Papers by Giusi Venuti
Luisella Battaglia ha messo in luce quanto sia ancora lunga la strada da percorrere affinche si g... more Luisella Battaglia ha messo in luce quanto sia ancora lunga la strada da percorrere affinche si giunga ad un’autentica etica del riconoscimento animale, la difficolta maggiore - e la studiosa a sottolinearlo - starebbe nell’imparare a trattare l’animale proprio come animale valorizzandone cioe la diversita. Ma perche tanta difficolta? Forse poteva essere complicato anni fa quando si credeva che gli animali fossero minori e quindi schiavi perche cognitivamente inferiori all’uomo, ma oggi?
Intenzioni Intento del saggio è quello di riprendere le già note teorie sull'etica della cura per... more Intenzioni Intento del saggio è quello di riprendere le già note teorie sull'etica della cura per metterle in reazione chimica con la realtà della medicina del nostro tempo e con la necessità, da più parti invocata, di umanizzazione della stessa. Allo stato attuale i continui richiami non sembrano altro che dei desiderata personali incapaci di tenere conto della complessità dell'atto di cura. È come se il fossato tra i teorici che spiegano cos'è cura e gli addetti ai lavori che poi operano all'interno della sanità fosse sempre più ampio. Per questo motivo ritengo utile richiamare brevemente alcuni passaggi teorici, soffermandomi sui quei nodi cruciali che rendono la questione della cura una faccenda davvero complessa non risolvibile aggiungendo un po' filosofia all'atto medico. Almeno questa è l'indicazione di Viktor von Weizsäcker-padre della medicina psicosomatica – a cui mi richiamo per mostrare come, dalla sua indagine sugli stessi temi, sia possibile trarre nuova linfa in vista di un approfondimento più serio di ciò che le medical humanities avanzano come novità. Cura. Una nuova parola d'ordine (o la necessità di diventare uomini decenti?)
Claude Bernard I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di pensiero che li ha ge... more Claude Bernard I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di pensiero che li ha generati.
Il paziente, il medico e l'arte della cura Marianna Gensabella ( a cura di) Rubbettino
La vita umana è breve ma io vorrei vivere per sempre. (Yukio Mishima) Due occhi azzurri che si st... more La vita umana è breve ma io vorrei vivere per sempre. (Yukio Mishima) Due occhi azzurri che si stagliano sul mondo con l'imponenza, la durezza e la luminosità di un iceberg; la fierezza di chi sa cosa vuol dire lottare e faticare per trarre da una terra arida e nera dei blocchi di alabastro bianco; l'amarezza di chi, nonostante tutto, in questa terra, è rimasto; il risentimento e la stanchezza di chi non si è piegato alle logiche di morte, e, tuttavia, la potenza erotica di chi, ancora, nutre il desiderio di dire e di dare qualcosa di sé, di spargere il proprio seme, di farlo vivere oltre il proprio tempo, lasciando che fluttui nell'infinità dell'universo. Basterebbero, forse, queste poche righe a descrivere il percorso di ricerca che contraddistingue l'arte di Sara Teresano. Nessuna retorica, niente sofisticazioni. Solo lavoro a servizio di un'idea: non siamo altro che frammenti, impalpabili come gocce d'acqua, sempre esposti ed in bilico come su una lama d'acciaio, vulnerabili e soggetti all'aggressione di virus che possono, repentinamente, trasmutare la nostra forma e la nostra sostanza. Non siamo altro -come i libri sapienziali ci rammentano -che terra destinata a tornare alla terra. Eppure, come sospinta da un nuovo umanesimo, Sara sembra dirci che siamo sì terra, ma terra bianca, luminosa, capace, se lo si desidera, di risplendere e di far risplendere, materia che può diventare ogni cosa a patto, però, che sapendosi come un nulla infinitesimale, deponga le armi del potere e della soppressione del diverso e accetti di stare in un equilibrio precario. "Nulla sei -scriveva Pico della Mirandola -ma tutto puoi diventare". Siamo niente più che un aggregato di cellule, un puro ammasso di neuronicome l'anima scientifica di Sara evidenzia in alcune sculture -eppure, a differenza delle cellule, possiamo dire: Io. Possiamo pensare, vivere, amare, giocare, come se fossimo della "stessa sostanza di cui sono fatti i sogni". Da dove questa capacità? Che cosa possiamo diventare visto che siamo nulla? Ha poi senso voler diventare qualcuno, voler dire qualcosa in un tempo che, come il nostro, è segnato dalla barbarie e in una terra che, come la nostra, continua a misconoscere il valore eccedente dell'arte? La risposta, sembra dirci Sara, non viene dalla potenza della mente/cervello, non viene dal senso di auto-efficacia, certo quello è necessario ma è, suo
Sara Longo, Davide Miccione (a cura di) Atti Vivere con filosofia . La consulenza come pratica (... more Sara Longo, Davide Miccione (a cura di) Atti Vivere con filosofia . La consulenza come pratica (da lei curato in collaborazione con Davide Miccione, Bonanno Editore, Acireale-Roma 2006
Rendere conto della pluralità di voci che animano questo libro non è semplice, né, forse, auspica... more Rendere conto della pluralità di voci che animano questo libro non è semplice, né, forse, auspicabile per una recensione che, come questa, si preoccupa di indagare non tanto il contenuto dei singoli contributi, quanto il senso che, tutti, li orienta. Si potrebbe, allora, iniziare soffermandosi sul titolo che, a detta di Luisa Muraro, non è casuale perché nasce dal ripensamento di una formula di Carla Lonzi che nel saggio del 1971, Sputiamo su Hegel, così scriveva: "La differenza della donna sono millenni di assenza dalla storia. Approfittiamo della differenza!". Per le donne della Comunità di Diotima, approfittare della differenza significa provare a guardare l'essere donna non come un'ingiustizia da correggere, né come un difetto di continuità, ma come una storicità originale perché intermittente, carsica. Approfittare dell'assenza diventa una "postura mentale, un fatto interno e accettato". A ben guardare, però, di questa accettazione, il verbo 'approfittare' sembra dire poco o nulla. In prima battuta esso rimanda, infatti, ad un avido desiderio di rivalsa e di riabilitazione. 'Approfitta' chi vuol prendere vantaggio da una situazione che fino a poco tempo prima era stata svantaggiosa, chi, per difendersi, vuol sovvertire e creare un'alternativa. Nell'approfittare si percepisce così, un fondo oscuro, un che di offensivo e di cattivo (nel senso di captivus, prigioniero). Il lettore attento viene, allora, immediatamente indotto a porsi una serie di domande: perché è stato usato proprio questo verbo e non un altro? Perché si continua a tenere come riferimento teorico un pensiero che sembra dire, ormai, poco del nostro tempo? E perché si resta in tale ambiguità, se ciò che si desidera e di cui si vuol discutere è del tutto legittimo? Il libro appare interamente giocato, sul doppio registro del detto e del non detto. Da una parte, ciò che tutte queste donne dicono è che bisogna pensare positivamente alla differenza sessuale come ad una risorsa, senza sensi di colpa, mettendo a frutto quel desiderio di cura che in quanto donne le costuisce e le distingue dal maschile bisogno di giustizia; dall'altra, ciò che non dicono, ma che si avverte dall'asprezza dei toni e dalla continua insistenza sulla misoginia dei filosofi della tradizione occidentale, è la paura che quella tradizione, che le ha sempre escluse e 'messe sotto', continui ad esercitare violenza rendendole, ancora una volta, prigioniere (captivae). Già nell'Introduzione Luisa Muraro conferma quest'impressione dicendo che nel testo c'è una contraddizione data dal rapporto con l'eredità culturale che sembra lacerata tra la riconoscenza e la voglia di tradimento. "In realtà -continua l'autrice -forse la contraddizione non è grave, o non tanto quanto il bisogno di risolvere un conflitto interno di dipendenza/indipendenza, appartenenza/estraneità." Questa contraddizione è presente, in modo più o meno accentuato, in tutti i saggi. Dando ascolto alle varie voci, si coglie, infatti, un sincero e profondo desiderio di dilatare gli orizzonti, di pensare, oltre e altrimenti, una storia che, voluta e architettata dagli uomini, non ha mai lasciato spazio alle pratiche femminili, perché le ha sempre misurate secondo la categoria della quantità e mai della qualità. È una storia che si è auto-potenziata perché si è costituta attraverso un'appropriazione indebita dell'originel'idea del cominciamento assoluto a partire da una tabula rasa -e che, così facendo, l'ha, di fatto, negata. Per Wanda Tommasi, questo desiderio deve essere, però, accompagnato dalla categorica necessità di sbarazzarsi di una 'tradizione ormai in rovina' che non ha più niente da dire. È così che pensare, dire e praticare la differenza significa, tentare di sciogliere questo conflitto, 'farlo lavorare' all'interno senza, tuttavia, ri-solverlo, portando avanti l'idea che l'essere delle donne non sia tenuto a
nota critica personale Pietro mantilla
Rinuncia alle cure e testamento biologico
Giappichelli 2009
La comunicazione della salute. Un manuale
Raffaello Cortina 2009
AA.VV. Il bene salute, Marianna Gensabella (a cura di) Rubbettino 2012
Debili postille. Lettere a Carmelo Vigna, Paolo Pagani (cur.)
È questa una raccolta di lettere fi... more Debili postille. Lettere a Carmelo Vigna, Paolo Pagani (cur.)
È questa una raccolta di lettere filosofiche indirizzate a Carmelo Vigna dai suoi allievi per proseguire la discussione sui molteplici aspetti della sua proposta teorica, che spazia dalle indagini di ontologia e metafisica, a quelle di epistemologia e antropologia filosofica, fino alle ricerche di etica fondamentale e applicata. Non si tratta dunque di scritti rivolti a tematiche più o meno vicine a quelle coltivate da Vigna e semplicemente offerti a lui, bensì di dialoghi vivi che invitano il lettore a partecipare alla riflessione in atto, consentendogli di incontrare il laboratorio filosofico che Carmelo Vigna ha saputo creare all’Università Ca’ Foscari di Venezia nei quarant’anni del suo insegnamento. Queste lettere, nella loro differenza di tema, di piglio e di stile, sono anche, nel loro complesso, una meditazione sul tramandare e sul ricevere in eredità: tramandare e ricevere un sapere, ma anche il desiderio di dedicarsi ad esso riuscendo a tenere insieme sia l’amore per la cosa sia la spregiudicatezza nell’interrogarla, sia la singolarità del proprio sentiero, sia i legami con coloro grazie a cui è possibile tracciarlo e seguirlo. E tra costoro, Vigna è il primo: ogni lettera lo testimonia. Ecco dunque il senso del titolo “dantesco”: poiché Carmelo Vigna non ha mai cercato nel volto degli allievi e delle allieve lo specchio in cui ammirarsi, allora ciò che in queste debili postille si riflette è anche la pluralità delle personalità e dei profili che egli ha accolto intorno a sé e cresciuto.
Orthotes 2012
Phronesis, Semestrale di filosofia,
consulenza e pratiche filosofiche
Anno VIII, numero 14-15, ap... more Phronesis, Semestrale di filosofia,
consulenza e pratiche filosofiche
Anno VIII, numero 14-15, aprile-ottobre 2010
Maldynia: Multidisciplinary Perspectives on the Illness of Chronic Pain
James Giordano 2010
La società contemporanea ha negato, espunto la mortalità, la morte, il lutto, e tutto quanto circ... more La società contemporanea ha negato, espunto la mortalità, la morte, il lutto, e tutto quanto circonda il processo dell'umano morire. Questo è ormai un luogo comune. Oggi la filosofia delle cure palliative tenta di apportare dei correttivi in grado di affrontare il disagio e la sofferenza degli individui, della società, e della stessa medicina, che l'approccio ricusante ha causato e causa. É utile tuttavia cercare di comprendere come e quando si è manifestato tale fenomeno di negazione della morte, prima di provare a immaginare processi culturali capaci di inventare una cultura della morte e un culto dei defunti adeguati alla società nella quale viviamo. Come l'egittologo JanAssmann (2002) 1 ha scritto, e molti antropologi hanno evidenziato, nessuna cultura ha mai potuto ignorare la morte. La scomparsa di un uomo ha sempre procurato nel tessuto sociale una ferita che ogni collettività ha dovuto lenire, medicare. Rispondere alla morte con riti collettivi ha infatti, innanzitutto, la funzione di riaffermare che la vita continua nonostante la morte: non a caso spesso i riti funebri contengono in sé riferimenti alla fertilità e alla terra come nutrice.
Musicoterapia in oncologia e nelle cure palliative. Prendersi cura dell'altro con uno sguardo sistemico-complesso
Autori e curatori Paolo Cerlati , Francesca Crivelli
Franco Angeli 2015
Vedere la disabilità
Per una prospettiva umanistica A cura di Marianna Gensabella Furnari
Collana... more Vedere la disabilità
Per una prospettiva umanistica A cura di Marianna Gensabella Furnari
Collana: Bioetica
Anno: 2015
Quando sei nato non puoi più nasconderti (M.P. Ottieri) Esordire dicendo che c'è una profonda cri... more Quando sei nato non puoi più nasconderti (M.P. Ottieri) Esordire dicendo che c'è una profonda crisi dell'etica non solo non è ben augurale, ma non è neanche una novità. Tuttavia la condizione stessa del pensare è quella di provare a vedere Direttore: Giorgio Bert come stanno le cose, di sezionarle chirurgicamente, cercando, poi, di rimetterle insieme (in qualche modo) così che altri abbiano, quanto meno, una base per proseguire nella ricerca. Di fatto, ormai da quasi un secolo, a questa ricomposizione nessuno ci bada più e, nel nome della decostruzione ad ogni costo, non solo non è rimasto più nulla da osservare, ma sembra che si sia anche smarrito il senso di quel dialettico andirivieni dal particolare all'universale con cui gli scienziati conducevano il loro lavoro. Un lavoro sempre teso e orientato ad una ricerca complessa perché ricca di elementi e non perché complicata dall'incapacità di tenere insieme le dissonanze. La modernità puritana ha visto in questa tensione creativa, solo, un atteggiamento faustiano, demoniaco che non può che votarsi al male, alla tensione egocentrica, ad una hybris che isola lo scienziato nel suo laboratorio e che lo fa agire, solo, in nome di un sapere che è potere. Si è quindi optato per un'etica debole in cui ciascuno si limita a coltivare "il proprio giardino" (chi ce l'ha!) e a nominare questo atteggiamento difensivo (nei confronti del mondo da conoscere e degli altri che quel mondo abitano) con l'espressione: umiltà decostruente. Se la hybris isola perchè solleva, l'umiltà -così intesa -isola perché mantiene a terra e a debita distanza. L'isolamento, però, resta. Ora, sappiamo tutti che storicamente è successo che molti scienziati geniali si sono, davvero, rinchiusi in atteggiamenti narcisistici, autoreferenziali e violenti, tuttavia, vorrei far notare che questo è solo un aspetto della cosa, perchè come ho detto, anche l'umiltà preventiva, frutto dell'Io minimo descritto da C. Lasch può diventare (come'è diventata) cattiva perché prigioniera della propria sterilità. L'indagine etica è, purtroppo, ancora penalizzata da questi atteggiamenti manichei che si innestano su presupposti sconosciuti (spesso chi scrive teorie di etica o non sa ciò di cui sta parlando perché per non si rende conto (gewähren) del lavoro dello scienziato, o semplifica e, secondo la modalità del gioco erudito, tira fuori dalla cassetta degli attrezzi lo scavo etimologico della parola, come se per agire in vista del
Conference Presentations by Giusi Venuti
9 ottobre 2012, ore 9.30 Università degli Studi di Pavia Aule 400 e Disegno ore 14 - Cogit-Azioni... more 9 ottobre 2012, ore 9.30 Università degli Studi di Pavia Aule 400 e Disegno ore 14 - Cogit-Azioni, una proposta per la bioetica.
Uploads
Papers by Giusi Venuti
È questa una raccolta di lettere filosofiche indirizzate a Carmelo Vigna dai suoi allievi per proseguire la discussione sui molteplici aspetti della sua proposta teorica, che spazia dalle indagini di ontologia e metafisica, a quelle di epistemologia e antropologia filosofica, fino alle ricerche di etica fondamentale e applicata. Non si tratta dunque di scritti rivolti a tematiche più o meno vicine a quelle coltivate da Vigna e semplicemente offerti a lui, bensì di dialoghi vivi che invitano il lettore a partecipare alla riflessione in atto, consentendogli di incontrare il laboratorio filosofico che Carmelo Vigna ha saputo creare all’Università Ca’ Foscari di Venezia nei quarant’anni del suo insegnamento. Queste lettere, nella loro differenza di tema, di piglio e di stile, sono anche, nel loro complesso, una meditazione sul tramandare e sul ricevere in eredità: tramandare e ricevere un sapere, ma anche il desiderio di dedicarsi ad esso riuscendo a tenere insieme sia l’amore per la cosa sia la spregiudicatezza nell’interrogarla, sia la singolarità del proprio sentiero, sia i legami con coloro grazie a cui è possibile tracciarlo e seguirlo. E tra costoro, Vigna è il primo: ogni lettera lo testimonia. Ecco dunque il senso del titolo “dantesco”: poiché Carmelo Vigna non ha mai cercato nel volto degli allievi e delle allieve lo specchio in cui ammirarsi, allora ciò che in queste debili postille si riflette è anche la pluralità delle personalità e dei profili che egli ha accolto intorno a sé e cresciuto.
Orthotes 2012
consulenza e pratiche filosofiche
Anno VIII, numero 14-15, aprile-ottobre 2010
Musicoterapia in oncologia e nelle cure palliative. Prendersi cura dell'altro con uno sguardo sistemico-complesso
Autori e curatori Paolo Cerlati , Francesca Crivelli
Franco Angeli 2015
Per una prospettiva umanistica A cura di Marianna Gensabella Furnari
Collana: Bioetica
Anno: 2015
Conference Presentations by Giusi Venuti
È questa una raccolta di lettere filosofiche indirizzate a Carmelo Vigna dai suoi allievi per proseguire la discussione sui molteplici aspetti della sua proposta teorica, che spazia dalle indagini di ontologia e metafisica, a quelle di epistemologia e antropologia filosofica, fino alle ricerche di etica fondamentale e applicata. Non si tratta dunque di scritti rivolti a tematiche più o meno vicine a quelle coltivate da Vigna e semplicemente offerti a lui, bensì di dialoghi vivi che invitano il lettore a partecipare alla riflessione in atto, consentendogli di incontrare il laboratorio filosofico che Carmelo Vigna ha saputo creare all’Università Ca’ Foscari di Venezia nei quarant’anni del suo insegnamento. Queste lettere, nella loro differenza di tema, di piglio e di stile, sono anche, nel loro complesso, una meditazione sul tramandare e sul ricevere in eredità: tramandare e ricevere un sapere, ma anche il desiderio di dedicarsi ad esso riuscendo a tenere insieme sia l’amore per la cosa sia la spregiudicatezza nell’interrogarla, sia la singolarità del proprio sentiero, sia i legami con coloro grazie a cui è possibile tracciarlo e seguirlo. E tra costoro, Vigna è il primo: ogni lettera lo testimonia. Ecco dunque il senso del titolo “dantesco”: poiché Carmelo Vigna non ha mai cercato nel volto degli allievi e delle allieve lo specchio in cui ammirarsi, allora ciò che in queste debili postille si riflette è anche la pluralità delle personalità e dei profili che egli ha accolto intorno a sé e cresciuto.
Orthotes 2012
consulenza e pratiche filosofiche
Anno VIII, numero 14-15, aprile-ottobre 2010
Musicoterapia in oncologia e nelle cure palliative. Prendersi cura dell'altro con uno sguardo sistemico-complesso
Autori e curatori Paolo Cerlati , Francesca Crivelli
Franco Angeli 2015
Per una prospettiva umanistica A cura di Marianna Gensabella Furnari
Collana: Bioetica
Anno: 2015
Da studi di settore emerge chiaramente come ci sia una carenza concettuale non solo rispetto ciò che è relazione, ma anche sul come possa darsi un’etica della relazione. Ciò significa che la crisi non dipende solo da carenze emotive o cognitive delle soggettività coinvolte, ma che ad essere critica è proprio la struttura stessa della relazione. Secondo i dati scientifici acquisiti, ciò sembrerebbe dipendere dal fatto che per troppo tempo si è pensato alla relazione come un’ aggiunta posticcia al modello culturale del self made man e della one best way. Se il singolo è tutto e può tutto la relazione non è niente, oppure è trama economica che consente di avere di più, lasciando inalterato l’essere. Ora, se questi studi di settore devono essere accolti, quello che propongo non può che essere un progetto di ricerca continua e di formazione in cui si lavori contestualmente alla precisazione epistemologica dei temi trattati e all’affinamento delle sensibilità coinvolte.
Il metodo adottato è la consapevolezza della via sulla quale, tutti, siamo e che tutti siamo chiamati a percorrere se, davvero, vogliamo diventare virtuosi.
Grande confusione regna, infatti, tra etica e morale. Su questo punto ci soffermiamo con analisi e approfondimento di alcuni classici del pensiero. Aristotele in primis. I teorici dell’etica del riconoscimento (Ricoeur, Honnett, Taylor, Vigna) a seguire.
L’ipotesi è che se non ci accordiamo sulle premesse teoriche non è possibile ottenere risultati innovativi dal punto di vista dell’applicazione. Bisogna ristabilire una positiva circolarità tra la teoria complessa e la pratica buona.
Annamaria Testa
La morte è un mistero. Come la nascita.
Forse per questo - quando siamo in situazione- restiamo nell'imbarazzo dello sguardo e facciamo fatica a trovare parole nonostante "ne abbiamo viste tante". Il punto è che abbiamo visto altri morire, ma di quel punto interrogativo che noi stessi siamo, e più a fondo - della mia morte in quanto (...) Giusi Venuti nata a Messina il 05.11.75 - non mi è dato sapere alcunchè ... solo immaginare. Immaginare che vorrei concludere il mio transito sotto lo sguardo di coloro con cui ho trascorso i giorni, le notti, i pomeriggi piovosi e le giornate estive e le domeniche interminabili. Vorrei poter salutare e ringraziare e chiedere scusa per le mancanze e le incomprensioni così da lasciare tutti e tutto a cuor leggero ... ma la Vita aggira le nostre disposizioni anticipate e ci mette alla prova dell'imprevisto, dell'accidentale, del repentino, di ciò che accade senza un perchè.
Nel frattempo, in forza di questi vorrei futuri, con la scienza acquisita e la coscienza di ciò che posso nel qui e ora della vita che mi è toccata in sorte, organizzo incontri di studio perchè i luoghi di cura che abitiamo e gli operatori della salute che in quei luoghi investono la loro vita siano progressivamente informati da questi desiderata e formati attraverso pratiche filosofiche profondamente trasformative. Mi sembra questo un modo possibile per diventare soggetti liberi perchè liberati dalla scarsa lungimiranza di una scienza medica che da molto tempo e per diverse ragioni ha smesso di guardare alle persone come a delle unità sintetiche di mente-corpo-cuore e che, lasciandosi sedurre da tecniche sempre più sofisticate, ha smarrito il senso del mistero e che si è ridotta, di fatto, a procedura contrattuale ordinata dal consenso libero e informato. Quando va bene.
Il punto è che spesso non va bene e che l'impreparazione di tutti la fa da padrone e ci intrappola in paure che implicano scelte sbagliate con costi sociali alti e spesso socialmente ingiusti.
Allora qui può venire in soccorso l'utile inutilità della filosofia finchè la lasciamo essere niente più di quello che è: sapere necessario di ciò che è necessario sapere. Per quale ragione? Per amore di sè e di quei molti altri che vivono nel mondo. E chissà che - esercitandosi a morire giorno dopo giorno - qualcuno di quei desideri non divenga realtà concreta, vita innervata di senso da maneggiare con cura.
Giusi Venuti