"In che misura le letture hanno contribuito a formare il suo modo di pensare?
A quattordici anni abbandonai la scuola -sa, non ero istruito. Andai a lavorare per un architetto. Quando arrivai nel suo studio mi disse «questo è il tuo tavolo». Sgomberai il tavolo e guardai nel cassetto e vi trovai due cose. Una era una rivista che si chiamava «Die Zukunft». Era un settimanale -una rivista molto interessante. In parte era una rivista politica, ma politica nel senso in cui Walter Lippmann discute di politica, non come di una faccenda riguardante i partiti. Diciamo era una rivista culturale. Parlava di musica, di poesia e molto più di rado anche di architettura. Poi trovai un libretto sulla teoria di Laplace. Ecco, le due cose erano queste."
L. M. Van Der Rohe
Mi sono trovata a leggere questa intervista a Mies del 1964 e quello che vi ho riportato qui sopra è uno dei passi che, banalmente, mi ha colpito più di tutti. Mies, con i suoi lavori e la sua filosofia mi ha sempre interessata molto, permettendomi anche di osservare con occhi critico certe sue scelte, così da capire se fosse o meno qualcosa che potessi rielaborare (ovviamente in minimissa parte) in chiave personale e più attuale.
Insomma, leggere questa intervista mi ha fatto notare come «Die Zukunft» sia per me «Internazionale», una rivista di attualità, che racchiude articoli dal mondo sulle situazioni internazionali, ma che parla anche, seppur in forma di minore, di cinema, libri, musica e a volte fotografia. Il suo "libretto sulla teoria di Laplace" è diventato per me «Vers une architecture», bhè, non è un saggio sulla scienza o la matematica, perchè si sa, la matematica non è certo il mio forte.
Quando ho bisogno di farmi venire in mente nuove idee, sgombero la testa e mi metto a leggere, «Internazionale» davanti agli occhi, «Vers une architecture» sotto il cuscino (spero mi entri in testa per osmosi).
Il problema nasce dalla difficoltà che si incontra quando, in un lavoro come il mio, si è costretti ad affollarsi la mente sempre di nuove idee, mai banali e ripetitive, ma accattivanti, personali e in una giusta misura coinvolgenti.
E' più facile sviluppare un'idea piuttosto che crearne una del tutto nuova. E' la difficoltà più grande, almeno per me.
Ed è per questo motivo che, in questi giorni, mi sono messa alla ricerca della Creatività, di una buona idea, di qualcosa che mi faccia scattare la scintilla giusta.
Spesso la cosa migliore che un architetto può fare per farsi venire idee è sfogliare, osservare e appuntare. Un mio professore, più odiato che amato, mi disse qualcosa che tutt'ora mi fa pensare "Lei, signorina, dovrebbe spendere le sue giornate in biblioteca a sfogliare riviste." Probabilmente ha più ragione di quanto io non voglia dargliene, ma non è sempre facile costringersi a non far altro che sfogliare riviste, perchè spesso si finisce schiavi di un processo puramente meccanico, quello di girare pagine, spegnendo il cervello.
Per ovviare a questo problema/bugia ho aggirato il sistema. Invece di andare in Biblioteca me la sono portata a casa, con la scusa di poter intervallare il processo di acquisizione con altri processi più creativi, tipo la rielaborazione o lo spuntino o...no, non proprio creativi.
Proprio ieri, infatti, mi sono tuffata in libreria e ho sfogliato parecchie riviste e parecchi libri prima di convincermi a scegliere quello che mi avrebbe aiutato ad aprire un po' la mente. Mi sono fatta suggestionare dalle copertine, dalle immagini, dai progetti, da ciò che avrei potuto utilizzare per il nuovo progetto, ho cercato di aprirmi il più possibile. Il risultato ancora è sconosciuto, insomma, ci vorrà del tempo per capire se tutto questo ha dato i suoi frutti, ma nel frattempo è valsa la pena spendere per circondarmi di libri e riviste. Anche Mies lo faceva! (Ottima scusa!)
Nel frattempo faccio schizzi, leggo e rifletto, perchè la tesi si avvicina e non ho tempo da perdere.
Ho deciso di Restare per avere spessore nella mia professione, se tutto questo servirà a qualcosa avrò fatto ottimi investimenti, e non solo di tempo.
.S
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