Daniela Mangione
Abilitata a Professore associato di Critica letteraria e Letterature comparate (10/F4).
Adjunct Professor presso Università degli Studi della Tuscia.
Adjunct Professor presso Università degli Studi dell'Aquila.
È stata assegnista di Ricerca presso Università degli Studi di Padova.
Si forma presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna - con Ezio Raimondi, Fausto Curi, Paolo Bagni. Dopo un anno di esplorazione nel Corso di Laurea in Fisica, si laurea in Lettere all'Università degli Studi di Parma (110/110 e lode) con una tesi sul romanzo sperimentale italiano pubblicata l’anno seguente (Zara, 1996).
Nel 2000 firma per Bompiani l' Introduzione al romanzo di Alberto Moravia "La vita interiore" (Bompiani, 2000).
Trascorsi 4 anni in Germania e ottenuto il DSH per l’accesso alle Università tedesche, frequenta le lezioni alla LMU di Monaco di Baviera. Tornata in Italia, consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Italianistica presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (2004).
Vince una borsa di ricerca presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli;
è Professore a contratto presso l'Università di Chieti-Pescara (2004-2006),
presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (2006-2011);
presso l'Università degli Studi dell'Aquila (2020-);
è Assegnista di ricerca presso l'Università degli Studi di Padova (2022-).
Studia il romanzo italiano del Settecento in ottica comparata: la ricerca segue gli snodi dello sviluppo del romanzo fino ad oggi nel sistema letterario italiano e nella critica, nel confronto con i modelli europei e con particolare attenzione al rapporto fra autore e lettore.
Un altro ambito di ricerca è l'incrocio fra divulgazione scientifica e letteratura nel XVII e XVIII secolo: la retorica e le immagini dai Lincei e la corte barberiniana alle metafore delle opere di Francesco Algarotti, autore del "Newtonianismo per le dame" e figura straordinaria di mediazione culturale nell'Europa settecentesca.
Il periodo primonovecentesco – personaggi, figure, simboli di inizio secolo – rappresenta un ulteriore ambito di indagine: gli emblemi e l’espressivismo di Ardengo Soffici, le reazioni poetiche alla Prima guerra mondiale; la Romagna di Primonovecento e la figura e l'opera di Marino Moretti.
Dal 2003 è membro della "Società Italiana di Studi sul Secolo XVIII"(SISSD), di cui è stata dal 2010 al 2018 Revisore dei conti.
Dal 2016 è redattore della Rivista di Studi settecenteschi "Diciottesimo Secolo" (Firenze University Press);
dal 2020 redattore della rivista "Fictions. Studi sulla narratività" (Fabrizio Serra editore);
dal 2022 è nel comitato scientifico della rivista «Diacritica».
Nel 2013 ha pubblicato "Prima di Manzoni. Autore e lettore nel romanzo del Settecento" (Salerno Editrice); del 2018 è "Il demone ben temperato. Francesco Algarotti tra scienza e letteratura, Italia ed Europa" (Edizioni Sinestesie).
Adjunct Professor presso Università degli Studi della Tuscia.
Adjunct Professor presso Università degli Studi dell'Aquila.
È stata assegnista di Ricerca presso Università degli Studi di Padova.
Si forma presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna - con Ezio Raimondi, Fausto Curi, Paolo Bagni. Dopo un anno di esplorazione nel Corso di Laurea in Fisica, si laurea in Lettere all'Università degli Studi di Parma (110/110 e lode) con una tesi sul romanzo sperimentale italiano pubblicata l’anno seguente (Zara, 1996).
Nel 2000 firma per Bompiani l' Introduzione al romanzo di Alberto Moravia "La vita interiore" (Bompiani, 2000).
Trascorsi 4 anni in Germania e ottenuto il DSH per l’accesso alle Università tedesche, frequenta le lezioni alla LMU di Monaco di Baviera. Tornata in Italia, consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Italianistica presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (2004).
Vince una borsa di ricerca presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli;
è Professore a contratto presso l'Università di Chieti-Pescara (2004-2006),
presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (2006-2011);
presso l'Università degli Studi dell'Aquila (2020-);
è Assegnista di ricerca presso l'Università degli Studi di Padova (2022-).
Studia il romanzo italiano del Settecento in ottica comparata: la ricerca segue gli snodi dello sviluppo del romanzo fino ad oggi nel sistema letterario italiano e nella critica, nel confronto con i modelli europei e con particolare attenzione al rapporto fra autore e lettore.
Un altro ambito di ricerca è l'incrocio fra divulgazione scientifica e letteratura nel XVII e XVIII secolo: la retorica e le immagini dai Lincei e la corte barberiniana alle metafore delle opere di Francesco Algarotti, autore del "Newtonianismo per le dame" e figura straordinaria di mediazione culturale nell'Europa settecentesca.
Il periodo primonovecentesco – personaggi, figure, simboli di inizio secolo – rappresenta un ulteriore ambito di indagine: gli emblemi e l’espressivismo di Ardengo Soffici, le reazioni poetiche alla Prima guerra mondiale; la Romagna di Primonovecento e la figura e l'opera di Marino Moretti.
Dal 2003 è membro della "Società Italiana di Studi sul Secolo XVIII"(SISSD), di cui è stata dal 2010 al 2018 Revisore dei conti.
Dal 2016 è redattore della Rivista di Studi settecenteschi "Diciottesimo Secolo" (Firenze University Press);
dal 2020 redattore della rivista "Fictions. Studi sulla narratività" (Fabrizio Serra editore);
dal 2022 è nel comitato scientifico della rivista «Diacritica».
Nel 2013 ha pubblicato "Prima di Manzoni. Autore e lettore nel romanzo del Settecento" (Salerno Editrice); del 2018 è "Il demone ben temperato. Francesco Algarotti tra scienza e letteratura, Italia ed Europa" (Edizioni Sinestesie).
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Books by Daniela Mangione
Se un’opera ritenuta quasi insignificante come Il Congresso di Citera nasconde in realtà di essere raffinato specchio delle polemiche relative al romanzo allora nascente, il Newtonianismo per le dame si mostra ben lontano dall’oggettino rococò che era stato giudicato essere fino a pochi decenni fa: la nuova teoria della luce diventa un modo per ridiscutere le basi della conoscenza, accogliere le teorie sensiste e fare Algarotti continuatore, in parole, stile e contenuti, delle istanze della scuola galileiana.
L’analisi degli apparati paratestuali mostra, impresse nello stile, le evoluzioni degli slanci idealisti del giovane studioso che via via, nelle diverse edizioni, devono smussarsi, temprarsi e nascondersi in relazione alle condanne all’Indice. Le metafore, le immagini, le scelte lessicali raccontano l’andamento della lotta con il sistema culturale italiano e le sue chiusure, narrano sottilmente i tentativi di rinnovare, l’apparente rinuncia, la tenacia della volontà di diffusione del pensiero sensista. Lo ‘stare alle cose’ di Galileo e dei Lincei filtra nella prassi dello studioso di fisica e letterato; e si esprime in un intento divulgativo che unisce la concretezza inglese e l’asciuttezza dello stile francese, e consente un’alleanza fra letteratura e scienza che di lì a poco andrà a sciogliersi.
Il demone dello stile, governato, si fa consapevole e discreto portatore delle novità del pensiero europeo: mascherandole adeguatamente, per un’Italia che ancora le disapprovava e le riteneva scandalose, con belletti e dialoghi con le dame.
In queste pagine si attiva uno studio comparato che mette in relazione le diverse tradizioni nazionali europee con le prove settecentesche di Chiari, Piazza, Seriman, Algarotti, Pindemonte, Alessandro Verri, evidenziando in tal modo gli elementi distintivi della narrativa romanzesca italiana.
In particolare, il nuovo rapporto tra autore e lettore che caratterizza il genere in tutta Europa pare evolversi in Italia con uno stile proprio, che influisce sui tratti del romanzo stesso. Gli echi di questo mutamento si mostrano determinanti nella ricezione e nello sviluppo del genere: un lettore solitario ed emotivamente coinvolto dalla lettura costituisce infatti nel contesto italiano una novità reale e problematica, che provoca risposte differenti, fra le pagine dei romanzi come nel quadro culturale. L’analisi dell’evoluzione di tale rapporto rappresenta perciò una via privilegiata per comprendere natura, qualità, posture proprie del romanzo italiano. Il percorso delineato, che incrocia estetica della ricezione, storia della lettura e storia della critica, permette di cogliere nodi sostanziali della storia letteraria italiana e di illuminare gli sviluppi successivi del problematico rapporto dell’Italia con la propria narrativa. Un’ampia Appendice di testi viene offerta a necessaria documentazione del quadro critico ricostruito.
Un testo considerato ‘popolare’ svela oggi, a oltre cento anni dalla pubblicazione, una varietà di registri e modelli che, innestandosi sulla tradizione sterniana e contaminandola di tratti nazionali, risulta singolare nel panorama romanzesco italiano del tempo. Lo sperimentalismo formale e linguistico, però, aspetta ancora indagini critiche appropriate e pone nuovamente il problema di quale fosse, davvero, la poetica del Guerrazzi politico ma letterato. La nuova edizione del testo, corredata di un saggio introduttivo, un accurato commento e un ricco apparato di note, ne illumina la pluralità di riferimenti.""
Pubblicato in prima edizione nel 1745, e poi lavorato per quasi vent’anni, ripetutamente tradotto, Il Congresso di Citera si diffuse nell’Europa settecentesca guadagnandosi un ampio favore che gli derivò dalla capacità dell’autore, Francesco Algarotti, veneziano che visse nelle corti mitteleuropee e in contatto con i migliori ingegni dell’epoca, di sintetizzare con sobrietà, controllo e rara ironia caratteri nazionali, vezzi, tic europei che riverberano un senso inaspettatamente ancora attuale.
Daniela Mangione ripropone per la prima volta il breve romanzo nell’edizione 1763, l’ultima licenziata dall’autore. Il testo è corredato da un saggio introduttivo, da puntuali annotazioni, da un commento e un’ampia bibliografia".
Papers by Daniela Mangione
Se un’opera ritenuta quasi insignificante come Il Congresso di Citera nasconde in realtà di essere raffinato specchio delle polemiche relative al romanzo allora nascente, il Newtonianismo per le dame si mostra ben lontano dall’oggettino rococò che era stato giudicato essere fino a pochi decenni fa: la nuova teoria della luce diventa un modo per ridiscutere le basi della conoscenza, accogliere le teorie sensiste e fare Algarotti continuatore, in parole, stile e contenuti, delle istanze della scuola galileiana.
L’analisi degli apparati paratestuali mostra, impresse nello stile, le evoluzioni degli slanci idealisti del giovane studioso che via via, nelle diverse edizioni, devono smussarsi, temprarsi e nascondersi in relazione alle condanne all’Indice. Le metafore, le immagini, le scelte lessicali raccontano l’andamento della lotta con il sistema culturale italiano e le sue chiusure, narrano sottilmente i tentativi di rinnovare, l’apparente rinuncia, la tenacia della volontà di diffusione del pensiero sensista. Lo ‘stare alle cose’ di Galileo e dei Lincei filtra nella prassi dello studioso di fisica e letterato; e si esprime in un intento divulgativo che unisce la concretezza inglese e l’asciuttezza dello stile francese, e consente un’alleanza fra letteratura e scienza che di lì a poco andrà a sciogliersi.
Il demone dello stile, governato, si fa consapevole e discreto portatore delle novità del pensiero europeo: mascherandole adeguatamente, per un’Italia che ancora le disapprovava e le riteneva scandalose, con belletti e dialoghi con le dame.
In queste pagine si attiva uno studio comparato che mette in relazione le diverse tradizioni nazionali europee con le prove settecentesche di Chiari, Piazza, Seriman, Algarotti, Pindemonte, Alessandro Verri, evidenziando in tal modo gli elementi distintivi della narrativa romanzesca italiana.
In particolare, il nuovo rapporto tra autore e lettore che caratterizza il genere in tutta Europa pare evolversi in Italia con uno stile proprio, che influisce sui tratti del romanzo stesso. Gli echi di questo mutamento si mostrano determinanti nella ricezione e nello sviluppo del genere: un lettore solitario ed emotivamente coinvolto dalla lettura costituisce infatti nel contesto italiano una novità reale e problematica, che provoca risposte differenti, fra le pagine dei romanzi come nel quadro culturale. L’analisi dell’evoluzione di tale rapporto rappresenta perciò una via privilegiata per comprendere natura, qualità, posture proprie del romanzo italiano. Il percorso delineato, che incrocia estetica della ricezione, storia della lettura e storia della critica, permette di cogliere nodi sostanziali della storia letteraria italiana e di illuminare gli sviluppi successivi del problematico rapporto dell’Italia con la propria narrativa. Un’ampia Appendice di testi viene offerta a necessaria documentazione del quadro critico ricostruito.
Un testo considerato ‘popolare’ svela oggi, a oltre cento anni dalla pubblicazione, una varietà di registri e modelli che, innestandosi sulla tradizione sterniana e contaminandola di tratti nazionali, risulta singolare nel panorama romanzesco italiano del tempo. Lo sperimentalismo formale e linguistico, però, aspetta ancora indagini critiche appropriate e pone nuovamente il problema di quale fosse, davvero, la poetica del Guerrazzi politico ma letterato. La nuova edizione del testo, corredata di un saggio introduttivo, un accurato commento e un ricco apparato di note, ne illumina la pluralità di riferimenti.""
Pubblicato in prima edizione nel 1745, e poi lavorato per quasi vent’anni, ripetutamente tradotto, Il Congresso di Citera si diffuse nell’Europa settecentesca guadagnandosi un ampio favore che gli derivò dalla capacità dell’autore, Francesco Algarotti, veneziano che visse nelle corti mitteleuropee e in contatto con i migliori ingegni dell’epoca, di sintetizzare con sobrietà, controllo e rara ironia caratteri nazionali, vezzi, tic europei che riverberano un senso inaspettatamente ancora attuale.
Daniela Mangione ripropone per la prima volta il breve romanzo nell’edizione 1763, l’ultima licenziata dall’autore. Il testo è corredato da un saggio introduttivo, da puntuali annotazioni, da un commento e un’ampia bibliografia".