Le nostre verdure, quest’autunno si credono dei baobab.
No niente concimi chimici o cose strane, tutto bio, anzi “selvatico” come sempre; è stato caldo e ha piovuto.
Le nostre verdure, quest’autunno si credono dei baobab.
No niente concimi chimici o cose strane, tutto bio, anzi “selvatico” come sempre; è stato caldo e ha piovuto.
Almeno dalle cavolaie, per difendersi dai nuovi fascismi occorre organizzarsi.
Ovatura di cavolaia, con goccia di pioggia, su foglia di cavolo cappuccio.
Ogni due, tre giorni si va nell’orto dei cavoli ad applicare il più antico metodo di difesa: quello a pollice. Ovvero si esegue un attento esame della pagina inferiore delle foglie giovani e con il pollice si schiacciano le ovature.
Foglia di cavolo verza infestata.
Meglio non distrarsi troppo altrimenti i bruchetti sgusciano dall’uovo, ne abbiamo un esempio nell’ovatura superiore, accanto all’ultimo uovo in basso. Ecco un minuscolo bruco appena nato, è quasi trasparente, chi li acchiappa più finche non crescono un po’? Nel frattempo fanno danni.
Siamo stati bravini, le farfalle ormai depongono meno, siamo passati da quattro, cinque nidi per cavolo a un nido ogni quattro cinque cavoli e di larve “adulte” (passatemi l’ossimoro) ce ne sono poche, pronte anche loro ad essere catturate e pestate.
I cavoli starebbero bene se non fosse passata la grandine, ma confidiamo si riprendano. I pochi aleurodidi presenti (i moschini bianchi che vedete in foto) non preoccupano e i primi freddi li toglieranno definitivamente di torno.
Attualmente nell’aiuola:
12 verze (tanta piada verza e salsiccia…)
18 cappucci (verzi rostidi e in insalata…)
12 cavolfiori (risotti, gratinati…)
12 broccoletti (con le orecchiette, con i pizzoccheri…)
Vi piacciono i cavoli? come li preparate?
Un altra domanda.
Ma è compatibile con l’essere vegani mangiare verdura? E tutti i bestiolini uccisi per poterla produrre?
Ovvero: ricordatevi di conservare la primavera
Vi vorrei rammentare che è il giusto periodo per farlo, QUI e QUI la ricetta che ho pubblicato l’altr'anno, e sotto un’idea aggiuntiva
E INFINE:
MARMELLATA PER NON SPRECARE NULLA
Finito di filtrare lo sciroppo si possono recuperare fiori di sambuco e limone preparando una marmellata molto buona.
A quanto rimasto dalla mia ricetta del succo, in un tegame si aggiunge:
600 g di zucchero
500 g d’acqua
200 g di fiori
2 cucchiai di aceto di mele
1 limone a pezzetti
1 pizzico di acido citrico
Si cuoce poi per il tempo necessario, circa un’ora dovrebbe andare bene, poi si frulla con un frullatore ad immersione, si porta di nuovo a bollore e si mette nei vasetti.
Io non sterilizzo le marmellate ma le verso quando sono ancora bollenti nei barattoli ed uso coperchi nuovi. I barattoli pieni li capovolgo subito in modo che il calore della marmellata disinfetti bene anche il coperchio.
Sono andata a piantare l’aglio, ultimi giorni utili per averlo pronto per usarlo fresco ad inizio primavera, il lavoro mi ha rubato davvero poco tempo, la terra era morbida e umida al punto giusto e infilarci dento circa 250 spicchi come tante suppostine è stato un attimo
Quattro fili per andare dritti e nessuna fatica. Espletato il compito ho fatto un giro del campo, e con al macchina fotografica in mano ho compilato una sorta di inventario di quanto c’è in produzione.
Le luffe stanno cominciando a seccare, quindi avremo un bel po’ di spugne da usare e regalare se non sarà troppo umido. Ciondolano dai tralci quasi tutte ancora verdi, ma ormai di un colore tenue che vira leggermente al beige e iniziano a macchiarsi di bruno, una è già pronta da sbucciare.
A lato delle luffe i pomodorini maturano pian piano, qualcuno già pronto spicca come perle di corallo tra il fogliame fitto.
Poco oltre gli ultimi peperoni si nascondono come per tenersi caldi, solo pochi ormai riusciranno a divenire giallo sole,
pazienza, prima che geli li raccoglieremo verdi.
Le melanzane ormai fanno solo fiori che non riescono più ad allegare
però che belli sono, belli ed inutili come gli ultimi fiori di zucchino, piccoli soli autunnali
E ora ecco i cavoli veri principi tra le verdure invernali
le venate verze che raccolgono le gocce lasciate dalla nebbia della notte,
i cappucci rossi che cominciano a sbucare tra le foglie,
quelli bianchi che sono ancora verdi,
e poi i broccoletti che non aspettano altro che la padella in cui raggiungere l’olio e l’aglio, e poi, poi basta che il post è già troppo lungo.
Altri colori e altre foglie le lasciamo per la prossima volta
e in tavola.
La tentazione di conservare l’estate per goderne d’inverno è irresistibile, complice il fatto d’avere l’orto che produce in abbondanza e il desiderio di variare i cibi senza acquistare quasi nulla.
Peperoni in agrodolce, oltre a quelli congelati in vario modo.
Facile e veloce:
mondare i peperoni e farli a tocchetti.
In una casseruola unire:
100 g di sale
100 g di zucchero
100 g di olio
1 l di aceto bianco
spezie, ovvero, secondo il mio gusto, grani di pepe, chiodi di garofano e foglie di alloro.
Far alzare il bollore e gettarvi un po’ dei peperoni a pezzetti, appena la pentola riprende a bollire togliere con una schiumarola i peperoni e metterli a raffreddare in un colapasta. Meglio sbollentarli un po’ per volta in modo che il bollore sia raggiunto velocemente e rimangano sodi.
Finito di scottare i peperoni far raffreddare il liquido rimasto, quando entrambi non scottano più riempire i barattoli con i peperoni sbollentati e coprirli con il liquido. Togliere le bolle d’aria aiutandosi con un coltello e chiudere i barattoli. Non richiede sterilizzazione ci pensano aceto e sale a conservare
Sotto lo scaffale dove tengo tinture, oleoliti, sciroppi e erbe essiccate, affianco al nocino appena filtrato, attendono il loro turno dei pomodori.
Le settimane scorse abbiamo preparato pelati e passate, adesso visto che nel campo ce ne sono ancora in abbondanza è la volta dei pomodori spaccati, forse la preparazione più veloce per conservarli in barattolo.
Basta tagliarli a metà, togliere i semi e riempire ben bene i barattoli,
Ma non si può solo pensare al futuro occorre anche nutrirsi nel presente, e quindi, considerato il caldo cosa c’è di meglio di un gazpacho?
Questo è il mio modo di prepararlo, so che ce ne sono molti altri ma a noi piace così:
Pomodori appena pelati e passati, questi sono dei cuore di bue, ma va bene qualsiasi pomodoro dolce e polposo.
Con il frullatore ad immersione li unisco a del pane imbevuto della loro acqua, a qualche goccia di aceto e ad una generosa quantità di olio.
Aggiungo poi peperoni e cetrioli a pezzetti minuti, la cipolla ad anelli sciacquata in acqua e aceto, appena un’accenno d’aglio, abbondante basilico un cucchiaio di semi di cumino sminuzzati con il macinaspezie, sale ed una punta di peperoncino piccante.
Tutto a km zero a parte peperoncino e cumino, persino l’olio che è di Gianni ed il sale che viene da Cervia e l’aceto fatto dal nostro vino.
Lascio in frigo a raffreddare ben bene, e a tavola!
Sappiate che se lo mangiate a cena sicuramente la notte vi toccherà alzarvi per fare pipì
Ovvero meglio tardi che mai.
--Ebbene, siamo stati tanto ingenui da darti retta ed ora ci ritroviamo con tre litri di sciroppo di sambuco senza sapere bene che farcene, mica siamo ragazzini a cui rifilare lo sciroppo con l’acqua.
--Scusate, lo so che siete blogger adulti, me è che non c’è mai stato il sole…
--Che c’enta il sole?
--Non vorrete mica delle brutte foto in cui non si vede nulla…
--E vorresti farci credere che non c’è mai stato da allora nemmeno un raggio di sole?
--Veramente un pochino c’è stato, solo che avevo da fare
--Da fare?
--Hem c’era lo spettacolo di Barbara…
--Di Barbara, mica tuo!
--Già ma io dovevo fare le foto… 3792 foto da riordinare, scegliere, buttare… PIù quelle delle prove…
--Però ieri sera c’era un po’ di sole sul terrazzo e allora… UGO!
--Ugo? chi è Ugo? Hai fatto preparare lo sciroppo anche a lui?
--Ma nnnò non è Ugo avete capito male è…
HUGO,
e non è qualcuno, ma qualcosa di buono da bere
Il link vi porta alla ricetta ufficiale ma qui vi do quella riveduta di casa; Casa di Terre Alte in verità
Una parte di sciroppo di fiori di sambuco
Due parti di vino bianco secco
due parti di acqua tonica, e un rametto di menta
Però rimamane un problema, per gustarlo a pieno dovreste berlo in un pomeriggio di tarda primavera in centro a Bolzano.
Sono stata nel campo, dieci minuti di bicicletta da casa, lungo questa strada
Nino, il vicino di orto mi ha regalato un mazzo di asparagi appena tagliati.
Ho raccolto le fave,
e un mazzo di papaveri.
Le fave raccolte, una cassa, dopo tolto il baccello e liberate dalla pelle dura che copre i semi sono pronte per il congelatore.
Quasi due chili, ed è solo la prima raccolta
Tutto questo mi fa sentire fortunata.
Ovvero gli aiutocuoco e la torta di patate crude.
L’altra sera con le patate del nostro campo mi sono messa a preparare la “Torta di patate crude”, (torta salata) ricetta di famiglia, tradizionale trentina, che in casa amiamo molto.
Pensavo che ad essere interessati a questo piatto fossero solo i componenti umani del nucleo famigliare, mi sbagliavo.
Anche i felini di casa si sono dimostrati molto interessati allo squisito piatto, e non contenti di limitarsi ad assistere alla sua preparazione Nurù con la zampetta ha tentato di collaborare.
Mentre Vèi ostentava una notevole dose di indifferenza,
il fratello ha voluto sincerarsi direttamente che la qualità delle patate fosse buona (ebbene sì, mangia le patate crude e cerca sempre di rubarmele)
Mi rendo conto che l’igiene del piatto può risentire dell’aiuto, ma per fortuna va poi tutto in forno molto caldo per un bel po’ di tempo.
Se volete ecco la ricetta.
Per una teglia da forno di circa venticinque centimetri per quaranta:
1.3 Kg di patate a polpa bianca possibilmente non acquose e belle farinose,
2 cucchiai colmi di farina,
2 pugni di parmigiano grattugiato,
sale e abbondante pepe,
per ungere la teglia meglio sarebbe usare lo strutto, ma va bene anche l’olio di oliva.
Si grattugiano le patate, l’ideale per farlo è utilizzare l’attrezzo apposito che vedete nelle immagini, ma una normale grattugia da formaggio va bene comunque, ci vuole solo un po’ più di tempo. Alle patate grattugiare si aggiungono la farina ed il parmigiano, il sale e un bel po’ di pepe. Dopo una buona mescolata si travasa il tutto nella teglia ben unta e si livella la superficie (spessore circa due centimetri scarsi) sulla quale si versa a filo una generosa dose di olio o tanti bei fiocchetti di strutto. Si inforna a temperatura alta (200 – 220 gradi) e si lascia cuocere per un tempo che varia da un ora ad un ora e mezza circa, dipende molto dal forno e dalle patate, fin quando sotto e sopra la torta è ben dorata con il centro morbido.
Si mangia solitamente come piatto unico accompagnata da salumi e una abbondante insalata tagliata fine, meglio se di cavolo cappuccio o di “denti de cagn” (il tarassaco che si coglie a fine inverno nei campi e nei prati) in mancanza di questi un buon radicchio rosso è un sostituto adeguato.
Ciao Ciao a tutti
Ovvero viaggi domestici.
Visto che di viaggiare sul serio da un po’ di anni non se ne parla nemmeno, con il mio compagno, per consolarci, ci concediamo degli improbabili viaggi dietro l’angolo.
Quando abbiamo un po’ di tempo prendiamo la macchina e, individuata una meta approssimativa qui nei dintorni partiamo alla sua volta inventandoci itinerari fantasiosi molto più lunghi del necessario tra stradine secondarie e altre che non compaiono sulle carte.
Lo scopo non è mai arrivare, anche se solitamente arriviamo, ma andare verso, guardandoci intorno.
Chissà dove va questa strada, frase che ricorre quasi ad ogni bivio, è una sorta di parola magica per portarci in posti non lontani da casa e che pure non avevamo mai visto.
Spesso “questa strada” non va da nessuna parte se non a casa di qualcuno, nella cui aia tocca poi fare inversione tra cani che abbaiano, galline che fuggono e vecchiette che ci guardano perplesse. Altre volte dietro una curva ci aspettano piacevoli sorprese, questo appunto è il caso dell nostro ultimo vagabondaggio tra Romagna e Marche.
Meta originaria alla partenza era Serrungarina Un borgo con pianta a cerchi concentrici che non poteva non suscitare la nostra curiosa attenzione.
foto presa da QUI (ci trovate anche qualche notizia storica)
Per arrivarci le nostre abituali divagazioni ci hanno condotto tra l’altro a Pozzuolo, minuscola frazione di Serrungarina trovata per caso.
Guardandoci attorno, lungo la strada che dopo vari cambiamenti di rotta ormai ci aveva condotti quasi alla meta, dall’altro lato di una piccola valle ci ha sorpreso questo pugno di case.
Inversione a U e si ritorna indietro di un paio di chilometri a caccia di una strada per arrivarci.
Niente cartello che indichi il borgo del quale non conoscevamo il nome, ma solo una generica via Pozzuolo che si è dimostrata essere la strada giusta.
Numero di abitanti 26, dicono i siti istituzionali, una vera metropoli.
Quattro case,
e nemmeno uina macchina, qualche bimbo che gioca,
un bellissimo panorama,
e…
un’ inattesa e gradevolissima accoglienza.
-Volete vedere?…Entrate entrate… Cosa possiamo offrivi?
Daniele e Loretta, che non ci avevano mai visto ne conosciuto, in men che non si dica ci hanno messi seduti a tavola sulla bella terrazza del loro piccolo e curatissimo “Agriturismo Pozzuolo”.
Pane fatto in casa, un buon bicchiere di vino, un salame di “Cinta Senese“ buono come mai mi è capitato di sentirne, pecorino sardo stagionato saporito ma non salato, profumato di prati.
La struttura è una vecchia casa ristrutturata secondo i dettami della bioedilizia, Loretta e Daniele hanno avuto il coraggio di rinunciare al “rustico rifatto” così frequente negli agriturismo, a favore di scelte lineari e moderne che si sposano con le strutture principali preesistenti come i bei solai in legno colorati in bianco.
Una sala di lettura per gli ospiti con buoni libri e impianto stereo meglio di un salotto di casa.
Una cantina bellissima che fa venir fame solo a guardarla,
Orto biologico, il forno a legna per il pane fatto in casa, le uova dal pollaio del vicino, appena dietro le mura dove le galline in un grande recinto tra prati e tigli fioriti corrono qua e la.
Daniele dopo averci offerto la merenda ci ha fatto compagnia a chiacchiere raccontandoci di loro e ascoltando di noi, Loretta impegnatissima a lucidare tutto ciò che era già lucidissimo, non si è fermata un’attimo.
Mi rendo conto di avere in parte contravvenuto alle norme del mio blog con questo post che potrebbe essere in un certo senso pubblicità (cosa assolutamente bandita dal mio diario) ma la nostra giornata di viaggio diero la porta di casa a questo ci ha portato e raccontarlo mi pare il minimo per ringraziare Daniele e Loretta che in cambio della loro ospitalità e gentilezza non ci hanno chiesto nulla.
Alla fine, dopo essere ripartiti da Pozzuolo, alla nostra meta, Serrungarina, siamo arrivati, ma questa è un’ altra storia e metterò le foto un’altra volta ;-)