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RIASSUNTO: Saper vedere il cinema - A. Costa

Possiamo definire il cinema come un dispositivo (ha ruoli, spazi e obiettivi definiti) per la narrazione e la rappresentazione. Il cinema è anche fonte ed agente di storia e in base a cò possiamo creare delle suddivisioni: Storia del cinema: ossia la storiografia cinematografia che a sua volta si divide in: Storia delle tecniche del cinema Storia dell’industria del cinema Storia delle forme del cinema Storia dell’arte del cinema Cinema nella storia: ricordiamo ad esempio il ruolo compiuto da esso nella propaganda politica e nella diffusione di modelli cultuali (modello culturale americano) Storia nel cinema: si intende l’inserimento di eventi storici all’interno di film (Il gladiatore) Da sempre il cinema è stato fonte di interesse per l’estetica, in quanto forma d’arte, e per la semiotica, in quanto forma e mezzo di comunicazione. La semiotica ha sempre riservato una particolare attenzione ai linguaggi poetici, quindi estetici, del cinema e per questo possiamo dire che lo studio delle due discipline è molto connesso. I formalisti russi hanno fornito uno dei primi modelli linguistici letterari per lo studio del cinema: il loro obiettivo era quello dii definire l’autonomia dei mezzi e del linguaggio cinematografico e legittimarne l’artisticità dimostrandone la funzione educativa e non meramente riproduttiva. Arnhem elabora una teoria filmica che, per arrivare a ciò, si fonda sulla differenziazione e autonomia del mezzo cinematografico: l’assenza di colore e di profondità, oltre che di voce e di suono sono le caratteristiche differenziati del cinema, in quanto arte. Al lato opposto si trovano le riflessioni estetiche in merito alla riproduttività e meccanica del cinema. Il critico francese Bazin basa la sua riflessione proprio sull’aspetto meccanico, quindi non soggetto a manipolazione, della fotografia. È infatti il maestro della Nouvelle Vague. Per Bazin l’invenzione del cinema è la più importante, sia a livello estetico che sociologico, della modernità: per questo si augura che attorno ad esso si crei un pubblico critico in grado di comprenderne e discuterne gli aspetti linguistici e tecnici. Per Bazin, infatti, esso è un’impronta della realtà: non ne è una rappresentazione, ma una parte integrante. Il testo filmico e la scrittura dell’opera cinematografica, invece, sono stati studiati all’inizio degli anni ’60 in Francia dalla linguistica. Si sono poi sviluppate nuove forme di ricerca come quella rispetto al racconto, alla focalizzazione o nei confronti del rapporto fra cinema e spettatori. Ormai è molto più studiata l’esperienza filmica piuttosto che il testo. Per il filosofo francese Deleuze, invece, non è tanto importante studiare il cinema nei suoi aspetti linguistici quanto nel suo aspetto motorio, nel senso di immagini della realtà che si susseguono su un piano. Il cinema vede la sua origine in quanto fenomeno sociale fra la fine dell’800 e l’inizio del 900 (fino allo scoppio della Prima guerra mondiale), ossia la Belle Époque. Il cinema diventa in questo periodo il simbolo del progresso scientifico e tecnologico dell’umanità, in continuo movimento. Non era ancora sviluppato il concetto di storia in questo periodo, quello che attraeva gli spettatori era proprio la visione di immagini in movimento la cui narrazione veniva colmata da un narratore presente in sala. Consideriamo canonicamente i fratelli Lumiere come i padri del cinema mentre Melies come il padre del montaggio, ossia del cinema di finzione, per operare apparizioni, scomparse, salti temporali ecc. nelle pellicole di Melies non esisteva una vera e propria storia, si seguiva comunque una narrazione ma il pubblico doveva concentrarsi non tanto su di essa quanto sui giochi di montaggio creati dal regista. Contrariamente a ciò che si è soliti pensare, nonostante i film fossero muti il pubblico partecipava attivamente: anzi, diventerà a sua volta muto quando verrà introdotto il sonoro. I colori, invece, furono usati ampiamente fin dagli esordi del cinema; ovviamente si trattava di una procedura lunga e costosa in quanto veniva colorato a mano ogni singolo fotogramma (con il passare del tempo questo procedimento verrà migliorato ed industrializzato). Inizialmente venivano riprese per lo più scene naturali ma negli anni 10 iniziano a nascere i primi generi cinematografici – grazie all’influenza dei generi letterari – come il dramma, la commedia, il thriller, il noir ecc. Il cinema muto prede però il suo avvio verso il successo negli USA, ad Hollywood, a partire dal 1914: rimarrà incontrastato, specialmente nella sua forma comica (Charlie Chaplin), fino al 1918. Burch per primo studia il linguaggio cinematografico nei termini della sua rappresentazione, identificando due modi. I modi di rappresentazione primitivi, ossia legati a quando il cinema era semplicemente un’attività di svago come altre (fissità e frontalità del quadro, mancanza di una narrazione, presenza della voce di uno speaker o di musica come accompagnamento), e i modi di rappresentazione istituzionale che, invece fanno riferimento a quando il cinema è diventato un mezzo di espressione al pari del teatro e della letteratura. La novità di questo nuovi modelli di rappresentazione sta appunto nella realizzazione di una narrazione, che nel cinema muto veniva espressa attraverso l’utilizzo di didascalie: questo tipo di cinema avrà particolare successo ad Hollywood e, per questo, prenderà il nome di stile classico hollywoodiano e andrà ad influenzare tutta la produzione cinematografica mondiale. Tra la fine della Prima guerra mondiale e la caduta della borsa di Wall street (1929) il cinema vede un grande sviluppo ed anche l’introduzione del sonoro – che però vedrà il suo successo solo nel decennio successivo. Hollywood, in particolare, ascende come nuova potenza cinematografica grazie agli ingenti investimenti e di una politica di controllo verticale, da parte di singole società, di produzione, distribuzione ed esercizio. Fra il 1928 e il 1948 il mercato cinematografico statunitense è dominato dalla major companies (Paramount, RKO, Metro Goldwyn Mayer, Warner Bros, 20th Century fox, Universal e Columbia che erano produttrici e distributrici ma non controllavano le sale). Inoltre, il cinema hollywoodiano si basava du due fattori importantissimi: lo studio system e lo star system. Nel primo caso, ogni azione era volta alla massimizzazione dei profitti (proprio per questo il cinema si afferma come bene di consumo prima che come forma d’arte) e, per questo, ogni componente della macchina cinematografica (attori, registi, sceneggiatori) erano completamente diretti e subordinati alla volontà della produzione. Lo star system invece si avvaleva del divismo, come strumento di promozione del prodotto poiché incarnava i desideri ed i sogni del pubblico, e del sistema dei generi, come strumento di differenziazione del prodotto ed indirizzano immediatamente lo spettatore, che sa cosa aspettarsi dal film indipendente da chi sia il regista (commedia sentimentale, melodramma, slapstick comedy, tragedia epica, western, gangster story). La slapstick comedy, in particolare, ebbe un incredibile successo poiché si trattava di un cinema di regia: per creare la gag perfetta bisognava realizzare un’esecuzione perfetta (capovolgimento di senso; slow burn: una situazione semplice si deteriora irrimediabilmente; l’ambiguità dei rapporti interpersonali e dei gesti); inoltre poneva l’attenzione nei riguardi della condizione tragicomica dell’uomo contemporaneo, soprattutto all’interno del contesto urbano – nel quale vengono ambientati anche i genieri gangster, sentimentale e drammatico. In poche parole, Hollywood si era impegnata nella realizzazione di un cinema internazionale grazie a cospicui investimenti e alla standardizzazione di generi, personaggi e linguaggi. Nonostante i gravi danni provocati dalla guerra, in Europa fiorisce un cinema fatto di grande ricerca e sperimentazione, in particolare grazie alla collaborazione con le avanguardie artistiche e letterarie. Quindi, contrariamente al cinema americano, si sottolineano le differenze nazionali piuttosto che l’omogeneità dell’offerta. Prima avanguardia o avanguardia narrativa: voleva conciliare i linguaggi dell’arte con la necessità di una narrazione (Epstein, Dulac) Seconda avanguardia: il cinema prede le sue forme dall’arte Dada, Espressionista, Astrattista e Surrealista e per questo diventa fortemente anti-narrativo Cinema futurista: tema del movimento, della tecnologia, della velocità (ripresa di un paesaggio visto dal finestrino di un’automobile): prende avvio dalle serate di teatro e poesia futuriste. È il più antico fra le avanguardie europee Cinema surrealista: cinema e sogno, cinema e inconscio che si traduce nell’accostamento immagini disparate all’interno di un unico film (proprio come faremmo nel nostro inconscio) Cinema espressionista: visione deformata di ambienti e contesti, protagonisti patologici (Il gabinetto del dottor Caligari); influenzato molto dall’espressionismo pittorico, teatrale e letterario. È caratterizzato da ambientazioni e spazi ben delimitati, oggetti dal forte valore simbolico, movimenti di macchina volti ad accentuare l’effetto drammatico, limitazione o eliminazione delle didascalie. Ha in parte influenzato anche il cinema hollywoodiano Cinema delle avanguardie russe: incarnava i concetti di libertà, innovazione e sviluppo. L’intento era quello di creare una nuova arte per un nuovo mondo, quello socialista. Caratterizzato da forme geometriche e un nuovo uso del montaggio Effetto Kulesov: dimostra la potenza del montaggio narrativo accostando lo stesso fotogramma del volto di un attore a differenti soggetti (una bambina, un piatto di minestra e un cadavere): il pubblico attribuiva un significato differente in base all’espressione dell’uomo basandosi su ciò che aveva visto prima. Ejzenstejn e Montaggio delle attrazioni: per evitare che lo spettatore resti passivo nei confronti del film, il montaggio viene scomposto e assemblato in maniera tale che il pubblico debba compiere uno sforzo intellettuale per comprenderne il significato. Il cinema russo è caratterizzato dalla compresenza di due aspetti: lo studio del linguaggio cinematografico e le volontà rivoluzionarie attraverso l’arte per creare una nuova società (non ebbe grande successo, il pubblico sovietico rimase molto legato ai divi hollywoodiani; anche a livello burocratico si preferivano film più semplici ma con maggiore impatto propagandistico) Cinema muto italiano: il cinema italiano impiegò diverso tempo a svilupparsi, cercando per i primi tempi di riproporre i modelli americani. uno degli aspetti caratterizzati del cinema muto italiano è il policentrismo produttivo: più città si prodigavano, ognuna con il proprio apporto, nella realizzazione di film ed in particolare Torino, alla quale si deve il successo delle tragedie storiche. Nonostante alcuni elementi interessanti, come la nascita del divismo femminile e gi elementi letterari (D’Annunzio e Verga), si tratta di un cinema conservatore e nazionalista Terza avanguardia: ricerca un collegamento con i movimenti politici di massa e subisce l’avvento del sonoro, che ridurrà notevolmente le più ardite sperimentazioni visive Nel 1929 abbiamo l’introduzione del sonoro. Molti attori non si adattarono alla tecnica (Chaplin) ma dobbiamo ricordare che il cinema è prima di tutto un’industria che deve produrre fatturato e mantenersi nel tempo a dispetto della concorrenza (in questo caso della radio). Questo permette un maggiore realismo ai generi quali il dramma e il melodramma e ad altri generi, per nulla realistici, di affermarsi. Si affermano anche il musical, i film di fantascienza ed i cartoni animati. Tra il 1932 e il 1946 la storia del cinema è la storia di Hollywood (in Europa le uniche correnti rilevanti erano la scuola documentaristica inglese e il realismo poetico in Francia). È in questo momento che nasce il mito del cinema americano e si affermano grandissimi registi come Hitchcock. Il sistema cinematografico americano è vincente fino al 1948, quando viene stroncato dalle norme antitrust. Il cinema incomincia ad entrare in crisi anche dopo l’avvento della televisione. Nonostante ciò, la divisone in generi permette al cinema americano di mantenere ancora il primato assoluto sul mercato internazionale; i generi hanno delle caratteristiche in comune, ossia degli elementi costanti: L’eroe del melodramma insegue un amore impossibile, quello della commedia riesce sempre a far si che questo si realizzi Il sistema dei generi, inoltre, è soggetto e prodotto seguendo un preciso contesto politico, sociale ed economico. In questo senso possiamo dire che rappresentano i caratteri originari di una cultura e di una nazione I Western rispecchiano il modello di sviluppo espansionistico e colonialistico degli Stati Uniti I film di guerra sono prodotto della cultura nazionalistica e di tipo imperialista, cause di un armento nevrotico e di una politica di invasione spacciata per difesa della libertà e della democrazia I generi principiali della cinematografia classica americana sono: Romanzo melodramma Racconti per famiglie Avventure Commedie Musical Campioni Polizieschi Western ambientato nella prateria; tema del conflitto fra legge e corruzione, fra malfattori e vittime; tema dell’avventura e del passaggio (l’eroe non si sa da dove provenga e, alla fine del film, è diretto verso l’ignoto) Film di guerra Noir ambientato nello spazio urbano; tema del conflitto fra legge e corruzione, fra malfattori e vittime; sotto questa etichetta possiamo comprendere anche i gangster film, i polizieschi, le detective story e i thriller; al centro della narrazione vi sono sempre eventi criminosi (che accentuano il senso di incertezza e la suspence, mistero ed avventura); ha molto successo negli anni ’40, nonostante le frequenti censure Fantascienza In Italia, alla fine della Seconda guerra mondiale, ottiene moltissimo successo – sia nazionale che internazionale, una nuova corrente cinematografica: il neorealismo. È il cinema girato per le strade e con gli attori della strada: Rossellini diceva “La realtà è lì, perché manipolarla?”. Proprio lui è considerato il capostipite di questa tendenza (“Roma città aperta” del 1945 è il film che lo ha consacrato come regista di fama mondiale). Ricordiamo anche “Ladri di biciclette” di De Sica, altro film simbolo del neorealismo italiano. Questi film contribuiscono alla diffusione dell’immagine realistica dell’Italia del dopoguerra: un paese arretrato, lacerato dagli anni del fascismo e dell’occupazione tedesca. Questa nuova scuola italiana divenne da subito un punto di riferimento per tutti i registi e i cinefili – proprio come lo era stata la scuola sovietica negli anni ’20 o il realismo poetico francese fra le due guerre. Il Neorealismo ha, fra l’altro, non pochi elementi di continuità con il cinema del regime fascista come il richiamo alla realtà quotidiana, l’attenzione sui tratti regionalistici e paesani della vita italiana; questo non fu una corrente omogenea ma certamente capace di cogliere i mutamenti sociali e culturali – prima ancora che politici – di un paese uscito sconfitto dal conflitto mondiale: uno dei punti di forza di questo genere fu proprio al capacità di assimilare ed adattare alla realtà italiana dei modelli cinematografici e letterari diversificati, in un clima di frenetico aggiornamento vissuto come reazione alla chiusura culturale della dittatura. Bazin è stato un grande estimatore del cinema neorealista che, sicuramente, ha influenzato la nascita della Nouvelle Vague. Tuttavia, dire che il neorealismo rappresenta tutto il cinema italiano del secondo dopoguerra è limitativo: lo sviluppo e la sopravvivenza del cinema italiano è, infatti, legato indissolubilmente alla presenza del cinema di genere e di consumo. Molte delle speranze della fioritura del neorealismo andarono presto deluse: il clima di restaurazione politica promosso dal partito conservatore della DC (Democrazia Cristiana) non ha di certo favorito il cinema di opposizione. L’ età del cinema moderno, rispetto a quelle precedenti, è più difficile da definire. Non ci sono innovazioni tecnologiche rivoluzionarie pari a quella del sonoro (si diffonde la pellicola pancromatica, vengono migliorati i sistemi di illuminazione e si inizia ad utilizzare l’obiettivo a focale corta, vengono create cineprese più leggere) ma si diffonde un’ideologia progressista, espressione di una nuova soggettività individuale e/o collettiva e di nuovi linguaggi espressivi che siano in grado di rappresentare e le trasformazioni morali, sociali e politiche di un epoche di rapidi mutamenti. La ricerca del nuovo ed il rifiuto della tradizione sono le caratteristiche principali di questa epoca: viene abbandonato l’intreccio romanzesco tradizionale e la costruzione del personaggio a tutto tondo; la preoccupazione principale diventa quella di evidenziare un messaggio ideologico attraverso metafore e allegorie (non deve essere diretto ed esplicito, è compito dello spettatore intuirlo). In generale potremmo dire che il cinema moderno va dalla fine degli anni ’50 fino alla metà degli anni ’70, a livello nazionale possiamo dividerlo in diverse categorie: Francia Nouvelle Vague: si intende un nuovo modo di fare film e di porsi nei confronti del cinema. Tra i protagonisti di questa corrente cinematografica ricordiamo Truffaut e Godard. L’interesse della Nouvelle Vague era rompere gli stilemi del cinema tradizionale proponendo, invece, una cinematografia spontanea e bassi costo, che potesse fare a meno gli studios e dell’artificiosa accuratezza formale del realismo poetico. La caratteristica portante di questo movimento sta nella politica degli autori, ossia la messa in valore del regista intenso come autore dell’opera filmica: i registi diventano dei veri e propri casi di studio (anche quelli americani, come ad esempio Hitchcock). Il senso era quello di valorizzare il film in quanto opera di regia e non tanto per le sue intenzioni politiche e sociali: si concentrava, quinid, sui valori tecnico-formali della regia (potremmo definirlo formalista per questo). il contributo fondamentale di Bazin sta nell’aver elaborato una teoria del linguaggio cinematografico non tanto basata sul montaggio quanto sugli elementi che accentuano l’espressione di realtà dell’immagine filmica (suono, la pellicola pancromatica, gli obiettivi capaci di rendere la profondità del campo ecc.). Il montaggio tradizionale, infatti, risultava artificioso e eccessivamente manipolatorio: secondo Bazin il cinema doveva restituire la dimensione visiva di un evento senza ricorrere alla manipolazione, solo in questo modo era possibile cogliere l’essenza della realtà. Per questo motivo il regista doveva rispettare la continuità e la durata reale dell’evento drammatico, senza interruzioni e tagli di montaggi: si trattava della ripresa in piano sequenza. Questa permetteva allo spettatore una lettura più autonoma e personale. La Nouvelle Vague rappresentò, quinid, una nuova generazione di cineasti pronti a mettere sullo schermo le proprie inquietudini: Godard in film come “Fino all’ultimo respiro” crea ritratti di ribelli e in “La donna è donna” tratta i temi della complessità della vita di coppia, la prostituzione e la vita femminile. Il suo cinema è caratterizzato dalla destrutturazione della continuità narrativa attraverso l’uso di improvvisazione, tecniche di montaggio che non rispettano le regole classiche e che non garantiscono racconti fluidi, l’uso del missaggio ovvero la combinazione di colonna sonora e dialoghi. Truffaut, invece, usa come temi ricorrenti le inquietudini dell’adolescenza, la difficoltà della vita e di amare e comunicare con gli altri; spesso i suoi film ripropongono il dissidio fra arte e vita, come in “Effetto notte” U.S.A. New American Cinema Group: negli anni ’60 nascono nuovi movimenti di avanguardia cinematografica. L’idea è quella di un cinema personale, senza condizionamenti. Non si ambisce, quindi, la mercato internazionale ma ci si concentra su un mercato di nicchia, non affezionato ad Hollywood e, perciò, pronto a cogliere tutto ciò che era stato ignorato in precedenza – per motivi di mercato, di censua o di ideologia. Nasce un cinema underground a artistico (film di Warhol). In questo periodo si sviluppa anche il cinema documentario: immagini e suoni vengono ripresi insieme, sono utilizzati apparecchi maneggevoli a attori non professionisti. I cineasti, in questo caso, non fingono di riprendere un evento senza essere visti e altrettanto fanno i protagonisti: gli eventi vengono appositamente realizzanti per essere ripresi. Questa idea nasce proprio dal fatto che goi documentario classico è un film recitato (“Nanuk l’eschimese” di Flaherty ne è un esempio) Est Europa Cinema del disgelo: un’ondata di rinnovamento interessa anche i paesi sovietici, dove il cinema più che restrizioni di mercato subiva la censura della politica. Dopo la morte di Salin, negli anni ’50, si incomincia a parlare di cinema del disgelo. Questo si interessa a rinnovare tematiche e linguaggi, distaccandosi completamente dal cinema celebrativo e propagandistico. Si affermano nuovi autori, seguiti con interesse anche in Occidente dalla Nouvelle Vague: Tarkovskij concentra il suo lavoro nello studio del rapporto fra cinema e arti, fra cultura russa e occidente, visione mistico-religiosa e laica. Dobbiamo specificare, però, che molti autori del disgelo emigrarono poi in Occidente, abbandonando quasi sempre le caratteristiche originali della loro ricerca Italia Commedia all’italiana: autori come Fellini, che esordiscono come neorealisti, iniziano ad approfondire tematiche legate alla soggettività dei personaggi (“La dolce vita”). nasce la commedia all’italiana, che ha seguito e rappresentato il passaggio dal dopoguerra al miracolo economico sempre attraverso la presa diretta della realtà. Nei primi anni ’60 la commedia ci offre un quadro disincantato della vita degli italiani nel periodo della crescita economica. In questo periodo esordisce anche Pier Paolo Pasolini, l’unico in grado di unire riflessione teorica e produzione creativa attraverso la sua proposta di Cinema di poesia Germania Nuovo cinema tedesco: nasce negli anni ’60 ma esplode nella decade successiva. Si tratta di un cinema che, a differenza di quello di altri paesi, vive in un regime protezionistico basato su finanziamenti statali e sugli enti televisivi. Il nuovo cinema tedesco si fonda sulla politica degli autori e comprende varie aree di espressione: cinema femminile, film-saggio, cinema regionalistico, adattamenti di opere letterarie contemporanee e classiche (questo ebbe grande successo). In generale, il nuovo cinema tedesco privilegia le finalità di divulgazione cultuale A partire dalla seconda metà degli anni ’70 si diffonde la tematica della “morte del cinema”. Il cinema entra in una crisi strutturale che determina una drastica diminuzione nella produzione di film, vengono chiuse molte sale e, in generale, il consumo individuale di film attraverso la televisione e videocassette (e poi dvd, infine in rete) aumenta in modo vertiginoso. Cassetti, per definire i caratteri di questa crisi, parla di “deistituzionalizzazione”. Questa comprende tre aspetti: Il prodotto inizia ad essere articolato su più livelli (film di serie A, B…) La produzione viene disgregata Sviluppo di una produzione frantumata: specializzata e disattenta (tv) In questo stesso periodo assistiamo ad un altro fenomeno: la rinascita di Hollywood. Gli U.S.A. ritornano a farla da padrone nell’industria, in seguito alla crisi di produzione (smantellamento del sistema verticale delle majors con le leggi antitrust) e alla concorrenza spietata della televisione (diminuzione di film prodotti in seguito alla diminuzione del pubblico) oltre che, non meno importante, la crisi politico – culturale che aveva reso sempre più grande il divario fra i valori tradizionali ed esaltati dal cinema classico americano e la mutata sensibilità del pubblico giovanile (contestazioni studentesche alla guerra imperialista nel sud-est asiatico). Il cinema americano per sopravvivere aveva dovuto cambiare non solo le sue strutture produttive ma anche i contenuti ed i mezzi espressivi. Si parla, infatti, di una vera e propria rivoluzione estetica della nuova Hollywood. Queste sono le caratteristiche: Aumento delle produzioni indipendenti, che permette una maggiore caratterizzazione dei film (si tratta di un sistema di integrazione fra produzione e strutture distributive controllate dalle majors, non hanno nulla a che vedere con il cinema underground) Ricerca del pubblico giovanile Messa in discussione dei valori etici e sociali promulgati dal cinema classico Ricerca degli spazi quotidiani e fine dell’epoca degli studios Abbandono dello star system Commistione dei generi e integrazione delle tecnologie: si impongono i mega-generi come il film catastrofico (film di avventura + kolossal biblico- mitologico) e quello di fantascienza (western + avventura + cartoni animati); per integrazione tecnologica si intende il ruolo assunto dagli effetti speciali nella creazione di nuovi generi È il momento dei film Blockbuster, ossia campioni di incassi: “Lo squalo” e “Incontri ravvicinati del terzo tipo” di Spielberg, “Il padrino” di Coppola o “Guerre stellari” di Lucas. Anche l e majors cambiano la propria politica, ristrutturandosi così: Riduzione del volume di produzione (da 306 film all’anno a 201) Controllo di tutta la catena di produzione e distribuzione (dalla scelta del soggetto alla pubblicità) Presenza affermata nel settore televisivo e negli altri media Efficiente rete di produzione e distribuzione all’estero Nonostante venga attribuita maggiore importanza al lavoro del regista, il controllo è ancora nella mano della produzione (quindi il primato è sulla narrazione e non sul regista). Non possiamo dire che Hollywood abbia ma del tutto abbandonato il suo stile classico. in questo periodo, per confrontare la competizione televisiva, Hollywood inizia anche a produrre film a basso costo destinati solo ed esclusivamente alla distribuzione su questo mezzo; nascono anche forme di ibridazione fra modello televisivo e cinematografico come i reality show e le serie tv. Anche in Italia, il cinema si trova inzialmente a dover convivere con la televisione per poi adattarsi a un regime di integrazione con la tecnologia elettronica con conseguenti ricadute sui modi di produzione, di rappresnetazione e sulle forme di consumo. La memoria cinematografica viene messa a disposizone del pubblico vastissimo con la messa in onda in tv o la vendita di videocassette. Bisogna sottolineare che solo uno spettatore con una discreta cultura cinematografica poteva trarre profitto e/o orientarsi in questa enorme offerta. Fondamentale anche il ruolo della RAI, ente televisivo nazionale che ha partecipato alla produzione di film che i produttori privati non avevano più interesse nel realizzare e ha, anche, realizzato produzioni internazionali. TECNICHE E LINGUAGGIO IL REGISTA Deve avere un grande bagaglio culturale e capacità direzionali. I suoi doveri nei confronti del produttore sono: concludere il film nel tempo previsto, rispettare il preventivo mantenendo lo standard qualitativo del prodotto (principio dell’economia dei mezzi). Un regista deve tenere sotto controllo ogni minimo dettaglio delle scene in cui si svolge l’azione e deve dirigere la recitazione degli attori in modo da ottenere la migliore resa possibile; deve inoltre coordinare e controllare tutte le fasi della ripresa e dell’edizione, sovrintendendo al lavoro di tutto il team. LA SCENEGGIATURA Il punto di partenza di un film è lo Story Concept, ossia la definizione di circostanze, personaggi, azione. Il primo compito della sceneggiatura sta nella definizione di un buon soggetto, che possa convincere il produttore. La fase iniziale, quindi, è ideativa e seduttiva. Successivamente si procede con la stesura vera e propria della sceneggiatura divisa in tre atti (situazione di partenza, il protagonista ed i suoi obiettivi; superamento dei conflitti che si oppongono al raggiungimento dello scopo e conseguente evoluzione del personaggio e del tono del film; risoluzione del conflitto con il raggiungimento o meno dello scopo). Ogni atto può essere caratterizzato da turning point, cioè punti di svolta; nella scrittura delle scene vanno inseriti dettagli in merito all’ambiente, ai personaggi e ai dialoghi (particolarmente importante per gli attori che poi li dovranno recitare). La sceneggiatura deve avere anche una funzione pratica: permettere al direttore d produzione di stabilire il piano di lavoro; tutte queste indicazioni compaiono nel decoupage tecnico. Hitchcock definiva un découpage tecnico quasi maniacale, al contrario i registi della Nouvelle Vague attribuivano valore all’improvvisazione e quindi costruivano il découpage giorno per giorno. In alcune produzioni il decoupage tecnico può essere integrato da uno storyboard, uno schizzo delle inquadrature si tratta di un procedimento particolarmente importante per i film che fanno ampio uso di effetti speciali o particolari tecniche di ripresa. LE INQUADRATURE L’inquadratura è una porzione di pellicola impressionata tra due stacchi. Un’inquadratura può essere fissa, cioè, realizzata con la cinepresa immobile, oppure in movimento. Quando una scena è ripresa attraverso una lunga inquadratura senza stacchi si parla di piano-sequenza (per Bazin è lo strumento perfetto per il realismo, siccome permette di evitare la frammentazione del reale). Il campo di ripresa definisce la porzione di spazio inquadrato mentre il piano di ripresa è la distanza da cui viene inquadrata la figura umana. Principali tipi di campi e piani: Campo totale: scene inquadrata nella sua totalità, utile per rendere riconoscibile lo spazio in cui è ambientata la storia Campo medio: inquadratura che mette in risalto la figura umana, senza isolarla dall’ambiente Piano americano: figura umana ripresa dalle ginocchia in su Primo piano: figura umana ripresa da metà busto in su Primissimo piano: inquadratura sul volto Dettaglio o particolare: riferito a oggetti o a una solta parte del volto/corpo La scena è definita anche da altre caratteristiche legate alle modalità tecniche di ripresa: Angolo di ripresa: definisce l’angolatura da cui il soggetto viene ripreso. L’angolatura dal basso verso l’alto ingigantisce ed enfatizza il personaggio; quella dall’alto verso il basso può diventare un rappresentare debolezza, oppressione. MOVIMENTI DI MACCHINA Panoramica: movimento rotatorio della macchina da presa attorno a uno dei suoi assi Carrellata: la macchina da presa è collegata a un supporto mobile e si muove in avanti, indietro, a destra e a sinistra, anche in obliquo. Di solito si tratta di un carrello che scorre su binari ma può anche essere usato un veicolo; può essere simulata con lo zoom, con il quale si ottengono effetti di allontanamento/avvicinamento Gru/ Dolly/ Louma: la cinepresa ed i tecnici si trovano su una piattaforma spostabile tramite gru o un dispositivo più agile (dolly); più recentemente viene usato il louma, permette di muovere la cinepresa sistemata sull’estremità di un braccio mobile Macchina mano: i movimenti sono ottenuti dall’operatore che manovra la cinepresa senza l’aiuto di strumentazione Steadycam: la macchina da presa è collocata su un braccio meccanico assicurato al corpo dell’operatore con un’imbragatura GLI EFFETTI SPECIALI: Brosnan separa gli effetti speciali (effetti propriamente fisici e meccanici) dagli effetti fotografici speciali. Oggi sotto il termine Special Digital Effects si comprende tutto ciò che può essere realizzato al computer. Metz classifica i trucchi in profilmici e cinematografici: con i primi si intende “tutto ciò che viene messo davanti alla cinepresa perché questa lo riprenda” ( la sostituzione dell’attore con una controfigura o con un manichino, l’uso di espedienti teatrali come botole) sono effetti fisici o meccanici. I trucchi cinematografici appartengono invece all’atto del filmare e non come i precedenti a quanto viene filmato: sono prodotti durante le riprese (trucchi di cinepresa; accelerato, rallentamento) o in laboratorio di stampa (trucchi di stampa). Metz classifica i trucchi anche sulla base di come vengono percepiti dallo spettatore: trucchi impercettibili (funzionano solo a patto che lo spettatore non si accorga di nulla, per esempio l’uso di una controfigura), trucchi invisibili ma percettibili (trucchi lo spettatore intuisce ma non riesce ad indentificare nel testo filmico), trucchi visibili (individuabili come l’accelerato, il rallentato ecc.). I trucchi visibili sono percepiti come manipolazioni esplicite dell’immagine che Metz definisce marche di enunciazione, cioè modalità particolari di enunciazione filmica. Tuttavia, anche nei film di fantascienza si continuano a usare gli effetti speciali per rappresentare eventi che sono più straordinari nel senso sopra precisato, non solo per l’ovvio motivo che è più economico simulare i voli con i modellini piuttosto che realizzarli e riprenderli dal vero, ma anche perché la loro simulazione permette di offrire modalità di visione assai più suggestive. Diremo quindi che gli effetti speciali possono simulare eventi sia ordinari che straordinari presentati a loro volta attraverso la simulazione di modalità di visione ordinarie e straordinarie. Questo spiega il fenomeno della rapida obsolescenza dei film fantastici o fantascientifici, dovuta all’invecchiamento non tanto delle loro tematiche, quanto della loro base tecnica che nel frattempo è entrata nell’uso comune, ha perso il suo carattere straordinario. IL MONTAGGIO Il montaggio crea l’illusione che due porzioni di spazio, riprese in luoghi diversi, costituiscano le componenti di una scena unitaria e continua. Questa impressione di unità (di luogo) e di continuità (di tempo) è il risultato di una serie di accorgimenti adottati in serie di ripresa e di montaggio, ma anche della cooperazione dello spettatore che integra le informazioni desunte dalle singole inquadrature alla serie di relazioni spazio-temporali suggerite dalla loro successione. Questo è il montaggio costruttivo: la costruzione di senso è sia opera del regista che dello spettatore. Il montaggio è il risultato di due operazioni: la selezione e la combinazione (tagliare e incollare), operazioni che compie il montatore sulla pellicola girata e sviluppata, sotto la direzione del regista, al tavolo di montaggio o moviola. Complementare all’operazione selettiva è quella combinatoria, che si colloca nella fase finale del processo di produzione. Tale operazione non consiste solo nell’incollare gli spezzoni, ma anche esaltare e potenziare l’impressione di continuità spazio-temporale di ogni singola scena. Il ritmo è uno degli effetti prodotti dal montaggio (i registi del cinema muto vi erano particolarmente attenti). È stato Coppola uno dei primi a sperimentare nuove procedure di montaggio con Apocalypse Now, come la codificazione su computer: grazie ad essa regista e montatore potevano confrontare su un monitor diverse scene in simultanea, provando una grande quantità di raccordi ed effetti ritmici. Così le operazioni di taglio e di raccordo erano molto più rapide e precise – inoltre, il negativo originale non viene mai tagliato e può essere conservato per intero. Tutto ciò ha rivoluzionato il montaggio e le inquadrature. Anche i suoni (rumori, parole, musica) sono sottoposti al montaggio. Un esempio è il missaggio. SCENOGRAFIA, ARCHITETTURA E PAESAGGIO Questi tre elementi sono PRO-FILMICI, ossia esistono e sono dotati di significati preesistenti alla ripresa cinematografica. Dopo l’avvento delle tecnologie lo spazio dell’azione filmica è diventato digitale: oggi parliamo di set virtuale e non esiste più un aspetto del film che non possa essere realizzato a computer. Scenografia, architettura e paesaggio possono essere ripresi dal vero o ricostruiti in studio, simulati da modelli o generati al computer. Rohmer individua tre spazi: Lo spazio pittorico: l’immagine cinematografica è percepita come una rappresentazione più o meno fedele, più o meno bella di uno spazio del mondo esterno Lo spazio architettonico: parti del mondo, naturali o ricostruite, sono dotate di un’esistenza obiettivo, a sua volta oggetto di un giudizio estetico Lo spazio filmico: lo spettatore non ha l’illusione dello spazio filmato, ma di uno spazio virtuale ricostruito nella sua mente, sulla base degli elementi frammentari che il film gli fornisce A ognuno di questi tre spazi corrispondono fasi e competenze diverse del processo di produzione (la fotografia per lo spazio pittorico, la scenografia per lo spazio architettonico, la messa in scena e il montaggio per quello filmico), ma devono mantenere un equilibrio e una coerenza ed anche in questo sta il compito del regista. ATTORI E DIVI Oggi si sono imposti nuovi divismi ma l’attore-divo resta ancora un elemento fondamentale. Per dimensione divistica intendiamo la possibilità di trascendere la storia interpretata, raggiungendo così la dimensione dell’esibizione di sé: è quindi probabile che sarà sempre più il PERSONAGGIO ad acquisire uno statuto divistico, a scapito dell’attore.