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Xi chiede fiducia (troppa?) per l'economia cinese

commentary Commentary, 25 settembre 2015 XI CHIEDE FIDUCIA (TROPPA?) PER L’ECONOMIA CINESE ALESSIA AMIGHINI E FILIPPO FASULO D i solito gli incontri al vertice segnalano un avvicinamento tra due paesi, ma quello in corso questa settimana negli Stati Uniti tra Xi e Obama avviene invece in un momento di grande criticità tra Cina e Stati Uniti. La Cina infatti è diventata la seconda economia del mondo, ma solo per dimensione, mentre sul fronte delle riforme, dell’introduzione del meccanismo di mercato, e soprattutto della trasparenza, i progressi sono ancora limitati. Il suo peso crescente nell’economia mondiale – in termini di contributo alla crescita e di traino del commercio – e i crescenti legami economici e commerciali con alcune economie avanzate, tra cui gli Stati Uniti, spiega perché l’andamento delle variabili cinesi ha ormai influenza sulle scelte di politica economica e monetaria dei principali paesi del mondo, Stati Uniti inclusi. ©ISPI2015 Che quanto succede in Cina possa avere un grande impatto sul resto del mondo si è capito chiaramente l’estate scorsa, quando il crollo delle borse cinesi ha suscitato timori diffusi di una nuova crisi finanziaria internazionale. Se per fortuna questo scenario è stato scongiurato, l’attenzione resta alta nei confronti delle autorità cinesi alle prese con una difficile transizione. Per questa ragione, uno degli obiettivi primari della visita del Presidente cinese a Seattle, Washington e New York è quello di rassicurare gli investitori americani sulla tenuta dell’economia cinese e sulla bontà del proprio processo di trasformazione. Le riforme avviate nel 2013 e il riconoscimento di una condizione di “nuova normalità” dell’economia cinese indirizzano la Cina verso una maggiore dipendenza dai consumi interni a scapito di investimenti ed esportazioni. Tuttavia, il passaggio da un modello economico all’altro prevede tempi più lunghi di quanto preventivato dalle autorità cinesi durante i quali potranno facilmente verificarsi momenti di grande instabilità come quelli della scorsa estate. Nell’impegno rassicurante di Xi in America rientrano alcuni dei temi portanti della riforma dell’economia cinese: le infrastrutture digitali, la green economy e il ruolo del mercato in Cina. Nella prima tappa del suo viaggio a Seattle, Xi si è fatto accompagnare dai rappresentanti delle più importanti e più innovative aziende digitali cinesi (Alibaba, Baidu, Lenovo e Tencent), anche per pubblicizzare il processo di conversione dell’industria cinese verso prodotti di maggior qualità, ma soprattutto per ricordare che la Cina è sempre, nonostante il rallentamento, il mercato più dinamico del mondo. Non sono però risolti i nodi sulle restrizioni a internet in Cina, che spaventano gli investitori stranieri. Anche l’annuncio di un possibile accordo sullo sviluppo della green economy punta alla sviluppo di settori innovativi in Cina. Alessia Amighini, Università del Piemonte Orientale, ISPI e SDA Bocconi China Lab Filippo Fasulo, ISPI Research Fellow 1 Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. commentary E’ lungo queste linee programmatiche che verrà presentata in ottobre una prima bozza del 13mo piano quinquennale, un documento che determinerà l’indirizzo economico cinese fino al 2020. Se da un lato la riconversione energetica e la promozione di settori ad alta innovazione è ormai consolidata nelle linee programmatiche cinesi, occorre aspettare per capire come si svilupperà il rapporto fra pubblico e privato. La riforma delle imprese di stato, un passo cruciale per la trasformazione economica della Cina perché mette in discussione rendite economiche e politiche, per ora lascia molto a desiderare in quanto alla reale volontà di Pechino di introdurre meccanismi di gestione più trasparenti e vere logiche di mercato. E genera ulteriori perplessità sull’opportunità di accordare alla Cina lo status di economia di mercato, altro tema fortemente controverso e delicato. Infatti, nell’accordo in occasione dell’ingresso nel WTO nel 2001, la clausola che permetteva ai suoi partner commerciali di trattare la Cina come non-market economy scade nel 2016, e la Cina pretende di meritare quello status di diritto il prossimo anno, a prescindere dalle riforme realizzate in tal senso. Anche se tale clausola ha rilevanza soltanto in merito alle azioni anti-dumping (che sono molto più agevoli nel caso vengano sollevate nei confronti di un’economia non di mercato), per la Cina questo riconoscimento è un tema di prestigio internazionale, e per Xi di forza politica interna. Lo status di eco nomia di mercato, infatti, costringerebbe la Cina ad aumentare la trasparenza e quindi accelerare la riforma delle imprese di stato – voluta dal Presidente cinese, ma non condivisa dai settori più conservatori del Partito – per renderle più a norma con le regolamentazioni commerciali internazionali. ©ISPI2015 Che la Cina non sia un’economia di mercato è indubbio. Così come è indubbio che il Renmibi (RMB) non rispetta le condizioni oggettive per essere inserito nel paniere delle valute di riserva del FMI. A Washington, Xi porta tutto il peso e i legami economici della Cina nell’economia mondiale per reclamare maggior considerazione politica e ottenere sconti sui mancati progressi nelle riforme interne, sulla mancata trasparenza nella gestione del mercato finanziario, sulla reticenza nell’apertura del mercato interno alle imprese estere in molti settori importanti (soprattutto i servizi), e sulla discutibile condotta cinese in tema di cyber security. Il viaggio in America è una tappa nella transizione cinese verso un ruolo da grande potenza politica ed economica a livello internazionale, ma è soprattutto un passo cruciale per verificare l’effettiva volontà e capacità di Xi Jinping di traghettare l’economia cinese verso un sistema di mercato meno regolamentato e controllato dallo Stato. 2