pp. 193-210. 14 L. Breglia, Numismatica antica. Storia e metodologia, Milano 1964. 15 Libri XXVII, XXVIII, XXIX e XXX, cod. 21 dell’Archivio di Stato di Torino, la cui edizione nazionale è in corso di stampa, secondo il programma previsto dal Comitato del Centro di Studio sulla Cultura e l’Immagine di Roma. 16 F. Panvini Rosati, La letteratura numismatica nei secoli XVI-XVIII dalle raccolte della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, Roma 1980, p. IX. 17 J. Cunnally, Of Mauss and (Renaissance) Men. Numismatics, Prestation, and the Genesis of the Visual Literacy, in The Rebirth of Antiquity, a cura di A. M. Stahl, Princeton 2009, p. 27. 18 I Farnese per i codici conservati a Napoli (vedi R. Cantilena, La collezione di monete dei Farnese: per la storia di un “nobilissimo studio di medaglie antiche”, in I Farnese. Arte e Collezionismo, catalogo della mostra a cura di L. Fornari Schianchi e N. Spinosa, Milano 1995, pp. 139151) e i Savoia per quelli di Torino. In particolare, per l’interesse suscitato da questi codici, vedi I. Massabò Ricci, Note sulla conservazione nella capitale sabauda dei manoscritti di Pirro Ligorio e sulla loro alterna fortuna, in Il libro dei disegni di Pirro Ligorio all’Archivio di Stato di Torino, a cura di M. Calvesi e C. Volpi, Roma 1994, pp. 43-58. 19 C. E. Dekesel, A Bibliography of XVI Century Numismatic Books, London 1997. 20 I. G. Lipsius, Bibliotheca numaria sive Catalogus auctorum qui usque finem seculi XVIII de re monetaria aut numis scripserunt de re monetaria aut numis scripserunt, Leipzig 1801. 21 J. C. Hirsch, Bibliotheca Numismatica Exhibens Catalogum Auctorum qui De Re Monetaria Et Nummis Antiquis Quam Recentioribus Scripsere, Collecta Et Indice Rerum Instructa, Norimbergae 1760. 22 F. E. Brückmann, Bibliotheca Numismatica oder Verzeichnis der meisten Schrifften, so von Münzwesen handeln, was hiervon sowohl Historici, Physici, Chymici, Medici, als auch Juristen und Theologi geschrieben, Wolfenbüttel 1729 e supplementi 1732 e 1741. 522 23 Tale termine è usato indifferentemente per ogni tipo di moneta, per i medaglioni, spesso usati da Pirro per la riproduzione dei ritratti e per i contorniati. Tale uso perdura in qualche caso fino al XIX secolo, nonostante le fondamentali opere degli studiosi di Numismatica, quali Eckel, Babelon, Lenormant, Mommsen e Head. E la fondazione dei grandi Gabinetti numismatici, che, non a caso, si usano chiamare ancora Medaglieri. 24 Per l’impero, la storia si snoda attraverso gli individui più rappresentativi, capipopolo, capi militari o sovrani, quelli di cui le fonti ricordano le gesta gloriose o le male azioni. 25 G. Bodon, Enea Vico fra memoria e miraggio della classicità, Roma 1997. 26 Anche nella moneta moderna e contemporanea, rari sono i casi di adeguamento del ritratto dei sovrani con il passare degli anni (si veda ad esempio la moneta britannica), forse anche per consentire l’immediata identificazione dell’autorità. 27 Questo si nota più di frequente nei tipi di R/, dove qualche elemento è riportato, evidentemente perché mal letto, in maniera differente; Ligorio, quindi, deve aver operato un’opera di restituzione. 28 Sul problema della conoscenza diretta del soggetto da ritrarre si è a lungo dibattuto, dato il più ampio interesse acceso dallo studio della ritrattistica, non solo in sede numismatica; per tutti si veda Zanker, Augusto e il potere cit., con ricca bibliografia precedente. In generale, con riferimento alle immagini monetali, si riscontra una maggiore adesione ai tratti fisionomici nelle emissioni di zecca centrale, più vicina all’imperatore, che non in quelle di zecca periferica, in cui si trovano anche ritratti poco o nulla somiglianti, i cui conii possono essere stati incisi localmente, anche se è possibile una produzione centralizzata di conii per la distribuzione nelle province [K. Butcher, M. Ponting, Production of Roman Provincial Silver Coinage for Caesarea in Cappadocia under Vespasian, A.D. 69-79, “Oxford Journal of Archaeology”, XIV (1995), 1, pp. 6377 e I. A. Carradice, M. R. Cowell, The Minting of Roman Imperial Bronze Coins for Circulation in the East: Vespasian to Trajan, “Numismatic Chronicle”, 147 (1987), pp. 26-50]. Nei casi di scarsa somiglianza, probabilmente, faceva fede la legenda nel campo della moneta. È la stessa “certificazione” propria del mondo medievale, anche se i presupposti sono diversi, come diversi lo erano tra il periodo greco arcaico e il medioevo, vedi ancora Bianchi Bandinelli, L’erma cit., p. 68. 29 Cod. 21, f. 43v. 30 Ad esempio: f. 47v. 31 f. 59v. 32 f. 32r. 33 M. H. Crawford, Roman Republican Coinage, Cambridge 1974, n. 543. 34 f. 42r. 35 RPC cit., 1455, f. 38r. 36 J. N. de Azara, Historia de la vida de Marco Tulio Ciceron, traduccion de the History of life of Marcus Tullius Cucero por C. Middleton, Madrid 1790, T4. XII, final. Patrizia Serafin 37 Si veda anche la lunga digressione sulle sirene, ff. 54r-57r, in cui condanna le loro turpi attitudini, tuttavia traspare quasi un compiacimento nella descrizione nell’intento di suscitare anche più profondo lo sdegno. 38 Andrea Fulvio, Illustrium Imagines, Romae MDXVII. 39 f. 11r. 40 f. 5r. 41 f. 40r. 42 f. 264r. 43 Come egli stesso afferma ivi. 44 Consueto metodo di lavoro anche ai giorni nostri. Dolorosa, ma nello stesso tempo, confortante testimonianza del lavoro con schede e dei rapporti di collaborazione tra studiosi è offerta dal caso di un corrispondente olandese, la cui raccolta fu bruciata nell’incendio dell’abitazione; i suoi corrispondenti si attivarono inviando notizie, per consentirgli di ricostituire il suo schedario. Ligorio e il ritratto dopo il Medio Evo 45 Si veda Il codice 21 delle Antichità Romane di Pirro Ligorio nell’Archivio di Stato di Torino, a cura della scrivente, Apparato numismatico, in corso di stampa. 46 J. M. Toynbee, Roman Medallions, New York 1986. 47 ff. 220v e 233v. 48 f. 282v. 49 f. 260v. 50 f. 282r. 51 f. 272r. 52 f. 342r. 53 f. 300v. 54 f. 310v. 55 f. 357v. 56 F. Gnecchi, Medaglioni Romani, Milano 1912, II, p. 65, n. 122. 57 Andrea Fulvio, Enea Vico, Sebastiano Erizzo, Fulvio Orsini, Onofrio Panvinio, Antonio Agustin, Cassiano Dal Pozzo etc. 523