Italian foreign policy

АННОТАЦИЯ. Монография Т. В. Зоновой «История внешней политики Италии»* является продолжением серии книг, посвящённых истории внешней политики стран мира. В своё время большой вклад в изучение истории и политической жизни Италии внесла советская школа итальянистики, зародившаяся благодаря Каролине Мизиано – дочери одного из основателей итальянской компартии, эмигрировавшего в СССР. Начиная с 60-х годов происходит как интенсификация контактов между СССР и Италией, так и появляется целый пласт научной литературы об Италии.

ietro Quaroni nacque a Roma nel 1898 1 . La famiglia, di lontane origini nobiliari piemontesi, si era stabilita ad Anzino, località nei pressi di Domodossola a metà del Seicento 2 . Nell'Ottocento i Quaroni erano una famiglia borghese, che viveva del proprio lavoro nell'ambito delle professioni. Nella prima metà del XIX secolo si trasferirono a Roma e il nonno di Pietro, Pietro Maria, ingegnere, entrò al servizio del governo pontificio e fu responsabile della costruzione della prima ferrovia del Vaticano. Il padre di Pietro, Giuseppe, anche lui ingegnere-architetto, sposò a Roma Sofia Seitz, appartenente a una famiglia di pittori di origine bavarese, poi scesi a Roma. Il padre di Sofia, appartenente alla scuola pittorica nazzarena, Accademico di S. Luca, dipinse l'imponente cappella tedesca del Duomo di Loreto. Altri suoi dipinti e affreschi sono visibili nelle chiese di Roma, in particolare l'affresco di una delle cappelle della chiesa Santa Maria dell'Anima, centro religioso della comunità cattolica tedesca nella capitale. Fu anche, per un periodo, direttore dei Musei Vaticani.

Venerdì 16 Dicembre 2016, 14-16. Aula 16, DISPO, Albergo dei Poveri

Il workshop ha l’obiettivo di illustrare l’attuale processo di evoluzione della politica estera e difesa italiana. La crescente instabilità regionale e globale ha sollevato una rinnovata attenzione sui temi della politica internazionale. Che ruolo svolge l’Italia in tale contesto? Quali sono state le principali scelte compiute dal governo Renzi in materia di difesa e politica estera? Come valutare i risultati ottenuti? Il workshop, attraverso il confronto tra prospettive diverse, cerca di rispondere a queste domande.
L’incontro si svolge all’interno del ciclo di seminari “Guerra, Pace e Sicurezza alle porte del Mediterraneo” che si pone lo scopo di approfondire i temi relativi all’evoluzione della sicurezza internazionale attraverso una serie di incontri, workshop e convegni con accademici, politici, giornalisti, esperti e practitioner del settore. Tali eventi, direttamente collegati al corso “Guerre, Conflitti e Costruzione della Pace”, sono aperti a tutti gli studenti.

Koristeći se talijanskim diplomatskim dokumentima u ovome radu prikazuje se i analizira talijanska vanjska politika prema jadranskom pitanju od izbijanja Prvoga svjetskog rata do zaključenja Londonskog ugovora u travnju 1915. Kada je rat zatekao Italiju na strani Centralnih sila, ona se proglasila neutralnom, računajući pritom ponajprije na razvoj jadranskog pitanja nakon rata. Za Italiju je dvojba bila sljedeća: ili će na Jadranu dominirati ojačana Austro-Ugarska (ako pobijedi u ratu) ili će Jadranom dominirati velika slavenska država (ako se Monarhija raspadne uslijed ratnog poraza). Rad slijedi pregovore Italije s Antantom, prikazujući taktiziranje s teritorijalnim zahtjevima koje je Italija tražila kao zadovoljštinu za ratni angažman protiv vlastitih saveznika – Austro-Ugarske i Njemačke. Ističu se različiti pogledi koje su na jadransko pitanje imali ministri vanjskih poslova Antonio San Giuliano i njegov nasljednik Sidney Sonnino koji pak je bio inspirator i kreator pregovora s Antantom i u konačnici postignutog dogovora nazvanog Londonski ugovor.

How to reconcile a European policy in the Mediterranean
able to involve Egypt as a reliable partner and, at the same time, to ensure the promotion of essential European values in the field of civil and political rights? Where and how can the EU act to incorporate Egypt into a process of regional integration and cooperation on issues of shared importance? How can the EU deal with its loss of leverage in Egypt and in the region as a whole? Will heads of member states continue to look the other way as private sector bilateral deals are signed with a military regime systematically targeting the rights of Egyptian citizens? For European policy makers these issues raise further questions related to broader foreign policy strategy, commitment to deeper democracy, and the kind of relationship we want to maintain with Egypt.

Tesi di Laurea triennale in Storia delle Relazioni Internazionali
Relatore: Ch.mo Prof. Paolo Wulzer

Questa tesi ha per oggetto l’analisi della politica estera italiana nel contesto della crisi in Ucraina. Tra le diverse tensioni geopolitiche che affliggono la comunità transatlantica e la Federazione russa sulla scena mondiale, la crisi ucraina, anche se gradualmente trascurata e accantonata dai media internazionali, continua a rappresentare una delle principali fonti di discordia tra un Occidente sempre meno coeso e una Russia sempre più assertiva nella costante ricerca di un nuovo equilibrio internazionale di potere.

Lo shock petrolifero scatenato dall'offensiva dello Yom Kippur generò pesanti conseguenze sul sistema produttivo-fi nanziario italiano, ma costituì soprattutto un banco di prova decisivo per la compagnia di bandiera italiana. Sin dagli esordi della crisi, che ebbe una sua prima concreta manifestazione per mezzo delle risoluzioni della Conferenza OPEC di Caracas (dicembre 1970), l'ENI cercò di caratterizzare positivamente la propria posizione, tentando di differenziarsi dalle altre società petrolifere occidentali. L'ente italiano non sottoscrisse la lettera comune che le società inviarono nel gennaio del 1971 ai rappresentati dei Paesi del Golfo riuniti a Teheran, dunque, non aderì al fronte comune, denominato Gruppo di Londra, che le Compagnie tentarono di contrapporre al cartello dei produttori. Nonostante le sollecitazioni provenienti dalle Compagnie, l'ENI e l'ERAP francese non sottoscrissero quel documento. Da parte italiana, la risposta non venne argomentata per non trasformare la mancata adesione in un atto rivolto contro le Compagnie, lasciando tuttavia i produttori liberi d'interpretare quella scelta nei termini di un rifi uto ad aderire al fronte delle major. In realtà, gli interessi più sensibili per l'Italia e la Francia si concentravano nel bacino Mediterraneo -non nel Golfo -e la dirigenza della società pubblica italiana tentò in quel modo di prendere tempo al fi ne di poter meglio affrontare la congiuntura negativa per il sistema energetico italiano( 1 ).

La politica di cooperazione internazionale per lo sviluppo costituì parte rilevante dell'attenzione riservata all'Africa post-coloniale dai paesi Occidentali. Confrontarsi con il continente nero significava misurarsi con il processo di decolonizzazione e con il problema del sottosviluppo e della ricerca di modelli di riferimento per la modernizzazione del Terzo Mondo. Per l'Occidente, l'onere di recepire le istanze di revisione del sistema economico internazionale era, inoltre, legato all'esigenza di allargare il perimetro del contenimento della penetrazione comunista nel Terzo Mondo anche all'Africa, che ne rappresentò uno dei campi d'azione principali 1 . Negli anni Cinquanta, quando ebbe origine la prima istituzionalizzazione delle politiche di cooperazione, sia a livello statale che da parte delle organizzazioni internazionali, l'Italia stentò ad accogliere quel nuovo capitolo delle relazioni internazionali e nei confronti del continente africano mantenne un interesse legato alle regioni di attenzione tradizionale del paese, come il Corno d'Africa e il bacino mediterraneo. Le risorse a disposizione, le strutture preposte all'assistenza e la mentalità della classe dirigente manifestarono sin dagli esordi i limiti della politica di sostegno alle ragioni dell'indipendenza e dello sviluppo del Terzo Mondo di cui si era nutrita la scelta anticolonialista italiana. Da un punto di vista economico, il paese non era ancora pronto ad assumersi gli oneri legati al foreign aid. Nell'immediato dopoguerra, infatti, era stato beneficiario di assistenza internazionale, che costituì risorsa irrinunciabile per il proprio processo di modernizzazione. La classe dirigente repubblicana intese affrontare e risolvere le problematiche della ricostruzione e dello sviluppo economico-sociale interno secondo i termini dell'interdipendenza fra sistema nazionale e dimensione internazionale. Il tema della liberalizzazione degli scambi e del mercato del lavoro a livello globale, unito all'interesse per lo sviluppo delle proprie aree arretrate, fu costantemente posto all'attenzione dei partner internazionali durante l'intero decennio post-bellico, a livello bilaterale ma soprattutto multilaterale, portando al tavolo delle trattative le proprie istanze di crescita e sviluppo interno, che in quella fase erano prioritarie rispetto al tema dello sviluppo del Terzo Mondo 2 . Negli anni Cinquanta il paese contava, dunque, sugli aiuti che poteva ricevere da singoli donatori o da organizzazioni internazionali piuttosto che immaginare un suo ruolo nel campo della cooperazione. Quando, a partire dalla seconda metà del decennio, cominciarono ad evidenziarsi i primi segnali del boom economico, la classe dirigente italiana non riuscì a mutare l'originaria impostazione. La volontà di capitalizzare la dimensione geopolitica di paese mediterraneo, anticolonialista e con un'esperienza diretta di sottosviluppo, che la candidava ad essere interlocutore dei nuovi soggetti politici sorti dal processo di decolonizzazione e che era alla base della formula del neoatlantismo, non si tradusse in un impegno costante, programmato e ben 1 Sul nesso fra aiuti allo sviluppo e guerra fredda si vedano, ad esempio, D. K. . Per uno sguardo sulle esperienze di diversi paesi occidentali si vedano L. Tosi, L. Tosone (a cura di), Gli aiuti allo sviluppo nelle relazioni internazionali del secondo dopoguerra. Esperienze a confronto, Padova, Cedam, 2006; P. HOEBINK-O. STOKKE, (eds.), Perspectives on European Development Co-operation. Policy and Performance of Individual Donor Countries and the EU, London and New York, 2005; e il numero monografico della rivista Contemporary European History, vol. 12, no. 4, 2003. 2 Su questo aspetto ci permettiamo di rinviare al nostro Alle origini dell'impegno dell'Italia all'Onu per l'assistenza al Terzo mondo: dall'EPTA al SUNFED, in L. Panella, E. Spatafora (a cura di), Studi in onore di Claudio Zanghì, vol. III: Organizzazione Internazionale e Diritto dell'unione europea, t. 1, Torino, Giappichelli, 2011, pp. 317 -347.

Il contributo dei liberali italiani al processo di integrazione europea nel secondo dopoguerra si inserisce nel contesto del dibattito sul nuovo ordine mondiale e sulla collocazione internazionale del paese che coinvolse un'intera generazione di politici ed intellettuali antifascisti. Pur occupando un ruolo minoritario rispetto ai grandi partiti di massa, gli esponenti del PLI, insieme alla schiera di partiti laici, diedero un contributo importante all'europeismo italiano, possedendo un retroterra culturale che li rendeva fisiologicamente portati a concepire l'orizzonte europeo in chiave unitaria e a legarlo al progetto di modernizzazione e di rinnovamento democratico del paese 1 . Ripercorrendo la tradizione liberale risorgimentale attraverso l'ampliamento e la rie-1 Sul ruolo dei liberali a partire dal secondo dopoguerra si vedano i due volumi dal titolo I liberali italiani dall'antifascismo alla Repubblica, vol. 1, a cura di F. GRASSI ORSINI, G. NICOLOSI, Soveria Mannelli, 2008; e I liberali italiani dall'antifascismo alla Repubblica, vol. 2, a cura di G. BERTI, E. CAPOZZI, P. CRAVERI, Soveria Mannelli, 2010. Il partito liberale nell'Italia repubblicana. Guida alle fonti archivistiche per la storia del PLI. Atti dei Congressi e Consigli nazionali, Statuti del PLI, 1922-1992, a cura di G. ORSINA, Soveria Mannelli, 2004, che contiene un'utile appendice documentaria in Dvd-Rom. A. JANNAZZO, Il liberalismo italiano del Novecento. Da Giolitti a Malagodi, Soveria Mannelli, 2003; ID., Il partito liberale, in I partiti politici dell'Italia Repubblicana, a cura di G. NICOLOSI, Soveria Mannelli, 2006, pp. 275-312. Si vedano anche i due fascicoli della rivista «Ventunesimo Secolo», dedicate a I liberali e la repubblica. Una storia da scrivere, 4, 8, ottobre 2005, e a I liberali nella Repubblica: l'alternativa sconfitta, 7, 15, gennaio 2008. Più in generale, sul ruolo dei partiti laici cfr. Y. GUAIANA, L'Europa dei laici nella fase aurorale del processo di integrazione, in Entscheidung für Europa -Decidere l'Europa. Erfahrung, Zeitgeist und politische Herausforderungen am Beginn der Europäischen Integration -Esperienza, mentalità e sfide politiche agli albori dell'integrazione europea, a cura di V. DEPKAT e P. GRAGLIA, Berlin, 2010, pp. 85-125. A. CHITI BATELLI, Liberali e laici di fronte all'Europa, P.L.I., P.R.I., P.S.D.I. e integrazione europea, Manduria, 1979, pp. 15, 29-30. laborazione condotta a partire dal primo dopoguerra da Luigi Einaudi, i liberali partirono dalla critica al dogma della sovranità nazionale che aveva costituito il nucleo della riflessione dello statista di Dogliani evidenziando la necessità storica della federazione europea in una prospettiva di rinnovamento nazionale ed internazionale esteso a tutti i settori della vita politica, economica, sociale 2 .

Because of its strategic position on the Eastern shore of the Adriatic Sea, Albania played a key role in the Italian diplomatic strategy since the second half of 19th century. This paper aims at investigating all phases of Italy's foreign policy towards Albania during the period 1871-1915. More specifically, it attempts to shed new light on how the Albanian question influenced the path that led the government of Rome to sign first the Treaty of the Triple Alliance with Austria-Hungary and Germany (1871-1882), then the agreement for the maintenance of the status quo in Albania with the Hapsburg Empire (1882-1897) and finally the Pact of London with the Triple Entente (1897-1915).

39°39°l e operazioni interforze e multinazionali nella storia militare le operazioni interforze e multinazionali nella storia militare Joint and combined operations in the history of warfare Les opérations muLtinationaLes et interarmées dans L'histoire miLitaire Joint and combined operations in the history of warfare Les opérations muLtinationaLes et interarmées dans L'histoire miLitaire ACTA ACTA Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Tomo II Tomo II CIHM M i n i s t e r o d e l l a d i f e s a

L'Italia repubblicana ha dimostrato di considerare le organizzazioni internazionali come luoghi particolarmente congeniali alla realizzazione di importanti obiettivi di politica estera. Come media potenza, essa ha utilizzato gli strumenti del soft power, riuscendo, a livelli e con risultati diversi, a soddisfare esigenze vecchie e nuove del paese, sia nel settore della sicurezza collettiva che in quelli della cooperazione economica e sociale 1 . Lo slancio internazionalista consacrato dalla costituzione repubblicana 2 e la volontà di perseguire una politica di integrazione e cooperazione a livello europeo ed internazionale hanno consentito di completare l'opera di ricostruzione nazionale 3 , contribuendo, soprattutto nel caso delle scelte atlantica ed europeista, alla definizione dell'identità nazionale della nuova repubblica 4 . Fra le organizzazioni internazionali, l'Onu ha senza dubbio rappresentato un punto di riferimento costante della politica estera italiana. Prima dell'ammissione, l'attenzione per l'organismo risultò funzionale ai fini della completa riabilitazione politica e morale del paese e al riconoscimento della svolta democratica operata dalla classe dirigente antifascista. Con l'ingresso nell'organizzazione, l'interesse assunse aspetti in parte nuovi, connessi sia alle trasformazioni internazionali in atto a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta e ai loro riflessi sulla politica estera italiana, sia all'interesse suscitato da una serie di dibattiti che si tenevano a New York e ai quali il governo di Roma aspirava a partecipare 5 . Il clima della prima distensione e la progressiva globalizzazione del conflitto bipolare aprivano nuove prospettive al confronto Est-Ovest: il processo di decolonizzazione, giunto alla sua fase più matura, e la prima affermazione del neutralismo organizzato, sancito dalla conferenza di Bandung del 1955, mostravano scenari inediti, all'interno dei quali si realizzava la 1 L. Tosi, E. Costa Bona, L'Italia e la sicurezza collettiva. Dalla Società delle Nazioni alle Nazioni Unite, Perugia, Morlacchi, 2007, p. 9. Sulla propensione dell'Italia repubblicana per la cooperazione multilaterale cfr. C. GUAZZARONI, La diplomazia multilaterale, in E. SERRA (a cura di), Gli ambasciatori italiani e la diplomazia oggi, Milano, Angeli, 1986, pp. 101-104; L. Tosi, Alle origini della politica estera della repubblica. L'Italia e la nascita dell'ONU. "La Comunità Internazionale", LIX, 2004, 3, pp. 419-461; ID, La cooperazione internazionale: una costante nelle relazioni internazionali dell'Italia, in ID (a cura di), L'Italia e le organizzazioni internazionali. Diplomazia multilaterale nel Novecento, Padova, Cedam, 1999, pp. XXII-LII; ID, La politica di cooperazione internazionale dell'Italia: autonomia, interdipendenza e integrazione, in ID (a cura di), Politica ed economia nelle relazioni internazionali dell'Italia del secondo dopoguerra. Studi in ricordo di Sergio Angelini, Roma, Studium, 2002, pp. 87-140. 2 M de Leonardis, Costituzione, politica estera e scenario internazionale, in Costituzione e difesa, Roma, Istrid, 1997, pp. 65-78. A Cassese, Politica estera e relazioni internazionali nel disegno emerso alla Assemblea Costituente, in U. DE SIERVO (a cura di), Scelte della Costituente e cultura giuridica. Protagonistie momenti del dibattito costituzionale, Mulino, Bologna, 1980, pp. 505-549. 3 Sul concetto di nation-building, riferito al percorso di integrazione europea, cfr. le riflessioni di F. Romero, L'Europa come strumento di nation-building: storia e storici dell'Italia repubblicana, in "Passato e Presente", XIII, 1995, n. 36, pp. 19-32. 4 A. Brogi, Tra ruolo e identità: una chiave interpretativa delle relazioni Italia-Stati Uniti negli anni Cinquanta, in A. Giovagnoli, L. Tosi (a cura di), Un ponte sull 'atlantico. L'alleanza occidentale 1949-1999, Milano, Guerini, 2003. Per un'interpretazione diversa, che sottolinea invece la snazionalizzazione della politica italiana generata dal clima della guerra fredda, si vedano E. Galli della Loggia, La morte della patria, Roma-Bari, Laterza, 1996; R. DE FELICE, Rosso e nero, a cura di P. Chessa, Milano, Baldini e Castaldi, 1995; e A. PANEBIANCO, Guerrieri democratici: le democrazie e la politica di potenza, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 227-250. 5 Le questioni alle quali si fa riferimento erano, in particolare, quelle del disarmo, dell'utilizzo pacifico dell'energia atomica e dell'assistenza alle aree arretrate. Per una disamina più ampia delle motivazioni dell'interesse italiano per l'Onu nel secondo dopoguerra ci permettiamo di rinviare al nostro L'Italia e l'Onu negli anni della coesistenza competitiva (1955)(1956)(1957)(1958)(1959)(1961)(1962)(1963)(1964)(1965)(1966)(1967)(1968), Padova, Cedam, 2007, capitolo primo. 6 E. Di Nolfo, La "politica di potenza" e le formule della politica di potenza. Il caso italiano (1952)(1953)(1954)(1955)(1956), in Id et alii (a cura di) L'Italia e la politica di potenza in Europa (1950-60), Milano, Marzorati, 1992 Sul neoatlantismo cfr. il volume di E. Martelli, L'altro atlantismo. Fanfani e la politica estera italiana (1958)(1959)(1961)(1962)(1963), Milano, Guerini, 2008. Cfr. anche le considerazioni contenute in BAGNATO, Introduzione a I diari di Luca Pietromarchi…cit., pp. XXIV-XXVI.

Απόφοιτος Τουρκικών Σπουδών, κάτοχος Μεταπτυχιακού Διπλώματος (ΜΑ) στις Διεθνείς και Ευρωπαϊκές Σπουδές, Υποψήφιος Διδάκτωρ στο Τμήμα Πολιτικής Επιστήμης και Ιστορίας του Πάντειου Πανεπιστημίου. Αυτές τις μέρες συμπληρώνονται εξηντά εφτά χρόνια από την επίσημη παράδοση των Δωδεκανήσων στην Ελλάδα, της τελευταίας περιοχής που ενσωματώθηκε στο ελληνικό κράτος. Τα νησιά είχαν καταληφθεί από τους Οθωμανούς Τούρκους το 1522, μετά από πεντάμηνη πολιορκία που έληξε με την άλωση της Ρόδου και την παράδοση των Ιωαννιτών Ιπποτών, οι οποίοι βρήκαν έκτοτε καταφύγιο στη Μάλτα. Έκτοτε, και για περίπου τέσσερις αιώνες παρέμειναν τουρκικά, έως ότου οι Ιταλοί αποβίβασαν στρατεύματα και τα κατέλαβαν το Μάιο του 1912, σε μια απόπειρα να εκβιάσουν το τέλος του ιταλοτουρκικού πολέμου που είχε ξεκινήσει στη Λιβύη μερικούς μήνες νωρίτερα. Με βάση τη Συνθήκη του Ουσύ, που τερμάτιζε τον πόλεμο αυτό (18 Οκτωβρίου 1912), οι Ιταλοί δεσμεύονταν να επιστρέψουν τα νησιά την Τουρκία, αλλά εκμεταλλευόμενοι την έκρηξη των Βαλκανικών Πολέμων καθυστέρησαν την αποχώρησή τους, στερώντας την Ελλάδα από τη δυνατότητα να τα καταλάβει, όπως έκανε με τα υπόλοιπα νησιά του ανατολικού Αιγαίου (Λήμνο, Σαμοθράκη, Ίμβρο, Τένεδο, Λέσβο, Χίο, Σάμο και Ικαρία). Η Ιταλία εξακολούθησε να κατέχει τα νησιά κατά τη διάρκεια του Α' Παγκοσμίου Πολέμου, αλλά στο τέλος αυτού και με βάση τη Συμφωνία Βενιζέλου-Τιτόνι (29 Ιουλίου 1919) δέχτηκε να τα παραχωρήσει στην Ελλάδα -εκτός της Ρόδου-, υπό την προϋπόθεση ότι θα ικανοποιούνταν οι εδαφικές της βλέψεις στη Μικρά Ασία. Αυτό ωστόσο δε συνέβη, και έτσι η Ιταλία υπαναχώρησε από τη συμφωνία και προσάρτησε επίσημα τα νησιά με τη Συνθήκη της Λωζάννης (24 Ιουλίου 1923), τα οποία μετονομάστηκαν «Ιταλικά Νησιά του Αιγαίου» (Possedimenti Italiani dell' Egeo). 1 Κατά το επόμενο διάστημα, η φασιστική πλέον Iταλία εγκαινίασε ένα ευρύ πρόγραμμα «εξιταλισμού» των Δωδεκανήσων υπό την διοίκηση των Mario Lago και Cesare de Vecchi, οι οποίοι ενθάρρυναν την έλευση εποίκων από την μητρόπολη και προέβησαν σε σημαντικές παρεμβάσεις στο αστικό τοπίο της Ρόδου και της Κω, καθώς και στην εκπαίδευση και τα θρησκευτικά 1 Στο πλαίσιο αυτό, πολλά νησιά απέκτησαν επίσημα ιταλικά ονόματα, και έτσι η Ρόδος έγινε Rodi, οι Λειψοί Lisso, η Τήλος Piscopi, η Αστυπάλαια Stampalia, και η Κάρπαθος Scarpanto.

Are populist governments harbingers of foreign policy disruption? The foreign policy of western Europe's first all-out populist coalition government constitutes a good window to address this question. Italy's ‘Yellow–Green’ government's decision to embrace China's Belt and Road Initiative (BRI) in 2019 has been understood as an important rupture from Italy's traditional Euro-Atlantic foreign policy. On the basis of substantial empirical research, especially elite interviews and official documentation, this article finds instead continuity with previous administrations' overtures to Beijing, including non-opposition from the EU and active engagement by the bureaucratic establishment. This article makes a contribution to the study of populism and foreign policy by positing that political marketing constitutes the key intervening variable that accounts for populist governments' rhetorical differentiation to local electorate and international counterparts alike. The Italian case demonstrates that populist ‘ruptures’ may well be about style and electioneering tactics, over substance and policy strategy. Considering the still growing number of governments that decide to sign into the BRI, most lately that of Argentina, policy-makers and observers ought to assess to what extent these are real commitments, or rather a smokescreen of marketing practices that does not change the relationship between China and the target country in any substantial manner.

Atlantismo ed europeismo, insieme alla fedeltà alle Nazioni Unite, costituirono i punti fermi della politica estera del Pli nel secondo dopoguerra 1 . Essi rappresentarono tre aspetti di una più generale vocazione, tesa alla valorizzazione e alla salvaguardia della solidarietà occidentale, condivisa anche dal liberale Gaetano Martino. A quella convinzione questi giunse attraverso un percorso politico e personale del tutto peculiare, cominciato nei primi decenni del XX secolo. Figlio dell'avvocato messinese Antonino, a più riprese sindaco della città dello stretto fra la fine dell'Ottocento e il primo ventennio del Novecento, il giovane Gaetano crebbe in un'agiata famiglia borghese di tradizione antifascista 2 . Negli anni della giovinezza non si accostò alla politica attiva, ma visse nell'ambiente familiare l'atmosfera della politica cittadina e condivise con il padre l'ultima stagione dell'opposizione al fascismo in Sicilia. Si dedicò invece alla propria formazione professionale, laureandosi nel 1923 in medicina all'Università di Roma, introdotto dal senatore siciliano e chirurgo di fama, Francesco Durante, e sostenuto da Giovanni Antonio Colonna di Cesarò, entrambi amici e compagni di avventure politiche del padre. Gaetano Martino scelse poi di specializzarsi in fisiologia umana presso la scuola romana di Giuseppe Amantea. Fra il 1923 e il 1934 egli approfondì gli studi medici presso varie realtà accademiche europee e sudamericane, esperienza che gli consentì di acquisire un'indubbia esperienza didattica e di ricerca 3 . Ritornato a Messina come straordinario di chimica biologica nel 1934, egli visse con insofferenza le intromissioni del regime nel mondo accademico. Pur seguendo la passione medica, dunque, non potè fare a meno di seguire i fatti della politica cittadina e nazionale, continuando ad esprimere giudizi negativi nei confronti del fascismo 4 . Subito dopo l'arrivo degli anglo-americani in città, Martino fu nominato rettore dell'Università di Messina dal comando alleato. Certamente, i ben noti sentimenti antifascisti e la stima di cui godeva presso gli ambienti accademici e politici locali lo candidarono a quella carica. Fu Stephan Garbutt, già console di Messina e all'estero dopo l'entrata in guerra dell'Italia, a fornire garanzia delle ottime credenziali di Martino 5 , che del resto quest'ultimo sembrò ampiamente confermare agli occhi delle autorità alleate 6 . La guida dell'ateneo peloritano e il più generale fermento politico seguito alla caduta del regime diedero la spinta finale al suo coinvolgimento nella politica attiva. Nel 1944 egli divenne esponente * Questo saggio è parte di un lavoro più ampio su Gaetano Martino e la politica estera italiana, relativo agli anni 1954-1967, di prossima pubblicazione. L'A. ringrazia la famiglia Martino per l'accesso alle carte personali dello statista siciliano, conservate presso l'Archivio Storico del Senato, e per l'ulteriore documentazione messa a disposizione di chi scrive. Al momento della consultazione, le carte erano ancora in fase di riordino. I riferimenti che seguono sono quindi da considerare provvisori.

€ 35,00 ISBN 978-88-6611-711-7 cacucci editore bari cacucci editore bari FRA DIPLOMAZIA E PETROLIO. ALDO MORO E LA POLITICA ITALIANA IN MEDIO ORIENTE (1963-1978) a cura di Federico Imperato, Rosario Milano, Luciano Monzali proprietà letteraria riservata

ANTONELLA ERCOLANI, L'Italia in Albania: la conquista italiana nei documenti albanesi (1939), Roma, Libera Università San Pio V, 1999. 7 Sulla questione del Kosovo, la letteratura si è accresciuta a dismisura durante e dopo la crisi balcanica di fine XX secolo. Sui precedenti storici del Kosovo, si rimanda agli ormai classici studi di MARCO DOGO, Kosovo. Albanesi e Serbi le radici di un conflitto, Marco, Lungro di Cosenza, 1992, che ha utilizzato ampiamente il materiale reperito negli archivi italiani e, per una ricostruzione più generale, a quelli di NOEL MALCOM, Storia del Kosovo. Dalle origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani, 1999, pp. 301-326, ROBERTO MOROZZO DELLA ROCCA, Kosovo. La guerra in Europa. Origini e realtà di un conflitto etnico, Milano, Guerini e associati, 1999, e MIRANDA VICKERS, Between Serb and Albanian.

An excerpt from my review p.634

"Italy and the Middle East is a comprehensive analysis of Italy’s diachronic involvement in
the Middle East. It is a collective volume written by prominent specialists that deal with all as-
pects of the foreign policy of Italy in the Middle East, the historical, the political, the strategic
and the fight against transnational terrorism as well.
I firmly believe that this book fills a gap in the international bibliography. More specifically,
the international literature on the Middle East is dominated by England’s and France’s role in
shaping the borders of the current Middle East state system. Two great powers, whose their political
strategies in the region especially after the First and Second World Wars, but also during
the Cold War era are criticized by many scholars as one of the causes for the political instability
that characterizes the Middle East until now.
In contrast as we are informed by this book, Italy’s foreign policy in the Middle East was
less biased and more constructive in regard with the regional conflicts in the region such as the
Israeli-Palestinian question where Italy followed a policy of equidistance. While not delegitimizing
the State of Israel, Rome followed a less biased foreign policy more towards the Arabs
and more sympathetic for the plight of the Palestinian people in particular."

FOTOGRAFIE 150 I N D I C E 12] Circa la questione polacca alla Conferenza della Pace: The Reconstruction of Poland 1914-23, a cura di P. Latawski, London, MacMillan 1992; M. MACMILLAN, Parigi 1919. Sei mesi che cambiarono il mondo, cit., p. 269 e ss.; K. LUNDGREN-NIELSEN,

L'inizio del primo conflitto mondiale colse l'Etiopia in una delicata fase di transizione politica. Nel dicembre 1913 la morte di Menelik II, grande rifondatore dell'Impero etiopico sotto l'egida della dinastia scioana, e la successiva ascesa del giovane Ligg Jasu/Lji Iyasu/Ligg Iasù V al trono imperiale avevano scosso gli equilibri politici abissini. L'aristocrazia scioana e molti grandi capi regionali percepivano con diffidenza e scetticismo Ligg Jasu, ritenuto persona dal carattere instabile e poco equilibrato, in parte estraneo all'élite scioana e alle tradizioni imperiali e sostenitore di una linea di governo mirante alla pacificazione con le popolazioni islamiche sottomesse ( 1 ).

Volendo descrivere ed analizzare la politica estera dell'Italia in relazione all'Africa (e, più in generale, il rapporto storicamente intercorrente tra la nostra penisola ed il continente nero) si dovrà inizialmente affrontare una questione preliminare, ossia la definizione di "Africa".

Il tema di questo lavoro si incentra sul ruolo e i contributi del governo italiano alla transizione albanese, degli anni Novanta, da un regime totalitario ad uno democratico. Il contesto è quello delle grandi trasformazioni che investono il XX° secolo, con un’attenzione peculiare alla fase relativa alla fine della Guerra Fredda e i suoi effetti nelle relazioni tra i due blocchi. Lo scopo di questo elaborato è quello di cercare di analizzare in modo più dettagliato le relazioni italo-albanesi, in primis, i motivi che hanno portato l’Albania a chiedere aiuto proprio all’Italia, nonché come quest’ultima abbia cercato di far fronte all’emergenza, malgrado l’inesperienza in materia. Ho tentato di mettere in luce i vari fattori, sia nazionali sia internazionali, che hanno contribuito a formare le decisioni politiche dei principali attori presi in causa, per cercare di comprenderne le motivazioni alla base. In special modo, mi sono soffermata sulle questioni interne albanesi, sullo sviluppo del sistema politico del paese e delle sue figure principali, nonché sulla lotta tra le varie fazioni politiche, e infine, sul ruolo della popolazione locale nel determinare il crollo del regime comunista. Un focus importante è stato dedicato, inoltre, relativamente al fenomeno dell’immigrazione albanese in Italia, nei suoi picchi principali, e sulla capacità di gestire, in breve tempo, l’emergenza da parte del governo Andreotti.

La mia tesi di laurea triennale si pone l'obiettivo di spiegare quali siano state le ragioni e le conseguenze della trasformazione avvenuta nella politica estera italiana a seguito della fine del bipolarismo, analizzando nello specifico la diversa importanza assunta, in tale contesto, dal Mediterraneo.
La prima parte fornisce alcuni elementi necessari a comprendere l’influenza che lo spazio ha sulle azioni esterne degli stati e in particolare dell’Italia; inoltre, esamina il rapporto tra i tre pilastri (atlantico, europeo, mediterraneo)  della politica estera italiana durante la Prima Repubblica. La seconda parte verte sull’analisi dei cambiamenti avvenuti a partire dalla seconda metà degli anni ’70 nel sistema politico italiano da un lato e nel sistema internazionale e più specificamente nel Mediterraneo dall’altro, utilizzando la cornice teorica delineata nella prima parte per spiegare perché e in che modo essi abbiano agito in profondità sulla politica estera italiana, rendendo centrale la sua dimensione mediterranea. La terza parte infine spiega quale sia stata la traduzione pratica di tale nuova centralità, considerando il riorientamento del dispositivo militare italiano ed il suo crescente utilizzo nell’area mediterranea, sullo sfondo di una strategia di “multilateralismo attivo” quale naturale strumento di politica estera per una media potenza.

This book represents one of the first attempts to investigate the international activities of ENI (Ente
Nazionale Idrocarburi) during the decade following the death of his charismatic founder Enrico Mattei.

The test-case country used for this aim is Iran, one of the largest oil producers in the world at the time and
above all, the country where ENI signed one of the most famous and politically important agreement: the
75-25% agreement signed in 1957 between Mattei and the dispotic ruler of Iran, Shahanshah Aryamehr Mohammed
Reza Pahlavi.

During the early 60’s, in the aftermath of the shocking death of his leader, ENI faced the first important
company’s restructure that lead to a different way of operating both in the field of hydrocarbons and in
domestic affairs.

In the meantime Iran was experiencing a deep economic transformation due to the development of
national hydrocarbons reserves and industries, also creating new opportunities for ENI. At the same time the
world oil order went through a decade of  upheavals strictly connected with the troubles of the oil richest
region of the world, the Middle East.

Examining the dynamic framework between ENI and Iran, comparing lots of different variables and a
number of historical sources make this book a multidisciplinary tool in the study of ENI and of the oil world.

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