RIVISTA
DELLA
CORTE DEI CONTI
Rivista della Corte dei conti - www.rivistacorteconti.it
Anno LXXVI - n. 3 - Maggio-Giugno 2023
IN QUESTO FASCICOLO:
› La precaria situazione finanziaria delle province
› I controlli della Corte dei conti a tutela delle bellezze italiane
› Controlli di legalità-regolarità dopo la sentenza
Corte cost. n. 89/2023
› Controllo preventivo di legittimità dei c.d. “Dar
a zero”
› Gli incentivi tecnici nel nuovo codice dei contratti
pubblici
› Il percorso di legittimazione delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti quali giudici a quo
› Controversie previdenziali: la linea di confine tra
giurisdizione contabile e giurisdizione ordinaria
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N. 3/2023
PARTE I – DOTTRINA
IL SISTEMA DEI CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI SUGLI ENTI TERRITORIALI
di Francesco Nicotra e Maurizio Trozzo (*)
Abstract: Il sistema dei controlli degli enti territoriali si fonda sul principio dell’equiordinazione costituzionale con gli
altri livelli di governo. Tale principio fa sì che l’ente abbia capacità di verifica e di giudizio interno della propria
attività. Parallelamente, si è venuto via via a ridurre il ruolo dei controlli esterni, sia con l’eliminazione dei controlli
preventivi di legittimità, caratterizzati da un’impostazione di tipo gerarchico e lesiva dell’autonomia dei vari enti
territoriali, sia con il ridimensionamento del ruolo della Corte dei conti, che ha conservato le proprie funzioni di
controllore esterno attraverso un rapporto di tipo collaborativo.
The control system of the territorial entities is based on the principle of constitutional equiordination with the other
levels of government. This principle ensures that the entity has the ability to verify and internally judge its own
activity. At the same time, the role of external controls has gradually been reduced, both with the elimination of the
preventive controls of legitimacy, characterized by a hierarchical approach and harmful to the autonomy of the
various territorial entities, and with the downsizing of the role of the Court of Auditors, which maintained its
functions as external auditor through a collaborative relationship.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. La riforma del titolo V della Costituzione. – 3. L’evoluzione della nozione di controllo:
dalla prospettiva collaborativa al vincolo della correzione. – 4. Il controllo previsto dall’art. 7 della l. n. 131/2003.
– 5. Il controllo previsto dalle leggi n. 266/2005 e n. 15/2009. – 6. I controlli previsti dagli artt. 148 e 148-bis del
Tuel. – 7. Considerazioni conclusive: quali prospettive nella funzione ausiliaria della Corte dei conti nel rapporto
con i poteri locali?
1. Introduzione
Il quadro istituzionale dei poteri pubblici nel nostro ordinamento è stato ridisegnato a seguito delle modifiche al
titolo V della parte seconda della Costituzione, di cui alla l. cost. n. 3/2001, nonché di quelle derivanti dalla l. cost. n.
1/1999 sull’elezione diretta dei presidenti di regione e sull’autonomia statutaria delle regioni stesse.
Tali interventi costituzionali hanno dato vita a nuovi rapporti fra centro e periferia dell’amministrazione pubblica e
attribuito, in particolare, alle autonomie locali, una serie di prerogative e poteri non più subordinati alla volontà statale
(1).
In proposito, la tendenza dominante a livello europeo da alcuni decenni è quella del rafforzamento dei governi a
livello locale e regionale (2). Il processo d’integrazione europea e le politiche dell’Ue hanno accelerato a loro volta il
processo di regionalizzazione del policy-making ridisegnando, con geometrie variabili, i sistemi di governance che
coinvolgono i diversi livelli territoriali di governo (Stato, regioni ed enti locali) (3).
Nel panorama su indicato, di fondamentale rilievo risulta il nuovo art. 114 Cost., che mette tutti gli enti su uno
stesso piano: Stato, regioni, province, comuni e città metropolitane costituiscono la Repubblica. Un impianto istituzionale orizzontale, non più verticale, con al centro Roma, capitale della Repubblica. Ma, soprattutto, il secondo comma
dell’attuale testo dell’art. 114 Cost. riconosce un’identica autonomia ai singoli enti territoriali, equiparando testualmente i diversi livelli territoriali delle autonomie (“I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni sono enti
autonomi”) (4).
Nel presente elaborato si tratterà delle ripercussioni avutesi nel sistema dei controlli sugli enti territoriali.
2. La riforma del titolo V della Costituzione
Nel nostro sistema si è assistito all’assenza di un sistema organico dei controlli sugli enti locali e, tanto meno, sugli
enti in situazione di sofferenza finanziaria (5). Dopo l’entrata in vigore del nuovo titolo V, parte seconda, della
(*) F. Nicotra è dottore di ricerca in Diritto pubblico interno e comunitario e funzionario del Tar Sicilia, Catania; M. Trozzo è funzionario e direttore di sezione del Tar Sicilia, Catania.
(1) P. Della Ventura, Il sistema dei controlli sugli enti territoriali, in <www.amministrazioneincammino.luiss.it>, 8 aprile 2009.
(2) Cfr. L. Bobbio, I governi locali nelle democrazie europee, Roma-Bari, Laterza, 2002.
(3) In materia, v. C. Drigo, Multilevel governance dell’Unione europea: autonomie territoriali e processi europei di produzione normativa, in <www.federalismi.it>, 18 luglio 2018.
(4) Tale previsione era assente nel precedente testo della Costituzione che non solo non disponeva, ma anzi escludeva, nel momento in
cui disciplinava in due articoli differenti (gli abrogati artt. 115 e 128), e soprattutto in modo diverso, la posizione delle regioni da una parte
e dei comuni e delle province dall’altra.
(5) G. D’Auria, Il ruolo del controllo, in <www.rivistacorteconti.it>, 8 maggio 2017. Nelle previsioni costituzionali di cui agli artt.
125, 126, 127 e 130, i controlli erano necessariamente di legittimità; residuava, invece, alla legge ordinaria il compito di delinearne la
disciplina, di determinare i casi in cui era esperibile il controllo di merito, di individuare gli organi da sottoporre a controllo e di delimitare
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PARTE I – DOTTRINA
Costituzione (l. cost. n. 3/2001), che ha cancellato la rete dei controlli di legittimità sugli atti degli enti territoriali, ci si
sarebbe attesi che fosse riordinato il “disegno” dei controlli sulla gestione delle amministrazioni regionali e locali (6).
In particolare, la riforma costituzionale del 2001 ha abrogato gli artt. 125, primo comma, e 130 Cost., che disciplinavano, rispettivamente, l’esercizio, da parte di organi dello Stato e delle regioni, del controllo di legittimità sugli atti
delle amministrazioni regionali e degli enti locali (7). Nonostante il riconoscimento del principio di autonomia degli
enti territoriali, il legislatore costituzionale ha comunque individuato nella riforma alcuni “contrappesi” (8) che si indicano di seguito.
Innanzitutto, la possibilità di un controllo sugli organi (materia attribuita alla competenza normativa statale, ai sensi
dell’art. 117, c. 2, lett. “p”, Cost.) (9).
In secondo luogo, va richiamata la previsione di poteri sostitutivi sul piano amministrativo (ex art. 120, c. 2, Cost.)
(10).
Infine, e soprattutto, significativa è l’esigenza imprescindibile di coordinamento della finanza pubblica (ex artt. 117
e 119 Cost.), nell’ambito di un sistema unitario (11), con i vincoli europei (12); il che esige sia uno spazio di verifica
sulla gestione finanziaria di tutti i centri di spesa del sistema, sia un riscontro sulla effettività e attendibilità dei controlli
finanziari interni a ciascun soggetto di autonomia (13).
Secondo le aspettative, i nuovi controlli avrebbero dovuto concentrarsi, da un lato, sul rispetto delle generali compatibilità di ordine finanziario imposte dalle regole europee e nazionali; dall’altro lato, sulla valutazione di efficienza
(14) ed efficacia delle gestioni e dei servizi resi dagli enti con l’impiego delle (sempre più scarse) risorse disponibili.
Così, però, non è stato. Non si vuol dire che – nei quindici anni dall’entrata in vigore del nuovo titolo V – siano
mancate norme in materia di controlli. Piuttosto, questi sono cresciuti in maniera disordinata e incoerente, al punto che
gli enti locali (ma anche le regioni) sono divenuti oggetto di un vero e proprio sovraccarico di controlli (sotto forma di
verifiche, ricognizioni, riscontri, monitoraggi e altro), spesso defatiganti, distribuiti fra organismi diversi (soprattutto
Ministero dell’economia, Ministero dell’interno, Presidenza del Consiglio dei ministri, Corte dei conti), privi di raccordi funzionali ad obiettivi comuni.
l’ambito del controllo medesimo. Ottemperando a tali funzioni, il legislatore ordinario con la l. 10 febbraio 1953, n. 62 (c.d. legge Scelba,
contenente “Norme per la costituzione ed il funzionamento degli organi regionali”) aveva delineato un sistema che – risentendo del clima
politico centralista tipico dell’epoca – prevedeva la sottoposizione degli atti degli enti locali a controlli sia di legittimità che di merito,
molto capillari. Nella direzione opposta si muoveva, invece la legislazione degli anni Novanta allorché con la l. n. 142/1990, riformando
la disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali, affievoliva gli stessi abolendo totalmente il controllo di merito (già facoltativo per il
legislatore ordinario) e riducendo il controllo di legittimità sostanzialmente a tre forme (art. 45). Per una ricostruzione storica del sistema
dei controlli precedente alla riforma del titolo V, cfr. P. Bilancia (a cura di), Modelli innovativi di governance territoriale: profili teorici e
applicativi, Milano, Giuffrè, 2011.
(6) Cfr. E. De Marco, Il regime costituzionale delle autonomie locali tra processi di trasformazione e prospettive di riforma, in
<www.rivistaaic.it>, 17 aprile 2015.
(7) La riforma del titolo V della Costituzione operata dalla l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, già all’indomani della sua attuazione ha posto
significative problematiche attinenti alla disciplina dei controlli ed il permanere degli stessi. In proposito, infatti, l’abrogazione degli artt.
125, c. 1, e 130 Cost. – che prevedevano rispettivamente controlli statali sugli atti amministrativi delle regioni e controlli regionali sugli
atti amministrativi degli enti locali – ha determinato un vuoto normativo di rango costituzionale su cui si è sviluppato un vivace dibattito
dottrinale e giurisprudenziale. Sul punto cfr. L. Condemi, Legalità e federalismo nella Costituzione, in <www.contabilita-pubblica.it>,
2011.
(8) G.C. De Martin, Corte dei conti e sistema delle autonomie (territoriali) dopo la riforma del titolo V, intervento alla tavola rotonda
“Coordinamento della finanza pubblica e sistema delle autonomie: attualità del ruolo della Corte dei conti”, Roma, 4 dicembre 2002, in
<www.astrid-online.it>, 2022.
(9) Secondo il quale, tra le materie attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato, sono appunto comprese quelle relative a “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane”. In materia, cfr. C. Corsi, La potestà
normativa degli enti locali nel progetto di riforma costituzionale, in <www.osservatoriosullefonti.it>, 2016.
(10) V. F. Giuffrè, Note minime su poteri sostitutivi e unità della Repubblica alla luce della recente legge 131 del 2003 (cd. legge “La
Loggia”), in <www.forumcostituzionale.it>, 14 luglio 2003; Id., Unità della Repubblica e distribuzione delle competenze nell’evoluzione
del regionalismo italiano, Torino, Giappichelli, 2012, 63 ss.; M. Michetti, Titolo V e potere sostitutivo statale. Profili ricostruttivi ed
applicativi, in <www.dirittifondamentali.it>, 9 novembre 2020; A. De Michele, L’art. 120 della Costituzione e il suo ruolo nella riforma
del Titolo V, in Le istituzioni del federalismo, 2008, 623.
(11) F. Giuffrè, Principio unitario e interesse nazionale nel progetto di revisione della seconda parte della Costituzione, in <www.forumcostituzionale.it>, 31 maggio 2006; I. Nicotra, Principio unitario e federalismo fiscale negli ordinamenti a struttura decentrata, in I.
Nicotra (a cura di), Scritti di diritto costituzionale italiano e comparato, vol. I, Torino, Giappichelli, 2005, 79-91.
(12) In argomento, v. I. Rivera, Il coordinamento della finanza pubblica tra riforma istituzionale e giurisprudenza costituzionale, in
Regioni, 2016, 921-954
(13) Come osservato da G.C. De Martin, Primi elementi di lettura della riforma del titolo V della Costituzione, in <www.amministrazioneincammino.luiss.it>, 25 settembre 2001.
(14) Al di là dei controlli, è stato posto in rilievo in vario modo il legame tra l’efficienza amministrativa e l’azione di responsabilità: la
prima si “misura” mediante il controllo contabile e l’azione di responsabilità amministrativa, il cui scopo è la prevenzione e la repressione
del comportamento di mala gestio. F. Tigano, Corte dei conti e attività amministrativa, Torino, Giappichelli, 2008, 280.
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PARTE I – DOTTRINA
L’emergenza finanziaria che ha dominato la scena dalla fine dello scorso decennio ha, poi, ulteriormente aggravato
la situazione, al punto che sono stati pressoché abbandonati i controlli sui risultati delle gestioni e sulla qualità dei
servizi, per dare spazio e rilievo ai controlli – divenuti oggi dominanti – sul rispetto dei vincoli e dei limiti, spesso
minutamente stabiliti dalle norme, alla programmazione di bilancio e all’evoluzione della spesa.
La valorizzazione dell’autonomia e delle competenze degli enti territoriali ha fatto emergere la necessità di controlli
unitari ed uniformi, in grado di assicurare l’impiego, su tutto il territorio nazionale, delle risorse pubbliche secondo i
criteri di trasparenza, economicità, efficacia ed efficienza, nonché il rispetto dei vincoli di finanza pubblica, con particolare riferimento al patto di stabilità interno.
È proprio il patto di stabilità interno, funzionale al coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nella realizzazione
degli obiettivi di finanza pubblica, costituisce la base su cui si fonda, nel mutato assetto costituzionale, il controllo della
Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni e degli enti locali.
Il sistema dei controlli degli enti territoriali si fonda pertanto sul principio dell’equiordinazione costituzionale di tali
enti con gli altri livelli di governo (15). Tale principio fa sì che l’ente abbia capacità di verifica e di giudizio interno
della propria attività.
Parallelamente, accanto al riconoscimento costituzionale dell’autonomia degli enti territoriali, si è venuto via via a
ridurre il ruolo dei controlli esterni (16), sia con l’eliminazione dei controlli preventivi di legittimità, caratterizzati da
un’impostazione di tipo gerarchico e pertanto lesiva dell’autonomia dei vari enti territoriali, sia con il ridimensionamento del ruolo della Corte dei conti, che ha conservato le proprie funzioni di controllore esterno attraverso un rapporto
di tipo collaborativo (17).
Tuttavia, il contesto dinamico e le successive evoluzioni hanno imposto al legislatore riflessioni sull’adeguatezza
dei controlli in essere e sulla necessità di migliorarli o integrarli, anche in ragione del principio del coordinamento della
finanza pubblica – ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali sulla base degli impegni comunitari – che ha
determinato, da un lato, la previsione di vincoli sempre più stringenti alle politiche di bilancio degli enti territoriali e,
dall’altro, l’intensificazione, in controtendenza rispetto al passato, del sistema dei controlli esterni sulla gestione finanziaria degli enti, affidato alla Corte dei conti (18).
3. L’evoluzione della nozione di controllo: dalla prospettiva collaborativa al vincolo della correzione
In via preliminare, va rilevato che la riforma del titolo V della Costituzione ha significativamente inciso sull’attività
della Corte dei conti in merito all’autonomia organizzativa e sul sistema vigente dei controlli successivi esterni sulla
gestione contabile e finanziaria (19).
In un primo momento è stato rafforzato il controllo c.d. collaborativo.
Successivamente, gli autori hanno ritenuto che i controlli di legalità-regolarità svolti dalle sezioni regionali della
Corte dei conti nei confronti della gestione finanziaria di regioni e comuni hanno gradualmente determinato una crescente compressione dell’autonomia di queste istituzioni (20).
Tale evoluzione è stata il frutto di un contenzioso costituzionale (21) alimentato prevalentemente dalle regioni ad
autonomia differenziata, che hanno difeso il loro peculiare ordinamento finanziario; ma anche le regioni ordinarie sono
(15) In proposito, viene altresì in rilievo il principio costituzionale di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo. Cfr. G. Marchetti, Il governo sul territorio attraverso il principio di collaborazione tra regione ed enti locali, in P. Bilancia (a cura di), op. cit., 23-55;
G. Belfiore, Sussidiarietà e leale collaborazione, in I. Nicotra (a cura di), Il tempo delle riforme. La Costituzione italiana secondo il
progetto di revisione della XLV Legislatura, Roma, Aracne, 2006, 113 ss. Va rilevato che l’assetto successivo alla riforma del titolo V
della Costituzione contempla equiordinazione e assenza di rapporto gerarchico tra i diversi livelli di governo. A profili di accresciuta
autonomia degli enti locali si accompagna l’esigenza di rafforzate misure di garanzia sull’attività svolta, con superamento della logica
dell’eterocontrollo e affermazione della dimensione dell’autocontrollo. Nel mutato contesto istituzionale sopravvivono, tuttavia, forme di
controllo esterno, che trovano fondamento positivo e limiti negativi nei principi della Carta costituzionale.
(16) S. Salvemini, Il potere amministrativo degli enti locali, a cura di A. Meale, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2014, 224 ss.
(17) Cfr. G. Boggero, La garanzia costituzionale della connessione adeguata tra funzioni e risorse. Un “mite” tentativo di quadratura
del cerchio tra bilancio, diritti e autonomie, in <www.rivistaaic.it>, 20 dicembre 2019.
(18) Cfr. Corte conti, Sez. autonomie, 29 luglio 2019, n. 23, in questa Rivista, 2019, 4, 128.
(19) S. Antoniazzi, Federalismo e funzione di controllo della Corte dei conti sulla gestione negli enti locali: critiche sulla compatibilità
del modello e recenti interventi legislativi, in P. Bilancia (a cura di), op. cit., 87 ss.
(20) C. Buzzacchi, Autonomie e Corte dei conti: la valenza democratica del controllo di legalità finanziaria, in <www.costituzionalismo.it>, 20 febbraio 2020.
(21) La Corte costituzionale è stata investita in più occasioni della questione dell’estensione agli enti territoriali della sottoposizione ai
controlli della Corte dei conti, e, con la fondamentale sentenza 27 gennaio 1995, n. 29, ha composto con ponderazione gli equilibri tra
l’esercizio della funzione del controllo e il rispetto delle prerogative di autonomia. Cfr. G. D’Auria, Principi di giurisprudenza costituzionale in materia di controlli, in I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale (Atti del convegno, Ravenna 21-23 settembre
2006), Milano, Giuffrè, 2007, 115 ss.
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oggetto di verifiche contabili effettuate sulla base del parametro dell’equilibrio di bilancio (22), che producono esiti
che appaiono con caratteristiche sempre più riconducibili alla funzione giurisdizionale che a quella di controllo (23).
In particolare, la più recente giurisprudenza costituzionale ha evidenziato una valenza specifica di questi controlli
contabili: essi paiono idonei a valorizzare la responsabilità di mandato degli amministratori del territorio, e dunque la
loro valenza “democratica” è chiamata a bilanciarsi con il principio costituzionale dell’autonomia (24).
Infine, come si vedrà più avanti, a partire dal 2012, si è verificata un’ulteriore evoluzione delle prerogative proprie
della Corte dei conti nei confronti delle amministrazioni regionali e locali, caratterizzata dalla progressiva “giurisdizionalizzazione” di diverse attività di controllo, ivi comprese quelle aventi per oggetto i bilanci regionali e degli enti locali
(25).
In proposito, alcuni autori hanno ritenuto che tale evoluzione si pone in contrasto con la prospettiva e le esigenze
del principio autonomistico (26).
Ciò premesso, per svolgere un ragionamento sulla evoluzione dei controlli (27) su richiamati, si procederà ad una
ricostruzione in cui si evidenzierà la fisionomia dei controlli sugli enti regionali e locali, mutata gradualmente dalla
natura collaborativa a quella più recente di carattere più imperativo, nell’ambito del sofferto adattamento delle autonomie regionali all’evoluzione delle prerogative della Corte dei conti (28).
Tale evoluzione si riflette nelle motivazioni che hanno portato le regioni alla proposizione di ricorsi innanzi alla
Corte costituzionale, nei quali è emersa una resistenza ad accettare la nuova fisionomia dell’organo contabile.
Le pronunce del giudice delle leggi hanno progressivamente apportato tasselli significativi ad un approccio interpretativo che pone le esigenze del principio democratico (29) al di sopra di interessi connessi ad altri valori costituzionali. Il controllo così strutturato esalta il funzionamento del sistema democratico e si riferisce direttamente agli organi
espressione della sovranità. Si tratta di una modalità che, facendo leva sulla dialettica negli organi consiliari, assicura
il principio democratico, mentre il presidio su campo della finanza pubblica può essere affidato agli organi esponenziali
della funzione.
La salvaguardia dell’equilibrio economico finanziario si colloca, dunque, in posizione servente rispetto al bene della
caratura democratica che si impone come valore di sistema ordinamentale (30).
Il percorso su indicato è stato avviato nel 1994.
La l. n. 20 del 14 gennaio 1994, in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, ha dato vita ad una
prima riforma delle funzioni di controllo. I tratti fondamentali del modello di controllo prefigurato da tale provvedimento legislativo sono tre.
In primo luogo, il controllo preventivo di legittimità è stato limitato e concentrato sugli atti fondamentali del Governo; in secondo luogo, è stato potenziato e generalizzato a tutte le amministrazioni il controllo successivo sulla gestione, da svolgere sulla base di appositi programmi elaborati dalla Corte dei conti, che riferisce al Parlamento nazionale
e ai consigli regionali sull’esito dei controlli eseguiti; in terzo luogo è stato attribuito alla Corte dei conti il compito di
(22) Va rilevato in proposito che nel bilanciamento tra il principio autonomistico e quello di equilibrio del bilancio, quest’ultimo riceve
una valutazione di preminenza, in quanto imprescindibilmente connesso al rispetto degli obblighi e degli obiettivi di governance finanziaria
di matrice europea (così O. Spataro, L’impatto dei controlli della Corte dei conti sul sistema finanziario locale, in <www.federalismi.it>,
7 novembre 2018).
(23) Cfr. F. Petronio, I controlli sulle autonomie e la tendenza alla giurisdizionalizzazione del controllo, in questa Rivista, 2020, 2, 56;
G. Rivosecchi, Finanza delle autonomie speciali e vincoli di sistema, in <www.rivistaaic.it>, 18 marzo 2016.
(24) Sul punto, cfr. L. Antonini, La Corte costituzionale a difesa dell’autonomia finanziaria: il bilancio è un bene pubblico e l’equilibrio di bilancio non si persegue con tecnicismi contabili espropriativi, ivi, 31 gennaio 2018.
(25) R. Scalia, Il giudizio di parificazione del rendiconto generale dell’ente regione. Punti di vista, interpretazioni, orientamenti in
fase di consolidamento, in <www.contabilita-pubblica.it>, 29 gennaio 2018. L’A. rileva che in tale prospettiva, particolare significato
assumono le indicazioni del Giudice delle leggi che ha voluto evidenziare il “ruolo nuovo” della Corte dei conti: agire in termini di “prevenzione di pratiche contabili – ancorché formalizzate in atti di natura legislativa (sic!) – suscettibili di alterare la consistenza dei risultati
economico-finanziari degli enti territoriali”. E aggiunge, questo è diventato l’obiettivo prioritario che è da collocare “al centro dell’evoluzione legislativa determinatasi in materia” (sent. n. 138/2013).
(26) C. Buzzacchi, op. cit., 3, secondo cui le verifiche svolte dal giudice contabile si presentano sempre più limitanti
degli spazi di autonomia finanziaria delle amministrazioni locali, sottoposte ad una vigilanza invasiva che raggiunge addirittura effetti impeditivi e inibenti.
(27) In materia, cfr. R. Scalia, La cultura del controllo in Italia. Il ruolo della Corte dei conti dopo la (le) riforma (riforme) della
pubblica amministrazione, intervento alla giornata di studio “L’evoluzione della contabilità pubblica al servizio della collettività”, Roma,
10 marzo 2016.
(28) Cfr. L. Sambucci, Autonomia contabile delle regioni e armonizzazione dei bilanci pubblici: le tentazioni invasive dello Stato, in
<www.contabilita-pubblica.it>, 25 settembre 2014. L’A. rileva che la forte capacità invasiva della disciplina contabile stabilita dal legislatore costituisce ulteriore dimostrazione della propensione dell’ordinamento volta a determinare una sorta di commissariamento delle autonomie, esponendo a rischio la tenuta stessa del sistema autonomistico definito in Costituzione, frutto di interventi legislativi dello Stato
invasivi che sembrano trarre origine da una profonda sfiducia dell’ordinamento stesso nei confronti della capacità collaborativa degli enti
autonomi rispetto agli obblighi di finanza pubblica ed ai vincoli economici e finanziari imposti dalle istituzioni comunitarie.
(29) Cfr. F. Petronio, op. cit.; L. Mercati, L’equilibrio di bilancio tra democrazia ed efficienza, in Dir. e processo, 2018, 231.
(30) Così C. Buzzacchi, op. cit.
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verificare la funzionalità dei controlli interni all’amministrazione che erano praticamente scomparsi e che altre norme
recenti hanno reintrodotto (31).
Secondo un orientamento consolidato (32), la legge 20 del 1994 ha ampliato le forme di controllo (per cui i controlli
costituzionali non danno luogo ad un numerus clausus) (33), con la previsione del controllo sulla gestione, ha rafforzato
il ruolo della Corte dei conti come organo posto a tutela degli interessi obiettivi della pubblica amministrazione, sia
statale, sia regionale o locale.
In particolare, l’art. 3 della l. n. 20/1994 ha configurato una valenza “collaborativa” dei controlli sugli enti territoriali
(34), al fine di rimuovere disfunzioni e stimolare iniziative di autocorrezione (35). In proposito, gli autori rilevano che
il carattere collaborativo del controllo non va inteso, comunque, in senso sanzionatorio, né come invasione della Corte
nell’attività di controllo interno, tenuto conto che il referto non ha un contenuto “coattivo”, in quanto viene esclusivamente presentato al soggetto controllato (36).
Le successive leggi 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. “La Loggia”, dal nome del Ministro proponente) e 23 dicembre
2005, n. 266 – la legge finanziaria del 2006 –, hanno dato vita ad un altro passaggio sul piano evolutivo.
L’impostazione della l. n. 20/1994, tuttavia, è stata – oltre che condivisa pressoché unanimemente dalla dottrina
(37) – pienamente recepita dalla l. n. 131/2003.
I controlli esterni sulla gestione disciplinati dalla l. n. 131/2003 non si discostano dai principi già affermati nella l.
n. 20/1994, alla luce di criteri di efficacia, efficienza e di verifica anche del controllo interno (38). Trattasi di un controllo di secondo grado volto a “sollecitare” gli organi di indirizzo politico senza finalità sanzionatoria per l’ente (39).
Emerge, quindi, anche dopo la l. n. 131/2003, la natura collaborativa del controllo esterno sulla gestione che trova
corrispondenza, dal versante delle amministrazioni interessate, nel preciso dovere di cooperazione da parte di queste
ultime (40); dovere che risulta connaturale allo stesso potere di accertamento attribuito alla Corte dei conti dalla legge
(41).
Tale collaborazione (42) si realizza tanto nella fase istruttoria, quanto in quella successiva alla presentazione del
referto (43) della Corte dei conti: ed infatti, all’esito di detto referto, in capo alle amministrazioni sorge il preciso
(31) La nuova architettura dei controlli così come articolati dalla legge n. 20 risulta finalizzata a produrre due risultati significativi: da
una parte, una più responsabile gestione delle risorse da parte degli amministratori pubblici; dall’altra, verifiche ed analisi incentrate non
solo sulla legittima impostazione e svolgimento di attività amministrative, ma anche sui risultati conseguiti, sulla congruenza fra questi
risultati ed i programmi stabiliti, sui costi e sulla qualità dei servizi, sulla soddisfazione degli utenti.
(32) Rileva M. Ciaccia, Il controllo referente della Corte dei conti sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, in Amm. cont.
Stato enti pubbl., 2003, 4, 297: “Cade, quindi, la sacralità dell’art. 100 della Cost. come unico punto di riferimento costituzionale per
l’introduzione e la disciplina dei controlli da affidare alla Corte evidenziandosi, così, anche le possibili scelte che sono, comunque, rimesse
al legislatore ordinario nella materia di che trattasi”.
(33) In più occasioni la Consulta ha affermato che il novero dei controlli esperibili dalla Corte dei conti sull’attività delle amministrazioni non costituisce un numerus clausus, e non è quindi preclusa al legislatore ordinario la possibilità di introdurre forme di controllo
ulteriori rispetto a quelle previste dall’art. 100 Cost., purché “sia rintracciabile in Costituzione un adeguato fondamento normativo o un
sicuro ancoraggio a interessi costituzionalmente tutelati” (Corte cost. nn. 29/1995, 179/1997, 267/2006, 470/2007). In materia, cfr. V.
Tenore, A. Napoli, Studio sui controlli affidati dalla Costituzione alla Corte dei conti, Napoli, Esi, 2020, 10 ss.
(34) Corte cost. n. 29/1995, cit., che, fra l’altro, ha dichiarato compatibile con l’autonomia delle regioni tale tipo di controllo, ha
tratteggiato le sue caratteristiche essenziali, ponendo in particolare l’accento sulla natura collaborativa di tale controllo, in quanto “posto
al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate, e precisamente volto a garantire che ogni settore della Pubblica amministrazione risponda effettivamente al modello ideale tracciato dall’art. 97 della Costituzione, quello di un apparato pubblico realmente operante
sulla base dei principi di legalità, imparzialità ed efficienza”.
(35) C. Buzzacchi, op. cit., 4; C. Chiappinelli, I controlli, in G. Corso, V. Lopilato (a cura di), Il diritto amministrativo dopo le riforme
costituzionali, Parte generale, Milano, Giuffrè, 2006, 497 ss.
(36) In tal senso, F. Battini, Il controllo collaborativo della Corte dei conti dopo la legge 131 del 2003, in Foro it., 2004, III, 440.
(37) A. Marzanati, Commento all’art. 7, in T. Miele et al., Il nuovo ordinamento della Repubblica, Milano, Giuffrè, 2003, 483. Sulla
continuità del “nuovo” modello rispetto a quello originario, cfr. G. Caianiello, La Corte dei conti in convegno, e i figli di un dio minore, in
Foro amm.-CdS, 2006, 2370.
(38) S. Antoniazzi, op. cit., 106 ss.
(39) Diretto quindi essenzialmente a rendere edotta l’amministrazione controllata del suo eventuale malfunzionamento e a stimolare
doverose correzioni della sua azione.
(40) L. Motolese, La Corte dei conti nel nuovo ordinamento contabile, Milano, Vita & Pensiero, 2007, 51, che richiama anche Corte
cost. n. 470/1997.
(41) Cfr. A. Baldanza, Le funzioni di controllo della Corte dei conti, in V. Tenore (a cura di), La nuova Corte dei conti, Milano, Giuffrè,
2008, 1067.
(42) Rileva O. Spataro, op. cit., 6, che “il ruolo delle sezioni regionali di controllo è visto con sospetto e scetticismo dagli interlocutori
locali, che continuano a subirne l’intervento, percependolo in senso più repressivo che collaborativo o di ausilio”.
(43) La funzione generale di referto al Parlamento sull’intera finanza regionale e locale, con particolare riferimento al patto di stabilità
interno e dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Nel contempo, la Corte dei conti è legittimata ad interloquire
con gli organi assembleari degli enti locali, in ordine a profili specifici e particolarmente pregnanti, quali il perseguimento degli obiettivi
posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria ed il funzionamento dei controlli interni.
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PARTE I – DOTTRINA
obbligo di comunicare alla Corte dei conti, e agli organi elettivi, le misure conseguenzialmente adottate, per porre
rimedio alle anomalie, alle disfunzioni e alle irregolarità riscontrate (44).
In particolare, da un punto di vista procedurale, l’esito del controllo – a differenza del controllo preventivo di legittimità – non consiste nel mancato perfezionamento dell’efficacia di un atto, ma nella predisposizione di relazioni e
osservazioni destinate alle amministrazioni controllate (controllo gestionale esterno con esito referente). Infatti, la Corte
riferisce, almeno annualmente, al Parlamento e ai consigli regionali sull’esito del controllo eseguito. Le relazioni della
Corte vengono, altresì, comunicate alle amministrazioni interessate, alle quali la Corte stessa formula, in qualsiasi altro
momento, le proprie osservazioni. Sulla base di queste, le amministrazioni sono tenute a comunicare alla Corte ed agli
organi elettivi le misure consequenziali adottate (art. 3, c. 6, l. cit.) (45).
Tale ruolo della Corte, quale organo esterno ed indipendente, è espressione dell’interesse generale al buon andamento della gestione che, superando la dimensione locale, collega le amministrazioni locali al sistema nazionale (46),
secondo un modello di controllo-cooperazione che investe i due livelli centrale e regionale (47).
Secondo questa impostazione, l’obiettivo di una funzione di controllo in concreto corrispondente a criteri di imparzialità ed efficacia deve coesistere con un carattere “non ostile” o comunque percepito come tale dagli enti locali.
È stato così introdotto un sindacato generale ed obbligatorio sui bilanci preventivi e consuntivi di ciascun ente (48),
giustificato da esigenze unitarie, ed essenzialmente volto a salvaguardare l’equilibrio complessivo della finanza pubblica (49).
Tale evoluzione dei controlli della Corte dei conti sulle regioni e gli enti locali, può spiegarsi alla luce sia sviluppi
economico-finanziari esterni all’ordinamento interno (50), sia in conseguenza di una “maladministration”, che hanno
visto proprio le regioni come colpevoli protagoniste, spingendo il legislatore nazionale verso misure di inibizione nei
loro confronti.
La svolta è coincisa così con la duplice novità della revisione costituzionale e dell’assegnazione alla Corte dei conti
di controlli di natura diversa (51).
La prima svolta, (nell’operare la modifica dell’art. 81 (52), ma ancora più – per quanto concerne le autonomie –
degli artt. 97 e 119 Cost.), ha aperto il sistema ad una prospettiva radicalmente nuova, primariamente orientata a garantire l’equilibrio dei bilanci (53) a tutti i livelli istituzionali (54). Quanto alle nuove modalità di controllo, si è giunti
alla convinzione che non potesse essere più sufficiente il mero stimolo all’autocorrezione (55), ma che occorresse
(44) Cfr. Corte conti, Sez. riun. contr., n. 21/2019 che approva il documento relativo alla “Programmazione dei controlli e delle analisi
della Corte dei conti per l’anno 2020”, 41 ss.
(45) L’art. 3, c. 64, l. n. 244/2007, ancora, interviene in tema di controllo sulla gestione stabilendo, al fine di razionalizzare la spesa
pubblica, di vigilare sulle entrate e di potenziare il controllo della Corte, e le amministrazioni che non ritengano di ottemperare ai rilievi
formulati dalla Corte stessa a conclusione dei controlli, devono adottare, entro trenta giorni dalla ricezione dei rilievi, un provvedimento
motivato che deve essere reso noto alle Presidenze delle Camere, alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla Presidenza della Corte
dei conti.
(46) S. Antoniazzi, op. cit., 106.
(47) In quest’ottica si pone anche Corte cost. n. 179/2007, che qualifica il controllo-monitoraggio della Corte dei conti, introdotto dalla
l. n. 266/2005, come “controllo collaborativo sul piano della corretta allocazione delle risorse, da inquadrarsi in una prospettiva dinamica,
dove il confronto tra fattispecie e parametro passa attraverso il filtro dell’adozione di specifiche misure correttive”.
(48) Cfr. D. Morgante, Controlli della Corte dei conti e controlli regionali: autonomia e distinzione nella sentenza della Corte costituzionale n. 60/2013, in <www.federalismi.it>, 1 maggio 2013.
(49) Cfr. Corte conti, Sez. riun. contr., n. 21/2019, cit.
(50) Fra gli altri, la crisi globale che ha interessato dal 2008 i sistemi nazionali ad economia di mercato.
(51) La riforma costituzionale del 2001 e la legge attuativa n. 131/2003 hanno confermato e potenziato la costruzione della l. n. 20/1994,
riconoscendo alla Corte dei conti il controllo successivo sulla gestione di tutte le pubbliche amministrazioni, ivi comprese le regioni e gli
enti locali.
(52) L. Madau, L’incidenza del nuovo articolo 81 cost. sui giudizi di legittimità costituzionale: prime osservazioni, in <www.contabilita-pubblica.it>, 1 gennaio 2015.
(53) In relazione al principio costituzionale dell’equilibrio, la Corte ha ripetutamente affermato che l’art. 81, c. 3, Cost. “non corrisponde ad un formale pareggio contabile, essendo intrinsecamente collegato alla continua ricerca di una stabilità economica di media e
lunga durata”. (Corte cost. n. 18/2019). Fondamentale corollario di esso è il principio di “continuità degli esercizi finanziari”: quest’ultimo
è infatti “essenziale per garantire nel tempo l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale”, richiedendo, al contempo, che “si rimedi
con modalità diacroniche agli eventuali squilibri” (Corte cost. n. 5/2018; n. 274/2017).
(54) Cfr. I. Rivera, Gli equilibri di finanza pubblica e i vincoli all’indebitamento nei giudizi incidentali rimessi dalla Corte dei conti
in sede di controllo. A margine di Corte cost. n. 181/2015, in <www.giustamm.it>, 30 giugno 2016; G. Lo Conte, Equilibrio di bilancio,
vincoli sovranazionali e riforma costituzionale, Torino, Giappichelli, 2015. Significativa, tra le tante, Corte conti n. 219/2013, secondo
cui: “Il controllo della Corte dei conti è finalizzato a verificare il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città
metropolitane e regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”.
(55) Come osservato da G. D’Auria, Principi di giurisprudenza costituzionale in materia di controlli, cit., i controlli preventivi devono
servire non tanto a reprimere, quanto a consigliare gli amministratori, segnalando loro le disfunzioni cui porre rimedio.
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passare ad una dimensione di vera e propria cogenza (56). L’accertamento da parte delle sezioni regionali (57) di
controllo della Corte di squilibri economico-finanziari, della mancata o non corretta copertura delle spese, della regolarità della gestione finanziaria o del rispetto del patto di stabilità interno, ha rappresentato l’insieme delle forme di
vigilanza di nuova istituzione.
In relazione all’oggetto, i controlli sono stati concentrati sulle verifiche di conformità alle norme in materia di equilibri di bilancio, che pongono limiti e vincoli che possono condizionare i programmi di spesa a tutti i livelli di governo;
circa i destinatari, i controlli hanno riguardato più le autorità di indirizzo politico (o politico-amministrativo) e i vertici
amministrativi che le assemblee rappresentative; infine, quanto agli esiti, i controlli hanno acquisito nei confronti degli
enti territoriali caratteristiche di imperatività (58), anche con effetti di natura sanzionatoria.
Con riferimento alla salvaguardia dell’equilibrio di bilancio, destinata, fra l’altro, a dipanarsi in un arco temporale
dilatato ben oltre il ciclo triennale di bilancio e ad ampliare la capacità di spesa dell’ente in condizioni di conclamato
squilibrio, diverse sono le implicazioni derivanti dalla disciplina dettata dalle norme di cui agli artt. 81 e 97 Cost.,
autonomamente e in combinato disposto con gli artt. 1, 2, 3 e 41 Cost.
Innanzitutto, tale disciplina permette di non sottrarre gli amministratori locali al vaglio della loro responsabilità
politica nei confronti dell’elettorato. In secondo luogo, evita di non assolvere al dovere di solidarietà (59) nei confronti
delle generazioni future (60), facendo gravare su di esse debiti e disavanzi in modo sproporzionato, poiché lo squilibrio
non tempestivamente risanato sarebbe destinato a riverberarsi in ragione del principio di continuità dei bilanci (61).
Ancora, la stessa normativa può consentire di supportare con risorse effettive le politiche volte a rimuovere gli ostacoli
di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini (62). Infine, il quadro normativo su richiamato consente di garantire il tempestivo adempimento degli impegni assunti nei confronti delle imprese,
evitando situazioni di crisi (63).
In particolare, si è assistito ad interventi normativi che hanno introdotto controlli a carattere (per usare espressioni
della Corte costituzionale) “imperativo” e “cogente”, che risultano inficiati da insufficienza o persino inesistenza di
verifiche condotte sulla gestione in itinere degli enti interessati. Ciò si ripercuote sulla possibilità di scongiurare il
verificarsi di crisi irreversibili o difficilmente rimediabili (64). Ad esempio, la Corte dei conti è coinvolta in alcune
delle procedure, peraltro non esclusive, che conducono (o possono condurre) al dissesto degli enti locali (65).
(56) Cfr. Corte conti, Sez. contr. reg. Liguria, n. 8/2020, che rileva «L’art. 3 del d.l. 174/2012 (inserendo l’art. 148-bis nel d.lgs.
267/2000), ha sensibilmente rafforzato i controlli attribuiti alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sui bilanci preventivi e
sui rendiconti consuntivi degli enti locali e ha determinato il passaggio da un modello di controllo, di carattere meramente “collaborativo”,
privo di un effettivo apparato sanzionatorio e volto semplicemente a stimolare processi di autocorrezione, ad un modello di controllo
cogente, dotato di efficacia inibitoria (il citato art. 148-bis prevede la preclusione della attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata
accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria) e idoneo a determinare, attraverso un preciso iter
procedimentale, il dissesto dell’ente (art. 6 del d.lgs. 149/2011)».
(57) Alle sezioni regionali è assegnato il compito di verificare il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali o regionali di
principio e di programma, la sana gestione finanziaria nonché il funzionamento dei controlli interni. Le verifiche sul controllo di gestione
hanno, come si dirà più avanti, quale esito una relazione all’organo assembleare dell’ente.
(58) Su tale evoluzione, v. G. D’Auria, Dai controlli “ausiliari” ai controlli “imperativi” e “cogenti” della Corte dei conti nei confronti delle autonomie locali e degli enti sanitari, in Foro it., /2015, I, 2674.
(59) Sul principio di solidarietà, F. Giuffrè, Alle radici dell’ordinamento: la solidarietà tra identità e integrazione, in <www.rivistaaic.it>, 4 settembre 2019.
(60) F. Ciaramelli, F.G. Menga (a cura di), Responsabilità verso le generazioni future. Una sfida al diritto all’etica e alla politica,
Napoli, Editoriale scientifica, 2017.
(61) Il principio di continuità degli esercizi finanziari è “essenziale per garantire nel tempo l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale”, richiedendo, al contempo, che “si rimedi con modalità diacroniche agli eventuali squilibri” (Corte cost. n. 5/2018; n. 274/2017,
citt.)
(62) Sull’art. 3 Cost., cfr. F. Giuffrè, La solidarietà nell’ordinamento costituzionale, Milano, Giuffrè, 2002.
(63) In proposito, la giurisprudenza costituzionale focalizza l’attenzione anche sul tema dell’equità intergenerazionale nella prevalente
prospettiva dei doveri delle generazioni presenti nei confronti delle generazioni future, sottolineando che i precetti costituzionali dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità del debito pubblico, rivolti a realizzare principi di solidarietà e di effettiva eguaglianza, debbono
tradursi in limiti alla tendenza a perpetuare disavanzi strutturali nel tempo. Quest’ultima infatti – ha sottolineato la Corte – “finisce per
paralizzare qualsiasi ragionevole progetto di risanamento, in tal modo entrando in collisione sia con il principio di equità intragenerazionale
che intergenerazionale” (Così Corte cost. n. 18/2019, cit.). In materia, cfr. anche D. Porena, Il principio della sostenibilità. Contributo allo
studio di un programma costituzionale di solidarietà intergenerazionale, Torino, Giappichelli, 2018.
(64) Ancora G. D’Auria, Dai controlli “ausiliari” ai controlli “imperativi” e “cogenti” della Corte dei conti nei confronti delle
autonomie locali e degli enti sanitari, cit.
(65) V. Corte cost. 25 ottobre 2017, n. 228, in questa Rivista, 2017, 5-6, 467, con nota di richiami, che distingue fra norme che coinvolgono la Corte dei conti nella sua veste di organo di controllo e norme che riguardano le sue attribuzioni di natura giurisdizionale.
Secondo la sentenza, appartengono alla prima categoria la determinazione di misure correttive per gli enti in predissesto (art. 243-bis, c. 6,
lett. a, Tuel), l’approvazione o il diniego del piano di riequilibrio (art. 243-quater, c. 3, Tuel), gli accertamenti propedeutici alla dichiarazione di dissesto (art. 243-quater, c. 7, Tuel); riguardano invece la seconda funzioni che coinvolgono la giurisdizione delle Sezioni riunite
della Corte dei conti in speciale composizione avverso le deliberazioni della sezione regionale di controllo (art. 243-quater, c. 5, Tuel),
l’attività requirente delle procure regionali sulle cause del dissesto (art. 246, c. 2, Tuel), l’accertamento delle responsabilità degli amministratori e dei revisori dei conti ai fini dell’applicazione ad essi di sanzioni amministrative (art. 248, cc. 5 e 5-bis, Tuel).
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PARTE I – DOTTRINA
In conclusione, si può affermare che, nel tempo, si è avuta un’evoluzione avente ad oggetto il mutamento della
natura giuridica dei controlli (66), che stanno via via perdendo i connotati della sola ausiliarietà (67) e sembrano transitare verso una dimensione di “finanziarizzazione” e di “giurisdizionalizzazione”. La “finanziarizzazione” implica che
il rispetto dell’equilibrio di bilancio diviene un canone prevalente e preminente rispetto agli altri di efficienza, economicità ed efficacia a cui i documenti di programmazione finanziaria sono chiamati a conformarsi (68).
La “giurisdizionalizzazione” si traduce nel fatto che le delibere di controllo delle sezioni regionali divengono suscettibili di giustiziabilità cui sfuggono i parametri dell’attività di controllo (69).
Come rilevato da autorevole dottrina (70), tali modalità di verifica danno vita, nel loro complesso, ad un controllo
che presenta caratteristiche che lo collocano al confine della stessa funzione del controllo (71), e preludono alla configurazione di una funzione di natura giurisdizionale.
Vediamo nel dettaglio le tappe dell’evoluzione su descritta.
4. Il controllo previsto dall’art. 7 della l. n. 131/2003
Una prima forma di controllo nei confronti degli enti territoriali è prevista dall’art. 7, c. 7, della l. n. 131/2003 (c.d.
legge La Loggia”) (72), secondo cui: “La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il
rispetto degli equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città metropolitane e regioni, in relazione al patto di
stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo
della Corte dei conti (73) verificano, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione (74), il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli
esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati”.
Tali funzioni hanno quale finalità l’attuazione del principio di leale collaborazione, richiamato espressamente nella
l. n. 131/2003 e riconosciuto dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale (75).
(66) Particolarmente significativo il contributo di P. Santoro, La deriva giustizialista del controllo. La Corte dei conti giudica se stessa,
in <www.contabilita-pubblica.it>, 2 dicembre 2019.
(67) Con riferimento a questa caratteristica del controllo contabile, v. Corte cost. 6 marzo 2014, n. 39, e n. 29/1995, cit. L’ausiliarietà
di una funzione consiste in ciò: che questa è attribuita direttamente dalla Costituzione a un dato organo dello Stato al fine di assicurare il
più corretto o di agevolare il più efficiente svolgimento delle funzioni di altri organi (Corte cost. 14 luglio 1989, n. 406, in questa Rivista,
1989, 4, 153).
(68) Essa trae origine dalla soluzione di questioni inerenti a improprie modalità di copertura delle spese da parte del legislatore, specie
di quello regionale, la cui ammissibilità è divenuta cruciale agli occhi della Corte ai fini di assicurare una salvaguardia degli equilibri di
bilancio che non sia puramente impressionistica, ma complessiva.
(69) L’art. 11, lett. e), c.g.c. fornisce una base normativa alla espansione della nuova attribuzione giurisdizionale ad altre delibere delle
sezioni regionali di controllo non espressamente richiamate, realizzata in via interpretativa dalle stese Sezioni riunite, che avevano già
ritenuta giustiziabile, interdittiva o non, qualsiasi delibera di controllo di provenienza dalle sezioni regionali. In proposito, cfr. Corte conti,
Sez. riun. giur. spec. comp., 29 maggio 2017, n. 16, ivi, 2017, 3-4, 239; 18 dicembre 2015, n. 68, ivi, 2015, 5-6, 237; P. Santoro, E. Santoro,
I giudizi nelle materie di contabilità pubblica, Napoli, Esi, 2018, 717; G. Colombini, La progressiva giurisdizionalizzazione del controllo
nel codice della giustizia contabile: limiti e prospettive, in questa Rivista, 2017, 1-2, 739.
(70) C. Buzzacchi, op. cit., 7.
(71) E. D’Alterio, La funzione di controllo e l’equilibrio tra i poteri pubblici: “dove nascono i problemi”, in Riv. trim. dir. pubbl.,
2019, 702, osserva che “l’attività di tutore ha preso il sopravvento su quella di controllore, con riferimento sia al governo centrale, sia ai
governi territoriali, a partire innanzitutto dal valore dell’attività di parificazione del rendiconto”.
(72) In materia, v. A. Carosi, Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e la legge 131/2003, in I controlli sulle autonomie
nel nuovo quadro istituzionale, cit.
(73) Alle sezioni regionali di controllo è affidata la verifica – nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione – del
perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti
locali ed il funzionamento dei controlli interni. Le stesse riferiscono sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati, onde consentire il controllo politico sull’operato dell’amministrazione. Il compito della Corte dei conti, così come codificato nella
normativa, non è quello di ingerenza attiva nelle scelte discrezionali delle amministrazioni locali, ma quello di individuare la cornice di
legalità entro cui circoscrivere il loro operato e le pratiche non corrette da dismettere, evitando ogni nocumento agli equilibri e alla stabilità
dei bilanci e dei patrimoni pubblici. In proposito, cfr. G. Rivosecchi, La parificazione dei rendiconti regionali nella giurisprudenza costituzionale, in <www.federalismi.it>, 31 luglio 2019; Id., I controlli sulla finanza pubblica tra i diversi livelli territoriali di governo, in Riv.
trim. dir. pubbl., 2019, 741.
(74) La natura collaborativa, ancorata alla funzione di controllo della Corte, sta ad indicare il ruolo ausiliario, di equidistanza e di
garanzia (ma non subalterno ai meccanismi decisionali, operativi e gestionali delle autonomie territoriali) del controllore tra Stato ed autonomie. Il sindacato affidato alla magistratura contabile trova la propria ratio nell’assicurare un contributo fondamentale agli obiettivi di
buon andamento dell’attività amministrativa, sintetizzati nell’espressione “sana gestione finanziaria” di cui alla l. n. 131/2013. Così, A.
Carosi, Il ruolo della magistratura contabile nell’impulso e nel pensiero di Francesco Staderini, in Il ruolo della Corte dei conti nella
riforma degli enti locali e nell’attuazione del federalismo (Atti del Convegno, Firenze, 26 ottobre 2011), Milano, Giuffrè, 2013, 28 ss.
(75) La giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente fatto leva soprattutto sul principio di leale cooperazione al fine di armonizzare
e coordinare gli interventi di Stato e regione. V. L. Antonini, M. Bergo, Il principio di leale collaborazione e la remuntada delle regioni
nei rapporti finanziari con lo Stato: brevi riflessioni a margine di alcune recenti sentenze della Corte costituzionale, in
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PARTE I – DOTTRINA
“Resta ferma la potestà delle regioni a statuto speciale, nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari
discipline nel rispetto delle suddette finalità. Per la determinazione dei parametri di gestione relativa al controllo interno, la Corte dei conti si avvale anche degli studi condotti in materia dal Ministero dell’interno”.
In questo quadro ordinamentale le funzioni di controllo successivo della Corte dei conti, che sempre più la legge
riconosce quale organo della Repubblica (secondo la nuova definizione di cui all’art. 114 Cost.), depurandolo dai caratteri di organo ausiliario dell’amministrazione centrale, appare in linea ed in sintonia con il nuovo assetto costituzionale.
Dall’insieme delle disposizioni richiamate risulta, quindi, definitivamente confermato il superamento del modello
del controllo preventivo esercitato sugli atti degli enti territoriali. In tale nuova prospettiva, il controllo assegnato alla
Corte dei conti risulta di tipo referente, non comportando alcuna conseguenza in ordine all’efficacia degli atti emanati
dalle autonomie territoriali: l’eventuale eliminazione o modifica di quest’ultimi è rimessa esclusivamente alle amministrazioni che li hanno emanati (76).
Tale controllo, dunque, è ascrivibile alla categoria del “riesame di legalità e regolarità finanziaria”, la cui caratteristica principale è la finalizzazione degli accertamenti effettuati all’adozione di misure correttive da parte dei medesimi
enti interessati (77).
Con riferimento alla su richiamata forma di controllo, alle sezioni regionali della Corte dei conti è assegnato il
compito di verificare il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali o regionali di principio e di programma (art.
3, c. 5, l. n. 20/1994) e, come precisato nella legislazione successiva (artt. 7 l. n. 131/2003 e 1, cc. 166 ss., l. n. 266/2005),
la sana gestione finanziaria (78), nonché il funzionamento dei controlli interni (79).
In virtù della disciplina, su richiamata, della maggiore autonomia dei diversi enti territoriali, si è inteso rafforzare il
controllo collaborativo secondo modalità che, nell’ambito dell’autonomia finanziaria sancita dal nuovo art. 119 della
Costituzione, lascia comunque agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di
spesa (80).
In base all’art. 7 citato, la Corte dei conti, conformemente alla riforma in senso federale voluta dal legislatore costituzionale, è chiamata, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, ad espletare funzioni di referto (81) generale al
Parlamento sull’intera finanza regionale e locale, con particolare riferimento al rispetto del patto di stabilità interno e
dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (82).
In proposito, la Corte costituzionale, nella sent. n. 181/1999, ha precisato che il compito di riscontro dei collegi
regionali di controllo – precedentemente così denominati e successivamente trasformati nelle attuali sezioni regionali
di controllo della Corte dei conti – sulle amministrazioni regionali è finalizzato alla redazione di un referto “fondato”
sul rendiconto della regione (83). Tale referto, tuttavia, non ha ad oggetto il rendiconto stesso, in quanto l’esame di
quest’ultimo, svolto sulla base programmatica dei collegi (sezioni) regionali, non assume carattere giurisdizionale analogo a quello del giudizio di parificazione, avendo il medesimo per oggetto le verifiche tipiche del controllo di gestione,
i cui risultati sono destinati a confluire nella relazione presentata al consiglio regionale (Corte cost. n. 60/2013) (84).
<www.federalismi.it>, 6 giugno 2018; F. Covino, Leale collaborazione e funzione legislativa nella giurisprudenza costituzionale, Napoli,
Jovene, 2018; S. Agosta, La leale collaborazione tra Stato e regioni, Milano, Giuffrè, 2008.
(76) L’applicazione tendenzialmente uniforme a tutte le pubbliche amministrazioni del controllo sulla gestione, con imputazione soggettiva alla Corte dei conti, in considerazione del ruolo che detto istituto è venuto assumendo nel tempo, come organo posto al servizio
dello Stato-comunità, quale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico è evidenziata, innanzitutto, da
Corte cost. n. 228/2017, cit. (nello stesso senso, Corte cost. n. 267/2006). Ancora, analoghe considerazioni sono formulate da Corte conti,
Sez. contr. reg. Piemonte, Inaugurazione dell’anno giudiziario 2019, nell’intervento del presidente Maria Teresa Polito, che rileva: “L’evoluzione legislativa e giurisprudenziale ha fatto sì che la Corte assumesse un ruolo di garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico, al servizio dello Stato-comunità e non soltanto dello Stato-istituzione, in posizione parimenti terza e neutrale
nei confronti sia del Parlamento che del Governo, ma offrendo ad entrambi collaborazione”.
(77) Ciò al fine di evitare o attenuare il rischio di danni agli equilibri di bilancio degli enti locali (significativa in tal senso Corte cost.
5 aprile 2013, n. 60, in questa Rivista, 2013, 1-2, 365, con nota di richiami).
(78) Corte conti, Sez. autonomie, 20 aprile 2020, n. 5. La finalità è quella di consentire agli enti di adottare misure idonee per rimuovere
le inefficienze e correggere i propri comportamenti gestionali antieconomici ed inefficienti, dandone comunicazione alla Corte dei conti.
(79) Corte conti, Sez. autonomie, n. 23/2019, cit.
(80) Cfr. F. Sucameli, “Patto di stabilità”, principi costituzionali ed attuazione politica: la legge di bilancio 2019 e l’art. 9 della l. n.
243/2012 attraverso il prisma della giurisprudenza del Giudice delle leggi, in <www.federalismi.it>, 31 luglio 2019. V. anche Corte cost.
n. 36/2004, in Giur. cost., 2004, 502, con nota di C. Pinelli, Patto di stabilità interna e finanza regionale, che sottolinea criticamente come
«Mentre il tenore letterale dell’art 119 prefigura un “costituzionalismo multilivello”, i processi decisionali sulla finanza pubblica sono
rimasti grosso modo accentrati e talora irrazionali come un tempo».
(81) La resa del referto è ispirata al principio della concomitanza con lo svolgimento dell’attività amministrativa sindacata, in modo da
consentire tempestiva deliberazione circa eventuali irregolarità gestionali o gravi deviazioni da obiettivi, procedure e tempi di attuazione
dei programmi. Dopo l’esame preventivo, la bozza viene inviata alle amministrazioni interessate per la discussione in contraddittorio.
(82) G. Rivosecchi, L’indirizzo politico finanziario tra Costituzione italiana e vincoli europei, Padova, Cedam, 2007.
(83) G. Campanelli et al. (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale della regione Puglia, Torino, Giappichelli, 2016, 524.
(84) La funzione di referto spiega la Corte è preordinata a verificare, anche in corso di esercizio, la legittimità e regolarità delle gestioni,
nonché il funzionamento dei controlli interni di ciascuna amministrazione. In materia, cfr. G. Rivosecchi, La parificazione dei rendiconti
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Ciò, del resto, è coerente con la funzione di referto sull’amministrazione regionale che la Corte dei conti è chiamata a
svolgere, verificando (ex art. 3, c. 5, della l. n. 20/1994) “il perseguimento degli obiettivi stabiliti” dalle leggi regionali
di principio e di programma (85), elaborando relazioni che hanno per essenziale destinatario il consiglio regionale (86).
Il giudice contabile, dunque, è chiamato ad interloquire con gli organi assembleari degli enti locali, in ordine a
profili specifici e particolarmente pregnanti, quali il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di
principio o di programma, la sana gestione finanziaria ed il funzionamento dei controlli interni (87).
Il controllo in esame non è destinato a sfociare in misure impeditive o sanzionatorie, ma è finalizzato a stimolare
l’adozione da parte delle amministrazioni interessate di processi di autocorrezione (88).
È stato così introdotto un parallelismo in riferimento al rapporto che si instaura tra sezioni centrali della Corte dei
conti e Parlamento, e il rapporto che si instaura tra sezioni regionali e organi assembleari degli enti locali: emerge così
la funzione di ausiliarietà, insita nel ruolo della Corte dei conti rispetto all’apparato statuale (89).
Emerge una prospettiva di tipo “collaborativo” di tale controllo (90).
In tale prospettiva si pone anche l’art. 7, c. 8, della l. n. 131/2003, secondo cui: “Le regioni possono richiedere
ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione
finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica.
Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche
da comuni, province e città metropolitane” (91).
Tale disposizione manifesta la volontà del legislatore di incoraggiare forme sempre più strette di interazione e collaborazione tra la Corte dei conti e gli enti territoriali, al fine di salvaguardare l’efficienza e l’efficacia dell’azione
amministrativa (92), nonché la sana gestione finanziaria dei medesimi enti (93).
5. Il controllo previsto dalle leggi n. 266/2005 e n. 15/2009
Al quadro di novità nelle attribuzioni della Corte dei conti nei confronti di regioni ed enti locali, delineato prima
dalla riforma della l. n. 20/1994, e, soprattutto, dalle disposizioni della riforma del titolo quinto della Costituzione, di
cui alla l. n. 131/2003, si sono aggiunte le disposizioni di cui ai cc. 166 ss. dell’art. 1 della l. 23 dicembre 2005, n. 266
(finanziaria per il 2006).
regionali nella giurisprudenza costituzionale, cit.; P. Santoro, E. Santoro, Manuale di contabilità e finanza pubblica, Santarcangelo di
Romagna, Maggioli, 2015, 584 ss.
(85) F. Migliarese Caputi, Diritto degli enti locali: dall’autarchia alla sussidiarietà, Torino, Giappichelli, 2016, 361.
(86) L’ultima fase consiste del controllo consiste nella ricognizione e valutazione delle misure consequenziali adottate dalle amministrazioni: le amministrazioni, infatti, comunicano alla sezione, entro sei mesi dalla data di ricevimento della relazione, le misure adottate;
a ciascun magistrato relatore è affidato il monitoraggio delle suddette misure.
(87) P. Costanzo (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale della regione Liguria, Torino, Giappichelli, 2011, 321.
(88) R. Scalia, Il giudizio di parificazione del rendiconto generale dell’ente regione, cit., che rileva «la funzione del controllo intestata
alla Corte dei conti va assumendo un ruolo nuovo: quello di sollecitazione “al fare” (il “control” della declinazione semantica inglese), ed
eventualmente di guida, costringendo all’autocorrezione obbligata o coercitiva tutte le volte che risulta evidente l’illegittimità (o, comunque, l’incongruenza) delle decisioni assunte».
(89) Sul punto, v. M. Pieroni, S. Oggianu (a cura di), La Corte dei conti nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in <www.cortecostituzionale.it>, febbraio 2015.
(90) In tal senso, cfr. Corte cost. n. 29/1995, cit., che, per la prima volta, ha definito “collaborativo” il controllo esterno svolto dalla
Corte dei conti, ravvisandone la compatibilità con l’autonomia locale sulla base della qualità dell’istituto che esercita il controllo stesso,
che non è organo dello Stato ma della Repubblica, nonché organo di garanzia degli equilibri economico-finanziati complessivi nel settore
pubblico, che intrattiene rapporti di ausiliarietà sia con il Parlamento, sia con i consigli regionali, provinciali, e comunali. Sul punto, cfr.
C. Buzzacchi, F. Pizzolato, V. Satta, Regioni e strumenti di governance dell’economia. Le trasformazioni degli organi ausiliari, Milano,
Giuffrè, 2007, 87 ss.
(91) Il comma 8, in particolare, prefigura forme di collaborazione tra regioni e sezioni regionali della Corte dei conti. La norma consente, inoltre, alle regioni ed agli enti locali, tramite il Consiglio delle autonomie locali, di chiedere ulteriori forme di collaborazione alle
sezioni regionali di controllo volte ad ottenere una regolare gestione finanziaria e un’azione amministrativa efficace ed efficiente.
(92) Rileva L. Giampaolino, ex presidente della Corte dei conti, nel suo intervento al convegno “I protagonisti del mercato e gli scenari
per gli anni 2000 – Sessione legalità”, Cernobbio, 22-23 marzo 2013, che l’efficienza, l’efficacia, l’economicità, l’equilibrio della spesa
pubblica, sono parametri non solo economici ma normativi, di rango costituzionale se non addirittura europeo e, dunque, il loro rispetto
configura l’altra faccia del medesimo principio di legalità che richiede, innanzi tutto da parte dei pubblici poteri, non solo il rispetto dei
limiti della legge ma l’attenzione e lo scrupolo nella gestione delle pubbliche risorse.
(93) La previsione di un controllo sul perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma,
con le modalità del controllo sulla gestione, di tipo collaborativo era già contenuta nell’art. 3 della l. n. 20/1994, il quale, al comma 5, così
dispone: “Nei confronti delle amministrazioni regionali, il controllo della gestione concerne il perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle
leggi di principio e di programma” e al comma 6: “La Corte dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali
sull’esito del controllo eseguito. Le relazioni della Corte sono altresì inviate alle amministrazioni interessate, alle quali la Corte formula,
in qualsiasi altro momento, le proprie osservazioni. Le amministrazioni comunicano alla Corte ed agli organi elettivi le misure conseguenzialmente adottate”.
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PARTE I – DOTTRINA
Come precisato dalla Corte costituzionale (94), l’art. 1, cc. da 166 a 170, della l. n. 266/2005, prima, e l’art. 148-bis
del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, c. 1, lett. e), del d.l. n. 174/2012, in seguito, hanno istituito forme di
controllo finalizzate ad evitare o attenuare il rischio di danni agli equilibri di bilancio degli enti locali (95).
In proposito, va rilevato che la l. n. 266/2005 ha delineato una nuova e significativa modalità di verifica in ordine
al rispetto degli obiettivi previsti dalla normativa sul patto di stabilità interno e sulla correttezza della gestione finanziaria degli enti territoriali, stabilendo una specifica competenza in capo alle sezioni regionali di controllo, che l’art. 6,
c. 2, del d.lgs. n. 149/2011 ha ulteriormente valorizzato (96).
Nel comma 166 si dispone: “Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della
finanza pubblica, gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria degli enti locali trasmettono alle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di
competenza e sul rendiconto dell’esercizio medesimo”.
Tale relazione (in realtà si tratta di due relazioni: una sul bilancio di previsione e una sul rendiconto), redatta dall’organo di revisione contabile (collegio dei revisori, ove presente, o revisore unico, cfr. art. 234 Tuel) “deve dare conto”,
“in ogni caso”, anche “del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo
in materia di indebitamento di cui all’art 119 ultimo comma della Costituzione (per il quale i comuni, le province, le
città metropolitane e le regioni possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento) e di ogni
grave irregolarità contabile e finanziaria in ordine alle quali l’amministrazione dell’ente locale non abbia adottato le
misure segnalate dall’organo di revisione” (c. 167 dell’articolo (unico) della l. n. 266/2005).
Per quanto riguarda l’individuazione dell’organo di revisione competente alla compilazione ed all’invio della relazione-questionario prescritto dall’art. 1, c. 166, della l. n. 266/2005, può ritenersi che trattasi di obbligo posto in capo
all’organo di controllo pro tempore in carica (97), e non a quello espletante le funzioni nell’esercizio a cui la relazione
fa riferimento.
La legge consente che a questo contenuto minimo obbligatorio si possa aggiungere la richiesta di altre notizie utili
all’esercizio del controllo delle sezioni regionali (98).
In particolare, si ha un mutamento della fisionomia del controllo (99): non più e non solo collaborativo, ma anche
controllo monitoraggio (di cui all’art. 1, c. 166, l. n. 266/2005) che, dapprima destinato ai comuni e alle province, viene
esteso alle regioni, agli enti sanitari e alle loro esternalizzazioni, fino a condurre alla verifica riguardante i rendiconti
delle regioni, affinché tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate alle quali è affidata la gestione di
servizi pubblici per la collettività regionale e di servizi strumentali (100).
Per questo motivo, tenendo presente lo scopo della rendicontazione, la Corte dei conti invia dei questionari agli
organi di revisione che dovranno segnalare se il rendiconto sia stato redatto secondo le linee guida predisposte annualmente dal giudice contabile. Tali questionari sono preordinati ad attestare la verifica del rispetto dei principi e dei criteri
previsti dagli artt. 189 e 190 Tuel n. 267/2000 per la determinazione dei residui attivi e passivi, distinti per anno di
provenienza; certificare la verifica del conto del tesoriere e degli altri agenti contabili (101); attestare l’aggiornamento
dell’inventario dei beni (102).
(94) Corte cost. n. 60/2013, cit. V. D. Morgante, Controlli della Corte dei conti e controlli regionali, cit.
(95) Rileva R. Scalia, Il giudizio di parificazione del rendiconto generale dell’ente regione, cit., che: «i controlli di “regolarità e legittimità contabile” attribuiti dalla legge statale alla Corte dei conti per assicurare “l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito” di tutte
le pubbliche amministrazioni e per garantire il rispetto del vincolo “in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119
Cost.” sono da ritenere posti a tutela dell’“unità economica” della Nazione».
(96) La novella introdotta nella finanziaria 2006 si pone in un rapporto di continuità evolutiva con la l. n. 131/2003, prescrivendo una
collaborazione, compatibile con l’autonomia degli enti costituzionalmente tutelata, fra gli organi di controllo interno degli enti locali e le
sezioni regionali di controllo. In sostanza, gli organi di revisione hanno ricevuto il compito di trasmettere alle sezioni regionali le informazioni necessarie per la verifica dell’equilibrio finanziario del bilancio di previsione e del rendiconto degli enti, con distinte relazioni da
costruire secondo criteri e linee guida definiti unitariamente dalla sezione. Cfr. D. Cimmino, Amministrazioni pubbliche e controllo della
Corte dei conti. Il coordinamento della finanza pubblica tra principio autonomistico e vincoli europei, in <www.contabilita-pubblica.it>,
2003.
(97) Corte conti, Sez. contr. reg. Molise, n. 10/2020, che rileva: “alle sezioni regionali è affidato il controllo sulle relazioni sui bilanci
preventivi e sui conti consuntivi che gli organi di revisione degli enti locali sono tenuti a trasmettere alla Corte dei conti ai sensi delle
disposizioni vigenti”.
(98) E. Brandolini, Controlli amministrativi dell’organo di revisione. La relazione alla sezione regionale di controllo della Corte dei
conti, in <www.dea.univr.it>, 2007.
(99) T. Tessaro, Nuovi controlli della Corte dei conti e le sanzioni antielusive, in P. Ruffini (a cura di), Il patto di stabilità interno per
gli enti locali, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2012, 101.
(100) Cfr. Corte conti, Sez. autonomie, n. 23/2019, cit.
(101) Corte conti, Sez. contr. reg. Veneto, 5 febbraio 2019, n. 24, nel ricordare che l’ente locale è obbligato a fornire tutti i dati al
revisore legale per l’adempimento del proprio mandato, ha anche affermato che laddove vi sia una posizione di conflitto tra i due soggetti
(revisore e ufficio finanziario) causata dalla mancata collaborazione dei dati da inviare alla Corte dei conti, entrambi sono da considerare
responsabili.
(102) Per un esempio di questionario per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali, v. <www.corteconti.it/Download?id=250a60f0-bb14-4c62-9cb0-4f5891429ac5>.
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Gli organi di revisione sono obbligati a trasmettere alle sezioni regionali di controllo la loro relazione subito dopo
l’approvazione del rendiconto da parte del consiglio comunale o provinciale (103).
L’omissione o il ritardo ingiustificato dell’invio della relazione ostacolano l’esercizio del controllo della Corte dei
conti, con la conseguente responsabilità dell’organo inadempiente. Le sezioni fissano, pertanto, un termine per l’adempimento, trascorso il quale, segnaleranno ai consigli comunali o provinciali gli organi che non abbiano ottemperato
all’obbligo, per l’eventuale revoca del revisore, ai sensi dell’art. 235, c. 2, del Tuel (104).
La norma che riguarda i rapporti con il collegio dei revisori dei conti riveste rilievo centrale, in quanto viene incontro
alle esigenze della Corte di stabilire con gli organi di controllo interno un rapporto diretto, finalizzato ad accertamenti
generalizzati in ordine al rispetto delle norme contabili che garantiscono gli equilibri di bilancio (105).
Va aggiunto che le relazioni da inviare alla Corte dei conti si differenziano da quelle da presentare al consiglio
comunale o provinciale ai sensi dell’art. 239, c. 1, lett. b) e d), del Tuel, sia sotto il profilo “contenutistico”, sia sotto
l’aspetto finalistico. Esse, in particolare, non possono coincidere con il parere al bilancio di previsione, perché devono
riferire alla Corte anche in merito alle eventuali misure correttive segnalate ma non adottate in sede di approvazione
del bilancio, né possono rappresentare un mero duplicato della relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del
rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto. Tali atti contengono, infatti, “l’attestazione sulla corrispondenza
del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza,
produttività ed economicità della gestione”, mentre per la Corte dei conti rilevano la regolarità contabile ed amministrativa, nonché il rispetto degli obiettivi posti dal patto e dall’art. 119 Cost. (106).
Con riferimento alla natura di siffatto controllo, la Corte costituzionale ha affermato che: «Esso assume, quindi,
anche i caratteri propri del controllo sulla gestione in senso stretto e concorre, insieme a quest’ultimo, alla formazione
di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e dell’osservanza del patto
di stabilità interno, che la Corte dei conti può garantire in un’ottica “collaborativa”. Pertanto, nell’esercizio di tale
controllo, detta Corte si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente stesso
l’adozione delle misure necessarie» (107).
L’esito di tale forma di controllo “collaborativo” (108) è, dunque, limitato alla segnalazione all’ente controllato
delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente stesso l’adozione delle misure necessarie, attivando un processo di “autocorrezione” (gli organi di revisione dovranno tenere conto delle osservazioni inviate dalle sezioni regionali ai consigli
comunali e provinciali per sollecitare l’adozione delle misure correttive) e ponendo una netta separazione tra la funzione
di controllo della Corte dei conti e l’attività amministrativa degli enti, che sono sottoposti al controllo stesso (109).
Vanno, per completezza, ricordate anche le modificazioni apportate dai cc. 172 e 173 dell’art. 1 della l. n. 266/2005,
alle disposizioni della l. n. 20/1994.
Viene in rilievo, innanzitutto, l’art 3, c. 6, l. n. 20/1994, modificato dal c. 172, secondo cui: “La Corte dei conti
riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull’esito del controllo eseguito. Le relazioni della
Corte sono altresì inviate alle amministrazioni interessate, alle quali la Corte formula, in qualsiasi altro momento, le
proprie osservazioni. Le amministrazioni comunicano alla Corte ed agli organi elettivi, entro sei mesi dalla data di
ricevimento della relazione, le misure conseguenzialmente adottate” (110).
(103) Corte conti, Sez. contr. reg. Sardegna, n. 71/2019, ha rilevato che il mancato invio delle relazioni-questionario sul rendiconto o
il grave ritardo nella trasmissione delle stesse costituisce violazione di un preciso obbligo di legge e di un dovere d’ufficio e compromette
lo svolgimento del controllo del giudice contabile.
(104) Corte conti, Sez. contr. reg. Abruzzo, 7 ottobre 2019, n. 126.
(105) Cfr. G.M. Mezzapesa, Il collegio dei revisori e le funzioni di controllo della Corte dei conti. Le linee guida della Sezione autonomie della Corte dei conti, in <www.odcec.torino.it>, 22 maggio 2008.
(106) In particolare, non può coincidere con il parere al bilancio di previsione, perché deve riferire alla Corte anche in merito alle
eventuali misure correttive segnalate, ma non adottate in sede di approvazione di bilancio, né può essere un duplicato della relazione – di
cui all’art. 239, c. 1, lett. d), Tuel – sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto
che “contiene l’attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte
tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione”, mentre per la Corte dei conti rilevano la regolarità contabile
e ed amministrativa ed il rispetto degli obiettivi posti dal patto e dall’art 119 Cost. Cfr. M. Mulazzani (a cura di), La revisione degli enti
locali, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2015, 286 ss.
(107) Corte cost. 9 febbraio 2011, n. 37, in questa Rivista, 2011, 1-2, 338. Nello stesso senso, Corte cost. 20 luglio 2012, n. 198, ivi,
2012, 3-4, 450, n. 179/2007, cit., n. 267/2006, cit.
(108) Tale controllo di natura collaborativa si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente
stesso l’adozione delle misure necessarie: c’è, dunque, una netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività
amministrativa degli enti, che sono sottoposti al controllo stesso (Cons. dir. 3.1. n. 179/2007), alternativo rispetto a quello sulla gestione,
ed è finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la
sana gestione finanziaria del complesso degli enti territoriali, nonché il rispetto del patto di stabilità interno e degli obiettivi di governo dei
conti pubblici concordati in sede europea.
(109) Cfr. I. Rivera, Gli equilibri di finanza pubblica e i vincoli all’indebitamento nei giudizi incidentali rimessi dalla Corte dei conti
in sede di controllo, cit.
(110) Cfr. G. Campanelli et al. (a cura di), op. cit., 522 ss.
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Ancora, va richiamato il c. 173, che stabilisce: “Gli atti di spesa relativi ai commi 9, 10, 56 e 57 di importo superiore
a 5.000 euro devono essere trasmessi alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione” (111).
Dalla disciplina su richiamata emerge che, al fine di rendere effettivo il controllo della Corte dei conti previsto
dall’art. 7, c. 7, della l. n. 131/2003, sul rispetto, ad opera degli enti locali, dei canoni di sana gestione finanziaria, la
legge finanziaria n. 266/2005 ha decretato l’instaurazione di un rapporto diretto e continuativo tra la Corte dei conti e
gli organi di controllo interno degli enti locali, in modo da consentire accertamenti generalizzati in ordine all’osservanza
delle norme contabili che garantiscono gli equilibri di bilancio (112).
Sulla base di quanto previsto dal successivo art. 167, la predetta relazione, redatta dall’organo di revisione contabile
(collegio dei revisori, ove presente, o revisore unico, ex art. 234 del Tuel), in conformità ai criteri e alle linee guida
definite unitariamente dalla Corte dei conti, “deve dare conto del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, ultimo comma, della
Costituzione, e di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria in ordine alle quali l’amministrazione non abbia adottato le misure correttive segnalate dall’organo di revisione”.
Il controllo della Corte dei conti ha natura “collaborativa”, essendo limitato alla segnalazione all’ente controllato
delle disfunzioni rilevate, essendo rimesso all’iniziativa dell’ente stesso l’adozione delle misure necessarie, all’esito,
dunque, di processi di “autocorrezione” semplicemente stimolati dall’esterno.
Proprio la natura squisitamente collaborativa di tale forma di controllo, i cui esiti non possono tradursi in misure di
carattere sanzionatorio e/o impeditivo, esclude che lo stesso concretizzi una forma di ingerenza ed invasione della sfera
di autonomia degli enti controllati (Corte cost. n. 179/17).
Ciò nonostante, il controllo in esame è funzionale alla realizzazione di primari interessi di livello costituzionale,
quali unità economica della Repubblica, il coordinamento della finanza pubblica complessiva, il rispetto degli equilibri
di bilancio, l’osservanza dei vincoli derivati dall’appartenenza del nostro Paese all’Unione europea.
Sotto questo profilo, può allora sostenersi, in armonia con la migliore dottrina, che il controllo previsto dalla legge
n. 266/2005 sviluppa e completa il quadro delle misure necessarie per garantire la stabilità dei bilanci ed il rispetto del
patto di stabilità interno, prescritti dall’art. 7, c. 7, della l. n. 131/2003.
Tale controllo si differenzia dal controllo sulla gestione in senso stretto, che ha ad oggetto l’azione amministrativa
ed è finalizzato ad assicurare che l’uso delle risorse avvenga nel modo più efficace, più economico e più efficiente
possibile.
Il controllo sulla gestione amministrativa è stato ritenuto dal legislatore non idoneo, da solo a soddisfare finalità
quali la tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione
finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi del patto di stabilità interno e del vincolo in
materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost. (113).
Da ultimo, l’art. 11, c. 3, della l. n. 15/2009 ha attribuito alla Corte dei conti il potere di controllo sulle gestioni
pubbliche regionali o degli enti locali in corso di svolgimento (c.d. controllo concomitante) (114). Analoga previsione
è contemplata per le gestioni pubbliche statali dal c. 2 del medesimo art. 11.
Qualora vengano accertate gravi irregolarità gestionali ovvero gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di
attuazione stabiliti da norne, nazionali, eurounitarie o regionali, la Corte ne individua, in contraddittorio con i rappresentanti dell’ente territoriale, le cause e provvede, con decreto motivato, a darne comunicazione all’organo di governo
dell’amministrazione (115).
Quest’ultimo con decreto da comunicare all’assemblea elettiva e alla Presidenza della Corte dei conti, sulla base
delle proprie valutazioni, anche di ordine economico-finanziario, può disporre la sospensione dell’impegno di somme
stanziate sui pertinenti capitoli di spesa (116).
(111) Per un approfondimento, v. F. Garri (a cura di), La Corte dei conti. Controllo e giurisdizione. Contabilità pubblica, Milano,
Giuffrè, 2012, 359 ss.
(112) Corte conti, Sez. autonomie, n. 13/2018, I controlli interni degli enti locali, analisi del sistema dei controlli interni degli enti
locali, anni 2015-2016, relazione 2018.
(113) A tal fine si è reso necessario un tipo di controllo che valorizzi l’allocazione delle risorse. Si tratta del controllo sulla gestione
finanziaria previsto dalla l. n. 266/05, ascrivibile alla categoria dei controlli di legalità e regolarità, ma con la caratteristica, in una prospettiva non più statica (com’era il tradizionale controllo di legalità-regolarità), ma dinamica, di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametri normativa alla adozione di effettive misure correttive. Ne consegue che esso concorre, con il controllo sulla gestione amministrativa,
alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e di osservanza del patto di
stabilità interno. Cfr. M. Pieroni, S. Oggianu (a cura di), op. cit.
(114) Cfr. F. Albo, Il potenziamento dei controlli della Corte dei conti sugli enti locali nel d.l. n. 174/2012, in Azienditalia, 2013, 828;
E. D’Alterio, Lo stato dei controlli delle pubbliche amministrazioni, in <www.sna.gov.it>, giugno 2013, 3 ss.
(115) Interessante Corte conti, Sez. contr. reg. Trentino-Alto Adige, Trento, n. 57/2019.
(116) F. Albo, op. cit., 828.
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PARTE I – DOTTRINA
Allo stesso modo, qualora emergano rilevanti ritardi nella realizzazione di piani e programmi, nell’erogazione di
contributi ovvero nel trasferimento di fondi, la Corte dei conti individua, in contraddittorio con l’amministrazione, le
cause, e provvede, con decreto motivato, a darne comunicazione all’organo di governo dell’ente.
Entro sessanta giorni l’amministrazione competente adotta i provvedimenti idonei a rimuovere gli impedimenti,
ferma restando la facoltà degli organi di governo, con proprio decreto da comunicare alla Presidenza della Corte dei
conti, di sospendere il decreto stesso per il tempo ritenuto necessario ovvero di comunicare, all’assemblea elettiva ed
alla Presidenza della Corte, le ragioni che impediscono di ottemperare ai rilievi formulati (117).
6. I controlli previsti dagli artt. 148 e 148-bis del Tuel
Con l’introduzione degli artt. 148 e 148-bis del Tuel si stabiliscono innovativi parametri del controllo esterno affidato alla Corte dei conti (118): in particolare, nel nuovo art. 148-bis si prevede che le sezioni regionali di controllo
esaminino i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali, ai sensi dell’art. 1, cc. 166 ss., della l. n.
266/2005, per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’art. 119, c. 6, della Costituzione, della sostenibilità dell’indebitamento,
dell’assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico finanziari degli
enti (119). Emerge, dunque, l’importanza che il legislatore assegna al valore dell’effettivo equilibrio di bilancio, presente e futuro, in relazione agli eventi potenzialmente lesivi e a quelli che si concretizzano in fenomeni dissolutori
dell’integrità stessa del bilancio (120).
In tale quadro si inserisce il controllo esterno della Corte dei conti nella sua duplice veste “statica”, esercitato in
relazione all’esame dei questionari e delle eventuali risultanze istruttorie, e “dinamica” che si estende alla valutazione
dell’intera gestione, dalle fasi iniziali a quelle finali del ciclo di bilancio (121): tale verifica, inoltre, riguarda tutte quelle
vicende che, nel corso della gestione, possano determinare ricadute negative sugli equilibri presenti e futuri degli enti
locali (122).
Tra queste criticità si pone il complesso rapporto tra enti locali e società partecipate (123): la particolare attenzione
della Corte dei conti su questo aspetto muove dalla necessità di evitare ricadute pregiudizievoli sulla contabilità
dell’ente socio dovute ad una insana gestione societaria, tale da minare il rispetto degli equilibri di bilancio dell’ente
stesso (124).
In proposito, l’utilizzo di risorse pubbliche, anche se adottato attraverso moduli privatistici, impone particolari obblighi in capo a tutti coloro che – direttamente o indirettamente – concorrono alla gestione di tali risorse, radicandone
la giurisdizione e il controllo della Corte dei conti (125).
Il nuovo art. 147-quater del Tuel offre ai comuni e alle province gli strumenti necessari per compiere questo tipo di
valutazioni: il legislatore ha attribuito priorità assoluta al potenziamento dei controlli interni sulle partecipazioni locali,
richiamando gli enti stessi sulle responsabilità connesse al loro ruolo di proprietari di quote azionarie (126).
(117) F. Albo, op. cit., 827.
(118) Cfr. O. Spataro, op. cit., che evidenzia come significativo il fatto che l’art. 148-bis Tuel, introdotto dal d.l. n. 174/2012, sia stato
intitolato “Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali”, e che richiami nei suoi principi,
al c. 1, l’attuazione dell’art. 119, c. 6, Cost.
(119) Corte Conti, Sez. contr. reg. Liguria, n. 69/2019.
(120) Cfr. S. Siragusa, G. Pizziconi, L’attività di controllo delle sezioni regionali della Corte dei conti, a cura di T. Tessaro, Roma,
Dike, 2018, 107 ss.
(121) Corte cost. n. 60/2013, cit., che rileva: “tale controllo si pone in una prospettiva non più statica – come, invece, il tradizionale
controllo di legalità-regolarità – ma dinamica, in grado di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametro normativo alla adozione di
effettive misure correttive funzionali a garantire il rispetto complessivo degli equilibri di bilancio”.
(122) P. Santoro, E. Santoro, Manuale di contabilità e finanza pubblica, cit., 125.
(123) Corte conti, Sez. autonomie, 20 dicembre 2019, n. 29, in questa Rivista, 2019, 6, 97. In materia, senza presunzione di esaustività,
v.: F.A. Cancilla, Società a partecipazione pubblica e controllo della Corte dei conti, in <www.ratioiuris.it>, 1 marzo 2019; A. Luberti, I
controlli della Corte dei conti sulle società pubbliche, in F. Cerioni (a cura di), Le società pubbliche nel Testo Unico, D.Lgs. 19 agosto
2016 n. 175, Milano, Giuffrè, 2017, 363; C. Pettinari, Società pubbliche e vincoli finanziari europei e nazionali, ibidem, 319; M.T. Polito,
Il controllo e la giurisdizione della Corte dei conti sulle società pubbliche a seguito del Testo Unico, in F. Fimmanò, A. Catricalà (a cura
di), Le società pubbliche, Napoli, Giapeto, 2016, 513; A. Police, Corte dei conti e società pubbliche. Riflessioni critiche nel ricordo di
Salvatore Buscema, in questa Rivista, 2016, 3-4, 495; H. Bonura, F. Giuliano, Le partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche
e i servizi pubblici locali di interesse economico generale, in Giornale dir. amm., 2015, 651.
(124) Cfr. P. Algieri, I controlli esterni collaborativi della Corte dei conti sulle società partecipate: tra autonomia negoziale ed esigenze di contenimento della spesa pubblica, in <www.federalismi.it>, 27 maggio 2020.
(125) Corte conti, Sez. autonomie, n. 23/2018, relativa alla relazione annuale per l’anno 2018, osserva che: “Più dei tre quarti degli
enti effettua il monitoraggio dei rapporti finanziari, economici e patrimoniali con le partecipate, dimostrando come l’introduzione di tale
controllo costituisca la strada più adatta per meglio conoscere l’interezza degli equilibri. In quasi la metà degli enti si redigono report
periodici inerenti a diversi profili d’interesse, mentre solo un terzo degli stessi ha pubblicato la Carta dei servizi”.
(126) F.A. Cancilla, op. cit.
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PARTE I – DOTTRINA
Infatti, recita la norma, l’ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli
sulle società non quotate, partecipate dallo stesso: tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell’ente locale,
che ne sono responsabili.
Il monitoraggio sull’andamento delle partecipate (127) dovrà essere compiuto periodicamente, analizzando gli eventuali scostamenti tra i risultati conseguiti e gli obiettivi prefissati (128). I risultati complessivamente conseguiti dall’ente
e dalle sue partecipate dovranno essere rilevati attraverso un bilancio consolidato, redatto secondo il principio della
competenza economica.
Il potenziamento dei controlli interni si coniuga con il maggior peso delle verifiche intestate alle sezioni regionali
di controllo della Corte dei conti che, ai sensi dell’art. 148-bis, c. 2, del Tuel “accertano, altresì, che i rendiconti degli
enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi
pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all’ente”.
Con riferimento al d.l. n. 174/2012, tale provvedimento ha arricchito, con elementi fortemente innovativi, le attribuzioni della Corte ampliando, soprattutto, il ruolo delle sezioni regionali di controllo (129): l’art. 148-bis del Tuel,
introdotto dall’art. 3, c. 1, lett. e), del d.l. n. 174/2012, convertito con modificazioni dalla l. n. 213/2012, da ultimo
modificato dall’art. 33, c. 1, del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, ha rafforzato i controlli attribuiti alle sezioni regionali della
Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali, ai fini della verifica degli equilibri di
bilancio, in esito ai quali – in caso di mancato adeguamento dell’ente locale alle pronunce di accertamento di irregolarità
contabili o di eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica – è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa
per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria (130).
Tale controllo, positivamente disciplinato dalle norme summenzionate, è finalizzato ad assicurare, in vista della
tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria
del complesso degli enti territoriali (131), nonché il rispetto del patto di stabilità interno e degli obiettivi di governo dei
conti pubblici concordati in sede europea. Esso si colloca nell’ambito materiale del coordinamento della finanza pubblica, in riferimento agli artt. 97, 28, 81 e 119 della Costituzione, che la Corte dei conti contribuisce ad assicurare, quale
organo terzo ed imparziale di garanzia dell’equilibrio economico finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive (132).
Ne consegue che tale controllo si pone in una prospettiva non più statica – come, invece, il tradizionale controllo di
legalità-regolarità – ma dinamica (133), perché finalizzato al riscontro della conformità di una complessiva gestione
alle regole contabili e finanziarie, nella prospettiva di eventuale adozione di misure correttive funzionali a garantire il
rispetto complessivo degli equilibri di bilancio (134).
Questa nuova visione dinamica dei controlli finanziari della Corte appare sempre più rafforzata, soprattutto dopo
l’esplicito riferimento al canone della “sostenibilità finanziaria” formulato dal d.l. n. 174/2012: un controllo non più
limitato all’esercizio in corso, ma rivolto a tutti quegli esercizi futuri sui cui equilibri le odierne irregolarità gestionali
possono avere un sensibile impatto (135).
A seguito del d.l. n. 174/2012, si configura un sindacato sempre più ancorato a puntuali parametri e vincoli normativi, quali quelli finanziari dettati in sede europea e declinati nelle altrettanto puntuali prescrizioni in cui si articola il
patto di stabilità interno.
(127) Cfr. E. Raganella, Art. 15. Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica, in G. Morbidelli (a
cura di), Codice delle società a partecipazione pubblica, Milano, Giuffrè, 2018, 356.
(128) Cfr. H. Bonura, D. Di Russo, Sì a una partecipazione-bis in società dello stesso settore, in <ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com>, 27 gennaio 2020, con riferimento all’obbligo di adottare un piano di razionalizzazione delle partecipazioni quando ricorrono una più fattispecie previste dall’art. 20, c. 2 del t.u. delle società partecipate (d.lgs. n. 175/2016) ha carattere generale. Se la finalità
principale di questa tipologia di controllo è permettere all’ente di adottare le opportune azioni correttive che consentano di mantenere in
equilibrio economico finanziario il proprio bilancio, allora il controllo sulle partecipate si lega indissolubilmente a quello sugli equilibri
finanziari (introdotto dall’art. 147-quinquies Tuel) che devono, appunto, essere mantenuti anche tenendo conto dell’andamento economico
finanziario degli organismi gestionali esterni.
(129) S. Siragusa, G. Pizziconi, op. cit., 53.
(130) V. F. Dimita, Il blocco dei programmi di spesa dell’ente locale, nell’ambito dei controlli di legittimità-regolarità della Corte dei
conti, in <www.federalismi.it>, 9 gennaio 2019.
(131) Cfr. A. Buscema, L’evoluzione del ruolo della Corte dei conti nella salvaguardia della finanza pubblica a tutela della collettività,
intervento al convegno “La situazione finanziaria dei comuni e i meccanismi istituzionali di controllo: profili problematici ed evolutivi”,
Treviso, 11 aprile 2019, in <www.corteconti.it>.
(132) G. Rivosecchi, Poteri, diritti e sistema finanziario tra centro e periferia, in <www.rivistaaic.it>, 10 luglio 2019, 264 ss.
(133) Corte cost. n. 60/2013, cit. Cfr. commento di Cfr. D. Morgante, Controlli della Corte dei conti e controlli regionali, cit.
(134) D. Morgante, Controlli della Corte dei conti e controlli regionali, cit.; G. Pitruzzella, Il controllo parlamentare della finanza
pubblica e il ruolo ausiliario della Corte dei conti, in <www.norma.dbi.it>.
(135) F. Albo, op. cit.; cfr. G. Fares, L’obbligo di copertura finanziaria delle leggi che costano: qualche spunto alla luce del contributo
offerto dalla Corte costituzionale, in Giur. cost., 2020, 50.
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PARTE I – DOTTRINA
Emerge, dunque, uno sforzo legislativo diretto al presidio pregnante della regolarità e trasparenza della finanza
territoriale, con il coinvolgimento in primo piano della Corte dei conti quale custode costituzionale della finanza pubblica allargata (136).
Da un punto di vista procedimentale, il controllo sin qui richiamato si svolge entro termini rigorosi e con una sequenza che prevede, da un lato, l’adozione di pronunce di accertamento da parte dell’organo di controllo e, dall’altro,
l’assunzione di provvedimenti correttivi di adeguamento da parte dell’ente (137).
Nella logica di una coerente e più compiuta definizione del quadro normativo dei controlli esterni sulle autonomie
territoriali, il d.l. n. 174/2012 ha inoltre inteso rafforzare gli strumenti per il coordinamento della finanza pubblica
adeguando, ai sensi degli artt. 28, 81, 97, 100 e 119 Cost., le forme di partecipazione della Corte dei conti al controllo
sulla gestione finanziaria delle regioni.
Nell’ambito delle garanzie ordinamentali dirette ad incrementare la circolazione delle informazioni utili al coordinamento tra i livelli di governo statale e regionale e ad assicurare il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, l’art. 1, c. 2, del decreto-legge citato, come introdotto dalla legge di conversione,
successivamente modificato dall’art. 33 del d.l. n. 91/2014, convertito in l. n. 116/2014, stabilisce che “annualmente le
sezioni regionali di controllo della Corte dei conti trasmettono ai consigli regionali una relazione sulla tipologia delle
coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali approvate nell’anno precedente e sulle tecniche di quantificazione
degli oneri”. Ai sensi del successivo comma 8, detta relazione deve essere trasmessa, altresì, alla “Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell’economia e delle finanze per le determinazioni di competenza”.
Con tale strumento di controllo referente, finalizzato a garantire l’effettivo coordinamento della finanza pubblica e
il rispetto del principio del pareggio di bilancio sancito dal novellato art. 81 Costituzione, la riforma mira, soprattutto,
ad arricchire il patrimonio conoscitivo dei consigli regionali su un tema, quello della copertura finanziaria e delle tecniche di quantificazione degli oneri previsti dalle leggi regionali, ad elevato tasso di tecnicismo finanziario-contabile.
Estendendo alle regioni l’ambito di applicazione di un istituto sinora modellato sulle caratteristiche della legislazione statale, la nuova attribuzione intestata alle sezioni regionali di controllo rappresenta il tentativo di dare maggiore
effettività al principio della copertura finanziaria sancito dal quarto comma dell’art. 81 della Costituzione (138), ai
sensi del quale ogni iniziativa legislativa regionale, per non compromettere la permanenza degli equilibri finanziari,
deve indicare le risorse necessarie a sostenere i nuovi o maggiori oneri che essa comporti.
Tale principio, direttamente applicabile non solo allo Stato ed alle regioni a statuto ordinario ma anche alle autonomie speciali (139), ha assunto maggior pregnanza alla luce del più generale principio dell’equilibrio di bilancio sancito
al nuovo primo comma dell’art. 81 Cost. ed esteso alle autonomie territoriali dal richiamo contenuto agli artt. 97 e 119
Cost.
Tale inquadramento implica la necessità di un maggior concorso degli enti regionali alla salvaguardia della stabilità
finanziaria dell’intero settore pubblico ed al perseguimento degli obiettivi nazionali condizionati da obblighi comunitari
che, per loro natura, eccedono le possibilità di intervento dei singoli livelli territoriali sub-statali.
Nell’ambito del processo di armonizzazione dei sistemi contabili (140) al fine di garantire l’attuazione di un più
coerente sistema di finanza pubblica, in grado di far convergere l’attività di programmazione delle amministrazioni
decentrate verso una comune determinazione degli obiettivi economici e finanziari da assumere a livello europeo e da
tradurre all’interno di una condivisa regolamentazione del Patto di stabilità interno (141), le regioni sono chiamate ad
(136) D. Morgante, I nuovi presidi della finanza regionale e il ruolo della Corte dei conti nel d.l. n. 174/2012, in <www.federalismi.it>,
9 gennaio 2013. Il ruolo assegnato della Corte si colloca così all’interno di una visione unitaria della finanza pubblica, tesa al superamento
della frammentazione espressa dal previgente sistema dei controlli posti a presidio della finanza territoriale, con un’articolata gamma di
strumenti di verifica e di monitoraggio finalizzati a garantire l’effettiva tutela degli equilibri economico-finanziari complessivi, l’osservanza degli obiettivi posti dal Patto di stabilità interno, la sostenibilità dell’indebitamento e, più in generale, la regolarità e l’efficienza
della gestione.
(137) Nell’ipotesi di mancata trasmissione dei provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità riscontrate e a ripristinare gli equilibri
di bilancio o, qualora lo scrutinio della magistratura contabile dia esito negativo, la relativa pronunzia dichiarativa può comportare effetti
preclusivi dell’attuazione di programmi di spesa per i quali sia stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria.
(138) Cfr. G. Fares, op. cit.; G. Rivosecchi, L’equilibrio di bilancio: dalla riforma costituzionale alla giustiziabilità, in <www.rivistaaic.it>, 3 settembre 2016.
(139) Corte cost. n. 247/2018, n. 1/2012, n. 213/2008, n. 359/2007.
(140) V. G. Luchena, Dalla compartecipazione regionale delle risorse statali alla compartecipazione statale delle risorse regionali:
“inversione” della finanza derivata e armonizzazione dei bilanci in funzione di coordinamento, in <www.rivistaaic.it>, 10 luglio 2019.
(141) La nuova attribuzione, intestata alle sezioni regionali di controllo, rappresenta il tentativo di dare maggiore effettività al principio
della copertura finanziaria sancito dal c. 4 dell’art. 81 Cost., ai sensi del quale ogni iniziativa legislativa regionale, per non compromettere
la permanenza degli equilibri finanziari, deve indicare le risorse necessarie a sostenere i nuovi o maggiori oneri che essa comporti.
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PARTE I – DOTTRINA
adeguare il proprio ordinamento ai principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica (142) espressi dalla
disciplina di attuazione dell’art. 81 Cost. (143).
L’esistenza di un’adeguata copertura degli oneri finanziari derivanti dalle leggi di spesa costituisce, dunque, il primo
presidio a tutela del successivo equilibrio di una gestione che deve prevenire ogni rischio di futuro scompenso. A tal
fine, l’adeguatezza della copertura deve riscontrarsi sia con riferimento ai criteri utilizzati per la quantificazione degli
oneri, sia con riferimento all’esistenza delle risorse necessarie per la loro copertura.
Nell’ambito degli strumenti predisposti dal legislatore a garanzia di un’effettiva copertura finanziaria delle leggi di
spesa, alle sezioni regionali è pertanto rimessa un’importante attività ausiliaria, avente ad oggetto un’azione di controllo
finalizzata ad intercettare e segnalare all’organo politico eventuali situazioni sistemiche o puntuali che potrebbero ripercuotersi negativamente sugli equilibri di bilancio.
7. Considerazioni conclusive: quali prospettive nella funzione ausiliaria della Corte dei conti nel rapporto con i poteri
locali?
La mancanza di un sistema organico dei controlli sugli enti locali, frutto di un ordinamento originariamente più
preoccupato a garantire la legittimità formale degli atti, anziché il controllo sulla funzionalità delle gestioni delle amministrazioni pubbliche ed in grado di assicurare il raggiungimento dei risultati attesi, ha favorito pratiche di maladministration, nonché fenomeni corruttivi degli amministratori del denaro pubblico (144).
Ad un certo punto, il sistema dei controlli del giudice contabile, sempre più condizionato dall’esigenza di garantire
l’equilibrio economico finanziario, è stato interessato da una doppia pressione, esterna e interna.
Diverse sono state ontologicamente le ragioni che hanno portato all’attuale assetto normativo.
Da un lato, l’evocata riforma costituzionale, che trae origine dal Fiscal compact, ha inteso far sì che anche i comuni,
le province, le città metropolitane e le regioni partecipino nell’assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari
derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea (art. 119 Cost.). Dall’altro lato, il d.l. n. 174/2012 ha inteso colpire i
gravi e reiterati episodi di corruzione e di mala gestio nell’impiego delle risorse pubbliche.
Il controllo della Corte dei conti sulle autonomie territoriali ha così mutato carattere dopo quest’ultimo provvedimento richiamato, in quanto sono state introdotte specifiche procedure, dalle quali possono derivare effetti coercitivi.
Resta, tuttavia, la perdurante vigenza del modello generale di controllo c.d. “collaborativo”, che consente di intervenire
sull’ente controllato senza commistioni con la sua attività, affidando le azioni correttive alle determinazioni dello stesso
(145).
Sebbene la coesistenza delle due funzioni sia un presidio alla efficacia dell’attività svolta dall’organo supremo del
controllo finanziario dello Stato, restano comunque importanti sia l’esigenza di evitare commistioni, sia quella che la
giurisdizione sia rivolta a perseguire i comportamenti individuali dai quali siano derivati danni erariali, senza giudicare
l’attività di controllo della stessa Corte, rischiando, in quest’ultimo caso, di far degradare a mera attività amministrativa
una funzione costituzionale.
In ogni caso, va evidenziato l’oggetto della tutela della giurisdizione contabile esercitata nella forma del controllo,
e cioè l’interesse pubblico alla corretta gestione delle risorse pubbliche, bene di importanza suprema e collegato all’intima natura democratica dello Stato costituzionale.
In tale panorama, il bilancio (146) rappresenta una sorta di cartina di tornasole dell’incidenza e dell’attuazione dei
principi che reggono la gestione delle risorse pubbliche; in altri termini, lo strumento normativo e amministrativo attraverso cui viene definita la relazione tra fini e mezzi (finanziari) di cui un ente dispone, la cui decisione deve quindi
essere conforme ad un sistema complesso di prescrizioni normative, talvolta di rango costituzionale, altre volte legislativo, o, ancora, di tipo amministrativo (147).
(142) I. Rivera, Il coordinamento della finanza pubblica tra riforma istituzionale e giurisprudenza costituzionale, cit.
(143) Contenuti, in particolare, nella legge “rinforzata” 24 dicembre 2012, n. 243, recante norme fondamentali relative alla legge di
bilancio e criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche
amministrazioni.
(144) Cfr. C. Sorbello, Il canone della trasparenza e la prevenzione dei fenomeni corruttivi nella dimensione europea e nazionale, in
I. Nicotra (a cura di), L’Autorità nazionale anticorruzione. Tra prevenzione e attività regolatoria, Torino, Giappichelli, 2016, 166 ss.
(145) Al controllo in ausilio degli enti si affianca qualche caso in cui possono manifestarsi effetti considerati lesivi, nei confronti dei
quali si è andata ad affermare la possibilità di impugnazione della decisione di controllo.
(146) Il bilancio è lo strumento normativo e amministrativo attraverso cui è assicurata l’effettività dei fini fissati a valle del processo
democratico, che si traduce in utilità di rilevanza giuridica (funzioni e servizi pubblici, diritti) e che, a livello procedimentale, consente di
verificare la “accountabiility” (Corte cost. n. 49/2018) dei propri rappresentanti in ordine alla realizzazione dei programmi che quei fini
realizzano (artt. 1 e 97 Cost.). In quest’ottica, come evidenziato dalla Corte costituzionale, il bilancio è un “bene pubblico”. Così Corte
cost. n. 18/2019, cit., sentenza ormai nota come “sentenza di San Valentino”, che ha chiuso il cerchio del lungo percorso interpretativo che
ha visto al centro, sul piano sostanziale, l’elaborazione del concetto del bilancio quale bene pubblico costituzionale a tutela anche delle
generazioni future, e, sul piano processuale, la riscoperta del ruolo della centralità della Corte dei conti nel sistema delle giurisdizioni (cfr.
anche Corte cost. n. 184/2016, nn. 80, 228 e 247/2017, cit., n. 49/2018, cit.).
(147) M. Fratini, Compendio di contabilità pubblica, Roma, NelDiritto, 2019, 396.
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In tale contesto, l’esigenza di tutela dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità del debito hanno profondamente
innovato il controllo esercitato dalla Corte dei conti sugli enti territoriali, che perde la sua tradizionale natura collaborativa e diviene più incisivo.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, a causa delle minori entrate derivanti dalla crisi economico-finanziaria e dei
minori trasferimenti statali, la maggioranza degli enti locali si trovano oggi in difficoltà nell’assicurare condizioni di
equilibrio finanziario.
Per tali ragioni, al fine di evitare il dissesto (e le gravi conseguenze per la comunità ed i creditori derivanti da tale
default), il legislatore è intervenuto per potenziare l’istituto del predissesto. Si pensi, ad esempio, alle previsioni di cui
all’art. 1, cc. 714 e 714-bis, l. 28 dicembre 2015, n. 2018, che hanno inteso rafforzare la possibilità di ricorrere alla
procedura di riequilibrio finanziario trattato nel par. 7 (148).
Infine, in tema di predissesto, va segnalata la possibilità di impugnare le pronunce delle sezioni regionali di controllo
dinanzi alle Sezioni riunite in speciale composizione, evidenziando il carattere lesivo delle stesse (149). L’attività della
magistratura contabile perde il suo ruolo ausiliario e collaborativo, e ciò in coerenza con la nuova architettura costituzionale.
L’ampia sindacabilità degli atti di controllo si traduce infatti in una chiara affermazione di prevalenza della funzione
giurisdizionale, alla quale spetta il giudizio non solo sul corretto svolgimento della procedura, ma anche sulle valutazioni espresse; da ciò deriva una delegittimazione della funzione, anche sul piano della inefficacia degli strumenti di
coordinamento (150).
***
(148) Il nuovo codice della giustizia contabile, di cui al d.lgs. n. 174/2016, ha organicamente disciplinato le Sezioni riunite in speciale
composizione. L’art. 11, c. 6, precisando che le Sezioni riunite in speciale composizione decidono sui giudizi in materia di piani di riequilibrio finanziario, ha definitivamente comportato il superamento della questione di giurisdizione che si era inizialmente presentata sugli
atti di controllo in materia di procedura di riequilibrio finanziario da cui scaturisce l’obbligo della dichiarazione di dissesto.
(149) Un esempio è rappresentato dal Comune di Catania, che ha presentato un ricorso avverso Corte conti, Sez. contr. reg. Siciliana,
4 maggio 2018, n. 153, che ha disposto la dichiarazione di dissesto finanziario dell’ente. L’appello è stato proposto alla Corte dei conti,
Sezioni riunite in speciale composizione. Nel ricorso l’amministrazione comunale ha fatto valere la circostanza che il piano del 2013 era
stato modificato più volte a seguito delle innovazioni legislative e che la deliberazione del consiglio comunale 19 settembre 2018, n. 27,
su iniziativa della giunta del nuovo sindaco, aveva apportato i correttivi richiesti sempre dalla Corte dei conti siciliana. Le Sezioni riunite
della Corte dei conti in speciale composizione hanno respinto (sent. 20 dicembre 2018, n. 32) il ricorso, nel merito hanno rilevando che “la
situazione finanziaria del comune non avrebbe consentito una diversa soluzione, poiché la stessa si è talmente aggravata da non rendere
possibile il risanamento” stante che “gli esercizi successivi all’adozione del piano di riequilibrio sono stati caratterizzati da un peggioramento del disavanzo di amministrazione, documentato dai rendiconti approvati”.
(150) Sul punto, v. P. Santoro, La deriva giustizialista del controllo, cit.; R. Scalia, La giustiziabilità delle decisioni assunte dalle
sezioni regionali nell’area della legittimità regolarità della gestione finanziario contabile, in <www.federalismi.it>, 28 giugno 2017.
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