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Presentazione del convegno "Forma critica"

APERTURA CONVEGNO Buongiorno e benvenuti al convegno “Forma critica”. Prima di dare inizio ai lavori di questo convegno, vorrei introdurre il progetto che vi sta alla base e di cui il convegno si configura come una tappa. L’idea di una riflessione sulle forme adottate dalla critica letteraria contemporanea nasce lo scorso autunno al termine di un seminario interdisciplinare organizzato all’interno della Scuola di Dottorato: rispetto alle precedenti lezioni di didattica, il seminario in questione, dedicato alle “Persistenze del classico nelle letteratura moderne”, aveva il merito di adottare un impianto dialogico non solo tra relatore e uditori ma anche tra uditori. Per la prima volta, noi dottorandi abbiamo avuto modo di interrogarci e di far emergere domande di senso sul nostro lavoro, sul percorso di studi terminato e su quello che avevamo appena intrapreso. Il dibattito emerso in sede seminariale ha portato all’organizzazione di due eventi significativi da un punto di vista formativo: da un lato un secondo seminario interdisciplinare, “I metodi della critica. La critica dei metodi”, dall’altro questo convegno. Il comitato scientifico da cui questa iniziativa prende avvio è composto prevalentemente da dottorandi provenienti da diversi ambiti disciplinari (Italianisti, Ispanisti, Anglisti). All’inizio di questo percorso poche erano le idee chiare e condivise da tutto il gruppo, ma vi era il sentire comune di interrogarsi sul ruolo della critica in un momento storico in cui non solo alle Scienze Umane, accusate di essere uno studio elitario, vengono sottratte sempre più risorse ma anche perché lo stesso sistema dialogico, alla base delle nostre discipline, sembra essere superato dall’immediatezza comunicativa dei mass – media. Il titolo del convegno “Forma critica. Nuove prospettive per gli studi letterari degli anni Zero” sottolinea due focus che ci proponiamo di analizzare, da un lato la “critica” dall’altro “gli anni Zero”. Inizialmente avevamo pensato ad un tema molto più ampio ovvero ad uno studio sulla contemporaneità in senso lato (poesia, prosa e critica) tuttavia la scelta di approfondire solo uno di questi aspetti non deve essere vista come un ridimensionamento del progetto bensì nasce dall’ipotesi, espressa da Ceserani in Raccontare la letteratura, che la forma adottata per fare critica si configuri come il prodotto di un’epoca: il testo di Ceserani, pubblicato negli anni Novanta, terminava con l’analisi dello strutturalismo linguistico e semiotico degli anni Sessanta, con Lotman, Uspenskij, Jameson e con gli studi tassiani di Enrico De Angelis. Anche alla luce di questo, l’idea di sondare la contemporaneità ci appariva ancora di più come sfida per mettere alla prova i saperi fino ad ora acquisiti da noi giovani studiosi e per verificare se gli strumenti di cui ci stiamo servendo per lo svolgimento delle nostre ricerche possano essere applicati ad un campo di indagine non ancora codificato. Il confronto con il contesto contemporaneo ci ha portati ad ipotizzare come dinanzi alla perdita dell’autorità e della legittimità della voce dell’intellettuale la critica contemporanea stesse cercando di trovare nuove forme di espressione che le permettessero sia di inserirsi in circuiti divulgativi non settoriali che di riflettere sui parametri di valutazione e di scientificità all’interno del discorso accademico. Se, nel corso del Novecento il saggio è stato canonizzato come strumento della critica in quanto capace, più del trattato e del commento, di costruire un dialogo tra riflessione individuale e comunità ermeneutica, a partire dagli anni Zero, la forma sembra essere al centro di una ricerca stilistica tesa a rendere la critica comprensibile non solo all’interno dell’ambito accademico ma anche ad un pubblico non specialistico. Queste esigenze hanno dato vita da un lato alla creazione di nuovi “spazi di incontro”, virtuali e non, dall’altro all’adozione di scritture narrative e poetiche ibride, più godibili e fruibili. Il termine “forma” deve essere inteso quindi in senso ampio, ovvero come insieme di procedure retoriche di cui il critico si serve per dare forza argomentativa e discorsiva al suo testo. Il risultato della riflessione portata avanti all’interno del comitato trova una sua rifrazione nel logo utilizzato per la locandina del convegno: il 9 febbraio del 1915, Apollinaire in una lettera a Madaleine scrive «Mi guardo in questo specchio ed è te che vedo, te, mia Lou che mi assomigli come il riflesso inverso della mia anima»; le parole del testo poetico sono disposte a formare la cornice dello specchio, mentre la parte centrale della pagina è lasciata bianca. In queste parole d’amore che il poeta rivolge alla propria amata, noi abbiamo visto l’allegoria del senso degli studi umanistici: la letteratura, così come lo specchio, offre della realtà non un’immagine mimetica bensì una rappresentazione che è prima di tutto falsificazione; ma è proprio questa falsificazione che ci porta a guardare al mondo da un altro punto di vista, a comprendere la complessità e l’ambivalenza dei rapporti fondativi della realtà così che la parola diventa una costruzione di spazio all’interno della quale riflettersi per riflettere. Come da programma, le giornate del convegno saranno tre e in ciascuna di esse la discussione verterà su un aspetto diverso: la giornata di oggi, il cui titolo è “la forma critica tra innovazione e tradizione”, avrà come obiettivo quello di indagare le forme praticate dalla critica con particolare attenzione agli aspetti innovativi ma anche alla persistenza di quelli tradizionali. Al termine della sessione pomeridiana, si terrà un dialogo con il prof. Marco Santagata sul suo lavoro di critico letterario e, a seguire, la tavola rotonda che vedrà come ospiti, oltre che a Marco Santagata, Guido Baldassarri, Pier Vincenzo Mengaldo, Giulio Mozzi e Filippo La Porta. Domani il tema sarà “il rapporto con i nuovi media e il pubblico 2.0”, mentre il terzo giorno sarà dedicato alla interdisciplinarità e comparativismo. Chiudo questa mia presentazione con un ringraziamento all’Ateneo, alla Scuola di Dottorato, al DISLL, ai docenti del comitato scientifico per aver creduto nel nostro progetto. Ringrazio anche chi ha deciso di partecipare, docenti, studenti e dottorandi, in particolare do il benvenuto a quelli del XXX ciclo sperando che questa sia un occasione per conoscerci. Invito a tutti a partecipare e a prendere la parola non solo negli spazi riservati alle domande tra una sessione all’altra ma anche alla tavola rotonda. Di norma, nei convegni la tavola rotonda è una e si colloca alla fine dei lavori, noi invece crediamo nella necessità di fare critica in modo dialogico, facendo interagire i sapere e i punti di vista; di far emergere le nostre diversità e le nostre difficoltà di studiosi in formazione, tanto più in una contingenza storica in cui il percorso formativo è sempre più parcellizzato, frammentario e precario.