Thesis Chapters by Andrea Di Lenardo
La fine dei giudeocristiani 4 Epilogo Appendici 1 Tavola cronologica 2 Re-sacerdoti maccabei 3 Re... more La fine dei giudeocristiani 4 Epilogo Appendici 1 Tavola cronologica 2 Re-sacerdoti maccabei 3 Re, etnarchi e tetrarchi erodiani 4 Governatori romani 5 Imperatori romani 6 Sommi sacerdoti del Tempio di Gerusalemme 7 Vescovi giudeocristiani di Gerusalemme 8 Traslitterazione impiegata per le lettere ebraiche Bibliografia 1 Fonti primarie Bibbia Apocrifi dell'Antico e del Nuovo Testamento Rotoli del mar Morto Fonti antiche non cristiane Patristica e altre fonti cristiane Letteratura ebraica 2 Fonti secondarie Articoli Libri Ringraziamenti 273 APPENDICI 1 Tavola cronologica a.C. Conquista di Gerusalemme per opera di Nabucodonosor di Babilonia; i notabili giudei vengono deportati a Bablonia. 559-332 a.C. La Palestina è sotto il governo persiano. 538 a.C. Inizio del ritorno dall'esilio di Babilonia a Gerusalemme. 520-515 a.C. Ricostruzione del Tempio. 333-332 a.C. Conquista della Palestina per opera di Alessandro (III) Magno di Macedonia. 300-198 a.C. ca. Palestina sotto i Tolomeo d'Egitto. 198-142 a.C. Palestina sotto i Seleucidi di Siria. 167 a.C. Profanazione del Tempio; inizio della rivolta asmonea (maccabaica). 166-142 a.C. Lotta asmonea per la piena autonomia. 142-37 a.C. Periodo asmoneo. 63 a.C. Conquista della Giudea da parte di Gneo Pompeo Magno. 63-40 a.C. Ircano II sommo sacerdote di Gerusalemme ed etnarca. 40-37 a.C. Antigono sommo sacerdote di Gerusalemme e re. 37-4 a.C. Regno di Erode I il Grande. 31 a.C. Battaglia di Azio: Ottaviano sconfigge Marco Antonio e Cleopatra VII; Ottaviano (il futuro Augusto) governa solo sull'impero. 4 a.C.-6 d.C. Archelao etnarca, governatore di Giudea. 4 a.C.-39 d.C. Antipa tetrarca, governatore di Galilea e Perea. 7-4 a.C. ca. Nascita di Gesù 1110. 6-41 d.C. La Giudea è governata da un praefectus romano. 14 d.C. Morte di Augusto; gli succede Tiberio. 18-36 d.C. ca. Giuseppe (Caifa) ben Qaiafa sommo sacerdote di Gerusalemme. 26-36 d.C. Ponzio Pilato prefetto di Giudea. 30 1111-36 d.C. ca. Crocifissione di Gesù. 37 d.C. Morte di Tiberio; gli succede Gaio (Caligola). 41 d.C. Morte di Caligola; gli succede Claudio. 41-44 d.C. Agrippa I governa con il titolo di re sul regno che era stato di Erode I. 44-66 d.C. Giudea, Samari e parte della Galilea governate da procuratori romani. 48-66 d.C. Agrippa II, figlio di Agrippa I, conquista un pezzo alla volta il regno paterno. 66-73 (o 74 1112) d.C. Guerra giudaica o I rivolta giudaica contro Roma. 70 d.C. Caduta di Gerusalemme; distruzione del Tempio 1113. 2 Re-sacerdoti maccabei Matatia, 167-166 a.C.
Buddhist-Christian Studies, 2021
Abstract della tesi di laurea magistrale in Scienze dell'antichità: archeologia, storia, letterat... more Abstract della tesi di laurea magistrale in Scienze dell'antichità: archeologia, storia, letterature, curriculum archeologico, interateneo presso l'Università degli Studi di Udine (sede principale) e l'Università degli Studi di Trieste, tesi dal titolo "A Cesare quel che è di Cesare. Gesù, gesuani e gruppi politici giudaici di I secolo d.C." (pagg. 303) di Andrea Di Lenardo; relatrice: prof.ssa Emanuela Colombi; data di discussione e di laurea magistrale: 06.07.2021.
Papers by Andrea Di Lenardo
Buddhist-Christian Studies, 2023
In this essay, the concept of apocalypse, understood as the "end of the world," will be examined ... more In this essay, the concept of apocalypse, understood as the "end of the world," will be examined within the context of ancient Buddhism and Christianity. The study will focus on the genealogy and use of expressions such as lokanta, lokassa antaṃ, and lokassa atthaṅgama, as found in the Pāli canon of Buddhism, going on to compare them with Jewish, as well as early Christian, apocalyptic literature, including the Dead Sea Scrolls, the Epistles of James and Jude, and the Gospels. The goal of this article is to identify points of convergence in the history of these two concepts of apocalypse, foregrounding the central role within both traditions of analogous socio-cultural circumstances that were actually more influential than their respective doctrinal visions. The essay will argue how the ascetic character of early Buddhism and Christianity, reflecting their opposition to the surrounding social order, contributed to the emergence of similar apocalyptic visions.
Dal Nodo di Salomone alla Sinagoga. La presenza ebraica nell'Aquileia romana - Andrea Di Lenardo, 2023
"Nuova Iniziativa Isontina", n. 88, maggio 2023, pp. 47-50.
I gruppi giudaici al tempo di Gesù - Progetto di ricerca - Andrea Di Lenardo, 2023
Progetto di ricerca per il concorso di dottorato in Scienze dell'antichità con borsa vinto il 04.... more Progetto di ricerca per il concorso di dottorato in Scienze dell'antichità con borsa vinto il 04.07.2023 interateneo presso l'Università "Ca' Foscari" di Venezia (sede principale), l'Università degli Studi di Udine e l'Università degli Studi di Trieste.
Conferences and workshops by Andrea Di Lenardo
Conferenza divulgativa (terza missione).
Conferenza divulgativa (terza missione)
Tra le sette giudaiche al tempo di Gesù, secondo i sadducei non vi sarebbero angeli e spiriti, né... more Tra le sette giudaiche al tempo di Gesù, secondo i sadducei non vi sarebbero angeli e spiriti, né πνεῦμα ἅγιον, né resurrezione o vita dopo la morte, come si legge nei vangeli (Marco 12,18-27; Matteo 22,23-34; Luca 20,27-38; Atti 23,6-10) e nelle opere di Flavio Giuseppe (Bellum Iudaicum II,165; Antiquitates Iudaicae XVIII,16), dei padri della Chiesa (Ireneo, Adversus haereses IV,5,2; Pseudo-Clemente, Recognitiones I,54.56.63; Ippolito, Refutatio omnium haeresium IX,25; Pseudo-Tertulliano, Adversus omnes haereses 1,1; Filastrio, Diversarum hereseon liber 4-5; Epifanio, Panarion I, Anacephalaeosis I,16,1; 14,2,2; 3,1-2; 17,1,1) e dei rabbini (come mBerakhot 9,5; Avot de Rabbi Natan A 5,2; B 10,5, ecc.).
Secondo Filastrio, anche Dositeo (maestro del fondatore dei sadducei) negava la resurrezione, gli angeli e Dei Spiritus (Diversarum hereseon liber 4-5). Come i sadducei, anche i boethusiani si concedevano una vita agiata perché convinti della mancata sopravvivenza dello spirito (Avot de Rabbi Natan A 5,2; B 10,5). Gli emerobattisti, invece, credevano nella vita eterna (Panarion I, Anacephalaeosis I,17,1).
I farisei credevano all’immortalità dell’anima e alle ricompense o punizioni oltremondane (Ant. XVIII,14). Giuseppe, fariseo (Vita 12), scrive che Dio ha immesso nell’uomo sia πνεῦμα che ψυχή (Ant. I,34), che è vietato nutrirsi di sangue perché è ciò da cui dipendono ψυχή e πνεῦμα (Ant. III,260) e che un angelo è un θεῖον πνεῦμα (Ant. IV,108). Per lui, le ψυχαί dei buoni e dei caduti si tramutano, fra gli astri, in δαίμονες ἀγαθοὶ e ἥρωες εὐμενεῖς (Bell. VI,47; cfr. I,650; III,374), mentre quelle degli empi sono inghiottite nella terra e private dei corpi e del ricordo (Bell. VI,48; cfr. III,375). Menziona inoltre gli esorcismi per la liberazione dai δαιμόνια, i quali sono πνεύματα di “uomini malvagi che penetrano nei corpi dei viventi e li uccidono se non li si soccorre” (Bell. VII,185; cfr. Ant. VI,211-214). Allo stesso modo, si poteva essere posseduti anche dal τοῦ θεοῦ πνεῦμα, come nel caso dei profeti (Ant. IV,118-119; VI,166.222-223; VIII,408; X,239; X,250). Nel tempio, inoltre, abitava “qualche particella dello spirito di Dio” (Ant. VIII,114).
Gli esseni conservavano con cura “i nomi degli angeli” (Bell. II,142) e ritenevano le anime immortali: esse prima vivono nell’etere, poi “restano impigliate nei corpi come dentro carceri” (Bell. II,154) e infine le buone sono destinate a vivere in un luogo beato al di là dell’oceano, mentre le malvage in un antro buio, pieno di supplizi senza fine (II,154-158). Anche i rotoli del Mar Morto fanno riferimento diffusamente allo Spirito di Dio, agli angeli e agli spiriti maligni. In un frammento (4Q560) è persino contenuta una preghiera di esorcismo contro un demone che è entrato nel corpo di una persona facendola ammalare. Una concezione simile a quella degli esseni e di Giuseppe, infine, esprime anche Eleazaro figlio di Giairo, il leader dei sicari a Masada nel 73 d.C., esortando i suoi seguaci al suicidio di massa pur di non cadere prigionieri dei nemici romani (Bell. VII,344-357).
Power Point delle lezioni che ho tenuto lunedì 7 e martedì 8 ottobre 2024 all'Università degli St... more Power Point delle lezioni che ho tenuto lunedì 7 e martedì 8 ottobre 2024 all'Università degli Studi di Udine nel corso di "Storia del cristianesimo e delle Chiese" della prof.ssa Emanuela Colombi.
Nel presente intervento si intende analizzare l’idea di “tecnica”, intesa come riproduzione puntu... more Nel presente intervento si intende analizzare l’idea di “tecnica”, intesa come riproduzione puntuale delle prescrizioni rituali della legge mosaica, quale condizione per la salvezza alla fine dei tempi. Solo mettendo in pratica i precetti, un insieme di attività basate su norme e tradizioni (circoncisione, istruzioni per l’esecuzione dei sacrifici, abluzioni, legislazione penale), i giusti verranno salvati durante il giudizio universale.
Si analizzeranno le concezioni apocalittiche presenti nei rotoli del Mar Morto, nei detti di Gesù della fonte Q e nelle epistole di Giacomo e di Giuda. Una concezione “tradizionale” del giudaismo del tempo, in cui la salvezza è data dal seguire puntualmente le prescrizioni di purità, è condivisa anche da Giacomo, fratello di Gesù, o quanto meno dalle tradizioni che a lui si rifanno. Nella lettera attribuitagli, infatti, si legge che “la fede senza le opere è morta” (2,26; cf. 2,14), laddove le opere consistono nel mettere in pratica la legge (1,22-27) in ogni suo punto, “poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto” (2,10).
Secondo Paolo di Tarso, invece, contrariamente alle concezioni apocalittiche del Mar Morto e alla visione di Giacomo, i precetti sono superati e l’uomo, dunque, non sarà salvato “per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede […], per le opere della legge non verrà mai giustificato nessuno” (Galati 2,16; cf. 3,21-25).
Anche la società in cui vive e opera il Gesù storico è pervasa da dinamiche di marginalizzazione,... more Anche la società in cui vive e opera il Gesù storico è pervasa da dinamiche di marginalizzazione, che producono, per ragioni diverse, soggettività (pubblicani, prostitute, adultere, malati, storpi, indemoniati, poveri, vedove) e intere comunità di scarto (samaritani, lebbrosi), confinate in determinati luoghi (fuori dalle mura delle città nel caso dei lebbrosi) per renderle invisibili.
Se l’esegesi confessionale ha utilizzato l’atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse per cercare di dimostrare, erroneamente, una sua distanza dalla Legge mosaica e dal giudaismo, dentro i confini dei quali invece sempre visse e agì, altrettanto insufficienti mi appaiono tentativi, come quelli di John Paul Meier, di ridurre tale atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse come un fatto di amore e di imperativo morale (Meier, John Paul. “Riflessioni sull’odierna ‘ricerca sul Gesù storico’.” In L’ebraicità di Gesù, edited by James H. Charlesworth, 93–136. Claudiana Editrice: Torino, 2002 (1991)).
A mio avviso, tale atteggiamento va analizzato anche come una netta presa di posizione rispetto al contesto sociale e politico. Gesù, dunque, agisce nella propria società, soggetta all’occupazione romana, per ribaltare il sistema di definizione di chi ha valore e chi no con cui i complessi rapporti di potere producevano rifiuti e scartavano le soggettività marginali.
Un’analoga posizione si può riscontrare, forse espressa persino con maggiore radicalità, nella Lettera di Giacomo, contenuta nel Nuovo Testamento e attribuita al fratello di Gesù e leader della comunità apostolica dopo la crocifissione: qui è infatti presente una violenta invettiva contro i ricchi per aver defraudato il salario dei contadini che hanno mietuto le loro terre (5, 1-6).
Lungi dall’essere ridotte a mera passività, infine, le soggettività marginali del tempo mettevano al contrario in atto diverse forme di resistenza: si pensi, per esempio, alla rivolta di Simone, schiavo di Erode (Flavio Giuseppe, Antiquitates Iudaicae XVII, 273-277) o agli espropri nelle dimore dei ricchi operate dai ribelli, i cosiddetti briganti (Flavio Giuseppe, Bellum Iudaicum II, 264-265).
This contribution examines food norms and the practice of sharing meals with Gentiles in the ideo... more This contribution examines food norms and the practice of sharing meals with Gentiles in the ideological conflict of the early Church narrated in the Letter to the Galatians. It deals with the controversy between the radical Jews present in the community of James the Just, the brother of Jesus (such as Cerinthus according to Epiphanius) and, on the other hand, Paul’s view. For him, the norms of food purity are overcome because it is the Mosaic Law itself that is overcome, while the Letter of James expresses a completely different opinion. So the intent of this speech is to analyze this conflict in the light of the cultural, socio-political and religious context. In the Jewish groups of the time, and then in the Judeo-Christian ones, in fact, the norms of food purity played a significant role (as among the Essenes and in the Dead Sea Scrolls). In some of these groups even more radical food habits were practiced, such as abstention from alcoholic beverages (as for James) and vegetarianism (as for James again, the Nasareans, the Dositheans, Elxai the Ossaean, and the Ebionites, who considered Jesus and John the Baptist themselves as vegetarians). Even with regard to vegetarianism, the position expressed by Paul in the Letter to the Romans appears to be opposite to that of these groups and again to that of James.
Convegno "Si numquam fallit imago. Il ritratto e l'arte del ritrarre nel mondo antico", Università Ca' Foscari di Venezia, 2024
L’intervento intende ripercorrere lo sviluppo del ritratto letterario di Gesù negli apocrifi. Men... more L’intervento intende ripercorrere lo sviluppo del ritratto letterario di Gesù negli apocrifi. Mentre nel Nuovo Testamento il suo volto viene solo menzionato (p.e. Mt 17,2; Lc 9,29) – a eccezione dell’Apocalisse, che descrive, in una visione, capelli e occhi di “uno simile a un Figlio d’uomo” (1,13-14) –, fonti più tarde e leggendarie forniscono numerosi dettagli, come l’apocrifa Lettera di Publio Lentulo, in cui si tratteggiano occhi, capelli, fronte, carnagione e barba di Gesù.
Se per l’anticristiano Celso Gesù era brutto e piccolo , negli apocrifi si racconta la sua bellezza e la potenza della sua immagine. Negli Atti di Taddeo, p.e, desiderando re Abgar di Edessa una grazia e conoscere l’aspetto del Signore, inviò un messo presso di lui. Gesù allora si asciugò il viso con un panno, su cui rimase impresso il suo volto, il che ricorda l’immagine taumaturgica di Veronica di un altro apocrifo, la Guarigione di Tiberio (9-14).
Un altro esempio è Jacopo da Varazze, che, nella Legenda Aurea, in cui confluiscono diverse tradizioni di origine apocrifa, scriverà che Giacomo (che, secondo Epifanio, non si tagliò mai i capelli e, secondo Egesippo, non si fece mai la barba ) assomigliava moltissimo a suo “fratello” Gesù, al punto che molti li confondevano (da ciò il segnale del bacio di Giuda). Infine, scrive Jacopo, Ignazio desiderava ardentemente vedere Giacomo perché assai simile a Gesù: “se vedrò lui, sarà come se vedessi Gesù un persona” (63,13-17).
Seminario "Poikilia II. Corpi. Tra manipolazione e percezione", Università Ca' Foscari di Venezia, 2017
Costrizioni del corpo: il caso della tavoletta cuneiforme. Linda Armano (Université Lumière Lyon ... more Costrizioni del corpo: il caso della tavoletta cuneiforme. Linda Armano (Université Lumière Lyon 2) Il quartiere della Guillotière di Lione: tra l'etnograficamente visibile e la metafora della "seconda pelle". Beatrice Carmello (Università Ca'Foscari) Lo sdoppiamento del corpo nell' Elena di Euripide. Andrea Di Lenardo (Università Ca'Foscari) Il corpo tra politica e religione. Circoncisione e alimentazione del dibattito del Cristianesimo del I sec. d.C. Michela Piccin (Northeast Normal University) Strutture lessico-semantiche dei nomi di parti del corpo in accadico. Dipartimento di Studi Umanistici.
Seminario "Poikilia IV. Corpi e saperi. I corpi nella trasmissione della conoscenza", Università Ca' Foscari di Venezia., 2019
Intervento tenuto il 27.03.2019 a seguito di quello di Pierluigi Lanfranchi (Università di Marsei... more Intervento tenuto il 27.03.2019 a seguito di quello di Pierluigi Lanfranchi (Università di Marseille - Aix-en-Provence), "Il sorriso del martire: indagini su una formula emotiva".
Ciclo di conferenze "Seguendo le tracce degli antichi", Società Friulana di Archeologia, 2017
Seminario "Poikilia III. Corpi. Tra manipolazione e percezione", Università Ca' Foscari di Venezia, 2018
Intervento tenuto il 03.04.2018 a seguito di quello di Nicla De Zorzi (Università di Vienna), "Co... more Intervento tenuto il 03.04.2018 a seguito di quello di Nicla De Zorzi (Università di Vienna), "Costruire e interpretare il corpo: forme dell’alterità nell’antica Mesopotamia".
Convegno "Archeologia a 'Gusti'. L'importanza e il ruolo del cibo nella Storia"
Seminario "Chi cerca trova", Università Ca' Foscari di Venezia, 2024
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Secondo Filastrio, anche Dositeo (maestro del fondatore dei sadducei) negava la resurrezione, gli angeli e Dei Spiritus (Diversarum hereseon liber 4-5). Come i sadducei, anche i boethusiani si concedevano una vita agiata perché convinti della mancata sopravvivenza dello spirito (Avot de Rabbi Natan A 5,2; B 10,5). Gli emerobattisti, invece, credevano nella vita eterna (Panarion I, Anacephalaeosis I,17,1).
I farisei credevano all’immortalità dell’anima e alle ricompense o punizioni oltremondane (Ant. XVIII,14). Giuseppe, fariseo (Vita 12), scrive che Dio ha immesso nell’uomo sia πνεῦμα che ψυχή (Ant. I,34), che è vietato nutrirsi di sangue perché è ciò da cui dipendono ψυχή e πνεῦμα (Ant. III,260) e che un angelo è un θεῖον πνεῦμα (Ant. IV,108). Per lui, le ψυχαί dei buoni e dei caduti si tramutano, fra gli astri, in δαίμονες ἀγαθοὶ e ἥρωες εὐμενεῖς (Bell. VI,47; cfr. I,650; III,374), mentre quelle degli empi sono inghiottite nella terra e private dei corpi e del ricordo (Bell. VI,48; cfr. III,375). Menziona inoltre gli esorcismi per la liberazione dai δαιμόνια, i quali sono πνεύματα di “uomini malvagi che penetrano nei corpi dei viventi e li uccidono se non li si soccorre” (Bell. VII,185; cfr. Ant. VI,211-214). Allo stesso modo, si poteva essere posseduti anche dal τοῦ θεοῦ πνεῦμα, come nel caso dei profeti (Ant. IV,118-119; VI,166.222-223; VIII,408; X,239; X,250). Nel tempio, inoltre, abitava “qualche particella dello spirito di Dio” (Ant. VIII,114).
Gli esseni conservavano con cura “i nomi degli angeli” (Bell. II,142) e ritenevano le anime immortali: esse prima vivono nell’etere, poi “restano impigliate nei corpi come dentro carceri” (Bell. II,154) e infine le buone sono destinate a vivere in un luogo beato al di là dell’oceano, mentre le malvage in un antro buio, pieno di supplizi senza fine (II,154-158). Anche i rotoli del Mar Morto fanno riferimento diffusamente allo Spirito di Dio, agli angeli e agli spiriti maligni. In un frammento (4Q560) è persino contenuta una preghiera di esorcismo contro un demone che è entrato nel corpo di una persona facendola ammalare. Una concezione simile a quella degli esseni e di Giuseppe, infine, esprime anche Eleazaro figlio di Giairo, il leader dei sicari a Masada nel 73 d.C., esortando i suoi seguaci al suicidio di massa pur di non cadere prigionieri dei nemici romani (Bell. VII,344-357).
Si analizzeranno le concezioni apocalittiche presenti nei rotoli del Mar Morto, nei detti di Gesù della fonte Q e nelle epistole di Giacomo e di Giuda. Una concezione “tradizionale” del giudaismo del tempo, in cui la salvezza è data dal seguire puntualmente le prescrizioni di purità, è condivisa anche da Giacomo, fratello di Gesù, o quanto meno dalle tradizioni che a lui si rifanno. Nella lettera attribuitagli, infatti, si legge che “la fede senza le opere è morta” (2,26; cf. 2,14), laddove le opere consistono nel mettere in pratica la legge (1,22-27) in ogni suo punto, “poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto” (2,10).
Secondo Paolo di Tarso, invece, contrariamente alle concezioni apocalittiche del Mar Morto e alla visione di Giacomo, i precetti sono superati e l’uomo, dunque, non sarà salvato “per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede […], per le opere della legge non verrà mai giustificato nessuno” (Galati 2,16; cf. 3,21-25).
Se l’esegesi confessionale ha utilizzato l’atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse per cercare di dimostrare, erroneamente, una sua distanza dalla Legge mosaica e dal giudaismo, dentro i confini dei quali invece sempre visse e agì, altrettanto insufficienti mi appaiono tentativi, come quelli di John Paul Meier, di ridurre tale atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse come un fatto di amore e di imperativo morale (Meier, John Paul. “Riflessioni sull’odierna ‘ricerca sul Gesù storico’.” In L’ebraicità di Gesù, edited by James H. Charlesworth, 93–136. Claudiana Editrice: Torino, 2002 (1991)).
A mio avviso, tale atteggiamento va analizzato anche come una netta presa di posizione rispetto al contesto sociale e politico. Gesù, dunque, agisce nella propria società, soggetta all’occupazione romana, per ribaltare il sistema di definizione di chi ha valore e chi no con cui i complessi rapporti di potere producevano rifiuti e scartavano le soggettività marginali.
Un’analoga posizione si può riscontrare, forse espressa persino con maggiore radicalità, nella Lettera di Giacomo, contenuta nel Nuovo Testamento e attribuita al fratello di Gesù e leader della comunità apostolica dopo la crocifissione: qui è infatti presente una violenta invettiva contro i ricchi per aver defraudato il salario dei contadini che hanno mietuto le loro terre (5, 1-6).
Lungi dall’essere ridotte a mera passività, infine, le soggettività marginali del tempo mettevano al contrario in atto diverse forme di resistenza: si pensi, per esempio, alla rivolta di Simone, schiavo di Erode (Flavio Giuseppe, Antiquitates Iudaicae XVII, 273-277) o agli espropri nelle dimore dei ricchi operate dai ribelli, i cosiddetti briganti (Flavio Giuseppe, Bellum Iudaicum II, 264-265).
Se per l’anticristiano Celso Gesù era brutto e piccolo , negli apocrifi si racconta la sua bellezza e la potenza della sua immagine. Negli Atti di Taddeo, p.e, desiderando re Abgar di Edessa una grazia e conoscere l’aspetto del Signore, inviò un messo presso di lui. Gesù allora si asciugò il viso con un panno, su cui rimase impresso il suo volto, il che ricorda l’immagine taumaturgica di Veronica di un altro apocrifo, la Guarigione di Tiberio (9-14).
Un altro esempio è Jacopo da Varazze, che, nella Legenda Aurea, in cui confluiscono diverse tradizioni di origine apocrifa, scriverà che Giacomo (che, secondo Epifanio, non si tagliò mai i capelli e, secondo Egesippo, non si fece mai la barba ) assomigliava moltissimo a suo “fratello” Gesù, al punto che molti li confondevano (da ciò il segnale del bacio di Giuda). Infine, scrive Jacopo, Ignazio desiderava ardentemente vedere Giacomo perché assai simile a Gesù: “se vedrò lui, sarà come se vedessi Gesù un persona” (63,13-17).
Secondo Filastrio, anche Dositeo (maestro del fondatore dei sadducei) negava la resurrezione, gli angeli e Dei Spiritus (Diversarum hereseon liber 4-5). Come i sadducei, anche i boethusiani si concedevano una vita agiata perché convinti della mancata sopravvivenza dello spirito (Avot de Rabbi Natan A 5,2; B 10,5). Gli emerobattisti, invece, credevano nella vita eterna (Panarion I, Anacephalaeosis I,17,1).
I farisei credevano all’immortalità dell’anima e alle ricompense o punizioni oltremondane (Ant. XVIII,14). Giuseppe, fariseo (Vita 12), scrive che Dio ha immesso nell’uomo sia πνεῦμα che ψυχή (Ant. I,34), che è vietato nutrirsi di sangue perché è ciò da cui dipendono ψυχή e πνεῦμα (Ant. III,260) e che un angelo è un θεῖον πνεῦμα (Ant. IV,108). Per lui, le ψυχαί dei buoni e dei caduti si tramutano, fra gli astri, in δαίμονες ἀγαθοὶ e ἥρωες εὐμενεῖς (Bell. VI,47; cfr. I,650; III,374), mentre quelle degli empi sono inghiottite nella terra e private dei corpi e del ricordo (Bell. VI,48; cfr. III,375). Menziona inoltre gli esorcismi per la liberazione dai δαιμόνια, i quali sono πνεύματα di “uomini malvagi che penetrano nei corpi dei viventi e li uccidono se non li si soccorre” (Bell. VII,185; cfr. Ant. VI,211-214). Allo stesso modo, si poteva essere posseduti anche dal τοῦ θεοῦ πνεῦμα, come nel caso dei profeti (Ant. IV,118-119; VI,166.222-223; VIII,408; X,239; X,250). Nel tempio, inoltre, abitava “qualche particella dello spirito di Dio” (Ant. VIII,114).
Gli esseni conservavano con cura “i nomi degli angeli” (Bell. II,142) e ritenevano le anime immortali: esse prima vivono nell’etere, poi “restano impigliate nei corpi come dentro carceri” (Bell. II,154) e infine le buone sono destinate a vivere in un luogo beato al di là dell’oceano, mentre le malvage in un antro buio, pieno di supplizi senza fine (II,154-158). Anche i rotoli del Mar Morto fanno riferimento diffusamente allo Spirito di Dio, agli angeli e agli spiriti maligni. In un frammento (4Q560) è persino contenuta una preghiera di esorcismo contro un demone che è entrato nel corpo di una persona facendola ammalare. Una concezione simile a quella degli esseni e di Giuseppe, infine, esprime anche Eleazaro figlio di Giairo, il leader dei sicari a Masada nel 73 d.C., esortando i suoi seguaci al suicidio di massa pur di non cadere prigionieri dei nemici romani (Bell. VII,344-357).
Si analizzeranno le concezioni apocalittiche presenti nei rotoli del Mar Morto, nei detti di Gesù della fonte Q e nelle epistole di Giacomo e di Giuda. Una concezione “tradizionale” del giudaismo del tempo, in cui la salvezza è data dal seguire puntualmente le prescrizioni di purità, è condivisa anche da Giacomo, fratello di Gesù, o quanto meno dalle tradizioni che a lui si rifanno. Nella lettera attribuitagli, infatti, si legge che “la fede senza le opere è morta” (2,26; cf. 2,14), laddove le opere consistono nel mettere in pratica la legge (1,22-27) in ogni suo punto, “poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto” (2,10).
Secondo Paolo di Tarso, invece, contrariamente alle concezioni apocalittiche del Mar Morto e alla visione di Giacomo, i precetti sono superati e l’uomo, dunque, non sarà salvato “per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede […], per le opere della legge non verrà mai giustificato nessuno” (Galati 2,16; cf. 3,21-25).
Se l’esegesi confessionale ha utilizzato l’atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse per cercare di dimostrare, erroneamente, una sua distanza dalla Legge mosaica e dal giudaismo, dentro i confini dei quali invece sempre visse e agì, altrettanto insufficienti mi appaiono tentativi, come quelli di John Paul Meier, di ridurre tale atteggiamento di Gesù verso le soggettività escluse come un fatto di amore e di imperativo morale (Meier, John Paul. “Riflessioni sull’odierna ‘ricerca sul Gesù storico’.” In L’ebraicità di Gesù, edited by James H. Charlesworth, 93–136. Claudiana Editrice: Torino, 2002 (1991)).
A mio avviso, tale atteggiamento va analizzato anche come una netta presa di posizione rispetto al contesto sociale e politico. Gesù, dunque, agisce nella propria società, soggetta all’occupazione romana, per ribaltare il sistema di definizione di chi ha valore e chi no con cui i complessi rapporti di potere producevano rifiuti e scartavano le soggettività marginali.
Un’analoga posizione si può riscontrare, forse espressa persino con maggiore radicalità, nella Lettera di Giacomo, contenuta nel Nuovo Testamento e attribuita al fratello di Gesù e leader della comunità apostolica dopo la crocifissione: qui è infatti presente una violenta invettiva contro i ricchi per aver defraudato il salario dei contadini che hanno mietuto le loro terre (5, 1-6).
Lungi dall’essere ridotte a mera passività, infine, le soggettività marginali del tempo mettevano al contrario in atto diverse forme di resistenza: si pensi, per esempio, alla rivolta di Simone, schiavo di Erode (Flavio Giuseppe, Antiquitates Iudaicae XVII, 273-277) o agli espropri nelle dimore dei ricchi operate dai ribelli, i cosiddetti briganti (Flavio Giuseppe, Bellum Iudaicum II, 264-265).
Se per l’anticristiano Celso Gesù era brutto e piccolo , negli apocrifi si racconta la sua bellezza e la potenza della sua immagine. Negli Atti di Taddeo, p.e, desiderando re Abgar di Edessa una grazia e conoscere l’aspetto del Signore, inviò un messo presso di lui. Gesù allora si asciugò il viso con un panno, su cui rimase impresso il suo volto, il che ricorda l’immagine taumaturgica di Veronica di un altro apocrifo, la Guarigione di Tiberio (9-14).
Un altro esempio è Jacopo da Varazze, che, nella Legenda Aurea, in cui confluiscono diverse tradizioni di origine apocrifa, scriverà che Giacomo (che, secondo Epifanio, non si tagliò mai i capelli e, secondo Egesippo, non si fece mai la barba ) assomigliava moltissimo a suo “fratello” Gesù, al punto che molti li confondevano (da ciò il segnale del bacio di Giuda). Infine, scrive Jacopo, Ignazio desiderava ardentemente vedere Giacomo perché assai simile a Gesù: “se vedrò lui, sarà come se vedessi Gesù un persona” (63,13-17).
Si sono redatti un elenco alfabetico di tutti i membri della famiglia/setta di cui si ha menzione e un elenco cronologico delle relative fonti. Per finire, si è proposta un’ipotesi di albero genealogico della casa di Boethus.
Questo studio sui boethusiani costituisce esempio e parte del progetto di ricerca sui gruppi politico-religiosi ebraici tra il 37 a.C. (inizio del regno di Erode il Grande) e il 135 d.C. (distruzione di Gerusalemme) che sto conducendo come dottorato di ricerca e che procede con la stessa modalità per ogni setta: raccolta di tutti i passi pertinenti a esponenti del gruppo, elenco in ordine alfabetico dei membri, elenco cronologico delle fonti e ipotesi di albero genealogico, quest’ultima per i gruppi dove vi sia una parentela tra i loro esponenti (come per i cosiddetti briganti, quarta filosofia e sicari, per quanto riguarda la famiglia del leader rivoluzionario Giuda il Galileo, e per i sadducei, per quanto riguarda la famiglia del sommo sacerdote Anano). Infine, si sta compilando un elenco di tutti i personaggi citati nelle opere di Flavio Giuseppe e nel Nuovo Testamento relativamente al periodo in esame, con particolare attenzione alla loro appartenenza a uno dei gruppi politico-religiosi del tempo.
Se per l’anticristiano Celso Gesù era brutto e piccolo , negli apocrifi si racconta la sua bellezza e la potenza della sua immagine. Negli Atti di Taddeo, p.e, desiderando re Abgar di Edessa una grazia e conoscere l’aspetto del Signore, inviò un messo presso di lui. Gesù allora si asciugò il viso con un panno, su cui rimase impresso il suo volto, il che ricorda l’immagine taumaturgica di Veronica di un altro apocrifo, la Guarigione di Tiberio (9-14).
Un altro esempio è Jacopo da Varazze, che, nella Legenda Aurea, in cui confluiscono diverse tradizioni di origine apocrifa, scriverà che Giacomo (che, secondo Epifanio, non si tagliò mai i capelli e, secondo Egesippo, non si fece mai la barba ) assomigliava moltissimo a suo “fratello” Gesù, al punto che molti li confondevano (da ciò il segnale del bacio di Giuda). Infine, scrive Jacopo, Ignazio desiderava ardentemente vedere Giacomo perché assai simile a Gesù: “se vedrò lui, sarà come se vedessi Gesù un persona” (63,13-17).