Memoria collettiva

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La memoria collettiva è "il ricordo, o l'insieme dei ricordi, più o meno consci, di un'esperienza vissuta o mitizzata da una collettività vivente della cui identità fa parte integrante il sentimento del passato", secondo la definizione dello storico Pierre Nora[1].

Il termine «memoria collettiva» fu coniato negli anni venti del Novecento da Maurice Halbwachs[2] in estensione e contrapposizione al concetto di memoria individuale. La memoria collettiva è sia esterna sia interna all'individuo in quanto condivisa, trasmessa e anche costruita dal gruppo o dalla società. Il dibattito recente nell'ambito della storiografia e dell'antropologia sociale è stato sollevato dall'egittologo Jan Assmann nel suo testo del 1992 La memoria culturale[3].

Secondo il detto latino historia magistra vitae, testis temporum, è inevitabile che dimenticando il passato, si ripetano gli stessi errori, occorre invece tenere viva la memoria storica da una generazione all'altra perché il passato non si ripeta due volte nello stesso modo. Secondo Freud, il ricordare è sempre un rivivere, viceversa la rimozione di un ricordo, rende più difficile che il fatto storico si ripeta due volte allo stesso modo, per quanto, se associato da alcune persone ad un altro ricordo individuale e non rimosso potrebbe, accadere che dall'inconscio tenda ad emergere nella memoria collettiva.

Note

  1. ^ Pierre Nora, «Mémoire collective», in Jacques Le Goff (curatore). La nouvelle histoire, Paris: Retz, 1978, p. 398.
  2. ^ Maurice Halbwachs, I quadri sociali della memoria, 1925
  3. ^ Jan Assmann, La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche, Torino, 1997 (Das kulturelle Gedächtnis: Schrift, Erinnerung und politische Identität in frühen Hochkulturen. Monaco, 1992)

Voci correlate