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Ab la douzor del temps novel" (BdT 183,1): osservazioni e proposte

2022, Zenodo (CERN European Organization for Nuclear Research)

Maurizio Perugi «Ab la douzor del temps novel» (BdT 183,1): osservazioni e proposte In una recensione che mi è capitato di scrivere ho involontariamente confuso due poesie attribuite a Guglielmo IX, Ab la douzor del temps novel e Farai chansoneta nueva: sovrapposizione di memoria che, fortunatamente, non va oltre la semplice citazione né, tanto meno, incide sul complesso delle tesi esposte. L’errore mi è stato fatto notare da due fonti diverse, una delle quali si esprime in modo piuttosto sgarbato. L’episodio mi ha comunque incoraggiato ad approfondire alcune questioni finora estranee al mio orizzonte di ricerca. Ho sempre avuto una certa ritrosia a occuparmi di Guglielmo IX, rispetto al quale l’ipertrofia bibliografica si coniuga a un disinteresse radicato per i pur gravi e persistenti problemi linguistici (e dunque testuali).1 Non è questo, fortunatamente, il caso di F. Gambino in una sua lettura dedicata alla canzone Ab la douzor del temps novel.2 L’autrice utilizza il testo di M. Eusebi,3 adottato con un unico mutamento che riguarda l’avverbio entrenan in rima al v. 15. Ricordo, a partire da questa lettura, che la canzone è attestata nei mss. N e a1, in entrambi i casi in una doppia versione. In N «la canzone è la seconda del primo gruppo di cinque testi di Guglielmo», ai quali seguono, dopo sei canzoni adespote di trobairitz, «gli stessi componimenti guglielmini secondo un ordine di sequenza leggermente variato»: copisti e antigrafo sono probabilmente gli stessi. «In questa sezione del ms. N i componimenti sono tutti adespoti per ragioni accidentali». Nel Complemento Càmpori, invece, la prima versione è attribuita a Lo coms de peiteus; la seconda si trova «all’interno di una sezione di quattro testi attribuiti a Jaufre Rudel (tre effettivamente lo sono) e ascritta quindi a Jaufre Rudel». Infine, mentre le due versioni di N praticamente coincidono, quelle del Càmpori sono ben distanti l’una dall’altra. Uno dei meriti da attribuire alla lettura della Gambino è l’aver affrontato il problema testuale nella sua integrità e complessità, approdando a una conclusione del tutto condivisibile (p. 34): «La migliore edizione di Ab la douzor è quindi probabilmente quella che corregge laddove necessario il testo di a2a aiutandosi con N». La seconda versione di a1, che qui chiamerò a2, è infatti di gran lunga la “migliore” nel rispetto non soltanto sostanziale, ma anche linguistico. Nello stesso anno 2010 è uscito un pregevole studio di S. Asperti, anch’esso dedicato a entrenan, per il quale i due studiosi arrivano a conclusioni analoghe, pur – com’è normale, data la contemporaneità - ignorandosi a vicenda. Mettendo a frutto le Concordanze di Ricketts, Asperti ha raccolto una documentazione completa su entrenan, avverbio dal significato non facilmente determinabile. Sul piano 1 Ciò senza nulla togliere al valore di contributi come quello di Maria Grazia Capusso, Guglielmo IX e i suoi editori: osservazioni e proposte, «Studi Mediolatini e Volgari», 33 (1987), 135-256. 2 Francesca Gambino, Guglielmo di Poitiers “Ab la douzor del temps novel” (BdT 183.1), «Lecturae tropatorum» 3, 2010. 3 «M. Eusebi, Guglielmo IX, Vers, Parma 1995, poi Roma 2003, 9, p. 74-78 (testo base a2a) (...); ad Eusebi si rinvia anche per l’apparato testuale» (Gambino, p. 35). 1 testuale, «con la sola eccezione di Appel [che traduce ‘zuvor’], tutti gli editori del corpus di Guglielmo e di questo singolo testo (Chiarini) si sono orientati nella definizione di questo luogo su una delle redazioni del canzoniere a, pubblicando (en) tremblan (Jeanroy, Bond, Jensen, Eusebi) o (en) treman (Jeanroy e poi, su basi diverse, Chiarini) o ancora correggendo quest’ultima lezione in creman (Pasero e quindi Bec)».4 L’avverbio5 è registrato da Pfister col significato di ‘debout, droit’ nel ms. O del GirRouss ai vv. 2465 (dove l’altro ms. P glossa en estant) e 9787.6 «Diese Adverbium war vermutlich bereits bei GirOrig vorhanden und kommt in dieser Bedeutung nur vereinzelt im Altprovenzalischen vor», senonché la COM2 permette di ampliare notevolmente la documentazione fino a una quindicina di occorrenze. Attingendo al lavoro di Asperti, raccolgo quelle che sicuramente, o verosimilmente, condividono il significato individuato da Pfister (‘debout, droit’), e aggiungo la traduzione che ritengo più adeguata; fra parentesi quadre stanno, ove del caso, le interpretazioni vulgate nelle edizioni o nei lessici: Bertran Carbonel 12,54-55 que·l pres qu’entretan/sosten ‘il Pregio che egli sostiene ben dritto’ [‘depuis longtemps’; PD ‘en avant; auparavant, jadis’; Appel Chrest. ‘zuvor’]. Sordel 29,40-41 que·l fais lo plus pesan/sosten de pretz, per que·l ten entranan ‘perché riesce a farlo restando diritto e ben saldo’, Asperti secondo la lezione del ms. T [‘che sostiene il più pesante carico di pregio e perciò lo sostiene tremando’]. Uc Brunenc 7,27 que·l guay dompney qu’om tenia entretan ‘il servizio d’amore che un tempo era tenuto in piedi, cioè era coltivato e rispettato’ [ms. U: tremi entrenan]. Aimeric de Peguilhan 40,51-52 Qui que·s crotle ni estia entrenan,/Malespina esta ferms en l’estan ‘Poco importa chi trema o resta saldo’ [‘However much others bestir themselves or oppose him’]. Bernart Marti 7a,47-48 et eu remanrai antrenan/en l’amor ‘ed io rimarrò saldo nell’amore’, cfr. Capusso ‘diritto, in piedi’ > ‘fermo, saldo (in amore)’ [‘rimarrò davanti a tutti nell’amore’]. Vida de sant Honorat, v. 591 qu’es pausatz antrenant/en peyras d’aÿmant ‘che lo raffigura in piedi’ (Asperti) [‘jadis’]. Savi 998 Las bestias fetz Dieus anar/e ves en terra agachar;/e home fetz sus entrenan (lezione del ms. V, mentre P legge a·sso semblan). Chirurgia di Ruggero da Parma, v. 1046 e per se bras lo fai estar sus entreman = lat. et elevet eum a terra; cfr. Asperti 286: «Ricordo che la versione è di autore provenzale ed è trasmessa da un codice di mano catalana della fine del XIII secolo». L’immagine di base è qualcuno o qualcosa che si tiene (o è tenuto) in piedi, rimanendo ben dritto e saldo: concretamente, un uomo o un oggetto (una pertica nel GirRouss); un’effigie di Maometto raffigurato in piedi (s. Hon.); infine l’uomo che Dio ha creato, a differenza degli animali, in posizione eretta (Savi). Nel trattato medico della Chirurgia si parla di rimettere un paziente in piedi. In senso figurato il referente può essere il Pregio, come valore sostenuto o mantenuto da un personaggio potente (Bertran Carbonel, Sordello) o più genericamente dagli ideali vigenti nella società del buon tempo antico (Uc Brunenc). In particolare, Aimeric de Peguilhan afferma che ci sono persone che vacillano o che, al contrario, resistono; ma il conte Malaspina fa qualcosa di più: si mantiene dritto in piedi con 4 Stefano Asperti, A ritroso: Bertran Carbonel, Sordello, Guglielmo di Poitiers, «Romania», 128 (2010), 273-98: 280. 5 Declinato secondo le varianti entranan(t), entrenans, -antz, antrenan(t). 6 Max Pfister, Lexikalische Untersuchungen zu Girart de Roussillon, Tübingen, Niemeyer, 1970, p. 414. 2 straordinaria saldezza. Nel linguaggio erotico, l’avverbio si applica alla fedeltà incrollabile dell’amante perfetto (Bernart Marti). Tutte le dieci occorrenze, includendo le due del GirRouss e quella di Bernart Marti,7 sono localizzate nell’area sud-est della Francia meridionale.8 Menziono in appendice quattro occorrenze che condividono il significato approssimativo di ‘in alto, verso l’alto’: Jaufre 9798 e quatre duc tengron denan/una conca d’aur entrenan. Év.Nic. v. 1365 Los .iiii. corns de la mayo/…/si levero tugz entrenan ‘si sollevarono tutti in aria’ = suspensa est a quattuor angulis (Vangelo dello pseudo-Giuseppe d’Arimatea). Vie de s. Marie Madeleine: Lai vi en lo dezert pueis levar antranantz/una santa persona: an la tant aut levada. Salterio latino con didascalie in provenzale copiato in Avignone nel 1265: «Com saing Peire e saingz Pauls porteron nostra Dona sebelir cant fon passada, e com li juzieu la lur cujavon tolre remani[a]nt pendut entrenant» [‘en avant, auparavant, jadis’]. Asperti: ‘in alto, a mezz’aria’ (....), oppure ‘nel frattempo, per tutto il tempo’; versione A del Transitus Mariae: «manus eius erant erectae ad feretrum» ‘restano appese a mezz’aria sopra la barella’.9 Vie de saint Sylvestre (Anjou?), v. 275 «demore ni o[n]t fet greignor/li apostre, meis entrenant/ s’esvanoïrent mentenant» [Asperti: ‘in quel mentre’, cfr. qui la nota 5]. Si può dire che le quattro occorrenze attestano una specializzazione del senso principale: esse descrivono i quattro angoli di una prigione sollevati in aria (Év. Nic.); una persona che viene, parimenti, aut levada; le mani di due Giudei che, mozzate da una spada misteriosa, restano sospese in aria; gli apostoli che, nella visione avuta da Costantino, improvvisamente svaniscono, si suppone volando in alto: in tutti e quattro i casi si tratta di un evento soprannaturale. Nel Jaufre più semplicemente, si vede in primo piano un bacile d’oro sollevato e tenuto dinanzi al re perché questi si possa lavare le mani. 10 Tranne il Jaufre e – ovviamente – il testo anonimo francese addotto da Asperti, il resto delle testimonianze riconduce sempre all’area occitanica sud-orientale. Al v. 10 i mss. a1 e a2 condividono la dialefe traire·enan,11 alla quale N risponde con traire adenan. Stando alla COM2, l’avverbio occorre dieci volte in area sud-orientale12 contro tre nel catalano Raimon Vidal,13 configurando un esempio di conservazione in aree laterali. Un’altra ‘difficilior’ conservata da N riguarda i vv. 16-17: il biancospino resiste tutta la notte sull’albero, esposto alla pioggia e al gelo, tro l’endeman que·l sol s’espan/par la fueilla verz el ramel ‘finché l’indomani, quando il sole brilla, la foglia verde si mostra sul ramo’. È la stessa immagine di 7 Cfr. M.P., Les textes de Marcabru dans le chansonnier provençal A: Prospections linguistiques, «Romania», 117 (1999), 289-315 :291-6. 8 Quella posta più a nord (Rodez) è di Uc Brunenc. Il Peguilhan è originario di Tolosa, ma conoscitore della Provenza e ben integrato nell’ambiente dei provenzali migrati in Italia. 9 Asperti, pp. 287-8. 10 Lascio da parte tre occorrenze in cui sembra verificarsi un incrocio morfo-semantico con l’avverbio entretemps; si tratta di Jaufre 4629 Entrenans sol un pauc manjes [Lee: ‘vi chiedo…di mangiare intanto un poco’]; Mystère de l’Ascension: he entrenan tot sia aparelhat; Vie de s. George 584 Can la batian antrenant/illy ci gira deves lo sant [Asperti: ‘mentre continuavano a colpirla’]. 11 Il puntino di separazione, inteso a marcare la dialefe, è in ambedue i mss. 12 Quattro occorrenze nel Rolland à Saragosse, tre nella Vie de sainte Marie Magdalene, due nella Vie de sainte Énimie, una nel Fierabras. 13 Si aggiungono una nella Chanson d’Antioche e una in Bernart Tortitz. 3 Bernart de Ventadorn 39,1 «Can l’erba fresch’e·l folha par» (una parte della tradizione dà l’erba vertz) o di 38,1-2 (canzone d’incerta attribuzione) «Can la verz folha s’espan/e par flors blanch’el ramel». 14 Rispetto all’interpretazione vulgata che si basa su per15 la lezione par dovrebbe essere ‘difficilior’, e una tenue spia della sua autenticità è l’accordo tra la fueilla verz (N) e per las foillas vertz di a2, che mantiene il morfema sigmatico nell’epiteto pur adattandolo al plurale, mentre a1 con per la fueilla vert sceglie la soluzione opposta. Il v. 11 è problematico: entro q’ieu sapcha ben la fi tro qe sapcha ben de la fi tro qu’eu sacha ben de fi a2 a1 N La locuzione de fi ‘gewiss, sicher’ (Appel)16 deve essere considerata come ‘difficilior’: si tratta probabilmente di un raro oitanismo, presente non solo in Bertran de Born 4,39 «so aug dir tot de fi» (ugualmente in rima equivoca con a la fi, v. 30), ma anche nella Cour d’amour, v. 320 «sachas de fi vos servirai». Non ritengo garantita la dialefe que eu introdotta fin da Appel per sanare l’ipometria, e confortata dall’analisi di Gambino (pp. 32-33); del resto non sarebbe incongruo ravvisare una riduzione di entro17 a partire da un sub-archetipo originariamente ipermetro. Problematico risulta anche il v. 9: per qe mos cors dol e non ri don mos cors non dol ni non ri per que mon cor nom dorm ni ri a2 a1 N Per eliminazione delle ‘singulares’ si dovrebbe mettere a testo il segmento per que mo(s) cor(s) non, mentre resta aperta la scelta fra dol e dorm. L’associazione con dol è illustre e diffusa, da Jaufre Rudel 5,9 «per vos totz lo cors mi dol» ad Arnaut Daniel 2,25 «que·l cors m’en dol»; quella con dorm è meno frequente ma più squisita: è Raimbaut d’Aurenga 1,30 «que·l cor mi ri neis en dormen» che associa i due elementi del binomio.18 Dello stesso si veda 11,44 «si ri mon cor de joy ple»; inoltre Flam. 2496 «le cors li ri totz e l’agensa» e 5736 «de fin joi totz le cors li ri». Sul piano linguistico, una collocazione del testo in area sud-orientale è in particolare suggerita – come detto – dalle isolessie adenan e entrenan, alle quali si può affiancare espel (v. 28): espelir ha il senso di ‘dire, parlare, raccontare dettagliamente’ in Raimbaut d’Aurenga 11,28 (ms. V) «mais trop ho espel» ‘but I am telling too much!’ (Pattison) : ‘but I am talking too openly’ (Lewent); Peire Cardenal 57,42-44 «pro ni valen no·s tanh que hom l’apel/(...)/ni vertadier, qan vertat non espel»19 (Vatteroni: ‘proclama’; gloss. ‘dire, proclamare’); GirRouss 9159-60 «e contet li son duel, e li espel/per qu’a mort Si aggiungano dello stesso autore 41,1 «Can par la flors josta·l vert folh»; 42,1 «Can vei la flor, l’erba vert e la folha» (parte della tradizione, invece di vert, legge fresc(ha)). 15 Gambino: ‘fino all’indomani, quando il sole si spande attraverso le foglie verdi del ramoscello’. 16 Oltre a Gambino, si veda anche Kurt Lewent, On the text of two troubadour poems, PMLA, 59 (1944), 60524 :610, nota 8. 17 Provenzalismo attribuito da Pfister 1970 (p. 416) a GirOrig. 18 Cfr. Bernart de Ventadorn 4,45 «Las! mos cors no dorm ni pauza». 19 I mss. IKJ cambiano la clausola in non l’es bel. 14 4 a ses mans lo franc donzel» (FEW 17,176 ‘il raconte’).20 Peraltro il lemma (‘expliquer, faire entendre’) è ben diffuso anche in oïl, donde passa in autori come Arnaut Daniel 12,25 e Bertran de Born 34,50.21 Un’eventuale collocazione sud-orientale di Ab la douzor risulta conpatibile con un manipolo di tratti conservati dal ms. a2. Al v. 30, come esito di HABEMUS, si oppongono avem Na1 : aven a2; l’alternanza –em ~ -en è tipica del GirRouss,22 ed è nota al dialetto di Lyon.23 Al GirRouss riconduce anche l’ipercorrettismo donetz per donet (v. 21).24 Al v. 12 si les aissi qom el deman a2 si oppone a sel es aissi con ieu deman a1 : sel es aissi com eu deman N. La presenza, al verso precedente, della lezione deteriore la fi induce a segmentare, rispettivamente, s’el(a) in a1, e il più sud-orientale s’ila in a2; mentre, nel ms. N, Appel ed Eusebi ravvisano un pronome neutro el (Gambino: ‘le faccende’). Ricordo eventualmente che un impiego neutro di lo, o anche la, è attestato nell’area frpr. e nella zona finitima, alle quali rinvia anche la forma itals (v. 29). In attesa di un’analisi più precisa restano l’iperdittongamento buesc (v. 2)25 e, se non si tratta di errore servile, l’interessante ramoi (v. 18) da ricondurre a un *ramei < -el: in Borgogna «le L final a déjà tendance à s’amuïr: une graphie comme mantei (pour manteau) est révélatrice».26 Con ogni probabilità l’esito è da attribuire al copista. Lo stesso dovrebbe valere per feiron (v. 20) comune alle due versioni del Càmpori: la forma, per ragioni già discusse dalla critica, non può che essere una 1 a pers. plur. (dunque feirón) grosso modo equivalente a fezem (N).27 Parlare di errore sarebbe improprio (oltre che espeditivo), vista – nella fattispecie - la perfetta coincidenza fra i due mss. Restando nell’area linguistica cui si è fatto più volte allusione, mi limito a citare un documento orale registrato dal Puitspelu, al quale la madre cantava spesso una canzone «où firons signifiait tour à tour ‘fûmes’ et ‘fîmes’»: 28 è, manifestamente, una forma propria di una zona mistilingue.29 Le ripetute convergenze di a1 e a2 in lezione deteriore (vv. 9, 10-11, 15, 17) sembrano sufficienti a ricondurre le due versioni a un unico sub-archetipo. Esaminiamo ora i casi in cui N si accorda con uno degli altri due testimoni a partire dal v. 4 segon l’aven del novel chan in base alla lezione stabilita da Gema Vallín: ‘de acuerdo con (conforme a) el advenimento del nuevo canto’, cioè ‘en armonía con el reverdecer del nuevo canto’.30 Dice bene Lo stesso significato potrebbe attribuirsi a Peire d’Alvernha 9,24 (ms. C), senonché il luogo è oscuro. Luogo oscuro: se ne veda la discussione nell’ed. Gouiran, Aix-en-Provence, Université de Provence, 1985, I, p. 426. 22 Georg Hentschke, Die Verbalflexion in der Oxf. Hs. des Girart de Rosillon, Halle, Niemeyer, 1883, p. 6. 23 Édouard Philipon, Morphologie du dialecte lyonnais aux XIIIe et XIVe siècles, «Romania», 30 (1901), 213-94 : 243 registra aven, avein come alternative di avem. 24 Hentschke, pp. 16 e 57; Pfister, pp. 43-48. 25 Tipico, in ogni caso, dell’Occitania sud-orientale. 26 Gérard Taverdet, Les scriptae françaises VII. Bourgogne, Bourbonnais, Champagne, Lorraine, in Günter Holtus (et al.), Lexikon der romanistischen Linguistik, Bd. II/2, Tübingen, Niemeyer, 1995, 374-89 :377. 27 Cfr. La desinenza –om, -on di prima pers. plur. in due versioni oitaniche dell’Épître di saint Étienne, 2021, nel sito maurizioperugi.ch/I.5. 28 Nizier du Puitspelu, Un conte en patois lyonnais du commencement du siècle, «Revue des patois», I (1887), 107-19 :115, nota 4. 29 Com’è noto, nei documenti la 1a pers. plur. è attestata solo molto raramente. 30 G. Vallín, «Lo vers del novel chan?», «Romania», 119 (2001), 506-17. 20 21 5 Gambino che ‘reverdecer’ comporterebbe una sinestesia fuori luogo. Si tratta piuttosto di un vero e proprio avvento, quello della primavera, con tutte le implicazioni religiose e musicali che la critica ha debitamente richiamato.31 Né si può parlare di una diffrazione in senso stretto, attesa la prossimità paleografica di lauen (a2) e louers (N). Anche in altri casi è a2 che sembra conservare la ‘difficilior’: così sus en rispetto a sobre (v. 15), e forse pan rispetto a pessa (v. 30).32 Al v. 8 si oppongono de zo dont a maior talan a2 : de zo don hom a plus talan a1 ~ N. Nel primo caso il soggetto è al verso precedente: adoncs estai be c’om s’aizi. La clausola major talan si trova in tre autori situabili nel sud-est: Uc Brunenc 7,51; Guiraut d’Espanha 11,11; Peire Bremon Ricas Novas 3,24.33 Per l’altra variante, che potrebbe appartenere a un registro meno elevato, cfr. Bernart de Ventadorn 36,59 «son don a plus talan» e Gui d’Ussel 2,5 «de cal deu plus aver talan». 34 Altre opposizioni limitrofe all’adiaforia sono al v. 8 non vei mesager ni sagel N + a1 (che ha nom ve) vs. non hai messatger ni segle a2;35 v. 3 lor lati N + a1 vs. son lati a2. In conclusione, le convergenze fra N e a1 (lor lati, v. 3; plus, v. 6; pessa, v. 30) non sembrano rivestire molta importanza dal punto di vista stemmatico, tanto più che risulta ogni volta arduo dissipare il rischio di adiaforia. Tutto sommato, la rilevanza maggiore spetta ai dati linguistici, che confermano la flagrante individualità di a2 rispetto agli altri due testimoni. Il problema non sarebbe tanto scottante se non investisse la questione attribuzionale. Stando all’ipotesi di stemma qui proposta, le attribuzioni al coms de peiteus e a Jaufre Rudel godono ciascuna del 50% di probabilità. Si aggiunga che la seconda è sostenuta da un testo largamente ‘difficilior’. Ma accettare la paternità di Rudel sarebbe quanto meno avventato: la forte probabilità di un’origine sudorientale per questo testo ne rende problematica l’attribuzione a qualunque autore di provenienza aquitana o pittavina (se questo termine può avere ancora un qualsiasi peso in ambito filologico).36 Vista la frequenza di citazioni dai classici (in particolare Rudel e Ventadorn) potrebbe trattarsi di un imitatore di Jaufre Rudel; ma è chiaro che una proposta più articolata non sarà possibile prima di aver sottoposto l’intero corpus a un’indagine mirata. Si veda in particolare l’osservazione di Dimitri Scheludko in Gambino, p. 10, nota 24. Su questa espressione proverbiale si vedano comunque i dati raccolti da Gambino, pp. 47-48. 33 Di probabile origine provenzale; anche Guiraut d’Espanha, originario di Tolosa, «agì prevalentemente nella Provenza su cui regnava Carlo I d’Angiò» (Saverio Guida / Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena, Mucchi, 2014, p. 289). 34 Secondo Gambino, p. 30, la lezione maior «potrebbe essere dovuta alla volontà di evitare la ripetizione del pronome om». 35 L’interpretazione di ve(i) come ‘viene’ introdurrebbe, contro la tradizione compatta, l’unico errore flessionale reperibile nel testo. 36 Nella fattispecie, Asperti allude (p. 295) a «la chimera (…) della congettura interpretativa di treman come ‘arcaismo pittavino’», e (p. 291) a «l’inconsistenza della traccia pittavina». Per una discussione generale del “mito” pittavino si vedano, nel sito dello scrivente, i contributi sulla Passion di Clermont-Ferrand e sulla Passion de sainte Catherine d’Alexandrie. 31 32 6