Omaggio a
Remigio Perchinunno
Parte II
Scritti in memoria
a cura di
A.A. Carrabba e L. Tafaro
L’opera è stata realizzata con il contributo del Comitato Regionale fra i Consigli
Notarili Distrettuali della Puglia.
Carrabba, Achille Antonio; Tafaro, Laura (a cura di)
Omaggio a Remigio Perchinunno
Parte II. Scritti in memoria
Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2022
pp. VIII+756; 24 cm
ISBN 978-88-495-4982-9
© 2022 by Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a.
80121 Napoli, via Chiatamone 7
Internet: www.edizioniesi.it
E-mail:
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I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi i
microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla siae del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 della
legge 22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra siae, aie, sns e cna, confartigianato,
casa, claai, confcommercio, confesercenti il 18 dicembre 2000.
Sommario
Parte I
Atti del Convegno
I ruoli giuridici nel diritto civile del postmoderno
A.A. Carrabba e M.C. Perchinunno (a cura di)
SEZIONE I
I ruoli professionali tra pluralismo
e complessità giuridica
Prof. Nicolò Lipari, I ruoli giuridici nel diritto civile del postmoderno
3
Prof. Gaetano Piepoli, La formazione tra tradizione e modernità
11
Dott. Enrico Scoditti, Il ruolo del precedente nel processo applicativo del diritto
17
Prof. Giacomo Porcelli, L’incidenza delle professioni nell’esperienza giuridica del postmoderno
25
Prof. Giampaolo Parodi, Il drafting legislativo: il linguaggio e
l’interpretazione
47
SEZIONE II
Operatori giuridici tra fonti e diritto vivente
Prof. Guido Alpa, L’avvocato e il diritto vivente
57
Prof. Massimo Palazzo, Pluralismo delle fonti e interpretazione: il
ruolo del notariato
65
Dott. Vito Guglielmi, Certezza dei traffici giuridici e massime notarili
83
© Edizioni Scientifiche Italiane
ISBN 978-88-495-4982-9
SEZIONE III
La specificità del ruolo del notaio oggi
Prof. Raffaele Lenzi, «Il notaio tra contratto e mercato» vent’anni
dopo
95
Dott. Francesco Saverio Perchinunno, Il notaio e la donazione
tra princìpi e valori
109
Prof. Ciro Caccavale, Trasferimenti gratuiti tra coniugi e obbligazioni naturali
119
Prof. Marco Tatarano, Mutuo di scopo e mutuo fondiario solutorio tra patologie e rimedi
131
Dott. Massimo Miano, Rassegna di casi ispettivi notarili
151
Parte II
Scritti in memoria
A.A. Carrabba e L. Tafaro (a cura di)
Prof. Adriana Addante, Modelli di acquisto graduale della proprietà nell’esperienza giuridica statunitense e contratto di Rent
to buy
193
Prof. Andrea Bucelli, Mercato delle imprese, patto di famiglia e fisco
215
Prof. Roberto Calvo, In claris non fit interpretatio: chiarezza
espositiva ed ermeneutica giuridica
233
Prof. Gabriele Carapezza Figlia, Rimedi contrattuali e disfunzioni delle locazioni commerciali. Problemi e limiti dell’attivismo
giudiziale nell’emergenza Covid-19
239
Prof. Nicolò Carnimeo e Avv. Claudio Spagnoletti, La pesca
illegale nelle aree marine protette. Analisi e strumenti normativi
di contrasto
253
Prof. Danila Certosino, Mediazione e processo penale: un connubio possibile
285
Prof. Renato Clarizia, I contratti di finanziamento e la crisi delle
“categorie”
309
Prof. Giorgio Costantino, Le ammissioni con riserva
329
Prof. Stefano Deplano, Collazione del danaro donato dal de
cuius ed interpretazione in chiave applicativa dell’art. 751 c.c.
359
Prof. Luca Di Nella, La disciplina dei servizi di pagamento (PSD2)
373
Prof. Giovanni Di Rosa, Relazioni familiari e sviluppo della persona
421
Prof. Enrico Antonio Emiliozzi, Conto corrente bancario o postale cointestato e solidarietà attiva: la difficile coesistenza della
giurisprudenza di legittimità con quella dell’arbitrato bancario
finanziario in caso di morte di un cointestatario
431
Prof. Paolo Gallo, Clausole generali e controllo contenutistico del
contratto
441
Prof. Gianvito Giannelli, Unità del sapere giuridico: spunti sul
ruolo dell’interprete nel diritto contemporaneo
467
Dott. Michele Labriola, Il “multiforme ingegno” del notaio nei
procedimenti di volontaria giurisdizione: parte istante, ausiliario
del giudice, difensore, pubblico ufficiale
479
Prof. Francesco Longobucco, Donazione con riserva di disporre
e sopravvenienze meritevoli nel rapporto: dal dogma dell’irrevocabilità alla gestione negoziale dell’effetto
499
Prof. Filippo Maisto, La ratio degli acquisti a non domino di diritti reali
519
Prof. Daniela Mastrorilli, Evoluzione ed “involuzione” degli
obblighi informativi nei contratti conclusi fuori dai locali commerciali, a distanza a distanza e del commercio elettronico: profili
ricognitivi ed evolutivi
535
Prof. Salvatore Mazzamuto, Tullio Ascarelli e Alberto Asquini:
un dibattito sulla codificazione all’ombra del fascismo
601
Prof. Ugo Patroni Griffi, Operazioni sulle proprie partecipazioni
da parte delle Srl PMI
609
Prof. Ferdinando Parente, La convivenza more uxorio tra fatto
e diritto
627
Prof. Salvatore Antonello Parente, L’estinzione dell’obbligazione tributaria per dazione in pagamento e per compensazione
649
Prof. Giuseppina Pellegrino, Le obbligazioni convertibili: “vecchi” e nuovi aspetti problematici
689
Prof. Francesco Perchinunno, Il processo di transizione dall’habeas corpus alla libertà personale
721
Dott. Francesco Petrera, La perdita del capitale: brevi riflessioni
sulla “cura” legislativa dell’emergenza
753
Prof. Antonino Procida Mirabelli di Lauro, Inadempimento e
causalità materiale nella responsabilità contrattuale sanitaria
769
Prof. Alberto Mattia Serafin, Profili ricostruttivi della sospensione della successione ex art. 463 bis c.c.
799
Prof. Sebastiano Tafaro, La vita oltre la vita. Il domani
839
Prof. Nicola Triggiani, Le riprese audiovisive dei dibattimenti: alla ricerca di un (difficile) equilibrio tra il diritto di cronaca,
il diritto alla riservatezza e la tutela del regolare svolgimento
dell’udienza e della serenità della decisione
857
Prof. Francesco Giacomo Viterbo, Sul deferimento ad arbitri
delle controversie condominiali
891
Prof. Fabrizio Volpe, Trasformazioni sociali, «valori» concorrenti
e uniformazione del diritto successorio
909
Prof. Alessio Zaccaria, Le variabili controparti del pactum fiduciae: “amici”, creditori… e donatari?
941
Paolo Gallo
Clausole generali e controllo contenutistico del contratto*
Sommario: 1. La modernità e la sua crisi. – 2. La postmodernità. – 3. Dopo la postmodernità. – 4. La buona fede limitativa. – 5. La derogabilità del principio di buona
fede. – 6. Squilibrio contrattuale e meritevolezza dell’interesse. – 7. La ragionevolezza
e le nuove clausole generali. – 8. Il principio di solidarietà. – 9. Il principio di proporzionalità.
1. Come è ben noto la modernità, giuridicamente parlando, inizia con
la rivoluzione francese e la conseguente età della codificazione1; prima della
rivoluzione francese in Europa era diffuso il feudalesimo ed il diritto comune, con tutti gli inconvenienti che già nell’età dei lumi molti pensatori
non avevano mancato di evidenziare2; l’estrema farraginosità di un sistema
giuridico estremamente complesso che si fondava non solo sul diritto romano, ma anche su di una miriade di commentari che si erano stratificati nel
corso del tempo, senza contare le consuetudini e le fonti locali, implicava
inevitabilmente un massiccio ricorso all’equità e come conseguenza ulteriore un’ampia discrezionalità dei magistrati, giudicata da taluni eccessiva. In
queste condizioni la rivoluzione francese ha determinato la fine dell’ancien
régime e come conseguenza ulteriore di tutto quanto era retaggio del mondo
medioevale e feudale, compreso il diritto comune. Dopo la rivoluzione francese, proprio per ovviare a tutta una serie di inconvenienti che connotavano
il diritto comune, inclusa l’eccessiva discrezionalità dei magistrati e la conseguente incertezza del diritto, venne avviato il progetto della codificazione
che sfociò nel cod. Nap. del 1804, grazie anche all’impulso decisivo dello
stesso Napoleone.
Finalmente con il passaggio dal diritto comune al codice tutto sembrava
cambiato, non solo sotto il profilo dei contenuti, con conseguente riaffermaQuesto lavoro è destinato agli studi in onore di Remigio Perchinunno.
P. Gallo, introduzione al diritto comparato, I, Grandi sistemi giuridici, 2ªed., Torino 2001.
2
L.A. Muratori, Dei difetti della giurisprudenza, 1742.
1 *
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paolo gallo
zione del principio di tipicità dei diritti reali, dell’assolutezza della proprietà,
dell’autonomia privata, del testamento e del conseguente divietò dei patti
successori, ma soprattutto sotto il profilo delle fonti del diritto e dei rapporti
tra legge e giurisprudenza; del resto Montesquieu aveva messo ben in chiaro
che i poteri dello stato, legislativo, esecutivo e giudiziario, devono essere ben
separati e soprattutto ciascuno al suo posto3; fondamentale in questa prospettiva è stato anche il contributo del penalista Paul Feurbach (1775-1833),
padre del filosofo Ludwig Feuerbach (1804-1872), il quale enunciò il famoso
principio nulla poena sine praevia lege. In queste condizioni veniva riaffermato il primato della legge, sia in ambito civile che penale, con la conseguente
necessità di ridimensionare i poteri del magistrato che secondo i dettami della
scuola dell’esegesi era soltanto la bouche de la loi. In questa prospettiva mentre compito del legislatore era fare le leggi, compito della giurisprudenza era
applicarle; ruolo dunque riduttivo della funzione giudiziaria, anche in forte
antitesi rispetto all’eccessiva discrezionalità che connotava la magistratura
nel diritto comune; proprio per evitare il ripetersi di determinati eccessi che
connotavano il diritto comune, compito del magistrato era unicamente quello di eseguire le leggi.
Sebbene questo sia il punto di partenza, in seguito molte cose sono cambiate; non tanto in ambito penale, dove il principio di legalità di matrice illuministica non è più stato superato, con conseguente scarsa rilevanza delle
clausole generali, ma soprattutto in ambito civilistico; può infatti dirsi che
dopo la parentesi costituita dal XIX secolo, vi è stato un progressivo recupero della discrezionalità dei magistrati, come è reso evidente dal fatto che
molti istituti nello stesso ordinamento francese sono di matrice puramente
giurisprudenziale, come per esempio l’abuso del diritto, gli atti emulativi,
l’apparenza, la responsabilità precontrattuale, l’arricchimento senza causa e
così via. Del resto si tratta di un fenomeno del tutto evidente anche in Italia, con la differenza peraltro che nel 1942 è stato sostituito il vecchio codice a modello francese del 1865 con un nuovo codice civile, sicuramente
più moderno ed aggiornato, che a quell’epoca poteva sicuramente apparire
all’avanguardia in Europa. Ma è proprio il fatto che nel XX secolo in Italia vi
era un codice ancora relativamente recente, specie se confrontato con quello
francese del 1804 e con quello tedesco del 1900, che per molto tempo è stato
possibile ribadire l’impostazione classica che sminuisce il ruolo dell’interprete e come conseguenza ulteriore quello della Costituzione e delle clausole
generali; è bensì vero che appena cinque anni dopo, nel 1947 è entrata in
vigore la Costituzione, la quale è sicuramente espressione di valori più innovativi di quelli tradizionali sottesi al codice; è però anche vero che è solo
3
Montesquieu, De l’esprit des lois, 1748.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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a partire dalle ultime decadi del XX secolo, in concomitanza alla progressiva
senescenza del codice, che si è giunti a sfruttare le notevoli potenzialità insite
nella Costituzione in una prospettiva evolutiva del diritto privato, nonché
in tempi ancora successivi delle clausole generali, il cui significato spesso e
volentieri è chiarito facendo riferimento ancora una volta ai principi costituzionali. In tutto questo è sicuramente possibile notare un certo ritardo specie
nei confronti della Germania, dove anche come conseguenza della maggior
senescenza del codice il ricorso alle clausole generali ed in particolare alla
buona fede è stato massiccio, già a partire dagli anni quaranta e cinquanta del
XX secolo. In Germania sono veramente innumerevoli gli istituti che sono
stati introdotti in via giurisprudenziale in applicazione del § 242 del BGB
che sancisce il principio di buona fede nell’esecuzione dei contratti, basti per
esempio pensare alla nullità delle clausole vessatorie nei contratti d’adesione,
alla revisione del contratto, alla Verwirkung e così via. In queste condizioni
può veramente dirsi che il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto costituisce un pilastro del diritto privato tedesco, il quale ha potuto
essere aggiornato in modo spontaneo da parte della giurisprudenza fino alla
riforma del 2002, la quale in molte occasioni si è limitata a recepire tutta una
serie di innovazioni che si erano giù verificate a livello giurisprudenziale,
come del resto è avvenuto anche in Francia in sede di riforma del codice
Napoleone del 2016.
Come dicevano in Italia è viceversa solo a partire dalle ultime decadi del
XX secolo che si è giunti a riconoscere le notevoli potenzialità insite nei principi della Costituzione ed è solo a partire dalle prime decadi del XXI secolo
che la giurisprudenza ha riscoperto le clausole generali; ne è conseguito un
maggior attivismo giudiziale che in alcuni casi è stato accolto con favore da
parte della dottrina ed in altri ha suscitato reazioni di segno opposto.
Ed è proprio in questo che si colloca il momento di transizione dalla modernità alla post modernità.
2. Mentre la modernità è strettamente legata all’ascesa dello stato assoluto moderno e quindi in ambito giuridico tende a svalutare le fonti non
autoritative, quali la consuetudine e la giurisprudenza, e ad esaltare la legge
ed i codici, in un’ottica di controllo il più possibile centralizzato della produzione del diritto, la post modernità tende viceversa a svalutare il ruolo della
legge ed a spostare il fulcro del sistema sulle fonti non autoritative4.
Già negli anni settanta del XX secolo Natalino Irti aveva pubblicato un
fortunato libretto in cui parlava di età della decodificazione5; in particolare
4
5
P. Gallo, Trattato di diritto civile, I, Le fonti, i soggetti, Torino, 2020.
N. Irti, L’età della decodificazione, Milano, 1978.
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secondo Irti la crescente proliferazione delle leggi speciali avrebbe insidiato
in misura crescente la centralità del codice, con conseguente spostamento del
fulcro del sistema per l’appunto dal codice alle leggi speciali. In seguito il fenomeno si è ulteriormente accentuato, con la conseguenza che il discorso di
Irti è quanto mai attuale; si consideri ancora che successivamente la centralità
del codice è stata insidiata non solo dalle miriadi di leggi speciali che sono
state emanate in ambito civilistico, ma anche dalle direttive e dai regolamenti
della comunità europea, i quali hanno ulteriormente contribuito ad insidiare
la centralità del codice.
Ma si pensi ancora alla globalizzazione6 ed al conseguente ingresso nel
nostro ordinamento di molte disposizioni di matrice non solo europea, ma
anche sovrannazionale; basti a questo proposito ricordare la miriade di nuovi
contratti con denominazione angloamericana che sono stati recepiti dall’ordinamento italiano7.
Crescente importanza riveste inoltre il ruolo della giurisprudenza, la quale appare in misura crescente una fonte pariordinata alla legislazione. Fondamentale sotto questo profilo appare altresì il ruolo delle clausole generali,
le quali come è ben noto sono state riscoperte nel corso degli ultimi anni8; il
ricorso alle clausole generali accentua infatti il ruolo creativo della giurisprudenza, che proprio in applicazione dei principi di buona fede, equità e così
via è in grado di veicolare nel sistema le necessarie innovazioni, anche in caso
di ritardo ed inerzia da parte del legislatore.
Se questo non bastasse la giurisprudenza, recependo i suggerimenti di una
dottrina sempre più compatta ed agguerrita, è giunta a ritenere che determinate regole possano scaturire direttamente dai principi della Costituzione,
come per esempio il risarcimento del danno non patrimoniale in caso di lesione di un interesse costituzionalmente rilevante e così via. Ne è conseguito
un crescente attivismo giurisprudenziale, anche come conseguenza di una
progressiva senescenza del codice e soprattutto dell’inerzia del legislatore ad
introdurre le necessarie riforme. Del resto nei principali ordinamenti europei
il codice è già stato riformato, come per esempio in Germania nel 2002 ed in
Francia nel 2016, o per lo meno sono stati elaborati progetti in vista della sua
riforma, come per esempio in Svizzera9, Spagna10 e Belgio; in Italia è solo con
F. Galgano, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005; D. Di Micco,
Regolare la globalizzazione, Milano, 2018.
7
AaV.v., Crisi della legge e produzione privata del diritto, in Biblioteca della fondazione
italiana del notariato, Milano, 2018, p. 2.
8
P. Gallo, Contratto e buona fede, 2ª ed., Milano, 2014.
9
P. Abas, Un nuovo diritto delle obbligazioni in svizzera, in Riv. dir. civ., 2014, pp. 675-684.
10
P. Abas, Proposta per una modernizzazione del diritto dei contratti e delle obbligazioni
in Spagna, in Riv. dir, civ., 2014, pp. 163-166.
6
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
445
un Disegno di legge del 28 febbraio 2019 che si è dato incarico ad una commissione di elaborare un progetto di riforma del codice sulla base di alcune
linee guida, al quale non ha peraltro ancora fatto seguito nulla di concreto.
In queste condizioni una possibile alternativa potrebbe proprio essere costituita da un maggior attivismo giurisprudenziale, con conseguente potenziamento del ruolo delle fonti non autoritative, quali in particolare la consuetudine e la giurisprudenza, anche in una prospettiva europea11.
In dottrina si è sottolineata la crescente rilevanza dei principi Costituzionali12, per loro natura caratterizzati da un grado di generalità e vaghezza
superiore rispetto a quelli dei principi legislativi ordinari, nonché dei valori
sottesi alla Costituzione, si pensi per esempio ai principi di uguaglianza, ragionevolezza, solidarietà13, proporzionalità14 e così via.
P. Gallo, G. Magri e M. Salvadori, L’armonizzazione del Diritto europeo: il ruolo
delle corti, Milano, 2017.
12
N. Irti, La crisi della fattispecie, in Riv. dir. proc., 2014, pp. 36-44; Id., Calcolabilità
weberiana e crisi della fattispecie, in Riv. dir. civ., 2014, pp. 987-991; Id., Un contratto incalcolabile, in Riv, trim., 2015, pp. 17-23; Id., Un diritto incalcolabile, in Riv. dir. civ., 2015, pp.
11-22; Id., Un diritto incalcolabile, Torino, 2017.
Si vedano inoltre: G. Benedetti, Fattispecie e altre figure di certezza, in Riv, trim., 2015,
pp. 1103-1113; N. Lipari, I civilisti e la certezza del diritto, ivi, 2015, pp. 1115-1145; Id., Il
diritto civile tra legge e giudizio, Milano, 2017; G. Christandl, Percorsi metodologici della
civilistica italiana. Una breve storia a partire dal XIX secolo, in Riv. dir. civ., 2020, pp. 43-71;
in senso critico C. Castronovo, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, p. 39 ss., il quale tenta
di contrastare la crescente costituzionalizzazione del diritto civile e il conseguente attivismo
giurisprudenziale; A. D’Angelo, Discorso giuridico, termini tecnici e concetti, in Riv. dir. civ.,
2016, pp. 306-345, in part. p. 340; G. D’Amico, L’insostituibile leggerezza della fattispecie, in
Giust. civ., 2019, pp. 16-49; A. Cataudella, Nota breve sulla fattispecie, in Riv. dir. civ., 2015,
pp. 245-252, in partic. p. 251 ss.
13
Cass., Sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, in Riv. dir. comm., RDCo, 2009, II, p. 43;
Cass., 19 giugno 2009, n. 14343, in Vita not., 2009, p. 1441; Cass., 18 settembre 2009, n. 20106,
in Resp. civ. prev., 2010, p. 345, Cass., 11 luglio 2018, n. 18287.
14
In particolare P. Perlingieri, Nuovi profili del contratto, in Rass. dir. civ., 2000, pp.
545-571, sostiene che il contratto deve essere non solo lecito, ma anche meritevole di tutela,
553; sempre questo autore richiama inoltre l’attenzione sull’importanza del principio di proporzionalità, in attuazione di principi e valori di rilevanza costituzionali, come strumento di
controllo anche contenutistico del contratto, p. 560 ss.; Id., Equilibrio normativo e principio
di proporzionalità nei contratti, in Rass. dir. civ., 2001, pp. 334-356, il quale considera il principio di riduzione della penale eccessiva di cui all’art. 1384 c.c. espressione di un principio
generale quindi suscettibile di applicazione estensiva ad altre fattispecie, come per esempio
la caparra, e così via, p. 343 ss.; sulla stessa linea E. La Rosa, Tecniche di regolazione dei
contratti e strumenti rimediali, Milano, 2012, auspica un controllo di meritevolezza della causa concreta dell’operazione negoziale, p. 142, e parla di funzionalizzazione dell’autonomia
privata, p. 152; anche G. Palermo, L’autonomia negoziale, 3ª ed., Torino, 2015, richiama la
necessità di ripartire dalla costituzione, p. 215; sottolinea l’importanza dei diritti fondamentali
sanciti dalla costituzione altresì P. Laghi, L’incidenza dei diritti fondamentali sull’autonomia
negoziale, Padova, 2012, p. 1 ss., con particolare riferimento alla meritevolezza dell’interesse
11
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Del resto già all’inizio del XX secolo Santi Romano aveva posto le premesse della postmodernità parlando di pluralità degli ordinamenti giuridici15
e conseguente negazione del monopolio dello stato nella produzione del diritto16. In seguito da più parti si è giunti variamente a parlare di rifondazione
della scienza giuridica17, di crisi della fattispecie18, di abbandono della logica
della fattispecie19, di diritto incalcolabile20, di ritorno al diritto21, proprio per
sottolineare come dopo la parentesi costituita dalla modernità e dalla conseguente centralità assunta dalla legge, vi sia stato un ritorno al Diritto con la
D maiuscola, vale a dire al diritto sapienziale, dottrinale e giurisprudenziale,
come del resto è possibile riscontrare nelle più grandi tradizioni giuridiche, a
partire da quella romana, per passare a quella inglese, senza scordare l’elaborazione giuridica medievale; il che segna il progressivo superamento del mito
della legge o del codice e la conseguente progressiva affrancazione del Diritto, specie privato, dall’ingerenza del potere centralizzato; del resto in tutte le
tradizioni giuridiche del mondo il diritto privato è frutto di un’evoluzione
spontanea; in questa prospettiva l’intervento del legislatore è sicuramente più
tardo ed è strettamente connesso con le aspirazioni assolutistiche, prima di
Giustiniano e poi dei vari stati assoluti che si sono affermati in Europa e nel
mondo; in questa prospettiva non deve costituire motivo di stupore se in
Cina si è preferito imboccare la strada della codificazione, in luogo di quella
del common law giurisprudenziale; il codice civile cinese adottato nel 2020
e più in generale la legge consente infatti un maggior controllo centralizzato
della produzione del diritto, il che è ovviamente funzionale all’esigenze di un
regime marcatamente autoritario. Diverso è ovviamente il discorso per quel
p. 106 ss.; altri autori hanno viceversa espresso riserve ed hanno lamentato l’abuso del ricorso
alle clausole generali ed in particolare l’eccessivo attentato alle ragioni dell’autonomia privata
che ne può conseguire; si veda in particolare A. Cataudella, L’uso abusivo dei principi, in
Rass. dir. civ., 2014, pp. 747-763, in part. p. 756, ivi riferimenti; in senso critico si veda anche:
A. Zaccaria, Il diritto privato europeo nell’epoca del post-postmodernismo, in Rass. dir. civ.,
2020, pp. 1-12, secondo il quale l’eccessiva incertezza ingenerata dal ricorso ai principi della
costituzione ed alle clausole generali sarebbe prodromica ad un ridimensionamento del ruolo
della giurisprudenza e ad un progressivo recupero di una concezione più tradizionale delle
fonti e del diritto.
15
San. Romano, L’ordinamento giuridico, Pisa, 1917.
16
P. Grossi, A proposito di diritto giurisprudenziale, in Riv. trim., 2020, pp. 1-12.
17
F. Gallo, Celso e Kelsen: per la rifondazione della scienza giuridica, Torino, 2010; Id.,
Fa Lu Ke Xue de Chong Xing Jiang Gou: Chong Jie Er Shu Dao Ka Er Seng, tr. in lingua
cinese a cura di L. Zang (Peking, 2012); Id., Celso e Kelsen: para la refundacion de la ciencia
juridica, tr. in lingua spagnola, Buenos Aires, 2015.
18
N. Irti, La crisi della fattispecie, in Riv. dir. proc., 2014, pp. 36-44.
19
N. Lipari, Il diritto civile tra legge e giudizio, Milano, 2017.
20
N. Irti, Un diritto incalcolabile, Torino 2017.
21
P. Grossi, Ritorno al diritto, Roma-Bari, 2015.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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che riguarda il diritto pubblico e penale, nel cui ambito il ricorso alla legislazione è avvenuto fin da tempi molto antichi, basti per esempio ricordare il
famoso Codice di Ammurabi.
Il ritorno al Diritto può rendere il sistema più fluido, forse meno certo,
ma sicuramente più dinamico ed in costante trasformazione22. In alcuni casi
la dottrina ha cercato di contrastare queste tendenze, vale a dire la crescente rilevanza dei principi della Costituzione, delle clausole generali e come
conseguenza ulteriore del diritto giurisprudenziale a scapito del codice e del
diritto legislativo, nonché ancora la crescente rilevanza del diritto sovrannazionale specie di matrice europea, parlando di eclissi del diritto civile23, di
crisi della postmodernità24 e così via. Il problema ovviamente consiste nell’evitare possibili abusi, che potrebbero a loro volta comportare una nuova crisi
del sistema come quella che alle soglie della modernità portò al tracollo del
diritto comune europeo ed al conseguente inizio dell’età della codificazione.
3. Se si prende in considerazione l’evoluzione del diritto negli ultimi due
secoli si ha quasi l’impressione di essere di fronte ad un andamento pendolare; da una situazione in cui si lamentava l’eccessiva farraginosità del diritto
comune, connotato da un’eccesiva discrezionalità giudiziale, si è passati ad
un sistema molto più rigido, incentrato sul primato della legge e la conseguente svalutazione delle fonti non autoritative, quali la consuetudine e la
legge; ancora successivamente la progressiva senescenza dei codici ha peraltro condotto ad un nuovo attivismo giurisprudenziale, accompagnato negli
ultimi tempi dall’ammissione dell’applicabilità diretta dei principi della Costituzione e dalla rivalutazione delle clausole generali. Secondo alcuni autori
la postmodernità avrebbe già però iniziato ad entrare in crisi, prima ancora di
essersi affermata del tutto, con conseguente possibile ritorno ad una concezione più tradizionale delle fonti e del ruolo della giurisprudenza25.
In particolare i dubbi maggiori sono suscitati dalla crescente propensione
della giurisprudenza ad avvalersi delle clausole generali; del resto a partire dagli
anni settanta del XX secolo la dottrina auspicava per l’appunto un maggior
ricorso alle clausole generali, quali in particolare la buona fede e l’equità, in
una prospettiva di controllo contenutistico del contratto; punto di riferimento
era costituito dal modello tedesco nel cui ambito a partire per lo meno dagli
anni sessanta del XX secolo la giurisprudenza aveva iniziato a ritenere che le
clausole vessatorie inserite nei contratti di adesione fossero nulle per contrasto
Z. Bauman, Modernità liquida, Roma-Bari 2002.
C. Castronovo, Eclissi del diritto civile, Milano 2015.
24
A. Zaccaria, Il diritto privato europeo nell’epoca del post-postmodernismo, in Riv. dir.
civ., 2020, pp. 1-12.
25
C. Castronovo, o.c.; A. Zaccaria, o.c.
22
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con il principio di buona fede in senso oggettivo di cui al 242 BGB; in questa
prospettiva il suggerimento della dottrina italiana era nel senso di fare altrettanto anche in Italia26; del resto anche il codice civile italiano enuncia a chiare
lettere il principio di buona fede in più occasioni (artt. 1175, 1337, 1366,1375
c.c.). La giurisprudenza peraltro per tutto il corso del XX secolo non ha mai
recepito questi suggerimenti, con conseguente esclusione di un controllo contenutistico del contratto. È infatti solo dopo la recezione della direttiva dei
contratti dei consumatori che anche in Italia si è avuta una svolta con conseguente superamento del sistema codicistico della seconda firma di cui all’art.
1341, 2° comma, c.c. È quindi stata necessaria una direttiva della comunità
europea per attuare in Italia un principio che già in precedenza si era affermato
in via giurisprudenziale in Germania in attuazione del principio di buona fede
nell’esecuzione dei contratti (§ 242 BGB); questa soluzione anzi era stata successivamente codificata dalla legge tedesca sulle condizioni generali di contratti
ed ancora successivamente era confluita nella direttiva sulle clausole vessatorie
nei contratti dei consumatori, poi successivamente recepita anche in Italia.
Questo è però stato solo il primo passo; in seguito come vedremo questa
soluzione ha infatti iniziato a stingere anche al di fuori di contratti dei consumatori, ove caratterizzati da un fisiologico squilibrio di potere contrattuale; il
che ha condotto a sdoganare definitivamente non solo la buona fede, ma anche la solidarietà sociale e la meritevolezza dell’interesse di cui all’art. 1322, 2°
comma, c.c., in un’ottica di progressivo controllo contenutistico del contratto.
In queste condizioni non è dunque più possibile dire che le clausole generali non sono applicate anche in Italia! In pochissimi anni la giurisprudenza
italiana è riuscita a colmare il gap che la separava da quella tedesca, complice
probabilmente anche la progressiva senescenza del codice; può infatti forse
ritenersi che la ritrosia inziale della giurisprudenza italiana ad avvalersi delle
clausole generali fosse una conseguenza del fatto che il codice era ancora sostanzialmente giovane e quindi non necessitante di aggiornamenti; viceversa
con il passare degli anni, la sua progressiva senescenza, unitamente alla scarsa
attenzione del legislatore italiano per il problema delle riforme, ha probabilmente indotto la giurisprudenza a fare un crescente ricorso alle clausole
generali, anche in un’ottica di maggior controllo dell’autonomia privata.
Può dirsi che tutto questo sia positivo oppure no?
Da un lato non vi alcun dubbio che specie a partire dalle prime decadi del
XXI secolo la giurisprudenza italiana ha dato segno di un maggior attivismo,
anche sotto il profilo dell’impiego delle clausole generali in un’ottica di controllo contenutistico del contratto; dall’altro lato è però possibile considerare
che una tale evoluzione si è verificata in Italia proprio in concomitanza con
26
Si veda per esempio F. Gazzoni, Equità e autonomia privata, Milano, 1970.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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l’arrivo del c.d. contratto alieno27, vale a dire del contratto internazionale redatto in base al common law, connotato da clausole di completezza (merger
clause)28, al quale viene dichiarato applicabile il diritto italiano. Si consideri
a questo proposito che lo stile contrattuale angloamericano, che è poi quello
più utilizzato nei contratti internazionali, è molto differente rispetto a quello
europeo continentale; in particolare si tratta di contratti che in genere sono
estremamente dettagliati, con conseguente volontà dei contraenti di prevedere e disciplinare qualsiasi evenienza e tendenziale esclusione dell’ingresso del
magistrato in funzione integrativa e/o di controllo contenutistico del contratto; ne consegue la previsione di clausole di completezza o merger clause29,
che non solo escludono la possibilità di tenere conto di eventuali accordi preparatori o preliminari, poi non confluiti nel testo contrattuale definitivo, ma
anche la possibilità di integrare il contratto facendo riferimento alle normali
fonti di integrazione del contratto (art. 1374 c.c.) ed in particolare alla buona
fede (art. 1375 c.c.) ed all’equità. Anche per quel che riguarda l’interpretazione si tende a privilegiare l’interpretazione letterale, con conseguente esclusione della possibilità di prendere in considerazione il contesto. Ne consegue
un modello contrattuale tendenzialmente impermeabile alle clausole generali
e soprattutto all’intervento integrativo/correttivo del giudice, molto distante
da quello europeo continentale ed in particolare tedesco. Se a questo si aggiunge che gli operatori internazionali evidenziano una netta preferenza per
questo modello contrattuale, considerato più sicuro e soprattutto più rispettoso dell’autonomia privata rispetto a quello continentale, può per lo meno
sorgere il dubbio se la recente evoluzione giurisprudenziale che ha condotto
ad una progressiva sdoganazione delle clausole generali in Italia possa considerarsi auspicabile o meno; il dubbio è infatti che forse eravamo più aggiornati prima, quando la giurisprudenza nonostante i reiterati suggerimenti
G. De Nova, Il contratto alieno, Torino, 2008, p. 44 ss, 48; Id., Merger clause e contratto
alieno, in Studi, Palazzo, Torino, 2009, III, p. 185; Id., Contratto alieno, in Dig. disc. priv., Sez.
civ., Agg., Torino, 2009, p. 140; Id., The law which governs this agreement is the law of the
Republic of Italy: il contratto alieno, Studi, Cian, Padova, 2010, I, p. 725; Id., Il linguaggio dei
contratti, in Riv. trim., 2017, pp. 431-451; Id., Il Sale and Purchase Agreement: un contratto
commentato, 2ª ed., Torino, 2017; A. Gentili, A proposito di G. De Nova, Il contratto. Dal
contratto atipico al contratto alieno, in Riv. dir. civ., 2012, II, p. 133; P. Sirena, Il contratto alieno del diritto comune della vendita (CESL), in Nuova giur. civ. comm., 2013, II, pp. 608-613;
A. Fusaro, Una convenzione aliena per regolare i rapporti patrimoniali tra coniugi?, ivi, pp.
614-619; R. Panetta, La legge applicabile al merito nell’arbitrato internazionale. Profili comparativi, ivi, pp. 644-651; più in generale sulla globalizzazione: G. Iudica, L’influenza della
globalizzazione sul diritto italiano dei contratti, in Nuova giur. civ. comm., 2014, II, pp. 143146; L. Coppo, Contract as a Tool for Getting-To-Yes: A Civil Law Perspective, Napoli, 2018.
28
M. Foglia, Il contratto autoregolato: le merger clauses, Torino, 2015, p. 64; Id., Merger
clause, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., XI, Torino, 2018, pp. 321-339.
29
P. Gallo, Trattato di diritto civile, V, Il contratto, Torino, 2017, p. 517.
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dottrinali escludeva per lo più l’applicazione delle clausole generali, rispetto
ad una situazione in cui il crescente ricorso alle clausole generali può dare
l’impressione agli operatori internazionali che il diritto italiano sia eccessivamente incerto e soprattutto rimesso all’arbitrio dell’organo giudicante, che
facendo applicazione per l’appunto delle clausole generali può giungere a
riscriverne per lo meno in parte il contenuto. Ma proprio questa crescente
propensione della giurisprudenza italiana ad avvalersi delle clausole generali per controllare il contenuto del contratto, in un’ottica riequilibrativa dei
rapporti tra le parti, potrebbe non essere gradita agli operatori internazionali,
con conseguente preferenza per altri sistemi giuridici tradizionalmente più
impermeabili alle clausole generali, come per esempio quelli di common law.
Come sempre il problema consiste nel contemperare le varie esigenze in
gioco; da un lato l’esigenza di consentire l’adeguamento del sistema codicistico, sempre più vetusto e necessitante di integrazioni; dall’altro lato le esigenze della certezza del diritto e degli operatori internazionali; ovviamente ogni
intervento integrativo/correttivo da parte della giurisprudenza deve essere
contenuto al minimo indispensabile, proprio per non dare l’impressione che
il contratto possa essere riscritto da parte dei magistrati; dall’altro lato occorre dare ampio spazio all’autonomia privata e per l’appunto alle clausole
di completezza; non può infatti escludersi che gli operatori evidenzino una
preferenza proprio per un contratto blindato, con conseguente esclusione di
un intervento integrativo/correttivo da parte del giudice; nei casi di questo
genere il giudice non potrà fare a meno di tenerne conto.
Del resto è lo stesso problema che storicamente si è posto in materia di appalto; il contratto di appalto nasce come un contratto blindato, con conseguente
esclusione della possibilità di chiedere la revisione del contratto in caso di incremento dei costi di esecuzione, salvo che le parti avessero previsto una specifica
clausola di adeguamento30; in seguito nella gran parte degli ordinamenti moderni
è stata introdotta la possibilità di chiedere la revisione del contratto in caso di
sopravvenienza (art. 1664 c.c.), questo non esclude peraltro che le parti con apposita clausola possano escludere la revisione, con conseguente conclusione di
un contratto di appalto a forfait; il giudice ovviamente dovrà tener conto delle
scelte di autonomia effettuate dai contraenti e giudicare di conseguenza.
4. Sebbene tradizionalmente la giurisprudenza abbia sempre fatto scarsa
applicazione del principio di buona fede in senso oggettivo, a partire dalle prime decadi del XXI secolo la situazione ha iniziato progressivamente
a modificarsi, in un’ottica di controllo contenutistico del contratto sempre
più accentuato; in queste condizioni si tratta dunque di capire se e fino a
30
P. Gallo, Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano, 1992.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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che punto la violazione del principio di buona fede possa comportare anche
l’invalidità di singole clausole o dell’intero contratto31. Il dato tuttavia può
considerarsi pacifico specie in area tedesca, dove ormai da lunga data è stato
riconosciuto il ruolo limitativo della buona fede32. Soluzione che si è affermata in giurisprudenza in materia di clausole vessatorie in applicazione del
§ 242 BGB, che è successivamente stata codificata da parte del legislatore33, e
che in seguito ha costituito la base della direttiva europea in materia di clausole vessatorie nei contratti dei consumatori.
Anche in Italia non erano del resto mancati spunti dottrinali a favore di un
controllo più incisivo in materia di clausole vessatorie; spunti che però non
hanno avuto particolare seguito34; per lo meno fino a quando anche il legislatore italiano ha dato attuazione alla suddetta direttiva in materia di clausole
vessatorie. Del resto l’atteggiamento tradizionale della dottrina35 e della giuG. Meruzzi, La trattativa maliziosa, Padova, 2002, p. 241; R. Fiori, Bona fides, in
Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato, 2, Napoli, 2006, pp. 136, 159,
161, 162 e 163, il quale parla di una tendenza alla germanizzazione della buona fede, ovvero
uso della buona fede come strumento di controllo del contenuto del contratto, ivi, 165; così
anche G. Benacchio, La buona fede nel diritto comunitario, in Studi, Burdese, Padova, 2003,
I, pp. 189 e 199. In area francese si veda: S. Gaudmet, La clause réputé non écrite, Paris, 2006;
A. Gnani, Contrarietà a buona fede e invalidità del contratto, in Riv. dir. civ., 2009, II, p. 435.
32
Si veda per esempio BVerfG, 19 ottobre 1993, in Nuova giur. civ. comm., 1995, p. 197,
con nota di Barenghi; ma si veda anche alcuni mesi prima: Pret. Salerno, 23 febbraio 1993, in
Dir. giur., 1995, p. 261: «Di conseguenza esso va assoggettato al vaglio della meritevolezza
dell’interesse concretamente perseguito: la quale va esclusa nel caso di prevaricazione o di approfittamento in danno del contraente c.d. debole, vale a dire di quello in condizioni personali
tali da non potere, in relazione al caso concreto, influire in modo significativo sulla determinazione del contenuto di un contratto, pure se prospettato necessario o utile per il superamento
della situazione di inferiorità in cui egli versa».
33
R. Calvo, L’equilibrio normativo del contratto standard nello AGB-Gesetz, in Riv.
trim., 2001, p. 1081.
34
Aa.Vv., Condizioni generali di contratto e tutela del contraente debole, Milano, 1970; E.
Roppo, Contratti standard, Milano, 1975, pp. 230 ss, e 272 ss.
35
Già V. Pietrobon, L’errore nella dottrina del negozio giuridico, Padova, 1963, 1ª ed.,
1963, 2ª ed., 1990, pp. 106 ss., e 108, escludeva ogni possibile interferenza tra regole di responsabilità e di validità; in caso di reticenza ammetteva quindi solo il risarcimento del danno,
o.c., 1990, p. 106; lo escludeva anche Mengoni, riferimenti in A. Sassi, Equità e interessi fondamentali nel diritto privato, Perugia, 2006, p. 55 nota 65, il quale esclude che lo squilibrio
contrattuale rilevi di per sé, se non accompagnato da altri elementi, p. 56 nota 65, p. 60; A.
Di Majo, L’esecuzione del contratto, Milano, 1967, p. 381, ritiene improbabile che il contratto possa essere nullo o annullabile se in contrasto con la buona fede; ribadisce la soluzione
tradizionale anche G. D’amico, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione
del contratto, Napoli, 1996, p. 10, ivi, riferimenti a Trabucchi, Santoro Passarelli, Carraro, pp.
12 e 44; Id., Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in
Riv. dir. civ., 2002, I, pp. 37, 40, 43, 52 e 57, il quale paventa l’esigenza di evitare incertezze; S.
Mazzamuto (a cura di), Il contratto e le tutele, Torino, 2002, p. 52; G. Meruzzi, o.c., p. 206
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risprudenza italiana36 è sempre stato nel senso di escludere che la violazione
del principio di buona fede possa comportare di per sé la nullità del contratto
ai sensi dell’art. 1418 c.c.
Ancora diverso è il problema se le parti possano loro stesse configurare
veri e propri casi di invalidità convenzionale, come conseguenza per esempio
della violazione di doveri di informazione37; in senso favorevole potrebbe essere addotta la disciplina della forma convenzionale (art. 1352 c.c.); in senso
contrario si potrebbe addurre il carattere eccezionale dei casi in cui l’autonomia privata può incidere sulla validità del contratto. In realtà non sembra
che vi siano difficoltà particolari ad ammettere la possibilità che le parti subordinino l’efficacia del contratto a particolari condizioni, come per esempio
l’adempimento dei doveri di informazione, e così via.
La dottrina considerava che ai fini del controllo del contratto sono già
previste altre clausole generali, quali il buon costume e l’ordine pubblico38;
ss., si esprime a favore della distinzione tradizionale tra regole di responsabilità e di validità,
ivi, 210; G. Grasso, La disciplina dell’invalidità nei principi di diritto europeo dei contratti,
Napoli, 2005, p. 176, secondo il quale la violazione del principio di buona fede non comporta
di per sé invalidità del contratto, salvo il risarcimento del danno.
36
Cass., 30 dicembre 1997, n. 13131; Cass., 15 marzo 1999, n. 2284, in Foro it., 1999, I, p.
1165: «In tema di fideiussione prestata a garanzia di un’apertura di credito in conto corrente,
la violazione da parte della banca del dovere di correttezza e buona fede, per avere fornito
informazioni inesatte, può dar luogo a responsabilità contrattuale della stessa e all’obbligo di
risarcire il danno, ma non può determinare l’inefficacia del contratto. (Nel caso di specie è stato rigettato il ricorso con il quale si sosteneva l’inefficacia della fideiussione per avere la banca
fornito inesatte informazioni circa la forma del recesso)»; Cass., 6 ottobre 2005, n. 19415: «Gli
artt. 1175 e 1375 c.c. – imponendo rispettivamente la correttezza al debitore e al creditore e
la buona fede nell’esecuzione del contratto – presuppongono rapporti obbligatori e negozi
giuridici validi ed efficaci e non possono essere utilmente invocati con riferimento all’annullamento degli atti di volontà negoziale. (Sulla base di tale principio la S.C. ha rigettato il ricorso
che, tra l’altro, invocava la violazione dei suddetti articoli ai fini dell’annullamento dell’atto di
dimissioni del lavoratore»; Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, in Giust. civ., 2006, p. 1524; in
Foro it., 2006, p. 1105, con nota di E. Scoditti, Regole di comportamento e regole di validità:
i nuovi sviluppi della responsabilità precontrattuale; in Resp. civ. prev., 2006, p. 1080; in Giur.
comm., 2006, p. 626: «I comportamenti illegittimi tenuti dalle parti nel corso delle trattative o
durante l’esecuzione del contratto, quale che sia la natura delle norme violata, essendo estranei
alla fattispecie negoziale, non danno luogo alla nullità del contratto, a meno che tale incidenza non sia espressamente prevista dal legislatore, come nel caso dell’inefficacia delle clausole
vessatorie non oggetto di specifica trattativa nei contratti dei consumatori»; Trib. Bari, 4 dicembre 2006; in materia di intermediazione finanziaria: Cass., Sez. un., 19 dicembre 2007, n.
26724, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, p. 432, con nota di U. Salanitro, la quale esclude
che la mera violazione delle regole di comportamento possa comportare nullità del contratto,
salvo il ricorso alla responsabilità precontrattuale o contrattuale; Trib. Bari, 26 febbraio 2007,
n. 526; Cass., 27 novembre 2009, n. 25047; Cass., 3 giugno 2010, n. 13477.
37
G. D’amico, o.c., 1996, p. 33 ss.
38
Sui rapporti tra equità, ordine pubblico e buon costume: F. Gazzoni, o.c., p. 342.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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in questa prospettiva non vi sarebbe alcuna necessità di introdurre nuove
clausole generali, ed in particolare il principio di buona fede, con funzione
limitativa dell’autonomia privata. In realtà già la stressa nozione di ordine
pubblico costituisce un’innovazione che si è affermata a partire dal codice
Napoleone, ed è stata in seguito recepita dagli altri ordinamenti di tradizione francese; essa non compare viceversa in Germania, dove per converso ha
avuto un notevole sviluppo proprio la figura della buona fede. La tendenza
sembrerebbe comunque nel senso di un incremento delle clausole generali
con funzione limitativa; prima l’ordine pubblico, poi la buona fede.
In tempi più recenti l’atteggiamento sia della dottrina che della giurisprudenza ha però iniziato a modificarsi. Lo si vede in primo luogo in materia
di responsabilità precontrattuale, dove già a partire dagli anni settanta dal
XX secolo, si sono manifestate tendenze dottrinali volte ad incrementare la
rilevanza della violazione del principio di buona fede; si pensi in particolare
alla progressiva espansione del dolo che ormai ha inglobato anche la semplice
reticenza, con conseguente annullabilità del contratto39. In secondo luogo
non è più possibile prescindere dall’effetto dirompente che ha determinato
l’attuazione della direttiva sulle clausole vessatorie40.
In queste condizioni il problema fondamentale che occorre affrontare è
se una tale soluzione sia espressione di una logica particolare, o piuttosto di
una logica generale, suscettibile di estensione per lo meno all’intero settore
delle relazioni contrattuali caratterizzate da forti asimmetrie di potere contrattuale. Parte della dottrina si è espressa in senso favorevole41, ed anche la
giurisprudenza in alcune occasioni ha ritenuto che il contrasto con il principio di buona fede possa comportare l’invalidità di singole clausole inserite
nel contratto42; a questo proposito è possibile ricordare oltre al ben noto caso
Ritiene infondata questa tesi G. D’Amico, o.c., 1996, pp. 46, 53, 61, 62 e 66 il quale
contesta altresì il tentativo di dilatare al massimo la disciplina del dolo, ed in particolare il
tentativo di attribuire rilevanza anche al raggiro colposo, ivi, 60.
40
Così L. Mengoni, Problemi di integrazione della disciplina dei contratti del consumatore nel sistema del codice civile, in Studi Rescigno, Milano, 1998, III, p. 535; sul punto G.
D’Amico, o.c., in Riv. dir. civ., 2002, I, pp. 37 e 51.
41
F. Galgano, Squilibrio contrattuale e mala fede del contraente forte, in Contr. imp., 1997,
p. 417; A. Riccio, La clausola generale di buona fede è dunque un limite generale all’autonomia contrattuale?, ivi, 1999, p. 21 ss; R. Rolli, Le attuali prospettive di oggettivazione dello
scambio: verso la rilevanza della congruità dello scambio contrattuale?, ivi, 2001, p. 611; ulteriori riferimenti in G. Meruzzi, o.c., p. 252, nota 61; V. Scalisi, Il diritto europeo dei rimedi:
Invalidità e inefficacia, in Riv. dir. civ., 2007, I, pp. 843, 851 e 853; C. Miriello, La buona
fede oltre l’autonomia contrattuale: verso un nuovo concetto di nullità?, in Contr. imp., 2008,
p. 286; in senso contrario: G. D’Amico, Regole di validità e regole di comportamento nella
formazione del contratto, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 37.
42
Trib. Cagliari, 18 dicembre 1997, in Banca borsa tit. cred., 1999, II, p. 335: «È nulla la
clausola di un contratto autonomo di garanzia con la quale l’ordinante s’impegna a rinunciare
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Fiuggi43, le applicazioni giurisprudenziali in materia di clausole di esonero
della responsabilità dell’impresa di leasing per l’inadempimento del fornitore44. Notevole interesse rivestono altresì alcune sentenze della Corte Costituzionale che hanno ritenuto nulle le clausole che prevedono una caparra
confirmatoria di contenuto «non equo e gravemente sbilanciato in danno di
una parte»45.
Più dubbio è se una tale soluzione possa essere ulteriormente generalizzata; se cioè in conformità al disposto dell’art. 1418, 2° comma c.c. la violazione
del principio di buona fede (art. 1337 c.c.) comporti nullità del contratto,
salvo che la legge disponga diversamente. Come è ben noto in alcuni casi il
legislatore ha previsto conseguenze diverse, vale a dire la annullabilità e la
rescissione del contratto. Si tratterebbe pertanto di chiarire se oltre a questi
casi, la violazione del principio di buona fede possa di per sé condurre a
nullità, anche solo parziale del contratto. Proprio questo del resto è quanto
sancisce in termini del tutto generali il § 138 del BGB.
In realtà questa soluzione se generalizzata potrebbe condurre a disparità
di trattamento non giustificate; il legislatore italiano ha infatti previsto un sial provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., poiché consente al beneficiario di conseguire
vantaggi patrimoniali non giustificati e non garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti»;
Trib. Trieste, ord., 21 settembre 2006, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, p. 899, con nota di
P. Fabbio, Osservazioni sull’ambito di applicazione del divieto di abuso di dipendenza economica e sul controllo contenutistico delle condizioni generali di contratto tra imprese; Cass., 23
maggio 2011, n. 11295, in Giur. civ., 2012, p. 430; Trib. Bari, 13 marzo 2014, n. 1327.
43
Cass., 20 aprile 1994, n. 3775, in Foro it., 1995, I, p. 1296; in Giur. it., 1995, I, 1, p.
852: «La clausola, inserita nei contratti per la condizione e l’esercizio delle concessioni delle
sorgenti di acqua minerale e per la locazione degli stabilimenti termali conclusi dal comune di Fiuggi con un privato, che, attribuendogli la piena libertà di determinare il prezzo in
fabbrica delle bottiglie, consente al medesimo privato di bloccare tale prezzo nonostante la
svalutazione monetaria, impedendo allo stesso comune di conseguire anche l’adeguamento
del canone correlato al ripetuto prezzo, è contraria al principio di buona fede che, per il suo
valore cogente, concorre a formare la regola iuris del caso concreto, determinando, integrativamente, il contenuto e gli effetti dei contratti e orientandone, ad un tempo, l’interpretazione
e l’esecuzione». L. Nanni, Scelte discrezionali dei contraenti e dovere di buona fede, in Contr.
imp., 1994, p. 475; V. Todaro, Buona fede contrattuale, nuovi sviluppi della Cassazione, in
ivi, 2005, p. 579.
44
Tali clausole un tempo considerate valide (Cass., 21 giugno 1993, n. 6862, in Giur. it.,
1994, I, 1, p. 1364 ss. con nota di M. Gorgoni, Ancora sulla rilevanza della clausola di esonero
da responsabilità del concedente il leasing per inadempimento del fornitore; Cass., 21 luglio 1995,
n. 7595, in Resp. civ. prev., 1996, p. 335; Cass., 11 luglio 1995, n. 7595; Cass., 2 agosto 1995, n.
8464, in Foro it., 1996, I, p. 164), sono state in seguito ritenute in contrasto con il principio di
buona fede: Cass., 2 novembre 1998, n. 10926, in Giur. civ., 1999, I, 3385; in Contratti, 1999, p.
803; Cass., 6 giugno 2002, n. 8222, in Danno resp., 2002, p. 941; in Nuova giur. civ. comm., 2003,
I, p. 435; Cass., 29 settembre 2007, n. 20592, ivi, 2008, I, p. 356, con nota di Nocera.
45
Corte cost., 24 ottobre 2013, n. 248, in Foro it., 2014, p. 382; Corte cost., 2 aprile 2014,
n. 77, in Foto it., 2014, p. 2035.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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stema tendenzialmente tipico di vizi del consenso, la cui presenza consente di
annullare o di rescindere il contratto; in queste condizioni se nei casi in cui la
scorrettezza non raggiunge la soglia delle figure tipiche, si pensi per esempio
ad una lesione infra dimidium, si ammettesse il rimedio estremo della nullità
del contratto, si giungerebbe a sanzionare le violazioni minori in modo più
grave rispetto alle violazioni che integrano gli estremi di un vero e proprio
vizio del consenso.
In queste condizioni occorre pertanto procedere con cautela; sicuramente
equilibrata è infatti la proposta di consentire in presenza di un vizio minore
del consenso il ricorso al risarcimento del danno (arg. ex art. 1440 c.c.). Ne
consegue pertanto che il rimedio della nullità, come conseguenza della violazione delle regole di correttezza, non può sicuramente essere generalizzato.
Questo non esclude peraltro che vi possano essere casi in cui il rimedio della nullità, ancorché parziale, possa costituire il rimedio più appropriato per
sanzionare la scorrettezza commessa nel corso delle trattative. Si pensi per
esempio alle ben note applicazioni giurisprudenziali in materia di clausole di
inversione del rischio nel leasing46.
Il problema è semmai quello di individuare i casi in cui la violazione del
principio di buona fede può comportare la nullità, ancorché parziale del contratto, o viceversa comportare conseguenze di altro tipo, come per esempio
il risarcimento del danno (art. 1337 c.c.). Il problema è strettamente connesso a quello della nullità virtuale, nonché dell’individuazione dei criteri che
consentono di capire in quali circostanze la violazione di norme imperative
comporta nullità, ancorché solo parziale, del contratto o conseguenze di altra
natura, come per esempio l’obbligo di risarcire i danni.
Un buon punto di partenza può sicuramente essere costituito dalla disciplina delle clausole vessatorie nei contratti del consumatore47. A questi fini
sarebbe infatti sufficiente considerare questa disciplina espressione di una logica generale, suscettibile di applicazione ogniqualvolta il contratto sia stato
concluso tra parti dotate di una disparità strutturale di potere contrattuale,
siano esse consumatori, imprenditori, o altro ancora. In alcuni casi del resto
è lo stesso legislatore che ricollega la nullità all’approfittamento di un’altrui
situazione di debolezza o inferiorità. Oltre alla disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, si pensi in particolare alla disciplina in
materia di abuso di posizione dominante (art. 3 l. 10 ottobre 1990, n. 287)48,
G. Meruzzi, o.c., p. 208.
P. Sirena, L’integrazione del diritto dei consumatori nella disciplina generale del contratto, in Riv. dir. civ., 2004, I, p. 787 ss; G. Meruzzi, o.c., p. 252, ivi, riferimenti a Busnelli e
Vettori.
48
T. Longu, Il divieto dell’abuso di dipendenza economica nei rapporti tra imprese, in
Riv. dir. civ., 2000, II, p. 345.
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subfornitura (art. 6 l. 18 giugno 1998, n. 192)49, ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali (art. 7 d. lgs. 9 ottobre 2002, n. 231)50 e così via.
Si ricorda inoltre che anche in area francese la Corte di Cassazione ha
ritenuto che le clausole che contraddicono l’obbligazione principale assunta
dal debitore si considerano non scritte51, soluzione che in seguito è stata codificata dall’art. 1170 cod. Nap52., in sede di riforma del 2016.
5. Al pari che per le altre fonti di integrazione del contratto, la dottrina si
è interrogata circa la derogabilità o meno del principio di buona fede di cui
all’art. 1375 c.c53. Anche gli autori che ritengono derogabili gli altri principi
ed in particolare quello di equità, ritengono inderogabile il principio di buona fede, in quanto di ordine pubblico54. In realtà non è possibile giungere a
conclusioni affrettate neppure per quel che riguarda il principio di buona
fede; in effetti non può escludersi che le parti escludano singole applicazioni
del principio di buona fede, come per esempio il dovere di revisione del contratto in caso di sopravvenienza; questo deve ritenersi lecito nei limiti in cui
può spaziare l’autonomia. Più dubbio è se le parti potrebbero escludere del
tutto l’integrazione del contratto in base al principio di buona fede; il rischio
potrebbe infatti essere quello che il contratto non possa essere eseguito per
indeterminabilità dell’oggetto. Del resto non mancano alcuni dati testuali a
favore dell’inderogabilità del principio di buona fede; in materia di agenzia le
parti devono ovviamente comportarsi secondo buona fede, e gli artt. 1746 e
1749 c.c. escludono esplicitamente ogni patto contrario. Non mancano inoltre applicazioni giurisprudenziali in senso contrario55.
F. Prosperi, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica, Napoli, 2002.
A. Perrone, L’accordo gravemente iniquo nella nuova disciplina sul ritardato adempimento delle obbligazioni pecuniarie, in Banca borsa tit. cred., 2004, I, p. 65.
51
Caso Chronopost: Cour de Cassation, 22 octobre 1996, n. 93-18632, riferimenti in D.
Achille, Metodo dell’interpretazione contrattuale e diritto effettivo, in Riv. dir. civ., 2017, pp.
155-186, in part. p. 184.
52
«Toute clause qui prive de sa substance l’obbligation essentielle du débiteur est reputée
non ècrite».
53
Preferisce non prendere posizione sul punto G. Stolfi, Il principio di buona fede, in
Riv. dir. comm., 1964, I, pp. 163 e 175; ammette la deroga di singole applicazioni del principio
di buona fede tramite apposite clausole: G. De Nova, Sulla derogabilità del principio di buona
fede, in Studi G. Gabrielli, Napoli, 2018, I, pp. 813-818.
54
S. Senofonte, Buona fede e fideiussione per obbligazione futura: art. 1956 c.c., in Giust.
civ., 1990, I, p. 132.
55
Trib. Cagliari, 18 dicembre 1997, in Banca borsa tit. cred., 1999, II, p. 335: «È nulla la
clausola di un contratto autonomo di garanzia con la quale l’ordinante s’impegna a rinunciare
al provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., poiché consente al beneficiario di conseguire
vantaggi patrimoniali non giustificati e non garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti»; G.
Meruzzi, o.c., p. 211.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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Come è ben noto, la buona fede ha una funzione non soltanto integrativa, ma anche limitativa e modificativa; a partire dalle ultime decadi del XX
secolo, la giurisprudenza ha riscoperto le clausole generali, quali buona fede,
equità, meritevolezza e così via, con conseguente controllo contenutistico
dei contratti anche non del consumatore sempre più esteso. In queste condizioni ci si potrebbe domandare quale valore possa avere una clausola che per
l’appunto sia finalizzata a blindare il contratto, con conseguente esclusione
di ogni tipo di ingerenza, non solo integrativa, ma anche limitativa ed integrativa. A questi fini occorre ovviamente distinguere a seconda che si tratti di
contratti del consumatore o più in generale di adesione, o viceversa contratti
a trattativa individuale.
Nel primo caso non sarebbe ovviamente possibile escludere il controllo
contenutistico del contratto, tenuto conto che la disciplina a tutela dei consumatori è inderogabile; un discorso comparabile può essere ripetuto se si
tratta comunque di contratti di adesione. Diverso è il discorso se si tratta di
contratti a trattativa individuale, le cui singole clausole sono state oggetto
di discussione specifica; ferma l’inderogabilità delle norme imperative e la
sostituzione automatica delle clausole, ove prevista dal legislatore, negli altri
casi è possibile escludere un ulteriore controllo contenutistico del contratto,
ove le parti lo abbiano specificamente escluso, o anche in mancanza, purché
le clausole siano state oggetto di un’effettiva negoziazione; sempreché non
si ravvisino eventuali profili di invalidità del contratto, quali errore, dolo,
violenza, approfittamento, abuso di posizione dominante, scorrettezza e così
via.
6. Sebbene tradizionalmente il giudizio di meritevolezza dell’interesse
(art. 1322, 2° comma, c.c.) sia stato appiattito su quello di liceità, con conseguente esclusione di un controllo contenutistico del contratto ulteriore56,
in tempi più recenti questo quadro si è profondamente modificato specie
in materia di contratti finanziari e derivati57; in numerose occasioni la giurisprudenza ha infatti fatto applicazione di questo concetto al fine di escludere la meritevolezza di contratti finanziari, come per esempio il contratto
denominato “for you” in quanto eccessivamente squilibrato a favore della
P. Gallo, Trattato di diritto civile, V, cit.
Più ampiamente: P. Gallo, Meritevolezza dell’interesse e controllo contenutistico del
contratto, in Aa.Vv., Principi, regole, interpretazione. Contratti e obbligazioni, famiglia e successioni, in Scritti in onore di Giovanni Furgiuele, a cura di G. Conte e S. Landini, Mantova,
2017, III, pp. 57-70; R. Fornasari, Il giudizio di meritevolezza dei prodotti finanziari may
way, ovvero la valutazione della razionalità dello scambio, in Contr. imp., 2017, pp. 12811307; I. Martone, Il giudizio di meritevolezza, questioni aperte e profili applicativi, Napoli,
2017; G. Lener, Il nuovo corso giurisprudenziale della meritevolezza degli interessi, Studi
Pardolesi, Piacenza, 2018, pp. 173-178.
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banca58. In questa prospettiva è quindi possibile evidenziare una progressiva
rivalutazione del ruolo della meritevolezza dell’interesse anche da parte della
giurisprudenza in una prospettiva di controllo contenutistico del contratto;
l’eccessivo squilibrio del contratto a predisposizione unilaterale può infatti condurre ad escluderne la meritevolezza59; il che implica la necessità di
effettuare una valutazione della meritevolezza in concreto, con riferimento
cioè non tanto al tipo contrattuale, ma al contenuto del singolo contratto; in
altre occasioni si sono raggiunti i medesimi risultati facendo applicazione del
concetto di causa in concreto; si tratta di esiti sicuramente condivisibili sotto
il profilo equitativo, che evidenziano un crescente controllo contenutistico
del contratto.
Si noti inoltre che in virtù del richiamo alla meritevolezza dell’interesse
si ritiene possibile caducare l’intero contratto e non solo singole clausole di
esso60; in particolare, se il contratto appare squilibrato, è possibile non solo
caducare singole clausole di esso, in conformità alla logica dei contratti dei
consumatori, ma anche l’intero contratto; ne consegue un’estensione della
logica prevista dal legislatore in materia di clausole vessatorie nei contratti
dei consumatori, oltre che all’intero contratto, anche nel settore dei contratti
non del consumatore, a riprova della sostanziale unità di fondo dell’intera
disciplina contrattuale.
Notevole interesse rivestono altresì alcune applicazioni in materia di assicurazione ed in particolare di clausole claims made; in particolare le sezioni
unite della Corte di Cassazione hanno precisato che tali clausole non sono
in linea di principio vessatorie; in materia di contratti del consumatore esse
possono essere peraltro nulle ove determinino un significativo squilibrio dei
diritti e dei doveri; anche al di fuori di questo ambito esse possono inoltre
Trib. Brindisi, 21 giugno 2005, in Danno resp., 2006, p. 179, con nota di G. Liace, La
finanza innovativa e la tutela del risparmiatore: il caso 4You; Trib. Salerno, 12 aprile 2007, in
Giur. it., 2008, p. 134, con nota di G. Liace; Trib. Brindisi, 8 luglio 2008, n. 489, in Banca borsa
tit. cred., 2010, II p. 353, con nota di E. Sabatelli, Validità del prodotto finanziario My Way e
tutela dell’investitore; in Giur. merito, 2008, 113, con nota di V. Sangiovanni, Il caso my way
e il contratto aleatorio unilaterale; App. Salerno, 30 settembre 2009, n. 836; Trib. Napoli, 22
gennaio 2013, in Banca borsa tit. cred., 2013, p. 555, con nota di G.B. De Marinis, L’incostituzionalità del contratto immeritevole; Cass., 30 settembre 2015, n. 19559; Cass., 15 febbraio
2016, n. 2900, in Giur. it., 2016, I, p. 852, con nota di G. Versaci, Giudizio di meritevolezza
e violazione di regole di condotta in materia di intermediazione finanziaria; in Giur. it., 2017,
p. 54, con nota di M. Mussuto, Il giudizio di meritevolezza; Cass., 27 ottobre 2017, n. 25630;
Cass., 2 novembre 2017, n. 26057; Cass., 7 febbraio 2019, n. 3679; App. Napoli, 23 agosto
2019, n. 2221; nel senso della meritevolezza: Trib. Santa Maria Capua Vetere, 21 novembre
2012, in Banca borsa tit. cred., 2013, II, p. 555; si vedano anche: Trib. Milano, 11 maggio 1995,
in Giur. comm., 1996, II, p. 79; Trib. Torino, 8 maggio 2009.
59
Così: Cass., Sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140.
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App. Trieste, 28 maggio 2018, n. 254.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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essere dichiarate nulle per immeritevolezza61; in particolare la Corte di Cassazione ha ritenuto nulle per immeritevolezza le clausole claims made inserite
nei contratti di assicurazione della responsabilità civile stipulati da un’azienda
ospedaliera, per effetto delle quali la copertura assicurativa opera solo se tanto
il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata
dal terzo, avvengono nel periodo di durata dell’assicurazione62; un tale patto
determinerebbe un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, ove
si consideri che spesso i danni da r.c. sanitaria possono verificarsi anche molto
tempo dopo la condotta illecita. In tempi ancora successivi è stata rimessa
alle sezioni unite la questione se debba considerarsi immeritevole di tutela la
clausola che stabilisca la spettanza, la misura ed i limiti dell’indennizzo in base
alle condizioni contrattuali vigenti non già al momento in cui l’assicurato ha
causato il danno, ma a quello in cui il terzo danneggiato ha chiesto all’assicurato di essere risarcito63. Le sezioni unite hanno a loro volta precisato che
il contratto di assicurazione con clausola claim’s made è riconducibile al tipo
dell’assicurazione contro i danni e quindi non è soggetto a controllo di meritevolezza; ciononostante anche i contratti tipici possono essere assoggettati
ad un controllo contenutistico del contratto ai sensi dell’art. 1322, 1° comma
c.c., in conformità del quale le parti nell’esercizio della loro autonomia privata possono determinare il contenuto del contratto in modo tendenzialmente
libero, salvi ovviamente i limiti imposti dalla legge64; il che significa che anche
lo snaturamento di un tipo in virtù di un completo svuotamento del suo contenuto dispositivo potrebbe porsi in contrasto con il disposto dell’art. 1322,
1° comma c.c., potendo essere fuorviante per la controparte, specie in caso
di predisposizione unilaterale del contratto. La denominazione del contratto
Cass., Sez. un., 10 maggio 2016, n. 9140, in Giur. it., 2016, p. 1301; in Nuova giur. civ.
comm., 2016, I, p. 1434; Cass., Sez. un., 2 dicembre 2016, n. 24645, in Nuova giur. civ. comm.,
2017, I, 619, con nota di M. Fermeglia, Le sezioni unite confermano se stesse sulla natura
della clausola claims made; nel senso della nullità parziale, con sostituzione del termine di
prescrizione legale: Trib. Livorno, 27 luglio 2016, in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, p. 1441;
con commento di G. Facci, Le incerte conseguenze in caso di nullità della clausola claims
made, in Nuova giur. civ. comm., 2016, II, pp. 1523-1532; M.C. Perchinunno, Il controllo
di meritevolezza nelle clausole claims made, in Contr. imp., 2017, pp. 746-755; T. Febbrajo,
Clausole claims made e controllo di meritevolezza, Napoli, 2019.
62
Cass., 28 aprile 2017, n. 10506 e Cass., 28 aprile 2017, n. 10509, in Nuova giur. civ.
comm., 2017, I, p. 1377, con nota di L. Locatelli, Primi cedimenti delle clausole claims made
di fronte al giudizio di meritevolezza.
63
Cass., 19 gennaio 2018, n. 1465, in Giur. it., 2018, p. 559, con nota di F. Delfini, Le
Sezioni unite nuovamente sollecitate a pronunciarsi sulle clausole claims made.
64
Cass., Sez. un., 24 settembre 2018, n. 22437, in Giur. it., 2019, p. 27, con nota di F. Delfini, Le Sezioni Unite e le claims made: l’ultima sentenza e la “Big Picture”; in Nuova giur.
civ. comm., 2019, I, p. 70, con nota di A.M. Garofalo, L’immeritevolezza nell’assicurazione
claims made.
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potrebbe in altre parole essere fuorviante per la controparte, ove non vi sia
una sufficiente corrispondenza tra il tipo ed il contenuto concreto. In materia
di contratti tipici il controllo contenutistico potrebbe essere attuato anche
in virtù del riferimento alla causa concreta, con conseguente invalidità delle
clausole che appaiono inadeguate tenuto conto dello scopo del contratto65. In
questa prospettiva la causa concreta del contratto potrebbe risultare inficiata
da un eccessivo squilibrio tra il rischio assicurato ed il premio, con conseguente legittimità di un intervento correttivo del giudice, finalizzato a ristabilire l’equilibrio66. Ne conseguirebbe la progressiva erosione di un limite un
tempo considerato invalicabile, anche in materia di contratti del consumatore,
costituito dall’insindacabilità dell’equilibrio economico del contratto. Al di là
delle argomentazioni utilizzate e dal richiamo vuoi del primo o del secondo
comma dell’art. 1322 c.c., a seconda che si tratti di contratti tipici o atipici,
o ancora alla causa del contratto, pare evidente il tentativo di assicurare un
controllo contenutistico del contratto, specie nel caso in cui si tratti di contratti sostanzialmente a formazione unilaterale, anche al di fuori dell’ambito
dei contratti del consumatore. Sempre in questa prospettiva, le sezioni unite
fanno riferimento non ad un singolo rimedio, ma ad una pluralità di rimedi
in un’ottica tendenzialmente conservativa del contratto, che spaziano dalla
responsabilità precontrattuale, alla nullità parziale, alle clausole vessatorie,
con conseguente conformazione del contratto anche alla luce della disciplina
dispositiva indebitamente derogata. Il dubbio che potrebbe semmai sorgere
a questo proposito concerne le tecniche utilizzate per effettuare un tale controllo; il rischio è infatti che un eccessivo ricorso alle clausole generali, quali
buona fede, equità, ed ora anche meritevolezza dell’interesse (art. 1322, 2°
comma, c.c.) e addirittura limiti di legge (art. 1322, 1° comma, c.c.), da intendersi oltre tutto come ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovrannazionale, possa sfociare
nell’arbitrio o legittimare un intervento troppo invasivo del contratto; il che
potrebbe a sua volta rendere il sistema contrattuale italiano non appetibile sul
piano internazionale, specie se confrontato con altri modelli giuridici molto
più refrattari al controllo giudiziale del contenuto dal contratto; si pensi in
particolare al modello contrattuale angloamericano, da sempre piuttosto refrattario alla buona fede e più in generale alle clausole generali.
Parimenti si è deciso che nelle operazioni di finanziamento delle società,
l’accordo dei soci dal quale scaturisca in concreto un’esclusione costante e
assoluta dell’alea tipica dell’investimento finanziario va valutato quale tentativo di eludere il divieto del patto leonino con conseguente non meriteA.M. Garofalo, o.c., p. 72.
I. Riva, L’ultima parola delle sezioni unite della Cassazione in materia di clausole claims
made, in Contr. imp., 2019, pp. 9-18.
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volezza di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c67.; il che evidenzia una crescente
propensione della giurisprudenza ad estendere il controllo contenutistico del
contratto anche al di fuori del settore dei contratti del consumatore utilizzando le clausole generali ed in particolare la meritevolezza dell’interesse.
In questa prospettiva il giudizio di immeritevolezza può riferirsi non solo
ai contratti atipici in senso stretto, ma anche a più contratti inscindibilmente
collegati che costituiscono un’operazione economica unitaria, o ancora a singole clausole che snaturano il tipo.
Notevole interesse riveste altresì una sentenza delle sezioni unite della
Corte di Cassazione in materia di preliminare di preliminare, la quale ha ritenuto che una tale tipologia contrattuale sia meritevole di tutela ogniqualvolta
sia configurabile un interesse delle parti alla formazione progressiva del contratto68. Parimenti in materia di fornitura a domicilio di prestazioni didattiche, la giurisprudenza ha ritenuto che la meritevolezza debba essere esclusa
in caso di prevaricazione o approfittamento in danno del contraente debole69;
in materia di contratti atipici aventi ad oggetto terreni da adibire a discarica di
rifiuti, si è ritenuto che rientri nei poteri del giudice sindacare uno squilibrio
contrattuale inaccettabile70.
La giurisprudenza ha ritenuto non meritevoli di tutela accordi limitativi
della concorrenza in ambito farmaceutico71, i patti di sindacato di voto privi
di termine finale72, nonché ancora le clausole di locazione che prevedono
oltre al divieto di sublocazione anche quello di ospitalità non temporanea di
persone estranee al nucleo familiare73. Un discorso comparabile può essere
ripetuto per quel che riguarda le clausole rischio cambio nei contratti di leasing, le quali non sono state ritenute meritevoli di tutela74 e così via75.
Notevole interesse riveste altresì una sentenza delle sezioni unite, la quale
ha ritenuto invalida per non meritevolezza dell’interesse perseguito la clausola contenuta in un contratto di derivazione d’acqua in virtù della quale il
pagamento del corrispettivo era dovuto anche in caso di mancata derivazione
App. Milano, 19 febbraio 2016, n. 636, in Giur. it., 2016, p. 1652, con nota di A. Petruzzi, Brevi note in tema di clausole di put & call a prezzo predefinito rispetto al divieto del
patto leonino.
68
Cass., Sez. un., 6 marzo 2015, n. 4628.
69
Pret. Salerno, 23 febbraio 1993, in Dir. giur., 1995, p. 261.
70
Cass., 1° aprile 2011, n. 7557, in Foro pad., 2012, I, p. 358; M. Pennasilico, Le categorie
del diritto civile tra metodo e storia, in Rass. dir., civ., 2016, pp. 1246-1261 e 1251, nota 30.
71
Cass., 8 febbraio 2013, n. 3080.
72
Cass., 20 settembre 1995, n. 9975, in Giur. comm., 1997, II, p. 50.
73
Cass., 19 giugno 2009, n. 14343, in Vita not., 2009, p. 1441.
74
App. Trieste, 28 maggio 2018, in Nuova giur. civ. comm., 2019, I, p. 232, con nota di V.
Cusumano, La clausola rischio cambio nei contratti di leasing.
75
Cass., 23 maggio 2019, n. 13960.
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dell’acqua per causa non imputabile al concessionario; anche in questo caso
il principio di meritevolezza (art. 1322, 2° comma c.c.) è stato agganciato alla
Costituzione (art. 41), con l’effetto di consentire un controllo contenutistico
anche dei contratti non del consumatore e conseguente caducazione delle
clausole abusive e riespansione della norma giuridica disapplicata76.
In altri casi la giurisprudenza ha ritenuto possibile non solo la disapplicazione della clausola non meritevole, ma anche il successivo l’intervento
correttivo del giudice77.
Qualche perplessità sorge peraltro sotto il profilo dei rapporti con le figure
classiche dell’invalidità e della responsabilità; la Corte di Cassazione era infatti
giunta a distinguere con grande chiarezza a seconda che fossero state violate
regole di validità, con conseguente invalidità del contratto, o regole di responsabilità, con conseguente risarcimento del danno; in particolare la mera violazione di regole comportamentali, specie in materia di contratti finanziari, non
comportava invalidità del contratto, ma unicamente l’obbligo di risarcimento
del danno. Il riconoscimento che l’eccessivo squilibrio contrattuale può comportare immeritevolezza del contratto atipico a predisposizione unilaterale,
può viceversa riaprire la questione della rilevanza della scorrettezza e dei comportamenti in contrasto con la buona fede; in questa prospettiva la scorrettezza
che consiste nel predisporre contratti atipici fortemente squilibrati in favore
della banca può comportare a monte esclusione della meritevolezza del tipo
contrattuale. Si consideri che sarebbe peraltro possibile raggiungere all’incirca
i medesimi risultati in virtù di un approccio più tradizionale; in particolare sarebbe sufficiente ritenere che un eccessivo squilibrio economico o normativo
del contratto possa comportare nullità del medesimo per carenza per lo meno
parziale di un elemento essenziale, vale a dire la causa del contratto78, ma la
soluzione appare come minoritaria sia in dottrina che in giurisprudenza79.
L’eccessivo squilibrio contrattuale, vuoi normativo, vuoi economico, potrebbe inoltre essere sanzionato sotto il profilo della buona fede o dell’equità,
con conseguente inefficacia del contratto o di singole clausole di esso in conformità al modello dei contratti dei consumatori. Del resto frequentemente
Cass., Sez. un., 17 febbraio 2017, n. 4224, in Nuova giur. civ. comm., 2017, I, p. 1205,
con nota critica di A.M. Garofalo, Meritevolezza degli interessi e correzione del contratto.
77
Cass., Sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140.
78
In questo senso in particolare A. Guarnieri, Il contratto immeritevole e il rasoio di
Occam, in Nuova giur. civ. comm., 2018, II, pp. 153-263, il quale ritiene che la maggior parte
dei casi in cui viene applicata la clausola di meritevolezza potrebbero essere risolti facendo
riferimento alla mancanza di causa, ai principi della Costituzione o ancora alle figure tradizionali di illiceità; questo autore si esprime quindi a favore di un’interpretazione abrogante del
principio di meritevolezza, in part. p. 263.
79
E. Sabatelli, Validità del prodotto finanziario My Way e tutela dell’investitore, in Banca borsa tit. cred., 2010, II, pp. 356 e 368.
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anche la giurisprudenza attribuisce alla buona fede una funzione riequilibrativa del contratto, anche alla luce degli artt. 2, 3, 41 e 47 Cost80. In questa prospettiva il ricorso alla buona fede potrebbe apparire preferibile, non
foss’altro perché si tratta di una figura più sedimentata e soprattutto presente
anche negli altri ordinamenti europei. Un eccessivo ricorso alla meritevolezza potrebbe viceversa aprire la porta all’incertezza ed all’arbitrio, rendendo il
sistema Italia meno appetibile da un punto di vista internazionale.
7. Nella galassia delle clausole generali, recentemente rivalutate da parte di
dottrina e giurisprudenza, non manca anche la ragionevolezza81. Il principio
di ragionevolezza, tipico soprattutto dei Paesi di common law, sta infatti iniziando a penetrare anche in quelli di civil law, ed in particolare anche in Italia,
specie per il tramite delle direttive europee, nonché dei testi di diritto uniforme, come per esempio la CISG (art. 8), nonché i PICC82, i PECL e il DCFR.
Sempre più frequentemente il concetto di ragionevolezza inizia inoltre a far
capolino anche nelle sentenze, in aggiunta a quelli più tradizionali di buona
fede, correttezza, abuso del diritto e così via83. Parte della dottrina esclude
peraltro che si tratti di una clausola generale equiparabile alle altre, dato che la
Cass., Sez. un., 4 novembre 2019, n. 28314.
F. Berlingieri, Lo standard del reasonable man, in La vendita internazionale, Milano,
1981, p. 329; G. Khairallah, Le raisonnable en droit privé francais, in Rev. trim., 1984, p.
439; G. Criscuoli, Buona fede e ragionevolezza, in Riv. dir. civ., 1984, I, p. 709; P. Gallo,
L’elemento oggettivo del tort of negligence, Milano, 1988; Id., Prescrizione e decadenza in
diritto comparato, in Dig. disc. priv., Sez. civ., vol. XIV, Torino, 1996, p. 248; Id., Prescrizione
e decadenza, Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., Torino, 2013; S. Troiano, La ragionevolezza nel
diritto dei contratti, Padova, 2005; Id., Le clausole generali nei Principi “Acquis” del diritto comunitario dei contratti, in Studi in onore di Giorgio Cian, Padova, 2010, II, p. 2413; A. Ricci,
Il criterio della ragionevolezza nel diritto privato, Padova, 2007; L. Duong, Le raissonable
dans les principes du droit européen des contrats, in Riv. it. dir. comm., 2008, p. 701; R. Rolli,
Causa in astratto e causa in concreto, Padova, 2008, p. 202 ss; E. Del Prato, Ragionevolezza
e bilanciamento, in Riv. dir. civ., 2010, I, p. 23; S. Patti, La ragionevolezza nel diritto civile,
Napoli, 2012; Id., Ragionevolezza e clausole generali, Milano, 2013, 2ª ed., Milano, 2016; Id.,
Ragionevolezza (dir. civ.), in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., Torino, 2014, p. 517; F.D. Busnelli, Idee-forza costituzionali e nuovi principi: sussidiarietà, autodeterminazione, ragionevolezza, Studi, IUDICA, Milano, 2014, pp. 241-260; P. Montalenti, Nuove clausole generali nel
diritto commerciale tra civil law e common law, in Osservatorio dir. civ. comm., 2015, pp. 133152; G. Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto privato, Napoli, 2015;
Id., Sul criterio di ragionevolezza, in C. Perlingieri e L. Ruggeri (a cura di), L’incidenza
della dottrina sulla giurisprudenza nel diritto dei contratti, Napoli, 2016, pp. 29-71; Id., Ragionevolezza e bilanciamento nell’interpretazione recente della Corte Costituzionale, in Riv. dir.
civ., 2018, pp. 716-753; N. Lipari, Per un diritto secondo ragione, ivi, 2018, pp. 1427-1444; A.
Fachechi, Dialoghi su ragionevolezza e proporzionalità, Napoli, 2019.
82
Diffusamente sul punto: S. Troiano, o.c., pp. 10, 25, 81 e 163.
83
Cass., Sez. un., 17 maggio 1996, n. 4570, in Giur. it., 1997, I, 1, p. 760; Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, in Foro it., 2010, p. 85.
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ragionevolezza è utile anche per l’interpretazione e la concretizzazione delle
altre clausole generali, come per esempio la buona fede e così via84.
Si ricorda inoltre che anche nell’ambito del diritto commerciale si segnala
negli ultimi tempi un’abbondante fioritura di clausole generali85.
8. L’art. 1175 c.c. nella sua configurazione originaria faceva riferimento anche alla solidarietà corporativa; in seguito alla caduta del fascismo e
dell’ordinamento corporativo questo inciso venne peraltro abrogato. Ciononostante il dibattito sulla solidarietà non è venuto meno86; secondo alcuni
orientamenti dottrinali, sarebbe configurabile un principio generale di solidarietà sociale, il quale trova fondamento nell’art. 2 della Costituzione. Soluzione che ha ricevuto un quale riscontro anche a livello giurisprudenziale87,
con conseguente nullità del contratto o di singole clausole di esso88 e legittimazione dell’intervento modificativo o integrativo da parte del giudice89;
secondo la Corte di Cassazione il principio di solidarietà può inoltre imporre
anche comportamenti attivi finalizzati a salvaguardare la controparte nei limiti in cui ciò non rappresenti un apprezzabile sacrificio90.
Il riferimento alla solidarietà sociale ovviamente si inscrive in quella tendenza del diritto moderno a rivalutare le clausole generali, a partire dalla
buona fede e dall’equità, per passare alla meritevolezza dell’interesse, ai principi costituzionali, alla solidarietà sociale, alla ragionevolezza e così via; tendenza che sicuramente può contribuire ad aggiornare un sistema codicistico
sempre meno ai passi con i tempi; il rischio è però ovviamente quello che si
possa perdere il controllo e scadere nell’arbitrio e nell’incertezza, con conseguente minor appetibilità del sistema italiano anche da un punto di vista
internazionale; si consideri infatti la preferenza degli operatori internazionali
per sistemi contrattuali blindati e tendenzialmente impermeabili alle clausole
generali, con frequente ricorso alle clausole di completezza. Come sempre il
problema consiste nell’individuare un punto di equilibrio tra queste opposte
G. Perlingieri, o.c., p. 114.
P. Montalenti, L’informazione e il diritto commerciale: principi e problemi, in Riv. dir. civ.,
2015, pp. 779-802; G. Scarnillo, L’interpretazione delle clausole generali e il running the business
giurisprudenziale. Spunti di diritto comparato, in Nuova giur. civ. comm., 2018, II, pp. 596-605.
86
F. Di Ciommo, Efficienza allocativa e teoria giuridica del contratto, Torino, 2012, p. 58.
87
Cass., Sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972; Cass., Sez. un., 11 luglio 2018, n. 18287; M.
Grondona, Solidarietà e contratto: una lettura costituzionale della clausola generale di buona
fede, in Riv. trim., 2004, pp. 727-744, ivi esame della giurisprudenza, il quale rileva peraltro
che spesso il richiamo alla solidarietà da parte della giurisprudenza non risulti determinante ai
fini del decidere, ma assuma più che altro l’aspetto di un orpello argomentativo, p. 735.
88
Cass., 19 giugno 2009, n. 14343.
89
Cass., 18 settembre 2009, n. 20106.
90
Cass., 5 novembre 1999, n. 12310, in Foro pad., 2000, I, p. 348.
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clausole generali e controllo contenutistico del contratto
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esigenze, in modo tale da consentire l’evoluzione spontanea dell’ordinamento, senza nel contempo cadere nell’arbitrio e nell’incertezza, il che costituirebbe la negazione della certezza del diritto. In genere è inoltre da evitare che
l’ideologia o l’orientamento politico, quale che esso sia, possano influenzare
le decisioni dell’organo giudicante, pena il rischio di perdita di legittimazione
di fronte all’opinione pubblica.
9. Discusso è se sia configurabile un principio generale di proporzionalità91, in virtù del quale il giudice sarebbe legittimato ad effettuare un controllo
contenutistico, con conseguente caducazione del contratto o di singole parti
di esso, e successiva integrazione con il diritto dispositivo o riconduzione
giudiziale ad equità.
Storicamente non vi alcun dubbio che a partire dal XX secolo si è assistito ad una progressiva erosione del volontarismo tipico del XIX secolo, con
conseguente introduzione di istituti equitativi volti ad assicurare un crescente grado di giustizia contrattuale; basti per esempio ricordare la rescissione
del contratto per lesione, la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità,
la riducibilità della clausola penale e così via; ma si pensi ancora ai numerosi provvedimenti introdotti dalle leggi speciali successivamente al codice
del 1942; in queste condizioni ci si può veramente domandare se ormai il
principio di proporzionalità pervada l’ordinamento, con la conseguenza di
legittimare interventi limitativi e correttivi del giudice anche nei casi non
specificamente previsti in applicazione delle clausole generali, in particolare
buona fede, equità, meritevolezza dell’interesse e così via. Nonostante l’indubbia proliferazione delle leggi speciali che consentono interventi limitativi
e correttivi al giudice, sarebbe probabilmente eccessivo estrapolare da tali
provvedimenti per l’appunto un principio generale di proporzionalità; a questo proposito si impongono tutte le cautele del caso, proprio al fine di evitare
che un eccessivo ricorso alle clausole generali possa rendere incerto il diritto
italiano e quindi meno appetibile anche sul piano internazionale.
Quello che comunque è sicuro è che siamo in una fase di transizione,
connotata da un progressivo recupero dei profili equitativi del contratto; si
vuole in altre parole che il contratto sia sempre più giusto ed equilibrato; il
che non costituisce peraltro una negazione dell’autonomia privata; piuttosto
il problema è quello di far sì che il contratto sia l’effettivo incontro di due
volontà il più possibile libere ed informate, a prescindere da abusi e condizionamenti di sorta.
Di Ciommo, o.c., X, 164, il quale lo esclude, ritenendo che le parti vedano di malocchio l’intervento correttivo del giudice 167, il che potrebbe generare incertezza circa il destino del contratto
e disincentivarne la conclusione, pp. 167 e 178 ss., senza contare l’incremento dei costi transattivi
per blindare il contratto, 179, ma ammette che il sistema è in fase di transizione, p. 243 s.
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