Papers by Roberto Sottile
Questo contributo si sofferma sull’antica lingua franca del Mediterraneo (LFM) conosciuta e parla... more Questo contributo si sofferma sull’antica lingua franca del Mediterraneo (LFM) conosciuta e parlata lungo le coste nordafricane e nei porti del Mediterraneo tra il XVI e il XIX secolo. Questa Notsprache (Schuchardt 2009 [1909], 9) – ‘lingua di necessità’ parlata in ambito commerciale, ma anche da pirati, schiavi, intellettuali e in ambienti diplomatici –, che raccoglie e fonde elementi dei diversi idiomi dello spazio del Mare Nostrum (portoghese, spagnolo, catalano, francese, provenzale, italiano e dialetti italo-romanzi, arabo, turco), testimonia e “racconta” le vicende e i processi socio-culturali e linguistici della “civiltà mediterranea” dei secoli più recenti.
Il contributo mira a tracciare un quadro sociolinguistico sulla genesi e l’evoluzione della lingua franca, fino ai mutamenti storico-sociali che, verso la fine dell’800, ne determinarono l’estinzione. Ci si concentrerà, inoltre, sulle caratteristiche che accomunano la lingua franca ai pidgin e sugli aspetti che la rendono invece un unicum nella storia linguistico-culturale del Mediterraneo.
Fornito il quadro sociolinguistico, si passerà alla analisi delle strutture e del lessico e, in quest’ultimo caso, saranno considerate in special modo le possibili influenze italoromanze provenienti dai dialetti (soprattutto quelli meridionali e il siciliano), sulla base della fonte scritta più autorevole e completa: il Dictionnaire de La Langue Franque ou Petit Mauresque. Si tratta di un dizionario bilingue (Francese-Lingua Franca), di autore anonimo, che venne pubblicato nel 1830 con la funzione di vademecum linguistico per i soldati francesi alla conquista di Algeri (in quel tempo sotto il dominio ottomano). Esso testimonia la fase finale della lingua franca già conosciuta e designata, a quella altezza cronologica, con il nome di sabir.
Oggi questa lingua è del tutto estinta, ma i suoi echi, il suo potere evocativo, la sua capacità di richiamare implicitamente un sincretismo di popoli, lingue e culture, lasciano tracce più o meno persistenti in nuovi ambiti d’uso (la crematonimia, la letteratura, la canzone, il teatro), analogamente a quanto avviene per i dialetti nell’era della neodialettalità.
http://www.kit.gwi.uni-muenchen.de/?p=37294&v=3
In questa sede intendiamo soffermarci sull’aspetto più strettamente linguistico della cultura med... more In questa sede intendiamo soffermarci sull’aspetto più strettamente linguistico della cultura mediterranea, concentrandoci sull’antica lingua franca, conosciuta e parlata lungo le coste nordafricane e nei porti del Mediterraneo da mercanti, schiavi, pirati e intellettuali tra il XVI e il XIX secolo. Lo studio mira a tracciare un quadro sociolinguistico sulla genesi e l’evoluzione della lingua franca, fino ai mutamenti storico-sociali che, verso la fine dell’800, ne hanno determinato l’estinzione.
Affrontati gli aspetti più interessanti e problematici del codice (in particolare, il rapporto tra lingua lessificatrice e lingua di sostrato), ci si concentrerà sull’analisi delle strutture e soprattutto del lessico e, in quest’ultimo caso, sulle possibili influenze italoromanze provenienti dai dialetti (soprattutto da quelli meridionali e dal siciliano), principalmente tramite uno spoglio della fonte scritta più autorevole (sebbene assai
complessa e problematica), ovvero il Dictionnaire de La Langue Franque ou Petit Mauresque (1830). Infine, ragionando sulle strutture desumibili dal Dictionnaire e da altre fonti scritte, verranno evidenziate alcune delle caratteristiche che accomunano la lingua franca ai pidgin e alcuni fenomeni che, invece, la rendono un vero e proprio unicum nella storia linguistica e culturale del Mediterraneo.
Il testo propone un viaggio suggestivo tra le parole più “genuine” del nostro dialetto, quelle pa... more Il testo propone un viaggio suggestivo tra le parole più “genuine” del nostro dialetto, quelle parole che oggi si sentono sempre meno e che rischiano di scomparire dall’uso linguistico siciliano perché scomparsi sono gli oggetti cui si riferivano o mutato è il contesto culturale specifico del loro utilizzo. Ma sono anche termini che rivivono nella finzione letteraria tra le pagine di Consolo, Sciascia, Camilleri, e ancora Grasso, Agnello Hornby, Alajmo, Di Cara e tanti altri.
Gli autori affrontano alcune dinamiche riguardanti
principalmente il trasferimento di significato... more Gli autori affrontano alcune dinamiche riguardanti
principalmente il trasferimento di significato, nei dialetti siciliani e
meridionali, da termini appartenenti all’area semantica della fitonimia a
quella dei caratteri umani, tentando di percorrere alcune piste possibili dei meccanismi etnosapienziali che abbiano motivato gli specifici spostamenti semantici. A partire dalla polisemia di 'lupa' sino al termine per indicare l'uomo scusso 'urmu', connesso alle pratiche tribunalizie popolari.
LA LINGUA VARIABILE NEI TESTI LETTERARI, ARTISTICI E FUNZIONALI CONTEMPORANEI, a cura di G. Ruffino e M. Castiglione.
La linguistica in campo. Scritti per Mari D'Agostino
Redazione informatica e impaginazione a cura di ARUN MALTESE ([email protected]) È vie... more Redazione informatica e impaginazione a cura di ARUN MALTESE ([email protected]) È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L'illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell'art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41
L'immagine che oggi il Mediterraneo offre è lungi dall'essere rassicurante. Ai nostri giorni si p... more L'immagine che oggi il Mediterraneo offre è lungi dall'essere rassicurante. Ai nostri giorni si può dire che le sue opposte rive non abbiano in comune che le loro insoddisfazioni. E sempre più si percepisce questo mare come spazio di attraversamenti intollerati. Percepire il Mediterraneo partendo dal suo passato rimane tuttavia un'abitudine tenace, e a volte viene da pensare che la retrospettiva prevalga sulla prospettiva. La retrospettiva è però irrinunciabile, oggi più che mai. E lo è nel momento in cui la realizzazione di una convivenza in seno ai territori multietnici, là dove si incrociano e si mescolano culture, religioni, lingue diverse, conosce sotto i nostri occhi uno smacco crudele. Con questa nuova Collana, il Centro di studi filologici e linguistici siciliani conferma la speciale attenzione per la Scuola, alla quale vuole offrire agili strumenti di approfondimento sugli aspetti più diversi della storia linguistica della Sicilia e della cultura dialettale. La pubblicazione di questo primo testo, nel quale si ricostruiscono succintamente molteplici percorsi di parole e di cose tra Oriente e Occidente, si colloca ancora una volta nel contesto mediterraneo, oggi tragicamente sconvolto da migrazioni di donne, uomini, bambini, ma anche arricchito dall'incontro di lingue e di culture. Questo volumetto vuole essere perciò un contributo a una migliore comprensione di quanto -oggi come ieri -accade intorno a noi. Palermo, di cui è stato preside dal 1998 al 2007. Attualmente è presidente del Centro di studi filologici e linguistici siciliani e dirige il Progetto ALS -Atlante Linguistico della Sicilia. Alla fine degli anni '60, subito dopo la laurea, è stato docente di materie letterarie nella scuola media statale di Urzulei, piccolo centro dell'Ogliastra, da cui ha recentemente avuto la cittadinanza onoraria. La particolare attenzione rivolta al mondo della Scuola è testimoniata da numerosi saggi, tra i quali Cultura dialettale ed educazione linguistica (1991) e L'indialetto ha la faccia scura. Giudizi e pregiudizi linguistici dei bambini italiani (2006).
L'italiano "cantato" tra modulazione diafasica, tradizione canzonettistica e accesso alla variabi... more L'italiano "cantato" tra modulazione diafasica, tradizione canzonettistica e accesso alla variabilità
Dialetto letterario e dialetto "destrutturato" Dialetto letterario e dialetto "destrutturato". La... more Dialetto letterario e dialetto "destrutturato" Dialetto letterario e dialetto "destrutturato". La canzone neodialettale siciliana tra ideologia e "nuovi usi"
Il volume è pubblicato col contributo del Dipartimento di Studi Umanistici (StudiUm) dell'Univers... more Il volume è pubblicato col contributo del Dipartimento di Studi Umanistici (StudiUm) dell'Università degli Studi di Torino (Fondi di Ricerca locale 2012 -ex 60%) È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L'illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell'art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.1941 ISBN 978-88-98051-09-0 Il vento di N (tramontana): ṭṛamuntana (107 San Vito Lo Capo, 123 Favignana, 124 Pantelleria, 601a Ganzirri, 698 Giardini Naxos, 699 Lipari, 739a Acitrezza, 811 Augusta, 821 Porto Palo di Capo Passero, 903 Scoglitti, 911 Pozzallo), ṭṛamundana (306 Sciacca, 342 Licata), ṭṛamuntanata (715 Riposto), ventu di ṭṛamuntana (112 Mazara del Vallo), ventî ṭṛamundana (321 Porto empedocle), ventu ri ṭṛamuntana e ventu rû forë (615 Sant'Agata di Militello). (t Augusta) quello cchiù ppericoloso come vento è a ṭṛamuntana, e allora quannu a ṭṛamuntana anche che cc'è il celo pulito da questa parte e ḍḍà si fa u serru [= cumulo di nuvole], che i vecchi a chiàmavanu a murineḍḍa, ccioè quando era piccola diçèvanu la morena picchì è scura, la morena cc'è una fascia di nuvole, e allura diçevano "a murina e a ṭṛamuntana s'a ffattu", e ggià era pericoloso, ggià loro stàvanu attenti. (P 1 Sciacca) ventu di ṭṛamundana fatti nterra e bbentu di maźźionnu fatti fora. (P 2 Lipari) ṭṛamuntana tutti dinṭṛa a tana. (P 3 Lipari) ṭṛamuntana u pisci ntâ tana.
Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffae... more Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133/A-B 00173 Roma (06) 93781065 isbn 978-88-548-6378-1 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell'Editore. I edizione: settembre 2013
Roberto sottile II.7.1 premessa Un cibo rituale tipico ed esclusivo di polizzi Generosa (pa) è il... more Roberto sottile II.7.1 premessa Un cibo rituale tipico ed esclusivo di polizzi Generosa (pa) è il cunìgghiu, il cui nome, come vedremo, intrattiene un rapporto esclusivamente paradigmatico con la carne di coniglio. si tratta di una pietanza consumata il giorno di natale, che prende il nome da un ingrediente assente nel piatto. La sua denominazione si pone, dunque, in linea con quella di altre preparazioni isolane le quali (apparentemente per paradosso) richiamano una cosa da mangiare che con quel piatto non si mangia affatto. tuttavia, in questi casi, la denominazione che appare "immotivata" se si guarda al solo referente, presenta sempre una giustificazione ora iconica ora ironica. per il primo caso, basti ricordare la quàglia (casteltermini, cfr. Vs/V, s.v.) o il fìcatu di setti cannola (palermo), il primo a base di melanzane e il secondo a base di zucca gialla la cui cottura determina una colorazione (o una forma) tale da richiamare quella dell'alimento (assente) che dà il nome alla pietanza. per il secondo caso, si considerino la pasta cu i sardi a mmari (lett. 'la pasta con le sarde a mare', pasta senza sarde il cui condimento è analogo a quello della pasta con le sarde), oppure il pisci scappatu (condimento di pantelleria a base di aglio e prezzemolo al quale possono essere aggiunte delle uova), o, ancora, il sucu fintu, ragù senza carne fatto con la conserva di pomodoro nel quale vengono cotte polpette a base di uova o al quale si aggiungono patate, carciofi, uova sode (cfr. sottile e Genchi 2010). Ma queste "eccezioni" non riguardano soltanto la cultura popolare siciliana 1 : i medesimi meccanismi motivazionali (iconico e ironico) si trovano, ad esempio, fusi insieme nel piatto (lombardo e romagnolo) che porta il nome di uccellini scappati consistenti «in spiedini di varia composizione ma simili, nell'aspetto, a spiedini di uccellini» (piccinardi 1993, p. 465).
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Il contributo mira a tracciare un quadro sociolinguistico sulla genesi e l’evoluzione della lingua franca, fino ai mutamenti storico-sociali che, verso la fine dell’800, ne determinarono l’estinzione. Ci si concentrerà, inoltre, sulle caratteristiche che accomunano la lingua franca ai pidgin e sugli aspetti che la rendono invece un unicum nella storia linguistico-culturale del Mediterraneo.
Fornito il quadro sociolinguistico, si passerà alla analisi delle strutture e del lessico e, in quest’ultimo caso, saranno considerate in special modo le possibili influenze italoromanze provenienti dai dialetti (soprattutto quelli meridionali e il siciliano), sulla base della fonte scritta più autorevole e completa: il Dictionnaire de La Langue Franque ou Petit Mauresque. Si tratta di un dizionario bilingue (Francese-Lingua Franca), di autore anonimo, che venne pubblicato nel 1830 con la funzione di vademecum linguistico per i soldati francesi alla conquista di Algeri (in quel tempo sotto il dominio ottomano). Esso testimonia la fase finale della lingua franca già conosciuta e designata, a quella altezza cronologica, con il nome di sabir.
Oggi questa lingua è del tutto estinta, ma i suoi echi, il suo potere evocativo, la sua capacità di richiamare implicitamente un sincretismo di popoli, lingue e culture, lasciano tracce più o meno persistenti in nuovi ambiti d’uso (la crematonimia, la letteratura, la canzone, il teatro), analogamente a quanto avviene per i dialetti nell’era della neodialettalità.
http://www.kit.gwi.uni-muenchen.de/?p=37294&v=3
Affrontati gli aspetti più interessanti e problematici del codice (in particolare, il rapporto tra lingua lessificatrice e lingua di sostrato), ci si concentrerà sull’analisi delle strutture e soprattutto del lessico e, in quest’ultimo caso, sulle possibili influenze italoromanze provenienti dai dialetti (soprattutto da quelli meridionali e dal siciliano), principalmente tramite uno spoglio della fonte scritta più autorevole (sebbene assai
complessa e problematica), ovvero il Dictionnaire de La Langue Franque ou Petit Mauresque (1830). Infine, ragionando sulle strutture desumibili dal Dictionnaire e da altre fonti scritte, verranno evidenziate alcune delle caratteristiche che accomunano la lingua franca ai pidgin e alcuni fenomeni che, invece, la rendono un vero e proprio unicum nella storia linguistica e culturale del Mediterraneo.
principalmente il trasferimento di significato, nei dialetti siciliani e
meridionali, da termini appartenenti all’area semantica della fitonimia a
quella dei caratteri umani, tentando di percorrere alcune piste possibili dei meccanismi etnosapienziali che abbiano motivato gli specifici spostamenti semantici. A partire dalla polisemia di 'lupa' sino al termine per indicare l'uomo scusso 'urmu', connesso alle pratiche tribunalizie popolari.
Il contributo mira a tracciare un quadro sociolinguistico sulla genesi e l’evoluzione della lingua franca, fino ai mutamenti storico-sociali che, verso la fine dell’800, ne determinarono l’estinzione. Ci si concentrerà, inoltre, sulle caratteristiche che accomunano la lingua franca ai pidgin e sugli aspetti che la rendono invece un unicum nella storia linguistico-culturale del Mediterraneo.
Fornito il quadro sociolinguistico, si passerà alla analisi delle strutture e del lessico e, in quest’ultimo caso, saranno considerate in special modo le possibili influenze italoromanze provenienti dai dialetti (soprattutto quelli meridionali e il siciliano), sulla base della fonte scritta più autorevole e completa: il Dictionnaire de La Langue Franque ou Petit Mauresque. Si tratta di un dizionario bilingue (Francese-Lingua Franca), di autore anonimo, che venne pubblicato nel 1830 con la funzione di vademecum linguistico per i soldati francesi alla conquista di Algeri (in quel tempo sotto il dominio ottomano). Esso testimonia la fase finale della lingua franca già conosciuta e designata, a quella altezza cronologica, con il nome di sabir.
Oggi questa lingua è del tutto estinta, ma i suoi echi, il suo potere evocativo, la sua capacità di richiamare implicitamente un sincretismo di popoli, lingue e culture, lasciano tracce più o meno persistenti in nuovi ambiti d’uso (la crematonimia, la letteratura, la canzone, il teatro), analogamente a quanto avviene per i dialetti nell’era della neodialettalità.
http://www.kit.gwi.uni-muenchen.de/?p=37294&v=3
Affrontati gli aspetti più interessanti e problematici del codice (in particolare, il rapporto tra lingua lessificatrice e lingua di sostrato), ci si concentrerà sull’analisi delle strutture e soprattutto del lessico e, in quest’ultimo caso, sulle possibili influenze italoromanze provenienti dai dialetti (soprattutto da quelli meridionali e dal siciliano), principalmente tramite uno spoglio della fonte scritta più autorevole (sebbene assai
complessa e problematica), ovvero il Dictionnaire de La Langue Franque ou Petit Mauresque (1830). Infine, ragionando sulle strutture desumibili dal Dictionnaire e da altre fonti scritte, verranno evidenziate alcune delle caratteristiche che accomunano la lingua franca ai pidgin e alcuni fenomeni che, invece, la rendono un vero e proprio unicum nella storia linguistica e culturale del Mediterraneo.
principalmente il trasferimento di significato, nei dialetti siciliani e
meridionali, da termini appartenenti all’area semantica della fitonimia a
quella dei caratteri umani, tentando di percorrere alcune piste possibili dei meccanismi etnosapienziali che abbiano motivato gli specifici spostamenti semantici. A partire dalla polisemia di 'lupa' sino al termine per indicare l'uomo scusso 'urmu', connesso alle pratiche tribunalizie popolari.