https://www.ecampusuniversitypress.it/riviste/rivista-di-ricerca-e-didattica-digitale/
https://doi.org/10.53256/RRDD_230205
pp. 62 - 77
Enrico Landoni
Craxi, Alfonsín e le relazioni italo-argentine (1983-1988)
ABSTRACT
Con l’elezione del radicale Raúl Alfonsín
alla Casa Rosada, dopo sette anni di sanguinosa dittatura militare, il 30 ottobre 1983 aveva
inizio il nuovo corso democratico dell’Argentina. Se quello apertosi allora è diventato il ciclo democratico più lungo della storia dell’Argentina, un grande merito va riconosciuto
in primo luogo proprio al leader dell’Unión
Cívica Radical. Decisivo fu però anche il sostegno che all’Argentina, nella delicatissima
stagione della transizione alla democrazia,
venne garantito dalla comunità internazionale e dal governo italiano in particolare, allora guidato dal leader del PSI, Bettino Craxi,
che già dai tempi della dittatura sosteneva i
gruppi dell’opposizione e aveva stretto solide
relazioni soprattutto con i radicali. Grazie al
fondamentale apporto di alcune preziose fonti digitali, l’articolo punta quindi a ricostruire le
ragioni e le dinamiche di questi rapporti così
stretti, che legarono Craxi, i socialisti italiani
e l’Italia ad Alfonsín, al suo governo e al popolo argentino, ripercorrendo poi i principali
risultati del nuovo corso politico-diplomatico
avviato dai due paesi sul fronte delle relazioni
bilaterali, tra il 1983 e il 1988.
With the election of Raúl Alfonsín to the
Casa Rosada, after seven years of bloody
military dictatorship, Argentina’s new democratic course began on 30 October 1983. If
what began then became the longest democratic cycle in the history of Argentina, great
credit must be given first and foremost to the
leader of the Unión Cívica Radical. Decisive,
however, was also the support that Argentina
was guaranteed during the delicate transition
to democracy by the international community
and the Italian government in particular, led
at the time by the PSI secretary Bettino Craxi,
who had been supporting opposition groups
since the time of the dictatorship and had
forged solid relations especially with the radicals. Thanks to the fundamental contribution
of some precious digital sources, the article
thus aims at reconstructing the reasons and
dynamics of these close relations that bound
Craxi, the Italian socialists and Italy to Alfonsín, his government and the Argentine people, then retracing the main results of the new
political-diplomatic course initiated by the
two countries on the bilateral relations front,
between 1983 and 1988.
Keywords: Craxi, Alfonsín, Italy, Argentina,
bilateral relations
Parole chiave: Craxi, Alfonsín, Italia,
Argentina, relazioni bilaterali
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
62
https://www.ecampusuniversitypress.it/riviste/rivista-di-ricerca-e-didattica-digitale/
https://doi.org/10.53256/RRDD_230205
pp. 62 - 77
ENRICO LANDONI
Professore associato di storia contemporanea e direttore della «Rivista di Ricerca e Didattica Digitale», lavora all’Università
eCampus, dove coordina i Corsi di Laurea
in Scienze Politiche e Sociali e Scienze della
Comunicazione. I suoi principali temi di ricerca sono la storia politica del secondo dopoguerra italiano, la storia dello sport, le dinamiche del governo municipale milanese e le
relazioni Est-Ovest e Nord-Sud. Autore di numerosi saggi e articoli, ha conseguito il Premio ANCI-Storia 2008 con il volume Il laboratorio delle riforme. Milano dal centrismo al
centro-sinistra (1956-1961) (Lacaita 2007) e
una segnalazione particolare al LI Concorso
Letterario del CONI (sezione saggistica) con
il volume Gli atleti del duce. La politica sportiva del fascismo 1919-1939 (Mimesis 2016).
[email protected]
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
63
Era un’immensa sala, piena di tavolini da quattro, dove c’erano i sindacalisti di
tutti i paesi del Sud America. Io ero seduto al tavolo con un compagno argentino,
che parlava italiano, e gli dissi: “Ma come mai fate tanta festa a Craxi?”. E lui mi
disse: “Tanta festa a Craxi? Ma sono dieci anni che questo ci aiuta politicamente
e finanziariamente”. Quando arrivò Bettino ci fu una standing ovation che durò tre
minuti. All’uscita dissi a Bettino: “Posso parlarne?”. E lui: “Ma no, lascia perdere”.1
Queste parole, pronunciate da Antonio Ghirelli, indimenticato maestro del giornalismo italiano e portavoce di Bettino Craxi a Palazzo Chigi, a ricordo delle intense
emozioni vissute al suo fianco in tante occasioni e, in particolare, durante la missione
in Argentina del 1983 per la cerimonia di insediamento del neoeletto presidente della
Repubblica, Raúl Ricardo Alfonsín, la dicono lunga sull’intensità e sulla profondità
del legame che per lunghi anni, in modo davvero speciale, unì il leader socialista
all’America latina e soprattutto all’Argentina.
Craxi avviò questo rapporto già a metà degli anni Sessanta, sull’onda del grande
interesse che soprattutto i protagonisti della svolta di centro-sinistra, ma anche il Partito comunista e i gruppi della sinistra rivoluzionaria, andarono sviluppando nei confronti del forte fermento economico-sociale, politico, culturale e religioso che, proprio
in quel torno di tempo, investì quel continente.2 Basti solo pensare, tra le altre cose, al
dirompente impatto prodotto sulla sua percezione complessiva, in Italia, dalla rivoluzione cubana e dall’obiettivo della liberazione dei popoli da essa lanciato, dall’emergere di nuovi orientamenti teologici all’interno delle Chiesa latino-americana, dalla
nascita della Commissione speciale di coordinamento latino-americana (CECLA) e
dalla prospettiva cautamente riformatrice alimentata dal successo elettorale ottenuto
nel 1964 dalla Democrazia cristiana di Eduardo Frei Montalva in Cile.3
1 Estratto dall’intervista concessa da Antonio Ghirelli per il documentario La mia vita è stata una corsa, regia di
Paolo Pizzolante, Minerva Pictures Group - Fondazione Bettino Craxi, 2008.
2 Cfr. L. Guarnieri Calò Carducci, M. R. Stabili, Il mito politico dell’America latina negli anni Sessanta e Settanta, in
A. Giovagnoli, G. Del Zanna (a cura di), Il mondo visto dall’Italia, Milano, Guerini, 2004, pp. 228-241.
3 Cfr. M. A. Huerta, L. Pacheco Pastene, La Iglesia Chilena y los cambios sociopolíticos, Santiago de Chile,
Cisoc-Bellarmino, 1988; M. R. Stabili, Il Cile. Dalla repubblica liberale al dopo Pinochet (1861-1891), Firenze,
Giunti, 1991, p. 106; E. D. Dussel (ed.), Historia general de la Iglesia en América Latina, X, Cono Sur (Argentina,
Chile, Uruguay y Paraguay), Salamanca, Comisión de Estudios de Historia de la Iglesia en América Latina, 1993;
M. Fleet, B. H. Smith, The Catholic Church and Democracy in Chile and Peru, Notre Dame, University of Notre
Dame Press, 1997; R. Nocera, Dove non osò la diplomazia. Alcune riflessioni sull’internazionalismo democristiano
e sulle relazioni italo-cilene 1962-1970, in «Ricerche di storia politica», 1/2009, pp. 29-51; Id., Il sogno infranto.
DC, l’Internazionale democristiana e l’America Latina (1960-1980), Roma, Carocci, 2017; D. Basosi, Fidel Castro
tra storia, mito, demonologia, in «Passato e Presente», 2/2017, pp. 7-16; C. Huneeus, J. Couso (ed.), Eduardo
Frei Montalva: un gobierno reformista. A 50 años de la “Revolution en Libertad”, Santiago de Chile, Editorial
Universitaria, 2018; E. Landoni, Per non perdere l’umanità. Una ricostruzione storica della questione Nord-Sud,
Milano-Udine, Mimesis, 2020, pp. 59-62.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
64
Alla scoperta del laboratorio latino-americano
Tutto questo contribuiva insomma a fare dell’America latina uno straordinario laboratorio politico-culturale, meritevole di una rinnovata attenzione da parte dell’Europa
e dell’Italia in particolare, che ora avrebbero dovuto misurarsi con i processi di cambiamento in atto a quelle latitudini. Quest’esigenza, posta con straordinaria chiarezza
in Italia, sotto il profilo più squisitamente culturale, soprattutto dall’Istituto Colombianum di Genova, responsabile dell’organizzazione, già nel 1958, del convegno Mondo
latino-americano e responsabilità della cultura europea,4 cui seguirono, nel 1962, la
prima grande mostra di arte messicana al Palazzo delle Esposizioni di Roma5 e, tre
anni dopo, il simposio Terzo mondo e comunità mondiale,6 fu poi recepita appieno, a
livello politico-diplomatico, tra il 1965 e il 1966. A questo biennio, dopo il viaggio del
1958 in Brasile di Giovanni Gronchi, il primo in assoluto in America latina per un Capo
di Stato italiano, e la missione compiuta dallo stesso Presidente della Repubblica in
Perù, Argentina e Uruguay nell’aprile del 1961, risalgono infatti la visita ufficiale in
Brasile, Uruguay, Argentina, Cile, Perù e Venezuela di Giuseppe Saragat, accompagnato dall’allora ministro degli Esteri, Amintore Fanfani,7 e la fondazione, a Roma,
dell’Istituto italo-latino-americano (IILA).8
Proprio in questo quadro va pertanto inserito il forte interesse che Craxi iniziò a
mostrare nei confronti della realtà latino-americana e nei riguardi soprattutto delle
vicende dei movimenti di liberazione e della stessa esperienza guevarista, non tanto
per dirette affinità ideologiche quanto piuttosto per un forte trasporto umanitario e
internazionalista. Di questo restano importanti tracce in alcuni interventi che Craxi,
all’epoca consigliere comunale a Milano, pronunciò a Palazzo Marino dove, il 16
ottobre 1967, volle accennare in questo modo alla specificità del contesto latino-americano, ricordando la figura di Ernesto Guevara:
La morte di Che Guevara ha suscitato certamente emozione in me e nei miei
compagni, non perché si creda alle leggende […]. Non perché noi fossimo vicini alle
4 Mondo latino-americano e responsabilità della cultura europea. Tavola rotonda del Colombianum, Genova,
Editrice del Colombianum, 1958.
5 Arte messicana: dall’antichità ai nostri giorni. Roma, Palazzo delle Esposizioni, ottobre 1962-gennaio 1963.
Catalogo della mostra organizzata a cura del Colombianum, Roma, Abete, 1962.
6 Colombianum, Terzo Mondo e comunità mondiale: testi delle relazioni presentate e lette ai congressi di Genova,
Milano, Marzorati, 1967.
7 https://archivio.quirinale.it/aspr/discorsi/presidente/giuseppesaragat?startPage=63&query=allDoc&jsonVal=%7B%22jsonVal%22%3A%7B%22query%22%3A%5B%22allDoc%22%5D%2C%22_perPage%22%3A20%2C%22presidenteUrl%22%3A%5B%22giuseppe-saragat%22%5D%7D%7D&perPage=21&data= (ultimo accesso 5 novembre 2023). Si
veda anche G. La Bella, Aldo Moro e l’America latina, in R. Moro, D. Mezzana (a cura di), Una vita, un paese. Aldo Moro e
l’Italia del Novecento, Soveria Manelli, Rubbettino, pp. 691-712.
8 Cfr. Fanfani propone un istituto di cooperazione culturale ed economica, in «Relazioni Internazionali», 37, 1965,
p. 863; G. Bosco, Un ponte tra l’Italia e il Nuovo Mondo: l’Istituto italo-latinoamericano, in «Rivista di Studi Politici
Internazionali», 3/2009, pp. 461-464; R. Campanella, L’America latina, l’Italia e il ruolo dell’IILA, in «Il Politico»,
1/2011, pp. 131-134
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
65
dottrine politiche, così diverse dalle nostre: Ernesto Guevara predicava e praticava
una teoria rivoluzionaria violenta di una nuova società molto diversa dalle dottrine
che noi predichiamo e pratichiamo. Anche se sappiamo che in un continente così
complesso e così diverso, così lontano da noi, per le condizioni in cui si sviluppano,
il giudizio si deve fare assai complesso e assai cauto nel valutare gli atteggiamenti
di questi movimenti politici. Ma certamente non credo che possa sfuggire alla
sensibilità democratica e alla coscienza storica moderna una valutazione obiettiva
di certi fenomeni libertari che hanno una loro origine in uno stato di esasperazione,
in uno stato di soggezione, in uno stato di illibertà, che provocano per loro natura
ribellioni e rivolte che probabilmente a distanza di anni verranno giudicate in modo
diverso anche da coloro che, più moderati e prudenti, considerano questi fenomeni di
puro e semplice banditismo. In questo senso io credo che possiamo esprimere molto
serenamente un sentimento di rispetto, rispetto che va verso tutti coloro che muoiono
per una causa, il che di per sé non è poco, e contiene sempre un grado di nobilità,
che va sottolineata.9
La relazione con il Cono Sud in particolare andò poi consolidandosi dopo la tragica fine di Salvador Allende in Cile, dove Craxi si recò tre settimane dopo il golpe di
Augusto Pinochet, per rendere omaggio alla tomba dell’eroico presidente socialista
e cercare di reperire informazioni sulla sorte dei tantissimi esponenti democratici
letteralmente fatti sparire dall’apparato di sicurezza del neonato regime, di cui proprio l’allora vicesegretario del PSI fu peraltro tra i primi a denunciare la brutalità.10
Ma alla piena e definitiva maturazione di questo rapporto si giunse in realtà dopo la
sua designazione alla vicepresidenza dell’Internazionale Socialista (IS) che, sotto la
nuova guida di Willy Brandt, a partire dal 1976, decise di mettere finalmente da parte
l’eurocentrismo delle origini, per aprirsi al Sud del mondo. Non a caso, subito dopo il
13° congresso dell’IS, all’interno del suo ufficio di presidenza trovarono posto alcuni
rappresentanti dei paesi in via di sviluppo, tra i quali il presidente del Senegal, Léopold Senghor, il presidente del partito radicale cileno, Anselmo Sule, e il presidente del
partito operaio del Costa Rica, Daniel Oduber.11 Di qui, dunque, il rinnovato interesse
in particolare per il Sudamerica, di cui sono prova gli esiti delle conferenze di Cara9 Comune di Milano, Archivio Civico, Atti del Consiglio Comunale, seduta del 16 ottobre 1967. Si veda anche B.
Craxi, Gli anni a Palazzo Marino, Milano, l’Ornitorinco, 2014, p. 31.
10 Cfr. Craxi in Cile con una missione dell’Internazionale, in «Avanti!», 30 settembre 1973; Paura di una tomba, ivi,
6 ottobre 1973; Il mondo civile condanni al disprezzo e all’isolamento gli assassini di Allende, ivi, 7 ottobre 1973;
Rapporto sulla tragedia del Cile, ivi, 16 ottobre 1973.
11 Sulle importanti svolte che si consumarono all’interno dell’Internazionale Socialista tra il 1976 e il 1978 si vedano in particolare E. Landoni, Per non perdere l’umanità, cit., pp. 120-128; B. Rother, Global Social Democracy.
Willy Brandt and the Socialist International in Latin America, London, The Rowman & Littlefield Publishing Group,
2022; E. Unfer, Il nuovo ordine economico al congresso dell’Internazionale, in «Avanti!», 26 novembre 1976; Id.,
Tre offensive del socialismo per la pace, il progresso e i diritti umani, ivi, 27 novembre 1976; Id., Una strategia
mondiale per battere inflazione e sottosviluppo, ivi, 28 novembre 1976; B. Craxi, L’Internazionale Socialista, Milano, BUR, 1979.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
66
cas e di Lisbona dove, il 3 ottobre 1978, fu infatti approvata un’articolata dichiarazione politica, la cosiddetta Dichiarazione di Lisbona appunto, destinata a diventare il
documento ufficiale dell’IS sull’America latina.12 In questo quadro, ai partiti socialisti
europei fu quindi rivolto il duplice invito a stringere rapporti con le forze democratiche
di quel continente e a sostenerne la lotta contro i regimi autoritari, cercando di favorire il ritorno della democrazia e della libertà.
Il PSI di Craxi al fianco di Alfonsín e del popolo argentino
Nel pieno rispetto di queste nuove linee guida dell’IS, dopo essere stato designato
alla guida del PSI, Craxi decise di costituire una specifica sezione latino-americana
all’interno del dipartimento internazionale del partito, presso la sede di Via del Corso
476, a Roma, e di fare del sostegno alle forze di opposizione del nuovo governo golpista insediatosi a Buenos Aires uno dei principali fronti d’impegno per i socialisti italiani. Le relazioni più strette vennero allora stabilite con alcuni settori del radicalismo
argentino, in qualche modo sponsorizzati dai radicali cileni e dalla sezione giovanile
dell’Internazionale Socialista (IUSY), con la quale alcuni collaboratori di Alfonsín, tra
cui Federico Storani, Carlos Enrique Nosiglia, Luis “Changui” Cáceres e Marcelo Stubrin, interni alla Franja Morada e al Movimento de Renovacion y Cambio, avevano da
tempo contatti regolari.13 Lo stesso Alfonsín rivendicava peraltro un suo diretto legame con la figura di Rodolfo Mondolfo che, dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali,
era infatti riparato proprio in Argentina, dove morì nel 1976, e con la cultura quindi del
socialismo riformista espressa da «Critica Sociale», di cui l’insigne filosofo italiano fu
uno dei più importanti collaboratori. Anche questo faceva dunque dell’Unión Cívica
Radical, o meglio, della corrente interna guidata da Alfonsín, la componente politica
argentina indiscutibilmente più vicina al socialismo italiano e, più in generale, anche
ai valori della socialdemocrazia europea14.
Non deve quindi stupire che il PSI di Craxi fosse diventato un punto di riferimento
particolare per tutte le forze di opposizione argentine, così come del resto attestato
12 Archivio Fondazione Bettino Craxi (AFBC), Fondo PSI- Direzione Nazionale, sez. 6, s. 2, f. 3 “Comunicati stampa e dichiarazioni”, Resolution on Latin America adopted by the thirteenth Congress of the Socialist International;
ivi, sez. 6, s. 1, f. 3 “America latina”, Meeting of Political Leaders of Europe and America in Favor of International
Democratic Solidarity, 22-25 maggio 1976; ivi, sez. 1. s. 9, f. 4 “Conferenza internazionale euro-americana dei
leader dei partiti socialisti”, comunicado de prensa escrito por Bettino Craxi sobre la Conferencia de Caracas, 2225 maggio 1976; ivi, sez. 6, s. 1, f. 3 “America latina”, Declaración de Lisboa, 3 ottobre 1978. Si vedano anche S.
Careddu, Il PSI di Craxi e l’America latina. Dalle dittature militari alla democrazia, Roma, Fondazione Craxi, 2020,
pp. 21-24; Da Caracas una nuova dimensione per la Internazionale socialista, in «Avanti!», 27 maggio 1976; Verso
un’azione comune nell’Europa del Sud, ivi, 3 ottobre 1978; F. Gozzano, Solidarietà militante per i popoli latino-americani, ibid; F. Gozzano, Conclusa la Conferenza dell’Internazionale socialista a Estoril. Pieno appoggio al fronte
unito dell’opposizione in Nicaragua, ivi, 4 ottobre 1978.
13 Cfr. N. Beltrán, La Franja.De la experiencia universitaria al desafío del poder, Buenos Aires, Aguilar, 2013.
14 Cfr. S. Careddu, Il PSI di Craxi e l’America latina, cit., p. 23.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
67
dall’imponente messe di documenti raccolti all’interno del fondo Direzione Nazionale
del partito, in deposito presso la Fondazione Craxi15.
Sul piano poi del sentimento popolare e dell’identità culturale, Craxi mostrò sempre, nei riguardi degli emigrati italiani, un’attenzione speciale, figlia di quella tensione
umanitaria propria del socialismo italiano delle origini che, soprattutto attraverso le
pagine dell’«Avanti!», mantenne sempre acceso un faro sulle condizioni di tanti italiani trasferitisi letteralmente dall’altra parte del mondo, attraverso regolari corrispondenze dall’Argentina e interessanti articoli su quel paese e le sue relazioni con l’Italia16. A questo proposito, merita senz’altro una particolare citazione un bel pezzo di
Francesco Ciccotti che, uscito sull’edizione del 11 aprile 1901, conteneva un esplicito
invito al governo italiano a difendere i primati, per la verità poco noti alla stessa classe
dirigente nazionale, che erano stati raggiunti sul fronte dell’interscambio economico
e commerciale con l’Argentina e a mantenere saldi i rapporti con il suo popolo. Così,
infatti, scriveva Ciccotti: «Io ho sotto gli occhi le cifre del movimento commerciale
dell’Italia con uno Stato dimenticato, e che pure è sangue del nostro sangue, con un
popolo al quale, ogni giorno che passa, un più stretto nodo ci ricongiunge attraverso
l’Oceano: l’Argentina».17 E non può certo essere dimenticata poi l’importanza dell’impegno profuso a sostegno degli emigrati, a partire dalla fine degli anni Sessanta,
dall’Istituto Fernando Santi, creato dallo stesso PSI come suo organismo collaterale.18
Ad assicurare a Craxi e al PSI la simpatia degli argentini fu anche la posizione
assunta nei confronti delle sanzioni economiche, commerciali e finanziarie imposte
a Buenos Aires durante la guerra delle Malvine.19 Pur senza venir meno alla solidarietà europea e all’indirizzo pacifista proprio del socialismo italiano, Craxi chiese e
ottenne che le sanzioni decise in sede CEE il 13 aprile 1982, su richiesta della Gran
Bretagna, non venissero confermate dall’Italia, al termine della scadenza concordata
di un mese, ai danni dell’Argentina, peraltro già alle prese con enormi difficoltà economiche e con il drammatico problema del debito estero, anche allo scopo di non
umiliarne il sentimento nazionale. Il 17 maggio 1982, in occasione della riunione dei
ministri degli Esteri della CEE, l’Italia, insieme all’Irlanda, decise infatti di non prorogare le sanzioni economiche, commerciali e finanziarie votate il mese precedente, pur
confermando l’embargo militare. Quella sostenuta dal PSI fu del resto la posizione
che, in seno all’Internazionale Socialista, avrebbero assunto tutte le delegazioni e
componenti latino-americane. L’Italia finì così con il rivestire, al termine delle ostilità,
15 AFBC, Fondo PSI-Direzione Nazionale, sez. 6, s. 1, f. 4 “Argentina”.
16 Cfr. G. Lauzi, Italia-Argentina “associazione” tra due popoli amici, in «Avanti!», 1° maggio 1987.
17 F. Ciccotti, L’Argentina e la Triplice, ivi, 11 aprile 1901.
18 AFBC, f. 1 “Bettino Craxi”, sez. 1, s. 2, ss. 8, fasc. 2 “Istituto Fernando Santi”, lettera 13 “Luigi Pallottini a Craxi”
(https://www.lazio900.it/oggetti/120501-luigi-pallottini-a-craxi/).
19 Su questo conflitto si vedano in particolare D. Monaghan, The Falklands War, Myth and Countermyth, London,
Macmillan, 1998; G. Boyce, The Falklands War, London, Bloomsbury Publishing, 2017; E. Mercau, The Falklands
War. An Imperial History, Cambridge, Cambridge University Press, 2019; F. Lorenz, Las guerras por Malvinas
1982-2022, Buenos Aires, Edhasa, 2022.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
68
un ruolo di naturale mediatore tra Argentina e Comunità Europea.20
Da ultimo, nel novero delle ragioni di questa particolare simpatia e sintonia popolare venutasi a consolidare tra Italia e Argentina va senz’altro inserito il ruolo svolto
dal Presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini che, nel maggio del 1983,
non ebbe certo paura di ingaggiare un duro scontro diplomatico con il governo argentino e il presidente Reynaldo Bignone sulla questione dei desaparecidos, molti
dei quali cittadini italiani e soprattutto argentini di origine italiana. Così, infatti, il Capo
dello Stato ebbe a esprimersi nel telegramma inviato alle autorità di Buenos Aires il 1°
maggio 1983, in seguito al comunicato diramato dalla Giunta militare sulla sorte dei
desaparecidos: «L’agghiacciante cinismo del comunicato con il quale si annuncia
la morte di tutti i cittadini argentini e stranieri scomparsi in Argentina nei tragici anni
scorsi sotto la dittatura militare colloca i responsabili fuori dell’umanità civile. Esprimo lo sdegno e la protesta mia e del popolo italiano in nome degli elementari diritti
umani, così crudelmente scherniti e calpestati»21. E in risposta poi alla piccata nota
di protesta inviata al governo italiano per le espressioni contenute nel telegramma
succitato, Pertini, il 3 maggio, volle indirizzare al presidente Bignone questa lettera
dai toni, se possibile, ancora più forti dal punto di vista morale, anche allo scopo di
enfatizzare l’intransigente difesa dei diritti umani da parte dell’Italia, insieme alla sua
specificità politica, culturale ed etica e alla sua solidarietà attiva e operante verso il
popolo argentino:
Signor Presidente,
ho ricevuto il memorandum che Ella mi ha fatto pervenire in seguito alla mia protesta
ufficiale per i delitti orrendi consumati contro vittime innocenti. Prima di tutto fra le
vittime vi sono anche italiani: di qui il mio diritto di protestare. Secondo: l’Argentina
ha firmato la Carta di San Francisco e quindi i suoi governanti debbono rispondere
innanzi al mondo intero di ogni loro violazione di diritti umani e civili. Inoltre, mi chiedo
stupito perché lei, uomo onesto e ufficiale integerrimo, voglia difendere ufficiali che
con gravi misfatti hanno disonorato la divisa che lei porta con onore. Non mi interessa
che altri Capi di Stato non abbiano sentito il dovere di protestare come ho protestato
io. Peggio per loro. Ciascuno agisce secondo il suo intimo modo di sentire. Io ho
20 Cfr. S. Careddu, Il PSI di Craxi e l’America latina, cit., pp. 38-46; N. Neri, Tra Londra e Buenos Aires: l’Italia e la
guerra nelle Falklands, in «Rivista di Studi Politici Internazionali, 4/2017, pp. 557-571. Si vedano anche A. Guatelli,
La CEE unanime al fianco di Londra, in «Corriere della Sera», 13 aprile 1982; Perplessità sulle sanzioni all’Argentina, in «Avanti!», 15 aprile 1982; Benvenuto: “frettolosa la CEE”, ivi, 17 aprile 1982; L’Italia auspica una rapida fine
della vertenza anglo-argentina, ivi, ibid; A. Guatelli, Argentina: sanzioni CEE (senza l’Italia), in «Corriere della Sera»,
18 maggio 1982; U. Intini, Le ragioni dell’Italia, in «Avanti!», 19 maggio 1982; P. Garimberti, Il no dell’Italia dovuto
ad equilibri di governo, in «La Stampa», 19 maggio 1982; AFBC, PSI-Direzione Nazionale, sez. 6, s. 2, f. 1 “Comunicazioni”, Comunicato del Comitato per l’America latina e i Caraibi dell’Internazionale Socialista; F. Pedrosa, La
Internacional Socialista y la guerra de Malvinas, in «Latin America Research Review», 2/2014, pp. 47-67.
21 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1983%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politica%20estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
69
protestato e protesto in nome dei diritti civili e umani e in difesa della memoria di
inermi creature vittime di morte orrenda. È tutta l’umanità che deve sentirsi ferita e
offesa. Sono certo che nell’intimo del suo animo ha risonanza la mia umana parola,
anche se per dovere di ufficio Ella acconsente che la sua diplomazia protesti per il
mio legittimo e doveroso intervento.22
In questo quadro non può dunque sorprendere che il PSI, guidato dal presidente
del Consiglio in carica, e la UIL siano stati l’unico partito e l’unico sindacato ufficialmente invitati dall’Unión Cívica Radical alla cerimonia di insediamento di Alfonsín alla
presidenza della Repubblica Argentina nel dicembre del 1983.23 Craxi arrivò a Buenos Aires, dopo aver consegnato alla stampa un accorato discorso indirizzato agli
italiani d’Argentina e agli argentini di origine italiana, cui volle rivolgere in particolare
queste parole di affetto, amicizia e vicinanza politica e personale:
Vorrei che i legami che ci uniscono a tutta l’Argentina, a voi e a tutte le comunità
del Paese fossero ancora più rinsaldati da più ampi rapporti culturali e commerciali.
Vorrei che tutti voi poteste venire a visitare le nostre città, che furono anche vostre e
dei vostri padri. Spero, in concreto, di poter fare qualche cosa almeno per i giovani,
che possano conoscere le nostre scuole, le nostre università, per ritrovare nella
nostra cultura, nella nostra civiltà, la vostra cultura, la vostra civiltà. Sono davanti
a voi, davanti all’Argentina giorni migliori del passato. Il mio augurio è che ancora
una volta i giorni di difficile laboriosità che attendono il vostro Paese vi vedano tra i
protagonisti di una ricostruzione che restituisca all’Argentina serenità e prosperità.24
In occasione di questo viaggio, il leader socialista incontrò poi le madri di Plaza de
Mayo e la collettività italiana, convocata per il pomeriggio del 10 dicembre al Teatro
Coliseo, e fece un intervento al canale di stato ATC Canal 7. Con Alfonsín, infine,
pose le basi di una nuova stagione di intensa cooperazione tra Italia e Argentina,
di cui sono prova i numerosi bilaterali che avrebbero avuto luogo nel quinquennio
successivo.25
22 Ibid.
23 Cfr. AFBC, f. 1, s. 2, serie 2, sottos. 3, sottosottos. 1, f. 17 “Visita del presidente del Consiglio in Argentina.
Documentazione. 8-12 dicembre 1983”. Si veda anche La delegazione del PSI a Baires, in «Avanti!», 8 dicembre
1983.
24 Messaggio di Craxi agli italiani di Argentina, ivi, ibid.
25 Cfr. Il primo incontro con le madri di Plaza de Mayo, ivi, 10 dicembre 1983; Con Alfonsin presidente l’Argentina
volta pagina, ivi, 11 dicembre 1983; W. Marossi, Entusiasmo popolare per l’insediamento di Alfonsin, ivi, ibid.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
70
Un nuovo corso politico e diplomatico
Il primo di questi incontri si svolse il 24-25 gennaio 1984 a Roma, dove giunse,
accompagnato dal ministro dell’Economia, Bernard Grinspun, il capo della diplomazia argentina, Dante Caputo. Dopo aver firmato in Vaticano la dichiarazione comune
con il Cile per la soluzione della controversia relativa al Canale di Beagle,26 il ministro
degli Esteri argentino venne ricevuto da Craxi a Palazzo Chigi e successivamente da
Andreotti alla Farnesina. In quest’occasione, utile a far emergere la reciproca volontà
di più intense relazioni e l’impegno del governo italiano a favorire il rafforzamento
dell’interscambio economico dell’Argentina con la CEE, furono create le condizioni
per l’effettiva entrata in vigore dell’accordo di cooperazione economica, industriale e
finanziaria firmato dai due paesi il 12 giugno 1979. L’intesa su questo punto fu perfezionata tra il 24 e il 26 ottobre 1984, durante la visita di Stato a Roma di Alfonsín, che
volle allora indugiare sull’esigenza di un’immediata attivazione della commissione
mista italo-argentina, responsabile della sua concreta realizzazione, e sul carattere
privilegiato delle relazioni tra Roma e Buenos Aires. In quella sede fu altresì decisa
l’organizzazione di regolari consultazioni tra ministri, funzionali ad avviare nuove iniziative di collaborazione tra i due paesi in tutti i possibili settori, con particolare riferimento a quello delle opere pubbliche, nel quale l’Italia giocò un ruolo fondamentale,
sostenendo per esempio, con crediti ad hoc, la costruzione della diga di Yacyretà sul
Paranà. Infine, ricevuto al Quirinale da Pertini, Alfonsín volle ufficialmente invitare in
l’Argentina il Capo dello Stato, che accolse con entusiasmo la proposta.27
Accompagnato dal ministro degli Esteri, Giulio Andreotti, e dal sottosegretario agli
Esteri, Susanna Agnelli, Pertini, dal 9 all’11 marzo 1985, si recò infatti in visita di Stato a Buenos Aires dove, poco dopo il suo arrivo, in occasione del pranzo offerto in
suo onore dal presidente argentino, pronunciò un vibrante discorso incentrato sulla
profondità dell’amicizia italo-argentina, sulle analogie a suo avviso esistenti tra l’Argentina del nuovo corso democratico e l’Italia dell’immediato secondo dopoguerra e
sull’importanza dell’accordo raggiunto con il Cile a proposito del Canale di Beagle.
Pertini ebbe a definire quell’intesa «un’alta lezione di moralità internazionale» a beneficio soprattutto dei paesi ancora divisi da antiche controversie storiche.28 Il Presiden26 Su questa vicenda si vedano in particolare M. T. Infante Caffi, Argentina y Chile: perceptiones del conflicto de la
zona del Beagle, in «Estudios Internacionales», n. 67, Julio-Septiembre 1984, pp. 337-358; J. L. Garrett, The Beagle Channel: Confrontation and Negotation in the Southern Cone, in «Journal of Interamerican Studies and World
Affairs», 3/1985, pp. 81-109; D. Vecchioni, Il Canale di Beagle. Storia di una controversia, in «Rivista di Studi Politici
Internazionali», 4/1995, pp. 537-543; F. G. Bustamante Olguín, Un enfoque idealista de las relaciones internacionales en el conflicto del Beagle entre Chile y Argentina. La mediación de la Santa Sede, 1979-1984, in «Revista
Cultura y Religión», 2/2010, pp. 57-71; A. Villar Gertner, The Beagle Channel Frontier Dispute between Argentina
and Chile: Converging Domestic and International Conflicts, in «International Relations», 2/2014, pp. 207-227.
27 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1984%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politica%20estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
28 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1985%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politiRivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
71
te della Repubblica incontrò poi le Madri di Plaza de Maya, presso i locali dell’ambasciata italiana, alla presenza di Adolfo Pérez Esquivel, vincitore del Premio Nobel per
la Pace nel 1980, e, l’11 marzo, pronunciò di fronte al Congresso Nazionale argentino, convocato a camere riunite per la speciale occasione, un discorso incentrato
sull’importanza del Parlamento e della democrazia e sull’avvio di un nuovo corso di
amicizia e cooperazione tra Italia e Argentina, anche alla luce del memorandum per
consultazioni annuali ai massimi livelli politici contestualmente siglato da Andreotti e
Caputo.29 Quello fu di fatto l’ultimo impegno ufficiale della visita, che Pertini fu infatti
costretto a interrompere anzitempo, per partecipare, a Mosca, ai funerali del leader
sovietico, Konstantin Černenko. La missione fu quindi ufficialmente conclusa tra il 21
e il 22 maggio, allorché Pertini fu insignito della laurea honoris causa dall’Università
di Cordoba, esattamente due settimane dopo l’incontro svoltosi a Roma tra Andreotti
e Caputo, nel quadro delle consultazioni bilaterali previste dal memorandum siglato
a Buenos Aires in marzo, durante la visita del Presidente della Repubblica. Nella
Capitale, in quell’occasione, i due ministri degli Esteri trovarono un’intesa sulla ristrutturazione del debito accumulato dall’Argentina nei confronti dell’Italia e firmarono
soprattutto i nuovi accordi di cooperazione allo sviluppo.30
Nel rispetto delle intese raggiunte, il ministro della Difesa, Giovanni Spadolini, si
recò in missione a Buenos Aires, tra il 5 e il 10 ottobre, per incontrare l’omologo
argentino, Roque Carranza, e avviare iniziative di collaborazione sul fronte dell’addestramento delle forze armate. Sempre a Buenos Aires, infine, dove si recò in missione tra il 19 e il 22 dicembre, Andreotti presiedette con Caputo la prima riunione
della commissione mista di cooperazione economica, industriale e finanziaria, prevista dall’articolo IX dell’omonimo accordo che, con lo scambio degli strumenti di
ratifica, avvenuto proprio in quell’occasione, divenne così ufficialmente operativo,31 e
si accordò per la donazione all’Argentina di 22 miliardi di lire e la concessione di un
credito d’aiuto di oltre 100 miliardi32.
Questa era un’importante prova della qualità e della solidità delle relazioni italo-argentine, su cui il presidente della Camera dei deputati argentina, Juan Carlos
Pugliese, in visita a Roma nel maggio del 1986, volle indugiare nel colloquio avuto
con Craxi. I rapporti bilaterali erano ottimi e del tutto soddisfacenti soprattutto venivano definiti i risultati raggiunti sul fronte della cooperazione culturale, tecnologica,
industriale ed energetica. Su queste basi maturarono così le condizioni per la firma
dell’accordo di cooperazione tecnica che, ufficializzato a Roma il 30 settembre, prevedeva, tra le altre cose, specifiche iniziative di sostegno alla crescita delle piccole e
ca%20estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
29 Ibid.
30 Ibid.
31 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1986/02/05/086A0818/sg (ultimo accesso 7 novembre 2023).
32 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1985%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politica%20estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
72
medie imprese argentine.33 Funzionale allo sviluppo economico sarebbe stata anche
la costituzione di imprese miste italo-argentine, al centro degli incontri svoltisi a Roma
il 7 e l’8 novembre tra il ministro degli Esteri Andreotti e il segretario di Stato per l’Industria e il Commercio Estero, Roberto Lavagna. Quest’ultimo invitò in particolare il
governo italiano a valutare, sia a livello bilaterale sia in ambito CEE, un ulteriore incremento dell’interscambio scientifico-tecnologico, anche in considerazione del recente
avvio del progetto europeo Eureka, lanciato dalla Francia.34
Lo sviluppo del tessuto imprenditoriale argentino e lo scambio di prezioso knowhow tecnico-scientifico mantennero per mesi il carattere di assoluta priorità per i governi di Italia e Argentina e furono, non a caso, al centro dei colloqui che Andreotti
ebbe a Roma dapprima, il 9 aprile 1987, con il viceministro degli Esteri, Jorge Sabato
e i sottosegretari agli Esteri per gli Affari Economici e al Commercio Estero, e poi, il
29-30 aprile, con l’omologo, Dante Caputo, che incontrò anche il nuovo Presidente
del Consiglio, Amintore Fanfani.35 Proprio in quest’occasione, al termine della riunione della commissione mista italo-argentina di cooperazione economica, industriale e
finanziaria, venne annunciata la volontà dei due paesi di addivenire alla firma di un
trattato politico, destinato non solo a far compiere un ulteriore salto di qualità ai rapporti bilaterali ma anche e soprattutto a rappresentare un vero e proprio modello di
riferimento per le relazioni tra paesi del Nord e del Sud del mondo.
Così, infatti, recitava il comunicato ufficiale rilasciato dalla Farnesina il 29 aprile
1987, subito dopo l’incontro tra Andreotti e Caputo, svoltosi a Villa Madama:
La ferma volontà di realizzare un salto qualitativo nei rapporti tra Italia e Argentina
è stata espressa dai ministri degli Esteri Andreotti e Caputo […]. Questa nuova fase,
necessariamente e indissolubilmente connessa alla stabilità del sistema democratico
argentino, si articolerà in un programma inteso a creare una relazione del tutto
particolare tra i due Paesi, tale da essere di reciproco beneficio e da costituire un
modello nei rapporti tra paesi industrializzati e in via di sviluppo.36
Per il sesto gabinetto Fanfani, che intendeva porsi evidentemente in un quadro
di assoluta continuità rispetto alla politica di totale apertura all’Argentina e di pieno
sostegno al nuovo corso di Alfonsín avviata da Craxi e dai governi da lui presieduti, la
33 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1986%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politica%20estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
34 Ibid. Sul progetto Eureka si vedano in particolare A. Marinelli, La Presidenza Mitterrand e la politica estera
francese, in «Rivista di Studi Politici Internazionali», 1/1986, pp. 7-12; S. Baldi, L’Europa e la sfida tecnologica: il
progetto Eureka, in «Affari Sociali Internazionali», 3/1987, pp. 109-117; B. Bagnato, Le phénomène Andreotti: la
Francia di Mitterrand, l’Italia e una personnalité singulière, in «Ventunesimo Secolo», 2/2020, pp. 59-88; https://
www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/317358.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
35 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1987%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politica%20estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
36 Ibid.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
73
condizione indispensabile, sia sul piano politico-diplomatico sia dal punto di vista più
squisitamente valoriale, per l’ulteriore rafforzamento dei rapporti bilaterali era quindi
rappresenta dall’effettiva tenuta della democrazia in Argentina, messa a dura prova
dalla grave crisi economico-finanziaria in atto e dalla tante difficoltà nella quali il suo
governo ormai da tempo si dibatteva. Dal canto suo, Buenos Aires faceva capire che
proprio il consolidamento della cornice democratica interna sarebbe passato anche
attraverso la piena maturazione e il coronamento politico quindi del ravvivato rapporto d’amicizia con l’Italia, non a caso definita da Caputo, durante la sua visita a Roma,
il paese industrializzato che più di tutti aveva collaborato col governo democratico
argentino, accompagnandolo in qualche modo nella stabilizzazione della Nazione
sudamericana.37
La relazione associativa particolare e l’uscita di scena di Alfonsín
Su queste basi venne così costituito un comitato tecnico italo-argentino, che
avrebbe dovuto trasformare in realtà gli intendimenti annunciati e aggiornare i ministri degli Esteri dei due paesi sullo stato d’avanzamento dell’attività diplomatica in
corso. Questo lavoro preparatorio sfociò allora nella visita a Roma di Alfonsín, che
il 10 dicembre 1987, a Villa Madama, firmò con il successore di Amintore Fanfani a
Palazzo Chigi, Giovanni Goria, il trattato per la creazione di una relazione associativa
particolare tra Italia e Argentina, che rappresentò il momento culminante di quest’intensa stagione di incontri, scambi e cooperazione, avviatasi subito dopo il ritorno
della democrazia in Argentina.38 Nel lungo preambolo al documento diplomatico,
strutturato in diciassette articoli, i due governi tenevano infatti a precisare che la creazione di una relazione associativa particolare, nel quadro di un complessivo salto
di qualità nei rapporti bilaterali, muoveva dall’esigenza condivisa di «completare con
un accordo di carattere generale quanto già disposto in virtù di accordi specifici
in materia politica, economica, finanziaria, industriale, culturale e di cooperazione
tecnica».39 Il trattato rispondeva poi a un obiettivo di fondo, «il consolidamento delle
istituzioni democratiche nella Repubblica argentina» che, oltre a essere «un fattore
di rilievo essenziale per una nuova fase politica nell’America latina», rappresentava,
così come del resto rimarcato dal governo italiano, già in occasione della visita di
37 Cfr. G. Lauzi, Italia-Argentina, cit.
38 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1987%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politica%20
estera%20dell’Italia.pdf; https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/271009.pdf (ultimo accesso 8 novembre
2023). Si veda anche M. Cabeza, Las relaciones entre Argentina e Italia: el quiebre histórico que introduce el gobierno
de Raúl Alfonsín, in «Ciclos en la historia, la econonomía y la sociedad», 2/2022, pp. 123-147.
39 https://legislature.camera.it/chiosco.asp?source=/altre_sezionism/10195/10207/10208/documentotesto.asp&content=/_dati/leg10/lavori/schedela/trovaschedacamera.asp?pdl=3128;https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/
DF/271009.pdf.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
74
Caputo a Roma del 29-30 aprile 1987, la «condizione permanente dell’espansione
delle relazioni tra i due Paesi».40
Insieme a questo trattato furono firmati poi undici importanti accordi di natura amministrativa, tra cui quello inerente allo scambio degli atti dello stato civile e la convenzione di estradizione.41 Nell’occasione, il Presidente della Repubblica, Francesco
Cossiga, celebrò la solidità dell’amicizia italo-argentina e la piena sintonia di vedute,
dicendo che Argentina e Italia guardavano all’altra specchiandosi in se stesse e che
Roma non considerava assolutamente il debito di Buenos Aires un problema di natura esclusivamente finanziaria. Per il Capo dello Stato, si trattava infatti di un’emergenza complessa, da affrontare «in una visione di aiuto allo sviluppo», in grado di
contribuire «ad una maggiore stabilità internazionale»42.
In questo clima di piena intesa e massima collaborazione tra Italia e Argentina, il
15 aprile 1988 Roma fu teatro di un incontro tra Andreotti e il vicepresidente argentino, Víctor Martínez, che si confrontarono sulle prospettive di sviluppo dell’interscambio commerciale tra i due paesi e sulle iniziative in parte già avviate sul fronte della
cooperazione tecnologica, anche allo scopo di sostenere la crescita delle imprese
argentine.43
Fu però in autunno che i due governi tornarono ad affrontare più approfonditamente le conseguenze operative dell’importante trattato di associazione firmato l’anno
prima, dopo l’importante missione a Buenos Aires del vicepresidente del Consiglio,
Gianni De Michelis che, tra il 29 agosto e il 1° settembre, incontrò il presidente Alfonsín e il ministro degli Esteri Caputo.44 In questa scia, tra il 16 e il 19 ottobre 1988,
il ministro della Difesa Valerio Zanone incontrò l’omologo argentino, Horacio Juanarena, e il presidente Alfonsín per firmare alcune lettere di intenti sulla cooperazione
tecnologica e militare e sullo scambio di know-how nell’ambito della formazione delle
forze armate, mentre il 3 novembre il segretario di Stato all’Istruzione, Stubrin, emanò
l’importante risoluzione 1813, che ripristinava l’insegnamento obbligatorio della lingua italiana nelle scuole pubbliche argentine, all’interno delle quali, nel 1941, questa
materia era stata declassata a facoltativa. Si trattò dunque di un risultato molto importante che, anche a livello culturale, certificava la solidità e la profondità dei legami
esistenti tra Italia e Argentina.45
40 Ibid.
41https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1988/12/14/088G0592/sg;https://legislature.camera.it/chiosco.asp?source=/altre_sezionism/10195/10207/10208/documentotesto.asp&content=/_dati/leg10/lavori/schedela/trovaschedacamera.asp?pdl=4971;https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/267897.pdf;https://www.
gazzettaufficiale.it/eli/id/1992/03/10/092G0230/sg.
42 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1987%20Testi%20e%20Documenti%20sulla%20politica%20estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 7 novembre 2023).
43 https://www.farnesina.ipzs.it/images/biblioteca/testi/1988%20Testi%20e%20documenti%20sulla%20politica%20
estera%20dell’Italia.pdf (ultimo accesso 8 novembre 2023).
44 Ibid.
45 Ibid.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
75
Nel momento di massima intesa tra i due paesi, una settimana dopo la visita a
Buenos Aires della presidente della Camera, Nilde Iotti, tra il 21 e il 23 novembre
1988 Alfonsín fu impegnato in quella che sarebbe stata di fatto la sua ultima visita di
Stato in Italia. L’occasione si caricò quindi di un importante valore simbolico, abbinato naturalmente a una forte rilevanza politica. All’esito del colloquio avuto col presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita, fu infatti decisa l’istituzione di un Segretariato
Permanente italo-argentino che, composto da alti funzionari diplomatici e ministeriali
dei due paesi, avrebbe dovuto dare effettiva attuazione agli impegni e ai programmi
previsti dal trattato di associazione particolare, firmato l’anno prima.
L’incontro che Alfonsín ebbe in occasione di questa visita a Roma con il Capo
dello Stato rappresentò quindi l’atto conclusivo di una stagione davvero intensa e
fondamentale soprattutto per la crescita e il rafforzamento dei rapporti italo-argentini.
L’uscita di scena dell’uomo della speranza, del rifondatore della democrazia argentina, ufficializzata tra giugno e luglio del 1989, fu lì per lì salutata con una certa preoccupazione sia in madrepatria sia in Italia, intravedendo in essa il cattivo presagio di
reflussi autoritari e l’inverarsi soprattutto di una sorta di maledizione per l’Argentina,
considerata così fragile da non reggere al normale avvicendamento di uomini e governi in un quadro di stabilità e continuità delle istituzioni democratiche del paese.
Basti solo pensare, per esempio, a quanto scriveva allora sulle pagine de «La Stampa» Mimmo Candito:
La lunga maledizione storica che da 60 anni stronca i percorsi istituzionali dei
presidenti della nazione argentina ha prevalso ancora una volta, e ancora una volta
un presidente deve lasciare la Casa Rosada prima della fine naturale del mandato.
Questa volta non sarà né per un golpe né per una morte prematura, ma ugualmente
Raúl Alfonsín, l’altra notte, con un drammatico discorso alla nazione dagli schermi
della tv, ha annunciato le dimissioni anticipate […]. L’Argentina è allo sbando […].
Ora le speranze di recupero sono affidate tutte a Menem, ma tempi amari si preparano
ancora per il paese.46
Il passo indietro di Alfonsín, che anticipò di sei mesi il passaggio di consegne
con Carlos Menem, uscito vincitore dalle elezioni di maggio, al fine di garantire la
massima serenità possibile al normale processo di transizione politica conseguente
a ogni consultazione elettorale che si concluda con la sconfitta del partito di governo
in carica, rappresentò al contrario la scelta migliore per puntellare le istituzioni democratiche argentine, ripristinate solo sei anni prima. A dare quindi una chiave di lettura
equilibrata e puntuale di questo importante passaggio, sottolineando a ragione il valore e la caratura del profilo umano e politico di Raúl Alfonsín fu Giorgio Lauzi, attento
osservatore, per l’organo di stampa del PSI, dei problemi sindacali e delle vicende
46 M. Candito, Alfonsín abdica, Menem eredita il caos, in «La Stampa», 14 giugno 1989.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
76
politiche internazionali, che così si esprimeva sulle pagine dell’«Avanti!»:
Allo stato dei fatti ci sembra che non si debbano fare confusioni tra la gravità
della situazione economica e un ricambio presidenziale che avviene con tutti i crismi
della democrazia […]. La tentazione a drammatizzare è sempre forte, ed ecco
che un commentatore ha detto che la maledizione dell’Argentina, cioè la cronica
incapacità di concludere un mandato presidenziale, si è ripetuta una volta di più […].
Francamente ci sembra che l’aver voluto garantire al paese un governo stabile e la
operatività del presidente eletto, sia un atto di responsabilità e di serietà politica, non
la rassegnazione a una maledizione antica. Il grande merito di Alfonsin resta semmai
quello di aver contribuito a cancellare questa maledizione, garantendo l’equilibrio
democratico, libere elezioni, la piena vigenza dello stato di diritto. Menem e il suo
governo possono contare su un paese più maturo e questo aspetto della presidenza
Alfonsin merita di essere ricordato con apprezzamento e fiducia.47
Uscendo di scena nel più rigoroso rispetto delle regole democratiche, che egli
stesso aveva contribuito a ripristinare, Alfonsín contribuì infatti a mettere in sicurezza
lo stato di diritto in Argentina ed assicurò in questo modo al suo popolo una prospettiva di continuità dinamica sul fronte delle relazioni con i paesi più industrializzati e
l’Italia in particolare, che proprio nella tenuta complessiva del sistema democratico
aveva posto la condizione indispensabile per l’effettiva implementazione degli accordi sottoscritti con il governo di Buenos Aires.
47 G. Lauzi, Da Alfonsín lezione di democrazia, in «Avanti!», 2 luglio 1989.
Rivista di Ricerca e Didattica Digitale #6 – Anno III – 2023 - ISSN 2785-3977
77