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Sig Ruman

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Sig Ruman nel film Tigre verde (1937)

Sig Ruman, pseudonimo di Siegfried Albon Rumann (Amburgo, 11 ottobre 1884Julian, 14 febbraio 1967), è stato un attore tedesco naturalizzato statunitense.

Nato ad Amburgo, Ruman compì gli studi superiori a Ilmenau (Turingia). Dopo aver frequentato per un anno i corsi di ingegneria elettrotecnica, ritornò nella sua città natale per studiare recitazione, ottenendo le sue prime parti minori sui palcoscenici di Bielefeld e Stettino, e quindi presso il Kaiser Theatre di Kiel[1]. Durante la prima guerra mondiale prestò servizio presso l'esercito imperiale tedesco, e continuò a recitare in Germania fino al 1923, anno in cui emigrò negli Stati Uniti[1]. A New York entrò a far parte di una compagnia teatrale di lingua tedesca, dove fu scoperto dall'attore George Jessel e, successivamente, dal commediografo George S. Kaufman e dal critico Alexander Woollcott, grazie ai quali approdò a Broadway per recitare con successo accanto a leggendarie primedonne del palcoscenico come Ethel Barrymore e Katharine Cornell[1].

Nel 1929 ottenne anche un primo breve ruolo sul grande schermo, quello di un ufficiale giudiziario, nel film Die Konigsloge (1929)[2], ma dovette attendere fino al 1934 per essere scritturato dalla Twentieth Century Fox e dare avvio a una luminosa e prolifica carriera tra gli immortali caratteristi di Hollywood[2]. La sua capacità di impersonare ruoli di pomposi e irascibili villain fu messa in particolare luce in Una notte all'opera (1935) e Un giorno alle corse (1937), in entrambi i quali Ruman fu la vittima opportunamente destinata a subire le comiche angherie dei Fratelli Marx, in particolare di Groucho[2]. Nel primo dei due film Ruman è Herman Gottlieb, un bilioso impresario che inizialmente ottiene i favori della ricca Mrs. Claypool (Margaret Dumont), desiderosa di entrare a far parte dell'alta società, mentre nel secondo è il dottor Leopold X. Steinberg, un eminente medico tedesco che smaschera il collega Hugo Z. Huckenbush (Groucho), veterinario spacciatosi per illustre luminare, e conquista la fiducia della facoltosa Mrs. Upjohn (ancora la Dumont).

Il caratteristico accento tedesco e l'imponente presenza scenica consentirono a Ruman di prodursi in numerose caratterizzazioni di sinistro villain nazista, come in L'avventura impossibile (1942) di Raoul Walsh, e di bilioso e testardo comprimario, in pellicole avventurose e drammi bellici prodotti durante il periodo della seconda guerra mondiale. Ma furono altrettanto indimenticabili i pochi ruoli di personaggi simpatici che gli vennero affidati. Fu commovente nel ruolo del proprietario di una compagnia aerea in Avventurieri dell'aria (1939) di Howard Hawks, un uomo dal cuore d'oro che è vittima di continue prevaricazioni[2]. Nello stesso anno diede una superba interpretazione nella commedia Ninotchka (1939) di Ernst Lubitsch, nel ruolo del commissario russo Iranoff, che viene sedotto dal fascino di Parigi, e fu straordinariamente comico nei panni del colonnello Ehrardt nella deliziosa commedia Vogliamo vivere! (1942), ancora per la regia di Lubitsch[2].

Nel 1946 Ruman comparve per la terza e ultima volta accanto ai Fratelli Marx nella commedia Una notte a Casablanca (1946), nuovamente nei panni del cattivo vessato da Groucho, del quale è antagonista nel ruolo del sadico nazista Heinrich Stubel, che (sotto le mentite spoglie del conte Pfefferman) cerca di impadronirsi di un tesoro nascosto in un albergo di Casablanca, uccidendo i proprietari che si succedono alla direzione dell'hotel, fino al provvidenziale arrivo di Groucho, che smaschererà l'impostore dopo numerose schermaglie comiche. Due anni più tardi Ruman fu diretto per la prima volta da Billy Wilder nella sfarzosa commedia Il valzer dell'imperatore (1948), una parodia del genere “operetta” in cui Wilder affidò a Ruman il gustoso ruolo di Zwieback, uno psichiatra per cani che rifà il verso a Sigmund Freud e che l'attore interpretò magnificamente. Per convincerlo ad accettare la parte, Wilder disse a Ruman: ”È una parte con i baffi, e puoi recitarla con tutto l'accento straniero che vuoi”[3].

Anche durante gli anni cinquanta, Ruman proseguì la propria attività di caratterista nei più svariati generi cinematografici, dall'avventuroso Il mondo nelle mie braccia (1952), con Gregory Peck e Ann Blyth, ai comici Divertiamoci stanotte (1951), al fianco di Danny Kaye, e Più vivo che morto (1954) e Il circo a tre piste (1954), in entrambi i quali recitò con Dean Martin e Jerry Lewis. Tra i suoi ruoli più riusciti è da ricordare quello dello stralunato e loquace sergente Schulz nella commedia bellica Stalag 17 (1953) di Billy Wilder, nella quale Ruman seppe dosare sapientemente la comicità del suo servile personaggio di ottuso nazista, apparentemente indulgente nei confronti dei militari americani prigionieri nello Stalag 17 (tanto da scambiare merce e favori con il cinico e spregiudicato soldato Sefton interpretato da William Holden), ma in realtà elemento di raccordo fra il comandante del campo Von Scherbach (Otto Preminger) e la spia che si è celata all'interno dello Stalag e che alla fine verrà smascherata proprio da Sefton.

Nonostante i problemi di salute che lo costrinsero a rallentare l'attività cinematografica verso la fine degli anni cinquanta, Ruman continuò a recitare per la televisione, partecipando a diverse serie di successo come Maverick (1958-1962), Daniel Boone (1964), La famiglia Addams (1965) e Organizzazione U.N.C.L.E. (1965). I suoi ultimi ruoli sul grande schermo furono quelli del Prof. Winterhalter nella commedia Non per soldi... ma per denaro (1966) di Billy Wilder e del delegato russo nel comico Stazione luna (1966), interpretato da Jerry Lewis.

Ruman morì per un attacco cardiaco il 14 febbraio 1967, all'età di 83 anni. Riposa nel cimitero di Julian, California.

Doppiatori italiani

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Nelle versioni in italiano dei suoi film, Sig Ruman è stato doppiato da:

  1. ^ a b c Arthur F. McClure, Alfred E. Twomey e Ken Jones, More Character People, The Citadel Press, 1984, pag. 154
  2. ^ a b c d e Il chi è del cinema, De Agostini, 1984, Vol. II, pag. 462
  3. ^ Hellmut Karasek, Billy Wilder, un viennese a Hollywood, Arnoldo Mondadori Editore, 1993, pag. 275

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