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Aiban Wagua, Prese di posizione indigene a 500 dall'invasione,

Aiban Wagua, Prese di posizione indigene a 500 dall'invasione, In “Latinoamerica” , a. XIII, n. 48, ottobre-dicembre 1992, pp. 15-21, nella sezione La "Conquista". Trad. di Giovanna Coni. In copertina: Francobollo della Guyana per il V Centenario del viaggio di Cristoforo Colombo.

W~AOI\ n. 48 La «Conquista»/M. Le6n-Portilla, M. Moresco Fornasier, T. Quaianni, E. Santarelli, C. Vicioso, A. Wagua L. Ballesta/La Comunità europea e l'America latina G. Carotenuto/La Gran Bretagna e Cuba rivoluzionaria R.M. Leio Rego/La riforma agraria in Brasile ha un futuro? C. Vitierl Alcune riflessioni su José M arti Culture indigene/E. Cervone Anno XIII, n. 48 ottobre-dicembre 1992 c.p. 64091 00100 Roma tel. 807.37.42 La « Conquista » 3 15 Comitato di redazione: Bruna Gobbi, Nicoletta Manuzzato, Massimo Micarelli, Mariella Moresco Fornasier, Giorgio Oldrini, Manuel Plana, José Rhi Sausi, Enzo Santarelli, Massimo Squillacciotti, Angelo Trento. Direttore responsabile: Alessandra Riccio 23 31 41 47 La rivista non assume la responsa· bilità delle opinioni espresse negli articoli firmati. 57 In copertina: Francobollo della Guyana per il V Centenario del viaJggio di Cristoforo Colombo 63 Aiban Wagua Prese di posizione indigene a 500 anni dali 'invasione T ullio Quaianni La medicina precolombiana Miguel Le6n-Portilla Testimonianze nahuas sulla conquista spirituale Chiqui Vicioso Il Caribe come autoscoperta Mariella Moresco Fornasier Vale un Peru: la nascita del sogno americano nell'immaginario europeo ]ulio Ballesta La Comunità europea e l'America latina Rubem Murilo Lecw Rego Sulla questione agraria brasiliana: la riforma ha un futuro? 75 Gennaro Carotenuto La Gran Bretagna e Cuba rivoluzionaria 87 Cintio V itier Alcune riflessioni su Sped. abb. post. gr. IV, 70% Autorizz. del trib. di Roma n. 18142 del 6-6-1980 Stampa: ITER Via G. Raffaelli, l -Roma José Marti Culture indigene 99 Chiuso in tipografia il 9-11-1992 Enzo Santarelli Cinquecento anni di conquista. Una revisione storico-critica l O5 Emma Cervone La lotta per la terra, passato e presente. Il caso di Tixan, Ecuador Recensioni e schede Aiban Wagua * Prese di posizione indigene a 500 anni dall'invasione Una delle risoluzioni emanate nell'agosto 1990 dall'Assemblea mondiale di Tromso, si riferisce al «V Centenario e al Programma d'incontro dei due Mondi». In alternativa noi dichiariamo invece il 1992 «Anno mondiale della dignità e dei diritti delle popolazioni indigene ». In tutti i nostri incontri abbiamo optato decisamente per il NO alla celebrazione del V Centenario e tendiamo invece a commemorare la resistenza e l'opposizione delle nostre popolazioni indie e nere e dei settori popolari espropriati. È importante aver presenti tutti gli aspetti del problema e analizzare attentamente le ragioni del NO, affinché la gravità della nostra . denuncia sia pienamente recepita in tutti i suoi aspetti globali e strutturali. «In quell'epoca - raccontano i cuna - i nostri avi hanno visto giungere gli uomini bianchi, dalla pelle bianca come tronchi di alberi scorticati. Questi uomini portavano con sé fuoco, cani feroci, lunghi coltelli. Molte teste dei nostri avi, uomini e donne sono cadute. Gli uomini bianchi come tronchi di alberi scorticati hanno violentato le nostre donne, rubato i nostri raccolti, bruciato le nostre capanne, dicendo che in cambio ci portavano un Dio. Ma i nostri avi si sono difesi come noi continuiamo tuttora a difenderci. Un giorno essi scopriranno che gli uomini bianchi e barbuti attraversavano il fiume sospendendosi a grosse liane. Allora li precedettero e tagliarono in parte le liane, poi si sparpagliarono tra le fratte, armati di frecce e cerbottane e aspettarono i bianchi che, giunti al fiume si sospesero alle liane per attraversarlo. Ma le liane si ruppero e i nostri balzarono su di loro uccidendone parecchi. Questo accadeva negli affluenti del Tuilé'uala e Ukub'nega. Fu proprio in questo fiume che fu catturato uno dei nostri vecchi da uno straniero barbuto che gli affondò un enorme coltello nel ventre » 1• Quegli eventi erano cosi vivamente impressi nel cuore e negli occhi dei nostri padri, da costituire per noi un incitamento a proseguire la lotta e opporsi alla morte. Le nostre comunità indigene latinoamericane sentono in modo vivo e doloroso * Esponente cuna, poeta e studioso della cultura del suo popolo. Dal racconto di Iguasalibler, intonato dal cantastorie Manuel Smith. Comunità di Uk:upseni (Kuna Yala) 27 aprile 1989. 1 15 questa ingiust1z1a storica. I figli del « lago salato », gli stranieri, gli invasori sono arrivati - raccontano gli anziani - da lontano, da altri mari, senza che nessuno li avesse chiamati, senza che avessimo bisogno di loro. Si impossessarono delle nostre terre, hanno occupato i nostri villaggi, e dato che si sono proclamati « nostri padroni » , noi siamo diventati loro schiavi. La storia che raccontano i nostri anziani, i nostri cantastorie, è quella storia viva e attuale, mai conclusa, che impariamo a conoscere fin da bambini. Per questo, di fronte alla storia scritta dal non-indio abbiamo una seria perplessità: le due storie non sono complementari, ma contrapposte, ed è assurdo pretendere di ricomporle, finché il sangue degli indios continua a scorrere. Il contrasto tra le due storie fa emergere la grande, radicale scoperta dei « barbuti », figli del « lago salato », e la « scoperta » è stata radicale. I nostri popoli, fin dal momento in cui gli europei sono giunti alle coste di Abia Yala, hanno saputo chi erano quei « figli dell'acqua salata » che cosa venivano a fare e come lo avrebbero fatto, cosf come i loro nipoti sanno che cosa fanno ora, come ci vedono .. . Nello scontro tra le due civiltà gli invasori passati e presenti, invece, incapaci di comprendere qualsiasi modo di vivere diverso dal loro e di dare valore all'altro in quanto altro, ostinati nel perseguire la loro stessa morte, irrompono nella scena senza scoprire gli indigeni e distruggono le loro culture. E allora, chi scopre chi? L'impatto violento tra due civiltà tanto diverse ci aiuta a comprendere i] tentativo iniziale di radicamento compiuto dalla Chiesa e il suo sforzo successivo di ricorrere all'integrazione. Oggi si sta ripercorrendo la strada dell'inculturazione. Per la Chiesa, e in generale pet le chiese, le popolazioni indie continuano ad essere disconosciute. Alcune tentano di conoscerle, altre non ci si provano neppure. La fedeltà a strutture e dottrine immutabili e rigide impedisce alle chiese di scoprire l'altro, l'indio, con tutta la sua ricchezza e la sua miseria. Perciò non sono state capaci di stabilire un rapporto di reciprocità, né di aprirsi a nuove opzioni organizzative e tanto meno di proporle alle classi dirigenti. Ciononostante è giusto riconoscere i recenti intendimenti di alcuni settori della chiesa cattolica e di alcune chiese storiche che optano per il dialogo e conseguentemente adottano nuovi comportamenti pastorali. Ma si tratta di un processo molto lento, determinato piu dal bisogno di intervenire in favore delle comunità indigene, che da esigenze espresse in prima persona dalle popolazioni stesse, · che in molte regioni vivono e praticano in tutta tranquillità le loro religioni, con orgoglio e serenità. Gli indigeni : che cosa esigono e perché Nella nostra Assemblea mondiale di Tromso, i Mapuches hanno sollecitato una risoluzione che denunciasse l'espropriazione di terre ad Alto Bio Bio, in Cile; i Mojicanos ci hanno raccontato dei soprusi a cui sono sottoposti per la costruzione di un campo da gioco; altri fratelli hanno denunciato, a loro volta, la realizzazione di progetti che comportano conseguenze nefaste, come morti per radiazioni, il massacro degli Yanomani , il rifiuto di definire i territori indigeni e, recentemente, il genocidio degli Tzutujiles in Guatemala. Questi sono i motivi per cui le nostre comunità non possono celebrare il V Centenario : perché viviamo nel dolore e non possiamo onorare il dolore. La Chiesa cattolica insiste sull'importanza dell'evangelizzazione e alcuni vescovi sostengono che questo evento assume « per i credenti un significato particolare: la propagazione della fede, l'annuncio del vangelo .. . Nel 1492 i cristiani spagnoli sono ·venuti alla ricerca di nuovi paesi con cui commerciare e insieme a loro è 16 arrivato anche il Vangelo. Dall'incontro tra la cultura ispanica e quella indigena sono nate una nuova razza e una nuova cultura, quel mondo ispano-americano nel quale viviamo e a cui ci rapportiamo» 2 • Molte di queste posizioni, condivise da una parte non irrilevante della Chiesa latinoamericana, saranno riprese dalla Conferenza del Celam, a Santo Domingo; è perciò importante confrontarle con i punti di vista piu diffusi fra le popolazioni indigene : - Secondo la posizione della Chiesa, si direbbe che due mondi , uno cristiano e uno pagano, si siano incontrati e riconosciuti , dando origine a quella nuova creatura che è il mondo ispano cristiano; visione monocromatica di un'America latina ispano cristiana al di fuori della quale nulla esiste, nulla ha valore. Civiltà indigene, interetnie con i loro peculiari sistemi politici che compongono il variegato mosaico latino-americano, non hanno nulla da dire perché non hanno saputo sottomettersi all'ispanizzazione o alla cristianizzazione. Gli spagnoli giungono e per prima cosa scacciano milioni di proprietari dalle terre invase. Ciò avviene in forza della legge divina? - Ma che cosa ha comportato, che cosa comporta ancora questa ispanizzazione a livello sociale, economico, politico? Se il vangelo è vita e ricchezza di vita, si può pensare che il Cristo la neghi agli indios perché non europei o discendenti da europei? - È da credenti emarginare i fratelli , ignorare la morte dei fratelli? La religione cristiana, la lingua spagnola, «la nuova razza , la nuova cultura » .. . non si fondano forse sullo sterminio di milioni di esseri umani e sul disprezzo delle religioni native che per secoli la Chiesa ha trattato alla stregua di mere superstizioni? Gli spagnoli sono forse giunti in una terra di nessuno? - È una grave colpa storica occultare la scomparsa di milioni di indios, quando si celebra l'avvento del vangelo. La Chiesa deve affrontare questa sfida se pretende credibilità per il messaggio di cui è portatrice. Nell'ambito di questi orientamenti ecclesiali emersi in occasione dei 500 anni di « evangelizzazione », si colloca un documento interessante redatto come base di discussione per la IV Conferenza dei vescovi latinoamericani di Santo Domingo (1992). Anche se non si tratta di un testo definitivo del Celam, vi si possono cogliere significative linee di tendenza di un settore importantissimo della Chiesa latinoamericana: « Non dobbiamo dimenticare che la prima evangelizzazione di cui celebriamo il V Centenario e il suo proseguimento nel periodo compreso tra il XVI e il XVII secolo, "pongono le basi della cultura latinoamericana e del suo reale sostrato cattolico" (DP 412). Il seme di questa evangelizzazione "è stato piantato tanto profondamente da far si che la fede diventasse l'elemento costitutivo della sua identità, confermando quell'unità spirituale che tuttora sussiste, malgrado l'ulteriore frantumazione in diverse nazioni e le lacerazioni a livello economico, politico e sociale (DP 412)" . Questa identità deve essere salvaguardata perché solo a partire da essa può esserci vera crescita ... Ed anche perché è l'identità che la Provvidenza divina ci ha destinato attraverso l'evento storico di cui commemoriamo oggi il cinquecentesimo anniversario, evento di cui Dio si è servito "per condurci al Regno del Figlio del suo amore" (Col. l, 13) » 3 • 2 Mons. ]osé Luis Lacunza, predica tenuta nella cattedrale di Panama, « Panorama Cat6lico », 14 ottobre 1990. 3 Celam, Documento preparatorio «Elementi per una riflessione pastorale in preparazione della IV Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano », n . 0.2 , p . 210, Santo Domingo, 1990. 17 Secondo il testo precedente: - Le grandi civiltà inca , azteche, maya ... non hanno svolto alcun ruolo nella storia e nella formazione dell 'identità latinoamericana. - La fede è stata importata dall 'Europa, perché i milioni di abitanti originari di Abia Yala erano «senza Dio » , non credevano a nulla o, semplicemente, non esistevano. Si comprende cosi il sarcasmo e il disprezzo riservato alle religioni indigene ... - La storia latinoamericana inizia con l'arrivo degli europei e con essi nasce l'identità dell 'America latina. Il « sostrato cattolico » è l'unico elemento idoneo alla definizione dell'identità latinoamericana. - Con ciò ritorniamo alla filosofia e teologia medievali, che giustificavano le guerre come mezzo di evangelizzazione. Vediamo ora, invece, i principi fondamentali sostenuti da noi indigeni: dai nostri incontri a livello continentale emerge una linea di tendenza molto chiara, articola t a nei seguenti p un ti: l. Intendiamo continuare ad essere cunas, tzutujiles, motilones, yanomamis ... vogliamo mantenere rapporti con i fratelli di altre culture e condividere ciò che possediamo a partire da un ·rispetto reciproco maturo e solidale. 2. Le nostre religioni non sono morte. Intendiamo mantenere viva la fede dei nostri avi. Ci opponiamo all'imposizione di concezioni e pratiche religiose a noi estranee, che pretendono di ridurci al livello di bambini incapaci di concepire sistemi autonomamente strutturati e fondati sulle nostre culture. 3. I nostri avi, per secoli hanno vissuto inseriti armonicamente nei rispettivi sistemi socio-politici in intimo affettivo rapporto con la madre terra ed il cosmo. Esigiamo il diritto all'autonomia nella gestione della nostra società. 4. Le repubbliche latinoamericane sono molto recenti rispetto alle nostre tradizionali forme di organizzazione sociale. Le costituzioni nazionali non traggono legittimità e forza dalla nostra esperienza storica e il sottoscriverle non può comportare rinuncia ai nostri tradizionali modi organizzativi. Rivendichiamo perciò il diritto all'autonomia , all'autodeterminazione, al rispetto della nostra storia. 5. Disponiamo di sistemi educativi ampiamente sperimentati e tuttavia si pretende di imporcene altri che ci sono completamente estranei. Esigiamo l'istituzione di sistemi educativi biculturali e bilingui. Non ci libereremo rinnegando il nost!o patrimonio culturale , ma solo accettandolo con legittimo orgoglio. 6. Non è ben chiaro per quale motivo dovremmo difendere uno status quo in cui alcuni uomini ne opprimono altri e si arricchiscono sulla fame e la morte di milioni di esseri umani. Ci opponiamo alla militarizzazione forzata dei nostri figli , al falso patriottismo, a una condizione umana in cui non contiamo come persone, ma solo come manodopera a basso costo e squalificata. 7. La terra in cui viviamo , culla della nostra storia, ci appartiene. Eppure vogliono togliercela per confinarci nei territori peggiori. Non esitano a ucciderei per costruire le loro centrali idroelettriche e i loro laghi artificiali, per sfruttare le nostre miniere ... Siamo costretti a mendicare leggi e provvedimenti per avere il diritto di coltivare le terre che ci sono state rubate. Non possiamo tollerare oltre questo stato di cose! 8. In ogni paese latinoamericano esistono tanti gruppi etnici, con proprie lingue, tradizioni, strutture . socio-politiche, religioni. E tuttavia si affannano a farci credere che abbiamo un 'unica cultura: quella nazionale. E quale sarebbe poi questa pretesa cultura nazionale? Noi vogliamo invece un sistema multi etnico e pluriculturale in tutti i paesi del continente e nel mondo e pretendiamo di non essere assimilati ad una storia, sottomessi a una cultura, che nulla hanno a che vedere con le nostre origini. 18 9. La Chiesa- si dice - è venuta per servirei e non perché noi la serviamo. E allora perché le nostre religioni contano tanto poco, perché non siamo liberi di elaborare nostri autonomi sistemi culturali, né di praticare la religione delle nostre comunità di appartenenza? Sono queste le nostre fondamentali rivendicazioni a livello latinoamericano, e le avanziamo con la piena consapevolezza di aver subito una grave violenza: «oggi sono loro i padroni di questo paese che era nostro e in cui noi, oggi, siamo gli esiliati e i perseguitati, costretti a vagare da un luogo all'altro alla ricerca di terra» 4 • « Gli spagnoli e i preti ci hanno sfruttato e schiavizzato. Non sono venuti a evangelizzare, ma a fondare imprese. Ora si vuole mascherare la verità. I 500 anni di evangelizzazione sono un'autentica mistificazione » 5 • «Siamo sopravvissuti fino ad oggi solo grazie al sangue versato dai nostri avi per difenderci dall'invasore ed anche grazie alle nostre divinità, che sicuramente ci hanno protetto; tutto ciò che ci viene dall'esterno è solo una verniciatura, mai potrà raggiungere il cuore del popolo» 6 • Oggi la Chiesa cattolica, dopo aver parlato per molti anni in nome di coloro che non avevano diritto di parola, dovrebbe finalmente assumere un ruolo nuovo e autenticamente evangelico, tacendo, affinché la parola dell'indio, senza intermediari di sorta, possa essere chiaramente udita. In merito ai 500 anni, noi indigeni abbiamo stilato centinaia di risoluzioni accolte con sospetto tanto dalle gerarchie ecclesiastiche, quanto da molti governi, impegnati a dar lustro alla grande celebrazione del '92. Siamo accusati di estremismo, o quanto meno di essere sobillati da qualche prete esaltato, quasi si mettesse in dubbio la nostra capacità autonoma di interpretare la storia. I principi della conservazione e della rigenerazione, la sintonia col sistema socio-politico, economico e religioso di appartenenza, la rete di relazioni ecologiche e affettive che caratterizzano lo stile di vita delle popolazioni indigene, dovrebbero essere criteri informatori delle attuali società. Infatti, proprio la povertà delle società sottosviluppate, consente loro di sperimentare stili di vita, forme di aggregazione sociale, relazioni ecologiche, degni della massima attenzione, mentre la totale mancanza di accorgimenti nello sfruttamento delle risorse naturali conduce a un'inevitabile catastrofe. Le nostre comunità indigene convivono da millenni con la natura e si considerano parte integrante della grande famiglia cosmica. Questa familiarità con la natura ci ha consentito finora di sopravvivere a pericoli mortali. Infine le nostre società non hanno conosciuto per migliaia di anni la disumanizzante divisione in classi, ma un equilibrio sociale basato sulla solidale condivisione dei beni. Le gerarchie ecclesiastiche in passato hanno ucciso molti credenti ed oggi perseguitano chi dissente da coloro che detengono il potere, li denigrano, li emarginano. Le nostre religioni danno priorità al rapporto con l'uomo piuttosto che al rapporto con la struttura e aiutano a sperimentare la presenza dell'Essere Supremo senza ricorrere ad alcuna imposizione o alla mediazione di determinate persone. Con ciò non intendiamo certo santificare le nostre comunità indigene, in cui esistono difetti e limiti, come in tutte le imprese umane. Le società avanzate, dal canto loro, sono portatrici di alcuni valori che possono supplire alle manchevolezze delle società indigene. Ma questo scambio può avvenire solo a partire da un atteggiamento di effettiva disponibilità. 4 Seminario pastorale di indigeni (aymaras e aymaras cristiani), La Paz (Bolivia), 6 e 7 ottobre 1988. 5 Conclusioni del Seminario «Dialogo fra le religioni», La Paz 24-26 novembre 1988. 6 Seminario «Dialogo fra le religioni», La Paz 24-26 novembre 1988 e Seminario di teologia indigena, México, 17--22 settembre 1990. 19 Le posizioni delle Chiese rispetto ai 500 anni Si possono rilevare diverse posizioni, di cui alcune inconciliabili. - Una delle piu accreditate è quella sostenuta dal corpo pastorale indigeno (preti, pastori, suore e frati indigeni). Questo dipende in gran parte dal prest1g10 che noi indigeni abbiamo saputo conquistare negli ambienti ecclesiastici. In sintesi affermiamo: « la nostra fede cristiana deve portarci a dare la vita, non a toglierla » 7 ; «non c'è mai stata evangelizzazione, ma solo indottrinamento e ritualizzazione » 8 ; « le nostre chiese devono essere realistiche nel celebrare i 500 anni di evangelizzazione » 9 ; « appoggiamo incondizionatamente le risoluzioni assunte a livello latinoamericano dai nostri fratelli indios per il 1992 »; « fino ad oggi le nostre chiese non ci hanno consentito di sperimentare forme autonome di organizzazione religiosa nelle nostre comunità e guardano con sospetto e timore a una simile possibilità » 10 ; « le ragioni contrapposte del mondo cristiano e del mondo indigeno, che si fronteggiano nel nostro intimo, sono causa di una terribile crisi, che le nostre chiese non comprendono, preoccupate piu di garantire la saldezza delle loro strutture che le nostre vite » 11 : - Alcuni settori ecclesiastici esprimono una posizione centrata quasi esclusivamente sui problemi locali e si pongono la domanda: «Cosa fare dopo il 1992? >> Questi settori delle chiese sono vissuti fino ad oggi sui problemi degli indios e dei negri ed ora reclamano lettere pastorali ed appoggi internazionali e propongono seminari e corsi sugli indigeni. Compiono la scelta di utilizzare gli avvenimenti ai loro fini e non riescono a lasciare spazi concreti perché si possa ascoltare direttamente la voce dell'indio e del negro. - All'interno delle chiese si manifesta una terza posizione in cui è evidente l'incapacità di intendere il messaggio degli indios. Questi ci bollano come rossi o come succubi di preti estremisti. Vogliono il silenzio degli indios per poter continuare a parlare al loro posto ed è ormai chiaro che in tal modo riescono a cancellare la nostra voce. - Una quarta posizione mantiene l'indifferenza, preferisce tacere, perché impegnata in problemi piu gravi .. . - Un'ultima posizione è quella dei settori che scelgono di non parlare perché «gli indigeni sono adulti e non hanno bisogno di intermediari». Danno la parola a coloro che sono stati invasi e defraudati dei loro beni. Sostengono che le chiese hanno il dovere cristiano di valutare coraggiosamente il massacro di milioni di persone in nome di una malintesa evangelizzazione, che non basta un atto pubblico di pentimento, visto che la sofferenza continua tuttora. La cultura ispanica e l'evangelizzazione non sono argomenti adatti a una celebrazione festiva, perché in loro nome molto sangue è stato versato, intere civiltà sono state distrutte e grandi religioni annientate ... Le chiese si trovano oggi di fronte a una sfida senza precedenti e quest'ultima è una posizione responsabile, anche se, sfortunatamente, 7 8 Seconda Consulta ecumenica pastorale. Quito (Ecuador) 30 giugno-6 luglio 1986. Conclusioni dell'Incontro pastorale aborigeno. Palmar Sur (Costarica) 2-4 dicembre 1988. Qui si sono incontrati rappresentanti indigeni di diverse confessioni provenienti da 35 etnie. 9 Settimo incontro Indoarnericano, «Popolazioni indie e 500 anni di educazione teologica», Quetzaltenango (Guatemala) , 11-14 dicembre 1990. Partecipavano 45 ecclesiastici indigeni provenienti da 35 comunità e da 15 confessioni religiose . IO Conclusioni dell'Incontro pastorale aborigeno, Palma Sur. 11 Settimo Incontro Indoamericano, Quetzaltenango 11-14 dicembre 1990. Molto simili: Incontro pastorale aborigeno, Palmar Sur, 2-4 dicembre 1989, e la II Consulta ecumenica pastorale, Quito 30 giugno-6 luglio 1986. 20 non maggioritaria. Tuttavia noi apprezziamo vivamente quei settori ecclesiastici che rendono credibile la buona novella. Conclusioni Le nostre società indigene sono sottoposte a una infinità di progetti nefasti, dai brutali genocidi che garantiscono l'impunità degli assassini, fino a forme di sterminio piu sofisticate, come piani di acculturazione e deculturazione forzate, attuati da scuole e sette fondamentaliste, progetti nazionali e transnazionali di « sviluppo ». L'anniversario dei 500 anni della « scoperta ed evangelizzazione dell 'America latina» si colloca in questo contesto. Alcuni pongono l'accento sulla maggioranza « beneficiaria e beneficiata » e quindi presentano come un male minore la morte di milioni di persone . «La morte ha consentito l'affermarsi del cristianesimo e della cultura ispanica e, quindi, l'unificazione linguistica ». Altri preferiscono vedere il massacro di milioni di persone, l'usurpazione dei beni, l'impoverimento culturale dei paesi latinoamericani come una grande colpa che la storia non può assolvere . Anzi, la storia stessa non consente una celebrazione festiva del '92 . Per gli indigeni , poi , la storia non è passata e quindi la celebrazione è assolutamente inopportuna. Questo anniversario, semmai , deve essere il punto di partenza per progetti umanitari a livello mondiale che vadano ben oltre il 1992. Quindi non misure conservazioniste per le comunità indie, ma una ricerca comune di alternative nuove e ardite per la sopravvivenza mondiale. I popoli indigeni hanno il dovere di offrire all 'umanità il loro senso della natura e delle relazioni con il cosmo, il loro sistema sociale equilibrato, la loro medicina .. . Noi indigeni ci sentiamo abbastanza maturi per parlare in prima persona e non accettiamo mediatori in nessun foro internazionale. (Trad. di Giovanna Coni) V CENTENARIO DEL DESCUBRIMIENTO DE AMERICA 0267506 21 Questo numero è illustrato con esemplari e serie di francobolli emessi da diversi paesi in occasione del V Centenario della «scoperta» dell'America. È solo una piccola parte della celebrazione colombiana nella filatelia. Specialmente la Spagna e gli stati caraibici si sono largamente attenuti, nella rappresentazione grafica, all'interpretazione tradizionale e « ufficiale » del viaggio di Cristoforo Colombo . 22